Natura giuridica della vendita forzata PN 9.11.2012

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NATURA GIURIDICA DELLA VENDITA FORZATA ED EFFETTI SULLA TRASLAZIONE DEL
RISCHIO DA “BENE NON A NORMA”
di Massimo Fabiani
SOMMARIO: 1. Premessa sull’esecuzione forzata. – 2. La natura della vendita forzata. – 3.
L’irrilevanza del modello procedimentale. La trattativa privata. – 4. Vendite concorsuali non
forzate. – 5. Il momento traslativo. – 6. La natura derivativa. – 7. Le vendite nel concordato
preventivo. – 8. Vendita forzata e macchinari “non a norma”.
1. Nel Libro VI del codice civile dedicato alla tutela dei diritti si reperiscono le disposizioni
che, da un lato attribuiscono al creditore strumenti di conservazione della garanzia patrimoniale
(artt. 2900-2906 c.c.) e, dall’altro lato, disciplinano i mezzi di attuazione della responsabilità
patrimoniale (artt. 2910-2929 c.c.).
Quando un soggetto subisce una lesione del suo diritto di credito e questa lesione non è né
riparata spontaneamente, né ripristinata dopo una pronuncia di condanna del giudice, l’unico
strumento che un ordinamento democratico può contemplare è quello di attuare contro la
volontà del debitore il principio della responsabilità patrimoniale1. L’attuazione della
responsabilità patrimoniale, poiché rappresenta un congegno che incide sulla sfera di libertà del
debitore – nel senso che si incide sulla disponibilità del patrimonio (e non più sulla persona del
debitore) -, deve avvenire nel pieno rispetto di una serie di garanzie procedimentali e,
soprattutto, in una cornice statuale, in modo che sia solo la pubblica autorità (nel caso in esame,
il giudice) a dirigere l’organizzazione del processo di attuazione2.
Il processo esecutivo altro non è che l’organizzazione di mezzi per attuare la responsabilità
patrimoniale in un quadro di reciproche garanzie, tanto quando l’esecuzione è promossa da un
creditore, quanto allorché l’esecuzione si inserisce in una procedura concorsuale.
L’esito naturale di questo processo esecutivo è l’espropriazione del diritto che il debitore ha
(aveva) sulla cosa in funzione del soddisfacimento della pretesa del creditore: questa
espropriazione presuppone un fenomeno traslativo del diritto di proprietà che trapassa dal
debitore ad un terzo3.
Già si comprende, da queste prime considerazioni, il tipico ibridismo della vendita forzata e
cioè di un istituto che presenta una complessità duale caratterizzata da un fenomeno largamente
sovrapponibile a quello della vendita negoziale ma anche da un fenomeno intimamente
processuale. Qui si intrecciano in modo indissolubile gli schemi del contratto con quelli del
processo4; non a caso si è definito l’art. 2910 c.c. un ponte fra il credito e la sua attuazione5.
Ed allora, poiché il diritto positivo offre sì degli spunti ma non una regolamentazione
completa, si tratta di valutare se e quali effetti tipici delle vendita negoziale si possano replicare
nel modello della vendita forzata e se la vendita forzata dia luogo ad un fenomeno di acquisto
della proprietà (in capo all’aggiudicatario) a titolo derivativo o a titolo originario.
Una volta risolti questi interrogativi sarà poi più semplice valutare sul piano pratico l’impatto
delle varie normative che impongono il rispetto di determinate regole nella circolazione di un
bene.
NICOLÒ, Della responsabilità patrimoniale, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1960, 10.
CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale. Le tutele di merito, sommarie ed esecutive, I, Torino, 2012, 334; MANDRIOLICARRATTA, Diritto processuale civile, IV, Torino, 2011, 6.
3 La traslazione del diritto può avvenire anche con l’assegnazione forzata, ma di questo istituto, contiguo e tuttavia
non del tutto omogeneo a quello della vendita, non ci si occupa in questa sede.
4 CAPPONI, Manuale di diritto dell’esecuzione forzata, Torino, 2012, 309; PUNZI, Il processo civile. Sistema e problematiche, IV,
Torino, 2010, 142.
5 MAZZAMUTO, L’esecuzione forzata, in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, XX, 2, Torino, 1985, 198.
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2. Il tema della natura della vendita forzata è antichissimo. Anzi, le dispute più feconde sono
remote posto che se è vero che la necessità di procedere alla qualificazione della vendita in sede
espropriativa è tutt’altro che mero esercizio dogmatico, in quanto dalla riconduzione della
vendita coattiva fallimentare alla vendita pubblicistica o a quella privatistica, conseguono
decisivi effetti sul regime della vendita, le costruzioni teoriche sulla vendita si erano rese
necessarie nell’ambiente normativo del Codice del 1865 per una carenza di disciplina di diritto
positivo, poi superata dal codice civile del 1942 (con l’introduzione degli artt. 2919-2929 c.c.)6.
In un sedime espressione dell’ambiente liberale del secolo ottocentesco era abbastanza
evidente che vi fosse una preminenza delle tesi che valorizzavano l’assetto negoziale della
vendita forzata7, ma ben presto a quelle posizioni subentrarono le costruzioni giuridiche
imperniate sulla compenetrazione della vendita nel processo col risultato di esaltare i profili
processual-pubblicistici delle vendite forzate8.
Non è revocabile in dubbio che alcuni dei connotati caratterizzanti la vendita negoziale si
fatica a vederli replicati nella vendita forzata. Pensiamo al fatto che la volontà dell’interessato
all’acquisto (potenziale compratore) è del tutto neutrale ai fini della conclusione della vendita
perché, nel procedimento espropriativo è l’ufficio esecutivo che pone in vendita il cespite. Ed
ancora, tratto qualificante della vendita forzata è la necessarietà del suo epilogo, perché di fronte
all’iniziativa esecutiva (e in assenza della rinuncia del creditore procedente), l’ufficio non può
rinunciare alla vendita (potendo al più essere sospesa la fase liquidatoria) quando si presagisce
che il prezzo non sarà soddisfacente9; un ulteriore tratto distintivo che viene sviluppato per
provare la distanza della vendita forzata dalla vendita volontaria, risiede nell’assenza (nella
prima) di rapporti obbligatori fra le parti10.
Per converso, al nostro sistema non è estraneo il fatto che una vendita privatistica possa
intervenire pur contro la volontà del contraente, se si pensa all’istituto di cui all’art. 1515 c.c.11 (e
direi a prescindere da come si voglia catalogare la vendita in danno del compratore12) o anche
alle alienazioni disposte in sede di esecuzione in forma specifica13.
CERINO CANOVA, Vendita forzata ed effetto traslativo, RDC, 1980, 151.
V. fra i molti, MIRABELLI, Del diritto dei terzi secondo il codice civile italiano, Torino, 1889, 308 ss.; DRAGONETTI, Se
l’azione quanti minoris competa all’aggiudicatario e contro chi si proponga, in La legge, 1890, II, 608; LUZZATI, Della trascrizione.
Commento teorico-pratico al Titolo XXII, Libro III del codice civile italiano, II, Torino, 1901, 343 ss.; CARNELUTTI, Lezioni di
diritto processuale civile. Processo di esecuzione, II, Padova, 1930, 224 (cui si deve la teoria dell’organo giurisdizionale quale
rappresentante del debitore); CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 1935, 265 (il quale, invece,
assumeva che lo Stato sottraesse al debitore non il bene, il potere di disporne); tesi queste che più di recente si
trovano ribadite da NASI, Processo e esecuzione nel fallimento, Padova, 1973, 99
8 PUGLIATTI, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Milano, 1935, 265; M ORTARA, Manuale della procedura civile, II, Torino,
1929, 364; ZANZUCCHI-VOCINO, Diritto processuale civile, III, Milano, 1964, 82. La tesi pubblicistica che pur ha trovato
taluni contemperamenti (cfr. le note che seguono), è ripresa, oggi, da COMOGLIO-FERRI-TARUFFO, Lezioni sul processo
civile, II, Bologna, 2011, 346.
9 SALETTI, Tecniche ed effetti delle vendite forzate immobiliari, RDPr, 2003, 1040. È ben vero che ora, nell’esecuzione
concorsuale, il nuovo art. 104 ter l. fall., facoltizza il curatore ad abdicare al vincolo di indisponibilità su quei beni di
cui si assume economicamente non vantaggiosa la liquidazione, ma sul piano generale l’esercizio di questa facoltà,
non fa che riportare il regime di quel bene alle regole ordinarie dell’esecuzione forzata individuale.
10 Per SATTA-PUNZI, Diritto processuale civile, Padova, 2000, 681, sul debitore non grava alcuna obbligazione, sul
creditore non quella di consegna del bene, sull’organo nessuna obbligazione può sortire dall’attività istituzionale, ed
infine l’obbligazione dell’aggiudicatario di pagamento del prezzo si inserisce nel procedimento; identica la posizione
di MONTELEONE, Diritto processuale civile, Padova, 2000, 953.
11 CASTAGNOLA, La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle procedure concorsuali, GCo, 2008, I, 381.
12 Sulla decisiva distanza fra vendita coattiva e vendita forzata, v. GRECO-COTTINO, Vendita, in Comm. Scialoja-Branca,
Bologna-Roma, 1981, 384.
13 I rimedi che si propongono nei confronti del contratto concluso con la sentenza ex art. 2932 c.c. sono i tipici
rimedi negoziali, a dimostrazione del fatto che la formazione giudiziale del negozio di alienazione è un momento
formale che non incide sulla qualificazione privatistica dell’atto di trasferimento; v. MAZZAMUTO, L’esecuzione forzata,
cit., 327.
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In verità, poi, anche nell’ambiente concorsuale vi sono casi di vendite disposte contro la
volontà del debitore ma senza l’intervento del giudice e senza che siano inserite in un
procedimento giurisdizionale in senso stretto14. Ci si riferisce alle vendite disposte sia
nell’amministrazione straordinaria, sia nella liquidazione coatta amministrativa, per le quali è
controversa la natura15, le quante volte queste vendite siano disposte nella cornice di un
procedimento poco, o nulla, giurisdizionale.
