DISPENSA DSA-ADHA - 1° Circolo Didattico "E. De Amicis" di

DISPENSA
I DISTURBI SPECIFICI
DELL'APPRENDIMENTO
DSA
E
DISTURBO DA DEFICIT DI
ATTENZIONE CON
IPERATTIVITA’
ADHD
A CURA DELLE INS. SIERNA AURORA TERESA, TESAURO ANGELA,
TARASCIO GIOVANNA, PELLIGRA TERESA
I Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) sono disturbi delle abilità scolastiche,
di tipo settoriale, che riguardano difficoltà specifiche della lettura, della scrittura e del
calcolo in presenza di una intelligenza nella norma e si evidenziano con la frequenza
del bambino della scuola primaria. I DSA possono essere evolutivi o acquisiti: sono
detti evolutivi quando si evidenziano durante il periodo dello sviluppo, sono acquisiti
se si acquisiscono in seguito a una lesione per esempio ictus, quindi vengono a
mancare le capacità di cui il soggetto era in possesso precedentemente.
I DSA comprendono:
- Disgrafia: è una specifica difficoltà nella realizzazione dei grafemi.
- Disortografia: è uno specifico disturbo nella correttezza della scrittura (processo di
trascrizione tra fonologia e rappresentazione grafemica della parola, frequenti errori
grammaticali, ortografici). - Dislessia: è uno specifico disturbo nella velocità e nella
correttezza di lettura (automatizzazione del processo di decodifica dei segni grafici.
-Discalculia: è una debolezza nella strutturazione delle componenti di cognizione
numerica (intelligenza numerica basale, meccanismi di quantificazione, etc.) e/o
difficoltà nelle procedure esecutive (lettura, scrittura, messa in colonna dei numeri)
e/o difficoltà nel calcolo. Nonostante un quoziente intellettivo nella norma, la
capacità di questi bambini di apprendere codici alfabetici e numerici resta limitata.
Ciò significa che quasi tutti i bambini affetti da DSA riescono ad apprendere lettura,
scrittura e calcolo, ma in modo non altrettanto automatizzato rispetto ai loro
compagni. Ma ne esistono anche altri meno noti come la disprassia e la disonomia.
La disprassia riguarda la difficoltà a mettere in sequenza dati, periodi,
denominazioni per esempio i mesi, gli anni, i giorni della settimana, ricordare la
successione dei movimenti da fare per “allacciare le scarpe”. La disnomia è la
difficoltà a ricordare e a usare i nomi in modo pertinente, la capacità di trovare la
parola che corrisponde al significato che il soggetto ha intenzione di esprimere per
esempio distruttivo/catastrofico. Questa famiglia di disturbi è denominata con il
prefisso dis che sta a significare come disarmonica evoluzione degli apprendimenti,
quindi l’opposto di quanto avviene in modo naturale nei bambini tutto il processo
cognitivo. I DSA si possono manifestare separatamente, ma non è difficile che si
presentino in associazione tra loro nonostante si tratti di diverse abilità. E’ in questo
caso che si è di fronte alla comorbilità (presenza di più patologie). Dislessia,
disgrafia e disortografia tra loro associate costituiscono la sindrome disprassica a base
neuromotoria. Tale sindrome compromette le abilità che richiedono un’esecuzione
sequenziale temporale e/o spaziale, soprattutto da sinistra a destra. I Disturbi
Specifici di Apprendimento coinvolgono diffusamente altre aree funzionali come la
motricità, la percezione, la memoria, il linguaggio e il pensiero nelle loro
manifestazione sequenziali , simultanee e coordinate. Tutto ciò si evidenzia
se
osservate nelle prestazioni rapide, in condizione di stanchezza o di pressione emotiva.
Frequentemente coesiste con il DSA il disturbo da deficit di attenzione e iperattività
(ADHD). L’espressività di questi disturbi procede verso un graduale miglioramento
del quadro funzionale, che può essere accelerato da interventi abilitativi tempestivi e
mirati.
DISGRAFIA
Che cosa è la disgrafia?
La disgrafia è un disturbo della scrittura e consiste nell’avere difficoltà a scrivere a
mano sia segni grafici che numerici, il cui tracciato appare incerto, irregolare e
illeggibile, nella forma e nella dimensione. Emerge nel bambino dopo i primi anni di
scuola primaria (terza) perché inizialmente si confonde lo sforzo ed il disordine nella
scrittura con la fatica dell’apprendimento. La disgrafia o è dovuta a deficit di
coordinazione motoria che rende difficoltosi movimenti tesi ad un determinato fine;
oppure ad una “lateralizzazione incompleta”. Per lateralizzazione si intende quel
processo che è alla base della coordinazione mano-occhio che consente movimenti
sincroni e precisi come quelli della scrittura.
Quali sono i diversi tipi di disgrafia
1. Nella disgrafia dislessicale la scrittura spontanea di testi è illeggibile specialmente
se il testo è complesso. La capacità di scrivere testi dettati oralmente è povera ma il
disegno e la copia di testi scritti sono relativamente normali. La velocità della
capacità motoria fine è anormale.
2. Nella disgrafia motoria sia lo scritto spontaneo che la copia di testi sono
illeggibile. La capacità di scrivere sotto dettatura può essere normale ma il disegno è
problematico. La velocità della capacità notoria fine è anormale.
3. Nella disgrafia spaziale i soggetti mostrano una calligrafia illeggibile in tutti gli
scritti; sia in quelli spontanei che in quelli copiati. Lo spelling orale è normale ma il
disegno è molto problematico.
Sintomi
La mano dei bambini affetti da disgrafia scorre con fatica sul piano di scrittura e
l'impugnatura della penna è spesso scorretta. La capacità di utilizzare lo spazio a
disposizione per scrivere è, solitamente, molto ridotta: il bambino non rispetta i
margini del foglio, lascia spazi irregolari tra i grafemi e tra le parole, non segue la
linea di scrittura e procede in “salita” o in “discesa” rispetto al rigo. La pressione
della mano sul foglio non è adeguatamente regolata; talvolta è eccessivamente forte
(per eccesso di tensione) e il segno lascia un'impronta marcata anche nelle pagine
seguenti del quaderno, talvolta è debole e la grafia è svolazzante (scarsa tenuta
psicofisica). Il tono muscolare è spesso irrigidito o, al contrario eccessivamente
rilasciato. Sono inoltre frequenti le inversioni nella direzione del gesto, che si
evidenziano sia nell’esecuzione dei singoli grafemi che nella scrittura autonoma, che
a volte procede da destra verso sinistra. Il bambino disgrafico presenta difficoltà
notevoli anche nella copia e nella produzione autonoma di figure geometriche (tende
ad arrotondare gli angoli ed a non chiudere le forme). Anche il livello di sviluppo del
disegno è spesso inadeguato all’età; la riproduzione di oggetti o la copia di immagini
è molto generica ed i particolari risultano poco presenti. La copia di parole e di frasi è
scorretta; sono presenti inversioni nell'attività grafo-motoria ed errori dovuti a scarsa
coordinazione oculo-manuale. La copia dalla lavagna è ancora più difficile, in quanto
il bambino deve portare avanti più compiti contemporaneamente: distinzione della
parola dallo sfondo, spostamento dello sguardo dalla lavagna al foglio, riproduzione
dei grafemi. Le dimensioni delle lettere non sono rispettate, la forma è irregolare,
l'impostazione invertita, il gesto è scarsamente fluido, i legami tra le lettere risultano
scorretti. Tutto ciò rende spesso la scrittura incomprensibile al bambino stesso, il
quale non può quindi neanche individuare e correggere eventuali errori ortografici.
Anche il ritmo di scrittura risulta alterato; il bambino scrive con velocità eccessiva o
con estrema lentezza, ma la sua mano esegue movimenti a “scatti”, senza armonia del
gesto e con frequenti interruzioni: il movimento flessorio pronatorio/supinatorio della
mano è disarmonico e influenza negativamente le inversioni del gesto (ad esempio
nei risvolti e nei collegamenti) che perdono la naturale curvilineità. La velocità è
alterata in entrambe le direzioni: la scrittura può farsi estremamente lenta (sintomo di
enorme sforzo psicofisico) ma anche eccessivamente veloce (sintomo di una
sovreccitazione psiconervosa), le forme grafiche sono frammentate, le prassie
scollegate tra loro, non sono rispettati gli equilibri della dimensione, spesso sono
come "ammaccate". In sintesi, la disgrafia è una anomalia del movimento corsivo e
della condotta del tratto che si traduce in difficoltà di coordinamento, irregolarità
delle spaziature, malformazioni e discordanze di ogni tipo associate ad un tratto di
pessima qualità.
Cosa causa la disgrafia
Alcune persone con disgrafia mancano solo della coordinazione motoria fine per
produrre una calligrafia leggibile; altri invece possono avere tremori fisici che
interferiscono con la scrittura. Alcuni esperti credono che la disgrafia coinvolga una
disfunzione nell’interazione tra i due principali i due sistemi principali sistemi
cerebrali che permettono al soggetto di tradurre dal linguaggio mentalizzato a quello
scritto (tradizione dal grafema al fonema, dal suono al simbolo e dalle parole
mentalizzate a quelle scritte). Alcuni studi hanno mostrato che l’attenzione condivisa,
la capacità mnemonica e la familiarità con il materiale grafico hanno delle
conseguenze sulla capacità di scrittura (calligrafia) della persona. Tipicamente una
persona con una calligrafia illeggibile ha una combinazione di difficoltà nella
motricità fine, nella capacità di rivisualizzare le lettere e una inabilità nel ricordare i
pattern on (coordinazioni) motori per la forma delle lettere.
L’intervento per il bambino disgrafico
Il bambino disgrafico necessita di un intervento specialistico, poiché il solo recupero
effettuato in ambito scolastico spesso può non essere sufficiente. Nel corso di questo
secolo molti sono stati i metodi elaborati per la terapia della disgrafia; vari autori
hanno espresso pareri contrastanti, ma, quasi sempre, si è considerato come unico
rimedio l'esercizio ripetitivo, finalizzato al raggiungimento di una più adeguata
coordinazione della mano, trascurando spesso la motricità globale e le attività
percettive. Riteniamo che considerare esclusivamente gli aspetti grafici e grafomotori, sia molto riduttivo rispetto a quelle che sono le lacune presenti nelle
competenze di base coinvolte. Le esperienze portate avanti in questo senso hanno
inoltre dimostrato che può verificarsi un miglioramento nell'esecuzione dei prodotti
grafici, ma spesso, una volta abbandonato l'esercizio, la difficoltà si ripresenta, poiché
le lacune che ne stanno alla base non sono state sufficientemente ridotte. Il recupero
della disgrafia deve essere portato avanti da operatori qualificati, in stretta
collaborazione con la scuola, la quale può offrire valide risorse concorrendo così allo
sviluppo delle varie capacità strettamente collegate con il disturbo della scrittura.
Il contributo competente dei docenti può garantire migliori risultati, favorendo la
conquista di una strumentalità più adeguata e, al tempo stesso, promuovendo
situazioni comunicative all'interno delle quali possano essere valorizzati sia i codici
verbali che non verbali. Il progetto terapeutico deve essere personalizzato in relazione
alle caratteristiche psicologiche del soggetto, agli ambiti di competenza, potenzialità
e difficoltà riscontrati, ai tempi di attenzione, ai livelli motivazionali e di
metacognizione individuati. La capacità di porsi in relazione positiva e significativa
da parte dell'operatore e la partecipazione attiva del soggetto stanno al primo posto e
sono il segreto per ogni buon intervento; il bambino dovrà essere informato circa il
lavoro da svolgere, anzi, egli stesso dovrà essere coinvolto nella formulazione degli
obiettivi che, di volta in volta, sarà possibile raggiungere e nel monitoraggio del
proprio lavoro. Solo se sarà protagonista del proprio processo di sviluppo, potrà
coinvolgersi attivamente nelle proposte, autogratificarsi per i piccoli progressi, non
scoraggiarsi di fronte agli insuccessi né arrendersi davanti ad attività spesso un po’
noiose e ripetitive. Il programma di intervento proposto può essere suddiviso in due
itinerari che devono essere portati avanti parallelamente:
a) itinerario relativo allo sviluppo delle competenze di base
b) itinerario specifico per la scrittura
Il primo itinerario è finalizzato alla riduzione delle lacune riscontrate nelle capacità di
base; il secondo itinerario ha invece lo scopo di promuovere la conquista di capacità
di scrittura più adeguate. E' importante quindi che i due percorsi siano proposti
parallelamente e con gradualità, per evitare di rimandare nel tempo la conquista di
quelle capacità grafo-motorie che possono gratificare il bambino, permettendogli di
verificare che, anche a scuola, si iniziano a vedere risultati positivi. Le competenze di
base su cui è importante lavorare sono le seguenti:
- percezione
- organizzazione spazio-temporale
- integrazione spazio-temporale (ritmo)
- conoscenza e rappresentazione dello schema corporeo
- equilibrio e coordinazione
- rilassamento
- lateralità
- coordinazione visuo-motoria e oculo-manuale
Le attività relative a queste competenze devono essere proposte sia parallelamente sia
in modo "intrecciato", cioè attraverso esercizi-gioco che richiedono lo sviluppo il
potenziamento di singole competenze e attraverso esercizi - gioco che richiedono lo
sviluppo e il potenziamento di più competenze insieme. E' importante ricordare che
ciò che è acquisito dovrà lasciare il posto ad attività gradualmente più complesse ed
evolute. L'itinerario specifico per la scrittura comprende attività relative a:
- impostazione dei grafemi e scrittura in stampato maiuscolo
- impostazione dei grafemi e scrittura in corsivo
Queste attività sono finalizzate alla riduzione delle difficoltà grafo-motorie che
interferiscono nella scrittura e alla graduale conquista di più adeguate competenze di
comunicazione scritta.
