DISPENSA I DISTURBI SPECIFICI DELL'APPRENDIMENTO DSA E DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE CON IPERATTIVITA’ ADHD A CURA DELLE INS. SIERNA AURORA TERESA, TESAURO ANGELA, TARASCIO GIOVANNA, PELLIGRA TERESA I Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) sono disturbi delle abilità scolastiche, di tipo settoriale, che riguardano difficoltà specifiche della lettura, della scrittura e del calcolo in presenza di una intelligenza nella norma e si evidenziano con la frequenza del bambino della scuola primaria. I DSA possono essere evolutivi o acquisiti: sono detti evolutivi quando si evidenziano durante il periodo dello sviluppo, sono acquisiti se si acquisiscono in seguito a una lesione per esempio ictus, quindi vengono a mancare le capacità di cui il soggetto era in possesso precedentemente. I DSA comprendono: - Disgrafia: è una specifica difficoltà nella realizzazione dei grafemi. - Disortografia: è uno specifico disturbo nella correttezza della scrittura (processo di trascrizione tra fonologia e rappresentazione grafemica della parola, frequenti errori grammaticali, ortografici). - Dislessia: è uno specifico disturbo nella velocità e nella correttezza di lettura (automatizzazione del processo di decodifica dei segni grafici. -Discalculia: è una debolezza nella strutturazione delle componenti di cognizione numerica (intelligenza numerica basale, meccanismi di quantificazione, etc.) e/o difficoltà nelle procedure esecutive (lettura, scrittura, messa in colonna dei numeri) e/o difficoltà nel calcolo. Nonostante un quoziente intellettivo nella norma, la capacità di questi bambini di apprendere codici alfabetici e numerici resta limitata. Ciò significa che quasi tutti i bambini affetti da DSA riescono ad apprendere lettura, scrittura e calcolo, ma in modo non altrettanto automatizzato rispetto ai loro compagni. Ma ne esistono anche altri meno noti come la disprassia e la disonomia. La disprassia riguarda la difficoltà a mettere in sequenza dati, periodi, denominazioni per esempio i mesi, gli anni, i giorni della settimana, ricordare la successione dei movimenti da fare per “allacciare le scarpe”. La disnomia è la difficoltà a ricordare e a usare i nomi in modo pertinente, la capacità di trovare la parola che corrisponde al significato che il soggetto ha intenzione di esprimere per esempio distruttivo/catastrofico. Questa famiglia di disturbi è denominata con il prefisso dis che sta a significare come disarmonica evoluzione degli apprendimenti, quindi l’opposto di quanto avviene in modo naturale nei bambini tutto il processo cognitivo. I DSA si possono manifestare separatamente, ma non è difficile che si presentino in associazione tra loro nonostante si tratti di diverse abilità. E’ in questo caso che si è di fronte alla comorbilità (presenza di più patologie). Dislessia, disgrafia e disortografia tra loro associate costituiscono la sindrome disprassica a base neuromotoria. Tale sindrome compromette le abilità che richiedono un’esecuzione sequenziale temporale e/o spaziale, soprattutto da sinistra a destra. I Disturbi Specifici di Apprendimento coinvolgono diffusamente altre aree funzionali come la motricità, la percezione, la memoria, il linguaggio e il pensiero nelle loro manifestazione sequenziali , simultanee e coordinate. Tutto ciò si evidenzia se osservate nelle prestazioni rapide, in condizione di stanchezza o di pressione emotiva. Frequentemente coesiste con il DSA il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). L’espressività di questi disturbi procede verso un graduale miglioramento del quadro funzionale, che può essere accelerato da interventi abilitativi tempestivi e mirati. DISGRAFIA Che cosa è la disgrafia? La disgrafia è un disturbo della scrittura e consiste nell’avere difficoltà a scrivere a mano sia segni grafici che numerici, il cui tracciato appare incerto, irregolare e illeggibile, nella forma e nella dimensione. Emerge nel bambino dopo i primi anni di scuola primaria (terza) perché inizialmente si confonde lo sforzo ed il disordine nella scrittura con la fatica dell’apprendimento. La disgrafia o è dovuta a deficit di coordinazione motoria che rende difficoltosi movimenti tesi ad un determinato fine; oppure ad una “lateralizzazione incompleta”. Per lateralizzazione si intende quel processo che è alla base della coordinazione mano-occhio che consente movimenti sincroni e precisi come quelli della scrittura. Quali sono i diversi tipi di disgrafia 1. Nella disgrafia dislessicale la scrittura spontanea di testi è illeggibile specialmente se il testo è complesso. La capacità di scrivere testi dettati oralmente è povera ma il disegno e la copia di testi scritti sono relativamente normali. La velocità della capacità motoria fine è anormale. 2. Nella disgrafia motoria sia lo scritto spontaneo che la copia di testi sono illeggibile. La capacità di scrivere sotto dettatura può essere normale ma il disegno è problematico. La velocità della capacità notoria fine è anormale. 3. Nella disgrafia spaziale i soggetti mostrano una calligrafia illeggibile in tutti gli scritti; sia in quelli spontanei che in quelli copiati. Lo spelling orale è normale ma il disegno è molto problematico. Sintomi La mano dei bambini affetti da disgrafia scorre con fatica sul piano di scrittura e l'impugnatura della penna è spesso scorretta. La capacità di utilizzare lo spazio a disposizione per scrivere è, solitamente, molto ridotta: il bambino non rispetta i margini del foglio, lascia spazi irregolari tra i grafemi e tra le parole, non segue la linea di scrittura e procede in “salita” o in “discesa” rispetto al rigo. La pressione della mano sul foglio non è adeguatamente regolata; talvolta è eccessivamente forte (per eccesso di tensione) e il segno lascia un'impronta marcata anche nelle pagine seguenti del quaderno, talvolta è debole e la grafia è svolazzante (scarsa tenuta psicofisica). Il tono muscolare è spesso irrigidito o, al contrario eccessivamente rilasciato. Sono inoltre frequenti le inversioni nella direzione del gesto, che si evidenziano sia nell’esecuzione dei singoli grafemi che nella scrittura autonoma, che a volte procede da destra verso sinistra. Il bambino disgrafico presenta difficoltà notevoli anche nella copia e nella produzione autonoma di figure geometriche (tende ad arrotondare gli angoli ed a non chiudere le forme). Anche il livello di sviluppo del disegno è spesso inadeguato all’età; la riproduzione di oggetti o la copia di immagini è molto generica ed i particolari risultano poco presenti. La copia di parole e di frasi è scorretta; sono presenti inversioni nell'attività grafo-motoria ed errori dovuti a scarsa coordinazione oculo-manuale. La copia dalla lavagna è ancora più difficile, in quanto il bambino deve portare avanti più compiti contemporaneamente: distinzione della parola dallo sfondo, spostamento dello sguardo dalla lavagna al foglio, riproduzione dei grafemi. Le dimensioni delle lettere non sono rispettate, la forma è irregolare, l'impostazione invertita, il gesto è scarsamente fluido, i legami tra le lettere risultano scorretti. Tutto ciò rende spesso la scrittura incomprensibile al bambino stesso, il quale non può quindi neanche individuare e correggere eventuali errori ortografici. Anche il ritmo di scrittura risulta alterato; il bambino scrive con velocità eccessiva o con estrema lentezza, ma la sua mano esegue movimenti a “scatti”, senza armonia del gesto e con frequenti interruzioni: il movimento flessorio pronatorio/supinatorio della mano è disarmonico e influenza negativamente le inversioni del gesto (ad esempio nei risvolti e nei collegamenti) che perdono la naturale curvilineità. La velocità è alterata in entrambe le direzioni: la scrittura può farsi estremamente lenta (sintomo di enorme sforzo psicofisico) ma anche eccessivamente veloce (sintomo di una sovreccitazione psiconervosa), le forme grafiche sono frammentate, le prassie scollegate tra loro, non sono rispettati gli equilibri della dimensione, spesso sono come "ammaccate". In sintesi, la disgrafia è una anomalia del movimento corsivo e della condotta del tratto che si traduce in difficoltà di coordinamento, irregolarità delle spaziature, malformazioni e discordanze di ogni tipo associate ad un tratto di pessima qualità. Cosa causa la disgrafia Alcune persone con disgrafia mancano solo della coordinazione motoria fine per produrre una calligrafia leggibile; altri invece possono avere tremori fisici che interferiscono con la scrittura. Alcuni esperti credono che la disgrafia coinvolga una disfunzione nell’interazione tra i due principali i due sistemi principali sistemi cerebrali che permettono al soggetto di tradurre dal linguaggio mentalizzato a quello scritto (tradizione dal grafema al fonema, dal suono al simbolo e dalle parole mentalizzate a quelle scritte). Alcuni studi hanno mostrato che l’attenzione condivisa, la capacità mnemonica e la familiarità con il materiale grafico hanno delle conseguenze sulla capacità di scrittura (calligrafia) della persona. Tipicamente una persona con una calligrafia illeggibile ha una combinazione di difficoltà nella motricità fine, nella capacità di rivisualizzare le lettere e una inabilità nel ricordare i pattern on (coordinazioni) motori per la forma delle lettere. L’intervento per il bambino disgrafico Il bambino disgrafico necessita di un intervento specialistico, poiché il solo recupero effettuato in ambito scolastico spesso può non essere sufficiente. Nel corso di questo secolo molti sono stati i metodi elaborati per la terapia della disgrafia; vari autori hanno espresso pareri contrastanti, ma, quasi sempre, si è considerato come unico rimedio l'esercizio ripetitivo, finalizzato al raggiungimento di una più adeguata coordinazione della mano, trascurando spesso la motricità globale e le attività percettive. Riteniamo che considerare esclusivamente gli aspetti grafici e grafomotori, sia molto riduttivo rispetto a quelle che sono le lacune presenti nelle competenze di base coinvolte. Le esperienze portate avanti in questo senso hanno inoltre dimostrato che può verificarsi un miglioramento nell'esecuzione dei prodotti grafici, ma spesso, una volta abbandonato l'esercizio, la difficoltà si ripresenta, poiché le lacune che ne stanno alla base non sono state sufficientemente ridotte. Il recupero della disgrafia deve essere portato avanti da operatori qualificati, in stretta collaborazione con la scuola, la quale può offrire valide risorse concorrendo così allo sviluppo delle varie capacità strettamente collegate con il disturbo della scrittura. Il contributo competente dei docenti può garantire migliori risultati, favorendo la conquista di una strumentalità più adeguata e, al tempo stesso, promuovendo situazioni comunicative all'interno delle quali possano essere valorizzati sia i codici verbali che non verbali. Il progetto terapeutico deve essere personalizzato in relazione alle caratteristiche psicologiche del soggetto, agli ambiti di competenza, potenzialità e difficoltà riscontrati, ai tempi di attenzione, ai livelli motivazionali e di metacognizione individuati. La capacità di porsi in relazione positiva e significativa da parte dell'operatore e la partecipazione attiva del soggetto stanno al primo posto e sono il segreto per ogni buon intervento; il bambino dovrà essere informato circa il lavoro da svolgere, anzi, egli stesso dovrà essere coinvolto nella formulazione degli obiettivi che, di volta in volta, sarà possibile raggiungere e nel monitoraggio del proprio lavoro. Solo se sarà protagonista del proprio processo di sviluppo, potrà coinvolgersi attivamente nelle proposte, autogratificarsi per i piccoli progressi, non scoraggiarsi di fronte agli insuccessi né arrendersi davanti ad attività spesso un po’ noiose e ripetitive. Il programma di intervento proposto può essere suddiviso in due itinerari che devono essere portati avanti parallelamente: a) itinerario relativo allo sviluppo delle competenze di base b) itinerario specifico per la scrittura Il primo itinerario è finalizzato alla riduzione delle lacune riscontrate nelle capacità di base; il secondo itinerario ha invece lo scopo di promuovere la conquista di capacità di scrittura più adeguate. E' importante quindi che i due percorsi siano proposti parallelamente e con gradualità, per evitare di rimandare nel tempo la conquista di quelle capacità grafo-motorie che possono gratificare il bambino, permettendogli di verificare che, anche a scuola, si iniziano a vedere risultati positivi. Le competenze di base su cui è importante lavorare sono le seguenti: - percezione - organizzazione spazio-temporale - integrazione spazio-temporale (ritmo) - conoscenza e rappresentazione dello schema corporeo - equilibrio e coordinazione - rilassamento - lateralità - coordinazione visuo-motoria e oculo-manuale Le attività relative a queste competenze devono essere proposte sia parallelamente sia in modo "intrecciato", cioè attraverso esercizi-gioco che richiedono lo sviluppo il potenziamento di singole competenze e attraverso esercizi - gioco che richiedono lo sviluppo e il potenziamento di più competenze insieme. E' importante ricordare che ciò che è acquisito dovrà lasciare il posto ad attività gradualmente più complesse ed evolute. L'itinerario specifico per la scrittura comprende attività relative a: - impostazione dei grafemi e scrittura in stampato maiuscolo - impostazione dei grafemi e scrittura in corsivo Queste attività sono finalizzate alla riduzione delle difficoltà grafo-motorie che interferiscono nella scrittura e alla graduale conquista di più adeguate competenze di comunicazione scritta. Alcuni suggerimenti di materiale da poter adottare: L'uso di quaderni colorati che guidano sia alla corretta impostazione dei segni alfabetici che al rispetto dello spazio grafico ("Quaderni Erickson, Edizioni Centro Erickson, Trento). I quaderni colorati sono di tre tipi: a) Il quaderno colorato I° livello Utilizziamo il quaderno Erickson Livello I° per la riproduzione dei grafemi in stampato maiuscolo, da combinare poi per scrivere parole gradualmente più complesse. b) Il quaderno colorato 2° livello e il passaggio al corsivo Usando il quaderno colorato 2° livello diamo al bambino precise indicazioni per l'impostazione corretta della scrittura in corsivo procedendo con attività sempre più articolate. Ecco una traccia da seguire: - Impostazione dei singoli grafemi seguendo i suggerimenti delle pagine precedenti - Sequenze di grafemi - Suddivisione dei grafemi nelle quattro categorie (grafemi piccoli, grafemi alti, grafemi bassi, grafemi alti-bassi) e successive attività di memorizzazione - Scrittura di sillabe, parole bisillabe, trisillabe - Scrittura di frasi sempre più complesse c) Il quaderno colorato 3° livello Questo quaderno viene utilizzato quando i bambini frequentano già oltre la seconda classe; serve per ridurre la dimensione della scrittura mantenendo i riferimenti spaziali e facilitando il lavoro al bambino. Raccomandazioni Il lavoro sulla grafia deve essere costantemente abbinato ad attività di lettura e di ortografia; è quindi consigliabile proporre gli esercizi di scrittura ad esercizi fonologici, metafonologica e di decodifica. Le attività fin qui descritte necessitano di essere, a livelli diversi di difficoltà, periodicamente riproposte al bambino disgrafico; le sue acquisizioni, infatti, procedono con lentezza, il suo processo di sviluppo grafo motorio ha bisogno di essere sollecitato, incoraggiato e gratificato, affinché la motivazione ad apprendere rimanga viva e le conquiste maturate permangano nel tempo. Indicazioni utili per la diagnosi e la terapia sono contenute nel libro: Disgrafia e difficoltà grafo-motorie, Edizioni Centro Erickson, Trento. Disgrafia e collaborazione della famiglia Il bambino disgrafico possiede livelli di autonomia quotidiana piuttosto bassi in relazione all'età cronologica. Le difficoltà di coordinazione dinamica e visuo-motoria interferiscono infatti nelle sue prestazioni, che risultano goffe, impacciate, lente e imprecise. I genitori, d'altro canto, sono spesso portati ad anticipare azioni e ad eseguirle al posto del bambino ed è per questo che si riscontrano il più delle volte significative ripercussioni anche nell'autonomia personale; le difficoltà più frequentemente riscontrate sono le seguenti: - difficoltà nell'esecuzione autonoma delle attività quotidiane (vestirsi, lavarsi, prepararsi lo zaino...) - difficoltà ad eseguire attività quotidiane che richiedono una adeguata coordinazione oculo-manuale e motoria (tagliarsi la carne, mangiare con precisione, allacciarsi le scarpe ...) - difficoltà ad orientarsi nello spazio a disposizione - difficoltà a localizzare i materiali che servono in un determinato momento - difficoltà a tenere in ordine i propri materiali - difficoltà nel gioco costruttivo da effettuare su modello dato - difficoltà ad orientarsi nel tempo quotidiano: essere puntuali, saper aspettare il momento giusto, sapere con precisione che momento della giornata stiamo vivendo - Difficoltà a sapere più o meno che ore sono. - Difficoltà ad orientarsi nell'orario scolastico( successione delle materie, organizzazione dei compiti...) - Difficoltà ad orientarsi nel tempo prossimale (ieri, oggi, domani...) - Difficoltà a leggere l'orologio - Difficoltà a memorizzare i giorni della settimana - Difficoltà ad orientarsi nei giorni della settimana (che giorno è oggi... che giorno era ieri... che giorno sarà domani...) - Difficoltà a memorizzare i mesi dell'anno e ad orientarsi rispetto alle festività. La famiglia può collaborare, permettendo al bambino la conquista graduale di nuove competenze legate all'autonomia personale, evitando così che egli possa sentirsi incapace non solo in ambito scolastico, ma anche nella quotidianità e facendo leva sulle reali capacità individuate nel corso dell'osservazione. Disgrafia e disagio psicologico Purtroppo è frequente che le difficoltà specifiche di apprendimento non vengano individuate precocemente e il bambino è costretto così a vivere una serie di insuccessi a catena senza che se ne riesca a comprendere il motivo. Quasi sempre i risultati insoddisfacenti in ambito scolastico vengono attribuiti allo scarso impegno, al disinteresse verso le varie attività, alla distrazione e così questi alunni, oltre a sostenere il peso della propria incapacità, se ne sentono anche responsabili e colpevoli. L'insuccesso prolungato genera scarsa autostima; dalla mancanza di fiducia nelle proprie possibilità scaturisce un disagio psicologico che, nel tempo, può strutturarsi e dare origine ad una elevata demotivazione all'apprendimento e a manifestazioni emotivo -affettive particolari quali la forte inibizione, l'aggressività, gli atteggiamenti istrionici di disturbo alla classe e, in alcuni casi, la depressione. Il soggetto con disturbo di apprendimento vive quindi il proprio problema a tutto tondo e ne rimane imprigionato fino a che non si fa chiarezza, fino a che non viene elaborata una diagnosi accurata che permette finalmente di scoprire le carte. La disgrafia pone il bambino di fronte alla certezza della propria incompetenza, poiché è l'aspetto più visibile del suo apprendimento; il suo quaderno è pasticciato, sgualcito, pieno di correzioni e segni rossi e di una serie di parole incomprensibili che sembrano gli scarabocchi dei piccoli quando "fanno finta" di scrivere. Quel quaderno è un segno tangibile della sua incapacità e l'alunno finisce per identificarsi con esso: non è la sua scrittura che non va bene, è egli stesso a non andare bene. A scuola si scrive, ma non solo durante le ore di educazione linguistica: si scrive sempre, in ogni materia, si scrive anche troppo e quello zaino diventa il contenitore delle difficoltà. Ma lo zaino non si lascia a scuola, si porta anche a casa, per fare i compiti per il giorno dopo, per mostrare il lavoro di scuola ai genitori e va a finire che quello zaino si finisce per portarlo sulle spalle ovunque, almeno fino a che non si trova una via di uscita. Il bambino disgrafico, come spesso capita in genere al bambino con disturbo di apprendimento, vive sulla propria pelle la difficoltà; egli si trova a far parte di un contesto(la scuola) nel quale vengono proposte attività per lui troppo complesse e astratte, ma osserva che la maggior parte dei compagni si inserisce con serenità nelle attività proposte ed ottiene buoni risultati. Sente su di sé continue sollecitazioni da parte degli adulti ("stai più attento!"; " impegnati di più!"; "hai bisogno di esercitarti molto"...) e spesso non trova soddisfazione neanche nelle attività extrascolastiche, poiché le lacune percettivo-motorie possono non farlo "brillare" nello sport o non renderlo pienamente autonomo nella quotidianità. Ecco che si percepisce come incapace e incompetente rispetto ai coetanei e inizia a maturare un forte senso di colpa; si sente responsabile delle genitori. Talvolta, per non percepire il proprio disagio mette in atto meccanismi di difesa che non fanno che aumentare il senso di colpa, come il forte disimpegno ("Non scrivo perché non ne ho voglia!"; "Non eseguo il compito perché non mi interessa"...) o l'attacco(aggressività). Talvolta il disagio è così elevato da annientare il soggetto ponendolo in una condizione emotiva di forte inibizione e chiusura. Ecco che è davvero importante individuare precocemente il problema, dare prima possibile il via ad un adeguato percorso, finalizzato sia alla riduzione della difficoltà specifica che alla maturazione di più adeguati livelli di autostima. E' chiaro che risulta indispensabile il coinvolgimento della scuola e della famiglia, in quanto luoghi e scenari di vita del soggetto: il riconoscimento della difficoltà, l'individuazione delle capacità, la comprensione del vissuto emotivo-affettivo, la valorizzazione degli ambiti di competenza e la promozione di più adeguati livelli di sviluppo, potranno garantire buoni risultati sia sul piano grafo-motorio che per il bambino "intero". Metodologie per il trattamento della disgrafia Nell’impostazione di un intervento riabilitativo è molto importante lavorare sulla motivazione del soggetto; il primo passo è infatti quello di stimolare il desiderio di scrivere ed a tal fine è fondamentale stabilire una relazione di fiducia con il bambino, spiegando e motivando le varie attività proposte come finalizzate al recupero delle varie abilità. Secondariamente è necessario fare un esame delle della varie abilità del soggetto, per individuare quelle maggiormente carenti, sulle quali verrà poi impostato il programma. La prevenzione, la riabilitazione e la compensazione sono tutti elementi importanti per il trattamento della disgrafia. Si possono prevenire molti problemi mediante un training precoce. I bambini alla scuola materna e nel corso del primo anno delle elementari dovrebbero imparare a formare insieme di lettere in modo corretto; l’uso della memoria cinestetica per farlo è però un’abitudine scorretta e molto difficile da eliminare. Il training muscolare e l’insegnamento di buone tecniche sono entrambi importanti per la riabilitazione nella disgrafia. Per tutti i disgrafici, lo scritto cinestetico, che consiste nello scrivere a occhi chiusi o comunque nell’ allontanare lo sguardo da ciò che viene scritto, è un potente rinforzo. In tutte le riabilitazioni occorre sempre iniziare il lavoro con la formazione di lettere scritte individualmente ed in modo isolato. Occorre inoltre far sì che il soggetto faccia uso dell’ alfabeto tutti i giorni e spesso per molti mesi. Alla fine di tutto questo processo i soggetti sottoposti a training possono avere dei vantaggi derivanti dalla riabilitazione o dalle compensazioni che si sono istaurate. In metodo efficace consiste nell’ insegnare al soggetto l’uso del processore word in modo da sorvolare sulla componente motoria richiesta per l’atto dello scrivere. Un atro metodo per arginare tale problema è permettere allo studente di rispondere alle domande oralmente o mediante registrazione della risposta a voce su nastro audio i modo da non scrivere. Altre metodologie potrebbero essere quelle di modificare i compiti in classe richiedendo sempre meno di scrivere o dando più tempo a tali soggetti. Un ulteriore modo per aiutare tali soggetti potrebbe essere quello di fornire uno schema sintetico con spazi a sinistra che devono essere riempiti con informazioni riassuntive dello studente. Scrivere su un piano leggermente inclinato li può aiutare. DISORTOGRAFIA E DISLESSIA La disortografia è un disturbo specifico della scrittura che non rispetta regole di trasformazione del linguaggio parlato in linguaggio scritto, non imputabile alla mancanza di esperienza o a deficit motori o sensoriali. I bambini affetti da tale disturbo sono intelligenti, ma commettono un numero maggiore di errori nella scrittura rispetto a quanto previsto in base alla loro età e livello di istruzione. Tali errori si presentano nella scrittura di: parole (sostituzioni, inversioni, assenza di doppie), frasi e periodi (errori della struttura sintattica, cattivo uso dei tempi e dei modi dei verbi, disordine temporale nella descrizione degli eventi). La disortografia è, quindi, la difficoltà a tradurre correttamente i suoni che compongono le parole in simboli grafici. Alla disortografia si affianca spesso la disgrafia che è un disturbo del ritmo neuromotorio della scrittura (nulla a che fare con la calligrafia) non sempre dipendente da altri disturbi specifici dell'apprendimento. I sintomi della disortografia possono essere: • omissioni di grafemi o parti di parola (es. pote per ponte o camica per camicia), • sostituzioni di grafemi (es. vaccia per faccia; parde per parte), • inversioni di grafemi (es. il per li; spicologia per psicologia). La disortografia è la difficoltà a tradurre correttamente i suoni che compongono le parole in simboli grafici; essa si presenta con errori sistematici che possono essere così distinti: • confusione tra fonemi simili: il soggetto confonde cioè i suoni alfabetici che si assomigliano, ad esempio f e v; t e d; b e p; l e r, ecc. • confusione tra grafemi simili: in questo caso il soggetto ha difficoltà a riconoscere i segni alfabetici che presentano somiglianza nella forma, ad esempio: b e p; • scambio grafema omofono (scualo per squalo) • omissioni : è frequente che il soggetto tralasci alcune parti della parola, ad esempio la doppia consonante (palla- pala); la vocale intermedia (fuoco-foco); consonante intermedia (cartolina- catolina); • inversioni : questo tipo di errore riguarda le inversioni nella sequenza dei suoni all’interno della parole, ad esempio: sefamoro anziché semaforo; • aggiunta di lettere o sillabe (ad esempio cavololo per cavolo); • fusioni illegali (lacasa per la casa, lalbero per l’albero) ; • scambio grafema omofono (scualo per squalo) • separazioni illegali (l’avandino per lavandino). La disortografia può derivare da una difficoltà di linguaggio, da scarse capacità di percezione visiva e uditiva, da un'organizzazione spazio- temporale non ancora sufficientemente acquisita, da un processo lento nella simbolizzazione grafica. Abilità di base particolarmente compromesse: • Difficoltà di linguaggio • Scarse capacità di percezione e discriminazione visiva e uditiva • Organizzazione e integrazione spazio-temporale non ancora acquisita • Processo lento nella simbolizzazione grafica. • Difficoltà metafonologiche • Dominanza laterale non adeguatamente acquisita Cosa fare? E’ necessario un intervento di recupero specialistico che miri a un miglioramento della produzione scritta e che tenga conto anche degli aspetti emotivi connessi. Il trattamento della disortografia Spesso è consigliabile un intervento riabilitativo eseguito da un esperto. In seguito ad un’accurata valutazione clinica del profilo neuropsicologico e ad un’analisi qualitativa delle difficoltà manifestate dall’alunno, il riabilitatore programma un intervento individualizzato, il cui obiettivo consiste nel potenziamento dei processi cognitivi implicati nella scrittura. L’intervento si svolge per mezzo di sedute “individualizzate” con il bambino/ragazzo. Solitamente, la riabilitazione delle competenze di scrittura si esegue contemporaneamente alle abilità di lettura, poiché le funzioni cognitive implicate sono complementari. Riabilitazione a livello elementare 1. Riabilitazione delle componenti fonologiche e metafonologiche A seconda delle caratteristiche cliniche dell’alunno può essere opportuno riabilitare le componenti fonologiche e metafonologiche. Si insegna al bambino a ragionare sui suoni (fonemi). Si eseguono esercizi di fusione fonemica: il riabilitatore pronuncia una sequenza di fonemi ed il bambino deve fonderli per ottenere la parola corrispondente, es. O - R - O, il bambino deve indovinare che si tratta della parola ORO. In seguito il numero dei fonemi aumenta gradualmente. Si eseguono anche esercizi di segmentazione fonemica: il riabilitatore pronuncia una parola ed il bambino deve segmentare pronunciando la sequenza di fonemi che compongono quella parola. Es. ORO, il bambino deve fare lo spelling O - R - O. 2. Insegnare la mappatura dei suoni del linguaggio In altri casi il bambino deve apprendere la mappatura dei suoni, la transcodifica segno-suono, le corrispondenze grafema-fonema: in questi processi sono implicate anche le abilità visuo-spaziali. Si costruisce un alfabetiere individualizzato, insieme con il bambino. Egli deve esercitarsi a riconoscere visivamente il grafema, attraverso il processamento di informazioni visuo-spaziali. In seguito all’identificazione veloce del simbolo grafico, l’alunno deve associarlo al suono corrispondente. 