Ecco, allora, che l’anfibiologia della vendita forzata sta nel fatto che lo schema, al pari del
modello negoziale, vuole che il passaggio della proprietà del bene sia conseguenza del
pagamento di un prezzo – e dunque con perfetta aderenza alla funzione del negozio civilistico -,
ma in un contesto marchiato dall’irrilevanza della volontà del debitore-venditore. Al contempo
la conclusione della vendita avviene all’interno di un processo nel quale, però, il giudice non
impartisce tutela dichiarativa ma si limita a vigilare sull’organizzazione del procedimento16 e a
fare in modo che, nel rispetto delle regole, avvenga il trapasso del diritto dal debitore al terzo
acquirente17.
Per cercare di stabilire i principi della vendita forzata non si può, però, ragionare solo in
termini astratti come si era costretti a fare prima del codice del 1942, ma ci si deve confrontare
col diritto positivo e, segnatamente, con le disposizioni di cui agli artt. 2919-2929 c.c.
Tuttavia, poiché tali norme non offrono un quadro disciplinatorio completo, ancor oggi
della qualificazione sulla natura della vendita forzata non si può fare a meno. Infatti,
condividendo la tesi per cui la natura giuridica della vendita forzata è quella della vendita
pubblicistica18, si rileva che, non per caso, molte delle regole previste per il contratto di
compravendita restano estranee: basti pensare alla garanzia per vizi della cosa19 che l’art. 2922
c.c. esclude sia attivabile nella vendita forzata20 o ad altre regole delle vendite volontarie21 (il
Si tratta di una questione molto complessa che affonda le sue radici nei rapporti fra disponibilità sul bene e
trasferimenti coattivi, studiati, in particolare da PUGLIATTI, Considerazioni sul potere di disposizione, RDCo., 1940, I, 523.
15 Nel senso che si tratti di vendita forzata, CASTAGNOLA, La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle procedure
concorsuali, cit., 386; SALETTI, Tecniche ed effetti delle vendite forzate immobiliari, cit., 1042; nel senso opposto, C. FERRI, La
nullità delle vendite concorsuali, RDPr, 2003, 438, il quale afferma che le vendite nella liquidazione coatta e
nell’amministrazione straordinaria non sono vendite coattive né forzate in quanto risultano attuate all’interno di un
procedimento che deve escludersi abbia natura giurisdizionale-esecutiva.
16 Le attività del giudice dell’esecuzione sono, in verità, più complesse e abbracciano anche segmenti di tutela
dichiarativa (v. M. FABIANI, Le controversie distributive - L’oggetto del procedimento e l’impugnazione dell’ordinanza del giudice,
REF, 2010, 575), ma nella fase della vendita non vi sono atti del giudice che servano ad accertare diritti.
17 TEDOLDI, Vendita e assegnazione forzata, Digesto/civ., XIX, 1999, 654; JACCHERI, Sospensione della vendita forzata ed effetto
traslativo, RDPr, 1993, 796; PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2006, 741. Senza catalogarla fra le
posizioni intermedie, LUISO, Diritto processuale civile, III, Milano, 2011, 155, coglie l’essenza della vendita forzata come
procedimento (compreso l’atto di trasferimento), idoneo a produrre effetti sostanziali, rispetto ai quali è in parte
applicabile la disciplina del contratto. In termini simili, BOVE, L’esecuzione forzata ingiusta, Torino, 1996, 130;
MAZZAMUTO, L’esecuzione forzata, in Tratt. Rescigno, XX, Torino, 1985, 225; MICHELI, Dell’esecuzione forzata, in Comm. al
cod.civ. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1964, 111.
18 La vendita forzata è una vendita pubblicistica in quanto connotata da un dato fondamentale costituito dal fatto che
il trasferimento della proprietà non avviene per effetto dell’incontro di due volontà, ma per effetto di un atto di
volontà (quello del compratore) e di una disposizione coattiva; così BONGIORNO, Espropriazione immobiliare,
Digesto/civ., VIII, Torino, 1992, 43.
19 In verità, vi è chi adombra che siffatta esclusione derivi non tanto dalla natura della vendita, quanto piuttosto dal
bisogno di garantire certezza ai creditori, pur al costo di un minore guadagno dato da un prezzo ribassato per la
ragione della impossibilità di attivare la garanzia; così, TAVORMINA, Alcune riflessioni sulle vendite forzate nelle procedure
concorsuali ‘amministrative’, RDPr, 1988, 622.
20 Cass., 10-12-2008, n. 28984, RFI, 2008, Fallimento, n. 587; Cass., 25-2-2005, n. 4085, Fa, 2005, 1384; Cass., 9-101998, n. 10015, RFI, 1998, Esecuzione per obbligazioni pecuniarie, n. 31; Cass., 21-12-1994, n. 11018, GC., 1995, I, 917.
21 Ad esempio, secondo Cass., 18-6-1997, n. 5466, Fa, 1998, 267, la vendita mobiliare fatta ad offerte private, ai sensi
dell’art. 106 l. fall., costituisce modalità tipica del procedimento di liquidazione coattiva dell’attivo fallimentare e, pur
lasciando ampi margini di discrezione al giudice delegato nel dettarne in concreto i profili attuativi, non può
equipararsi alla vendita volontaria; ne consegue che l’effetto reale di trasferimento del bene non è riconducibile al
consenso del curatore (che non assume il ruolo di parte) come momento perfezionativo del contratto, ma, in ragione
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regime dell’impugnazione per lesione, il regime di evizione, gli effetti di stabilità della vendita ex
art. 2929 c.c., l’inapplicabilità delle disposizioni in tema di interpretazione del contratto22)23,
anche se non va trascurato che talora nell’ambito del procedimento espropriativo si vanno
anche a recuperare principi della negozialità privatistica24.
D’altro canto, se è ben vero che la natura forzata della vendita esclude l’invocabilità delle
disposizioni del codice civile sulla garanzia per vizi – v., art. 2922 c.c. - (ciò che, a ben vedere,
dimostrerebbe il distacco dalla vendita forzata dalla vendita privatistica) e ciò in funzione di
rendere più stabili gli effetti della vendita rispetto ai creditori25, non si può sottacere che altri
rimedi propri della vendita negoziale vengono pur sempre traslati alla vendita forzata.
Pensiamo, in particolare, all’ipotesi della vendita aliud pro alio, rispetto alla quale il rimedio
annullatorio viene riconosciuto26; poiché la ragione dell’annullamento viene fatta dipendere dal
fatto che l’alterità del bene può essere stata la causa determinante del consenso espresso in sede
di vendita, si apprezza come l’elemento volontaristico nella vendita forzata sia tutt’altro che
secondario27, al punto che i giudici di legittimità hanno persino ammesso – nel caso del
fallimento – che fosse il curatore a promuovere l’azione di annullamento per vizio del
consenso28.
Una prima, parziale, conclusione può essere assunta: nell’esecuzione singolare, cioè là dove
la presenza del giudice non è eludibile, la vendita forzata presenta prevalenti profili pubblicistici,
con la conseguenza che la disciplina del diritto dei contratti può essere applicata solo per taluni
aspetti, quelli nei quali l’assetto volontaristico tipico del negozio, comunque ricorre. Pertanto, se
è vero che una componente negoziale è presente, ogniqualvolta questa componente mostra
della natura di vendita giudiziale (espropriazione forzata), l’effetto traslativo, analogamente alla vendita all’incanto
(art. 540 c.p.c.), si verifica esclusivamente con l’integrale pagamento del prezzo.
22 MAZZAMUTO, L’esecuzione forzata, cit., 228.
23 Per un quadro riassuntivo delle diversità di regime fra vendita coattiva e vendita negoziale, con specifico
riferimento agli atti di liquidazione concorsuale, v. CASTAGNOLA, La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle
procedure concorsuali, cit., 373; FIMMANÒ, La liquidazione dell’attivo nel correttivo alla riforma, DF, 2007, I, 867. MONTANARI,
I procedimenti di liquidazione e ripartizione dell’attivo fallimentare, Padova, 1995, 92, rileva, peraltro, che il regime di
esportabilità degli effetti sostanziali dell’espropriazione non è per tutte le norme così piano come si potrebbe
immaginare, senza una preventiva verifica caso per caso. Sulla applicabilità dell’art. 2929 c.c. alle vendite fallimentari,
v. Cass., 16-2-1999, n. 1302, Fa, 2000, 296; Cass., 16-5-1997, n. 4350, RFI, 1997, Fallimento, n. 668.
24 Cass., 17-2-1995, n. 1730, Fa, 1995, 1013, ha stabilito che nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un
incontro di consensi, tra l’offerente e l’aggiudicatario, produttivo dell’effetto transattivo, essendo l’atto di autonomia
privata incompatibile con l’esercizio della funzione giurisdizionale, l’offerta di acquisto del partecipante alla gara
costituisce il presupposto negoziale dell’atto giurisdizionale di vendita, con la conseguente applicabilità delle norme
del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell’espropriazione forzata. Cass., 4-11-2005, n. 21384, REF,
2006, 403, ha ritenuto compatibile con la vendita forzata il rimedio della risoluzione di cui all’art. 1489 c.c.; Cass.,135-2003, n. 7294, RFI, 2003, Esecuzione per obbligazioni pecuniarie, n. 105. Per una valorizzazione dei profili contrattuali
nelle vendite forzate, v. in dottrina CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale. Le tutele di merito, sommarie ed esecutive, cit.,
373, ad avviso del quale il provvedimento giudiziario formalizza il trasferimento che fa seguito ad un rapporto, pur
sempre, contrattuale; TOMMASEO, L’esecuzione forzata, Padova, 2009, 210. Sulla stessa linea della evidenziazione di
profili contrattuali nelle vendite forzate, vanno menzionate quelle decisioni in cui si afferma la compatibilità della
prelazione convenzionale con gli schemi dei procedimenti esecutivi (Cass., 11-2-2004, n. 2576, GC., 2005, I, 503; T.
Vicenza, 11-1-2001, Fa, 2001, 1274).