Alcuni suggerimenti di materiale da poter adottare:
L'uso di quaderni colorati che guidano sia alla corretta impostazione dei segni
alfabetici che al rispetto dello spazio grafico ("Quaderni Erickson, Edizioni Centro
Erickson, Trento).
I quaderni colorati sono di tre tipi:
a) Il quaderno colorato I° livello
Utilizziamo il quaderno Erickson Livello I° per la riproduzione dei grafemi in
stampato maiuscolo, da combinare poi per scrivere parole gradualmente più
complesse.
b) Il quaderno colorato 2° livello e il passaggio al corsivo
Usando il quaderno colorato 2° livello diamo al bambino precise indicazioni per
l'impostazione corretta della scrittura in corsivo procedendo con attività sempre più
articolate.
Ecco una traccia da seguire:
- Impostazione dei singoli grafemi seguendo i suggerimenti delle pagine precedenti
- Sequenze di grafemi
- Suddivisione dei grafemi nelle quattro categorie (grafemi piccoli, grafemi alti,
grafemi bassi, grafemi alti-bassi) e successive attività di memorizzazione
- Scrittura di sillabe, parole bisillabe, trisillabe
- Scrittura di frasi sempre più complesse
c) Il quaderno colorato 3° livello
Questo quaderno viene utilizzato quando i bambini frequentano già oltre la seconda
classe; serve per ridurre la dimensione della scrittura mantenendo i riferimenti
spaziali e facilitando il lavoro al bambino.
Raccomandazioni
Il lavoro sulla grafia deve essere costantemente abbinato ad attività di lettura e di
ortografia; è quindi consigliabile proporre gli esercizi di scrittura ad esercizi
fonologici, metafonologica e di decodifica. Le attività fin qui descritte necessitano di
essere, a livelli diversi di difficoltà, periodicamente riproposte al bambino disgrafico;
le sue acquisizioni, infatti, procedono con lentezza, il suo processo di sviluppo grafo motorio ha bisogno di essere sollecitato, incoraggiato e gratificato, affinché la
motivazione ad apprendere rimanga viva e le conquiste maturate permangano nel
tempo. Indicazioni utili per la diagnosi e la terapia sono contenute nel libro: Disgrafia
e difficoltà grafo-motorie, Edizioni Centro Erickson, Trento.
Disgrafia e collaborazione della famiglia
Il bambino disgrafico possiede livelli di autonomia quotidiana piuttosto bassi in
relazione all'età cronologica. Le difficoltà di coordinazione dinamica e visuo-motoria
interferiscono infatti nelle sue prestazioni, che risultano goffe, impacciate, lente e
imprecise. I genitori, d'altro canto, sono spesso portati ad anticipare azioni e ad
eseguirle al posto del bambino ed è per questo che si riscontrano il più delle volte
significative ripercussioni anche nell'autonomia personale; le difficoltà più
frequentemente
riscontrate
sono
le
seguenti:
- difficoltà nell'esecuzione autonoma delle attività quotidiane (vestirsi, lavarsi,
prepararsi
lo
zaino...)
- difficoltà ad eseguire attività quotidiane che richiedono una adeguata coordinazione
oculo-manuale e motoria (tagliarsi la carne, mangiare con precisione, allacciarsi le
scarpe ...)
- difficoltà ad orientarsi nello spazio a disposizione
- difficoltà a localizzare i materiali che servono in un determinato momento
- difficoltà a tenere in ordine i propri materiali
- difficoltà nel gioco costruttivo da effettuare su modello dato
- difficoltà ad orientarsi nel tempo quotidiano: essere puntuali, saper aspettare il
momento giusto, sapere con precisione che momento della giornata stiamo vivendo
- Difficoltà a sapere più o meno che ore sono.
- Difficoltà ad orientarsi nell'orario scolastico( successione delle materie,
organizzazione dei compiti...)
- Difficoltà ad orientarsi nel tempo prossimale (ieri, oggi, domani...)
- Difficoltà a leggere l'orologio
- Difficoltà a memorizzare i giorni della settimana
- Difficoltà ad orientarsi nei giorni della settimana (che giorno è oggi... che giorno era
ieri... che giorno sarà domani...)
- Difficoltà a memorizzare i mesi dell'anno e ad orientarsi rispetto alle festività.
La famiglia può collaborare, permettendo al bambino la conquista graduale di nuove
competenze legate all'autonomia personale, evitando così che egli possa sentirsi
incapace non solo in ambito scolastico, ma anche nella quotidianità e facendo leva
sulle reali capacità individuate nel corso dell'osservazione.
Disgrafia e disagio psicologico
Purtroppo è frequente che le difficoltà specifiche di apprendimento non vengano
individuate precocemente e il bambino è costretto così a vivere una serie di insuccessi
a catena senza che se ne riesca a comprendere il motivo. Quasi sempre i risultati
insoddisfacenti in ambito scolastico vengono attribuiti allo scarso impegno, al
disinteresse verso le varie attività, alla distrazione e così questi alunni, oltre a
sostenere il peso della propria incapacità, se ne sentono anche responsabili e
colpevoli. L'insuccesso prolungato genera scarsa autostima; dalla mancanza di fiducia
nelle proprie possibilità scaturisce un disagio psicologico che, nel tempo, può
strutturarsi e dare origine ad una elevata demotivazione all'apprendimento e a
manifestazioni emotivo -affettive particolari quali la forte inibizione, l'aggressività,
gli atteggiamenti istrionici di disturbo alla classe e, in alcuni casi, la depressione.
Il soggetto con disturbo di apprendimento vive quindi il proprio problema a tutto
tondo e ne rimane imprigionato fino a che non si fa chiarezza, fino a che non viene
elaborata una diagnosi accurata che permette finalmente di scoprire le carte.
La disgrafia pone il bambino di fronte alla certezza della propria incompetenza,
poiché è l'aspetto più visibile del suo apprendimento; il suo quaderno è pasticciato,
sgualcito, pieno di correzioni e segni rossi e di una serie di parole incomprensibili che
sembrano gli scarabocchi dei piccoli quando "fanno finta" di scrivere. Quel quaderno
è un segno tangibile della sua incapacità e l'alunno finisce per identificarsi con esso:
non è la sua scrittura che non va bene, è egli stesso a non andare bene. A scuola si
scrive, ma non solo durante le ore di educazione linguistica: si scrive sempre, in ogni
materia, si scrive anche troppo e quello zaino diventa il contenitore delle difficoltà.
Ma lo zaino non si lascia a scuola, si porta anche a casa, per fare i compiti per il
giorno dopo, per mostrare il lavoro di scuola ai genitori e va a finire che quello zaino
si finisce per portarlo sulle spalle ovunque, almeno fino a che non si trova una via di
uscita. Il bambino disgrafico, come spesso capita in genere al bambino con disturbo
di apprendimento, vive sulla propria pelle la difficoltà; egli si trova a far parte di un
contesto(la scuola) nel quale vengono proposte attività per lui troppo complesse e
astratte, ma osserva che la maggior parte dei compagni si inserisce con serenità nelle
attività proposte ed ottiene buoni risultati. Sente su di sé continue sollecitazioni da
parte degli adulti ("stai più attento!"; " impegnati di più!"; "hai bisogno di esercitarti
molto"...) e spesso non trova soddisfazione neanche nelle attività extrascolastiche,
poiché le lacune percettivo-motorie possono non farlo "brillare" nello sport o non
renderlo pienamente autonomo nella quotidianità. Ecco che si percepisce come
incapace e incompetente rispetto ai coetanei e inizia a maturare un forte senso di
colpa; si sente responsabile delle genitori. Talvolta, per non percepire il proprio
disagio mette in atto meccanismi di difesa che non fanno che aumentare il senso di
colpa, come il forte disimpegno ("Non scrivo perché non ne ho voglia!"; "Non
eseguo il compito perché non mi interessa"...) o l'attacco(aggressività). Talvolta il
disagio è così elevato da annientare il soggetto ponendolo in una condizione emotiva
di forte inibizione e chiusura. Ecco che è davvero importante individuare
precocemente il problema, dare prima possibile il via ad un adeguato percorso,
finalizzato sia alla riduzione della difficoltà specifica che alla maturazione di più
adeguati livelli di autostima. E' chiaro che risulta indispensabile il coinvolgimento
della scuola e della famiglia, in quanto luoghi e scenari di vita del soggetto: il
riconoscimento della difficoltà, l'individuazione delle capacità, la comprensione del
vissuto emotivo-affettivo, la valorizzazione degli ambiti di competenza e la
promozione di più adeguati livelli di sviluppo, potranno garantire buoni risultati sia
sul piano grafo-motorio che per il bambino "intero".
Metodologie per il trattamento della disgrafia
Nell’impostazione di un intervento riabilitativo è molto importante lavorare sulla
motivazione del soggetto; il primo passo è infatti quello di stimolare il desiderio di
scrivere ed a tal fine è fondamentale stabilire una relazione di fiducia con il bambino,
spiegando e motivando le varie attività proposte come finalizzate al recupero delle
varie abilità. Secondariamente è necessario fare un esame delle della varie abilità del
soggetto, per individuare quelle maggiormente carenti, sulle quali verrà poi impostato
il programma. La prevenzione, la riabilitazione e la compensazione sono tutti
elementi importanti per il trattamento della disgrafia. Si possono prevenire molti
problemi mediante un training precoce. I bambini alla scuola materna e nel corso del
primo anno delle elementari dovrebbero imparare a formare insieme di lettere in
modo corretto; l’uso della memoria cinestetica per farlo è però un’abitudine scorretta
e molto difficile da eliminare. Il training muscolare e l’insegnamento di buone
tecniche sono entrambi importanti per la riabilitazione nella disgrafia. Per tutti i
disgrafici, lo scritto cinestetico, che consiste nello scrivere a occhi chiusi o comunque
nell’ allontanare lo sguardo da ciò che viene scritto, è un potente rinforzo. In tutte le
riabilitazioni occorre sempre iniziare il lavoro con la formazione di lettere scritte
individualmente ed in modo isolato. Occorre inoltre far sì che il soggetto faccia uso
dell’ alfabeto tutti i giorni e spesso per molti mesi. Alla fine di tutto questo processo i
soggetti sottoposti a training possono avere dei vantaggi derivanti dalla riabilitazione
o dalle compensazioni che si sono istaurate. In metodo efficace consiste nell’
insegnare al soggetto l’uso del processore word in modo da sorvolare sulla
componente motoria richiesta per l’atto dello scrivere. Un atro metodo per arginare
tale problema è permettere allo studente di rispondere alle domande oralmente o
mediante registrazione della risposta a voce su nastro audio i modo da non scrivere.
Altre metodologie potrebbero essere quelle di modificare i compiti in classe
richiedendo sempre meno di scrivere o dando più tempo a tali soggetti. Un ulteriore
modo per aiutare tali soggetti potrebbe essere quello di fornire uno schema sintetico
con spazi a sinistra che devono essere riempiti con informazioni riassuntive dello
studente. Scrivere su un piano leggermente inclinato li può aiutare.
DISORTOGRAFIA E DISLESSIA
La disortografia è un disturbo specifico della scrittura che non rispetta regole di
trasformazione del linguaggio parlato in linguaggio scritto, non imputabile alla
mancanza di esperienza o a deficit motori o sensoriali. I bambini affetti da tale
disturbo sono intelligenti, ma commettono un numero maggiore di errori nella
scrittura rispetto a quanto previsto in base alla loro età e livello di istruzione. Tali
errori si presentano nella scrittura di: parole (sostituzioni, inversioni, assenza di
doppie), frasi e periodi (errori della struttura sintattica, cattivo uso dei tempi e dei
modi dei verbi, disordine temporale nella descrizione degli eventi). La disortografia
è, quindi, la difficoltà a tradurre correttamente i suoni che compongono le parole in
simboli grafici. Alla disortografia si affianca spesso la disgrafia che è un disturbo del
ritmo neuromotorio della scrittura (nulla a che fare con la calligrafia) non sempre
dipendente da altri disturbi specifici dell'apprendimento.