3. Primi passi nella letto-scrittura Il lavoro comincia con le vocali, per passare poi alle consonanti continue (allungabili), ed infine le consonanti occlusive. E’ necessario pronunciare il suono della lettera (es. L) e non il nome (elle). Dopo aver presentato il grafema ci si cimenta con la fusione di fonemi attraverso la lettura di dittonghi (es. AO, EA, UA) ed in seguito di sillabe, es. LE, LO, LU, LI, LA, OL, IL, AL, UL, EL. Il riabilitatore inventa attività motivanti, accattivanti es. tombole, sfide ecc. Si utilizzano le lettere mobili per esercitarsi nella lettura di dittonghi, sillabe e, in seguito, parole, oltre che nella scrittura di dittonghi, sillabe e, in seguito, parole. Il riabilitatore, a seconda dei casi, imposta l’attività selezionando la quantità ed il tipo di lettere che l’alunno dovrà utilizzare. La lettura di parole comincia con parole piane bisillabe (es. LUNA), in cui sono presenti consonanti continue, scritte in stampato maiuscolo e bicolori, cioè la vocale in rosso e la consonante in nero, per facilitare ulteriormente. Il bambino procede poi alla scrittura della medesima parola con marcatori sillabici e lettere mobili da scegliere e posizionare in sequenza. Infine procede con la scrittura a penna. I passaggi appena descritti si svolgono anche con: parole piane bisillabe con consonanti occlusive (Occlusivi si dicono i suoni pronunciati con la chiusura del canale articolatorio. Le occlusive si classificano a seconda del livello in cui la chiusura avviene: nelle labiali (p, b, m es: pane, bocca, mela) si ha chiusura delle labbra; nelle dentali (t, d, n es: dito) la punta della lingua tocca gli incisivi superiori; nella nasale palatale (gnomo) la lingua tocca un’area più arretrata, in corrispondenza del palato duro; nelle velari (k e g cane gatto) la lingua tocca il velo palatino). Parole piane trisillabe (es. LIMONE). Parole piane che cominciano con vocale (es. ASINO). Parole contenenti l’incontro di 2 consonanti (es. MONDO). L’apprendimento dei gruppi ortografici complessi Nella lingua italiana esistono dei gruppi di sillabe la cui transcodifica risulta più complicata. Essi sono: CA CO CU CHI CHE CI CE GA GO GU GHI GHE GI GE SCI SCE GN GLI. Al fine di facilitare l’apprendimento di tali gruppi sillabici, il riabilitatore può creare insieme all’alunno un alfabetiere che evoca il suono corrispondente, e ne fissa la compitazione ortografica. In un secondo momento è necessario consolidare il riconoscimento acustico del gruppo ortografico, facendo ragionare il bambino sul suono (gruppo ortografico) specifico su cui si sta lavorando: ad es. distinguere ci di cipolla da ce di ceppo, o da chi di occhi, o da gi di giostra. Successivamente è opportuno eseguire esercizi che rafforzano l’associazione suonogruppo grafemico, facendo identificare al bambino il gruppo ortografico all’interno di parole scritte. Infine ci si esercita per giungere all’automatizzazione del riconoscimento ortografico e della produzione scritta. Esercizi di letto-scrittura Le abilità di lettura e di scrittura si potenziano e si rinforzano reciprocamente. Per la scrittura di parole si utilizzano dei marcatori sillabici in corrispondenza di ciascuna sillaba; dopo aver posizionato i marcatori sillabici, ogni sillaba viene scritta con le lettere mobili, al fine di alleviare l’alunno dallo sforzo della produzione manuale, e far sì che si concentri sulla compitazione ortografica. Per la scrittura di frasi si utilizzano dei marcatori lessicali, utili per scandire ogni parola ed evitare i tipici errori di fusione o di segmentazione. L’uso dei marcatori è un buon escamotage per alleggerire il carico della memoria e far sì che l’alunno focalizzi l’attenzione sulle funzioni cognitive specifiche della letto-scrittura. Riabilitazione nei bambini più avanzati 1.Riabilitazione delle competenze ortografiche Per esercitarsi a scrivere correttamente le parole contenenti le doppie, si è verificato che risultano utili attività di segmentazione sillabica. Per non commettere errori con gli apostrofi, è opportuno insegnare le regole ortografiche (la ape), disambiguare a livello semantico (lago-l’ago), e ampliare il lessico ortografico (l’ascia-lascia). Per inserire correttamente l’H del verbo avere, è necessario far sì che l’alunno acquisisca competenze grammaticali, attraverso esercitazioni con istruzioni-guida. Al fine di scrivere correttamente parole contenenti accenti, si possono svolgere esercizi fonologici utili per la discriminazione del suono, ad esempio divàno o dìvano? Infine, per insegnare a gestire ortografie complesse, o ambigue, o parole omofone ma non omografe, è necessario favorirne la ritenzione nel lessico ortografico, cioè la memorizzazione della rappresentazione ortografica, per mezzo di esercizi di ampliamento lessicale. 2. Ampliamento del lessico fonologico e del lessico ortografico Ampliare il proprio vocabolario personale aiuta il riconoscimento veloce della parola. L’estensione quantitativa, ma anche qualitativa del patrimonio lessicale, migliora le abilità di: • fluidità verbale, • correttezza e rapidità in letto-scrittura, nonché comprensione, • correttezza ortografica. Esercitazioni che consentono di immagazzinare la rappresentazione ortografica di un numero sempre maggiore di parole rendono possibile la loro reperibilità immediata, ai fini di una lettura più scorrevole e/o di una riproduzione scritta più corretta. 3. Strumenti compensativi Se, malgrado un intervento riabilitativo mirato, il Disturbo Specifico dell’Apprendimento permane e per il ragazzo risulta pesante affrontare le discipline scolastiche, vale la pena adoperarsi affinché egli non perda la motivazione alle materie scolastiche, non perda la possibilità di accedere a nuove informazioni e apprendimenti. Infatti, anche un ragazzino con grave Disturbo Specifico dell’Apprendimento può apprendere: gli è però impossibile farlo attraverso la lettoscrittura e quindi è necessario offrirgli degli strumenti compensativi che gli consentano di apprendere (la storia, la geografia, le scienze), di accedere alle informazioni, di rendersi autonomo in ambito scolastico, di sentire che “può farcela” da solo. Le nuove tecnologie informatiche mettono a disposizione dei programmi che permettono di vicariare, compensare le difficoltà dei bambini dislessici. Esistono dei software con sintesi vocale, che trasforma il testo digitale in audio simulando adeguatamente la lettura umana, e altro software che semplifica e supporta l’abilità di scrittura. Il ragazzo può apprendere autonomamente le materie di studio. Gli strumenti utilizzabili sono: • Libri digitali; • Sintesi vocale; • Predizione ortografica; • Suggerimento lessicale; • Controllo ortografico; • Calcolatrice; • Strategie di studio adattate. Per padroneggiare al meglio la scrittura è necessario disporre di alcune competenze di base. Si tratta infatti di un’attività complessa che avviene in più momenti e che prevede una forte coordinazione sia visivo-fonologica che motoria. Se una di queste specifiche abilità venisse a mancare, ci troveremmo di fronte a dei disturbi della scrittura che nel primo caso prenderebbero il nome di disortografia, nel secondo di disgrafia. La disgrafia è caratterizzata da una grafia poco fluida, di difficile comprensione, disordinata, lenta. È quindi un disturbo che va ad intaccare la mera resa “grafica” del testo e non ne pregiudica la correttezza ortografica. La disortografia è invece l’incapacità di tradurre in maniera corretta nello scritto quelli che sono i suoni del linguaggio parlato. È strettamente connessa alla dislessia e ne presenta tutti i sintomi più caratteristici, solo trasposti nella scrittura. Come già scritto, ci sarà quindi confusione fra fonemi simili, come ad esempio fra consonanti sorde e sonore, e fra grafemi simili, cioè fra lettere che si scrivono in maniera identica, solo rovesciate o invertite, come la “b” e la “d”. Ci saranno inversioni nella successione dei foni all’interno della parola, ottenendo parole come “peraco” piuttosto che “pecora” e “cilaca” anziché “cicala”. Potremmo trovarci di fronte a casi di omissione, come la lenizione di consonanti doppie o la caduta di consonanti e vocali intermedie. Avremo casi di separazione e mal accentazione. Sono state elaborate molte ipotesi sulla causa di tale deficit, ma finora non si è mai giunti a risultati univoci ed esaustivi. Sappiamo che ogni emisfero è adibito al controllo della parte opposta del corpo: piede, braccio e dita sinistri sono quindi controllati dall’emisfero destro, e viceversa. Nell’emisfero sinistro è notevolmente più sviluppata la zona adibita al linguaggio ed è proprio di quella zona che usufruiranno i destrimani durante il processo di scrittura. I mancini invece, contrariamente alla stragrande maggioranza di essi, utilizzeranno l’emisfero destro, meno specializzato in tal senso. Proprio per questo si è portati a credere che la maggior causa di disturbi quali la dislessia e la disortografia siano proprio il mancinismo e la mal laterizzazione. Queste tesi sono supportate anche dalle statistiche, secondo cui circa la metà dei dislessici sarebbero mancini. Altri ritengono che l’eziologia di questo deficit sia da ricercare in una errata organizzazione spaziotemporale. I bambini che ne sono affetti, infatti, spesso non riescono a distinguere bene destra e sinistra e fanno confusione soprattutto con quelle lettere di forma identica, però invertite. Non bisogna scordare che in alcuni casi ci si trova di fronte a veri e propri disturbi della percezione, che possono essere sia uditivi che visivi. Soprattutto i problemi dell’apparato visivo vengono spesso indicati come cause della dislessia, quest’ipotesi però non è supportata da un sufficiente numero di casistiche. A fronte infatti di un certo numero di dislessici che presentano disturbi alla vista, molti altri non ne sono affetti. E’ da aggiungere che, non tutti quelli con un certo tipo di problemi alla vista sono dislessici. La correlazione fra le due cose quindi è tutt’altro che immediata. Quali necessità sono necessarie per apprendere la letto-scrittura? L’abilità di scrittura è il risultato di una serie di processi cognitivi. I neuropsicologi hanno validato un “modello a due vie” (via fonologica e via lessicale) che rappresenta le componenti cognitive implicate nella scrittura. 1. Consapevolezza della relazione della scrittura col linguaggio orale, anziché con la realtà oggettiva: la scrittura è la rappresentazione grafica dei suoni del linguaggio verbale, non della realtà esterna o dei concetti, come credono molti bambini prescolari. Quindi è necessario prima mappare il linguaggio orale (consapevolezza delle uguaglianze/ differenze dei suoni) per poi apprendere la scrittura. 2. Consapevolezza fonologica: è la capacità di gestire i fonemi, cioè i suoni del linguaggio verbale, attraverso la segmentazione (in sillabe e fonemi) della struttura fonologica delle parole e la manipolazione dei segmenti identificati. 3. Abilità di mappatura o transcodifica: ogni fonema va convertito in un simbolo grafico (grafema, cioè la lettera dell’alfabeto). Il bambino deve apprendere le corrispondenze fonemi-grafemi (suono-segno). E’ il principale processo cognitivo che soggiace alla via fonologica. 4. Abilità di sequenzialità: capacità di gestire l’ordine delle lettere da sinistra a destra. 5. Capacità di gestire ortografie complesse: è un’abilità soggiacente la via lessicale, che deve subentrare quando non c’è univocità della corrispondenza tra suono e segno grafico (scualo o squalo?). E’ costituita da 2 magazzini a lungo termine (lessico fonologico e lessico ortografico) da cui si recuperano le rappresentazioni fonologiche e ortografiche delle parole. 6. Abilità di memoria a breve termine per assemblare grafemi in maniera tale da ottenere la parola intera (buffer grafemico di risposta). La dislessia è una compromissione significativa e persistente della lettura; si hanno grosse difficoltà nella transcodifica, ovvero il dislessico non riesce, in maniera efficiente, ad attribuire un senso ai vari simboli ortografici, cioè le sequenze di lettere. COME PROCEDE IL BAMBINO CON DISTURBO O DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO DELLA LETTURA? Il bambino dislessico o con difficoltà di apprendimento della lettura ha dei problemi in uno o più dei passaggi sopra descritti, perché sono disfunzionali i processi cognitivi soggiacenti. La lettura appare molto lenta e stentata, costellata di errori. Sembra che il bambino “tiri ad indovinare”, a volte, addirittura, memorizza interi brani. Spesso utilizza la parola come se fosse una fotografia immagazzinata in memoria, stimolando quindi l’aspetto visuo-percettivo, non attivando quello fonologico. A volte, in didattica, l’utilizzo di metodi che usufruiscono in larga misura della memoria fotografica, può essere una scelta rischiosa e rinforzante per questa tipologia d’errore. Uno degli aspetti che blocca più di tutti la letto-scrittura è quello dell’ORDINA SEQUENZIALE. Essendo la sequenzialità (leggere e scrivere da sinistra a destra) una convenzione, il bambino, a volte, non comprende che, ciò che si pronuncia per primo, si legge e si scrive per primo. In questi casi il bambino sa leggere “LA”, “LE”, “LI”, “LO”, “LU”, ma non “AL”, “EL”, “IL”, “OL”, “UL”. Altri tipi di errori sono i seguenti: - Il bambino legge “visto” anziché “viaggiato” (errore di approssimazione al target); - Legge “polli” anziché “pelli” (errore di sostituzione di grafemi); - Legge “per” anziché “pre” (errore di inversione di grafemi); - Legge “cucinavano” anziché “cucina” (errore morfologico/derivazionale); - Legge “muràtore” anziché “muratòre” (errore di accesso lessicale). ALTRE CARATTERISTICHE DEL BAMBINO DISTURBO O DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO DELLA LETTURA Generalmente il dislessico è un bambino dotato di intelligenza brillante, o quanto meno, nella norma; le varie abilità mentali (memoria, percezione, abilità visuospaziali, abilità logiche, di ragionamento astratto, strategicità, attenzione e concentrazione, prassie ecc.) sono adeguate. Ciò che non è più adeguato, nel bambino dislessico, è il senso di autostima. A nessuno piace sbagliare, così, le reazioni emotive del bambino sono reazioni naturali, umane agli errori; egli si sentirà nervoso, umiliato e frustrato con intensità diverse a seconda del contesto (scuola, famiglia, amici ecc.). Il bambino non riuscirà più a mantenere alta la fiducia nelle proprie capacità, l’immagine di sé peggiora e, nonostante egli cerchi di attuare una miriade di strategie alternative per ottenere risultati almeno sufficienti, è forte il rischio di abbandono scolastico. E’ fondamentale, quindi, tenere in considerazione il rischio di psicopatologia (depressione, ansia ecc.) come disturbo secondario. VALUTAZIONE ED INTERVENTO Il nostro lavoro consiste nel riabilitare la funzione mentale deficitaria soggiacente il disturbo/difficoltà di apprendimento della lettura, ovvero nell’insegnare a leggere nella maniera più efficiente possibile. Le tipologie dei nostri interventi variano a seconda delle caratteristiche individuali, infatti ogni bambino è diverso dall’altro. Inoltre lo sviluppo e l’evoluzione della dislessia col passare degli anni varia da bambino a bambino. Sicuramente è raccomandato un intervento il più possibile tempestivo e specialistico, sia per approfittare di questa fase evolutiva in cui l’alunno è predisposto a specifici apprendimenti, sia per evitare il rischio del consolidamento degli errori. Al fine di programmare un trattamento riabilitativo il più possibile individualizzato, mirato, specifico e calibrato su un bambino con particolari caratteristiche, è opportuno eseguire una valida valutazione clinica. L’obiettivo iniziale è delineare il profilo neuropsicologico di quel particolare bambino, andando ad analizzare tutte le sue funzioni mentali per mezzo di prove specifiche e test standardizzati ( diagnosi funzionale e qualitativa). Indaghiamo come procede il bambino in ogni passaggio del “modello a 2 vie” precedentemente descritto, in maniera tale da individuare dove sta il problema e/o qual è la difficoltà specifica da trattare. Considerando che ogni trattamento riabilitativo è anche psicoterapeutico, oltre ai fattori neuropsicologici, dobbiamo tener conto della struttura di personalità del bambino, i suoi tratti di carattere, la sua motivazione ad apprendere, l’autostima, ecc. Infine, allo scopo di intervenire in maniera più organica possibile, la nostra riabilitazione deve inserirsi in un “sistema” che comprende fattori di tipo socioambientale, quali: la famiglia, la scuola, il programma scolastico, il contesto sociale extrascolastico. La collaborazione con la scuola e la famiglia sono fondamentali, al fine di concertare modalità d’intervento il più possibile uniformi, per evitare quella confusione che si crea facilmente nell’alunno quando gli si presentano diversi metodi. PROGNOSI Dopo aver eseguito una corretta diagnosi funzionale ed aver programmato un intervento riabilitativo individualizzato, si può pensare di poter costruire e/o automatizzare l’abilità di lettura, oltre che prevenire, o contenere, o compensare la dislessia. DEFINIZIONE: compromissione significative e persistente dell’abilità di lettura, che appare lenta e stentata; capacità intellettive nella norma assenza di deficit sensoriali e di danno neurologico. INCIDENZA: è affetto da dislessia il 3,5 % della popolazione. EZIOPATOGENESI: problema neuropsicologico consistente nell’alterazione di uno o più processi cognitivi soggiacenti l’abilità di lettura. Condizioni necessarie sufficienti per l’apprendimento della lettura sono: - Input adeguati dell’ambiente (fattori educativi, stile d’insegnamento); - Strutture mentali di elaborazione idonee (fattori neurofunzionali endogeni). Se le funzioni cognitive di elaborazione sono danneggiate si ha compromissione dell’apprendimento della lettura. INSORGENZA: a scuola, al momento in cui il bambino dovrebbe saper leggere si rilevano difficoltà. Sarebbe opportuno intervenire tempestivamente, già in I elementare, ma, a volte, insegnanti e genitori si accorgono tardi del problema, anche perché il bambino applica una varietà di strategie sostitutive per ottenere una pseudosoluzione delle difficoltà. FAMILIARITA’: nel 60-70 % dei casi, bambini dislessici hanno fratelli o genitori col disturbo. COMORBIDITA’: a volte sono copresenti: - Difficoltà ortografiche in scrittura; - Difficoltà col sistema dei numeri e del calcolo; - Difficoltà di comprensione del testo; - Difficoltà nel linguaggio orale; - Instabilità motoria e disturbo d’attenzione. DISCALCULIA Che cos’è la discalculia? La discalculia (acalculia nei casi di estrema gravità) è una difficoltà specifica nell’apprendimento del calcolo che si manifesta in bambini di intelligenza normale, che non hanno subito danni neurologici. Le prestazioni aritmetiche di base di questi bambini (addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione) risultano significativamente al di sotto del livello atteso rispetto all’età cronologica, all’intelligenza generale e alla classe frequentata. Tra i DSA è l’ultimo a essere stato riconosciuto e studiato probabilmente perché la matematica è una materia considerata universalmente “difficile”. A differenza di molte altre discipline, infatti, la matematica costringe l’alunno a riconoscere e a fronteggiarsi in modo quasi immediato con il proprio errore. Da ciò derivano due importanti implicazioni: una a livello emotivo, in termini di evitamento per non provare la frustrazione di sbagliare, e l’altra a livello strategico riferita all’incertezza della causa dell’errore ( ad es. se si tratta di un errore di calcolo o di procedura). Per capire di che cosa si tratta bisogna tenere presente che per affrontare adeguatamente un qualsiasi lavoro di matematica l’alunno deve possedere conoscenze e abilità che gli consentano di valutare le condizioni del compito, di comprendere il significato delle singole informazioni attraverso concetti matematici e di costruirsi una rappresentazione. Inoltre, accanto a queste attività di analisi, devono essere attivate scelte procedurali, azioni di monitoraggio e valutazione dei risultati parziali e finali delle attività compiute nelle quali vengono coinvolti diversi tipi di conoscenza che risultano in stretta relazione tra loro. La discalculia, infatti, interessa : • il riconoscimento e la denominazione dei simboli numerici, • la scrittura dei numeri, • l’associazione del simbolo numerico alla quantità corrispondente, • la numerazione in ordine crescente e decrescente, • la risoluzione di situazioni problematiche. La combinazione dei simboli numerici (10 cifre) si basa sul valore posizionale ed è molto complessa nonostante essi siano quantitativamente inferiori rispetto a quelli alfabetici ( 21 lettere). Un bambino affetto da discalculia, infatti, pur essendo in grado di denominare le singole cifre, non differenzia tra 15 e 51 oppure tra 316 e 631. La sua difficoltà consiste nell’incapacità ad attribuire significato alla loro posizione all’interno dell’intero numero. Alla base ci possono essere difficoltà di orientamento spaziale e di organizzazione sequenziale che si evidenziano sia nella lettura che nella scrittura dei numeri (il numero 9 viene confuso con il 6; il numero 21 con il 12; il 3 viene scritto al contrario così come altri numeri…). Esistono anche coppie di numeri che hanno tra loro una lieve somiglianza, come ad esempio il numero 1 e il numero 7; il 3 e l’8; il 3 e il 5. Confondere queste cifre significa non attribuirle alla giusta quantità, per cui è facile che anche semplici esercizi vengano svolti in modo inesatto. La discalculia comporta difficoltà nella numerazione in senso regressivo: il bambino discalculico riesce a numerare in senso progressivo, cioè partendo da zero in poi (0-12-3-4…) ma non riesce a compiere l’operazione inversa (10-9-8…). Compromessa è la capacità di memorizzare la tavola pitagorica, e di conseguenza la capacità di eseguire correttamente moltiplicazioni e divisioni. I vari studi condotti hanno messo in evidenza come alla base della discalculia ci siano carenze relative alle abilità percettivo-motorie, ma non solo, le difficoltà logico-matematiche risultano essere attribuibili anche a una insufficienza di esperienze concrete. È indiscussa, fin dalla primissima infanzia (scuola materna e primo ciclo di scuola elementare) l’importanza che rivestono la manipolazione di oggetti e il loro raggruppamento secondo criteri: si tratta di operazioni che consentono al bambino di conoscere il mondo e di costruire strutture sempre più complesse. L’uso dei simboli, la memorizzazione delle regole esecutive e delle cosiddette “tabelline” vengono dopo e devono essere conquiste graduali e non meccanismi superficiali che facilmente si dimenticano. In circa il 60% dei casi la discalculia è associata alla dislessia ma si presenta anche da sola e il suo riconoscimento è difficile nel primo ciclo delle scuole elementari. Le difficoltà emergono invece con più evidenza quando i bambini, in terza elementare, devono utilizzare in modo rapido ed efficiente i numeri per eseguire calcoli e risolvere problemi. Allora si osservano con frequenza alcuni errori e difficoltà: 1. difficoltà nel leggere e scrivere numeri complessi (quelli che contengono lo zero) o lunghi (come quelli composti da molte cifre) 2. difficoltà nell’esecuzione delle quattro operazioni scritte, dovuta al mancato rispetto delle regole procedurali degli algoritmi 3. difficoltà nel memorizzare la maggior parte delle tabelline 4. difficoltà in compiti relativi all’automazione delle procedure di conteggio, come ad esempio nel contare a salti o contare all’indietro. Per capire meglio queste difficoltà bisogna tener presente che: nell’ elaborazione dei numeri intervengono diversi fattori che coinvolgono non solo aspetti di tipo concettuale (es., quantità e ordine di grandezza), ma anche aspetti di tipo lessicale e sintattico che permettono di costruire correttamente il nome delle cifre e del numero e di regolare la relazione posizionale delle cifre. Inoltre, la codifica verbale di un numero richiede di attribuire un nome alle singole cifre in base alla loro posizione: le abilità lessicali permettono quindi di attribuire correttamente tali nomi in modo da ricostruire l’insieme del numero sia in sede di comprensione che di produzione: qui sono possibili errori di lettura delle singole cifre – 7 letto “cinque” – o di numeri – 75 letto “quarantadue”. Nella lettura e scrittura di numeri intervengono anche meccanismi sintattici che permettono di comporre un numero gestendo correttamente la relazione tra le cifre. In questo ambito sono possibili errori con numeri maggiori di 100. Per esempio “centoquattro” viene scritto come 14 o 1004, “millecentotre” viene scritto come 113 oppure 10001003 e viceversa 126 viene letto “dieci e ventisei“, 2007 viene letto “duecentosette“. Tali errori sono dovuti anche alla difficoltà di comprendere come il valore assoluto di un numero derivi dalla somma dei valori numerici delle singole cifre per cui 123 può essere tradotto verbalmente in 100 + 20 + 3. Per quanto riguarda il sistema di calcolo, esso è organizzato su tre livelli: il primo riguarda la comprensione delle informazioni aritmetiche (es: associazione tra segno e tipo di operazione da eseguire), il secondo si riferisce ai fatti aritmetici, cioè ai risultati di particolari operazioni che sono stati memorizzati e che possono essere facilmente recuperati in base alle richieste del compito (es: 3×2, 10+8, 20:2, 12-4), il terzo riguarda le procedure di calcolo che richiedono di recuperare e di seguire le sequenze e di rispettare le regole di esecuzione. In base a questa ripartizione è possibile individuare alunni che incontrano difficoltà in uno o più livelli. Abbiamo quindi: • errori nell’applicazione di strategie e di procedure: per esempio di quelle procedure e strategie primitive che non consentono il calcolo veloce (es: proprietà commutativa) ma anche le procedure degli algoritmi delle operazioni (es: moltiplicazione 3 cifre per 2 cifre che prevede in sequenza le moltiplicazioni e poi la somma) • errori nel recupero di fatti aritmetici: il “magazzino dei fatti aritmetici” risulta difettoso e quindi oltre ad una difficoltà e una lentezza nel recupero dei risultati si possono anche verificare errori (es: 5×5=10) • difficoltà visuo-spaziali: la difficoltà di discriminazione sinistra destra e diorientamento possono influire sulla lettura e scrittura di numeri (es: 51 è letto “quindici”) e sull’incolonnamento delle operazioni; altri problemi possono nascere dalla confusione tra i simboli “+” e “x”. Diagnosi Per una corretta diagnosi della discalculia è necessario tenere in considerazione il fatto che essa viene spesso associata erroneamente alla dislessia, perché si manifesta come difficoltà a riconoscere il segno grafico anche numerico e quindi viene a galla la relativa difficoltà a collegare il numero alla quantità interessata. In questi casi, molto spesso, il riconoscimento delle quantità e quindi la capacità di riconoscere i numeri e di eseguire calcoli è intatto. La discalculia si presenta dunque come una difficoltà limitatamente all’ambito matematico; l’incidenza di tale disturbo è molto ristretta, anche se sembra che la matematica crei problemi a tantissimi bambini della scuola elementare. Una diagnosi precoce consente di mettere in pratica adeguate strategie di insegnamento che facilitino il superamento delle difficoltà che i bambini discalculici incontrano ogni giorno. Accade però che ci si accorge che un bambino è affetto da questo genere di disturbi soltanto al suo ingresso nella scuola primaria. Il problema infatti risale ad un periodo anteriore e potrebbe essere individuato attraverso segnali che non devono essere sottovalutati. Il disturbo discalculico può manifestarsi in forme differenti, interpretabili nei termini di deficit in una o più componenti del normale processo di comprensione numerica e calcolo. Alcuni bambini presentano, infatti, problemi prevalentemente a carico dei processi di calcolo numerico, altri hanno difficoltà anche nella semplice manipolazione o nel riconoscimento dei simboli aritmetici, altri ancora padroneggiano le basi del calcolo ma hanno difficoltà ad eseguire calcoli a più cifre, o a risolvere problemi complessi. Si tratta di cogliere delle discrepanze: a fronte di una intelligenza adeguata in molte materie scolastiche (spesso adeguata anche nel saper scegliere l’operazione necessaria alla soluzione del problema), si nota grande difficoltà anche nell’eseguire semplici operazioni a mente senza l’uso delle dita. Spesso la discalculia evolutiva si manifesta solo con elevati livelli di lentezza nell’esecuzione di calcoli o di operazioni, il cui risultato è spesso corretto. In seconda elementare, sintomi precoci di un possibile disturbo discalculico sono la significativa difficoltà ad enumerare all’indietro da 20 a 0, difficoltà nella lettura e scrittura dei numeri ad una cifra, difficoltà ad eseguire l’addizione di numeri in coppia ( 2+2, 3+3, 4+4, 5+5) ricorrendo al fatto aritmetico ( senza dover calcolare). Secondo quanto indicato nell’ICD-10 (decima revisione della classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) ed in accordo con quanto descritto nel DSM-IV (quarta revisione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), i sintomi delle difficoltà aritmetiche sono: a) incapacità di comprendere i concetti di base di particolari operazioni; b) mancanza di comprensione dei termini o dei segni matematici; c) mancato riconoscimento dei simboli numerici; d) difficoltà ad attuare le manipolazioni aritmetiche standard; e) difficoltà nel comprendere quali numeri sono pertinenti al problema aritmetico che si sta considerando; f) difficoltà ad allineare correttamente i numeri o ad inserire decimali; g) problemi nella comprensione e nell’uso dei simboli durante i calcoli; h) scorretta organizzazione spaziale dei calcoli; i) incapacità ad apprendere in modo soddisfacente le «tabelline» della moltiplicazione. Questa classificazione comprende varie forme di disturbo, tutte accomunate da deficit nelle abilità di elaborazione numerica e di calcolo, ma con differenze considerevoli per quanto riguarda la natura del deficit e le specifiche abilità compromesse: dalla comprensione dei simboli aritmetici, alla comprensione del valore quantitativo dei numeri; dalla scelta dei dati per la soluzione di un problema, all’allineamento in colonna; dalla semplice memorizzazione di combinazioni tra numeri (come nel caso delle tabelline), all’uso competente delle procedure di calcolo. Trisciuzzi individua tre tipi di discalculia: a) una discalculia legata a disturbi dello schema motorio, in cui è compromessa la capacità di formarsi un’immagine mentale, che a sua volta sta alla base della formazione del concetto di quantità; b) una discalculia legata ad una difficoltà nel riconoscere i numeri, a leggerli secondo la posizione delle cifre, a eseguire operazioni in colonna, a memorizzare tabelline e così via. Questa forma sarebbe spesso associata a dislessia; c) una discalculia legata ad una carenza nella formazione dei concetti di tempo e di spazio e nell’attribuzione di un ordine cronologico alle operazioni e agli eventi. La neuropsicologa inglese Christine Temple fornisce una classificazione giudicata la più completa poiché consente un’analisi dei tipi di errore in base ai modelli neuropsicologici che stanno dietro i processi di calcolo. Tale classificazione individua tre tipi di discalculia: 1) La dislessia per le cifre, caratterizzata da difficoltà nell’acquisizione dei processi lessicali sia nel sistema di comprensione del numero che di produzione del calcolo. La processazione sintattica è intatta, mentre risulta compromessa la processazione lessicale per la selezione e il recupero dei singoli elementi lessicali. 