25 TOMMASEO, L’esecuzione forzata, cit., 214.
26 Cass. 14-10-2010, n. 21249, Fa, 2011, 197; Cass., 25-2-2005, n. 4085, Fa, 2005, 1384; Cass., 9-10-1998, n. 10015,
RFI., 1998, Esecuzione per obbligazioni pecuniarie, n. 31; Cass., 21-12-1994, n. 11018, GC., 1995, I, 917; T. Larino, 8-22005, RGMS, 2005, fasc. 2, 45;. ARIETA- DE SANTIS, L’esecuzione forzata, III/2, in MONTESANO, ARIETA, Trattato di
diritto processuale civile, Padova, 2007, 728; MANDRIOLI-CARRATTA, Diritto processuale civile, IV, cit., 154; MONTELEONE,
Diritto processuale civile, cit., 954; BONSIGNORI, Effetti della vendita forzata e dell’assegnazione, in Comm. Schlesinger, Milano,
1988, 134; TEDOLDI, Vendita e assegnazione forzata, cit., 669; PETITTO, Difetto di qualità essenziali e aliud pro alio nella
vendita forzata, in RDPr, 1995, 760; contra, però, BARLETTA, La stabilità della vendita forzata, Napoli, 2002, 76; BUSNELLI,
Dell’esecuzione forzata, in Comm. Bigliazzi-Geri-Busnelli-Ferrucci, IV, Torino 1980, 318.
27 CERINO CANOVA, Vendita forzata ed effetto traslativo, cit., 146.
28 Cass. 14-10-2010, n. 21249, cit.
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profili di criticità, non possiamo escludere l’applicazione delle norme contrattuali purché queste
mostrino una compatibilità col sistema dell’esecuzione forzata29.
3. Le brevi riflessioni svolte sino ad ora inducono a porre un ulteriore interrogativo e cioè se
il modello della vendita di volta in volta prediletto dal legislatore possa influire sulla
qualificazione della natura della vendita; in particolare si pone, dunque, il problema di verificare
se ed in quale misura una modesta, o del tutto assente, presenza del giudice nel procedimento
possa far modificare la conclusione sopra avanzata.
Nell’esecuzione individuale mobiliare esiste lo schema della vendita a mezzo
commissionario, schema che si distacca sensibilmente dalle forme di “vendita senza incanto” e
di “vendita con incanto” in quanto il giudice partecipa al procedimento solo nella fase
preliminare dell’autorizzazione alla vendita. Tuttavia, è pur sempre il giudice che autorizza la
vendita (art. 532 c.p.c.) e ciò sembra testimoniare la rilevanza pubblicistica del procedimento30.
Quando ci spostiamo nel comparto della liquidazione fallimentare avvertiamo che la
situazione potrebbe, oggi, risultare diversa, così da rendere più complessa la soluzione.
Prima di affrontarla è opportuno considerare che tutte le procedure concorsuali, anche
quelle essenzialmente liquidatorie come il fallimento, assolvono ad una funzione equivalente a
quella dell’espropriazione individuale perché mirano al soddisfacimento dei creditori, ma a tale
scopo non si riducono in quanto nelle procedure concorsuali si deve, anche, gestire il fenomeno
“impresa”31. E proprio in tema di liquidazione si avverte questa attenzione all’impresa, ove si
guardi alle vendite in blocco, alla vendita dell’azienda, alla cessione delle azioni32, tutti fenomeni
estranei all’esecuzione individuale.
Poiché, peraltro, il fallimento è uno strumento di realizzazione coattiva della responsabilità
patrimoniale è corretto confrontarne il regime con quello dell’esecuzione forzata individuale33.
In passato il modello della fase della liquidazione del patrimonio del fallito era, in larga parte,
conforme a quello dell’espropriazione con una sostanziale sostituzione del giudice delegato al
giudice dell’esecuzione. Decisivo, al riguardo, appariva nel previgente contesto normativo la
circostanza che vi fosse un espresso ed ineliminabile richiamo alle norme del codice di
procedura civile34. Il quadro normativo di riferimento è profondamente mutato.
Infatti, a seguito delle riforme 2006-2007, nelle vendite fallimentari, senza che in ciò rilevi la
qualità del bene, il modello base è affidato alle cc.dd. “vendite competitive”. Si tratta, sì, di un
modello che offre molte garanzie (soprattutto in termini di trasparenza del procedimento)35 ma,
considerando anche la diversa dislocazione dei poteri fra i diversi organi della procedura36 e
dunque la formazione del programma di liquidazione, la partecipazione del giudice delegato è
Non a caso MACAGNO, Legittimazione del curatore e annullamento per aliud pro alio della vendita immobiliare nel fallimento, Fa,
2011, 202, esprime serie perplessità sull’ipotesi di un’azione di annullamento per errore che presuppone un soggetto
in grado di percepire l’errore; soggetto che nell’esecuzione singolare si fa proprio fatica a rinvenire.
30 CASTAGNOLA, La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle procedure concorsuali, cit., 378; M. PERRINO, La
liquidazione dei beni nel fallimento e nei concordati mediante cessione, GCo, 2009, I, 696; C. FERRI, La nullità delle vendite
concorsuali, cit., 444.
31 M. FABIANI , Diritto fallimentare, Bologna, 2011, 1. Non a caso NIGRO, La disciplina delle crisi patrimoniali delle imprese, in
Trattato Bessone, XXV, Torino, 2012, 1, affronta il tema delle procedure concorsuali in una prospettiva essenzialmente
di gestione d’impresa, senza riferimenti all’espropriazione forzata.
32 M. PERRINO, La liquidazione dei beni nel fallimento e nei concordati mediante cessione, cit., 682.
33 SATTA, Diritto fallimentare, Padova, 1990, 4.
34 Per una cornice di riferimento v., P.FARINA, L’aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, Napoli, 2012, 268.
35 Sono le garanzie che controbilanciano la deformalizzazione del procedimento e che pongono un limite ai poteri del
curatore; cfr., in luogo di molti, MORAMARCO, sub artt. 107-108, in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di NigroSandulli-Santoro, II, Torino, 2010, 1498.
36 Si pensi alla circostanza, dal sapore quasi surreale per cui è il curatore a stabilire se “adoperare” il giudice delegato
per fare ricorso al procedimento del codice di rito, ovvero se fare ricorso alle vendite competitive; v., BONFATTICENSONI, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011, 412.
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estremamente compressa, potendo solo non autorizzare le vendite difformi dal programma37,
ovvero sospendere la provvisoria aggiudicazione in presenza di gravi motivi.
Orbene, il fatto che la partecipazione del giudice al procedimento di vendita possa
grandemente variare a seconda del modello adottato, certo induce a porsi l’interrogativo sopra
enunciato ma anche a risolverlo negativamente: il modello di vendita non influisce sulla natura
della stessa38.
In verità, già prima di questo castello di riforme, il problema era noto, visto che per i beni
mobili era consueto ricorrere alla forma della trattativa privata39. In tale senso, la forma della
vendita (con incanto, senza incanto o a trattativa privata) – secondo la lettura nettamente
prevalente – non incideva sulla struttura della vendita che era sempre reputata una vendita
forzata anche se non sempre formalmente imputabile al giudice40; l’assenza di un
provvedimento di un giudice (che comunque partecipava al procedimento nel momento in cui
autorizzava il compimento dell’atto) o di altra pubblica autorità e la presenza di un negozio con
le forme del diritto privato, non era (e non è), infatti, motivo per escludere la natura forzata
della alienazione41.
Così, come nell’esecuzione singolare gli schemi sono quelli della vendita col commissionario,
quelli della vendita senza e con incanto, così pure nell’esecuzione concorsuale gli schemi sono o
quelli dell’espropriazione (per effetto del rinvio, eventuale, contenuto nell’art. 107 l.fall. al
codice di procedura civile) o quelli delle variegate vendite competitive. Il modello della vendita
competitiva è solo una cornice per le modalità di organizzazione del procedimento in funzione
di pervenire al miglior risultato possibile in un quadro di trasparenza delle condotte; tuttavia,
poi, la vendita competitiva si conclude con un atto negoziale che replica, in apparenza, le forme
della vendita privatistica.
Pertanto, il solo fatto che ora le vendite fallimentari possano avvenire secondo lo schema
delle cc.dd “procedure competitive” e non più necessariamente – quanto meno per i cespiti
immobiliari come accadeva in passato – secondo lo schema del codice di procedura civile, ha
indotto una parte della dottrina a valorizzare questo dato, formale, per assumere che ora tutte le
vendite disposte nella liquidazione concorsuale sarebbero vendite privatistiche42, lasciandosi
fuorviare (per quanto a me pare) dal mero schema formale. Ove così fosse, avremmo un
sistema binario nel quale la vendita forzata singolare sarebbe connotata da un’impronta
Né, mi pare, il fatto che il giudice delegato possa rifiutare l’autorizzazione per vizi di legittimità (così, FAUCEGLIAROCCO DI TORREPADULA, Diritto dell’impresa in crisi, Bologna, 2010, 234; NONNO, sub art. 104 ter, in La legge fallimentare,
a cura di Ferro, Padova, 2011, 1205; AMBROSINI-CAVALLI-JORIO, Il fallimento, in Trattato Cottino, XI, 2, Padova, 2009,
621; mentre CARRATTA, Liquidazione e ripartizione dell’attivo nel fallimento, in La riforma della legge fallimentare, Bologna,
2008, 118, postula che al giudice sia ancora rimesso un potere di valutazione sul merito della liquidazione), determina
un mutamento di regime in quanto non è il giudice che stabilisce le modalità della vendita. Per una visione più
articolata del ruolo del giudice rispetto alla gestione della procedura ed ai suoi rapporti con gli altri organi, v.,
E.F.RICCI, Note sul giudice delegato nel fallimento come organo amministrativo, RDPr., 2010, 1121.
38 In verità, anche in passato, era stata sostenuta la tesi della parificazione delle vendite fallimentari alle vendite
privatistiche, ad esempio sulla suggestione rappresentata da una sorta di mandato a vendere conferito dal fallito; così
DE MARTINI, Profilo contrattuale della «vendita forzata» nell’esecuzione singolare e fallimentare, GCCC., 1948, III, 189; sulla
‘vicinanza’ della vendita fallimentare alla vendita volontaria anche SATTA, Diritto fallimentare, cit., 337.