I sintomi della disortografia possono essere:
• omissioni di grafemi o parti di parola (es. pote per ponte o camica per camicia),
• sostituzioni di grafemi (es. vaccia per faccia; parde per parte),
• inversioni di grafemi (es. il per li; spicologia per psicologia).
La disortografia è la difficoltà a tradurre correttamente i suoni che compongono le
parole in simboli grafici; essa si presenta con errori sistematici che possono essere
così distinti:
• confusione tra fonemi simili: il soggetto confonde cioè i suoni alfabetici che si
assomigliano, ad esempio f e v; t e d; b e p; l e r, ecc.
• confusione tra grafemi simili: in questo caso il soggetto ha difficoltà a
riconoscere i segni alfabetici che presentano somiglianza nella forma, ad
esempio: b e p;
• scambio grafema omofono (scualo per squalo)
• omissioni : è frequente che il soggetto tralasci alcune parti della parola, ad
esempio la doppia consonante (palla- pala); la vocale intermedia (fuoco-foco);
consonante intermedia (cartolina- catolina);
• inversioni : questo tipo di errore riguarda le inversioni nella sequenza dei suoni
all’interno della parole, ad esempio: sefamoro anziché semaforo;
• aggiunta di lettere o sillabe (ad esempio cavololo per cavolo);
• fusioni illegali (lacasa per la casa, lalbero per l’albero) ;
• scambio grafema omofono (scualo per squalo)
• separazioni illegali (l’avandino per lavandino).
La disortografia può derivare da una difficoltà di linguaggio, da scarse capacità di
percezione visiva e uditiva, da un'organizzazione spazio- temporale non ancora
sufficientemente acquisita, da un processo lento nella simbolizzazione grafica.
Abilità di base particolarmente compromesse:
• Difficoltà di linguaggio
• Scarse capacità di percezione e discriminazione visiva e uditiva
• Organizzazione e integrazione spazio-temporale non ancora acquisita
• Processo lento nella simbolizzazione grafica.
• Difficoltà metafonologiche
• Dominanza laterale non adeguatamente acquisita
Cosa fare?
E’ necessario un intervento di recupero specialistico che miri a un miglioramento
della produzione scritta e che tenga conto anche degli aspetti emotivi connessi.
Il trattamento della disortografia
Spesso è consigliabile un intervento riabilitativo eseguito da un esperto. In seguito ad
un’accurata valutazione clinica del profilo neuropsicologico e ad un’analisi
qualitativa delle difficoltà manifestate dall’alunno, il riabilitatore programma un
intervento individualizzato, il cui obiettivo consiste nel potenziamento dei processi
cognitivi implicati nella scrittura. L’intervento si svolge per mezzo di sedute
“individualizzate” con il bambino/ragazzo. Solitamente, la riabilitazione delle
competenze di scrittura si esegue contemporaneamente alle abilità di lettura, poiché
le funzioni cognitive implicate sono complementari.
Riabilitazione a livello elementare
1. Riabilitazione delle componenti fonologiche e metafonologiche
A seconda delle caratteristiche cliniche dell’alunno può essere opportuno riabilitare le
componenti fonologiche e metafonologiche. Si insegna al bambino a ragionare sui
suoni (fonemi). Si eseguono esercizi di fusione fonemica: il riabilitatore pronuncia
una sequenza di fonemi ed il bambino deve fonderli per ottenere la parola
corrispondente, es. O - R - O, il bambino deve indovinare che si tratta della parola
ORO. In seguito il numero dei fonemi aumenta gradualmente. Si eseguono anche
esercizi di segmentazione fonemica: il riabilitatore pronuncia una parola ed il
bambino deve segmentare pronunciando la sequenza di fonemi che compongono
quella parola. Es. ORO, il bambino deve fare lo spelling O - R - O.
2. Insegnare la mappatura dei suoni del linguaggio
In altri casi il bambino deve apprendere la mappatura dei suoni, la transcodifica
segno-suono, le corrispondenze grafema-fonema: in questi processi sono implicate
anche le abilità visuo-spaziali. Si costruisce un alfabetiere individualizzato, insieme
con il bambino. Egli deve esercitarsi a riconoscere visivamente il grafema, attraverso
il processamento di informazioni visuo-spaziali. In seguito all’identificazione veloce
del simbolo grafico, l’alunno deve associarlo al suono corrispondente.
3. Primi passi nella letto-scrittura
Il lavoro comincia con le vocali, per passare poi alle consonanti continue
(allungabili), ed infine le consonanti occlusive. E’ necessario pronunciare il suono
della lettera (es. L) e non il nome (elle). Dopo aver presentato il grafema ci si cimenta
con la fusione di fonemi attraverso la lettura di dittonghi (es. AO, EA, UA) ed in
seguito di sillabe, es. LE, LO, LU, LI, LA, OL, IL, AL, UL, EL. Il riabilitatore
inventa attività motivanti, accattivanti es. tombole, sfide ecc. Si utilizzano le lettere
mobili per esercitarsi nella lettura di dittonghi, sillabe e, in seguito, parole, oltre che
nella scrittura di dittonghi, sillabe e, in seguito, parole. Il riabilitatore, a seconda dei
casi, imposta l’attività selezionando la quantità ed il tipo di lettere che l’alunno dovrà
utilizzare. La lettura di parole comincia con parole piane bisillabe (es. LUNA), in cui
sono presenti consonanti continue, scritte in stampato maiuscolo e bicolori, cioè la
vocale in rosso e la consonante in nero, per facilitare ulteriormente. Il bambino
procede poi alla scrittura della medesima parola con marcatori sillabici e lettere
mobili da scegliere e posizionare in sequenza. Infine procede con la scrittura a penna.
I passaggi appena descritti si svolgono anche con: parole piane bisillabe con
consonanti occlusive (Occlusivi si dicono i suoni pronunciati con la chiusura del
canale articolatorio. Le occlusive si classificano a seconda del livello in cui la
chiusura avviene: nelle labiali (p, b, m es: pane, bocca, mela) si ha chiusura delle
labbra; nelle dentali (t, d, n es: dito) la punta della lingua tocca gli incisivi superiori;
nella nasale palatale (gnomo) la lingua tocca un’area più arretrata, in corrispondenza
del palato duro; nelle velari (k e g cane gatto) la lingua tocca il velo palatino). Parole
piane trisillabe (es. LIMONE). Parole piane che cominciano con vocale (es. ASINO).
Parole contenenti l’incontro di 2 consonanti (es. MONDO).
L’apprendimento dei gruppi ortografici complessi
Nella lingua italiana esistono dei gruppi di sillabe la cui transcodifica risulta più
complicata. Essi sono: CA CO CU CHI CHE CI CE GA GO GU GHI GHE GI GE
SCI SCE GN GLI. Al fine di facilitare l’apprendimento di tali gruppi sillabici, il
riabilitatore può creare insieme all’alunno un alfabetiere che evoca il suono
corrispondente, e ne fissa la compitazione ortografica. In un secondo momento è
necessario consolidare il riconoscimento acustico del gruppo ortografico, facendo
ragionare il bambino sul suono (gruppo ortografico) specifico su cui si sta lavorando:
ad es. distinguere ci di cipolla da ce di ceppo, o da chi di occhi, o da gi di giostra.
Successivamente è opportuno eseguire esercizi che rafforzano l’associazione suonogruppo grafemico, facendo identificare al bambino il gruppo ortografico all’interno di
parole scritte. Infine ci si esercita per giungere all’automatizzazione del
riconoscimento ortografico e della produzione scritta.
Esercizi di letto-scrittura
Le abilità di lettura e di scrittura si potenziano e si rinforzano reciprocamente. Per la
scrittura di parole si utilizzano dei marcatori sillabici in corrispondenza di ciascuna
sillaba; dopo aver posizionato i marcatori sillabici, ogni sillaba viene scritta con le
lettere mobili, al fine di alleviare l’alunno dallo sforzo della produzione manuale, e
far sì che si concentri sulla compitazione ortografica. Per la scrittura di frasi si
utilizzano dei marcatori lessicali, utili per scandire ogni parola ed evitare i tipici
errori di fusione o di segmentazione. L’uso dei marcatori è un buon escamotage per
alleggerire il carico della memoria e far sì che l’alunno focalizzi l’attenzione sulle
funzioni cognitive specifiche della letto-scrittura.
Riabilitazione nei bambini più avanzati
1.Riabilitazione delle competenze ortografiche
Per esercitarsi a scrivere correttamente le parole contenenti le doppie, si è verificato
che risultano utili attività di segmentazione sillabica. Per non commettere errori con
gli apostrofi, è opportuno insegnare le regole ortografiche (la ape), disambiguare a
livello semantico (lago-l’ago), e ampliare il lessico ortografico (l’ascia-lascia).
Per inserire correttamente l’H del verbo avere, è necessario far sì che l’alunno
acquisisca competenze grammaticali, attraverso esercitazioni con istruzioni-guida.
Al fine di scrivere correttamente parole contenenti accenti, si possono svolgere
esercizi fonologici utili per la discriminazione del suono, ad esempio divàno o
dìvano? Infine, per insegnare a gestire ortografie complesse, o ambigue, o parole
omofone ma non omografe, è necessario favorirne la ritenzione nel lessico
ortografico, cioè la memorizzazione della rappresentazione ortografica, per mezzo di
esercizi di ampliamento lessicale.
2. Ampliamento del lessico fonologico e del lessico ortografico
Ampliare il proprio vocabolario personale aiuta il riconoscimento veloce della parola.
L’estensione quantitativa, ma anche qualitativa del patrimonio lessicale, migliora le
abilità di:
• fluidità verbale,
• correttezza e rapidità in letto-scrittura, nonché comprensione,
• correttezza ortografica.
Esercitazioni che consentono di immagazzinare la rappresentazione ortografica di un
numero sempre maggiore di parole rendono possibile la loro reperibilità immediata,
ai fini di una lettura più scorrevole e/o di una riproduzione scritta più corretta.
3. Strumenti compensativi
Se,
malgrado
un
intervento
riabilitativo
mirato,
il
Disturbo
Specifico
dell’Apprendimento permane e per il ragazzo risulta pesante affrontare le discipline
scolastiche, vale la pena adoperarsi affinché egli non perda la motivazione alle
materie scolastiche, non perda la possibilità di accedere a nuove informazioni e
apprendimenti. Infatti, anche un ragazzino con grave Disturbo Specifico
dell’Apprendimento può apprendere: gli è però impossibile farlo attraverso la lettoscrittura e quindi è necessario offrirgli degli strumenti compensativi che gli
consentano di apprendere (la storia, la geografia, le scienze), di accedere alle
informazioni, di rendersi autonomo in ambito scolastico, di sentire che “può farcela”
da solo. Le nuove tecnologie informatiche mettono a disposizione dei programmi che
permettono di vicariare, compensare le difficoltà dei bambini dislessici. Esistono dei
software con sintesi vocale, che trasforma il testo digitale in audio simulando
adeguatamente la lettura umana, e altro software che semplifica e supporta l’abilità di
scrittura. Il ragazzo può apprendere autonomamente le materie di studio.
Gli strumenti utilizzabili sono:
• Libri digitali;
• Sintesi vocale;
• Predizione ortografica;
• Suggerimento lessicale;
• Controllo ortografico;
• Calcolatrice;
• Strategie di studio adattate.
Per padroneggiare al meglio la scrittura è necessario disporre di alcune competenze di
base. Si tratta infatti di un’attività complessa che avviene in più momenti e che
prevede una forte coordinazione sia visivo-fonologica che motoria. Se una di queste
specifiche abilità venisse a mancare, ci troveremmo di fronte a dei disturbi della
scrittura che nel primo caso prenderebbero il nome di disortografia, nel secondo di
disgrafia. La disgrafia è caratterizzata da una grafia poco fluida, di difficile
comprensione, disordinata, lenta. È quindi un disturbo che va ad intaccare la mera
resa “grafica” del testo e non ne pregiudica la correttezza ortografica. La disortografia
è invece l’incapacità di tradurre in maniera corretta nello scritto quelli che sono i
suoni del linguaggio parlato. È strettamente connessa alla dislessia e ne presenta tutti
i sintomi più caratteristici, solo trasposti nella scrittura. Come già scritto, ci sarà
quindi confusione fra fonemi simili, come ad esempio fra consonanti sorde e sonore,
e fra grafemi simili, cioè fra lettere che si scrivono in maniera identica, solo
rovesciate o invertite, come la “b” e la “d”. Ci saranno inversioni nella successione
dei foni all’interno della parola, ottenendo parole come “peraco” piuttosto che
“pecora” e “cilaca” anziché “cicala”. Potremmo trovarci di fronte a casi di omissione,
come la lenizione di consonanti doppie o la caduta di consonanti e vocali intermedie.