2) La discalculia procedurale è caratterizzata da difficoltà nell’acquisizione delle procedure e degli algoritmi implicati nel sistema del calcolo. Il bambino affetto da questo tipo di discalculia riesce a leggere e scrivere correttamente i numeri, ha compreso il significato di addizione, sottrazione, etc. ma non è in grado di applicare le procedure necessarie all’esecuzione del calcolo (ad esempio commette errori nell’incolonnamento, nel riporto, nel prestito). 3) La discalculia per i fatti aritmetici è caratterizzata da difficoltà nell’acquisizione dei fatti numerici all’interno del sistema del calcolo. La capacità di elaborazione dei numeri è intatta, così come la conoscenza delle procedure di calcolo, mentre risulta compromesso il recupero dei fatti aritmetici (operazioni di base che non devono essere calcolate, ma sono già possedute in memoria). Possiamo ipotizzare, quindi, che dietro questi differenti tipi di disturbi ci sia la compromissione di processi mentali in qualche misura indipendenti. Esistono tuttavia degli strumenti di diagnosi sufficientemente attendibili grazie a quali è possibile focalizzare il problema ed elaborare strategie di intervento mirate. Attraverso l’analisi degli errori commessi durante l’esecuzione di un compito è possibile riconoscere le componenti del sistema di elaborazione che risultano compromesse ed individuare una strategia d’intervento adeguata. Seguendo la classificazione della Temple possiamo distinguere: a) errori procedurali e di applicazione di strategie; b) errori nel recupero di fatti aritmetici; c) difficoltà visuo-spaziali. Per errori procedurali e di applicazioni di procedure si intendono ad esempio gli errori di quei bambini che pur avendo appreso procedure di conteggio facilitanti, si aiutano ancora con procedure più immature. Nell’operazione 2 + 5 partono da 2 per aggiungere 5 invece che porre l’addendo più grande come punto di partenza. Quando anche le più semplici regole di accesso rapido, come N x 0 = 0 oppure N + 0 = N, non sono interiorizzate abbastanza, allora è possibile confondere l’applicazione della seconda regola per la prima e l’uso di queste norme procedurali in genere (ad esempio in 8 x 0 = 8 viene scambiata la regola del prodotto con quella dell’addizione; in 8 – 8 = 1 non è applicata la procedura N – N = 0). Data l’incapacità di usufruire di tali regole di facilitazione il sistema di memoria può iniziare a sovraccaricarsi di informazioni che invece potrebbero essere «sintetizzate». Questo significa un notevole dispendio di energie cognitive nel caso di compiti più complessi rispetto alle operazioni entro la decina. Secondo Hitch (1978) la difficoltà nei calcoli orali può essere propriamente imputabile ad un simile sovraccarico, in particolare all’incapacità di tenere a mente i risultati parziali, o di tenere a mente in quante parti è stato scomposto un fattore o addendo (ammesso che sia stata possibile la tecnica di scomposizione), al fine di recuperare queste informazioni per produrre il risultato finale. D’altra parte anche i calcoli scritti, richiedono di saper operare tramite risultati intermedi rievocati al momento opportuno. Secondo Seron e Deloche (1984), intervenire con strategie di facilitazione in caso di difficoltà di acquisizione di strategie e procedure richiede un’analisi qualitativa del possibile disturbo. Qualora si tratti di una difficoltà a carico della memoria a lungo termine, l’imposizione di «apprendere a memoria» ha un limite al di là del quale è meglio non ostinarsi. Può essere d’aiuto invece il conteggio in avanti e indietro che può sostituire agilmente i processi d’accesso diretto: se la persona impara a contare nelle basi da 2 a 9 possono essere risolti anche i problemi relativi alla moltiplicazione e divisione. Più realistico è che vengano imparate solo le tabelline di 1, 2 e 10. Si può allora risalire ai fatti aritmetici tramite generalizzazione dei risultati. Come negli esempi che seguono (cfr. Lucangeli, 1999) 4 x 3 = (2 x 2) + (2 x 2) + (2 x 2); 5 x 8 = (5 x 10) – (5 x 2). Se la difficoltà coinvolge principalmente la memoria di lavoro, l’obiettivo principale è di non sovraccaricarla: i risultati intermedi, ad esempio, possono essere scritti a parte, oppure può essere usato un supporto concreto (pallottoliere, oggetti, ecc.) per rappresentare gli operatori, per aiutare la scomposizione e procedere con una gradualità guidata. La modalità più semplice di scomposizione è quella che fa continuo riferimento al numero 10: il calcolo intermedio ha come risultato 10, e a questo viene aggiunto o tolto il resto della quantità. Riguardo a specifiche difficoltà di calcolo dovute a scorrette applicazioni delle procedure, prendendo spunto da contributi di autori diversi (tra cui Badian, 1983; De Corte e Verschaffel, 1981; Brown e Burton, 1978; Semenza, Miceli e Girelli, 1997), se ne può delineare un possibile profilo. In particolare si possono incontrare difficoltà: a) nella scelta delle prime cose da fare per affrontare una delle quattro operazioni (incolonnamento o meno; posizione dei numeri, del segno di operazione ed altri segni grafici come la riga separatoria, ecc.); b) nella sequenza procedurale da seguire per la specifica operazione e nel suo mantenimento fino a risoluzione ultimata; c) nell’applicazione delle regole di prestito e riporto; d) nel passaggio ad una nuova operazione. Il bambino applica procedure tipiche di un’operazione ad un’altra; e) nella progettazione e nella verifica. Spesso un bambino comincia immediatamente il processo di risoluzione senza analizzare dall’esterno l’operazione, individuando difficoltà e strategie da usare. Una volta ottenuto il risultato, è frequente che un bambino lo accetti come valido senza riflettere sull’operazione nella sua globalità. Anche in questo caso sono frequenti possibili errori di perseverazione. Una tipologia di errori particolarmente frequente nella discalculia evolutiva riguarda il recupero di fatti aritmetici dalla memoria a lungo termine. I modelli che consentono di spiegare tali errori sono per lo più i «modelli a rete». Secondo Ashcraft (1992) le conoscenze aritmetiche sono simili ad altre conoscenze elaborate dalla memoria a lungo termine, e questo sia nella loro rappresentazione in memoria, sia nei processi usati per accedere alla conoscenza. I fatti aritmetici semplici sono rappresentati nella memoria in una rete organizzata di informazioni che vengono recuperate attraverso un processo di attivazione che si diffonde, così come è assunto nel funzionamento della stessa memoria semantica. Nella rete, ciascuna associazione tra un compito aritmetico e la sua risposta è rappresentata in termini di forza o grado di accessibilità. La forza con cui i nodi sono immagazzinati e interconnessi è funzione della frequenza di presentazione e dell’esercizio, specialmente nelle prime fasi dell’apprendimento. Gli errori di recupero dei fatti aritmetici in memoria a lungo termine possono dunque dipendere da errate associazioni tra i compiti aritmetici e la loro specifica risposta. Secondo Siegler (Siegler e Shrager, 1984) gli errori di recupero diretto dei risultati possono derivare dall’immagazzinamento degli stessi: la loro memorizzazione infatti si rafforza ogni volta che il soggetto produce una determinata risposta per l’operazione data, e ciò avviene anche se la risposta è errata. Nelle ripetizioni successive dell’operazione il recupero dello stesso risultato sarà coerente con la sua memorizzazione, anche quando vi sia un’associazione errata tra l’operazione e il risultato scorretto. Un tipo di errore frequente descritto al riguardo (Ashcraft e Battaglia, 1978; Miller, Perlmutter e Keating, 1984; Campbell, 1990), è ad esempio la confusione tra il recupero di fatti aritmetici di addizione con quelli di moltiplicazione: 5 + 5 = 25; 3 x 3 = 6. Anche l’abilità visuo-spaziale ha un ruolo notevole sulla risoluzione dei calcoli. Rourke e Strang (1983) hanno evidenziato, ad esempio, come una difficoltà a rilevare il dettaglio visivo possa compromettere il riconoscimento dei segni di operazione (ad es. + e x). La difficoltà visuo-spaziale può comunque riguardare non soltanto aspetti percettivi ma diversi livelli di organizzazione dei dati implicati soprattutto nella scrittura di un’operazione: se un bambino ha difficoltà ad acquisire i concetti «da destra a sinistra», «dal basso verso l’alto», ecc., presumibilmente incontrerà maggiori difficoltà nell’incolonnamento dei numeri e nel seguire la direzione procedurale, sia in senso orizzontale che verticale. Questa confusione spaziale è facilmente riconoscibile perché porta a far iniziare a caso un’operazione, a scrivere indifferentemente da sinistra a destra, o viceversa i risultati parziali, quindi a sorvolare sulle regole di prestito e riporto. Al contrario non coinvolge affatto i processi di calcolo orali. In sintesi, la situazione attuale delle ricerche sembra evidenziare che l’apprendimento del calcolo aritmetico necessita di una serie di sotto abilità, alcune specifiche, altre trasversali a più competenze. Quanto più si riesce ad individuare eventuali difficoltà nelle diverse competenze coinvolte, tanto più si riesce a definire una diagnosi che non sia solo di classificazione, ma che offra anche un profilo funzionale capace di fornire indicazioni utili per il trattamento o per la gestione del disturbo. Le riflessioni desunte dalle ricerche e dalla letteratura aprono dunque il campo a riflessioni parallele relative a come operare clinicamente per la corretta diagnosi del disturbo, diagnosi che non si fermi a etichetta classificatoria, ma consenta una descrizione funzionale delle abilità, così da permettere una scelta mirata dell’intervento riabilitativo. Esistono delle batterie di test che consentono di evidenziare le difficoltà in matematica, ad esempio quelle proposte dal gruppo MT (AC-MT 6-11 e 11-14) e da Lucangeli e Tressoldi (ABCA). Nella scuola dell’Infanzia tuttavia non è possibile somministrare questo genere di prove. A quest’età non si può ancora parlare di vera e propria discalculia, dal momento che il bambino non ha ancora avuto accesso all’apprendimento formale dei fatti aritmetici. È possibile tuttavia rilevare eventuali anomalie nelle abilità considerate prerequisiti per il successivo apprendimento attraverso altri strumenti diagnostici in forma di questionario come il test IPDA di Tretti, Terrani e Corcella, o altre checklist volte a verificare l’acquisizione di concetti spaziali e temporali (test TCR di Edmoston e Thane) o di abilità cognitive in generale (la sezione “abilità cognitive” del LAP di Kiernan e Jones, ad esempio). Una volta rilevata l’anomalia è possibile approfondire la conoscenza dei processi che non funzionano come dovrebbero, per elaborare un piano di intervento. Bisogna, cioè, osservare il bambino durante l’esecuzione di vari tipi di compito (ad esempio, nelle attività di seriazione, di classificazione, di riordino delle sequenze secondo la successione temporale, di confronto tra quantità) e capire perché fallisce in quel compito. Bisogna, in altre parole, scomporre il compito in varie fasi ed individuare l’anello mancante della catena. Se il bambino non riesce ad eseguire un compito di classificazione, dobbiamo anzitutto verificare che non ci siano a monte problemi di attenzione. Una volta escluso questo, passiamo ad esaminare la sua capacità di discriminazione visiva, sottoponendogli stimoli sempre più ricchi di particolari e dalle differenze sempre meno marcate. Se anche la discriminazione visiva è a posto, dobbiamo verificare che il bambino sia in possesso delle abilità cognitive e linguistiche necessarie a comprendere la consegna e a ricordarsene. Se i “processi che non funzionano” riguardano soltanto l’esecuzione di compiti di natura logico-matematica, se vengono esclusi, cioè, carenze in processi più generali di attenzione, comprensione e memoria, ci troviamo di fronte ad un potenziale soggetto con discalculia evolutiva. Questo non deve portarci a pensare che il nostro intervento debba consistere soltanto nella proposta di operazioni logico-matematiche. Se il bambino, ad esempio, ha avuto difficoltà non nell’individuare, ma solo nel raggruppare gli elementi simili e nel collocarli dentro un’area delimitata da uno spago sul pavimento, non diremo semplicemente che quel bambino ha difficoltà nel classificare gli oggetti, ma che ha soprattutto dei problemi di orientamento spaziale. In questi casi è molto utile fare dei giochi motori che sviluppino le sue capacità di orientamento e favoriscano l’acquisizione di concetti spaziali di base: sopra/sotto, dentro/fuori, davanti/dietro. Se la difficoltà principale consiste nel nominare gli oggetti possiamo proporre giochi linguistici, filastrocche con o senza accompagnamento musicale, tombole o altri giochi da tavolo in cui vengano coinvolte le abilità lessicali. La conoscenza dei fatti aritmetici è legata al concetto di tempo, al concetto di quantità e alle trasformazioni. Il concetto di tempo può essere sviluppato attraverso l’ascolto e l’invenzione di storie, il riordino di fotografie scattate durante un’attività svolta a scuola dal bambino stesso, la “lettura” di libri illustrati, l’ascolto di canzoni con un testo sufficientemente lungo. La manipolazione di oggetti e materiali diversi favorisce l’acquisizione dei concetti di quantità e di trasformazione. Come si vede non occorre per forza predisporre delle attività specifiche per l’intervento precoce sulla discalculia evolutiva. È auspicabile però condurre le consuete attività didattiche con un “occhio di riguardo” per le abilità di cui si è parlato. In riferimento alla discalculia manca tuttora una modalità univoca di interpretazione, diagnosi e riabilitazione per le discalculie. Le numerose intepretazioni formulate concordano ad ogni modo sul fatto che un disturbo nell’apprendimento dei concetti logico-matematici non comporta soltanto una diminuzione del profitto scolastico ma si traduce in difficoltà ben più gravi di problematizzazione della realtà e di apprendimento di abilità sociali che richiedono la reversibilità, la seriazione, la classificazione e la comprensione delle relazioni spaziali e temporali. La scuola e la famiglia possono lavorare su: • misurare • localizzare • porre in relazione • contare • raggruppare • riflettere • ordinare • progettare • inventare • operare • riconoscere le proprietà. Le abilità di conteggio si sviluppano attraverso: • enumerazione • corrispondenza biunivoca • principio di cardinalità • sviluppo delle abilità di lettura di un numero Molto utile è l’utilizzo dei puzzle numerati, attraverso cui il bambino è chiamato a ricostruire un puzzle attaccando i pezzi secondo la sequenza numerica rappresentata accanto al disegno (o nel retro), e del gioco dell'oca. Data la fatica dei bambini discalculici a memorizzare le tabelline, una strategia d'aiuto può essere quella di associare alla sequenza una melodia, diversa per ogni tabellina. Qualche consiglio sulla presentazione grafica degli esercizi e sul materiale scolastico: • usare quadretti da 1 cm in prima elementare • passare ai quadretti da 1/2 cm e tenerlo, per tutti, sino alla 5° • tra un esercizio e l'altro lasciare un bello spazio • inserire un concetto per pagina con le regole e gli esempi ben visibili • costruire griglie e schemi • usare le mani per imparare le tabelline • usare gli strumenti compensativi suggeriti in letteratura • non inserire troppi esercizi in una stessa scheda METODI COMPENSATIVI E DISPENSATIVI Dato che tali difficoltà si manifestano in persone dotate di quoziente intellettivo nella norma, spesso vengono attribuite ad altri fattori: negligenza, scarso impegno o interesse. Questo può comportare ricadute a livello personale, quali abbassamento dell'autostima, depressione o comportamenti oppositivi, che possono determinare un abbandono scolastico o una scelta di basso profilo rispetto alle potenzialità. Per ovviare a queste conseguenze, esistono strumenti compensativi e dispensativi. Cosa sono gli strumenti compensativi? Sono strumenti che permettono di compensare la debolezza funzionale derivante dal disturbo, facilitando l’esecuzione dei compiti. Sono strumenti compensativi la calcolatrice, le tabelle, i formulari, il PC con correttore ortografico, ecc. Cosa sono le misure dispensative? Riguardano la dispensa da alcune prestazioni (lettura ad alta voce, prendere appunti,...), i tempi personalizzati di realizzazione delle attività, la valutazione (non viene valutata la forma ma solo il contenuto) ecc… L’obiettivo di tali misure e strumenti non deve essere quello di “guarire” il bambino dal disturbo (perché non è ammalato!), ma di aiutarlo a ridurne gli effetti, predisponendo una modalità di apprendimento più adatta alle sue caratteristiche. APPENDICE La disgrafia è un disturbo della scrittura che si caratterizza come una difficoltà specifica nella riproduzione dei segni alfabetici e numerici, il cui tracciato appare incerto, irregolare nella forma e nella dimensione e inadeguato ai modelli. Per disgrafia si intende scrittura come puro grafismo, cioè riproduzione dei segni col modello in vista o a memoria, e non alla scrittura come linguaggio e comunicazione, dove è necessariamente implicata l’ortografia. La disgrafia investe gli aspetti formali della scrittura e non il contenuto. La capacità di riproduzione grafica si realizza agevolmente solo quando è stato raggiunto un sufficiente grado di maturazione delle tre funzioni principali, la percezione visiva, la rappresentazione, la motricità fine, isolatamente e in collegamento tra di loro. Importanti sono tutte le esperienze di manipolazione di oggetti e di materiali (costruzioni, modellaggio) e di produzione grafica (disegno, pittura, colorazione) nelle quali i bambini si esercitano precocemente anche in forma spontanea e la cui frequenza ed intensità consentono di perfezionare gradualmente e naturalmente la prensione dello strumento e la padronanza del gesto. Il disegno e la pittura, infatti, costituiscono non solo una modalità di prevenzione della disgrafia, ma sono anche attività che vengono utilizzate in sede di rieducazione. Anche l’osservazione e l’uso di oggetti e di immagini, nonché tutte le forme di riproduzione grafica e non, dovrebbero consentire un graduale perfezionamento della capacità di orientamento, di organizzazione e di strutturazione spaziale e temporale. Da un primo approccio all’oggetto e alla figura, che permette un riconoscimento globale, si deve poter passare alla ricognizione analitica delle componenti spaziali. E quando questo non avviene spontaneamente, l’insegnante deve intervenire con proposte, richieste e suggerimenti adeguati. Quando dalla forma, grafismo, si passa al contenuto si affronta il problema della scrittura come comunicazione: disortografia. E’ evidente allora la necessità di una scrittura corretta, ortografica, che tale è quando la parola è scritta usando tutti i segni alfabetici necessari e rispettando le principali regole (uso degli apostrofi, degli accenti, dell’h nelle forme del verbo avere, le concordanze: maschile, femminile, singolare, plurale, modi e tempi verbali…). Quindi si parla di ortografia della parola e ortografia delle regole. Gli errori che caratterizzano la disortografia e che richiedono interventi correttivi, riguardano in genere il primo gruppo, in quanto hanno di solito origine nei disturbi di ordine percettivo, motorio, di organizzazione spazio temporale ed è su questi disturbi che verrà focalizzato l’intervento. L’ortografia delle regole è invece un fenomeno di natura globale e investe soprattutto l’aspetto cognitivo generale e cioè la comprensione. In questi casi è sufficiente un’attenta e significativa operazione didattica adeguata al livello delle capacità del soggetto, per superare le difficoltà riscontrate. Per cui bisogna distinguere disgrafia e disortografia, anche se è innegabile una possibile relazione. Fattori di ordine percettivo e motorio possono essere presenti nell’uno e nell’altro caso. È probabile che un disgrafico possa essere anche disortografico. La tensione e l’eccessivo sforzo prodotto dal bambino per l’esecuzione grafica può nuocere all’attenzione e compromettere anche l’ortografia con errori che consolidandosi nella ricorrenza possono caratterizzarsi in una vera e propria disortografia. Non tutti i disgrafici però sono necessariamente disortografici. Lo si può constatare quando si chiede di scrivere con altri strumenti, senza implicare il grafismo manuale (con macchina da scrivere, lettere mobili, pc). In questi casi l’errore ortografico, rilevato nella scrittura manuale, scompare. Una più stretta relazione esista tra disortografia e dislessia, come tra ortografia e lettura. In fondo “chi scrive, legge”; i due processi di decodificazione e codificazione si alternano in una sequenza strettamente ravvicinata. In sede di rieducazione del disortografico una regola fondamentale è quella di passare spesso dalla scrittura alla lettura e viceversa. La dislessia è la difficoltà a riconoscere e comprendere i segni alfabetici associati alla parola. Oggi la dislessia è divenuta il simbolo dell’insuccesso e del disadattamento scolastico. È opportuno distinguere una dislessia specifica da quelle che si possono definire difficoltà generiche, destinate a scomparire attraverso normali esercitazioni scolastiche. In questo caso si tratta di lieve ritardo globale o di un ancora inadeguato sviluppo delle funzioni legate alla lettura: in tal caso l’apprendimento si sviluppa con un ritmo più rallentato. Bisognerà rispettare questi ritmi rinunciando ad ogni forma di accelerazione dei tempi di insegnamento. In questi casi non saranno necessarie tecniche specifiche né interventi di tipo particolare, basterà seguire attentamente questi alunni nel processo di formazione di base rispettandone i tempi. Quindi non è corretto definire con una connotazione patologica la “dislessia” quando queste sono delle generiche e lievi difficoltà di apprendimento e non richiedono cure pedagogiche specifiche, ma risulta solo sintomo di una patologia di apprendimento. La discalculia (acalculia nei casi di estrema gravità) si presenta come una difficoltà specifica nell’apprendimento del calcolo nel quadro di uno sviluppo intellettivo normale e in assenza di disturbi di natura affettiva, anche se in certi casi questi ultimi possono ritrovarsi tra i fattori eziologici, così come nella dislessia. In tali situazioni però gli effetti negativi sono solitamente generalizzati, cioè estesi ad altri settori dell’apprendimento. Più frequentemente questa difficoltà specifica si rivela in soggetti colpiti da lesioni organiche precisamente localizzate, come si verifica nei traumi cranici. La discalculia come disturbo specifico è molto ristretto, più diffusa è invece la difficoltà generica. Per quanto riguarda l’apprendimento matematico si riscontra frequentemente che all’inizio della scuola elementare il bambino è invitato a manipolare i simboli numerici per eseguire calcoli, sia pure semplici, e risolvere piccoli problemi senza che si sia prima verificato il processo di abilità preliminari, prima tra tutte il concetto di numero. A questo, i bambini arrivano gradualmente attraverso varie e numerose esperienze sul materiale concreto, condizione indispensabile per la formazione logica – matematica di base, che si verifica attraverso l’acquisizione di criteri fondamentali di conservazione delle quantità, classificazione, seriazione, con il contemporaneo perfezionamento delle nozioni di spazio e di tempo che ne costituiscono il fondamentale substrato. SI ALLEGANO LE LINEE GUIDA E LE STRATEGIE SU COME IMPOSTARE LE ATTIVITA’ CON I DISLESSICI BIBLIOGRAFIA DSA AA. VV., Il corsivo dalla A alla Z, Trento, Erickson, 2004 AA. VV., La dislessia raccontata agli insegnanti. 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Il termine “specifico” serve ad indicare che il disturbo è permanente, l’origine è di natura costituzionale, si presenta sin dalla nascita anche se l’ effettiva comparsa può evidenziarsi solo con la scolarizzazione. Il mancato riconoscimento del disturbo e la sua inadeguata considerazione da parte della famiglia e della scuola costituiscono un’importante causa di abbandono scolastico. E’ opportuno ricordare il rispetto della privacy per questo tipo di alunni. I ragazzi che ne sono affetti trovano difficoltà nell’adattarsi ai tradizionali sistemi di insegnamento e richiedono alcune attenzioni specifiche da parte dei docenti per poter apprendere. Per questa ragione abbiamo pensato di sintetizzare in questa nota l’insieme delle indicazioni didattiche che abbiamo avuto modo di raccogliere in alcuni momenti formativi, dal 2004 ad oggi, in confronti con specialisti della riabilitazione e in colloqui con i genitori degli stessi alunni dislessici. I suggerimenti espressi in queste pagine integrano e completano le già note disposizioni ministeriali che introducono strumenti compensativi e misure dispensative per l’integrazione degli alunni in questione.