39 P.FARINA, L’aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, cit., 396.
40 Proprio in materia fallimentare, con riferimento alla pregressa esperienza in tema di vendita di beni mobili si
affermava che la vendita fallimentare disciplinata dall’art. 106 l. fall., ancorché utilizzasse forme simili a quelle tipiche
dell’autonomia privata era pur sempre vendita giudiziale forzosa, v. Cass., 23-9-2003, n. 14103, GC, 2004, I, 78; Cass.,
22-3-1999, n. 2649, RFI, 1999, Fallimento, n. 755; Cass., 20-9-1993, n. 9624, Fa, 1994, 269; C. FERRI, La nullità delle
vendite concorsuali, cit., 440; LICCARDO-FEDERICO, sub art. 108, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da Jorio e coordinato
da Fabiani, Bologna, 2007, 1804. Per le vendite immobiliari, APICE, Effetti del decreto di trasferimento e vizi del procedimento
di vendita immobiliare nella procedura fallimentare, Fa, 1989, 1185.
41 M. PERRINO, Programma di liquidazione e tecniche di liquidazione in blocco, DF, 2006, I, 1099.
42 MONTANARO, sub art. 107, in Commentario della legge fallimentare, diretto da Cavallini, II, Milano, 2010, 1006; DONVITO,
Le vendite immobiliari nel fallimento, GI, 2007, 779; RUSSO, La riforma della legge fallimentare e la tutela giurisdizionale dei diritti:
la crisi del giudicato, DF, 2007, II, 267; TEDESCHI, Manuale del nuovo diritto fallimentare, Padova, 2006, 429.
37
7
pubblicistica e quella concorsuale da una caratterizzazione privatistica. Un approdo di questo
genere dovrebbe essere evitato ed effettivamente gli argomenti per resistere a questa lettura
innovativa non mancano.
Per escludere che la vendita fallimentare, dopo le riforme del 2006-2007, possa qualificarsi
come vendita essenzialmente privatistica, è necessario confrontarsi con gli argomenti invocati
da questa recente dottrina.
Il primo argomento si sostanzia nel mancato richiamo - nell’art. 105 l. fall. - alle disposizioni
del codice di procedura civile; si tratta di un argomento eminentemente formale e che trascura
l’importanza di valutare invece gli effetti della vendita e le esigenze sottese a quelle vendite43,
ormai decisivamente superato dall’attuale diritto positivo. L’art. 104 ter l. fall., stabilisce che il
curatore può decidere che la liquidazione dei beni possa realizzarsi secondo le norme del codice
di procedura civile, sì che l’argomento formale resta sicuramente superato44, per rimandare, se
mai, a quanto si era a suo tempo elaborato in tema di vendite mobiliari nel fallimento, per le
quali il regime formale è variabile e non esclude affatto il ricorso alla vendita a trattativa privata.
Già da tempo si era giunti alla conclusione che la forma della vendita va considerata un
aspetto neutrale in relazione alla qualificazione della sua natura giuridica45, talché le vendite
disposte con le forme negoziali sono comunque inquadrabili nello schema della vendita
coattiva46; certo, la presenza di un formale decreto di trasferimento ha generato una ricorrente
suggestione in letteratura in ordine alla decisività della componente pubblicistica47, ma la sua
mancanza non è decisiva.
Una volta stabilito che le vendite fallimentari si articolano secondo formule differenziate
(quelle del codice di procedura civile, così come quelle dell’autonomia negoziale), certo non può
condividersi l’idea che per le prime si possa parlare di vendite coattive e per le seconde di
vendite privatistiche48 se solo si considera che ambedue partecipano della stessa funzione e cioè
quella di procurare risorse liquide da destinare ai creditori, nell’ambito di un procedimento
giudiziario di natura espropriativa49 attuato in funzione di rendere concreta la responsabilità
patrimoniale.
Così, incisivamente, CASTAGNOLA, La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle procedure concorsuali, cit., 377,
che ricorda anche un coerente passo di MICHELI, Dell’esecuzione forzata – sub art. 2919 c.c., in Comm. Scialoja-Branca,
Bologna-Roma, 1977, 120, a proposito della necessità di indagare la struttura del procedimento per ricavare da esso la
funzione così da svalutare il profilo formale.
44 FIMMANÒ, La liquidazione dell’attivo nel correttivo alla riforma, cit., 860; PAJARDI -PALUCHOWSKI, Manuale di diritto
fallimentare, Milano, 1998, 602.
45 Fra gli altri, C. FERRI, La nullità delle vendite concorsuali, cit., 438; SALETTI, Tecniche ed effetti delle vendite forzate immobiliari,
cit., 1041; COLESANTI, Vendita fallimentare a trattativa privata e potere di sospensione ex art. 108 legge fallimentare, GI, 1978, I,
2, 661; TAVORMINA, Alcune riflessioni sulle vendite forzate nelle procedure concorsuali ‘amministrative’, cit., 623; CASTAGNOLA,
La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle procedure concorsuali, cit., 378; GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare,
Torino, 2012, 249; IANNICELLI, Le vendite fallimentari: aspetti processuali, in Trattato Buonocore-Bassi, III, Padova, 2011, 391.
46 Ex multis, BONSIGNORI, La liquidazione dell’attivo, in Comm. Scialoja-Branca l. fall., Bologna, 1976, 40; ANDRIOLI ,
Fallimento, Enc.dir, XVI, Milano, 1967, 440; PROVINCIALI, Trattato di diritto fallimentare, III, Milano, 1974, 1580;
MAZZAMUTO, L’esecuzione forzata, cit., 245; MONTANARI, I procedimenti di liquidazione e ripartizione dell’attivo fallimentare,
cit., 88; PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1986, 614; ma, in senso contrario, PALUCHOWSKI, L’applicazione
delle norme sulle espropriazioni individuali alle vendite fallimentari, in AA.VV., Espropriazioni individuali e fallimento, Milano,
2001, 87.
47 REDENTI, Diritto processuale civile, III, Milano, 1957, 271; ZANZUCCHI-VOCINO, Diritto processuale civile, III, cit., 112; in
chiave assai più problematica, però, CARNELUTTI, Lezioni di diritto processuale civile. Il processo di esecuzione, cit., 320. È in
particolare CERINO CANOVA, Vendita forzata ed effetto traslativo, cit., 153, che contesta l’efficacia persuasiva degli
argomenti tratti dall’art. 586 c.p.c., dimostrando come tale disposizioni si limiti a disciplinare il trasferimento
materiale del bene espropriato e non gli effetti giuridici derivanti dall’atto traslativo.
48 Così giustamente, CASTAGNOLA, La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle procedure concorsuali, cit., 582, ad
avviso del quale anche per una interpretazione costituzionalmente orientata la soluzione del doppio binario andrebbe
decisamente esclusa; PAJARDI-PALUCHOWSKI, Manuale di diritto fallimentare, cit., 602.
49 In questo senso CASTAGNOLA, La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle procedure concorsuali, cit., 380, rileva
che i connotati qualificanti le vendite forzate sono costituiti dall’essere la vendita inserita in un procedimento di
43
8
Un ulteriore argomento che giocherebbe a favore della tesi della natura privatistica delle
vendite fallimentari sarebbe quello dell’assenza dal procedimento del giudice delegato
(un’assenza ancor più marcata rispetto alla vendita a mezzo commissionario nell’espropriazione
mobiliare), ma questa connotazione soggettiva50 pare sostanzialmente assorbita dai rilievi svolti
in precedenza a proposito dei diversi schemi formali. Infatti è evidente che se la vendita a
trattativa privata è una vendita forzata per struttura e per funzione, nessuna importanza ha la
circostanza che non vi partecipi, come è sin troppo ovvio (altrimenti non sarebbe una vendita
con le forme negoziali), il giudice delegato; il solo fatto che ad esse partecipasse allora – come
oggi – il giudice delegato in funzione di organo deputato ad autorizzare l’alienazione, nulla
dimostrava, posto che il paradigma della vendita forzata era riconoscibile in virtù di altre ragioni
51.
Né una qualche influenza la dovrebbe esplicare il fatto che al giudice delegato siano, oppure
no, riconosciuti poteri – anche incisivi – sull’attuabilità della vendita mediante l’esercizio del
potere di sospensione52.
Ed ancora non può in alcun modo essere trascurato l’effetto “purgativo” della vendita;
effetto che si ricava sia dalla previsione (art. 107 l.fall.) per la quale il curatore è tenuto ad
informare i creditori muniti di garanzia reale della prossimità della vendita (in modo che
valutino se intervenire nel processo e non perdere la garanzia), sia dal disposto di cui all’art. 108
l.fall. a mente del quale il giudice delegato, dopo il pagamento del prezzo, ordina la
cancellazione delle iscrizioni prelatizie53.
Tutto ciò conduce a concludere che la vendita disposta in sede di liquidazione concorsuale è,
ancora, una vendita forzata regolata in funzione di attuare il principio della responsabilità
patrimoniale54.
attuazione della responsabilità patrimoniale e dall’essere il ricavato della vendita la provvista per remunerare quanti
sono rimasti insoddisfatti per l’inadempimento della parte esecutata; nello stesso senso, v. C. FERRI, La nullità delle
vendite concorsuali, cit., 437. Più in generale, la tesi della fungibilità della forma negoziale con la struttura forzata della
vendita è ben evidenziata in CERINO CANOVA, Offerte dopo l’incanto, Padova, 1975, 120.
50 Si tratta di un profilo indagato e valorizzato da CASTAGNOLA, La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle
procedure concorsuali, cit., 385, per escludere la fondatezza della teoria privatistica; D’AQUINO, sub art. 107, in La legge
fallimentare ( disposizioni integrative e correttive), a cura di Ferro, Padova, 2008, 211; FIMMANÒ, La liquidazione dell’attivo nel
correttivo alla riforma, cit., 864; PAJARDI-PALUCHOWSKI, Manuale di diritto fallimentare, cit., 602.
51 Sulla natura di vendita forzata delle alienazioni mobiliari condotte nella forma “a trattativa privata”, v., Cass., 6-92006, n.19142, Fa, 2007, 157; Cass., 17-9-2002, n.13583, Fa, 2003, 43; Cass., 22-3-1999, n.2649, FI, 1999, I, 3260.
Non mi pare, invece, condivisibile l’osservazione di FIMMANÒ, La liquidazione dell’attivo nel correttivo alla riforma, cit.,
865, secondo il quale la natura di vendita coattiva discenderebbe dal fatto che, pur in mancanza di una ordinanza di
vendita e di un decreto di trasferimento, il giudice partecipa pur sempre al procedimento di alienazione, quando
autorizza l’atto [conforme al programma di liquidazione]. L’osservazione non è convincente in quanto farebbe
dipendere la natura (forzata o volontaria) della vendita dal fatto che vi sia, o no, un atto del giudice, mentre a me pare
che il profilo soggettivo non sia qualificante.