Avremo casi di separazione e mal accentazione. Sono state elaborate molte ipotesi
sulla causa di tale deficit, ma finora non si è mai giunti a risultati univoci ed esaustivi.
Sappiamo che ogni emisfero è adibito al controllo della parte opposta del corpo:
piede, braccio e dita sinistri sono quindi controllati dall’emisfero destro, e viceversa.
Nell’emisfero sinistro è notevolmente più sviluppata la zona adibita al linguaggio ed
è proprio di quella zona che usufruiranno i destrimani durante il processo di scrittura.
I mancini invece, contrariamente alla stragrande maggioranza di essi, utilizzeranno
l’emisfero destro, meno specializzato in tal senso. Proprio per questo si è portati a
credere che la maggior causa di disturbi quali la dislessia e la disortografia siano
proprio il mancinismo e la mal laterizzazione. Queste tesi sono supportate anche dalle
statistiche, secondo cui circa la metà dei dislessici sarebbero mancini. Altri ritengono
che l’eziologia di questo deficit sia da ricercare in una errata organizzazione spaziotemporale. I bambini che ne sono affetti, infatti, spesso non riescono a distinguere
bene destra e sinistra e fanno confusione soprattutto con quelle lettere di forma
identica, però invertite. Non bisogna scordare che in alcuni casi ci si trova di fronte a
veri e propri disturbi della percezione, che possono essere sia uditivi che visivi.
Soprattutto i problemi dell’apparato visivo vengono spesso indicati come cause della
dislessia, quest’ipotesi però non è supportata da un sufficiente numero di casistiche.
A fronte infatti di un certo numero di dislessici che presentano disturbi alla vista,
molti altri non ne sono affetti. E’ da aggiungere che, non tutti quelli con un certo tipo
di problemi alla vista sono dislessici. La correlazione fra le due cose quindi è
tutt’altro che immediata.
Quali necessità sono necessarie per apprendere la letto-scrittura?
L’abilità di scrittura è il risultato di una serie di processi cognitivi. I neuropsicologi
hanno validato un “modello a due vie” (via fonologica e via lessicale) che rappresenta
le componenti cognitive implicate nella scrittura.
1. Consapevolezza della relazione della scrittura col linguaggio orale, anziché con
la realtà oggettiva: la scrittura è la rappresentazione grafica dei suoni del
linguaggio verbale, non della realtà esterna o dei concetti, come credono molti
bambini prescolari. Quindi è necessario prima mappare il linguaggio orale
(consapevolezza delle uguaglianze/ differenze dei suoni) per poi apprendere la
scrittura.
2. Consapevolezza fonologica: è la capacità di gestire i fonemi, cioè i suoni del
linguaggio verbale, attraverso la segmentazione (in sillabe e fonemi) della
struttura fonologica delle parole e la manipolazione dei segmenti identificati.
3. Abilità di mappatura o transcodifica: ogni fonema va convertito in un simbolo
grafico (grafema, cioè la lettera dell’alfabeto). Il bambino deve apprendere le
corrispondenze fonemi-grafemi (suono-segno). E’ il principale processo
cognitivo che soggiace alla via fonologica.
4. Abilità di sequenzialità: capacità di gestire l’ordine delle lettere da sinistra a
destra.
5. Capacità di gestire ortografie complesse: è un’abilità soggiacente la via
lessicale, che deve subentrare quando non c’è univocità della corrispondenza
tra suono e segno grafico (scualo o squalo?). E’ costituita da 2 magazzini a
lungo termine (lessico fonologico e lessico ortografico) da cui si recuperano le
rappresentazioni fonologiche e ortografiche delle parole.
6. Abilità di memoria a breve termine per assemblare grafemi in maniera tale da
ottenere la parola intera (buffer grafemico di risposta).
La dislessia è una compromissione significativa e persistente della lettura; si hanno
grosse difficoltà nella transcodifica, ovvero il dislessico non riesce, in maniera
efficiente, ad attribuire un senso ai vari simboli ortografici, cioè le sequenze di
lettere.
COME PROCEDE IL BAMBINO CON DISTURBO O DIFFICOLTA’ DI
APPRENDIMENTO DELLA LETTURA?
Il bambino dislessico o con difficoltà di apprendimento della lettura ha dei problemi
in uno o più dei passaggi sopra descritti, perché sono disfunzionali i processi
cognitivi soggiacenti. La lettura appare molto lenta e stentata, costellata di errori.
Sembra che il bambino “tiri ad indovinare”, a volte, addirittura, memorizza interi
brani. Spesso utilizza la parola come se fosse una fotografia immagazzinata in
memoria, stimolando quindi l’aspetto visuo-percettivo, non attivando quello
fonologico. A volte, in didattica, l’utilizzo di metodi che usufruiscono in larga misura
della memoria fotografica, può essere una scelta rischiosa e rinforzante per questa
tipologia d’errore. Uno degli aspetti che blocca più di tutti la letto-scrittura è quello
dell’ORDINA SEQUENZIALE. Essendo la sequenzialità (leggere e scrivere da
sinistra a destra) una convenzione, il bambino, a volte, non comprende che, ciò che si
pronuncia per primo, si legge e si scrive per primo. In questi casi il bambino sa
leggere “LA”, “LE”, “LI”, “LO”, “LU”, ma non “AL”, “EL”, “IL”, “OL”, “UL”.
Altri tipi di errori sono i seguenti:
- Il bambino legge “visto” anziché “viaggiato” (errore di approssimazione al target);
- Legge “polli” anziché “pelli” (errore di sostituzione di grafemi);
- Legge “per” anziché “pre” (errore di inversione di grafemi);
- Legge “cucinavano” anziché “cucina” (errore morfologico/derivazionale);
- Legge “muràtore” anziché “muratòre” (errore di accesso lessicale).
ALTRE CARATTERISTICHE DEL BAMBINO DISTURBO O DIFFICOLTA’
DI APPRENDIMENTO DELLA LETTURA
Generalmente il dislessico è un bambino dotato di intelligenza brillante, o quanto
meno, nella norma; le varie abilità mentali (memoria, percezione, abilità visuospaziali, abilità logiche, di ragionamento astratto, strategicità, attenzione e
concentrazione, prassie ecc.) sono adeguate. Ciò che non è più adeguato, nel bambino
dislessico, è il senso di autostima. A nessuno piace sbagliare, così, le reazioni
emotive del bambino sono reazioni naturali, umane agli errori; egli si sentirà nervoso,
umiliato e frustrato con intensità diverse a seconda del contesto (scuola, famiglia,
amici ecc.). Il bambino non riuscirà più a mantenere alta la fiducia nelle proprie
capacità, l’immagine di sé peggiora e, nonostante egli cerchi di attuare una miriade di
strategie alternative per ottenere risultati almeno sufficienti, è forte il rischio di
abbandono scolastico. E’ fondamentale, quindi, tenere in considerazione il rischio di
psicopatologia (depressione, ansia ecc.) come disturbo secondario.
VALUTAZIONE ED INTERVENTO
Il nostro lavoro consiste nel riabilitare la funzione mentale deficitaria soggiacente il
disturbo/difficoltà di apprendimento della lettura, ovvero nell’insegnare a leggere
nella maniera più efficiente possibile. Le tipologie dei nostri interventi variano a
seconda delle caratteristiche individuali, infatti ogni bambino è diverso dall’altro.
Inoltre lo sviluppo e l’evoluzione della dislessia col passare degli anni varia da
bambino a bambino. Sicuramente è raccomandato un intervento il più possibile
tempestivo e specialistico, sia per approfittare di questa fase evolutiva in cui l’alunno
è predisposto a specifici apprendimenti, sia per evitare il rischio del consolidamento
degli errori. Al fine di programmare un trattamento riabilitativo il più possibile
individualizzato, mirato, specifico e calibrato su un bambino con particolari
caratteristiche, è opportuno eseguire una valida valutazione clinica. L’obiettivo
iniziale è delineare il profilo neuropsicologico di quel particolare bambino, andando
ad analizzare tutte le sue funzioni mentali per mezzo di prove specifiche e test
standardizzati
( diagnosi funzionale e qualitativa). Indaghiamo come procede il
bambino in ogni passaggio del “modello a 2 vie” precedentemente descritto, in
maniera tale da individuare dove sta il problema e/o qual è la difficoltà specifica da
trattare. Considerando che ogni trattamento riabilitativo è anche psicoterapeutico,
oltre ai fattori neuropsicologici, dobbiamo tener conto della struttura di personalità
del bambino, i suoi tratti di carattere, la sua motivazione ad apprendere, l’autostima,
ecc. Infine, allo scopo di intervenire in maniera più organica possibile, la nostra
riabilitazione deve inserirsi in un “sistema” che comprende fattori di tipo socioambientale, quali: la famiglia, la scuola, il programma scolastico, il contesto sociale
extrascolastico. La collaborazione con la scuola e la famiglia sono fondamentali, al
fine di concertare modalità d’intervento il più possibile uniformi, per evitare quella
confusione che si crea facilmente nell’alunno quando gli si presentano diversi metodi.
PROGNOSI
Dopo aver eseguito una corretta diagnosi funzionale ed aver programmato un
intervento riabilitativo individualizzato, si può pensare di poter costruire e/o
automatizzare l’abilità di lettura, oltre che prevenire, o contenere, o compensare la
dislessia.
DEFINIZIONE: compromissione significative e persistente dell’abilità di lettura,
che appare lenta e stentata; capacità intellettive nella norma assenza di deficit
sensoriali e di danno neurologico.
INCIDENZA: è affetto da dislessia il 3,5 % della popolazione.
EZIOPATOGENESI: problema neuropsicologico consistente nell’alterazione di
uno o più processi cognitivi
soggiacenti l’abilità di lettura. Condizioni necessarie
sufficienti per l’apprendimento della lettura sono:
- Input adeguati dell’ambiente (fattori educativi, stile d’insegnamento);
- Strutture mentali di elaborazione idonee (fattori neurofunzionali endogeni). Se le
funzioni cognitive di elaborazione sono danneggiate si ha compromissione
dell’apprendimento della lettura.
INSORGENZA: a scuola, al momento in cui il bambino dovrebbe saper leggere si
rilevano difficoltà. Sarebbe opportuno intervenire tempestivamente, già in I
elementare, ma, a volte, insegnanti e genitori si accorgono tardi del problema, anche
perché il bambino applica una varietà di strategie sostitutive per ottenere una pseudosoluzione delle difficoltà.
FAMILIARITA’: nel 60-70 % dei casi, bambini dislessici hanno fratelli o genitori
col disturbo.
COMORBIDITA’: a volte sono copresenti:
- Difficoltà ortografiche in scrittura;
- Difficoltà col sistema dei numeri e del calcolo;
- Difficoltà di comprensione del testo;
- Difficoltà nel linguaggio orale;
- Instabilità motoria e disturbo d’attenzione.
DISCALCULIA
Che cos’è la discalculia?
La discalculia (acalculia nei casi di estrema gravità) è una difficoltà specifica
nell’apprendimento del calcolo che si manifesta in bambini di intelligenza normale,
che non hanno subito danni neurologici. Le prestazioni aritmetiche di base di questi
bambini
(addizione,
sottrazione,
moltiplicazione
e
divisione)
risultano
significativamente al di sotto del livello atteso rispetto all’età cronologica,
all’intelligenza generale e alla classe frequentata. Tra i DSA è l’ultimo a essere stato
riconosciuto e studiato probabilmente perché la matematica è una materia considerata
universalmente “difficile”. A differenza di molte altre discipline, infatti, la
matematica costringe l’alunno a riconoscere e a fronteggiarsi in modo quasi
immediato con il proprio errore. Da ciò derivano due importanti implicazioni: una a
livello emotivo, in termini di evitamento per non provare la frustrazione di sbagliare,
e l’altra a livello strategico riferita all’incertezza della causa dell’errore ( ad es. se si
tratta di un errore di calcolo o di procedura). Per capire di che cosa si tratta bisogna
tenere presente che per affrontare adeguatamente un qualsiasi lavoro di matematica
l’alunno deve possedere conoscenze e abilità che gli consentano di valutare le
condizioni del compito, di comprendere il significato delle singole informazioni
attraverso concetti matematici e di costruirsi una rappresentazione. Inoltre, accanto a
queste attività di analisi, devono essere attivate scelte procedurali, azioni di
monitoraggio e valutazione dei risultati parziali e finali delle attività compiute nelle
quali vengono coinvolti diversi tipi di conoscenza che risultano in stretta relazione tra
loro.
La discalculia, infatti, interessa :
• il riconoscimento e la denominazione dei simboli numerici,
• la scrittura dei numeri,
• l’associazione del simbolo numerico alla quantità corrispondente,
• la numerazione in ordine crescente e decrescente,
• la risoluzione di situazioni problematiche.