(v.Prot.n.4099/A/4 del 5-10-2004). Che cos’è la dislessia? L’Associazione Italiana Dislessici (A.I.D.) definisce la dislessia “Una difficoltà che riguarda la capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente. Leggere e scrivere sono considerati atti così semplici e automatici che risulta difficile comprendere la fatica di un bambino dislessico. Purtroppo in Italia la dislessia è poco conosciuta, benché si calcoli che riguardi il 3-4% della popolazione scolastica (fascia della Scuola Primaria e Secondaria di primo grado). La dislessia non è causata da un deficit di intelligenza né da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali o neurologici” (dal sito www.aiditalia.org)” Quali caratteristiche presenta un ragazzo dislessico? Il ragazzo dislessico può leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo impegnando al massimo le sue capacità e le sue energie, poiché non può farlo in maniera automatica e perciò si stanca rapidamente, commette errori, rimane indietro, non impara. Più specificatamente, un alunno dislessico: Può leggere un brano correttamente e non cogliere il significato; può avere grosse difficoltà con le cifre (tabelline), la notazione musicale o qualsiasi cosa che necessita di simboli da interpretare; può avere difficoltà nella lettura e/o scrittura di lingue straniere (es. inglese, latino, greco, ecc..); può scrivere una parola due volte o non scriverla; può avere difficoltà nello studio (storia, geografia, scienze, letteratura, problemi aritmetici) quando questo è veicolato dalla lettura e si giova invece dell'ascolto (es. registratori, adulto che legge, libri digitali); non prende bene gli appunti perché non riesce ad ascoltare e scrivere contemporaneamente; quando si distrae da ciò che sta leggendo o scrivendo ha grosse difficoltà a ritrovare il punto; lavora lentamente a causa delle sue difficoltà, perciò è sempre pressato dal tempo. Può avere difficoltà nel memorizzare termini specifici, non di uso comune, le “non-parole” Che cosa può fare la scuola per i ragazzi dislessici? Gli alunni con DSA hanno un diverso modo di imparare, ma comunque possono imparare. Bisogna offrire loro la possibilità di farlo. Essi richiedono un programma didattico adeguato alle loro caratteristiche poiché, a causa del loro disturbo, non dispongono delle risorse per adattarsi al metodo standard comunemente proposto dai docenti e valido per la maggior parte dei ragazzi. Pertanto è necessario introdurre alcuni accorgimenti (a volte anche piccoli) nella didattica per offrire a tutti gli alunni la possibilità di apprendere e sviluppare le proprie potenzialità. Non bisogna pensare di dover faticosamente utilizzare due didattiche separate, una per la classe e una per i ragazzi con DSA. Occorre porsi nella prospettiva di utilizzare una sola didattica che vada bene per tutti, una didattica inclusiva che eviti ritmi troppo veloci delle lezioni. Se si lavora con l’obiettivo di essere seguiti dai ragazzi più in difficoltà, verranno avvantaggiati anche tutti gli altri. Alcuni suggerimenti generali (anche se ogni dislessico è un caso a sé) La dislessia non è una malattia da compensata cui si può guarire, ma può essere Il dislessico ha un diverso stile di apprendimento, può imparare anche meglio degli altri Il dislessico non è disattento, ha altri tempi di attenzione La decodifica avviene lentamente, ma ciò non significa che abbia difficoltà intellettive Può essere utile attuare una didattica metacognitiva, basata su mediatori didattici come mappe, tabelle, schemi, per un apprendimento significativo e consapevole Il dislessico apprende ascoltando, per questo occorre far sì che acceda all’ascolto del testo, in quanto l’obiettivo è la comprensione del testo, non la lettura I problemi legati all’adolescenza peggiorano la situazione, anche perché le richieste della scuola superiore aumentano, per questo occorre costruire un ambiente per l’apprendimento, un clima relazionale positivo: non chiedere all’alunno dislessico ciò che non può dare, ma ciò che sa fare, per poter migliorare la sua autostima Gli strumenti dispensativi e marcatori di diversità compensativi non devono diventare dei Alla scuola superiore aumenta il rischio di abbandono scolastico, in quanto durante l’adolescenza aumentano le difficoltà legate alle parole nuove-le non paroleil lessico specifico delle nuove discipline Attuare le interrogazioni programmate per evitare ansia e stress Dispensare i soggetti con DSA, oltre che dalla lettura ad alta voce (a meno che siano essi stessi a richiederla), anche dalla lettura di consegne (deva farla l’insegnante). Fare sempre verifiche orali (magari interrogando il dislessico dopo altri compagni, offrendogli così un’ ulteriore possibilità di imparare ascoltando) oppure scritte ma strutturate in modo da eliminare le coercizioni della rapidità di esecuzione, della lettura ad alta voce, delle abilità di produzione linguistica (bene le domande con risposte a scelta multipla); dare tempo in più per l’esecuzione. Dare più tempo per lo studio e per le verifiche. Dispensare dallo studio delle lingue straniere in forma scritta, a causa delle difficoltà rappresentate dalla differenza tra scrittura e pronuncia. Ridurre il carico di lavoro a casa, ridurre il numero degli e ridurre il numero degli esercizi, non i contenuti Usare sempre lo stampato maiuscolo, anche alla lavagna. Controllare, tutte le volte che si può, passando tra i banchi, che ogni cosa sia copiata correttamente sui quaderni e sui diari, anche se i ragazzi sono grandi; non dare per scontato e ricordare che il controllo sarà uno stimolo alla correttezza e alla precisione. In particolare, verificare che gli alunni, una volta rientrati in classe dopo interventi di recupero in piccolo gruppo, abbiano la possibilità di prendere nota dei compiti assegnati. Favorire la riproduzione di copie di appunti presi dai compagni più bravi al fine di fornire una traccia ai genitori, a casa, delle spiegazioni del docente. Ricordare che i disgrafici hanno difficoltà di copia dalla lavagna per cui, per loro, sarebbe meglio evitare di scrivere alla lavagna consegne, testi di problemi o altro da copiare sul quaderno: meglio sarebbe dettare o scrivere su un foglio da ricopiare al proprio banco. Incoraggiare, gratificare e usare il rinforzo come strumento usuale. Favorire in classe occasioni di conversazione nelle quali sia possibile parlare delle proprie difficoltà e diversità . Ricordare che il più grande regalo che si possa fare a un ragazzo con difficoltà, soprattutto con DSA, è dargli tempo. Adottare i suggerimenti forniti dall’ Associazione Italiana Dislessia e accolti dalla circolare del MIUR nel protocollo n° 4099/A/4 relativo alla misure compensative e dispensative di cui il soggetto con DSA ha diritto ad usufruire. Non solo permettere ma incentivare l’utilizzo a scuola e a casa di ausili strumentali (computer, registratore, calcolatrice, busta degli aiuti contenente formule, regole grammaticali, cartine geografiche mini, …) affinchè ne imparino l’uso rapido e corretto sin dalla scuola di base. Come migliorare la LETTURA e la COMPRENSIONE Lavorare sul miglioramento della comprensione del testo sia orale che scritto, ricordando che strategie quali la scorsa rapida del testo, la lettura selettiva e la lettura analitica (strategie che normalmente si sviluppano in modo naturale con l'esperienza) non sono acquisibili autonomamente dagli alunni dislessici perché troppo impegnati sul versante della decifrazione e quindi non in grado di attivare i processi cognitivi alti. Stimolare sempre, di fronte ad un testo da studiare, o comunque da leggere, la preattivazione alla lettura, cioè il richiamo delle conoscenze preesistenti. Insegnare la lettura delle immagini che si accompagnano al testo scritto. Far lavorare in gruppo gli alunni su materiali che attivino conflitti cognitivi e li portino a riflettere sull’uso e le funzioni delle parole (esercizi di cloze, lettura con parole sottolineate di cui capire il senso). Fornire sempre la fotocopia del testo del problema (es. di matematica) e leggerlo ripetutamente. Come migliorare la PRODUZIONE SCRITTA Continuare ad esercitare l’ortografia ricordando che molti errori si risolvono quando l’alunno li comprende e questo può succedere anche nella scuola secondaria. Lavorare sulla produzione del testo seguendo le fasi del processo testuale (raccolta delle idee, pianificazione, stesura, revisione) senza lasciare solo il ragazzo quando deve scrivere un brano ma aiutarlo a disgiungere e a mettere a fuoco i vari livelli operativi; se un dislessico sperimenta ripetutamente come può scrivere un testo e prova dei percorsi mentali, può acquisire delle sicurezze. Organizzare lavori di gruppo e discussione sui prodotti; leggere testi da revisionare insieme; incoraggiare l'uso del registratore per abituare a verbalizzare le idee principali prima di scrivere un tema o un riassunto; cercare ogni occasione per stimolare gli allievi a verbalizzare in modo corretto e preciso perché la verbalizzazione è importante per la formazione del pensiero. Comunicare per tempo l’argomento degli elaborati di italiano per consentire ai ragazzi un’adeguata preparazione. Dare istruzioni dirette evitando espressioni tipo “guarda meglio!”, “scrivi meglio!”, “sistema meglio questa frase che hai scritto” (meglio come?). Come migliorare lo STUDIO Insegnare le abilità di studio: sottolineature, schemi, mappe, tecnica del prendere appunti; programmare le interrogazioni: responsabilizza e dà fiducia in se stessi; usare se possibile materiale audiovisivo per le spiegazioni; richiedere tempi di attenzione contenuti durante le spiegazioni, riepilogando alla fine le informazioni o i concetti più importanti da ritenere, magari riformulandoli in maniera più semplice; alternare la lezione frontale all’insegnamento cooperativo (lavori di gruppo) e al tutoraggio; ridurre i testi di studio selezionando i contenuti; anticipare di diversi giorni la comunicazione della data delle verifiche e fornire indicazioni precise sull’argomento oggetto di verifica. Indicazioni per la valutazione La valutazione deve riflettere il percorso dell’allievo e registrare i suoi progressi: valutare quindi il livello raggiunto tenendo conto dei punti di partenza (dare anche voti alti) altrimenti l’allievo con DSA rinuncia ad impegnarsi per perdita di fiducia nell’insegnante, si arrende perché studia senza gratificazioni. Occorre passare il messaggio che si crede nel ragazzo e usare una valutazione formativa per rinforzare l'autostima, evitare la puntualizzazione delle difficoltà e aiutare l’alunno a diventare consapevole in positivo delle proprie capacità e dei propri miglioramenti. Far capire che gli errori sono migliorabili. Fare attenzione all’impegno. Ricordare anche di separare la valutazione di competenze diverse coinvolte in uno stesso compito o in una stessa verifica (ad es. separare la valutazione della competenza ortografica da quella della competenza compositiva). Esigere da ciascuno quello che ciascuno può dare, ma evitare assolutamente valutazioni negative nelle situazioni in cui ci si rende conto che il ragazzo ha dato il massimo dell’impegno. Perché incoraggiare l’uso del computer? Il pc: ● consente di scrivere testi ortograficamente corretti grazie all'uso del correttore: sollevato dal carico ortografico, l'allievo può concentrarsi sugli aspetti esplicitativi e sintattici del componimento scritto (ricordare, a questo proposito, di togliere il controllo ortografico durante la stesura del testo per evitare che l’allievo si “perda” nella correzione degli errori sottolineati e di inserirlo alla fine); ● oltre a scaricare la responsabilità ortografica, non impegna lo scrivente nella realizzazione del segno grafico; così l'attenzione è tutta destinabile ai contenuti; ● permette di scrivere qualsiasi testo in modo graficamente bello e leggibile a se stessi, cosa molto importante per i disgrafici che possono così rileggere i loro prodotti e apportare modifiche (ricordare che la disgrafia non permette la rilettura e quindi l'autocorrezione); ● consente di modificare i documenti e quindi riutilizzarli: evita ad esempio di fare la brutta da ricopiare poi in bella, riducendo il carico di lavoro; ● memorizza dati che possono essere recuperati in modo rapido; ● l' impiego di programmi particolari permette di oralizzare i testi scritti in formato digitale (software dotati di sintesi vocale per l'ascolto); ● favorisce l'autonomia. Se i ragazzi non accettano di usare il pc in classe perché temono che li differenzi agli occhi dei compagni, bisogna interrogarsi sulla modalità con cui il computer è stato proposto e introdotto in classe. È importante capire che il computer va presentato come uno strumento di accesso all'autonomia, per tutti gli alunni: sarà un aiuto indispensabile per chi è in difficoltà e una preziosa opportunità per tutti. Solo se l'alunno in difficoltà si sente su un piano di parità con i compagni può accettare di utilizzarlo anche per percorsi individuali. Quando usare il computer? - al più presto perché rende autonomi; - a casa per l'esecuzione dei compiti, per lo studio, per le ricerche; - in classe per visionare CD Rom relativi a discipline specifiche, quando si scrive un testo collettivo (alcuni scrivono sul quaderno, altri sul PC), quando si scrivono testi individuali, quando si svolgono esercizi grammaticali o ortografici; si può far utilizzare il computer in classe ad uno o due alunni mentre vengono svolti altri lavori a piccolo gruppo o individualmente. ALCUNE PROPOSTE PER LA SCUOLA DELL’INFANZIA 9 preparare un ambiente con simboli e, insieme, forti riferimenti alla scrittura 9 mettere scritte in stampato maiuscolo che affianchino i simboli usati e definiscano gli spazi, gli arredi e le attività. 9 lavorare molto sulla discriminazione fonologica, che è la base per l’apprendimento della lingua scritta, con scansioni corrette e in modo sistematico. 9 iniziare dalla riproduzione di ritmi, prima semplici, poi man mano più complessi, e arrivare gradualmente alla discriminazione sillabica, che è la più “naturale”, alla discriminazione del fonema iniziale senza porselo come obiettivo assoluto per tutti. 9 organizzare tempi per giochi fonologici di tutti i tipi, naturalmente orali, ricordando che, nella segmentazione sillabica come nella segmentazione fonetica, c’è un ordine che facilita il riconoscimento, ed il seguente: 9 riconoscimento sillaba iniziale 9 riconoscimento sillaba finale 9 riconoscimento sillaba intermedia ALCUNE PROPOSTE PER LE PRIME DUE CLASSI DELLA SCUOLA PRIMARIA 9 preparare un ambiente per l’apprendimento: calendari, cartelloni con nomi e foto, cartelloni a tema, angoli per la lettura e la scrittura, strumenti vari per la concettualizzazione delle temporalità. 9 Partire con un solo carattere, lo stampato maiuscolo; non conosciamo i nostri alunni, ma certamente renderemo la vita difficile a qualcuno di essi se scegliamo di lavorare subito su più caratteri o su un carattere diverso dallo stampato maiuscolo. 9 mettersi in condizioni di conoscere la situazione inziale di ogni alunno in relazione alle capacità di: 9 lettura 9 scrittura 9 discriminazione fonologica 9 ricordare che la discriminazione fonologica è alla base dell’apprendimento della letto scrittura, e che il riconoscimento dei suoni, dei singoli fonemi non è naturale; la scuola deve lavorare su questo, perché è un apprendimento di base e ci sono alunni cha da soli fanno fatica a coglierli. 9 organizzare perciò ogni giorno, in prima, giochi linguistici per migliorare la competenza fonologica e metafonologica 9 dare sempre riferimenti agli alunni sia di tipo uditivo che visivo; attrezzare le pareti, sia per la scrittura che per i numeri 9 insegnare a scrivere con un metodo che utilizzi la sillaba e non la lettera, e partire da sillabe semplici costruite con consonanti continue e vocale; lasciare le consonanti occlusive per ultime 9 presentare alla classe tutti i suoni, anche i più complessi, prima di proporre un cambio di carattere 9 non insistere troppo sullo stampato minuscolo come scrittura, lavorarci molto per la lettura 9 passare gradualmente al corsivo senza drammatizzare se qualche alunno non ce la fa 9 fare esercitare sul corsivo spiegando bene i passaggi, con un quadernino a parte 9 lavorare con pregrafismi e attività che aiutino i movimenti della mano nella scrittura 9 presentare le difficoltà ortografiche con gradualità 9 intendere per “difficoltà ortografiche” tutte le caratteristiche morfologiche della lingua italiana 9 analizzare in classe le sillabe complesse, le sillabe policonsonantiche, le lettere ponte, tutte le sillabe dell’esse impura, prima di introdurre i digrammi, i trigrammi, i suoni omofoni 9 lavorare sulle doppie presentando prima le parole con raddoppiamenti di consonanti continue 9 introdurre gli strumenti compensativi da subito, per tutti, abituandoli a raccogliere in una busta schede che annotano le difficoltà che si affrontano 9 procedere con calma 9 ricordare che la scrittura è un mezzo per comunicare, quindi è importante che ci siano molte occasioni di scrittura, anche se i bimbi non sanno ancora scrivere…l’insegnante può farsi scrivano… 9 ricordare che la crescita cognitiva è stimolata dal gruppo, anche per bambini cos’ piccoli e che per ridurre problemi cognitivi è bene che il gruppo sia disomogeneo 9 preparare un programma di lavoro individuale, con parti comuni e altre no, per tutta la classe, e dare i tempi per lavorare 9 ricordare che se ci sono alunni con difficoltà di scrittura, è bene che l’insegnante usi lo stampato per scrivere alla lavagna e che, comunque, la lettura alla lavagna per questi alunni e una difficoltà 9 entrare nell’ottica di idee che per alcuni nostri alunni non si potrà parlare di recupero, se davvero svilupperanno una disabilità, ma, come afferma Stella, di “rieducazione assistita”, un lavoro lungo, continuo e paziente, che dovrà convincere con la normale pratica didattica anche negli anni successivi alla prima COME CONTINUARE 9 lavorare sulla comprensione della lettura e sulla velocità, tenendo presenti i criteri di leggibilità dei testi 9 leggere molto alla classe, sviluppando strategie per incuriosirli, interessarli, avvicinarli ai libri come “compagni di strada” 9 puntare l’attenzione sul processo di costruzione del testo e abituare i ragazzi a lavorare sulla pianificazione, sulla scrittura e sulla correzione, con l’aiuto di schemi aperti costruiti insieme, a cui si possono aggiungere elementi 9 introdurre gli elementi grammaticali facendo prima lavorare a gruppi su materiali che ne evidenziano la funzione, per arrivare in un secondo tempo alla classificazione; la sola classificazione può essere molto difficile da ricordare 9 lavorare sulle metodologie di studio, presentandone diverse, per tutta la classe; introdurre collettivamente anche lo studio con nastri registrati e con testi semplificati dare valore al lavoro di aiuto reciproco, che gli alunni possono svolgere a coppie e a piccoli gruppi 9 dare valore a tutti i miglioramenti individuali, anche e soprattutto se sono faticosi e lenti 9 tenere conto delle situazioni individuali nella valutazione, che dovrebbe cogliere i progressi di ognuno in relazione al proprio punto di partenza 9 abituarsi a pensare che la disabilità di lettura, per quanto seria sia non intacca le capacità cognitive, è “solo” una disabilità strumentale e gli strumenti si possono sostituire, quindi… 9 usare il computer in classe o nel laboratorio, dando a tutti gli alunni la possibilità di usarlo; preoccuparsi di accrescere la loro competenza informatica, in modo da farlo diventare davvero un mezzo compensativo per chi non riuscirà a scrivere correttamente senza di esso 9 abituarsi a pensare che i mezzi compensativi mettono in parità alunni che senza il loro uso sarebbero fortemente svantaggiati e quindi discriminati Gazzetta Ufficiale N. 244 del 18 Ottobre 2010 LEGGE 8 ottobre 2010 , n. 170 Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico. (10G0192) La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga la seguente legge: Art. 1 Riconoscimento e definizione di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia 1. La presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati «DSA», che si manifestano in presenza di capacita' cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attivita' della vita quotidiana. 2. Ai fini della presente legge, si intende per dislessia un disturbo specifico che si manifesta con una difficolta' nell'imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidita' della lettura. 3. Ai fini della presente legge, si intende per disgrafia un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficolta' nella realizzazione grafica. 4. Ai fini della presente legge, si intende per disortografia un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficolta' nei processi linguistici di transcodifica. 5. Ai fini della presente legge, si intende per discalculia un disturbo specifico che si manifesta con una difficolta' negli automatismi del calcolo e dell'elaborazione dei numeri. 6. La dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia possono sussistere separatamente o insieme. 7. Nell'interpretazione delle definizioni di cui ai commi da 2 a 5, si tiene conto dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche in materia. Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulle promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali e' operante il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti. Art. 2 Finalita' 1. La presente legge persegue, per le persone con DSA, le seguenti finalita': a) garantire il diritto all'istruzione; b) favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialita'; c) ridurre i disagi relazionali ed emozionali; d) adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessita' formative degli studenti; e) preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti delle problematiche legate ai DSA; f) favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi; g) incrementare la comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione; h) assicurare eguali opportunita' di sviluppo delle capacita' in ambito sociale e professionale. Art. 3 Diagnosi 1. La diagnosi dei DSA e' effettuata nell'ambito dei trattamenti specialistici gia' assicurati dal Servizio sanitario nazionale a legislazione vigente ed e' comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza dello studente. Le regioni nel cui territorio non sia possibile effettuare la diagnosi nell'ambito dei trattamenti specialistici erogati dal Servizio sanitario nazionale possono prevedere, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, che la medesima diagnosi sia effettuata da specialisti o strutture accreditate. 2. Per gli studenti che, nonostante adeguate attivita' di recupero didattico mirato, presentano persistenti difficolta', la scuola trasmette apposita comunicazione alla famiglia. 3. E' compito delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell'infanzia, attivare, previa apposita comunicazione alle famiglie interessate, interventi tempestivi, idonei ad individuare i casi sospetti di DSA degli studenti, sulla base dei protocolli regionali di cui all'articolo 7, comma 1. L'esito di tali attivita' non costituisce, comunque, una diagnosi di DSA. Art. 4 Formazione nella scuola 1. Per gli anni 2010 e 2011, nell'ambito dei programmi di formazione del personale docente e dirigenziale delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell'infanzia, e' assicurata un'adeguata preparazione riguardo alle problematiche relative ai DSA, finalizzata ad acquisire la competenza per individuarne precocemente i segnali e la conseguente capacita' di applicare strategie didattiche, metodologiche e valutative adeguate. 2. Per le finalita' di cui al comma 1 e' autorizzata una spesa pari a un milione di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, come determinato, dalla Tabella C allegata alla legge 23 dicembre 2009, n. 191. Note all'art. 4: - La legge 23 dicembre 2009, n. 191, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2010) e' stata pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2009. Art. 5 Misure educative e didattiche di supporto 1. Gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilita' didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari. 2. Agli studenti con DSA le istituzioni scolastiche, a valere sulle risorse specifiche e disponibili a legislazione vigente iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, garantiscono: a) l'uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilinguismo, adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate; b) l'introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonche' misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualita' dei concetti da apprendere; c) per l'insegnamento delle lingue straniere, l'uso di strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento, prevedendo anche, ove risulti utile, la possibilita' dell'esonero. 3. Le misure di cui al comma 2 devono essere sottoposte periodicamente a monitoraggio per valutarne l'efficacia e il raggiungimento degli obiettivi. 4. Agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all'universita' nonche' gli esami universitari. Art. 6 Misure per i familiari 1. I familiari fino al primo grado di studenti del primo ciclo dell'istruzione con DSA impegnati nell'assistenza alle attivita' scolastiche a casa hanno diritto di usufruire di orari di lavoro flessibili. 2. Le modalita' di esercizio del diritto di cui al comma 1 sono determinate dai contratti collettivi nazionali di lavoro dei comparti interessati e non devono comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Art. 7 Disposizioni di attuazione 1. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad emanare linee guida per la predisposizione di protocolli regionali, da stipulare entro i successivi sei mesi, per le attivita' di identificazione precoce di cui all'articolo 3, comma 3. 2. Il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio decreto, individua le modalita' di formazione dei docenti e dei dirigenti di cui all'articolo 4, le misure educative e didattiche di supporto di cui all'articolo 5, comma 2, nonche' le forme di verifica e di valutazione finalizzate ad attuare quanto previsto dall'articolo 5, comma 4. 3. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, e' istituito presso il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca un Comitato tecnico-scientifico, composto da esperti di comprovata competenza sui DSA. Il Comitato ha compiti istruttori in ordine alle funzioni che la presente legge attribuisce al Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca. Ai componenti del Comitato non spetta alcun compenso. Agli eventuali rimborsi di spese si provvede nel limite delle risorse allo scopo disponibili a legislazione vigente iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca. Art. 8 Competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome 1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in conformita' ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione nonche' alle disposizioni del titolo V della parte seconda della Costituzione. 