52 CASTAGNOLA, La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle procedure concorsuali, cit., 391; M. PERRINO,
Programma di liquidazione e tecniche di liquidazione in blocco, cit., 1102.
53 GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare, cit., 246; P.FARINA, L’aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, cit., 372; NIGROVATTERMOLI, Diritto della crisi delle imprese, Bologna, 2009, 236; IANNICELLI, Le vendite fallimentari: aspetti processuali, cit.,
390.
54 MONTANARI, Note sparse sulle istruzioni del Tribunale di Milano in materia di liquidazione dei beni del fallito, GCo, 2008, II,
755; FEDERICO, Natura giuridica della vendita fallimentare, Fa, 2007, 162; PAJARDI-PALUCHOWSKI, Manuale di diritto
fallimentare, cit., 602; P.FARINA, L’aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, cit., 371; FAUCEGLIA-ROCCO DI
TORREPADULA, Diritto dell’impresa in crisi, cit., 235; LICCARDO-FEDERICO, sub art. 108, cit., 1806; NONNO, sub art. 107,
in La legge fallimentare, a cura di Ferro, Padova, 2011, 1263; DALFINO, La liquidazione dell’attivo, in Manuale di diritto
fallimentare e delle procedure concorsuali, Milano, 2011, 243; AMBROSINI-CAVALLI-JORIO, Il fallimento, cit., 650; IANNICELLI,
Le vendite fallimentari: aspetti processuali, cit., 390; ESPOSITO, Il programma di liquidazione, Milano, 2010, 167; M. PERRINO,
La liquidazione dei beni nel fallimento e nei concordati mediante cessione, cit., 684; BRUSCHETTA, La liquidazione dell’attivo.
Tipologie di vendite, in Le riforme della legge fallimentare, a cura di Didone, I, Torino, 2009, 1230; MORAMARCO, sub artt.
107-108, cit., 1520.
9
4. Aver concluso che le vendite forzate non sono vendite negoziali in senso proprio, non
esclude, però, che in talune circostanze vi possano essere vendite orchestrate dal curatore che a
buon titolo debbono ascriversi fra quelle di natura privatistica. Pensiamo alle vendite disposte
nell’ambito dell’esercizio provvisorio55 ed a quelle concluse in attuazione di contratti preliminari
preesistenti56.
Qui, in verità, bisogna sgombrare il campo da un equivoco: queste vendite non dimostrano
che certe vendite forzate sono vendite negoziali, ma semplicemente queste vendite si collocano
al di fuori del perimetro delle vendite forzate. Esse non rispondono alla finalità dell’attuazione
della garanzia patrimoniale ma: i) le vendite disposte nel corso dell’esercizio provvisorio sono
atti di gestione dell’impresa57, non sono atti con i quali il bene del debitore viene trasformato in
denaro per essere attribuito in funzione satisfattiva ai creditori; ii) le vendite che il curatore
stipula in adempimento di un precedente contratto preliminare non sono atti di alienazione
disposti contro la volontà del debitore ma, al contrario, sono atti nei quali viene valorizzata,
proprio la volontarietà del negozio e il profilo dell’adempimento ad un’obbligazione specifica
già contratta.
5. Una volta stabilito che la vendita forzata ha una sicura matrice pubblicistica, non per
questo debbono essere obliterati i principi della vendita negoziale visto che, sicuramente, alcuni
di essi li ritroviamo nelle vendite forzate.
In questo senso ci si deve porre il problema dell’ambito temporale di efficacia della vendita
forzata.
Nel caso dell’espropriazione singolare, per i beni mobili (non registrati) l’effetto traslativo si
compie nel momento in cui il compratore esegue il pagamento del prezzo. Dagli artt. 533 e 540
c.p.c. si ricavano indizi testuali in forza dei quali il pagamento del prezzo è fattispecie costitutiva
del perfezionamento della vendita58. Pertanto col pagamento del prezzo, la proprietà sulla cosa
pignorata si trasferisce in capo all’aggiudicatario e da quel momento si applicano le regole sul
perimento del bene. Si tratta di una regola che devia dal diritto sostanziale, là dove ciò che rileva
è la prestazione del consenso.
Assai più controversa è l’individuazione del momento in cui l’effetto traslativo si produce
rispetto ai beni immobili.
Secondo la lettura prevalente solo con il decreto di trasferimento emesso dal giudice ai sensi
dell’art. 586 c.p.c. si produce l’effetto traslativo59.
CASTAGNOLA, La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle procedure concorsuali, cit., 374; BONGIORNO, La
liquidazione dell’attivo nel fallimento e le c.d. ‹‹ procedure competitive ››, DF, 2012, I, 135 ; prima della riforma, già, RIVOLTA,
L’esercizio dell’impresa nel fallimento, Milano, 1969, 347.
56 GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare, cit., 246.
57 FAUCEGLIA-ROCCO DI TORREPADULA, Diritto dell’impresa in crisi, cit., 228.
58 Cfr., ex multis, CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano 1994, 423; BONSIGNORI, Effetti della
vendita forzata e dell’assegnazione, in Comm..Schlesinger, VIII, Milano 1988, 34; BUSNELLI, Dell’esecuzione forzata, cit., 309;
PUNZI, La tutela del terzo nel processo esecutivo, Milano 1971, 351; ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III,
Napoli 1957, 179; ZANZUCCHI-VOCINO, Diritto processuale civile, III, cit., 108; MAZZAMUTO, L’esecuzione forzata, cit.,
229; MICHELI, Dell’esecuzione forzata, cit., 463; TOMMASEO, L’esecuzione forzata, cit., 216; in giurisprudenza, si veda Cass.,
18-6-1997, n. 5466, Fa, 1998, 267. .
59 CORDOPATRI, Le nuove norme sull’esecuzione forzata, RDPr, 2005, 773; CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale. Le tutele
di merito, sommarie ed esecutive, cit., 373; TRAMONTANO, La decorrenza dell’effetto traslativo nella vendita forzata immobiliare,
RTPC, 1994, 1029 ss.; CAPPONI-VACCARELLA-CECCHELLA, Il processo civile dopo le riforme, Torino, 1992, 343; TARZIA,
La sospensione della vendita forzata immobiliare a prezzo ingiusto, RDPr, 1991, 1094; BONSIGNORI, Assegnazione forzata e
distribuzione del ricavato, Milano, 1962, 71; SCARDACCIONE, Sugli effetti dell’estinzione del processo esecutivo, RDC. 1960, II,
488 ss.; ARIETA-DE SANTIS, L’esecuzione forzata, III/2, cit., 1133; TEDOLDI, Vendita e assegnazione forzata, cit., 666;
COMOGLIO-FERRI-TARUFFO, Lezioni sul processo civile, II, cit., 347; SALETTI, Tecniche ed effetti delle vendite forzate
immobiliari, cit., 1043; GILI, Il momento traslativo della vendita forzata immobiliare, RDPr, 2000, 440; ANDRIOLI, Commento al
codice di procedura civile, III, Napoli 1957, 259 ss.; MICHELI, Dell’esecuzione forzata , cit., 463; BUSNELLI, Dell’esecuzione
forzata cit., 309; REDENTI, Diritto processuale civile, III, 271 ss.; ZANZUCCHI-VOCINO, Diritto processuale civile, cit., III, cit.,
55
10
Tuttavia, nonostante il dato letterale porti a reputare più sicura l’interpretazione dianzi
ricordata, è abbastanza diffuso anche il convincimento opposto secondo il quale già
l’aggiudicazione produrrebbe il fenomeno del passaggio di proprietà sul bene; al fondo questa
affermazione non fa che riprendere alcune letture più risalenti con le quali si intendeva
valorizzare la prestazione del consenso nella vendita forzata singolare (sotto condizione del
pagamento del prezzo60), confinando il decreto di trasferimento in un semplice provvedimento
di natura dichiarativa61, visto che tale norma fa riferimento al trasferimento del bene e non del
diritto, come a voler significare che il provvedimento del giudice assume un ruolo nel
procedimento ed ai fini dell’esecuzione della vendita, fermo restando che l’effetto traslativo
della proprietà sarebbe già completato. Procedimento espropriativo (singolare o collettivo) e
vendita sono fenomeni diversi, perché la vendita è solo uno strumento del procedimento
espropriativo62.
Così,
quando vogliamo provare a trarre dall’esperienza normativa dell’esecuzione
individuale alcuni sintomi dell’efficacia traslativa dell’aggiudicazione ci imbattiamo in talune
disposizioni che sembrerebbero confermare proprio l’irrilevanza dei provvedimenti del giudice
quanto a trasferimento del diritto di proprietà sul bene. Si pensi all’art. 164 dip.att. c.p.c. (‹‹ Il
giudice dell'esecuzione, in seguito all'alienazione del bene espropriato, compie in luogo del debitore tutti gli atti
necessari al trasferimento del bene all'acquirente ››), dal quale parrebbe evincersi che l’effetto traslativo
risale ad un fatto anteriore al decreto di trasferimento, ma anche a quelle norme che in tema di
opposizione di terzo all’esecuzione e in tema di conversione del pignoramento, laddove
richiamano come dies ad quem, la “vendita”, paiono riferirsi al momento della aggiudicazione63.
Quando si invoca l’aggiudicazione, si vuole avere riguardo al momento in cui si perfeziona la
vendita per effetto dell’accettazione espressa con l’offerta presentata da chi è interessato
all’acquisto.
Fra i vari argomenti che quella parte della dottrina rivolta a valorizzare i profili negoziali
della vendita forzata e dunque dell’anticipazione dell’effetto traslativo al momento della
aggiudicazione, appare assai significativo quello fondato sull’art. 632 c.p.c. (a proposito della
“resistenza” dell’aggiudicazione in caso di estinzione del processo) – oggi rinsaldato dal nuovo
art. 187 bis disp.att. c.p.c.64 –, perché non si spiega che il procedimento debba proseguire se
113; BONGIORNO, Espropriazione immobiliare , cit., 59; TEDOLDI, Vendita e assegnazione forzata, cit. , 666; Cass., 8-6-1985,
n. 3477, GI, 1987, I, 1, 562; Cass., 18-1-1983, n. 413, GC, 1983, I, 1506 (salvo quella parte minoritaria, v.,
MAZZARELLA, Vendita forzata, Enc. Dir., XLVI, Milano, 1993, 578, che ascrive l’effetto traslativo al pagamento del
prezzo).