La combinazione dei simboli numerici (10 cifre) si basa sul valore posizionale ed è
molto complessa nonostante essi siano quantitativamente inferiori rispetto a quelli
alfabetici ( 21 lettere). Un bambino affetto da discalculia, infatti, pur essendo in grado
di denominare le singole cifre, non differenzia tra 15 e 51 oppure tra 316 e 631. La
sua difficoltà consiste nell’incapacità ad attribuire significato alla loro posizione
all’interno dell’intero numero. Alla base ci possono essere difficoltà di orientamento
spaziale e di organizzazione sequenziale che si evidenziano sia nella lettura che nella
scrittura dei numeri (il numero 9 viene confuso con il 6; il numero 21 con il 12; il 3
viene scritto al contrario così come altri numeri…). Esistono anche coppie di numeri
che hanno tra loro una lieve somiglianza, come ad esempio il numero 1 e il numero 7;
il 3 e l’8; il 3 e il 5. Confondere queste cifre significa non attribuirle alla giusta
quantità, per cui è facile che anche semplici esercizi vengano svolti in modo inesatto.
La discalculia comporta difficoltà nella numerazione in senso regressivo: il bambino
discalculico riesce a numerare in senso progressivo, cioè partendo da zero in poi (0-12-3-4…) ma non riesce a compiere l’operazione inversa (10-9-8…). Compromessa è
la capacità di memorizzare la tavola pitagorica, e di conseguenza la capacità di
eseguire correttamente moltiplicazioni e divisioni. I vari studi condotti hanno messo
in evidenza come alla base della discalculia ci siano carenze relative alle abilità
percettivo-motorie, ma non solo, le difficoltà logico-matematiche risultano essere
attribuibili anche a una insufficienza di esperienze concrete. È indiscussa, fin dalla
primissima infanzia (scuola materna e primo ciclo di scuola elementare) l’importanza
che rivestono la manipolazione di oggetti e il loro raggruppamento secondo criteri: si
tratta di operazioni che consentono al bambino di conoscere il mondo e di costruire
strutture sempre più complesse. L’uso dei simboli, la memorizzazione delle regole
esecutive e delle cosiddette “tabelline” vengono dopo e devono essere conquiste
graduali e non meccanismi superficiali che facilmente si dimenticano. In circa il 60%
dei casi la discalculia è associata alla dislessia ma si presenta anche da sola e il suo
riconoscimento è difficile nel primo ciclo delle scuole elementari. Le difficoltà
emergono invece con più evidenza quando i bambini, in terza elementare, devono
utilizzare in modo rapido ed efficiente i numeri per eseguire calcoli e risolvere
problemi. Allora si osservano con frequenza alcuni errori e difficoltà:
1. difficoltà nel leggere e scrivere numeri complessi (quelli che contengono lo
zero) o lunghi (come quelli composti da molte cifre)
2. difficoltà nell’esecuzione delle quattro operazioni scritte, dovuta al mancato
rispetto delle regole procedurali degli algoritmi
3. difficoltà nel memorizzare la maggior parte delle tabelline
4. difficoltà in compiti relativi all’automazione delle procedure di conteggio,
come ad esempio nel contare a salti o contare all’indietro.
Per capire meglio queste difficoltà bisogna tener presente che: nell’ elaborazione dei
numeri intervengono diversi fattori che coinvolgono non solo aspetti di tipo
concettuale (es., quantità e ordine di grandezza), ma anche aspetti di tipo lessicale e
sintattico che permettono di costruire correttamente il nome delle cifre e del numero e
di regolare la relazione posizionale delle cifre. Inoltre, la codifica verbale di un
numero richiede di attribuire un nome alle singole cifre in base alla loro posizione: le
abilità lessicali permettono quindi di attribuire correttamente tali nomi in modo da
ricostruire l’insieme del numero sia in sede di comprensione che di produzione: qui
sono possibili errori di lettura delle singole cifre – 7 letto “cinque” – o di numeri – 75
letto “quarantadue”. Nella lettura e scrittura di numeri intervengono anche
meccanismi sintattici che permettono di comporre un numero gestendo correttamente
la relazione tra le cifre. In questo ambito sono possibili errori con numeri maggiori di
100. Per esempio “centoquattro” viene scritto come 14 o 1004, “millecentotre” viene
scritto come 113 oppure 10001003 e viceversa 126 viene letto “dieci e ventisei“,
2007 viene letto “duecentosette“. Tali errori sono dovuti anche alla difficoltà di
comprendere come il valore assoluto di un numero derivi dalla somma dei valori
numerici delle singole cifre per cui 123 può essere tradotto verbalmente in 100 + 20 +
3. Per quanto riguarda il sistema di calcolo, esso è organizzato su tre livelli: il primo
riguarda la comprensione delle informazioni aritmetiche (es: associazione tra segno e
tipo di operazione da eseguire), il secondo si riferisce ai fatti aritmetici, cioè ai
risultati di particolari operazioni che sono stati memorizzati e che possono essere
facilmente recuperati in base alle richieste del compito (es: 3×2, 10+8, 20:2, 12-4), il
terzo riguarda le procedure di calcolo che richiedono di recuperare e di seguire le
sequenze e di rispettare le regole di esecuzione. In base a questa ripartizione è
possibile individuare alunni che incontrano difficoltà in uno o più livelli.
Abbiamo quindi:
• errori nell’applicazione di strategie e di procedure: per esempio di quelle
procedure e strategie primitive che non consentono il calcolo veloce (es:
proprietà commutativa) ma anche le procedure degli algoritmi delle operazioni
(es: moltiplicazione 3 cifre per 2 cifre che prevede in sequenza le
moltiplicazioni e poi la somma)
• errori nel recupero di fatti aritmetici: il “magazzino dei fatti aritmetici” risulta
difettoso e quindi oltre ad una difficoltà e una lentezza nel recupero dei risultati
si possono anche verificare errori (es: 5×5=10)
• difficoltà visuo-spaziali: la difficoltà di discriminazione sinistra destra e
diorientamento possono influire sulla lettura e scrittura di numeri (es: 51 è letto
“quindici”) e sull’incolonnamento delle operazioni; altri problemi possono
nascere dalla confusione tra i simboli “+” e “x”.
Diagnosi
Per una corretta diagnosi della discalculia è necessario tenere in considerazione il
fatto che essa viene spesso associata erroneamente alla dislessia, perché si manifesta
come difficoltà a riconoscere il segno grafico anche numerico e quindi viene a galla
la relativa difficoltà a collegare il numero alla quantità interessata. In questi casi,
molto spesso, il riconoscimento delle quantità e quindi la capacità di riconoscere i
numeri e di eseguire calcoli è intatto. La discalculia si presenta dunque come una
difficoltà limitatamente all’ambito matematico; l’incidenza di tale disturbo è molto
ristretta, anche se sembra che la matematica crei problemi a tantissimi bambini della
scuola elementare. Una diagnosi precoce consente di mettere in pratica adeguate
strategie di insegnamento che facilitino il superamento delle difficoltà che i bambini
discalculici incontrano ogni giorno. Accade però che ci si accorge che un bambino è
affetto da questo genere di disturbi soltanto al suo ingresso nella scuola primaria. Il
problema infatti risale ad un periodo anteriore e potrebbe essere individuato
attraverso segnali che non devono essere sottovalutati. Il disturbo discalculico può
manifestarsi in forme differenti, interpretabili nei termini di deficit in una o più
componenti del normale processo di comprensione numerica e calcolo. Alcuni
bambini presentano, infatti, problemi prevalentemente a carico dei processi di calcolo
numerico, altri hanno difficoltà anche nella semplice manipolazione o nel
riconoscimento dei simboli aritmetici, altri ancora padroneggiano le basi del calcolo
ma hanno difficoltà ad eseguire calcoli a più cifre, o a risolvere problemi complessi.
Si tratta di cogliere delle discrepanze: a fronte di una intelligenza adeguata in molte
materie scolastiche (spesso adeguata anche nel saper scegliere l’operazione
necessaria alla soluzione del problema), si nota grande difficoltà anche nell’eseguire
semplici operazioni a mente senza l’uso delle dita. Spesso la discalculia evolutiva si
manifesta solo con elevati livelli di lentezza nell’esecuzione di calcoli o di
operazioni, il cui risultato è spesso corretto. In seconda elementare, sintomi precoci di
un possibile disturbo discalculico sono la significativa difficoltà ad enumerare
all’indietro da 20 a 0, difficoltà nella lettura e scrittura dei numeri ad una cifra,
difficoltà ad eseguire l’addizione di numeri in coppia ( 2+2, 3+3, 4+4, 5+5)
ricorrendo al fatto aritmetico ( senza dover calcolare). Secondo quanto indicato
nell’ICD-10 (decima revisione della classificazione internazionale delle malattie e dei
problemi correlati, proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) ed in
accordo con quanto descritto nel DSM-IV (quarta revisione del Diagnostic and
Statistical Manual of Mental Disorders), i sintomi delle difficoltà aritmetiche sono:
a) incapacità di comprendere i concetti di base di particolari operazioni;
b) mancanza di comprensione dei termini o dei segni matematici;
c) mancato riconoscimento dei simboli numerici;
d) difficoltà ad attuare le manipolazioni aritmetiche standard;
e) difficoltà nel comprendere quali numeri sono pertinenti al problema aritmetico che
si sta considerando;
f) difficoltà ad allineare correttamente i numeri o ad inserire decimali;
g) problemi nella comprensione e nell’uso dei simboli durante i calcoli;
h) scorretta organizzazione spaziale dei calcoli;
i) incapacità ad apprendere in modo soddisfacente le «tabelline» della
moltiplicazione.
Questa classificazione comprende varie forme di disturbo, tutte accomunate da deficit
nelle abilità di elaborazione numerica e di calcolo, ma con differenze considerevoli
per quanto riguarda la natura del deficit e le specifiche abilità compromesse: dalla
comprensione dei simboli aritmetici, alla comprensione del valore quantitativo dei
numeri; dalla scelta dei dati per la soluzione di un problema, all’allineamento in
colonna; dalla semplice memorizzazione di combinazioni tra numeri (come nel caso
delle tabelline), all’uso competente delle procedure di calcolo.
Trisciuzzi individua tre tipi di discalculia:
a) una discalculia legata a disturbi dello schema motorio, in cui è compromessa la
capacità di formarsi un’immagine mentale, che a sua volta sta alla base della
formazione del concetto di quantità;
b) una discalculia legata ad una difficoltà nel riconoscere i numeri, a leggerli secondo
la posizione delle cifre, a eseguire operazioni in colonna, a memorizzare tabelline e
così via. Questa forma sarebbe spesso associata a dislessia;
c) una discalculia legata ad una carenza nella formazione dei concetti di tempo e di
spazio e nell’attribuzione di un ordine cronologico alle operazioni e agli eventi.
La neuropsicologa inglese Christine Temple fornisce una classificazione giudicata la
più completa poiché consente un’analisi dei tipi di errore in base ai modelli
neuropsicologici che stanno dietro i processi di calcolo. Tale classificazione individua
tre tipi di discalculia:
1) La dislessia per le cifre, caratterizzata da difficoltà nell’acquisizione dei processi
lessicali sia nel sistema di comprensione del numero che di produzione del calcolo.
La processazione sintattica è intatta, mentre risulta compromessa la processazione
lessicale per la selezione e il recupero dei singoli elementi lessicali.
2) La discalculia procedurale è caratterizzata da difficoltà nell’acquisizione delle
procedure e degli algoritmi implicati nel sistema del calcolo. Il bambino affetto da
questo tipo di discalculia riesce a leggere e scrivere correttamente i numeri, ha
compreso il significato di addizione, sottrazione, etc. ma non è in grado di applicare
le procedure necessarie all’esecuzione del calcolo (ad esempio commette errori
nell’incolonnamento, nel riporto, nel prestito).
3) La discalculia per i fatti aritmetici è caratterizzata da difficoltà nell’acquisizione
dei fatti numerici all’interno del sistema del calcolo. La capacità di elaborazione dei
numeri è intatta, così come la conoscenza delle procedure di calcolo, mentre risulta
compromesso il recupero dei fatti aritmetici (operazioni di base che non devono
essere calcolate, ma sono già possedute in memoria).
Possiamo ipotizzare, quindi, che dietro questi differenti tipi di disturbi ci sia la
compromissione di processi mentali in qualche misura indipendenti. Esistono tuttavia
degli strumenti di diagnosi sufficientemente attendibili grazie a quali è possibile
focalizzare il problema ed elaborare strategie di intervento mirate. Attraverso l’analisi
degli errori commessi durante l’esecuzione di un compito è possibile riconoscere le
componenti del sistema di elaborazione che risultano compromesse ed individuare
una strategia d’intervento adeguata. Seguendo la classificazione della Temple
possiamo distinguere:
a) errori procedurali e di applicazione di strategie;
b) errori nel recupero di fatti aritmetici;
c) difficoltà visuo-spaziali.