2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a dare attuazione alle disposizioni della legge stessa. Art. 9 Clausola di invarianza finanziaria 1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 2, dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Data a Roma, addi' 8 ottobre 2010 NAPOLITANO Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri Visto, il Guardasigilli: Alfano LAVORI PREPARATORI Senato della Repubblica (atto n. 1006): Presentato dalla sen. Vittoria Franco ed altri il 2 settembre 2008. Assegnato alla commissione 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali), in sede referente, il 17 settembre 2008 con pareri delle commissioni 1ª, 5ª, 11ª, 12ª e Questioni regionali. Esaminato dalla 7ª commissione, in sede referente, il 24 settembre 2008; il l° e 14 ottobre 2008; il 5 novembre 2008;. il 3, 17 e 24 marzo 2009; l'8 aprile 2009; il 5 maggio 2009. Assegnato nuovamente alla 7ª commissione, in sede deliberante, il 15 maggio 2009 con pareri delle commissioni 1ª, 5ª, 11ª, 12ª e Questioni regionali. Esaminato dalla 7ª commissione, in sede deliberante, ed approvato in un testo unificato con l'atto n. 1036 (sen. Franco Asciutti ed altri) il 19 maggio 2009. Camera dei deputati (atto n. 2459): Assegnato alla VII commissione (Cultura, scienza e istruzione), in sede referente, il 26 maggio 2009 con i pareri delle commissioni I, V, XI, XII e Questioni regionali. Esaminato dalla VII commissione, in sede referente, il 24 giugno 2009; il 1º luglio 2009; 14, 15, 21, 28 ottobre 2009; il 24 febbraio 2010; 1'11, 12 e 20 maggio 2010. Assegnato nuovamente alla VII commissione, in sede legislativa, il 3 giugno 2010 con pareri delle commissioni I, V, XI, XII e Questioni regionali. Esaminato dalla VII commissione, in sede legislativa, ed approvato, con modificazioni, il 9 giugno 2010. Senato della Repubblica (atto n. 1006-1036-B): Assegnato alla 7ª commissione (Istruzione pubblica, beni culturali), in sede deliberante, il 24 giugno 2010 con pareri delle commissioni 1ª, 5ª, 12ª e Questioni regionali. Esaminato dalla 7ª commissione il 13 luglio 2010; il 15, 22 e 28 settembre 2010 ed approvato il 29 settembre 2010. A TUTTI I DOCENTI DSA - Informazioni operative – indicazioni didattiche È molto importante formulare con attenzione il PDP, perché tutto quanto scritto DEVE essere poi messo in pratica nell’attività didattica di ogni giorno e soprattutto nei momenti della valutazione, per essere tranquilli di aver fatto quanto richiesto dalla legge e messo nelle condizioni ottimali l’alunno nel dimostrare le sue abilità e competenze. In particolare rispetto alla valutazione: • annotare nel registro personale e/o nella verifica le misure dispensative e gli strumenti compensativi utilizzati durante le prove scritte e le interrogazioni orali, ed indicati nel PDP; • proporre verifiche sempre scritte al computer in modo ordinato e lineare, prediligendo: a) Arial – Verdana b) Interlinea 1,50 c) Grandezza carattere almeno 12, preferibilmente 14 • Privilegiare le prove orali • Predisporre verifiche ed interrogazioni programmate con chiara definizione degli argomenti • Prediligere verifiche scritte a domande aperte o di tipo vero o falso (da evitare la scelta multipla) possibilmente fornite in digitale per consentirne la lettura tramite sintesi vocale • Privilegiare la valutazione del contenuto rispetto alla forma mantenendo una certa tolleranza all’errore di natura ortografica • Recuperare eventuali insuccessi scritti con prove orali • Concedere più tempo per lo svolgimento delle consegne, oppure procedere con verifiche ridotte (da un punto di vista quantitativo e non qualitativo) Nell’applicazione delle misure dispensative e l’utilizzo di strumenti compensativi si suggerisce: • Sollecitare l’uso della tastiera e del PC nella stesura di elaborati scritti, per evitare trascrizione in bella copia e poter utilizzare il correttore ortografico • Consentire l’uso di schemi, mappe concettuali da usare come base per l’esposizione orale (interrogazione) ed elaborati scritti (verifiche), così da supportare la scarsa memoria verbale a breve termine attraverso immagini e parole-chiave, nonché consentire un’esposizione più fluida e ricca di informazioni • Agevolare la raccolta degli appunti (i ragazzi DSA hanno serie difficoltà a prendere appunti e a codificare quelli scritti a mano dai compagni), anche visivi, direttamente sul libro di testo oppure registrando o ancora usando la live scribe. Si segnala l’opportunità di poter richiedere i libri digitali delle materie attraverso il servizio “libroAID” nel sito dell’Associazione Italiana Dislessia WWW.dislessia.it COMITATO SCUOLA Guida al PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO “L’apprendimento personalizzato rappresenta oggi uno degli snodi più significativi dell’attuale dibattito educativo e scolastico. Esso offre una via d’uscita per la questione dello svantaggio e per porre ogni allievo nella condizione di realizzare tutto il suo potenziale” (D. Hopkins). La personalizzazione dell’apprendimento (a differenza della individualizzazione) non impone un rapporto di uno a uno tra docente e allievo con conseguente aggravio del lavoro dell’insegnante, ma indica l’uso di “strategie didattiche finalizzate a garantire a ogni studente una propria forma di eccellenza cognitiva, attraverso possibilità elettive di coltivare le proprie potenzialità intellettive (capacità spiccata rispetto ad altre/punto di forza). In altre parole, la PERSONALIZZAZIONE ha lo scopo di far sì che ognuno sviluppi propri personali talenti” (M. Baldacci). Il Comitato Scuola dell’Associazione Italiana Dislessia, con la stesura di un modello di Piano Didattico Personalizzato, sia per la Scuola Primaria che per la Scuola Secondaria di primo e secondo grado, ha voluto offrire, oltre ad una traccia e una guida nella redazione, anche l’occasione per una riflessione sul suo valore e sul suo significato e, conseguentemente, dare una giusta informazione al mondo della scuola affinché non percepisca la compilazione di questo documento come un’ennesima fastidiosa richiesta di “ riempire delle carte”, o come uno dei tanti “ impedimenti burocratici” che si frappongono al “fare scuola quotidiano”. Si è voluto altresì mettere in rilievo l’importanza del PDP come strumento utile e costruttivo, che, se opportunamente interpretato e utilizzato nell’impostazione di metodologie didattiche, oltre a permettere l’apprendimento degli studenti con DSA, ha una ricaduta positiva sull’intero gruppo-classe. Il lavoro del Comitato Scuola A.I.D. è stato indirizzato a “organizzare” un “modello” che potesse trovare la sua applicazione nell’ambito della Scuola con l’intento di portare la propria esperienza “di vita” del mondo della dislessia, sia in termini di scelte didattiche, sia in termini di implicazioni emotivo-motivazionali che tale difficoltà comporta. Il “modello PDP che ne è scaturito può inserirsi positivamente fra le tante proposte di “modelli” analoghi che sono stati offerti da Uffici Scolastici Provinciali e Regionali o gruppi di docenti, senza voler affermare nessuna superiorità di un modello rispetto ad un altro. I docenti delle singole Istituzioni Scolastiche, dopo averne preso visione e dopo riflessione collettiva, potranno scegliere, nella gamma di “modelli” offerta, quello che meglio si adatterà alla propria realtà scolastica. Comitato Scuola AID 2010 PDP: origini. Il Piano Didattico Personalizzato è la diretta e coerente conseguenza della normativa scolastica degli ultimi decenni nella quale è stata posta, con sempre maggiore forza, attenzione alla realizzazione del successo nell’apprendimento e alle problematiche dell’abbandono scolastico. Le sue radici possono essere individuate nel primo accenno teorico-indicativo della personalizzazione dell’apprendimento che si ritrova nell'art. 21 della legge 15 marzo1997, n°59 nel quale “si permette” alle scuole, per tutti gli studenti, di “concretizzare gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali tesi alla realizzazione del diritto di apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni; che riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo” Nel DPR 1999 N°275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, all’art.4 Autonomia didattica, si legge: 1. Le istituzioni didattiche riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo. 2. Le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento. A tal fine possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune … e tra l’altro: (.) anche l’attivazione di percorsi didattici individualizzati. Al centro della legge 53/2003 (riforma Moratti) è presente il concetto di personalizzazione e nelle Indicazioni per il Curriculo, 2007 “la scuola è chiamata a realizzare percorsi formativi sempre più rispondenti alle inclinazioni personali degli studenti nella prospettiva di valorizzare gli aspetti peculiari della personalità di ognuno” Oggi con il Piano Didattico Personalizzato si è passati dalle semplici indicazioni di indirizzo ad un percorso per la sua realizzazione pratica. Che cos’è il PDP? Analizziamo le parole che compongono la definizione di Piano Didattico Personalizzato: PIANO: è “studio mirante a predisporre un'azione in tutti i suoi sviluppi”: un programma, un progetto, una strategia. DIDATTICO: lo scopo della didattica è il miglioramento: • dell'efficacia e soprattutto dell'efficienza dell'apprendimento dell‘allievo, che comporta , quindi, una diminuzione dei tempi di studio e del dispendio di energie • dell‘ efficacia e dell'efficienza dell'insegnamento del docente. PERSONALIZZATO: indica la diversificazione delle metodologie, dei tempi, degli strumenti nella progettazione del lavoro della classe (C.M. n 4099 del05/10/2004 e n.4674 del 10/05/2007 per studenti dislessiciart_10_DPR_122_giugno2009.–Circ. MIUR 28.5.2009) “Con la personalizzazione si persegue l’obiettivo di raggiungere i medesimi obiettivi attraverso itinerari diversi. Questa strategia implicala messa a punto di nuove forme di organizzazione didattica e di trasmissione dei processi del “sapere” e del “saper fare” in modo da predisporre piani di apprendimento coerenti con le capacità, i ritmi e i tempi di sviluppo degli alunni”.(G. Chiosso, La personalizzazione dell’apprendimento) Nel D.P.R. 275/1999,all’ art.4.2 il Regolamento dell’autonomia scolastica offre lo strumento della flessibilità,(“le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune”). Tale flessibilità non è solo nei calendari, negli orari, nei raggruppamenti degli alunni, nell’adeguamento alle esigenze delle realtà locali, ecc, ma è prevista anche in tutti gli aspetti dell’organizzazione educativa e didattica della Scuola e quindi va intesa come personalizzazione educativa e didattica, come personalizzazione degli obiettivi formativi e come personalizzazione dei percorsi formativi. In definitiva il PDP è un piano didattico pensato e applicabile per gli alunni con DSA, nei quali la difficoltà non è nella capacità di apprendimento, ma nelle abilità di utilizzare i normali strumenti per accedere all’apprendimento, abilità che possono e devono essere supportate, secondo la normativa vigente, per il raggiungimento del successo formativo. Il PDP è un contratto fra docenti, Istituzione Scolastiche, Istituzioni SocioSanitarie e famiglia per individuare e organizzare un percorso personalizzato, nel quale devono essere definiti i supporti compensativi e dispensativi che possono portare alla realizzazione del successo scolastico deglialunni DSA. Chi lo redige? Il team dei docenti o il consiglio di classe, acquisita la diagnosi specialistica di DSA, redige il Piano Didattico Personalizzato. La redazione del documento prevede una fase preparatoria d’incontro e di dialogo tra docenti, famiglia e specialisti nel rispetto dei reciproci ruoli e competenze. Le scuole, nell’ambito dell’autonomia di cui al D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275, e gli insegnanti, nell’ambito della libertà di insegnamento garantita dalla Costituzione, sono liberi nell’individuazione delle modalità di insegnamento più idonee a corrispondere alle necessità di ciascun allievo, ivi compresi gli strumenti compensativi e dispensativi per gli allievi con DSA. Quando viene redatto? La sua redazione avviene: • all’inizio di ogni anno scolastico entro i primi due mesi per gli studenti già segnalati • su richiesta della famiglia in possesso di segnalazione specialistica. L’iter classico per giungere alla compilazione del PDP è il seguente. : • acquisizione della segnalazione specialistica; • incontro di presentazione tra: il coordinatore della classe, la famiglia dello studente, il Dirigente Scolastico e/o il referente DSA per la raccolta delle informazioni. (verbalizzazione da parte del coordinatore); • accordo tra i docenti per la sua predisposizione e per la distribuzione della modulistica da compilare (ad es. nel C.d.C. di Ottobre) • stesura finale e sottoscrizione del documento (docenti e genitori dello studente). (successivo C.d.C. di Novembre). Il PDP deve essere verificato due o più volte l’anno a cura del team dei docenti o del Consiglio di Classe ( per es. in sede di scrutini). Come viene redatto? La redazione deve contenere e sviluppare i seguenti punti: 1. dati relativi all’alunno 2. descrizione del funzionamento delle abilità strumentali 3. caratteristiche del processo di apprendimento 4. strategie per lo studio – strumenti utilizzati 5. individuazione di eventuali modifiche all’interno degli obiettivi disciplinari per il conseguimento delle competenze fondamentali 6. strategie metodologiche e didattiche adottate 7. strumenti compensativi 8. criteri e modalità di verifica e valutazione 9. assegnazione dei compiti a casa e rapporti con la famiglia 1. Dati relativi all’alunno Nel riquadro relativo a questa voce si devono riportare: • i dati dell’alunno integrati e completati con le indicazioni fornite: • da chi ha redatto la segnalazione, • dalla famiglia, • dal lavoro di osservazione condotto a scuola. • le specifiche difficoltà individuate che l’allievo presenta • i suoi punti di forza. 2. Descrizione del funzionamento delle abilità strumentali Nelle Istituzioni Scolastiche sarebbe molto importante, e soprattutto indice di alta professionalità, realizzare processi di monitoraggio dell’apprendimento strumentale della lettura, scrittura e calcolo, utilizzando adeguati strumenti di verifica e osservazioni attente che possano fornire informazioni specifiche sul livello di acquisizione e di automatizzazione raggiunto da ogni studente in queste abilità strumentali di base (lettura, scrittura, calcolo). Oltre che da prove e osservazioni sistematiche eseguite in classe, i livelli di efficienza raggiunti in tali abilità possono essere ricavati anche da informazioni che provengono dalla diagnosi specialistica. La lettura è un processo complesso che comprende: • una componente strumentale decifrativa, caratterizzata dalla capacità di trasformare una sequenza ordinata di segni grafici nei corrispondenti suoni, denominando , infine, le parole in modo corretto e veloce, • una componente legata alla comprensione, cioè alla capacità di ricostruire il significato di quanto letto. Proprio per il rilievo che il “saper leggere” assume nello sviluppo di ciascun alunno l’ IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement)PIRLS (Progress in International Reading Literacy Study 2006) conduce un ciclo regolare di studi sulla competenza di lettura e sui fattori associati alla sua acquisizione in vari paesi del mondo. Le indagini internazionali PISA, nate nel 2000, con l’intento di misurare e comparare le competenze nella lettura (reading literacy), di un campione rappresentativo di studenti quindicenni, definiscono questa competenza come “ La capacità di un individuo di comprendere, di utilizzare e di riflettere su testi scritti al fine di raggiungere i propri obiettivi, di sviluppare le proprie conoscenze e le proprie potenzialità e di svolgere un ruolo attivo nella società (.)Gli studenti non sono valutati sulle abilità di lettura di base, che a quindici anni si considerano di fatto acquisite. Ci si aspetta, piuttosto, che essi dimostrino una competenza in processi quali individuare informazioni, comprendere il significato più ampio e generale di un testo, svilupparne un’interpretazione e riflettere sui suoi aspetti contenutistici e sulle sue caratteristiche formali” (OCSE-PISA,2009 ). L’ INVALSI, per la prima volta nell’anno 2009 e successivamente anche per le prove relative all’ anno 2010, ha introdotto nelle prove per la rilevazione degli apprendimenti nell’ambito dell’Italiano una prova preliminare di velocità di lettura, per la classe seconda della scuola primaria. Nella descrizione della rilevazione degli apprendimenti dell’INVALSI 2008-2009, si legge: “Questa prova (preliminare di velocità di lettura) comprende 40 quesiti, ciascuno dei quali formato da una parola scritta seguita da una serie di quattro figure, tra cui l’alunno deve indicare quella corrispondente alla parola che le precede. Il tempo per leggere le 40 parole e scegliere la figura corrispondente è stato previsto in due minuti, tempo necessario per svolgere la prova ad un bambino di seconda elementare in grado di leggere scorrevolmente. (Si annota che tale tempo era stato precedentemente verificato dai ricercatori INVALSI su alcuni alunni di seconda elementare cui la prova è stata individualmente somministrata). Il solo scopo di tale prova, che non prevede l’assegnazione di alcun punteggio, è di verificare quale percentuale di alunni non abbia ancora raggiunto un sufficiente grado di automatismo nella decodifica di parole scritte, misurata dal numero di parole lette nel tempo assegnato. Tale capacità strumentale di lettura – viene definita nella relazione - un indispensabile pre-requisito per lo sviluppo della capacità di comprensione”. In realtà i due processi di decodifica e di comprensione sono distinti, pertanto una decodifica problematica non comporta necessariamente una scarsa comprensione. Al contrario, la difficoltà a comprendere in modo adeguato il significato di un testo potrebbe essere presente in studenti che hanno una abilità di decodifica perfettamente nella norma. Gli studenti con diagnosi di dislessia hanno difficoltà nella lettura decifrativa, pertanto l’utilizzazione di strumenti compensativi è fondamentale per bypassare le problematiche legate alla decodifica, permettendo loro di raggiungere il vero obiettivo della lettura che è la comprensione. La scrittura strumentale è costituita dalle seguenti componenti: • l’aspetto grafico, cioè relativo alla corretta costruzione del segno grafico • l’aspetto ortografico. Tuttavia la grafia e l’ortografia sono elementi solo parziali del processo di scrittura in quanto ci sono altri aspetti più importanti da prendere in considerazione. Nelle Indicazioni per il Curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di Istruzione (MPI,2007) si afferma “L'acquisizione della competenza strumentale della scrittura, entro i primi due anni di scuola, non esaurisce la complessità dell’insegnare e dell’imparare a scrivere testi. Vista nel suo compiersi, la scrittura di un testo si presenta come un processo complesso nel quale si riconoscono fasi, dall’ideazione agli abbozzi di pianificazione, alla prima stesura, alla revisione, ecc.. Ogni fase richiede specifiche strategie di apprendimento, sempre aperte alla creatività e all’imprevedibilità degli apporti individuali degli allievi “ Nel Fascicolo Invalsi e Accademia della Crusca, 2008 “La valutazione della prima prova dell’esame di stato”, la scrittura è definita come competenza testuale e più precisamente viene intesa come “la capacità di intendere e produrre messaggi (orali, scritti o trasmessi con altri mezzi) che, in una determinata situazione comunicativa, realizzino pienamente il passaggio intenzionale di informazioni tra emittente e ricevente”. Nello stesso fascicolo si precisa che la capacità di comporre un testo scritto può essere descritta e misurata attraverso indicatori, costituiti da quattro specifiche competenze: 1. la capacità di realizzare un testo come struttura coerente e coesa, adeguata per assetto formale e caratteri complessivi alla finalità comunicativa (competenza testuale); 2. l’uso corretto delle strutture del sistema linguistico (competenza grammaticale); 3. l’ampiezza e l’uso semanticamente appropriato del patrimonio lessicale (competenza semantica); 4. la capacità, sostenuta dall’insieme delle suddette competenze, di reperire ed elaborare idee e argomenti per un determinato discorso (competenza ideativa). Ciascuna di queste competenze è a sua volta analizzabile mediante descrittori essenziali: la “correttezza ortografica” è presente tra quelli della competenza grammaticale. In questo documento inoltre si fa riferimento anche alla “ grafia” e alle sue problematiche, dichiarando che “i fatti grafici sono esclusi dalla valutazione ..”. Gli studenti con diagnosi di disortografia e/o disgrafia con l’ausilio di strumenti compensativi e/o di misure dispensative (computer, correttore ortografico, ….) possono raggiungere l’obiettivo vero del “saper scrivere” che consiste nella capacità di esprimere e interpretare concetti, pensieri, fatti e opinioni, relazionarsi e interagire con gli altri. Per quanto riguarda l’abilità strumentale del calcolo nelle Indicazioni per il Curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di Istruzione (MPI,2007) si legge: “Caratteristica della pratica matematica è la risoluzione di problemi, che devono essere intesi come questioni autentiche e significative, legate spesso alla vita quotidiana, e non solo esercizi a carattere ripetitivo o quesiti ai quali si risponde semplicemente ricordando una definizione o una regola. In particolare nella scuola secondaria di primo grado si svilupperà un’attività più propriamente di matematizzazione, formalizzazione, generalizzazione. L’alunno analizza le situazioni per tradurle in termini matematici, riconosce schemi ricorrenti, stabilisce analogie con modelli noti, sceglie le azioni da compiere (operazioni, costruzioni geometriche, grafici, formalizzazioni, scrittura e risoluzione di equazioni,…) e le concatena in modo efficace al fine di produrre una risoluzione del problema.(.) L’uso consapevole e motivato di calcolatrici e del computer deve essere incoraggiato opportunamente fin dai primi anni della scuola primaria, ad esempio per verificare la correttezza di calcoli mentali e scritti e per esplorare i fenomeni del mondo dei numeri e delle forme. Di estrema importanza è lo sviluppo di un atteggiamento corretto verso la matematica, inteso anche come una adeguata visione della disciplina, non ridotta a un insieme di regole da memorizzare e applicare, ma riconosciuta e apprezzata come contesto per affrontare e porsi problemi significativi e per esplorare e percepire affascinanti relazioni e strutture che si ritrovano e ricorrono in natura e nelle creazioni dell’uomo.”. Il traguardo delle competenze da raggiungere nei diversi gradi di scuola nella matematica è quello di comprendere che gli strumenti matematici sono utili per operare nella realtà quotidiana e in quella specifica delle discipline tecnico- scientifiche e che “gli aspetti algoritmici applicativi ed esecutivi, che pure costituiscono una componente irrinunciabile della disciplina matematica, non dovrebbero essere considerati fine a se stessi” (Quadro di riferimento di matematica: Prova Nazionale INVALSI dell’esame finale del primo ciclo 2009) Le abilità numeriche e di calcolo sono quindi distinte dalle abilità logicomatematiche impegnate nella soluzione dei problemi. Gli alunni con diagnosi di discalculia, pur essendo in possesso di capacità logicomatematiche, avrebbero la strada preclusa per il raggiungimento di questo obiettivo senza la possibilità di utilizzare strumenti compensativi e/o misure dispensative, che gli permettano di aggirare le difficoltà legate alle abilità numeriche e di calcolo. 3. Caratteristiche del processo di apprendimento Nelle diverse materie o nei diversi ambiti di studio vanno individuati gli effettivi livelli di apprendimento raggiunti. A questo proposito si deve porre particolare attenzione sulle strategie utilizzate dall’alunno nel suo processo di acquisizione e di studio ed effettuare osservazioni sistematiche sul modo di procedere dello studente. Le strategie utili devono essere incoraggiate, mentre si deve far prendere consapevolezza di quelle disfunzionali. Molto spesso si nota che i ragazzi non si servono di supporti che pure possiedono (consultare schemi predisposti per attivare la memoria; utilizzare strategie non efficaci per affrontare la produzione del testo scritto: es.: mettersi a scrivere immediatamente senza predisporre un piano con la rappresentazione delle idee che si intendono comunicare, oppure utilizzando mappe come aiuto durante la fase di stesura del testo.). L’osservazione del processo di apprendimento degli alunni comporterebbe una ricaduta positiva nella scuola con l’attivazione di percorsi sistematici, espliciti e continui di riflessione sulle possibili strategie di studio da sperimentare per favorire la scoperta e la successiva costruzione del proprio modo di imparare. 4. Individuazione di eventuali modifiche all’interno degli obiettivi disciplinari per il conseguimento delle competenze fondamentali. Pensare alla individuazione di modifiche negli obiettivi disciplinari vuol dire considerare l’insegnamento non come accumulo di nozioni, di memorizzazioni di regole, di semplice esposizione di contenuti immagazzinati, ma come capacità • di sollecitare processi di apprendimento significativo, • di favorire la ristrutturazione attiva della mappa personale, • di sostenere la disponibilità al compito, • di stimolare il coinvolgimento cognitivo e affettivo degli alunni. Le modifiche possono riguardare aspetti marginali degli obiettivi disciplinari che non interferiscono con l’acquisizione di competenze fondamentali. Il modo particolare di apprendere degli alunni con DSA, deve essere uno stimolo a creare ambienti di apprendimento in grado di promuovere aspetti motivazionali, affettivi e relazionali, processi cognitivi e metacognitivi che sono alla base dell’apprendimento significativo . Possiamo fare un esempio di modifica nell’ambito di un obiettivo disciplinare: “una scrittura ortograficamente corretta”. Un alunno disortografico non sarebbe in grado di scrivere in modo “ortografico” e dovrebbe impiegare la maggior parte delle sue risorse a cercare di evitare di scrivere facendo errori: tutto avverrebbe a scapito del contenuto e della parte elaborativa del testo scritto. Di conseguenza si dovrà puntare sulle altre capacità da mettere in gioco per realizzare un testo scritto: ciò si può realizzare impostando un intervento didattico, che bypassando il problema ortografico, tenda a facilitare la parte comunicativa del testo, cercando di separare le complesse operazioni di pensiero implicate nella costruzione del testo scritto (ideazione, stesura, revisione). In altre parole si può fornire un aiuto invitando lo studente inizialmente a concentrarsi nella ricerca delle idee da inserire nel compito, a esporle oralmente man mano che si concretizzano e infine a fissarle appuntandole su foglietti staccati o post-it. Una volta trovate le idee (le “cose da dire”), lo si invita a passare ad una seconda fase: costruire con parole-chiave le parti del testo e infine a utilizzare i foglietti o post-it, per inserire le idee e dare loro successione e interconnessione. La possibilità di rendere marginale l’impegno dello studente sulla componente ortografica e lo scindere tra loro le operazioni di costruzione che vengono svolte in tempi successivi, senza accavallarsi e confondersi tra loro, determina una riduzione della complessità di esecuzione e libera la capacità di esprime le proprie idee. In questo caso l’obiettivo curricolare “saper scrivere testi in modo ortograficamente corretto”, viene modificato in “saper scrivere testi”: così, pur non raggiungendo l’obiettivo disciplinare nella sua completezza, si può rendere possibile il conseguimento della competenza fondamentale relativa alla scrittura: “saper comunicare”. E’ da rimarcare che l’attuazione di un metodo facilitante per la compilazione di un testo scritto non deve essere offerta separatamente all’alunno con DSA, ma deve essere rivolta contemporaneamente a tutto il gruppo-classe nel quale la ricaduta non potrà essere altro che positiva. Questo è un esempio di come la presenza di un alunno DSA in un gruppo-classe può essere un valore aggiunto, in quanto occasione di approfondimento di metodologie didattiche che risultano essere un vantaggio per tutti . 5. Strategie metodologiche e didattiche utilizzabili Per ciascuna materia o ambito di studio vanno individuate le metodologie più adatte ad assicurare l’apprendimento dell’allievo in relazione alle sue specifiche condizioni. Un'ampia varietà di strategie può aiutare a valorizzare i punti forti riducendo le difficoltà degli studenti (Tomlinson, 2003). La decisione di utilizzare una strategia, piuttosto che un'altra, dipende dal contenuto e dai bisogni concreti degli alunni. Al fine di contestualizzare le norme generali indicate nelle circolari ministeriali in materia di strumenti dispensativi e compensativi da adottare nei confronti di allievi con DSA e di adattarle al percorso scolastico dell’allievo, deve essere fatta la riflessione su chi apprende, sulla didattica, sulle strategie adeguando e utilizzando: • metodologie didattiche • flessibilità didattica • apprendimento cooperativo Le metodologie didattiche devono essere volte a: • ridurre al minimo i modi tradizionali “di fare scuola” (lezione frontale, completamento di schede che richiedono ripetizione di nozioni o applicazioni di regole memorizzate, successione di spiegazione-studio- interrogazioni… ). • favorire attività nelle quali i ragazzi vengano messi in situazione di conflitto cognitivo con se stessi e con gli altri • sfruttare i punti di forza di ciascun alunno, adattando i compiti agli stili di apprendimento degli studenti e dando varietà e opzioni nei materiali e nelle strategie d’insegnamento • utilizzare mediatori didattici diversificati (mappe, schemi, immagini) • stimolare il recupero delle informazioni tramite il braistorming • collegare l’apprendimento alle esperienze e alle conoscenze pregresse degli studenti • favorire l’utilizzazione immediata e sistematica delle conoscenze e abilità, mediante attività di tipo laboratoriale. • sollecitare la rappresentazione di idee sotto forma di mappe da utilizzare come facilitatori procedurali nella produzione di un compito. • ridurre il carico esecutivo implicato nella realizzazione di un compito. • Sollecitare la motivazione nello studente , facendogli percepire di avere la capacità di raggiungere un obiettivo e di poter svolgere un compito. La flessibilità didattica è da intendersi come capacità da parte del docente, sia in fase di progettazione che durante il percorso didattico, di adattare l’insegnamento alle reali possibilità di apprendimento di ogni studente. Lo strumento della flessibilità può essere determinante nel conseguimento degli obiettivi indicati nelle Raccomandazioni del Parlamento Europeo e del Consiglio,2006 “Le competenze-chiave per l’apprendimento permanente - Un quadro di riferimento Europeo”:, che individua nella competenza-chiave “ Imparare ad imparare” questi elementi: • la consapevolezza del proprio processo di apprendimento e dei propri bisogni • l’identificazione delle opportunità disponibili • la capacità di sormontare gli ostacoli per apprendere in modo efficace. • la consapevolezza delle proprie strategie di apprendimento, dei punti di forza e dei punti di debolezza delle proprie abilità • la capacità di perseverare nell’apprendimento • la capacità di organizzare il proprio apprendimento anche mediante una gestione efficace del tempo e delle informazioni, sia a livello individuale che in gruppo. Gli obiettivi dell’apprendimento cooperativo si individuano in: • interdipendenza positiva: il contributo di ciascuno è complementare e necessario e gli studenti sono corresponsabili del loro apprendimento. • responsabilità individuale: impegno e motivazione nel lavoro • interazione simultanea : gli studenti apprendono in modo più efficace quando sono elementi attivi del gruppo e condividono opinioni e idee, risolvendo insieme situazioni problematiche. Si impara se si lavora insieme per portare a termine compiti in modo cooperativo, perché si realizza la costruzione condivisa, interattiva e sociale del sapere. Tale impostazione metodologica comporta una modifica del: • ruolo dello studente che diventa costruttore di conoscenze, esplora il sapere ed è invitato a risolvere situazioni problematiche. • ruolo dell’insegnante che diventa quello di facilitatore e organizzatore delle attività di apprendimento. 