60 Il pagamento del prezzo può essere dedotto come condizione sospensiva della aggiudicazione ove si reputi
condivisibile quell’orientamento per il quale l’adempimento di una obbligazione del contratto può essere dalle parti
assunta quale condizione di efficacia del contratto; v., Cass., 15-11-2006, n. 24299, GI, 2007, 2183; Cass., 24-11-2003,
n. 17859, GC, 2004, I, 935 ; in dottrina, la soluzione è controversa, ma per la tesi affermativa, cfr., MAIORCA,
Condizione, Digesto/civ., III, Torino, 1987, 282; DI MAJO, L’esecuzione del contratto, Milano,1967, 134; FALZEA, La
condizione e gli elementi dell’atto giuridico, Milano, 1943, 226.
Lo stesso meccanismo della decadenza dell’aggiudicatario per mancato versamento del prezzo (art. 587 c.p.c.),
costituisce null’altro che un’applicazione dei principi in materia di contratto e di condizione. Infatti, se sussiste
l’obbligo di restituire la caparra per inefficacia del contratto, dipendente dal mancato avveramento della condizione
sospensiva (Cass., 16.2.2000, n. 1714, RFI, 2000, Contratto in genere, n. 492), quando il mancato avveramento deriva da
causa imputabile ad una parte, è logico che le somme anticipate dalla parte non adempiente, restino nella disponibilità
della parte adempiente, così applicandosi – a rovescio – quanto disposto nell’art. 1359 c.c.
61 CERINO CANOVA, Vendita forzata ed effetto traslativo, cit., 162; MAZZAMUTO, L’esecuzione forzata, cit., 230; MANDRIOLI CARRATTA, Diritto processuale civile, IV, cit., 130.
62 CERINO CANOVA, Vendita forzata ed effetto traslativo, cit., 157.
63 CERINO CANOVA, Vendita forzata ed effetto traslativo, cit., 167.
64 Proprio questa nuova disposizione, ad avviso di MICCOLIS, sub artt. 586 e 187 bis disp.att., in La riforma del processo
civile, a cura di Cipriani e Monteleone, Padova, 2007, 379, dovrebbe far sciogliere l’enigma nel senso che il momento
traslativo nella vendita forzata andrebbe anticipato all’aggiudicazione, ciò che a ben vedere significa, al momento in
cui viene accertata l’efficacia del consenso da parte dell’offerente; negli stessi termini, BALENA- BOVE, Le riforme più
11
l’effetto traslativo non si fosse già attuato con l’aggiudicazione65. Né, la disposizione di cui
all’art. 586 c.p.c., nella parte in cui prevede che dopo l’aggiudicazione il processo esecutivo
possa essere sospeso, appare risolutiva per la tesi contraria66. Infatti, come il pagamento del
prezzo rappresenta una condizione sospensiva dell’atto traslativo, così la sospensione della
vendita gioca la funzione di condizione risolutiva della vendita. Se mai, proprio dalla previsione
della sospensione della vendita, possiamo trarre qualche ulteriore indice della fondatezza della
tesi qui esposta, quando rileviamo che la giurisprudenza riconosce una posizione giuridica forte
all’aggiudicatario [provvisorio],
attribuendogli il diritto processuale alla ricorribilità per
cassazione del provvedimento sospensivo, come a riconoscere che in gioco c’è un vero e
proprio diritto soggettivo sostanziale e questo diritto altro non può essere che quello sulla
proprietà del bene esecutato67.
Sia chiaro, peraltro, che questa tematica nell’ambiente fallimentare è destinata a perdere
rilievo le quante volte il modello operativo della vendita competitiva sarà l’atto pubblico, posto
che in tal caso il momento perfezionativo non potrà che coincidere, come già per le vendite
mobiliari, col pagamento del prezzo68.
6. L’art. 2919 c.c. nell’affermare che ‹‹ la vendita forzata trasferisce all'acquirente i diritti che
sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione, salvi gli effetti del possesso di
buona fede ›› sembra sancire, una volta per tutte, che la vendita forzata ha natura derivativa69,
salvo che riguardi dei beni mobili e che rispetto ad essi l’acquirente possa presentarsi come
legittimo possessore di buona fede (art. 1153 c.c.), sì che in tal caso la vendita importa il
passaggio di proprietà a titolo originario70. Si tratta, quindi, di un tipico effetto omogeneo a
quello prodotto dalle vendite negoziali71. Infatti, anche ove si intenda accedere a quelle opinioni
secondo le quali nella vendita forzata manca tanto un incontro di volontà quanto un rapporto
obbligatorio fra venditore e compratore72, non può residuare dubbio sul fatto che l’acquirente
della vendita forzata non possa, per il sol fatto di partecipare ad un processo, acquisire diritti
maggiori di quelli che sulla cosa aveva il debitore, con l’effetto che, a far data dal pignoramento,
recenti del processo civile, Bari, 2006, 232; sull’importanza della disposizione v., anche, P.FARINA, L’aggiudicazione nel sistema
delle vendite forzate, cit., 60. .
65 Pur senza entrare nella complessa disputa relativa al momento traslativo della vendita forzata, Cass., 30-11-2006, n.
25507, CorG, 2007, 349, ha stabilito che qualora in fase di vendita sia intervenuta l’aggiudicazione provvisoria e
successivamente il giudice dell’esecuzione abbia dichiarato l’estinzione della procedura esecutiva in pendenza del
termine per la presentazione delle eventuali offerte in aumento di un sesto (ora di un quinto) ai sensi dell’art. 584
c.p.c., si deve ritenere che, ai sensi nel nuovo art. 187 bis disp. att. c.p.c. , gli effetti dell’aggiudicazione, «anche
provvisoria», restano fermi nei confronti degli aggiudicatari, anche se tali non in via definitiva, poiché, con questa
disposizione, il legislatore ha inteso incidere sul contenuto dell’art. 632 c.p.c. – relativo, appunto, agli effetti
dell’estinzione del processo esecutivo – precisandolo nel senso che tanto l’aggiudicazione provvisoria che
l’assegnazione sono ora da ritenersi atti indifferenti a detta estinzione, la quale, quindi, non ne determina la
caducazione. In senso opposto, però, CAPPONI, Manuale di diritto dell’esecuzione forzata, cit., 313, ad avviso del quale tale
disposizione è irrilevante al fine di stabilire il tempo di perfezionamento della vendita. Nell’ambiente fallimentare,
l’acquisto dell’aggiudicatario si consolida anche in presenza dei requisiti per la chiusura del fallimento, manifestatisi
prima del decreto di trasferimento, secondo Cass., 13-7-2004, n. 12969, RFI, 2004, Fallimento , n. 593.
66 Così, invece, TARZIA, La sospensione della vendita forzata immobiliare a prezzo ingiusto, cit., 1094.
67 CERINO CANOVA,
Vendita forzata ed effetto traslativo, cit., 154 ss.; nella giurisprudenza di legittimità è pacifica
l’affermazione per cui contro il provvedimento di sospensione della vendita, è ammesso ricorso per cassazione,
stante l’efficacia decisoria su diritti soggettivi; nel comparto fallimentare (da cui ha preso ispirazione il legislatore nel
modificare l’art. 586 c.p.c.) v., Cass., 13-9-2006, n. 19667, RFI, 2006, Fallimento, n. 626; Cass., 4-8-2000, n. 10266, Fa,
2001, 1104.
68 IANNICELLI, Le vendite fallimentari: aspetti processuali, cit., 436.
69 CAPPONI, Manuale di diritto dell’esecuzione forzata, cit., 312; PICARDI , Manuale del processo civile, Milano, 2010, 591; C.
FERRI, La liquidazione dell’attivo fallimentare, RDPr, 2006, 970.
70 PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2002, 740.
71 TOMMASEO, L’esecuzione forzata, cit., 210.
72 PUNZI, Il processo civile. Sistema e problematiche, IV, cit., 143; MAZZARELLA, Vendita forzata, cit., 582.
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il diritto oggetto di trasferimento è proprio e solo il diritto del debitore (… con tanto di
legittime pretese di terzi sulla cosa come si ricava dalla regola in tema di evizione). Certo si può
convenire sul fatto che l’intromissione del creditore (o della massa dei creditori e del curatore)
renda sui generis la derivatività dell’acquisto73, e tuttavia questo effetto (che si produce, parimenti,
nelle vendite forzate in sede fallimentare74), sembra quello più conforme al sistema e al diritto
positivo.
7. Poiché dopo le riforme del 2005 e sino a quelle del 2012 la rilevanza statistica del
concordato preventivo è divenuta imponente, è utile indagare anche sulla natura delle vendite
che vengono disposte nel concordato preventivo.
In un recente saggio ho cercato di dimostrare quali possono essere gli sviluppi liquidatori
di un concordato preventivo omologato ed in fase di esecuzione75. La liquidazione dei beni nel
concordato è un fenomeno poliedrico, nel quale si mescolano tante possibili soluzioni
alternative. Tratto comune a tutte, però, è il fatto che (in un concordato nel quale la proposta
preveda, appunto, la cessione dei beni) vi sia un’attività di liquidazione del patrimonio ed allora
è importante stabilire quale sia il regime di questi atti. Il regime degli atti di liquidazione va
valutato nella cornice di quale sia la natura delle vendite concordatarie e cioè se si tratti di
vendite privatistiche o di vendite forzate.
La risposta che a prima impressione si potrebbe dare è nel senso che le vendite
programmate secondo schemi negoziali sono vendite privatistiche e quelle lasciate al modello
officioso dell’art. 182 l.fall. sono vendite forzate76.
Non sembra, però, che questa soluzione sia davvero condivisibile. Ma per dimostrarlo è
necessario procedere ad alcune precisazioni.
Come si è rammentato nel § 2, nelle speculazioni sull’espropriazione forzata coesistono due
concezioni classiche in tema di vendita forzata, distribuite fra i fautori della tesi contrattualistica
e i fautori della tesi pubblicistica (o meglio dire panprocessualistica, visto che colloca l’offerta di
acquisto da parte del terzo come una forma di domanda giudiziale), poi sintetizzata in quanti
hanno preferito non giungere a soluzioni sistematiche rigorose, preferendo considerare sia le
peculiarità del negozio di diritto privato, sia i dominanti aspetti del procedimento officioso di
impronta pubblicistica.