Per errori procedurali e di applicazioni di procedure si intendono ad esempio gli
errori di quei bambini che pur avendo appreso procedure di conteggio facilitanti, si
aiutano ancora con procedure più immature. Nell’operazione 2 + 5 partono da 2 per
aggiungere 5 invece che porre l’addendo più grande come punto di partenza. Quando
anche le più semplici regole di accesso rapido, come N x 0 = 0 oppure N + 0 = N, non
sono interiorizzate abbastanza, allora è possibile confondere l’applicazione della
seconda regola per la prima e l’uso di queste norme procedurali in genere (ad
esempio in 8 x 0 = 8 viene scambiata la regola del prodotto con quella dell’addizione;
in 8 – 8 = 1 non è applicata la procedura N – N = 0). Data l’incapacità di usufruire di
tali regole di facilitazione il sistema di memoria può iniziare a sovraccaricarsi di
informazioni che invece potrebbero essere «sintetizzate». Questo significa un
notevole dispendio di energie cognitive nel caso di compiti più complessi rispetto alle
operazioni entro la decina. Secondo Hitch (1978) la difficoltà nei calcoli orali può
essere propriamente imputabile ad un simile sovraccarico, in particolare
all’incapacità di tenere a mente i risultati parziali, o di tenere a mente in quante parti è
stato scomposto un fattore o addendo (ammesso che sia stata possibile la tecnica di
scomposizione), al fine di recuperare queste informazioni per produrre il risultato
finale. D’altra parte anche i calcoli scritti, richiedono di saper operare tramite risultati
intermedi rievocati al momento opportuno. Secondo Seron e Deloche (1984),
intervenire con strategie di facilitazione in caso di difficoltà di acquisizione di
strategie e procedure richiede un’analisi qualitativa del possibile disturbo. Qualora si
tratti di una difficoltà a carico della memoria a lungo termine, l’imposizione di
«apprendere a memoria» ha un limite al di là del quale è meglio non ostinarsi. Può
essere d’aiuto invece il conteggio in avanti e indietro che può sostituire agilmente i
processi d’accesso diretto: se la persona impara a contare nelle basi da 2 a 9 possono
essere risolti anche i problemi relativi alla moltiplicazione e divisione. Più realistico è
che vengano imparate solo le tabelline di 1, 2 e 10. Si può allora risalire ai fatti
aritmetici tramite generalizzazione dei risultati. Come negli esempi che seguono (cfr.
Lucangeli, 1999) 4 x 3 = (2 x 2) + (2 x 2) + (2 x 2); 5 x 8 = (5 x 10) – (5 x 2). Se la
difficoltà coinvolge principalmente la memoria di lavoro, l’obiettivo principale è di
non sovraccaricarla: i risultati intermedi, ad esempio, possono essere scritti a parte,
oppure può essere usato un supporto concreto (pallottoliere, oggetti, ecc.) per
rappresentare gli operatori, per aiutare la scomposizione e procedere con una
gradualità guidata. La modalità più semplice di scomposizione è quella che fa
continuo riferimento al numero 10: il calcolo intermedio ha come risultato 10, e a
questo viene aggiunto o tolto il resto della quantità. Riguardo a specifiche difficoltà
di calcolo dovute a scorrette applicazioni delle procedure, prendendo spunto da
contributi di autori diversi (tra cui Badian, 1983; De Corte e Verschaffel, 1981;
Brown e Burton, 1978; Semenza, Miceli e Girelli, 1997), se ne può delineare un
possibile profilo.
In particolare si possono incontrare difficoltà:
a) nella scelta delle prime cose da fare per affrontare una delle quattro operazioni
(incolonnamento o meno; posizione dei numeri, del segno di operazione ed altri segni
grafici come la riga separatoria, ecc.);
b) nella sequenza procedurale da seguire per la specifica operazione e nel suo
mantenimento fino a risoluzione ultimata;
c) nell’applicazione delle regole di prestito e riporto;
d) nel passaggio ad una nuova operazione. Il bambino applica procedure tipiche di
un’operazione ad un’altra;
e) nella progettazione e nella verifica. Spesso un bambino comincia immediatamente
il processo di risoluzione senza analizzare dall’esterno l’operazione, individuando
difficoltà e strategie da usare. Una volta ottenuto il risultato, è frequente che un
bambino lo accetti come valido senza riflettere sull’operazione nella sua globalità.
Anche in questo caso sono frequenti possibili errori di perseverazione. Una tipologia
di errori particolarmente frequente nella discalculia evolutiva riguarda il recupero di
fatti aritmetici dalla memoria a lungo termine. I modelli che consentono di spiegare
tali errori sono per lo più i «modelli a rete». Secondo Ashcraft (1992) le conoscenze
aritmetiche sono simili ad altre conoscenze elaborate dalla memoria a lungo termine,
e questo sia nella loro rappresentazione in memoria, sia nei processi usati per
accedere alla conoscenza. I fatti aritmetici semplici sono rappresentati nella memoria
in una rete organizzata di informazioni che vengono recuperate attraverso un
processo di attivazione che si diffonde, così come è assunto nel funzionamento della
stessa memoria semantica. Nella rete, ciascuna associazione tra un compito
aritmetico e la sua risposta è rappresentata in termini di forza o grado di accessibilità.
La forza con cui i nodi sono immagazzinati e interconnessi è funzione della frequenza
di presentazione e dell’esercizio, specialmente nelle prime fasi dell’apprendimento.
Gli errori di recupero dei fatti aritmetici in memoria a lungo termine possono dunque
dipendere da errate associazioni tra i compiti aritmetici e la loro specifica risposta.
Secondo Siegler (Siegler e Shrager, 1984) gli errori di recupero diretto dei risultati
possono derivare dall’immagazzinamento degli stessi: la loro memorizzazione infatti
si rafforza ogni volta che il soggetto produce una determinata risposta per
l’operazione data, e ciò avviene anche se la risposta è errata. Nelle ripetizioni
successive dell’operazione il recupero dello stesso risultato sarà coerente con la sua
memorizzazione, anche quando vi sia un’associazione errata tra l’operazione e il
risultato scorretto. Un tipo di errore frequente descritto al riguardo (Ashcraft e
Battaglia, 1978; Miller, Perlmutter e Keating, 1984; Campbell, 1990), è ad esempio la
confusione tra il recupero di fatti aritmetici di addizione con quelli di moltiplicazione:
5 + 5 = 25; 3 x 3 = 6. Anche l’abilità visuo-spaziale ha un ruolo notevole sulla
risoluzione dei calcoli. Rourke e Strang (1983) hanno evidenziato, ad esempio, come
una difficoltà a rilevare il dettaglio visivo possa compromettere il riconoscimento dei
segni di operazione (ad es. + e x). La difficoltà visuo-spaziale può comunque
riguardare non soltanto aspetti percettivi ma diversi livelli di organizzazione dei dati
implicati soprattutto nella scrittura di un’operazione: se un bambino ha difficoltà ad
acquisire i concetti «da destra a sinistra», «dal basso verso l’alto», ecc.,
presumibilmente incontrerà maggiori difficoltà nell’incolonnamento dei numeri e nel
seguire la direzione procedurale, sia in senso orizzontale che verticale. Questa
confusione spaziale è facilmente riconoscibile perché porta a far iniziare a caso
un’operazione, a scrivere indifferentemente da sinistra a destra, o viceversa i risultati
parziali, quindi a sorvolare sulle regole di prestito e riporto. Al contrario non
coinvolge affatto i processi di calcolo orali. In sintesi, la situazione attuale delle
ricerche sembra evidenziare che l’apprendimento del calcolo aritmetico necessita di
una serie di sotto abilità, alcune specifiche, altre trasversali a più competenze. Quanto
più si riesce ad individuare eventuali difficoltà nelle diverse competenze coinvolte,
tanto più si riesce a definire una diagnosi che non sia solo di classificazione, ma che
offra anche un profilo funzionale capace di fornire indicazioni utili per il trattamento
o per la gestione del disturbo. Le riflessioni desunte dalle ricerche e dalla letteratura
aprono dunque il campo a riflessioni parallele relative a come operare clinicamente
per la corretta diagnosi del disturbo, diagnosi che non si fermi a etichetta
classificatoria, ma consenta una descrizione funzionale delle abilità, così da
permettere una scelta mirata dell’intervento riabilitativo. Esistono delle batterie di test
che consentono di evidenziare le difficoltà in matematica, ad esempio quelle proposte
dal gruppo MT (AC-MT 6-11 e 11-14) e da Lucangeli e Tressoldi (ABCA). Nella
scuola dell’Infanzia tuttavia non è possibile somministrare questo genere di prove. A
quest’età non si può ancora parlare di vera e propria discalculia, dal momento che il
bambino non ha ancora avuto accesso all’apprendimento formale dei fatti aritmetici.
È possibile tuttavia rilevare eventuali anomalie nelle abilità considerate prerequisiti
per il successivo apprendimento attraverso altri strumenti diagnostici in forma di
questionario come il test IPDA di Tretti, Terrani e Corcella, o altre checklist volte a
verificare l’acquisizione di concetti spaziali e temporali (test TCR di Edmoston e
Thane) o di abilità cognitive in generale (la sezione “abilità cognitive” del LAP di
Kiernan e Jones, ad esempio). Una volta rilevata l’anomalia è possibile approfondire
la conoscenza dei processi che non funzionano come dovrebbero, per elaborare un
piano di intervento. Bisogna, cioè, osservare il bambino durante l’esecuzione di vari
tipi di compito (ad esempio, nelle attività di seriazione, di classificazione, di riordino
delle sequenze secondo la successione temporale, di confronto tra quantità) e capire
perché fallisce in quel compito. Bisogna, in altre parole, scomporre il compito in
varie fasi ed individuare l’anello mancante della catena. Se il bambino non riesce ad
eseguire un compito di classificazione, dobbiamo anzitutto verificare che non ci siano
a monte problemi di attenzione. Una volta escluso questo, passiamo ad esaminare la
sua capacità di discriminazione visiva, sottoponendogli stimoli sempre più ricchi di
particolari e dalle differenze sempre meno marcate. Se anche la discriminazione
visiva è a posto, dobbiamo verificare che il bambino sia in possesso delle abilità
cognitive e linguistiche necessarie a comprendere la consegna e a ricordarsene. Se i
“processi che non funzionano” riguardano soltanto l’esecuzione di compiti di natura
logico-matematica, se vengono esclusi, cioè, carenze in processi più generali di
attenzione, comprensione e memoria, ci troviamo di fronte ad un potenziale soggetto
con discalculia evolutiva. Questo non deve portarci a pensare che il nostro intervento
debba consistere soltanto nella proposta di operazioni logico-matematiche. Se il
bambino, ad esempio, ha avuto difficoltà non nell’individuare, ma solo nel
raggruppare gli elementi simili e nel collocarli dentro un’area delimitata da uno spago
sul pavimento, non diremo semplicemente che quel bambino ha difficoltà nel
classificare gli oggetti, ma che ha soprattutto dei problemi di orientamento spaziale.
In questi casi è molto utile fare dei giochi motori che sviluppino le sue capacità di
orientamento e favoriscano l’acquisizione di concetti spaziali di base: sopra/sotto,
dentro/fuori, davanti/dietro. Se la difficoltà principale consiste nel nominare gli
oggetti
possiamo
proporre
giochi
linguistici,
filastrocche
con
o
senza
accompagnamento musicale, tombole o altri giochi da tavolo in cui vengano
coinvolte le abilità lessicali. La conoscenza dei fatti aritmetici è legata al concetto di
tempo, al concetto di quantità e alle trasformazioni. Il concetto di tempo può essere
sviluppato attraverso l’ascolto e l’invenzione di storie, il riordino di fotografie
scattate durante un’attività svolta a scuola dal bambino stesso, la “lettura” di libri
illustrati, l’ascolto di canzoni con un testo sufficientemente lungo. La manipolazione
di oggetti e materiali diversi favorisce l’acquisizione dei concetti di quantità e di
trasformazione. Come si vede non occorre per forza predisporre delle attività
specifiche per l’intervento precoce sulla discalculia evolutiva. È auspicabile però
condurre le consuete attività didattiche con un “occhio di riguardo” per le abilità di
cui si è parlato. In riferimento alla discalculia manca tuttora una modalità univoca di
interpretazione, diagnosi e riabilitazione per le discalculie. Le numerose
intepretazioni formulate concordano ad ogni modo sul fatto che un disturbo
nell’apprendimento dei concetti logico-matematici non comporta soltanto una
diminuzione del profitto scolastico ma si traduce in difficoltà ben più gravi di
problematizzazione della realtà e di apprendimento di abilità sociali che richiedono la
reversibilità, la seriazione, la classificazione e la comprensione delle relazioni
spaziali e temporali.