6. Strumenti e misure di tipo compensativo e dispensativo La ricerca del miglioramento della padronanza delle abilità strumentali deve essere condotta nei limiti di ciò che è modificabile attraverso l’insegnamento e l’apprendimento, condizione che si verifica nella scuola primaria. Nella scuola secondaria ciò non è più modificabile e va “aggirato” con l’adozione di strumenti compensativi e misure di tipo dispensativo. Per ciascuna materia o ambito di studio vanno individuati gli strumenti compensativi e dispensativi necessari a sostenere l’allievo nell’apprendimento. “L’obiettivo di tali misure e strumenti è quello di mettere l’alunno con DSA sullo stesso piano dei suoi compagni, senza violare l’imparzialità “( G. Stella). Il primo strumento compensativo è “imparare ad imparare”; acquisire cioè un adeguato metodo di studio e la capacità di organizzarsi per portare a termine i propri compiti (Dislessia,Cornoldi,Tressoldi e altri: Il primo strumento compensativo per un alunno con dislessia: un efficiente metodo di studio, pag. 77-87, genn. 2010) Tra gli strumenti compensativi un grande rilievo viene attribuito alle nuove tecnologie. Gli strumenti tecnologici, infatti, semplificano l’attività svolgendo una serie di operazioni automatiche che l’alunno dislessico ha difficoltà a eseguire. L’uso del computer non deve essere un marcatore di differenza, ma uno strumento di lavoro tanto a livello individuale che a livello di gruppo. In Finlandia il ricorso a tecnologie, nell’ambito scolastico, è considerato un’occasione per predisporre materiale che porti ad un rinnovamento delle prassi didattiche. In Information Strategy for Education and Resarch 2000-2004 del Ministero Finlandese dell’Educazione si legge: “L’obiettivo è quello di assicurare un insegnamento di alta qualità, di favorire l’azione comune, l’interazione, un’espressione personale aperta e flessibile nonché l’esercizio di specifiche competenze” L’apporto della tecnologia nelle scuole permette un arricchimento nel modo di “fare scuola,” inducendo un cambiamento degli approcci didattici tradizionali e creando modelli didattici più innovativi (es.: l’apprendimento assistito dal computer si è rivelato efficace perché, aumentando la motivazione e l’interesse per lo studio, favorisce l’utilizzazione di strategie di lavoro più complesse). 7. Criteri e modalità di verifica e valutazione Nell’adottare criteri e modi di verifica è opportuno riflettere se la valutazione deve essere “dell’apprendimento” o “per l’apprendimento”. La valutazione dell’apprendimento è abbastanza facilmente comprensibile e ha un valore essenzialmente certificativo (con la sua scala di positività) o sanzionatorio di insufficienza. La valutazione per l’apprendimento presuppone “tutte quelle attività intraprese dagli insegnanti e/o dagli alunni, che forniscono informazioni da utilizzare come feedback per modificare le attività di insegnamento/apprendimento in cui sono impegnati (Black and Wiliam, 1998). Pertanto la valutazione per l’apprendimento, pur non essendo esente da un suo valore certificativo, ha soprattutto un valore formativo. Infatti è dimostrato che la valutazione per l’apprendimento è uno degli strumenti più efficaci per migliorare i risultati degli studenti, riuscendo anche ad innalzarne i livelli di competenza. Nella valutazione per l’apprendimento riveste un ruolo significativo anche l’autovalutazione dello studente che deve essere coinvolto nella progettazione e nel monitoraggio del proprio percorso di apprendimento (contratti educativi, rilettura metacognitiva del proprio apprendimento: Perché ho imparato? Cosa posso fare per riuscire in questo specifico compito,? Quale tipo di strategie posso utilizzare per superare queste difficoltà?....) Usare il dialogo come modalità di valutazione comporta la possibilità di individuare i punti di forza, i bisogni di apprendimento di ciascuno, le modalità disfunzionali di procedere in un compito. Leadbeater sostiene che: “ coloro che imparano migliorano le loro prestazioni se sono continuamente aiutati e impegnati a definire i propri obiettivi, nell’elaborazione dei propri piani e scopi di apprendimento, scegliendo le strategie cognitive più efficaci. I nuovi approcci maturati nel campo della valutazione, per esempio la valutazione per l’apprendimento, si dimostrano a tale scopo particolarmente efficaci perché sono finalizzati soprattutto a stabilire l’efficacia dell’apprendimento, ossia ciò che è andato bene o male.” Se la valutazione deve servire ad evitare gli insuccessi ed a mettere gli alunni sempre nella condizione di apprendere, allora la valutazione nella scuola per la formazione di base deve essere sempre valutazione formativa: deve valutare per educare, non per sanzionare, non per punire, non per far ripetere i percorsi sia durante l’anno scolastico che in quello successivo. “Valutare per educare” vuol dire attivarsi per ricercare quali siano le strategie educative più efficaci e metterle continuamente a punto. Nello stesso tempo essa implica di valutare la valutazione: cioè di effettuare costantemente una verifica di quanto gli attuali strumenti di valutazione abbiano contribuito a migliorare i processi ed i risultati dell’apprendimento. Dal punto di vista operativo i docenti dovranno specificare nel PDP le modalità attraverso le quali intendono valutare i livelli di apprendimento nelle diverse discipline o ambiti di studio. Nello stesso tempo dovrà essere esclusa la valutazione degli aspetti che costituiscono il disturbo stesso (ad esempio negli allievi disgrafici o disortografici non sarà valutata la correttezza ortografica e sintattica in tutte le materie disciplinari ). Nella C.M. 4674 del 10 maggio 2007 si parla della valutazione per gli studenti con DSA “(.)In tutti i casi in cui le prove scritte interessino lingue diverse da quella materna e non si possono dispensare gli studenti dalla loro effettuazione, gli insegnanti vorranno riservare maggiore considerazione per le corrispondenti prove orali come misura compensativa dovuta” Nel DPR N. 122 “La valutazione concorre, con la sua finalità anche formativa e attraverso l’individuazione delle potenzialità e delle carenze di ciascun alunno, ai processi di autovalutazione degli alunni medesimi, al miglioramento dei livelli di conoscenza e al successo formativo”. 8. Patto con la famiglia Il PDP, una volta redatto, deve essere consegnato alle famiglie , anche per consentire l’attivazione di indispensabili sinergie tra l’azione della scuola, l’azione della famiglia, l’azione dell’allievo. Tutti i protagonisti del processo devono potersi applicare al raggiungimento di obiettivi comuni e condivisi e secondo modalità integrate, evitando fraintendimenti, dispersione di forze, contraddittorietà, improvvisazione. Nella progettazione del PDP dovranno essere indicate le modalità di accordo tra i docenti e la famiglia. In particolare andranno considerati i seguenti elementi: • assegnazione dei compiti a casa e modalità su come vengono assegnati (con fotocopie, con nastri registrati, ...) • quantità di compiti assegnati (tenendo conto che i ragazzi con DSA sono lenti e fanno molta più fatica degli altri occorre selezionare gli aspetti fondamentali di ogni apprendimento) • scadenze con cui i compiti vengono assegnati, evitando sovrapposizioni e sovraccarichi. • modalità di esecuzione e presentazione con cui il lavoro scolastico a casa può essere realizzato (uso di strumenti informatici, presentazioni di contenuti appresi con mappe, powerpoint …) Perché le famiglie acquisiscano fiducia nel ruolo della scuola, è di importanza fondamentale, costruire con essa legami significativi, comunicando ai genitori i progressi (anche minimi) rilevabili solo in un continuo monitoraggio del processo di apprendimento di ogni studente. Il PDP deve avvalersi quindi della partecipazione diretta della famiglia e dell’allievo, ovviamente in età adeguata, per consentirgli di sviluppare piena consapevolezza delle proprie peculiari modalità di “funzionamento” , per renderlo parte attiva nel processo di apprendimento , per dargli la percezione di possedere la capacità di poter raggiungere un obiettivo ed essere in grado di svolgere un compito. È inoltre di notevole supporto psicologico per le famiglie far comprendere che, per i ragazzi con DSA, è possibile costruire un progetto scolastico e di vita di successo (ad esempio la possibilità di continuare gli studi universitari, d’intraprendere un percorso lavorativo gratificante …, nonostante le difficoltà ) Perché viene redatto? Nella normativa vigente relativa alle modalità di svolgimento degli esami di stato si fa specifico riferimento alla segnalazione diagnostica, alla adozione di strumenti compensativi e dispensativi utilizzati nel corso dell’anno, alla valutazione e verifica degli apprendimenti tenendo conto delle specifiche situazioni soggettive, ecc. A tale scopo si citano alcuni passi della normativa: - OM n° 30 del 10/03/2008 "Istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli Esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore nelle scuole statali e non statali. Anno scolastico 2007/2008". - CM n°54 del 26 maggio 2008 “Esami di stato Secondaria di Primo Grado anno scolastico 2007/2008 - prova scritta a carattere nazionale” CANDIDATI CON DIFFICOLTA' SPECIFICHE DI APPRENDIMENTO: “I candidati con diagnosi specifica di dislessia o di altri disturbi specifici di apprendimento sosterranno la prova nazionale con l’ausilio degli strumenti compensativi utilizzati durante l’anno. Per lo svolgimento della prova è previsto un tempo aggiuntivo stabilito dalla commissione.” - Decreto del Presidente della Repubblica n° 122 del 22 giugno 2009 ,Art. 10 – Valutazione degli alunni con difficoltà specifica di apprendimento (DSA): “Per gli alunni con difficoltà specifiche di apprendimento (DSA) adeguatamente certificate, la valutazione e la verifica degli apprendimenti, comprese quelle effettuate in sede di esame conclusivo dei cicli, devono tener conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni. A tali fini, nello svolgimento dell’attività didattica e delle prove d’esame, sono adottati, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, gli strumenti metodologico-didattici compensativi e dispensativi ritenuti più idonei. Nel diploma finale rilasciato al termine degli esami non viene fatta menzione delle modalità di svolgimento e della differenziazione delle prove”. Pertanto la stesura del PDP per gli alunni DSA, oltre ad essere un atto dovuto perché presente nella normativa, sul piano pratico la sua redazione e monitoraggio nel tempo rappresenta un documento vincolante nell’ambito degli esami di stato e di passaggio per l’applicazione delle deroghe compensative e dispensative previste. Sul piano professionale è anche stimolo per i docenti e per le istituzioni scolastiche per perseguire obiettivi di alto valore pedagogico ed educativo: - condividere la responsabilità educativa con la famiglia, - documentare per decidere e/o modificare strategie didattiche, - favorire la comunicazione efficace tra diversi ordini di scuola, - riflettere sull’importanza dell’osservazione sistematica dei processi di apprendimento dell’alunno, - ripensare le pratiche didattiche per migliorarle, - creare ambienti costruttivi, collaborativi, attivi, cioè ambienti per l’apprendimento che favoriscano la curiosità intellettiva e dove sia presente un clima emozionale positivo. Bibliografia 1. Chiosso G., La personalizzazione dell’insegnamento, saggio pubblicato sul sito ADI,2010 2. Cornoldi,Tressoldi e altri: Il primo strumento compensativo per un alunno con dislessia: un efficiente metodo di studio, pag. 77-87, Dislessia genn. 2010 3. Cantoia M., Carruba L., Colombo B., Apprendere con stile, Roma, Carocci 2004 4. Cisotto, Didattica del testo, Carrocci editore, 2006 5. Dehaene S. I neuroni della lettura, Raffaello Cortina Editore 2009 6. Gentile M., Insegnare alla classe e personalizzare l’apprendimento. L’Educatore, 55,pp.13-16, 2007. 7. Scalisi T.G.,Pelagaggi D. e Fanini S. Apprendere la lingua scritta: le abilità di base, Carocci 2003 8. Stella G., La dislessia. Aspetti clinici, psicologici e riabilitativi,Milano, FrancoAngeli 1996 9. Stella G.,Di Blasi F.,Giorgetti W. E Savelli E., La valutazione della dislessia, Enna, Città Aperta 2003 10. Passolunghi M.C, De Beni R. I test per la scuola. La valutazione psicologica e educativa degli apprendimenti scolastici, Il Mulino 2001 11. SINPIA Linee guida per il DDAI e i DSA, , Erickson,2006 12. Tressoldi P.E.,Vio C “E’ proprio così difficile distinguere difficoltà da disturbo di apprendimento?”,”Dislessia”,vol.2, pp.139-146, 2008 13. Zoccolotti P.L.,Angelelli P., Judica A.e Luzzatti C, I disturbi evolutivi di lettura e scrittura, Carocci Faber 2005 14. Autori vari Personalizzare l’insegnamento, Il Mulino 2008 15. Ministero della Pubblica Istruzione ,Indicazioni per il curricolo per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo d'istruzione. Roma, settembre 2007. 16. “La valutazione della prima prova dell’esame di stato”; fascicolo Invalsi e Accademia della Crusca ,2008 ( www.invalsi.it) 17. Indagine OCSE-PISA,2009 ( www.invalsi.it) 18. Ricerca internazionale IEA-PIRLS 2006, La lettura nella scuola primaria, Armando Ed. 2008 ………………….., data……………… SCOLASTICO AL DIRIGENTE ……………………………………………….. . Istituto ……………………………………… Città ………………………………………….. P.c. Al Referente dislessia ……………………….. Al Doc.coordinatore del Consiglio di cl./ sez. ……………………………………………….. Oggetto: Richiesta di Percorso Personalizzato per lo studente…. Vista la Legge 170/2010 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico” (G.U. n.244 del 18/10/2010) e il D. M. attuativo del 21 luglio 2011 Viste le precedenti leggi, circolari e note ministeriali: DPR 1999 N°275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, all’art.4 Autonomia didattica Legge 53/2003 (riforma Moratti) Circ.prot. n. 4099/A/4 del 5/10/2004 Circ. prot n. 26/A 4 del 5/1/2005 Circ. prot. n° 4798/ A4a del 27/7/2005 Indicazioni per il Curriculo, 2007 Circ. prot. n. 4674 del 10/05/2007 Legge 169/2008 conversione DL 137/08 Art. 3 comma 5 DPR 122/2009 art. 10 Noi sottoscritti……..………………………………………….., a seguito della presentazione della diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento di nostro figlio/a …………….iscritto/a alla classe …………sez… di codesto Istituto, protocollata in data………, chiediamo che sia redatto, per l’anno scolastico in corso, dai docenti/ Consiglio di Classe, un Percorso Personalizzato *, in cui siano indicati gli strumenti compensativi, le misure dispensative, le strategie didattiche/metodologiche di supporto, le forme di verifica e di valutazione adeguate alle sue necessità formative, da applicare per favorire il successo scolastico di nostro figlio. Chiediamo che tutti gli organi scolastici dell’Istituto pongano la massima attenzione su una delle novità normative più rilevanti contenute nella legge n. 170 dell’8.10.2010: l’esplicito riconoscimento, contenuto nell’art. 5, 1° comma, di un vero e proprio diritto degli studenti con diagnosi di DSA, a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di fessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari. Consapevoli dell’importanza di un rapporto collaborativo scuola - famiglia per il superamento delle difficoltà scolastiche legate ai D.S.A., siamo a disposizione, anche nella fase preparatoria del documento, per momenti d’incontro e di dialogo tra docenti, famiglia e specialisti nel rispetto dei reciproci ruoli e competenze. Chiediamo sin d’ora che ci sia consegnata copia del percorso personalizzato che sarà approvato e dichiariamo la disponibilità a rapportarci con i docenti tutte le volte che sarà necessario. Ringraziando per l’attenzione, porgiamo distinti saluti. ……………………………………………. ……………………………………………………. DIREZIONE DIDATTICA STATALE 1° CIRCOLO COMISO Via Degli Studi n. 22 – 97013 Comiso (RG) Tel. 0932-961655 Fax. 0932-731923 E-mail: [email protected] Sito web: primocircolocomiso.it Modello di PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO Anno Scolastico ……………… Scuola primaria………………………………………………… classe……….. Referente DSA o coordinatore di classe……………………………………… 1.DATI RELATIVI ALL’ALUNNO Cognome e nome Data e luogo di nascita Diagnosi specialistica 1 Redatta da …………… presso ….. in data ……………………. Interventi riabilitativi ………………………………………………………………… Effettuati da………..con frequenza ………….. Nei giorni ………… con orario ……………… Specialista/i di riferimento…………………. Eventuali raccordi fra specialisti ed insegnanti ………………………………………………………………………. Informazioni dalla famiglia Aspetti emotivo- affettivomotivazionali 2 - 3 Caratteristiche percorso didattico pregresso 4 Altre osservazioni 5 Note 1. Informazioni ricavabili da diagnosi e/o colloqui con lo specialista 2. Relazionalità con compagni/adulti (sa relazionarsi/ interagire, partecipa agli scambi comunicativi) approccio agli impegni scolastici (è autonomo, necessita di azioni di supporto…) capacità organizzative (sa gestirsi, sa gestire il materiale scolastico, sa organizzare un piano di lavoro …) 3. Consapevolezza delle proprie difficoltà: ne parla, le accetta, elude il problema … 4. Documentazione del percorso scolastico pregresso attraverso colloquio e\o informazioni desunte da griglie osservative ( continuità con ordini o classi precedenti di scuola). 5. Rilevazione delle specifiche difficoltà che l’alunno presenta e dei suoi punti di forza. 2.DESCRIZIONI DEL FUNZIONAMENTO DELLE ABILITÀ STRUMENTALI (Le informazioni possono essere ricavate dalla diagnosi specialistica e/o da prove standardizzate eseguite in classe) Diagnosi Osservazione Diagnosi Osservazione Diagnosi Osservazione LETTURA Velocità Correttezza Comprensione SCRITTURA Tipologia errori dettato Produzione testi: . ideazione . stesura . revisione Grafia CALCOLO A mente Scritto ALTRI DISTURBI ASSOCIATI Note 1. Diagnosi specialistica Diagnosi Osservazione 2. Prove standardizzate e/o semistrutturate 3. Osservazione libera o sistematica (lettura subvocalica, segue con il dito, tempo impiegato in relazione alla media della classe nella lettura ….) 4. Schede di autovalutazione (come leggo … come scrivo … come studio …) 5. Livelli di competenza nella lettura e scrittura 6. Comprensione dei messaggi orali e scritti 7. Comprensione di tipologie di testi (comprensione letterale, inferenziale, costruttiva, interpretativa, analitica, valutativa) 8. Competenza linguistica (fonologica, lessicale, morfologica e sintattica) 9. Leggere e scrivere correttamente i numeri, imparare le tabelline, eseguire calcoli scritti … 3. CARATTERISTICHE DEL PROCESSO DI APPRENDIMENTO Osservazione Memorizzazione delle procedure Recupero delle informazioni Organizzazione delle informazioni Note Informazioni ricavabili da: colloquio con i genitori e osservazioni dei docenti 1. Capacità di memorizzare procedure (filastrocche, poesie, date, definizioni, termini specifici delle discipline, formule, strutture grammaticali, regole che governano la lingua, …) 2. Capacità di immagazzinare e recuperare le informazioni. 3. Interessi, predisposizioni e abilità particolari in determinate aree disciplinari. 4. a STRATEGIE UTILIZZATE DALL’ALUNNO NELLO STUDIO - Strategie utilizzate (sottolinea, identifica parole–chiave, fa schemi..) Modalità di affrontare il testo scritto (computer, schemi, correttore ortografico,…) Modalità di svolgimento del compito assegnato (ricorre all’insegnante per spiegazioni, ad un compagno, è autonomo,…) Riscrittura di testi con modalità grafica diversa 4. b STRUMENTI UTILIZZATI - Strumenti informatici Fotocopie adattate Schemi e mappe - Appunti scritti al PC Registrazioni Materiali multimediali Testi con immagini Testi con ampie spaziature Altro 5. INDIVIDUAZIONE DI EVENTUALI MODIFICHE ALL’INTERNO DEGLI OBIETTIVI DISCIPLINARI PER IL CONSEGUIMENTO DELLE COMPETENZE FONDAMENTALI AREA LINGUISTICO-ARTISTICO-ESPRESSIVA Italiano Inglese Musica Arte/immagine Scienze motorie Religione AREA STORICO-GEOGRAFICA Storia Geografia AREA MATEMATICO-SCIENTIFICO-TECNOLOGICA Matematica Scienze Tecnologia Note Dopo aver analizzato gli obiettivi disciplinari previsti per ogni ambito dalle Indicazioni Nazionali 2007 e il Curricolo di scuola elaborato all’interno del P.O.F , previsto dal DPR 275/99 Regolamento autonomia art.8, ogni istituzione scolastica è chiamata a realizzare percorsi formativi sempre più rispondenti alle inclinazioni personali dello studente… - nella prospettiva di valorizzare gli aspetti peculiari della sua personalità e della sua “diversità” - riproponendo contenuti con modalità e linguaggi differenti - individuando le abilità e le conoscenze non essenziali per il raggiungimento delle competenze. 6.STRATEGIE METODOLOGICHE E DIDATTICHE UTILIZZABILI - Incoraggiare l’apprendimento collaborativo (“Imparare non è solo un processo individuale: la dimensione comunitaria dell’apprendimento svolge un ruolo significativo”); - favorire le attività in piccolo gruppo e il tutoraggio; - promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere “al fine di imparare ad apprendere” - privilegiare l’apprendimento esperienziale e laboratoriale “per favorire l’operatività e allo stesso tempo il dialogo, la riflessione su quello che si fa”; - sollecitare le conoscenze precedenti per introdurre nuovi argomenti e creare aspettative; - sviluppare processi di autovalutazione e autocontrollo delle proprie strategie di apprendimento - individuare mediatori didattici che facilitano l’apprendimento (immagini, schemi, mappe …). 7.MISURE DISPENSATIVE Nell’ambito delle varie discipline l’alunno viene dispensato: - dalla presentazione contemporanea dei quattro caratteri (nelle prime fasi dell’apprendimento); - dalla lettura ad alta voce; - dal prendere appunti; - dai tempi standard (dalla consegna delle prove scritte in tempi maggiori di quelli previsti per gli alunni senza DSA); - dal copiare dalla lavagna; - dalla dettatura di testi/o appunti; - da un eccesivo carico di compiti; - dallo studio mnemonico delle tabelline; - dallo studio della lingua straniera in forma scritta. 8. STRUMENTI COMPENSATIVI L’alunno usufruirà dei seguenti strumenti compensativi nelle aree disciplinari: - tabelle, formulari, procedure specifiche … sintesi, schemi e mappe elaborati dai docenti - calcolatrice o computer con foglio di calcolo e stampante - computer con videoscrittura, correttore ortografico, stampante e scanner - risorse audio (cassette registrate, sintesi vocale, audiolibri, libri parlati, libri digitali …) - software didattici free - tavola pitagorica - computer con sintetizzatore vocale N.B. - Si ricorda che le strutture grafiche (tipo diagrammi e/o mappe) possono servire ai ragazzi con DSA per trasporre e organizzare le loro conoscenze. 9.CRITERI E MODALITÀ DI VERIFICA E VALUTAZIONE Si concordano: - interrogazioni programmate - compensazione con prove orali di compiti scritti - uso di mediatori didattici durante le prove scritte e orali - valutazioni più attente ai contenuti che non alla forma - programmazione di tempi più lunghi per l’esecuzione di prove scritte - prove informatizzate 10. PATTO CON LA FAMIGLIA Si concordano: - i compiti a casa (riduzione, distribuzione settimanale del carico di lavoro, modalità di presentazione …) - le modalità di aiuto: chi, come, per quanto tempo, per quali attività/discipline segue il bambino nello studio - gli strumenti compensativi utilizzati a casa - le interrogazioni Insegnanti di classe _____________________________ _____________________________ _____________________________ Genitori _____________________________ _____________________________ Dirigente scolastico _________________________ Tecnico competente (se ha partecipato alla stesura del documento) _____________________________ ADHD Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) è un disturbo infantile di origine neurobiologica, complesso e problematico, purtroppo ancora poco noto nel nostro Paese. È una malattia che invade tutte le sfere del vivere, infatti i bambini che ne sono affetti non riescono a controllare le loro risposte all’ambiente; sono disattenti, iperattivi e impulsivi, fino a compromettere la loro vita di relazione e scolastica. L’ADHD non è un disturbo solamente pediatrico, poiché da esso non si guarisce totalmente; infatti chi ne è affetto da bambino si porterà dietro la malattia anche in età adulta. In Italia curare adeguatamente un bambino affetto da ADHD oggi ha ancora i suoi limiti. Le ragioni vanno cercate principalmente nella difficoltà diagnostica. Si tratta infatti di un disturbo i cui sintomi possono essere da un lato avvicinabili ad altre patologie associati a situazioni sociali o ambientali disagiate, e dall’altro essere suscettibili di modificazioni che evolvono con la crescita del bambino e dell’adolescente. Anche la presenza ridotta sul territorio di risorse mediche adeguatamente formate nel percorso diagnostico–terapeutico della malattia, che può prevedere una terapia mirata psicoeducativo-comportamentale e il ricorso, in casi particolarmente critici, a un supporto farmacologico, costituisce un importante problema. Spesso le difficoltà comportamentali e di concentrazione, insite nella malattia, si traducono in scarso rendimento scolastico, intollerabilità verso i compagni, aggressività e impulsività. Tutte manifestazioni che vengono percepite dai genitori e dagli insegnanti ma che sono spesso misconosciute o diagnosticate tardivamente dai clinici. È invece importante diagnosticare quanto prima possibile l’ADHD ed iniziare tempestivamente una terapia poiché solo con l’ausilio di adeguati supporti i bambini e le loro famiglie potranno finalmente cogliere la bellezza di una vita “normale”. Che cos’è l’ADHD L’acronimo ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) indica quella che è comunemente riconosciuta come la sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Le iniziali ADD (Attention Deficit Disorder) indicano la variante puramente inattentiva della stessa patologia. Con il termine ADHD si identifica un disturbo dello sviluppo neuropsichico del bambino che include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività, generati dall’incapacità del bambino di regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente, rendendo difficoltosi, e in taluni casi addirittura impedendo, il normale sviluppo e l’integrazione. La diagnosi e la terapia dell’ADHD possono non essere semplici a causa della natura eterogenea, complessa, multifattoriale della patologia e della presenza nel 70-80% dei casi di coesistenti problematiche che possono variare da disturbi oppositivo-provocatori, a disturbi della condotta, dell’apprendimento (quali dislessia, disgrafia, ecc.), disturbi d’ansia e, con minore frequenza, disturbi dell’umore, disturbi ossessivo-compulsivi e tic. Le cause Le cause dello sviluppo dell’ADHD non sono ancora del tutto note, tuttavia è possibile ipotizzare che all’origine vi sia una molteplicità di fattori di cui i più probabili hanno una componente genetica o sono riferibili alle condizioni sociali e fisiche del bambino. Infatti nel 75% dei casi la malattia può essere ereditaria o legata alla morfologia cerebrale, così come dipendere da fattori prenatali, perinatali o traumatici. Non sono tuttavia da escludere alcuni aspetti ambientali, quali l’esposizione durante la gravidanza e nel corso dei primissimi anni di vita ad alcol e fumo (è noto infatti che la nicotina potrebbe causare ipossia, ossia la carenza di ossigeno nel feto); complicanze durante la gravidanza e il parto; la prematurità; infezioni e malattie infettive, quali la varicella, contratte anch’esse durante la gravidanza, alla nascita o nei primi anni di vita. I soggetti colpiti L’ADHD è una malattia infantile: la percentuale di bambini colpiti nel mondo si aggira tra il 3% e il 5% con un rapporto maschi/femmine che va da 4:1 a 9:1. Una percentuale variabile tra il 30 e il 50% potrà presentare i sintomi successivamente anche in età adulta. Nonostante alcune madri inizino a descrivere i sintomi di ADHD dei loro bambini durante i primi anni di età, essi si rendono evidenti solo al momento dell’iscrizione alla scuola dell’infanzia o alla scuola primaria, allorché i bambini manifestano una scarsa adattabilità alle regole sociali nei confronti degli altri compagni o degli insegnanti, unita ad un basso livello di attenzione, distraibilità e scarso controllo degli impulsi. In età adolescenziale i sintomi tipici di ADHD, specie nelle ragazze, potrebbero accentuarsi al verificarsi dei primi cambiamenti ormonali all’età di 13 o di 14 anni. Sintomatologia Disattenzione, iperattività e impulsività sono gli elementi chiave nel comportamento dei soggetti colpiti da ADHD. La maggiore difficoltà nella diagnosi di questa malattia è rappresentata dall’impossibilità di tracciare una linea di demarcazione netta tra normalità e comportamenti dovuti a livelli patologici di