Queste stesse conclusioni, al fondo, sono state duplicate nell’espropriazione concorsuale e
poi, dopo le riforme e l’introduzione dello schema delle cc.dd. “procedure competitive” sono
state mantenute, sebbene fra qualche titubanza, con il risultato che la vendita disposta in sede di
liquidazione concorsuale è, ancora, una vendita forzata .
Il nodo da sciogliere è, allora, quello della natura delle vendite effettuate nel concordato
preventivo, considerando che l’art. 182 l.fall. fa rinvio, anche, all’art. 107 l.fall., il quale a sua
volta richiama la disciplina dell’esecuzione forzata; pertanto, nel concordato preventivo con
cessione dei beni, esattamente come nel fallimento, possiamo assistere a vendite formalmente
pubblicistiche e a vendite formalmente privatistiche.
Di recente si è rafforzata la tesi che legge l’attività liquidatoria post-omologazione in chiave
pubblicistica, con l’effetto di reputare applicabili le disposizioni sulla vendita forzata77, anche se
MAZZAMUTO, L’esecuzione forzata, cit., 232.
P.FARINA, L’aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, cit., 376; LICCARDO-FEDERICO, sub art. 108, cit., 1807.
75 M. FABIANI, La “programmazione” della liquidazione del concordato preventivo da parte del debitore e la natura delle vendite
concordatarie, Fa, 2012, 906.
76 Su questa ipotesi cfr., CAVALLINI-ARMELI, sub art. 182, in Commentario della legge fallimentare, diretto da Cavallini, III,
Milano, 2010. 780.
77 Cass., 18-2-2009, n. 3903, Fa, 2010, 17. A proposito dell’applicabilità dell’art. 617 c.p.c., v., Cass., 14-3-2011, n.
5993, Fa, 2011, 949. Diversi autori assumono che la fallimentarizzazione della liquidazione concordataria dovrebbe
portare alla lettura degli atti di liquidazione come espressione tipica di vendite forzate (v., ex multis, CASSANDROCESCHEL-NICITA- NORELLI, Il concordato preventivo, in Trattato di diritto delle procedure concorsuali, diretto da Apice, III,
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poi queste letture non sono sempre coerenti, visto che, solo per fare un esempio, si è anche
ritenuto azionabile nei confronti del liquidatore giudiziale il diritto di prelazione per l’acquisto di
un bene vantato da un terzo78, proprio sul presupposto della qualificazione del procedimento di
concordato preventivo, come procedimento di natura essenzialmente privatistica.
Per cercare di risolvere la questione è opportuno precisare che le vendite vengono disposte
in relazione ad un procedimento nel quale si attua la responsabilità patrimoniale (come accade
nel fallimento)79 ma in forza di un accordo fra il debitore ed i creditori. Le vendite disposte in
esecuzione del concordato non sono vendite forzate80 perché non avvengono (o possono non
avvenire) “contro” la volontà del debitore81, ma producono gli stessi effetti delle vendite forzate
perché realizzano la garanzia sulla responsabilità patrimoniale. In tale contesto è corretto
assumere che le vendite nel concordato vanno sottoposte alle regole del diritto dei contratti e
alle regole del diritto dell’esecuzione forzata in relazione alla diversità degli effetti che
producono. Ad esempio, in quanto vendite che realizzano la garanzia patrimoniale, i diritti di
prelazione che insistono sui beni si esauriscono con la liquidazione del bene e ciò spiega perché
è corretto che vengano disposte le cancellazioni dai pesi ipotecari da parte del giudice82; in
quanto vendite che derivano da una volontà negoziale sono sottoposte alla disciplina delle
regole sui contratti e ciò, eccezionalmente, anche quando la forma della vendita è quella propria
delle vendite giudiziali83; in tal senso l’applicazione delle disposizioni in termini di diritto di
prelazione (legale e convenzionale) non dovrebbero più essere poste in discussione.
8. Si pone, adesso, la questione se ed in quale misura l’effetto traslativo sulla vendita forzata
determini responsabilità in capo al creditore nell’esecuzione singolare, in capo al curatore nel
fallimento e in capo al liquidatore nel concordato preventivo. Una responsabilità che derivi da
un corretto esercizio delle funzioni e che tuttavia si traduca nel trasferimento di un bene che
presenti una specifica tipologia di difetti: l’essere il bene oggetto di trasferimento coattivo “non
a norma” in materia di sicurezza sul lavoro.
In virtù di quanto esposto nei §§ che precedono occorre, dunque, risolvere i seguenti quesiti:
a) se il divieto di cui all’art. 23 del d.lgs. 81/2008 vada considerato espressione di nullità del
contratto ai sensi dell’art. 1418 c.c.;
b) se, una volta predicata tale nullità, questa rilevi nell’ambito di un processo espropriativo;
c) se, ammesso che la nullità esorbiti dal perimetro di cui all’art. 2922 c.c. , esista una qualche
forma di “salvacondotto” derivante dall’incastonarsi la vendita in un procedimento esecutivo.
Sub a) La norma pone un divieto la cui inosservanza è colpita da una sanzione penale.
Pertanto la vendita di un macchinario “non a norma” è, certamente, un contratto che contrasta
una disposizione di legge, disposizione che trova anche una tutela penale. Quando si cerca di
selezionare la nozione di “norma imperativa” la cui violazione assume rilievo ai fini della nullità
del contratto (art. 1325 c.c.), di consueto si assume che la norma violata, contenuta in un
precetto penale, vada considerata a tutti gli effetti “imperativa”84. E che nel caso in esame non
possa residuare alcun dubbio che si tratti di norma imperativa lo dovremmo cogliere perché il
Torino, 2011, 408), ma si tratta di una soluzione non accettabile perché ciò che rileva è la funzione della vendita, v.,
MACAGNO, Natura giuridica della liquidazione nel concordato preventivo, Fa, 2010, 19.
78 Cass., 27-7-2004, n. 14083, FI, 2005, I, 136.
79 VITIELLO, sub art. 182, in G. Lo Cascio (diretto da), Codice commentato del fallimento, Milano, 2008, 1603.
80 Così, invece, ZANICHELLI, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 314.
81 Certo si tratta di una volontà condizionata dalla necessità di regolare la crisi, e tuttavia questo rilevante
condizionamento non sprigiona il bisogno di applicare per forza l’intero statuto delle vendite forzate.
82 La soluzione positiva è di tipo sistemico e non dipende, quindi, dalla dubbia applicabilità del rinvio al’art. 108 l.fall.
(così, invece, DI CECCO, sub art. 182, in A. Nigro-M. Sandulli-V. Santoro (a cura di), La legge fallimentare dopo la riforma, III,
Torino, 2010, 2245).
83 Sulla necessità di una sintesi fra prospettive privatistiche e concorsuali v., M. PERRINO, La liquidazione dei beni nel
fallimento e nei concordati mediante cessione, cit., 701.
84 Cass., 7-2-2008, n. 2860, GC, 2009, I, 1094; Cass., 23-3-1985, n. 2081, RN, 1985, 1276.
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bene giuridico tutelato è la salute e la salute trova una diretta protezione, come diritto
fondamentale, nella Costituzione (art. 32).
In tale cornice mi pare coerente assumere che il contratto in esame sia un contratto nullo. Il
vizio che colpisce il contratto non è, dunque, rimediabile con la scelta delle parti di rinunciare
alla causa di invalidità85, posto che la convalida del contratto (art. 1423 c.c.) è ammessa solo in
casi espressamente previsti per legge86.
Sub b). Quando si assuma che la violazione del divieto di vendita costituisce una causa di
nullità del contratto, occorre, di poi, trasferire tale effetto alla vendita forzata.
Prima di verificare il perimetro di cui all’art. 2922 c.c. è necessario valutare se la nullità della
vendita possa interferire col regime di protezione espresso nell’art. 2929 c.c. 87 Tale disposizione
mira a tutelare l’acquirente dal rischio che l’esecuzione sia travolta da vizi del processo esecutivo
anteriori alla vendita. Infatti la nullità degli atti esecutivi compiuti sino alla vendita non è
opponibile all’acquirente. Si tratta, però, di una protezione che pertiene a vizi processuali, talché
non si può sostenere che la mancata proposizione dell’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c. (o del
reclamo ai sensi dell’art. 26 l.fall. o dell’art. 36 l.fall. quando la vendita è direttamente imputabile
all’attività del curatore) produca un effetto sanante sulla vendita forzata di un macchinario “non
a norma”.
La nullità della vendita per violazione dell’art. 23 d.lgs. 81/2008 è cosa diversa dalla nullità
dell’atto del processo espropriativo88.
Nondimeno, mi pare ci si debba chiedere se l’atto del giudice – e nel fallimento l’atto del
curatore - che pone in vendita un bene non più commerciabile sia esso stesso fonte autonoma
di nullità processuale. In sostanza si pone il problema se l’acquirente, una volta preso atto che
un bene “non a norma” viene posto in vendita (ammesso che ciò sia enunciato nell’avviso di
vendita), con la partecipazione al procedimento di fatto rinunci a far valere il vizio. Se la
previsione di cui all’art. 2929 c.c. è da reputarsi diretta a proteggere l’acquirente garantendogli la
stabilità dell’atto di acquisto, sarebbe incoerente ammettere un’opposizione che si fondi su
un’azione di nullità del contratto. Ma se, invece, si volesse proteggere l’acquirente che non fosse
stato posto a conoscenza del vizio89, non sarebbe per nulla eterodosso ammettere
un’impugnativa dell’atto col rimedio dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. (ovvero il reclamo ex artt.
26 e 36 l.fall.); tuttavia si è osservato come la regola di chiusura troverebbe applicazione anche
nel caso dell’impignorabilità del bene90, cioè la fattispecie che più si avvicina a quella in esame;
ed ancora, in dottrina si assume che la saldatura processuale/sostanziale dovrebbe includere il
procedimento di vendita sino all’aggiudicazione91, sì che non residuerebbe spazio temporale per
l’impugnativa.