La scuola e la famiglia possono lavorare su:
• misurare
• localizzare
• porre in relazione
• contare
• raggruppare
• riflettere
• ordinare
• progettare
• inventare
• operare
• riconoscere le proprietà.
Le abilità di conteggio si sviluppano attraverso:
• enumerazione
• corrispondenza biunivoca
• principio di cardinalità
• sviluppo delle abilità di lettura di un numero
Molto utile è l’utilizzo dei puzzle numerati, attraverso cui il bambino è chiamato a
ricostruire un puzzle attaccando i pezzi secondo la sequenza numerica rappresentata
accanto al disegno (o nel retro), e del gioco dell'oca. Data la fatica dei bambini
discalculici a memorizzare le tabelline, una strategia d'aiuto può essere quella di
associare alla sequenza una melodia, diversa per ogni tabellina. Qualche consiglio
sulla presentazione grafica degli esercizi e sul materiale scolastico:
• usare quadretti da 1 cm in prima elementare
• passare ai quadretti da 1/2 cm e tenerlo, per tutti, sino alla 5°
• tra un esercizio e l'altro lasciare un bello spazio
• inserire un concetto per pagina con le regole e gli esempi ben visibili
• costruire griglie e schemi
• usare le mani per imparare le tabelline
• usare gli strumenti compensativi suggeriti in letteratura
• non inserire troppi esercizi in una stessa scheda
METODI COMPENSATIVI E DISPENSATIVI
Dato che tali difficoltà si manifestano in persone dotate di quoziente intellettivo nella
norma, spesso vengono attribuite ad altri fattori: negligenza, scarso impegno o
interesse. Questo può comportare ricadute a livello personale, quali abbassamento
dell'autostima, depressione o comportamenti oppositivi, che possono determinare un
abbandono scolastico o una scelta di basso profilo rispetto alle potenzialità. Per
ovviare a queste conseguenze, esistono strumenti compensativi e dispensativi.
Cosa sono gli strumenti compensativi?
Sono strumenti che permettono di compensare la debolezza funzionale derivante dal
disturbo, facilitando l’esecuzione dei compiti. Sono strumenti compensativi la
calcolatrice, le tabelle, i formulari, il PC con correttore ortografico, ecc.
Cosa sono le misure dispensative?
Riguardano la dispensa da alcune prestazioni (lettura ad alta voce, prendere
appunti,...), i tempi personalizzati di realizzazione delle attività, la valutazione (non
viene valutata la forma ma solo il contenuto) ecc… L’obiettivo di tali misure e
strumenti non deve essere quello di “guarire” il bambino dal disturbo (perché non è
ammalato!), ma di aiutarlo a ridurne gli effetti, predisponendo una modalità di
apprendimento più adatta alle sue caratteristiche.
APPENDICE
La disgrafia è un disturbo della scrittura che si caratterizza come una difficoltà
specifica nella riproduzione dei segni alfabetici e numerici, il cui tracciato appare
incerto, irregolare nella forma e nella dimensione e inadeguato ai modelli. Per
disgrafia si intende scrittura come puro grafismo, cioè riproduzione dei segni col
modello in vista o a memoria, e non alla scrittura come linguaggio e comunicazione,
dove è necessariamente implicata l’ortografia. La disgrafia investe gli aspetti formali
della scrittura e non il contenuto. La capacità di riproduzione grafica si realizza
agevolmente solo quando è stato raggiunto un sufficiente grado di maturazione delle
tre funzioni principali, la percezione visiva, la rappresentazione, la motricità fine,
isolatamente e in collegamento tra di loro. Importanti sono tutte le esperienze di
manipolazione di oggetti e di materiali (costruzioni, modellaggio) e di produzione
grafica (disegno, pittura, colorazione) nelle quali i bambini si esercitano
precocemente anche in forma spontanea e la cui frequenza ed intensità consentono di
perfezionare gradualmente e naturalmente la prensione dello strumento e la
padronanza del gesto. Il disegno e la pittura, infatti, costituiscono non solo una
modalità di prevenzione della disgrafia, ma sono anche attività che vengono utilizzate
in sede di rieducazione. Anche l’osservazione e l’uso di oggetti e di immagini,
nonché tutte le forme di riproduzione grafica e non, dovrebbero consentire un
graduale perfezionamento della capacità di orientamento, di organizzazione e di
strutturazione spaziale e temporale. Da un primo approccio all’oggetto e alla figura,
che permette un riconoscimento globale, si deve poter passare alla ricognizione
analitica delle componenti spaziali. E quando questo non avviene spontaneamente,
l’insegnante deve intervenire con proposte, richieste e suggerimenti adeguati. Quando
dalla forma, grafismo, si passa al contenuto si affronta il problema della scrittura
come comunicazione: disortografia. E’ evidente allora la necessità di una scrittura
corretta, ortografica, che tale è quando la parola è scritta usando tutti i segni alfabetici
necessari e rispettando le principali regole (uso degli apostrofi, degli accenti, dell’h
nelle forme del verbo avere, le concordanze: maschile, femminile, singolare, plurale,
modi e tempi verbali…). Quindi si parla di ortografia della parola e ortografia delle
regole. Gli errori che caratterizzano la disortografia e che richiedono interventi
correttivi, riguardano in genere il primo gruppo, in quanto hanno di solito origine nei
disturbi di ordine percettivo, motorio, di organizzazione spazio temporale ed è su
questi disturbi che verrà focalizzato l’intervento. L’ortografia delle regole è invece un
fenomeno di natura globale e investe soprattutto l’aspetto cognitivo generale e cioè la
comprensione. In questi casi è sufficiente un’attenta e significativa operazione
didattica adeguata al livello delle capacità del soggetto, per superare le difficoltà
riscontrate. Per cui bisogna distinguere disgrafia e disortografia, anche se è innegabile
una possibile relazione. Fattori di ordine percettivo e motorio possono essere presenti
nell’uno e nell’altro caso. È probabile che un disgrafico possa essere anche
disortografico. La tensione e l’eccessivo sforzo prodotto dal bambino per
l’esecuzione grafica può nuocere all’attenzione e compromettere anche l’ortografia
con errori che consolidandosi nella ricorrenza possono caratterizzarsi in una vera e
propria disortografia. Non tutti i disgrafici però sono necessariamente disortografici.
Lo si può constatare quando si chiede di scrivere con altri strumenti, senza implicare
il grafismo manuale (con macchina da scrivere, lettere mobili, pc). In questi casi
l’errore ortografico, rilevato nella scrittura manuale, scompare. Una più stretta
relazione esista tra disortografia e dislessia, come tra ortografia e lettura. In fondo
“chi scrive, legge”; i due processi di decodificazione e codificazione si alternano in
una sequenza strettamente ravvicinata. In sede di rieducazione del disortografico una
regola fondamentale è quella di passare spesso dalla scrittura alla lettura e viceversa.
La dislessia è la difficoltà a riconoscere e comprendere i segni alfabetici associati
alla parola. Oggi la dislessia è divenuta il simbolo dell’insuccesso e del
disadattamento scolastico. È opportuno distinguere una dislessia specifica da quelle
che si possono definire difficoltà generiche, destinate a scomparire attraverso normali
esercitazioni scolastiche. In questo caso si tratta di lieve ritardo globale o di un ancora
inadeguato sviluppo delle funzioni legate alla lettura: in tal caso l’apprendimento si
sviluppa con un ritmo più rallentato. Bisognerà rispettare questi ritmi rinunciando ad
ogni forma di accelerazione dei tempi di insegnamento. In questi casi non saranno
necessarie tecniche specifiche né interventi di tipo particolare, basterà seguire
attentamente questi alunni nel processo di formazione di base rispettandone i tempi.
Quindi non è corretto definire con una connotazione patologica la “dislessia” quando
queste sono delle generiche e lievi difficoltà di apprendimento e non richiedono cure
pedagogiche specifiche, ma risulta solo sintomo di una patologia di apprendimento.
La discalculia (acalculia nei casi di estrema gravità) si presenta come una difficoltà
specifica nell’apprendimento del calcolo nel quadro di uno sviluppo intellettivo
normale e in assenza di disturbi di natura affettiva, anche se in certi casi questi ultimi
possono ritrovarsi tra i fattori eziologici, così come nella dislessia. In tali situazioni
però gli effetti negativi sono solitamente generalizzati, cioè estesi ad altri settori
dell’apprendimento. Più frequentemente questa difficoltà specifica si rivela in
soggetti colpiti da lesioni organiche precisamente localizzate, come si verifica nei
traumi cranici. La discalculia come disturbo specifico è molto ristretto, più diffusa è
invece la difficoltà generica. Per quanto riguarda l’apprendimento matematico si
riscontra frequentemente che all’inizio della scuola elementare il bambino è invitato a
manipolare i simboli numerici per eseguire calcoli, sia pure semplici, e risolvere
piccoli problemi senza che si sia prima verificato il processo di abilità preliminari,
prima tra tutte il concetto di numero. A questo, i bambini arrivano gradualmente
attraverso varie e numerose esperienze sul materiale concreto, condizione
indispensabile per la formazione logica – matematica di base, che si verifica
attraverso l’acquisizione di criteri fondamentali di conservazione delle quantità,
classificazione, seriazione, con il contemporaneo perfezionamento delle nozioni di
spazio e di tempo che ne costituiscono il fondamentale substrato.
SI ALLEGANO LE LINEE GUIDA E
LE STRATEGIE SU COME
IMPOSTARE LE ATTIVITA’ CON I DISLESSICI
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parlare meglio e prepararsi a scrivere, ed. Erickson, 2000
SARTORI G. La lettura. Processi normali e dislessia. Ed. Il Mulino, 1984
STELLA G. (2004), La dislessia, Il Mulino, Bologna.
STELLA G. (a cura di) (1996), La dislessia: aspetti clinici, diagnostici e riabilitativi,
Milano, Angeli.
STELLA G. (a cura di), La dislessia: aspetti cognitivi e psicologici: diagnosi precoce
e riabilitazione. Ed. Franco Angeli, 2003
STELLA G., DI BLASI F., GIORGETTI W., SAVELLI E., La valutazione della
dislessia. Ed. Città Aperta, 2003
STELLA G., Gallo D., Dislessia, scelte scolastiche e formative. Ed. Omega (farne
richiesta all’AID)
STELLA G., Storie di dislessia. Bambini di oggi e di ieri raccontano la loro battaglia
quotidiana. Ed. Libri Liberi, 2002 (farne richiesta direttamente all’AID)
DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO (D.S.A.)
Circa il 3% degli alunni che frequenta attualmente il nostro istituto (26 alunni su 900)
presenta disturbi specifici di apprendimento, certificati da diagnosi specialistiche.
Con questo termine (DSA) si intendono i disturbi delle abilità scolastiche: quando il
disturbo interessa l’area della lettura si chiama dislessia, quando interessa la scrittura
disortografia e disgrafia e infine quando riguarda il codice numerico e il calcolo si
chiama discalculia. Il termine “specifico” serve ad indicare che il disturbo è
permanente, l’origine è di natura costituzionale, si presenta sin dalla nascita anche se
l’ effettiva comparsa può evidenziarsi solo con la scolarizzazione. Il mancato
riconoscimento del disturbo e la sua inadeguata considerazione da parte della
famiglia e della scuola costituiscono un’importante causa di abbandono scolastico. E’
opportuno ricordare il rispetto della privacy per questo tipo di alunni. I ragazzi che ne
sono affetti trovano difficoltà nell’adattarsi ai tradizionali sistemi di insegnamento e
richiedono alcune attenzioni specifiche da parte dei docenti per poter apprendere. Per
questa ragione abbiamo pensato di sintetizzare in questa nota l’insieme delle
indicazioni didattiche che abbiamo avuto modo di raccogliere in alcuni momenti
formativi, dal 2004 ad oggi, in confronti con specialisti della riabilitazione e in
colloqui con i genitori degli stessi alunni dislessici. I suggerimenti espressi in queste
pagine integrano e completano le già note disposizioni ministeriali che introducono
strumenti compensativi e misure dispensative per l’integrazione degli alunni in
questione.(v.Prot.n.4099/A/4 del 5-10-2004).
Che cos’è la dislessia?
L’Associazione Italiana Dislessici (A.I.D.) definisce la dislessia “Una difficoltà che
riguarda la capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente. Leggere e
scrivere sono considerati atti così semplici e automatici che risulta difficile
comprendere la fatica di un bambino dislessico. Purtroppo in Italia la dislessia è poco
conosciuta, benché si calcoli che riguardi il 3-4% della popolazione scolastica (fascia
della Scuola Primaria e Secondaria di primo grado). La dislessia non è causata da un
deficit di intelligenza né da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali o
neurologici” (dal sito www.aiditalia.org)”
Quali caratteristiche presenta un ragazzo dislessico?