disattenzione, iperattività e impulsività. Occorre tuttavia tenere sempre presente che per poter fare una diagnosi certa i sintomi nel bambino devono manifestarsi in almeno due contesti di vita tra loro diversi (ad esempio casa e scuola), che siano presenti da almeno sei mesi e che i tratti comportamentali si discostino da quelli degli altri bambini nelle stesse condizioni e della stessa età. Inoltre, unitamente agli aspetti sopra citati, è necessario che le manifestazioni compaiano prima dei 7 anni di età e che abbiano ripercussioni gravi a tal punto da compromettere il rendimento scolastico e/o sociale. A seconda della prevalenza di elementi di iperattività, impulsività o di disattenzione o di elementi combinati dell’uno e dell’altro tipo, si avrà una diversa sintomatologia. Disattenzione I sintomi relativi alla disattenzione, che si riscontrano soprattutto in bambini che rispetto ai loro coetanei hanno evidente difficoltà a rimanere attenti o a concentrarsi su uno stesso compito per un periodo di tempo sufficientemente prolungato, variano dalla difficoltà nel prestare attenzione ai dettagli, a banali “errori di distrazione”, a compiti e lavori incompleti e disordinati. Il bambino, in questo caso, mostra il comportamento tipico di chi non ascolta ed è facilmente distraibile da suoni o da altri stimoli irrilevanti, dando sempre l’impressione di avere la testa da un’altra parte quando gli si parla direttamente. Anche il banco è spesso disordinato e con questa modalità gestisce anche il materiale scolastico. Le problematiche attentive diventano più evidenti di fronte a compiti poco attraenti e motivanti, ma si possono trasferire anche a situazioni ludiche costringendo il bambino a passare da un gioco ad un altro, senza tuttavia completarne alcuno. Un bambino che manifesta sintomi di disattenzione: • È facilmente distratto, perde i dettagli, dimentica le cose, passa spesso da un’attività all’altra; • Ha difficoltà a concentrarsi su una cosa; • Si annoia con un compito, dopo pochi minuti, a meno che non stia facendo qualcosa di divertente; • Ha difficoltà a focalizzare l’attenzione sull’organizzazione e il completamento di un compito o ad imparare qualcosa di nuovo; • Ha difficoltà a completare o svolgere compiti a casa, spesso perdendo le cose (per esempio, matite, giocattoli, fogli) necessarie per completare le attività; • Non sembra ascoltare quando gli si parla; • Sogna ad occhi aperti, va facilmente in confusione e si muove lentamente; • Ha difficoltà ad elaborare le informazioni con la stessa rapidità e precisione degli altri bambini; • Ha difficoltà a seguire le istruzioni. Iperattività Si tratta di un eccessivo livello di attività motoria che il bambino manifesta con una continua agitazione, con la difficoltà a mantenersi seduto e fermo al proprio posto, tanto da sembrare “animato da un motorino inesauribile”. Molto spesso i movimenti di tutte le parti del corpo (gambe, braccia e tronco) non sono armonicamente diretti al raggiungimento di uno scopo. Il bambino iperattivo infatti: • Spesso muove le mani o i piedi o si agita sulla seggiola; • Si alza in classe o in altre situazioni dove ci si aspetta che rimanga seduto; • Corre in giro o si arrampica eccessivamente in situazioni in cui non è appropriato (in adolescenti e adulti può essere limitato ad una sensazione soggettiva di irrequietezza); • Ha difficoltà a giocare o ad impegnarsi in attività tranquille in modo quieto; • È continuamente “in marcia” o agisce come se fosse “caricato a molla”; • Parla eccessivamente. Il quadro sintomatologico varia a mano a mano che il bambino cresce e l’iperattività dei primi anni di vita può, nel 35% dei casi, attenuarsi sensibilmente in adolescenza. Questo non vuol dire però che basta aspettare che il bambino cresca e che il problema si risolva da solo, in quanto il rischio, in assenza di un intervento psicologico clinico mirato e precoce, è che possano svilupparsi altri disturbi psicopatologici: disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi comunicazione, disturbi affettivo-relazionali. Impulsività dell’apprendimento, disturbi della L’impulsività si manifesta nella difficoltà a dilazionare una risposta, ad inibire un comportamento inappropriato, ad attendere una gratificazione. I bambini impulsivi rispondono troppo velocemente (a scapito dell’accuratezza delle loro risposte), interrompono frequentemente gli altri quando stanno parlando, non riescono a stare in fila e attendere il proprio turno nei giochi, compiono azioni pericolose senza soppesare le conseguenze negative dell’atto. Il bambino impulsivo: • Spesso “spara” delle risposte prima che venga completata la domanda; • Ha difficoltà ad aspettare il proprio turno; • Interrompe o si comporta in modo invadente verso gli altri (ad esempio irrompe nei giochi o nelle conversazioni degli altri). Si distinguono tre sottotipi nell’ADHD: • Tipo con disattenzione predominante; • Tipo con iperattività-impulsività predominanti; • Tipo combinato. Comorbilità All’ADHD possono accompagnarsi altri disturbi che ne possono complicare la diagnosi e il trattamento. In caso di patologia associata è buona norma trattare sempre prima il disturbo più invalidante. Le più comuni problematiche sono: • Disturbi dell’umore (depressione, disturbi bipolari): è tipico nei ragazzi con diagnosi di sottotipo combinato; quando il disturbo dell’umore complica l’ADHD sarebbe auspicabile trattare prima quest’ultimo che ha una risposta più veloce al trattamento; • Ansia (30%): nell’ADHD sembra incrementarsi nei bambini parallelamente alla loro crescita, con maggiore incidenza nelle ragazze rispetto ai ragazzi, soprattutto nel sottotipo caratterizzato da disattenzione; • Disturbo oppositivo provocatorio (Oppositional defiant disorder - ODD 4050%) e disturbo del comportamento (26%): sono caratterizzati da comportamenti antisociali come ostinazione, aggressività, frequenti attacchi di collera, inganno, menzogna, furti, che sono collegati con il disturbo antisociale della personalità; • Disturbo ossessivo-compulsivo: alla base di questo disturbo e dell’ADHD pare esserci una componente genetica comune; • Disturbo borderline di personalità: secondo uno studio su 120 pazienti di sesso femminile esso è associato all’ADHD nel 70% dei casi; • Disturbo primario della vigilanza (intesa come attenzione): è caratterizzato da scarsa attenzione e concentrazione e da difficoltà a rimanere svegli. I bambini affetti da questo disturbo tendono ad agitarsi e a sbadigliare e l’iperattività sembra essere condizionata dal tentativo di rimanere vigili e attivi. Problemi relazionali I problemi di autocontrollo comportamentale si ripercuotono anche sulle relazioni interpersonali. I bambini con ADHD vengono più spesso rifiutati e sono i meno popolari tra i compagni; spesso vengono valutati negativamente dagli insegnanti non solo dal punto di vista del profitto, ma anche sotto l’aspetto comportamentale e del rispetto delle regole sociali. La qualità delle loro interazioni è spesso inadeguata, sia in contesti strutturati che nel gioco, a causa di un’alta frequenza di comportamenti negativi sia verbali che non verbali, di una minore capacità di interazione con i compagni, una limitata espressione affettiva ed un maggior ritiro sociale che può portare anche a stati di aggressività. I compagni vedono i bambini iperattivi come non cooperativi in situazioni di gruppo, intrusivi e in alcuni casi provocatori a danno delle opportunità di socializzazione e interazione con il resto della classe. I bambini affetti da deficit di attenzione con o senza iperattività, di norma: • Ricevono minori apprezzamenti e maggiori rifiuti dai loro compagni di scuola o di gioco; • Pronunciano un numero di frasi negative nei confronti dei loro compagni dieci volte superiori rispetto agli altri; • Presentano un comportamento aggressivo tre volte superiore; • Non rispettano o non riescono a rispettare le regole di comportamento in gruppo e nel gioco; • In contesti in cui il bambino riesce a svolgere un ruolo attivo può essere collaborante, cooperativo e arrivare al mantenimento delle relazioni di amicizia; • Laddove, invece, il loro ruolo diventa passivo e non ben definito, diventa più contestatore e incapace di comunicare proficuamente con i coetanei. Deficit cognitivi e difficoltà scolastiche I bambini con ADHD hanno prestazioni scolastiche inferiori ai loro coetanei, pur avendo le stesse abilità intellettive. Infatti la percentuale di bambini affetti da questo disturbo che ha ripetuto almeno una classe, è tre volte superiore a quella del resto della popolazione scolastica. Le ragioni sono dovute a difficoltà attentive e di autoregolazione cognitiva, ad una maggiore quantità di risposte impulsive e al comportamento iperattivo all’interno della classe. I disturbi di apprendimento e le difficoltà scolastiche possono anche essere gravate da un’incapacità nell’uso delle risorse cognitive, in particolare di memoria di lavoro, di strategie di apprendimento e di inibizione delle informazioni irrilevanti. Fattori, questi, che hanno ripercussioni negative sulla comprensione di testi scritti, sullo studio e sulla soluzione di problemi aritmetici. Il 21% di bambini con ADHD presenta un disturbo di lettura (velocità e correttezza), il 26% un deficit di ortografia e il 28% problemi nell’area logicomatematica. Se si tiene conto che complessivamente i disturbi di apprendimento si presentano in circa il 3% della popolazione scolare, si calcola che i bambini con ADHD sono da 7 a 9 volte più a rischio di manifestare anche un disturbo di apprendimento in comorbilità. Disturbi emotivi Un 25% di bambini affetti da ADHD può presentare una comorbilità con i disturbi d’ansia. È un fenomeno che si rileva soprattutto in età adolescenziale quando tratti ansiosi possono svilupparsi a seguito di una serie di fallimenti in ambito sociale e scolastico accumulatisi durante la crescita, e renderli più insicuri riguardo alle loro capacità e incerti sui risultati dei loro comportamenti (abbassamento del livello di autostima). Sono frequenti infatti i casi in cui i bambini con questo disturbo interrompano un’attività prima degli altri in presenza di un insuccesso o una frustrazione. L’altro 25% potrebbe invece abbinare l’ADHD ad una seconda diagnosi di Disturbo dell’Umore. Diagnosi Il primo passo per l’inquadramento diagnostico dell’ADHD è quello di valutare adeguatamente il fenomeno dell’iperattività e/o della disattenzione nel contesto psicoclinico poiché entrambi non sono sinonimi assoluti di ADHD, ma possono essere riferibili anche ad altre cause. Solo una volta esclusa la presenza di altre patologie con manifestazioni simili si potrà parlare di “iperattività da disturbo di concentrazione”. La diagnosi di ADHD, come è stato sottolineato, può essere complicata da alcuni fattori ma di norma si arriva alla definizione del disturbo attraverso un assessment psichiatrico. Lo strumento diagnostico principale più utile per porre un sospetto diagnostico fondato per questa patologia è il DSM IV-TR, il “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders”, nelle sue forme III-R e IV, coadiuvato da un questionario in grado di esplorare i sintomi tipici che appartengono ai tre aspetti comportamentali classici dell’ADHD. Un altro strumento utile è la videoregistrazione, lo strumento che consente di osservare il bambino nella sua più totale spontaneità. Al momento della diagnosi vanno comunque presi in considerazione anche l’ambiente in cui si muove il bambino, la scuola e altri fattori sociali. Molti dei sintomi di ADHD infatti si possono verificare di volta in volta in tutti i bambini, ma in presenza di malattia la frequenza è più importante e la qualità della vita drasticamente ridotta. Sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità (www.iss.it/adhd) è possibile trovare il Centro di riferimento più vicino nella propria Regione. Questi centri, coordinati da neuropsichiatri infantili, sono le uniche strutture abilitate dal Ministero della Salute ad effettuare diagnosi e trattamento per l’ADHD. Trattamento dell’ADHD Il trattamento ideale per l’ADHD è rappresentato da un approccio di tipo multimodale, vale a dire un trattamento che implica il coinvolgimento di scuola, famiglia e del bambino stesso in un percorso che può variare da terapie comportamentali a cambiamenti dello stile di vita, a interventi clinico-psicologici e farmaci. Sono dunque implicate nel trattamento dell’ADHD le figure del neuropsichiatra infantile, del pediatra e dello psicologo dello sviluppo da un punto di vista clinico, e di pedagogisti, educatori ed insegnanti da un punto di vista formativo. Infatti il trattamento farmacologico unito al focus sui comportamenti è ritenuto il metodo più efficace per la cura dell’ADHD. Interventi sul comportamento Durante un trattamento di tipo comportamentale, sia le contingenze ambientali positive sia quelle negative che incrementano o decrementano la frequenza di alcuni comportamenti, sono identificate e quindi modificate nel tentativo di far diminuire i comportamenti “problema” e far aumentare quelli di tipo adattivo. Il punto debole della terapia comportamentale sta nella difficoltà di mantenere nel tempo il miglioramento ottenuto e nel generalizzare i cambiamenti applicandoli a situazioni diverse da quelle che si sono create all’interno del trattamento. Il massimo beneficio da un programma comportamentale si ottiene grazie alla cooperazione tra la famiglia e la scuola, focalizzandosi su un ventaglio di comportamenti nei diversi contesti. Parent Training Il parent-training ha lo scopo di migliorare il comportamento dei bambini con l’ADHD attraverso l’aiuto delle figure genitoriali istruite sull’importanza di instaurare delle relazioni con i coetanei e di acquisizione di un ruolo attivo nell’organizzazione della vita sociale del bambino. Ai genitori viene pertanto insegnato a dare chiare istruzioni, a rinforzare positivamente i comportamenti accettabili, a contenere quelli problematici e a ricorrere e utilizzare le punizioni in modo tempestivo, adeguato e sempre concordato con il bambino. Abilità sociali L’aspetto più difficoltoso di questa terapia è rappresentato dall’eterogeneità dei pazienti con ADHD e dalla varietà nell’eziologia dei deficit nelle abilità sociali all’interno del gruppo. In particolare i problemi pratici maggiori includono la necessità di provvedere ad un intervento specifico - attraverso il modelling, la pratica, il feedback, e i rinforzi - per i deficit di ciascun paziente e l’incapacità ad applicare poi le abilità apprese. Il trattamento individuale, di contro, non sempre risulta vantaggioso a causa della mancanza di auto-osservazione nei pazienti con ADHD. Intervento cognitivo comportamentale (ICC) L’ICC o la terapia del problem-solving possono essere condotti sia individualmente sia in gruppo. Esse combinano l’insegnamento di strategie cognitive, per esempio le tappe del problem solving e l’automonitoraggio, con tecniche di modificazione del comportamento, come per esempio i rinforzi, gli auto-rinforzi e il modelling. Scopo dell’ICC è migliorare in particolare la generalizzazione e la durata delle tecniche di modificazione del comportamento ma buoni risultati, specie in bambini aggressivi, impulsivi e iperattivi, si sono ottenuti anche sul controllo dell’impulsività a livello cognitivo, nei comportamenti sociali e nell’utilizzo di strategie di gestione delle situazioni difficili. I maggiori problemi riguardano da un lato la difficoltà di generalizzare situazioni per le quali non c’è uno specifico trattamento e dall’altro l’utilizzo delle strategie apprese nei bambini. Un trattamento che includa anche un automonitoraggio e un’autovalutazione miglioramento dell’autocontrollo. Terapia farmacologica risulta estremamente utile per il La terapia farmacologica con farmaci stimolanti o “non stimolanti”, unita alle terapie comportamentali, ha dato i migliori risultati in termini di costi-benefici. L’uso di farmaci non è tuttavia raccomandato per bambini in età pre-scolare. Non bisogna inoltre dimenticare che solo i Neuropsichiatri dei Centri di riferimento segnalati dall’Istituto Superiore di Sanità (www.iss.it/adhd) possono prescrivere questi farmaci monitorando il tutto nel Registro Nazionale. Aspetti evolutivi L’età media di insorgenza del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è compresa tra i 3 e i 4 anni, ma non è escluso che la sintomatologia possa comparire anche verso i 6-7 anni, limite d’età stabilito rispettivamente dall’ICD-10 e dal DSMIV, per poter formulare una diagnosi di malattia. L’evoluzione del Disturbo è spesso condizionata da una serie di variabili che mediano le manifestazioni sintomatologiche e tra queste ricordiamo: la qualità delle relazioni con e tra i familiari, l’accettazione del bambino nel contesto scolastico, il profilo cognitivo generale (e intellettivo in particolare), e la presenza di altri disturbi (comorbilità) che, eventualmente, possono complicare il quadro patologico. Le modificazioni evolutive del disturbo sono meglio comprensibili se si tiene presente che le difficoltà diventano maggiormente evidenti quando il bambino non riesce a soddisfare le richieste dell’ambiente che nelle fasi della crescita possono diventare sempre più importanti. I momenti più delicati sono infatti rappresentati dall’ingresso nella scuola elementare, dall’aumento delle complessità dei compiti, o dalle nuove richieste sociali durante la pre-adolescenza e adolescenza. È possibile suddividere l’evoluzione dell’ADHD in sei fasi: -prima della nascita (nella quale si valutano i fattori di rischio per l’insorgenza del disturbo),- i primi tre anni di vita, -l’età della scuola materna, -la scuola primaria, -la preadolescenza, -l’adolescenza. Alcune caratteristiche dei genitori possono essere predittive della presenza o meno del disturbo nel figlio: genitori depressi con una condotta antisociale o con problemi di alcolismo hanno maggiori probabilità di avere un figlio con ADHD rispetto ad altri. Anche le complicazioni durante la gravidanza o il parto sono fattori di rischio o costituiscono un elemento che alza la probabilità di avere un bambino con malattia. Infine, la presenza di problematiche attentive e/o comportamentali nei genitori aumenta fino al 57% la probabilità di avere un figlio con il medesimo disturbo. Fattori di rischio Ordinati per livello d’importanza, associati alla genesi dell’ADHD: 1) Presenza di disturbi psicologici nei familiari (in particolare l’ADHD); 2) Abuso di sigarette e alcool della madre durante la gravidanza, associato o meno ad altri problemi di salute della madre; 3) Assenza di un genitore o mancanza di una educazione adeguata; 4) Prematurità o ritardi di sviluppo del bambino; 5) Insorgenza precoce di elevati livelli di attività motoria; 6) Atteggiamenti critici e/o direttivi della madre durante i primi anni del bambino. Accanto a questi, esistono tuttavia anche alcuni fattori protettivi che possono aiutare il ragazzo a limitare gli esiti negativi dell’ADHD, tra questi i principali sono: 1) L’elevato livello educativo della madre; 2) La buona salute del bambino poco dopo la nascita; 3) Le buone capacità cognitive del bambino (in particolare linguistiche); 4) La stabilità familiare. I comportamenti del bambino nelle fasi della crescita Spesso i genitori di bambini con ADHD riferiscono che essi sono difficili sin dalla nascita: molto irritabili, inclini ad un pianto inconsolabile, facilmente frustrabili, con difficoltà di sonno e alimentazione. Anche la loro educazione sembra più difficile poiché sono meno sensibili alle punizioni e necessitano di gratificazioni frequenti. L’impulsività e la bassa tolleranza alla frustrazione del bambino possono generare effetti negativi sull’interazione con la madre, innescando un circolo vizioso che porta ad un’accentuazione dei sintomi. Durante gli anni della scuola primaria, il bambino con ADHD è molto attivo e, sebbene abbia un’intelligenza uguale a quella dei suoi coetanei, dimostra un comportamento poco maturo rispetto all’età cronologica e che appare più o meno problematico a seconda della situazione. Durante il gioco libero, in cui c’è ampia possibilità di movimento, egli non mostra particolari difficoltà anche se il suo gioco è più semplice, stereotipato, povero di significato, caratterizzato da semplici atti motori e continui cambi di interessi, mentre in contesti in cui si richiede il rispetto di determinate regole viene etichettato come un bambino “problematico e difficile da gestire”, che spesso si mette in pericolo e rischia incidenti. Con l’ingresso nella scuola primaria le difficoltà aumentano proprio a causa della presenza di una serie di regole che devono essere rispettate e di compiti che devono essere eseguiti. Spesso gli insegnanti li descrivono come bambini immaturi rispetto ai loro coetanei, soprattutto dal punto di vista comportamentale e della variabilità delle prestazioni attentive: in classe non riescono a seguire la lezione per soli cinque minuti, mentre completano con successo un videogame che dura anche mezz’ora. Anche i problemi interpersonali, spesso già presenti durante l’età prescolare, persistono e tendono ad aumentare di gravità poiché le interazioni positive con i compagni richiedono, con il progredire dell’età, sempre maggiori abilità sociali, di comunicazione e di autocontrollo. Con la crescita, l’iperattività tende a diminuire in termini di frequenza e intensità e può venire parzialmente sostituita da “un’agitazione interiorizzata” che si manifesta soprattutto con insofferenza, impazienza e continui cambi di attività o movimenti del corpo. Inoltre, con lo sviluppo si possono generare dei tratti comportamentali che ostacolano ulteriormente il buon inserimento del bambino nel suo ambiente sociale, come ad esempio l’ostinazione, la scarsa obbedienza alle regole, la prepotenza, la maggior labilità dell’umore, la scarsa tolleranza alla frustrazione, gli scatti d’ira e la ridotta autostima. Durante la preadolescenza il comportamento incontrollato e la disattenzione non consentono una facile acquisizione delle abilità sociali, indispensabili per un buon fair-play. I ragazzi con ADHD infatti dimostrano scarsa capacità di mantenere amicizie e risolvere i conflitti interpersonali. Durante l’adolescenza, si osserva mediamente una lieve attenuazione della sintomatologia, ma ciò non significa che il problema sia risolto, in quanto spesso si riscontrano anche altri disturbi ad esso associati, quali la depressione, una condotta antisociale o l’ansia. In questa età i problemi di identità, di accettazione nel gruppo e di sviluppo fisico sono problematiche che non sempre riescono ad essere efficacemente affrontate da un ragazzo con ADHD. Gli inevitabili insuccessi possono determinare problemi di autostima, scarsa fiducia in se stessi, o addirittura ansia e/o depressione clinicamente significative. Sono frequenti anche le condotte pericolose e l’abuso di alcol e sostanze. Quindi, oltre al fatto che l’ADHD sia di natura prevalentemente cronica, bisogna sottolineare che la concomitante presenza di un Disturbo Oppositivo/Provocatorio o di un Disturbo della Condotta determina una prognosi più infausta, in quanto il ragazzo può manifestare gravi condotte antisociali (Disturbo di Personalità Antisociale). QUAL E’ L’EZIOLOGIA DELL’ADHD? COMPONENTE INNATA • • • • Studi di genetica Neuroanatomia Neurofisiologia Neurochimica COMPONENTE APPRESA -No regole e routine domestiche -Ambiente caotico -Atteggiamento frettoloso e impulsivo -Mancato insegnamento del sapere aspettare -Esperienze negative per aver atteso -Gratificazione della frettolosità “Come per altri disturbi è presumibile che i fattori genetici determino la predisposizione per il disturbo, mentre l’attivazione di tale predisposizione sia modulata anche da fattori ambientali”. SINTOMI PRIMARI -Iperattività motoria - Impulsività - Dinattenzione 1. Difficoltà relazionali - Emarginazione da parte dei coetanei - Scarse amicizie durature - Tendenza all’isolamento - Rapporti con bambini più piccoli o più instabili - Incapacità nel cogliere indici sociali non verbali 2. Difficoltà scolastiche - Rendimento inferiore alle potenzialità cognitive - Disturbo attentivo - Disturbo nella memoria sequenziale - Stile cognitivo impulsivo - Deficit di controllo delle risorse cognitive - Effetto sul piano emotivo-comportamentale 3. Bassa autostima - Demoralizzazione - Scarsa fiducia in sé stessi - Solitudine - Sentimenti abbandonici - Inadeguatezza per rimproveri, rifiuto sociale, insuccesso scolastico, sportivo, ecc. - Rischio di un disturbo depressivo, ansioso, comportamentale 4. Disturbo del comportamento - Comportamento negativista e provocatorio - Crisi di collera - Comportamento arrabbiato o rancoroso - Comportamento dispettoso o vendicativo - Frequenti litigi con gli adulti - Incapacità di rispettare le regole - Accusare gli altri per i propri errori - Sistematica violazione delle regole sociali - Aggressioni a persone o animali - Distruzione di proprietà - Frode o furto SINTOMI SECONDARI E ASSOCIATI I bambini con DDAI sono maggiormente a rischio per altre problematiche psicologiche. Il 90% dei pazienti hanno uno o più disturbi associati all’ADHD; in particolare il 64% presenta anche Disturbo Oppositivo Provocatorio, il 55% Disturbo d’Ansia, il 42% Disturbo dell’Apprendimento, il 25% Disturbo della Condotta (studio ADORE). Disturbo Oppositivo Provocatorio Una modalità di comportamento negativistico, ostile, e provocatorio che dura da almeno 6 mesi, durante i quali sono stati presenti 4 (o più) dei seguenti: 1) spesso va in collera 2) spesso litiga con gli adulti 3) spesso sfida attivamente o si rifiuta di rispettare la/le richieste o regole degli adulti 4) spesso irrita deliberatamente le persone 5) spesso accusa gli altri per i propri errori o il proprio cattivo comportamento 6) è spesso suscettibile o facilmente irritato dagli altri 7) è spesso arrabbiato e rancoroso 8) è spesso dispettoso e vendicativo Disturbo d’Ansia Generalizzato A. Ansia e preoccupazione eccessive (attesa apprensiva), che si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno 6 mesi, a riguardo di una quantità di eventi o di attività (come prestazioni lavorative o scolastiche). B. La persona ha difficoltà nel controllare la preoccupazione. C. L'ansia e la preoccupazione sono associate con tre (o più) dei sei sintomi seguenti (con almeno alcuni sintomi presenti per la maggior parte dei giorni negli ultimi 6 mesi). Nota Nei bambini è richiesto solo un item. 1) irrequietezza, o sentirsi tesi o con i nervi a fior di pelle 2) facile affaticabilità 3) difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria 4) irritabilità 5) tensione muscolare 6) alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, o sonno inquieto e insoddisfacente) Disturbi dell’Apprendimento Dislessia L’associazione del Disturbo della lettura con l’ADHD dipende dal sottotipo Di ADHD: ADHD- sottotipo combinato 18% ADHD- sottotipo inattentivo 26% ADHD- qualsiasi sottotipo 37 Discalculia - Nei bambini l’associazione tra discalculia e dislessia è del 17% mentre è del 26% tra discalculia e ADHD - Il 20% dei ragazzi con ADHD soffre di discalculia. - I bambini con la doppia diagnosi di discalculia e dislessia hanno una maggiore compromissione nelle abilità aritmetiche e un risultato complessivamente peggiore nei test neuropsicologici rispetto ai bambini affetti solamente da discalculia o da discalculia ed ADHD Disturbo della condotta Una modalità di comportamento ripetitiva ed persistente in cui i diritti fondamentali degli altri o le principali norme o regole societarie appropriate per l'età vengono violati, come manifestato dalla presenza di tre (o più) dei seguenti criteri nei 12 mesi precedenti, con almeno un criterio presente negli ultimi 6 mesi: Aggressioni a persone o animali 1. spesso fa il prepotente, minaccia, o intimorisce gli altri 2. spesso dà inizio a colluttazioni fisiche 3. ha usato un'arma che può causare seri danni fisici ad altri (per es., un bastone, una barra, una bottiglia rotta, un coltello, una pistola) 4. è stato fisicamente crudele con le persone 5. è stato fisicamente crudele con gli animali 6. ha rubato affrontando la vittima (per es., aggressione, scippo, estorsione, rapina a mano armata) 7. ha forzato qualcuno ad attività sessuali. Distruzione della proprietà 8. ha deliberatamente appiccato il fuoco con l'intenzione di causare seri danni 9. ha deliberatamente distrutto proprietà altrui (in modo diverso dall'appiccare il fuoco). Frode o furto 10. è penetrato in un edificio, un domicilio, o una automobile altrui 11. spesso mente per ottenere vantaggi o favori o per evitare obblighi (cioè, raggira gli altri) 12. ha rubato articoli di valore senza affrontare la vittima (per es., furto nei negozi, ma senza scasso; falsificazioni). Gravi violazioni di regole 13. spesso trascorre fuori la notte nonostante le proibizioni dei genitori, con inizio prima dei 13 anni di età 14. è fuggito da casa di notte almeno due volte mentre viveva a casa dei genitori o di chi ne faceva le veci (o una volta senza ritornare per un lungo periodo) 15. marina spesso la scuola, con inizio prima dei 13 anni di età. L'anomalia del comportamento causa compromissione clinicamente funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo. significativa del LA VALUTAZIONE DIAGNOSTICA ADHD - Il colloquio con genitori e bambino. - L’osservazione. - La somministrazione di test e questionari (valutazione neuropsicologica, cognitiva) Le scale di valutazione SCHEDE SDA I insegnanti G genitori Cornoldi B bambini SCHEDE SCOD I insegnanti Marzocchi G genitori COM I insegnanti G genitori SCALE CONNERS CBCL di K. Conners di Alchenbach Le Scale SDA... Cornoldi e altri Scala di identificazione di comportamenti sintomatici per l’ADHD Costituita da18 item: 9 sulla Disattenzione (item dispari) “Incontra difficoltà a concentrare l’attenzione sui dettagli o compie errori di negligenza”. 