La soluzione preferibile è, allora, quella che vuole collocato nei rimedi negoziali l’eventuale
impugnativa dell’atto92, anche quando l’impugnativa provenga da un terzo (ad esempio un
creditore) visto che l’azione di nullità ha uno spettro di legittimazione aperta93. Certo, occorre
essere consapevoli che ammettere l’azione di nullità, tra l’altro imprescrittibile, pone seri
problemi sul piano della stabilità dell’atto, mentre l’opposizione agli atti esecutivi e i reclami
endofallimentari sono soggetti a stringenti termini fissati a pena di decadenza.
Cass., 5-6-2003, n. 8993, RFI, 2003, Contratto in genere, n. 519.
Cass., 10-5-2007, n. 10718, RFI, 2008, Appalto, n. 48
87 C. FERRI, La liquidazione dell’attivo fallimentare, cit., 969, in verità pone qualche dubbio sull’applicazione alle nuove
vendite concorsuali del regime di cui all’art. 2929 c.c. sul presupposto di una possibile assenza di un vero e proprio
procedimento esecutivo nelle vendite competitive.
88 PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, cit., 742.
89 IANNICELLI, Le vendite fallimentari: aspetti processuali, cit., 434.
90 Sul tema v., P.FARINA, L’aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, cit., 44.
91 PUNZI, Il processo civile. Sistema e problematiche, IV, cit., 147.
92 LICCARDO-FEDERICO, sub art. 108, cit., 1808.
93 IANNICELLI, Le vendite fallimentari: aspetti processuali, cit., 439.
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Si è osservato che a favore dell’aggiudicatario sarebbe prospettabile ‹‹ un’iniziativa
processuale tendente a fare accertare la nullità della vendita. Si tratterebbe di una nullità
processuale in quanto la vendita è intervenuta a seguito e sul presupposto di un provvedimento
giurisdizionale esecutivo il cui diretto antecedente, nella stessa sottofase del procedimento, è
l’atto rappresentato dalla dichiarazione dell’aggiudicatario offerente, soggetto che ha poi versato
il prezzo per ottenere tuttavia un bene diverso da quello indicato nel provvedimento di
autorizzazione alla vendita (e in quello di trasferimento). Con la sua dichiarazione-offerta, il
soggetto avrebbe manifestato una volontà, ma la volontà ha inciso su un oggetto diverso da
quello proprio del procedimento. Si è venuta quindi a configurare una nullità, non certamente
sanabile, che si riverbera sul provvedimento di vendita, proprio in quanto è nulla la offertadichiarazione dell’aggiudicatario inserita nella fattispecie procedimentale. In definitiva, il
problema di applicare norme contrattuali non si pone poiché se l’offerente manifesta una
volontà avente ad oggetto un bene che non è quello che corrisponde all’oggetto stesso del
procedimento esecutivo, può far valere la nullità con reclamo avverso il decreto di trasferimento
›› 94. Questa lettura coglie, indubbiamente, nel segno per talune criticità della soluzione
“contrattuale” e tuttavia a me pare che qui, a ben vedere, siamo davvero al di fuori delle nullità
processuali, pur estese all’impignorabilità del bene, perché il vizio attiene, direttamente al bene
che mai potrebbe essere oggetto di alienazione (mentre il bene impignorabile resta un bene
commerciabile se l’atto è compiuto dal debitore); e se anche il vizio si estendesse alla
dichiarazione di volontà di acquistare il bene, questo vizio non sembra confinato all’interno del
procedimento, ma si propaga sul contenuto negoziale e sui suoi effetti di atto traslativo.
Nei §§ precedenti si è già avuto modo di notare che mentre è pacifica l’esclusione della
garanzia per vizi della cosa venduta (art. 2922 c.c.)95, analoga esclusione della garanzia non si
estende a quei casi nei quali il vizio, che si assume presente, appaia “più grave”96. Ma, quando si
esclude l’operatività dei rimedi sui vizi redibitori, si predica che potrebbe residuare una
responsabilità del curatore97.
Pertanto, una prima conclusione potrebbe essere quella per la quale, in presenza di una
vendita forzata di un macchinario “non a norma” in sede di liquidazione fallimentare,
l’acquirente non avrebbe azione rispetto al contratto ma potrebbe agire contro il curatore
chiedendo il risarcimento dei danni; più complesso è stabilire se analoga responsabilità possa
gravare sul creditore o, persino, sull’ufficiale giudiziario nel caso dell’esecuzione forzata
singolare.
È una soluzione possibile, certo, ma non quella preferibile per le ragioni che si enunceranno
infra.
Sub c) Certamente ad escludere l’applicabilità della rigorosa disciplina di settore non può
concorrere il rilievo soggettivo dato dall’essere il venditore o un creditore esecutante, o un
curatore o un liquidatore.
Si è, infatti, affermato che ‹‹ il divieto di vendita di macchine non conformi alle norme
antinfortunistiche, di cui all’art. 6, 2º comma, d.leg. 19 settembre 1994 n. 626, come sostituito
dall’art. 4 d.leg. 19 marzo 1996 n. 242, non può ritenersi limitato agli industriali o commercianti
C. FERRI, La nullità delle vendite concorsuali, cit., 451.
Tale esclusione è predicata anche nelle vendite fallimentari post-riforma, v., P.FARINA, L’aggiudicazione nel sistema
delle vendite forzate, cit., 404; LICCARDO-FEDERICO, sub art. 108, cit., 1808; DALFINO, La liquidazione dell’attivo, cit., 243;
M. PERRINO, La liquidazione dei beni nel fallimento e nei concordati mediante cessione, cit., 698; CAIAFA, La liquidazione
dell’attivo, in Le riforme della legge fallimentare, a cura di Didone, I, Torino, 2009, 1218. Per il passato, in luogo di molti, v.,
BONSIGNORI, La liquidazione dell’attivo, cit., 73.
96 IANNICELLI, Le vendite fallimentari: aspetti processuali, cit., 392; per MACAGNO, Legittimazione del curatore e annullamento per
aliud pro alio della vendita immobiliare nel fallimento, cit., 204, l’impronta più consensualistica delle vendite fallimentari
(senza che ciò comporti l’esclusione della vendita fallimentare dal catalogo delle vendite forzate) dovrebbe a maggior
ragione giustificare queste forme di impugnativa negoziale.
97 Cass., 10-12-2008, n. 28984, cit.
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che abitualmente forniscono le macchine, attrezzature ed impianti, bensì va esteso a qualsiasi
soggetto che esegua anche una sola vendita o rivendita ››98.
Sul piano oggettivo, invece, è prudente chiedersi se le vendite nel fallimento siano vendite
oltre che forzate, anche obbligatorie, nel senso che il curatore una volta inventariato il bene non
possa non alienarlo.
Il dato di diritto positivo induce ad escludere la correttezza di una tale conclusione posto che
se il curatore può rinunciare a liquidare alcuni beni in quanto reputa anti-economica la vendita
(art. 104 ter l.fall.), non v’è ragione di credere che egli sia tenuto ad alienare beni non
commerciabili.
Se viene posto un divieto alla circolazione di determinati beni e ciò per un superiore
interesse (potrebbe essere quello della tutela del paesaggio, come quello della tutela della salute),
non sembra accettabile che il transito del bene dal procedimento forzato valga a purgarlo dai
vizi che lo affliggono99, almeno le quante volte non sia il legislatore a stabilire questo effetto di
rastremazione delle nullità (come è accaduto in occasione di alcuni dei tanti condoni edilizi100).
Ed allora, se il bene non “è a norma” ma può essere adeguato allo standard di sicurezza, a
me pare che l’unico percorso corretto e realistico sia quello di intervenire sul bene e una volta
ripristinato lo standard rimetterlo in circolazione, così depurato dal vizio. Il costo di
adeguamento deve essere sopportato dalla massa (salvo un’anticipazione finanziaria da parte
dell’interessato all’acquisto), il che si traduce nella necessità di “scontare” dal prezzo di stima il
costo di adeguamento.
Se, invece, il bene viene alienato dal curatore nello stato in cui si trova, pare assai più
convincente la tesi della nullità della vendita forzata, nullità da far valere secondo il modello
dell’impugnativa negoziale – in quanto siamo al di fuori della nullità di un atto del processo (da
far valere con i rimedi di cui agli artt. 617 c.p.c. o 26 e 36 l.fall.) 101 - nella cornice di un
ordinario processo dichiarativo da radicare nel foro speciale fallimentare, posto che la lite deriva
dal fallimento secondo il dettato dell’art. 24 l.fall.102.
Quanto alle conseguenze dell’azione, ove la stessa dovesse essere ritenuta fondata, la regola
da adottare mi pare possa essere quella prevista in tema di evizione (art. 2921 c.c.)103, con la
conseguenza che il compratore, una volta dichiarato nullo il contratto, ha diritto di ripetere,
prima dal curatore se la somma non è ancora distribuita, e poi da ciascun creditore quanto
rispettivamente riscosso. Un effetto certamente pervasivo che giustifica, quindi, una particolare
prudenza e allerta per l’organo della procedura.
Cass. pen., , 28-6-2000, Piola, RFI, 2001, Lavoro (rapporto) n. 1210.
Ed infatti Cass., 28-9-2011, n. 19792, RFI, 2011, Usi civici , n. 7, a proposito della incommerciabilità di un bene
destinato ad uso civico, ha precisato che la circolazione è vietata compresa quella derivante dal processo esecutivo,
quest’ultimo essendo posto a tutela dell’interesse del singolo creditore, e dovendo perciò recedere dinanzi al carattere
superindividuale e lato sensu pubblicistico dell’interesse legittimante l’imposizione dell’uso civico.
100 Cfr., 46 d.p.r.380/2001, là dove si esclude la nullità dei trasferimenti di beni immobili “abusivi” quando il
trasferimento avvenga nell’ambito di un procedimento esecutivo; v., Cass., 26-2-2009, n. 4640, RFI, 2009, Fallimento,
n. 459.
101 MASTROGIACOMO, Liquidazione dell’attivo fallimentare, in Trattato di diritto delle procedure concorsuali, diretto da Apice, II,
Torino, 2010, 272.
102 Per una fattispecie simile, v., Cass., 10-8-1988, n. 4909, Fa, 1989, 21.
103 La disciplina in tema di evizione è invocata da BONSIGNORI, Effetti della vendita forzata e dell’assegnazione, cit., 133,
per regolare l’ipotesi della vendita aliud pro alio.
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