9 sull’ Iperattività (item pari) “Spesso si agita con le mani o i piedi o si dimena sulla sedia”. Tutti gli item esprimono dei comportamenti sintomatici, tranne che nella SDAB dove ci sono sia item negativi che positivi. Le scale SCOD… SCOD: Scala per la valutazione dei comportamenti dirompenti. E’ la traduzione italiana del Disruptive Behavior Disorder Rating Scale di Pelham. Le scale SCOD sono costituite da 42 item, di cui: 18 item ADHD (9 disatt. e 9 iperat) 8 item DOP (disturbo oppositivo-provocatorio) 16 item DC ( disturbo della condotta). Gli item sono divisi in 4 sub-scale, una per ogni dimensione ed è quindi possibile calcolare 4 punteggi separati. Valutazione della frequenza dei comportamenti (scala Likert a 4 punti). Le scale COM… E’ uno strumento per la valutazione della compresenza di due o più sindromi nello stesso bambino. Esiste una versione per insegnanti e una per genitori. E’particolarmente indicato per valutare sindromi in comorbilità con il DDAI e può essere usato anche come screening per bambini che presentano problematiche emozionali o comportamentali. Il questionario è composto da 30 item ed è diviso in 6 aree, che indagano le sindromi più frequentemente associate al DDAI METODOLOGIE D’INTERVENTO A SCUOLA PER IL BAMBINO ADHD 1.Predisporre un ambiente facilitante 2.Gestione delle lezioni 3.Gestione del comportamento 4.L’approccio metacognitivo 5.La gestione dello stress dell’insegnante 1. La predisposizione di un contesto facilitante •I bambini con DDAI spesso hanno una scarsa capacità di prevedere le conseguenze •Gli insegnanti possono intervenire aiutando il bambino a prevedere le conseguenze di determinati eventi prima di agire: così si incrementeranno i comportamenti adeguati alle situazioni e il bambino potrà scegliere con più obiettività quali conseguenze affrontare. Dunque si ottiene un contesto facilitante attraverso: Le routine, le regole, l’organizzazione della classe, l’organizzazione dei tempi di lavoro, l’organizzazione del materiale. -Le routine (ingresso in classe, disposizione in fila, inizio lezione, presen-tazione delle attività e i relativi tempi di lavoro, pause concordate, attività ricreative stabilite a priori (ad es. vincolate dal giorno della settimana), dettatura dei compiti ad orario stabilito, routine di saluto. -Le regole (porre delle regole chiare all’interno della classe è necessario per regolare le interazioni fra pari e con gli adulti. •Perché siano efficaci è necessario che siano condivise: è buona prassi discutere con i bambini le regole da ratificare, dando loro la possibilità di approvarle o modificarle •Devono essere proposizioni positive, non divieti •Devono essere semplici, espresse chiaramente •Devono descrivere le azioni in modo operativo •Dovrebbero usare simboli pittorici colorati •Devono essere poche (3-4 al massimo) e sintetiche Le regole andranno poi trascritte su un cartellone -L’organizzazione della classe : I banchi •Vedete il bambino? •E’ facilmente raggiungibile? •E’ favorito lo scambio di sguardo insegnante-bambino? •Ha compagni a lui vicini? •Se sì, sono compagni tranquilli o piuttosto vivaci? •Se un bambino si alza per qualche motivo, quanti bambini possono essere disturbati o coinvolti? •E’ corretta la posizione delle fonti di luce? •Quanti bambini guardano direttamente fuori dalle finestre? •Ogni bambino, quanti bambini osserva dal suo posto? ATTENZIONE AI DISTRATTORI…. •Cartelloni •Cestino •Porta •Finestre •Orologio (utile per segnare i tempi di lavoro da apporre non all’interno della loro abituale visuale) •Compagni vivaci •Armadi…… Per ovviare a ciò…piantina della classe -L’organizzazione dei tempi di lavoro I bambini DDAI sono particolarmente poco abili nel fare stime realistiche di grandezza, tempi, quantità, difficoltà •Aiutarli a lavorare con tempi stabiliti significa aiutarli a valutare meglio e quindi ad essere più efficaci nel pianificare e organizzare il lavoro. •All’inizio è preferibile che sia l’insegnante a fornire indicazioni sul tempo di svolgimento dei compiti assegnati; in seguito, quando i bambini si saranno abituati a includere la variabile tempo nella pianificazione del proprio agire, chiedere loro, sotto forma di gioco . “Quanto tempo serve per…?” Importante l’uso di simboli pittorici Facile Alla mia portata Strutturazione del compito Difficile Poco tempo Tempo medio Molto tempo Difficoltà a mantenere l’attenzione nel tempo •Con un breve periodo di osservazione è possibile farsi un’idea abbastanza precisa su quale sia il tempo di “tenuta attentiva” •È possibile poi valutare il tempo necessario per lo svolgimento del compito e confrontarlo con la stima attentiva •Ogni qual volta sia possibile, è opportuno spezzettare i compiti lunghi con brevi pause o variando l’attività al suo interno, proponendo cioè procedure diverse •Con l’esercizio sarà possibile allenare il bambino a mantenersi concentrato per periodi sempre più ampi Difficoltà a porre la necessaria attenzione alle consegne •È utile, prima che si cominci a a lavorare, far rileggere la consegna, chiedendo anche di ripetere con parole proprie cosa bisogna fare •Sottolineatura con pennarello rosso delle parti salienti delle istruzioni, con l’aiuto dell’insegnante •Costruzione di un piano d’azione per punti, da riportare alla lavagna -L’organizzazione del materiale Può essere utile appendere in aula un cartellone del materiale, avendo cura di assegnare ai quaderni delle varie materie una copertina di colore diverso, ed uno delle materie giornaliere. •All’inizio dell’anno scolastico si può preparare uno schema del materiale necessario per ogni materia, in forma di cartellone o tabella da apporre sul diario di ogni bambino. •Per i bambini che dimenticano i materiali è possibile impostare una strategia specifica che comprenda l’uso di materiale visivo, l’introduzione di routine finalizzate, l’applicazione di un sistema a punti. Vediamo i passaggi necessari all’impostazione della procedura Impostare con il bambino un accordo basato su un sistema a punti o su uno schema di gratificazione da riconvertire in premi materiali o privilegi •Preparare schede ritagliabili con piccole illustrazioni del materiale, uguali a quelle del cartellone •Ad un’ora prestabilita della mattinata - far leggere il cartellone per il giorno dopo - fare elencare il materiale necessario per il lavoro in ogni materia - chiedere di incollare sul diario per il giorno dopo le figurine del materiale scolastico così individuato - ogni mattina, all’inizio della lezione o in altro momento prestabilito, verificare la presenza del materiale e applicare la procedura di gratificazione o di costo della risposta. 2. La gestione delle lezioni: Ritmo e tipologia; I compiti per casa; Il coinvolgimento della classe RITMO E TIPOLOGIA 9 Ordine degli argomenti 9 Tempi di lavoro 9 Argomento stimolante (figure, audiovisivi e tanti colori) 9 Uso di domande 9 Utilizzo dei nomi degli alunni 9 Esplicitare le procedure 9 Usare un tono di voce variato, vivace 9 Alternare compiti attivi e passivi 9 Favorire la partecipazione attiva (secondo le regole di comportamento) 9 Chiarire i tempi di lavoro e la difficoltà, i materiali da usare E per il bambino con DDAI in particolare? Accorciare i tempi di lavoro, quando possibile spezzettando con brevi pause un lavoro lungo Ricorrere spesso al canale visivo, a stimoli colorati, a “segnali” concordati con il bambino, sia verbali che gestuali o visivi (che possono indicare al bambino che il suo comportamento non è corretto, o al contrario che è quello che ci si aspetta da lui; che richiamino la sua attenzione o gli indichino il tipo di procedura da applicare, ecc…) I COMPITI PER CASA Le consegne scritte sul diario •dare i compiti in momento stabilito •consegne chiare •verificare che il bambino stia scrivendo •chiedere a qualche alunno di ripetere le consegne •un punto per ogni consegna scritta correttamente •Non punire il bambino per eventuali carenze ma esortarlo a fare attenzione IL COINVOLGIMENTO DELLA CLASSE •Tutoraggio (tutoring):assegnazione a una coppia di bambini dei due ruoli di tutee (l’allievo che riceve l’insegnamento) e di tutor (il bambino che prende il ruolo attivo di insegnante) •Apprendimento cooperativo: prevede di unire gli alunni in piccoli gruppi, che si propone di massimizzare il loro apprendimento e le loro abilità sociali •Il bambino DDAI fa lezione in classe 3. Gestione del comportamento •Monitoraggio •Osservazione e analisi funzionale •Tecniche di intervento psicoeducativo comportamentale Monitoraggio Collocare il bambino in modo che possa essere frequentemente monitorato • Interagire spesso con lui anche solo con lo sguardo, facendogli capire che lo si sta comunque “tenendo d’occhio” • Limitare quanto più possibile i momenti destrutturati • Assicurarsi dell’effettivo livello di comprensione del bambino prima di iniziare • Riprendere immediatamente il bambino prima che inizi a vagare per la classe e proporgli anche attività più leggere, da svolgere da seduto • Dare informazioni su ciò che ci si aspetta da lui • Incoraggiarlo e gratificarlo anche per mete parziali • Esplicitare, da un lato i sentimenti di rabbia e frustrazione che hanno provocato in lui l’emissione di quei comportamenti, dall’altro il punto di vista dei compagni o di chi ne riceve le conseguenze OSSERVAZIONE E ANALISI FUNZIONALE DEL COMPORTAMENTO •Fase 1: –Osservazione non strutturata per la creazione di un inventario di comportamenti negativi che l’insegnante si proporrà di modificare •Fase 2: –Selezione ed identificazione dei comportamenti oggetto dell’osservazione (Si allontana dal posto, parla ad alta voce, non porta a termine il lavoro, si oppone a richieste verbali, aggredisce oggetti e compagni) •Fase 3: –Costruzione di due griglie per l’osservazione strutturata che analizzino i comportamenti al fine di identificare: •Antecedenti e conseguenze per ogni comportamento emesso •Frequenza e distribuzione di emissione dei comportamenti della giornata •Fase 4: –Riflessione sui dati raccolti al fine di ottenere indicazioni su: •Probabili fattori scatenanti •Probabili fattori di rinforzo •Fase 5: –Sviluppo dell’intervento allo scopo di: •Anticipare il verificarsi di comportamenti problematici •Ridurre o eliminare le risposte dell’ambiente che rinforzano l’emissione dei comportamenti problematici •Fase 6: –Verifica dei risultati ottenuti mediante le stesse griglie di osservazione Classi comportamentali a cui ricondurre i singoli comportamenti problema: Si allontana dal proprio posto, parla ad alta voce, aggredisce i compagni e le loro cose, non porta a termine il lavoro, interrompe/disturba la lezione, si oppone/rifiuta richieste verbali, si oppone/rifiuta regole. Si riporta un esempio IL CASO DI PAOLO La richiesta di intervento per un bambino che ha gravi difficoltà di attenzione assieme a una ancor più problematica iperattività, giunge al Servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’ULSS di appartenenza su richiesta delle insegnanti di una classe seconda. Al colloquio dello psicologo con loro, queste ultime lamentano la situazione insostenibile che si è venuta a creare nella loro classe a causa del comportamento di un bambino che sembra far di tutto per rendere loro la vita impossibile. Non sembra interessato alle lezioni tanto che distoglie quasi subito l’attenzione per alzarsi o mettersi a giocare; svolge solo saltuariamente i compiti e generalmente in modo inaccurato e parziale; inoltre, non segue le principali regole della classe, inventandosene altre “tutte sue”. Anche i compagni ne sembrano disturbati, tanto che i rispettivi genitori hanno cominciato a lamentarsi per il timore che tali atteggiamenti possano da un lato fungere da modello negativo per i propri figli, dall’altro rallentare il programma scolastico. Le insegnanti sono molto infastidite soprattutto dall’atteggiamento di Paolo, che definiscono irritante per quel suo costante disinteresse verso tutto ciò che esse propongono. Si dimostrano inoltre preoccupate per la comparsa di comportamenti aggressivi nei confronti dei compagni di classe, sia durante le lezioni che durante l’intervallo e temono che prima o poi la situazione possa degenerare. Il rendimento scolastico naturalmente è insufficiente, anche se il bambino sembra più portato per la matematica, dove perlomeno, inizialmente accoglie le attività proposte. In effetti, sostengono le insegnanti, se qualcuno gli si mette accanto e lo segue personalmente, Paolo riesce a fare qualche cosa di più, ma la presenza di certi suoi comportamenti disturbanti, inopportuni e a volte aggressivi fanno perdere la voglia di aiutarlo. Se interrogato rispetto ai motivi che lo spingono a comportarsi in questo modo, a non terminare mai i compiti, a disinteressarsi di tutto, egli non sa rispondere (o, le insegnanti si domandano, forse non vuole), per poi mettere il broncio e stare per conto suo. In effetti, esse sostengono, un’altra sua caratteristica è l’oscillare spesso da uno stato emotivo (es. euforia) all’altro (tristezza, desiderio di isolamento). All’inizio esse riprendevano ogni suo comportamento, poi però hanno “gettato la spugna” perché sembrava non servisse comunque a niente. PRE-OSSERVAZIONE: INVENTARIO DEI COMPORTAMENTI NEGATIVI MARTEDI’ Non ha portato i compiti a casa di storia. Non vuole finire l’esercizio. Si alza esce dalla classe senza permesso. Sbuffa se l’insegnante gli toglie un giochino. Tamburella con la penna sul banco e fa rumore. Non rispetta la fila. Urla. GIOVEDI’ VENERDI’ Fatica a mettere sul banco Non risponde alla domanda dell’insegnante. il materiale appropriato. Si alza e gira tra i banchi. Gira tra i banchi, Non vuole fare l’esercizio Ridacchia e prende in giro una compagna. dice che è stanco. Smette di lavorare e dice Borbotta cose tra sé. LUNEDI’ Non vuole sedersi subito quando inizia la lezione. Copia solo una parte del testo scritto alla lavagna. Tira i capelli di una bambina. Lancia la gomma contro un compagno. Si alza e saltella. Si alza per guardare i disegni alla parete. MERCOLEDI’ Interrompe spesso con domande. Dice che è stanco e abbandona il compito. Si alza e corre per la classe. Ignora la richiesta di tornare a sedersi. SABATO Corre tra i banchi e non prende posizione all’inizio della lezione. Urla per parlare. Non rispetta il proprio turno e ruolo (puzzle). che è difficile. Stringe le braccia di un compagno. Rimane con la testa e le braccia sul banco e non segue la lezione. Stropiccia il pazzle di un compagno. Si allontana dal gruppo e cammina per conto suo. SELEZIONE ED IDENTIFICAZIONE DEI COMPORTAMENTI OGGETTO DI OSSERVAZIONE Si allontana dal proprio posto (colore blu) X X X X X X X X Parla ad alta voce (colore rosa) X X Aggredisce i compagni/le loro cose (colore rosso) X X X X X Non porta a termine il lavoro (colore nero) X X X X X Interrompe/disturba la lezione (colore giallo) X Si oppone/rifiuta richieste verbali (colore verde) X X X Si oppone/rifiuta regole (colore grigio) X X X X X X OSSERVAZIONI •NETTA PREVALENZA DI COMPORTAMENTI DISTURBANTI DURANTE LE LEZIONI DI ITALIANO E STORIA •TENDENZA AD EMETTERE COMPORTAMENTI NEGATIVI IN PROSSIMITA’ DELL’INTERVALLO E DELLA FINE DELLE LEZIONI NELLO SPECIFICO: EMISSIONE DI COMPORTAMENTI PROBLEMATICI PREVALENTEMENTE QUANDO: L’ATTENZIONE DELL’INSEGNANTE E’ RIVOLTA ALTROVE O IL BAMBINO NON PUO’ ESSERE CONTROLLATO/MONITORATO DIRETTAMENTE VI SONO SITUAZIONI DISORGANIZZATE (ES. CAMBIO DI LEZIONE, PIU’ PERSONE IN PIEDI….) VI E’ UNA SPIEGAZIONE TROPPO PROTRATTA O VEROSIMILMENTE POCO CHIARA IL BABINO VAGA PER LA CLASSE O NON E’ IMPEGNATO •INIBIZIONE DEL COMPORTAMENTO PROBLEMA QUANDO: IL BAMBINO VIENE PUNTUALMENTE RIPRESO ED IL COMP. “BLOCCATO SUL NASCERE” VENGONO FORNITE INDICAZIONI SPECIFICHE RISPETTO A QUANTO CI SI ASPETTA DA LUI VIENE GRATIFICATO CI SI ASSICURA DEL LIVELLO DI COMPRENSIONE LE ASPETTATIVE NEI SUOI CONFRONTI SONO POSITIVE La gestione dei comportamenti problema PREVEDIBILITA’ USO STRATEGICO DELLA GRATIFICAZIONE TECNICHE DI INTEVENTO PSICOEDUCATIVO COMPORTAMENTALE •La gratificazione •La gratificazione a punti (token economy) •Il costo della risposta •I contratti comportamentali •La punizione •Il time-out Per comportamenti gravi LA GRATIFICAZIONE Individuare azioni positive da gratificare più che azioni negative da punire Definire operativamente l’azione oggetto di gratificazione sistematica Non usare forme di falsa gratificazione Gratificare in modo coerente, sempre la stessa azione e ogni volta che si manifesta Gratificare il bambino immediatamente Utilizzare eventi o oggetti o comportamenti che siano effettivamente delle gratificazioni per il bambino Non gratificare involontariamente comportamenti inadeguati Utilizzare per un tempo corretto lo stesso premio, potendo contare su una serie di gratificazione diverse già individuate E’ possibile: Gratificare azioni corrette già presenti nel patrimonio comportamentale del bambino ma messe in atto poco frequentemente Far apprendere nuove sequenze comportamentali all’alunno scomponendolo in sotto-compiti e obiettivi parziali da gratificare progressivamente Utilizzare la gratificazione di azioni positive come tecnica di rafforzamento nell’attenuazione di comportamenti negativi LA GRATIFICAZIONE A PUNTI • Il bambino può guadagnare o perdere punti (o gettoni) in base alla correttezza del suo comportamento • I punti vengono poi convertiti in gratificazioni tangibili con ritmo giornaliero, settimanale o sulla base di un punteggio criteriale (“raggiungendo 50 punti otterrai…”) • I punti possono essere erogati dalla scuola oppure ci può essere una forma di collaborazione tra scuola e famiglia. I passi per costruire un sistema a punti sono: • Osservazione del comportamento del bambino per individuare i comportamenti adeguati e i non adeguati • Scelta delle azioni obiettivo • Scegliere il metodo per calcolare il punteggio(stelline, smile, gettoni…) • Giusta corrispondenza tra punti e obiettivo: azioni più impegnative devono essere convertite in cifre suoperiori e comportamenti complessi possono essere suddivisi in sotto-traguardi • Selezione dei premi: deve essere concordata con l’alunno ed eventualmente con la famiglia; possono riguardare azioni, oggetti… • Accanto al guadagno, utilizzare parallelamente una strategia tipo costo della risposta che porta alla perdita anche di punti IL COSTO DELLA RISPOSTA E’ una procedura che prevede che il bambino perda un privilegio a seguito di un comportamento inadeguato. Va applicata per comportamenti non gravi. Deve essere: Proporzionale all’azione inadeguata Corredato da informazioni chiare circa il comportamento del bambino Controllabile nella sua applicazione Comunicato in anticipo al bambino o concordato con lui Inevitabile e non flessibile nella sua applicazione I CONTRATTI COMPORTAMENTALI La gratificazione a punti con il costo della risposta possono essere sanciti da un contratto comportamentale tra insegnante e bambino al fine di esplicitare i termini da rispettare. Io sottoscritto e i miei insegnanti facciamo il seguente patto: ogni volta che io riuscirò a fare una delle cose indicate in questo contratto, riceverò dei punti da utilizzare a fine giornata. Posso guadagnare i seguenti punti ogni volta che: completo 2 schede di lavoro assegnate dalla maestra nelle ore di italiano (4 PUNTI) porto a scuola tutti i compiti scritti assegnati per la giornata (3 PUNTI) ho in cartella tutto il materiale scolastico per la lezione del giorno (2 PUNTI) Posso perdere i punti ogni volta che: non completo 2 schede di lavoro assegnate dalla maestra nelle ore di italiano (4 PUNTI) non porto a scuola tutti i compiti scritti assegnati per la giornata (3 PUNTI) non ho in cartella tutto il materiale scolastico per la lezione del giorno (2 PUNTI) Ogni giorno potrò scegliere uno dei seguenti premi a seconda dei punti accumulati: fare un disegno libero gli ultimi 15 minuti di lezione (9 PUNTI) giocare 15 minuti al computer dopo la mensa (7 PUNTI) aiutare la maestra a distribuire delle fotocopie (6 PUNTI) ricevere delle figurine colorate (5 PUNTI) scegliere una gommina a forma di animaletto (4 PUNTI) avere un timbro sul diario con il sorriso (3 PUNTI) distribuire le schede ai compagni (2 PUNTI) Dichiaro che cercherò di onorare questo contratto con il massimo impegno Data…………….. Firme Alunno……………………. Insegnanti……………….. LA PUNIZIONE I comportamenti NON GRAVI (ossia non pericolosi per sé e/o per gli altri) vanno IGNORATI costantemente, senza cedere!! Ciò è utile quando il bambino: protesta per ogni divieto in modo sproporzionato è dispettoso con i coetanei piagnucola o si lamenta continua in piccole azioni di disturbo (es. picchiettare la penna sul banco) cerca di attirare l’attenzione dell’adulto, ad es. dicendo parolacce Per i comportamenti GRAVI (ossia pericolosi per sé e/o per gli altri) si usa la punizione. Deve essere: - Priva di aggressività - Psicologicamente neutra, e non tale da essere un attacco alla persona, dunque centrata sul comportamento - Immediata, per vincolarsi strettamente all’azione ritenuta inadeguata - Proporzionale alla gravità dell’azione compiuta dal bambino e non al grado di fastidio procurato da essa all’adulto - Facilmente applicabile e inevitabile per il bambino - Legata al comportamento inadeguato e con esso incompatibile IL TIME-OUT = sospensione di attenzioni e gratificazioni: Interrompere il comp. + autodisciplina • per bambini dai 3 ai 12 anni • breve: da 1’ a 10’ (secondo l’età): usare il timer • il messaggio: “questo comportamento è inaccettabile, è necessario che tu stia per qualche minuto isolato per interrompere subito questo comportamento e perché tu possa pensare un modo diverso” • scegliere un posto noioso e monotono, senza distrazioni • portare immediatamente il bambino nel posto del time-out, usando non più di 10 parole e non più di 10 secondi Evitare discussioni Usare sedia o sgabello • puntare il timer affinché il bambino possa sentirlo • alla fine chiedere perché era stato messo in time-out > Evitare di chiedere promesse, e umiliarlo o intimorirlo 4. L’approccio metacognitivo •Problem-solving •Autostima •Attribuzioni •Gestione delle emozioni IL PROBLEM SOLVING Processo attraverso il quale si cerca di definire e raggiungere il proprio obiettivo attraverso delle fasi. Il bambino con ADHD è deficitario nell’attuare il processo di pianificazione ma tale modo di procedere può essere insegnato agli studenti se l’insegnante si propone come modello attivo nella soluzione dei problemi attingendo a problemi che emergono in classe e che vanno risolti. I passaggi della pianificazione possono essere rappresentati in un cartellone per la classe. I passaggi sono i seguenti: IL LIVELLO DI AUTOSTIMA A causa delle incapacità autoregolative i bambini con ADHD vanno incontro a numerosi insuccessi, percependo un minor senso di competenza e raccogliendo frequenti disapprovazioni dall’adulto. L’insegnante può intervenire promuovendo le competenze di autocontrollo riguardanti l’automonitoraggio, l’autovalutazione e l’autorinforzo. LE ATTRIBUZIONI Sono le cause che noi individuiamo per i nostri insuccessi o successi. Possono essere interne (attribuisco la causa degli eventi a me stesso) o esterne (attribuisco la causa degli eventi agli altri o al caso) Per impulsività il bambino con ADHD non valuta tutte le variabili in gioco e può compiere errori di attribuzione L’insegnante dovrebbe riconoscere tali attribuzioni e con esempi concreti correggere le attribuzioni errate. LA GESTIONE DELLE EMOZIONI Scarsa modulazione delle emozioni che si traduce nell’evidenziare stati emotivi eccessivi e non congrui con le situazioni che si creano. La scuola può: Educare all’espressione e all’autoregolazione delle emozioni attraverso esempi di problemi (hai promesso una cosa ad un tuo amico ma poi ti trovi nelle condizioni di non poter mantenere la promessa), modificando il modo con cui viene interpretato un evento. 5. La gestione dello stress degli insegnanti Alcuni suggerimenti per ridurre e controllare lo stress emotivo che può insorgere di fronte alla gestione di comportamenti indesiderabili associati a iperattività, impulsività e oppositività: •Accettare il fatto che l’alunno iperattivo ha caratteristiche di natura costituzionale •Conoscere le caratteristiche del Disturbo ed i metodi d’intervento rende le cose più facili •Rendere chiara la comunicazione con l’alunno •Essere consapevoli delle situazioni che scatenano la crisi •Essere positivi •Utilizzare in modo adeguato e costante le tecniche psicoeducative comportamentali •Rimanere calmi in situazioni di crisi attraverso il rilassamento •Formare gruppi di supporto •Ricordarsi che non si è da soli! Importante è la collaborazione con i servizi del territorio che hanno il bambino in carico PER ULTERIORI APPROFONDIMENTI CONSULTARE IL MANUALE “STRUMRNTI DI SUPPORTO PER STUDENTI CON DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO E DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’” DIREZIONE DIDATTICA STATALE 1° CIRCOLO COMISO Via Degli Studi n. 22 – 97013 Comiso (RG) Tel. 0932-961655 Fax. 0932-731923 E-mail: [email protected] Sito web: primocircolocomiso.it INDIVIDUAZIONE DEI CAMPANELLI DI ALLARME • 3 ANNI • 4 ANNI • 5 ANNI 3 ANNI I OSSERVAZIONE DATA Nel tempo… Permanere di… Breve descrizione QuandoCome-Dove Tentativi per favorire cambiamento Messi in atto dall’insegnante Messi in atto dalla famiglia Cosa cambia Breve descrizione Quando-Come-Dove Tentativi per favorire cambiamento Messi in atto dall’insegnante Messi in atto dalla famiglia Cosa cambia Pianto inconsolabile Rifiuto del cibo Vomito Controllo eccessivo degli sfinteri Non controllo degli sfinteri Permanere di… Passività Aggressività verso L’adulto Se stesso I compagni Difficoltà di relazione Fatica a mantenere il contatto visivo Attaccamento all’adulto esagerato Gioca sempre da solo Difficoltà di linguaggio Parola-frase Blocco della comunicazione verbale Con l’adulto Con i compagni PUNTI DI SODDISFAZIONE DESCRVERE CIO’CHE FUNZIONA Nel gioco Nella quotidianità Nei rapporti Nella risposta alle proposte Nel mettere in gioco sé e le proprie risorse 4 ANNI I OSSERVAZIONE Permanere di… Breve descrizione Quando-Come-Dove Eccessiva dipendenza/attaccamento -all’adulto con conseguenza assenza -di iniziativa da parte del bambino Assenza del gioco simbolico Gioco solitario Sempre Con una connotazione di chiusura Impaccio motorio evidente Difficoltà di auto-contenimento motorio DATA Tentativi per favorire cambiamento Messi in atto dall’insegnante Messi in atto dalla famiglia Nel tempo… Cosa cambia Permanere di… Breve descrizione Quando-Come-Dove Tentativi per favorire cambiamento Messi in atto dall’insegnante Messi in atto dalla famiglia Paure eccessive legate a -situazioni nuove -evidenti situazioni fantastiche (difficoltà nel gestire il pianto della fantasia da quello della realtà) -travestimento -manipolazione Attività auto-erotiche che impediscono frequentemente la partecipazione attiva e l’investimento della propria energia nella realtà Difficoltà di rappresentazione grafica (scarabocchio indifferenziato) Linguaggio poco comprensibile per problemi fonetici nella strutturazione della frase PUNTI DI SODDISFAZIONE Nel gioco Nella quotidianità Nei rapporti Nella risposta alle proposte Nel mettere in gioco sé e le proprie risorse DESCRVERE CIO’CHE FUNZIONA Cosa cambia 5ANNI I OSSERVAZIONE Permanere di… Breve descrizione Quando-Come-Dove Difficoltà di relazione che si esprime in -atteggiamenti eccessivi da gregario o leader -incapacità di minima cooperazione Difficoltà nel gioco simbolico -ripetitività, staticità, fissità del gioco stesso -del ruolo e dei tempi Fragilità emotiva che si esprime in -incapacità di contenimento -difficoltà nel sopportare una minima frustrazione -bisogno continuo di conferme Rifiuto della proposta dell’adulto Eccessiva lentezza fino a -perdersi nei propri pensieri -dimenticarsi del “compito” DATA Tentativi per favorire cambiamento Messi in atto dall’insegnante Messi in atto dalla famiglia Nel tempo… Cosa cambia Permanere di… Breve descrizione Quando-Come-Dove Tentativi per favorire cambiamento Messi in atto dall’insegnante Messi in atto dalla famiglia Difficoltà di -ascolto -memorizzazione -rielaborazione verbale Nell’espressione grafica -eccessiva stereotipia -difficoltà di -rappresentazione organizzata -organizzazione spaziale -aderenza tra la forma rappresentata e la realtà Linguaggio che pur avendo intento comunicativo e sintassi comprensibile è mancante di logica PUNTI DI SODDISFAZIONE Nel gioco Nella quotidianità Nei rapporti Nella risposta alle proposte Nel mettere in gioco sé e le proprie risorse DESCRVERE CIO’CHE FUNZIONA Cosa cambia