Il ragazzo dislessico può leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo impegnando al
massimo le sue capacità e le sue energie, poiché non può farlo in maniera automatica
e perciò si stanca rapidamente, commette errori, rimane indietro, non impara. Più
specificatamente, un alunno dislessico:
 Può leggere un brano correttamente e non cogliere il significato;
 può avere grosse difficoltà con le cifre (tabelline), la notazione musicale o
qualsiasi cosa che necessita di simboli da interpretare;
 può avere difficoltà nella lettura e/o scrittura di lingue straniere (es. inglese,
latino, greco, ecc..);
 può scrivere una parola due volte o non scriverla;
 può avere difficoltà nello studio (storia, geografia, scienze, letteratura,
problemi aritmetici) quando questo è veicolato dalla lettura e si giova invece
dell'ascolto (es. registratori, adulto che legge, libri digitali);
 non prende bene gli appunti perché non riesce ad ascoltare e scrivere
contemporaneamente;
 quando si distrae da ciò che sta leggendo o scrivendo ha grosse difficoltà a
ritrovare il punto;
 lavora lentamente a causa delle sue difficoltà, perciò è sempre pressato dal
tempo.
 Può avere difficoltà nel memorizzare termini specifici, non di uso comune, le
“non-parole”
Che cosa può fare la scuola per i ragazzi dislessici?
Gli alunni con DSA hanno un diverso modo di imparare, ma comunque possono
imparare. Bisogna offrire loro la possibilità di farlo. Essi richiedono un programma
didattico adeguato alle loro caratteristiche poiché, a causa del loro disturbo, non
dispongono delle risorse per adattarsi al metodo standard comunemente proposto dai
docenti e valido per la maggior parte dei ragazzi. Pertanto è necessario introdurre
alcuni accorgimenti (a volte anche piccoli) nella didattica per offrire a tutti gli alunni
la possibilità di apprendere e sviluppare le proprie potenzialità. Non bisogna pensare
di dover faticosamente utilizzare due didattiche separate, una per la classe e una per i
ragazzi con DSA. Occorre porsi nella prospettiva di utilizzare una sola didattica che
vada bene per tutti, una didattica inclusiva che eviti ritmi troppo veloci delle lezioni.
Se si lavora con l’obiettivo di essere seguiti dai ragazzi più in difficoltà, verranno
avvantaggiati anche tutti gli altri.
Alcuni suggerimenti generali (anche se ogni dislessico è un caso a sé)
La dislessia non è una malattia da
compensata
cui si può guarire, ma può essere
Il dislessico ha un diverso stile di apprendimento, può imparare anche
meglio degli altri
Il dislessico non è disattento, ha altri tempi di attenzione
La decodifica avviene lentamente, ma ciò non significa che abbia difficoltà
intellettive Può essere utile attuare una didattica metacognitiva, basata su mediatori
didattici come mappe, tabelle, schemi, per un apprendimento significativo e
consapevole
Il dislessico apprende ascoltando, per questo occorre far sì che acceda
all’ascolto del testo, in quanto l’obiettivo è la comprensione del testo, non la lettura
I problemi legati all’adolescenza peggiorano la situazione, anche perché le
richieste della scuola superiore aumentano, per questo occorre costruire un ambiente
per l’apprendimento, un clima relazionale positivo: non chiedere all’alunno dislessico
ciò che non può dare, ma ciò che sa fare, per poter migliorare la sua autostima
Gli strumenti dispensativi e
marcatori di diversità
compensativi non devono diventare dei
Alla scuola superiore aumenta il rischio di abbandono scolastico, in quanto
durante l’adolescenza aumentano le difficoltà legate alle parole nuove-le non paroleil lessico specifico delle nuove discipline
Attuare le interrogazioni programmate per evitare ansia e stress
Dispensare i soggetti con DSA, oltre che dalla lettura ad alta voce (a meno
che siano essi stessi a richiederla), anche dalla lettura di consegne (deva farla
l’insegnante).
Fare sempre verifiche orali (magari interrogando il dislessico dopo altri
compagni, offrendogli così un’ ulteriore possibilità di imparare ascoltando) oppure
scritte ma strutturate in modo da eliminare le coercizioni della rapidità di esecuzione,
della lettura ad alta voce, delle abilità di produzione linguistica (bene le domande con
risposte a scelta multipla); dare tempo in più per l’esecuzione.
Dare più tempo per lo studio e per le verifiche.
Dispensare dallo studio delle lingue straniere in forma scritta, a causa delle
difficoltà rappresentate dalla differenza tra scrittura e pronuncia.
Ridurre il carico di lavoro a casa, ridurre il numero degli e ridurre il numero
degli esercizi, non i contenuti
Usare sempre lo stampato maiuscolo, anche alla lavagna.
Controllare, tutte le volte che si può, passando tra i banchi, che ogni cosa sia
copiata correttamente sui quaderni e sui diari, anche se i ragazzi sono grandi; non
dare per scontato e ricordare che il controllo sarà uno stimolo alla correttezza e alla
precisione. In particolare, verificare che gli alunni, una volta rientrati in classe dopo
interventi di recupero in piccolo gruppo, abbiano la possibilità di prendere nota dei
compiti assegnati.
Favorire la riproduzione di copie di appunti presi dai compagni più bravi al
fine di fornire una traccia ai genitori, a casa, delle spiegazioni del docente.
Ricordare che i disgrafici hanno difficoltà di copia dalla lavagna per cui, per
loro, sarebbe meglio evitare di scrivere alla lavagna consegne, testi di problemi o
altro da copiare sul quaderno: meglio sarebbe dettare o scrivere su un foglio da
ricopiare al proprio banco.
Incoraggiare, gratificare e usare il rinforzo come strumento usuale.
Favorire in classe occasioni di conversazione nelle quali sia possibile parlare
delle proprie difficoltà e diversità .
Ricordare che il più grande regalo che si possa fare a un ragazzo con
difficoltà, soprattutto con DSA, è dargli tempo.
Adottare i suggerimenti forniti dall’ Associazione Italiana Dislessia e accolti
dalla circolare del MIUR nel protocollo n° 4099/A/4 relativo alla misure
compensative e dispensative di cui il soggetto con DSA ha diritto ad usufruire.
Non solo permettere ma incentivare l’utilizzo a scuola e a casa di ausili
strumentali (computer, registratore, calcolatrice, busta degli aiuti contenente formule,
regole grammaticali, cartine geografiche mini, …) affinchè ne imparino l’uso rapido
e corretto sin dalla scuola di base.
Come migliorare la LETTURA e la COMPRENSIONE
Lavorare sul miglioramento della comprensione del testo sia orale che scritto,
ricordando che strategie quali la scorsa rapida del testo, la lettura selettiva e la lettura
analitica (strategie che normalmente si sviluppano in modo naturale con l'esperienza)
non sono acquisibili autonomamente dagli alunni dislessici perché troppo impegnati
sul versante della decifrazione e quindi non in grado di attivare i processi cognitivi
alti. Stimolare sempre, di fronte ad un testo da studiare, o comunque da leggere, la
preattivazione alla lettura, cioè il richiamo delle conoscenze preesistenti. Insegnare la
lettura delle immagini che si accompagnano al testo scritto. Far lavorare in gruppo gli
alunni su materiali che attivino conflitti cognitivi e li portino a riflettere sull’uso e le
funzioni delle parole (esercizi di cloze, lettura con parole sottolineate di cui capire il
senso). Fornire sempre la fotocopia del testo del problema (es. di matematica) e
leggerlo ripetutamente.
Come migliorare la PRODUZIONE SCRITTA
Continuare ad esercitare l’ortografia ricordando che molti errori si risolvono quando
l’alunno li comprende e questo può succedere anche nella scuola secondaria.
Lavorare sulla produzione del testo seguendo le fasi del processo testuale (raccolta
delle idee, pianificazione, stesura, revisione) senza lasciare solo il ragazzo quando
deve scrivere un brano ma aiutarlo a disgiungere e a mettere a fuoco i vari livelli
operativi; se un dislessico sperimenta ripetutamente come può scrivere un testo e
prova dei percorsi mentali, può acquisire delle sicurezze. Organizzare lavori di
gruppo e discussione sui prodotti; leggere testi da revisionare insieme; incoraggiare
l'uso del registratore per abituare a verbalizzare le idee principali prima di scrivere un
tema o un riassunto; cercare ogni occasione per stimolare gli allievi a verbalizzare in
modo corretto e preciso perché la verbalizzazione è importante per la formazione del
pensiero. Comunicare per tempo l’argomento degli elaborati di italiano per consentire
ai ragazzi un’adeguata preparazione. Dare istruzioni dirette evitando espressioni tipo
“guarda meglio!”, “scrivi meglio!”, “sistema meglio questa frase che hai scritto”
(meglio come?).
Come migliorare lo STUDIO
Insegnare le abilità di studio: sottolineature, schemi, mappe, tecnica del
prendere appunti;
programmare le interrogazioni: responsabilizza e dà fiducia in se stessi;
usare se possibile materiale audiovisivo per le spiegazioni;
richiedere tempi di attenzione contenuti durante le spiegazioni, riepilogando
alla fine le informazioni o i concetti più importanti da ritenere, magari riformulandoli
in maniera più semplice;
alternare la lezione frontale all’insegnamento cooperativo (lavori di gruppo)
e al tutoraggio;
ridurre i testi di studio selezionando i contenuti;
anticipare di diversi giorni la comunicazione della data delle verifiche e
fornire indicazioni precise sull’argomento oggetto di verifica.
Indicazioni per la valutazione
La valutazione deve riflettere il percorso dell’allievo e registrare i suoi progressi:
valutare quindi il livello raggiunto tenendo conto dei punti di partenza (dare anche
voti alti) altrimenti l’allievo con DSA rinuncia ad impegnarsi per perdita di fiducia
nell’insegnante, si arrende perché studia senza gratificazioni. Occorre passare il
messaggio che si crede nel ragazzo e usare una valutazione formativa per rinforzare
l'autostima, evitare la puntualizzazione delle difficoltà e aiutare l’alunno a diventare
consapevole in positivo delle proprie capacità e dei propri miglioramenti. Far capire
che gli errori sono migliorabili. Fare attenzione all’impegno. Ricordare anche di
separare la valutazione di competenze diverse coinvolte in uno stesso compito o in
una stessa verifica (ad es. separare la valutazione della competenza ortografica da
quella della competenza compositiva). Esigere da ciascuno quello che ciascuno può
dare, ma evitare assolutamente valutazioni negative nelle situazioni in cui ci si rende
conto che il ragazzo ha dato il massimo dell’impegno.
Perché incoraggiare l’uso del computer?
Il pc:
● consente di scrivere testi ortograficamente corretti grazie all'uso del
correttore: sollevato dal carico ortografico, l'allievo può concentrarsi sugli aspetti
esplicitativi e sintattici del componimento scritto (ricordare, a questo proposito, di
togliere il controllo ortografico durante la stesura del testo per evitare che l’allievo si
“perda” nella correzione degli errori sottolineati e di inserirlo alla fine);
● oltre a scaricare la responsabilità ortografica, non impegna lo scrivente nella
realizzazione del segno grafico; così l'attenzione è tutta destinabile ai contenuti;
● permette di scrivere qualsiasi testo in modo graficamente bello e leggibile a
se stessi, cosa molto importante per i disgrafici che possono così rileggere i loro
prodotti e apportare modifiche (ricordare che la disgrafia non permette la rilettura e
quindi l'autocorrezione);
● consente di modificare i documenti e quindi riutilizzarli: evita ad esempio di
fare la brutta da ricopiare poi in bella, riducendo il carico di lavoro;
● memorizza dati che possono essere recuperati in modo rapido;
● l' impiego di programmi particolari permette di oralizzare i testi scritti in
formato digitale (software dotati di sintesi vocale per l'ascolto);
● favorisce l'autonomia.
Se i ragazzi non accettano di usare il pc in classe perché temono che li differenzi agli
occhi dei compagni, bisogna interrogarsi sulla modalità con cui il computer è stato
proposto e introdotto in classe. È importante capire che il computer va presentato
come uno strumento di accesso all'autonomia, per tutti gli alunni: sarà un aiuto
indispensabile per chi è in difficoltà e una preziosa opportunità per tutti. Solo se
l'alunno in difficoltà si sente su un piano di parità con i compagni può accettare di
utilizzarlo anche per percorsi individuali.
Quando usare il computer?
- al più presto perché rende autonomi;
- a casa per l'esecuzione dei compiti, per lo studio, per le ricerche;
- in classe per visionare CD Rom relativi a discipline specifiche, quando si
scrive un testo collettivo (alcuni scrivono sul quaderno, altri sul PC), quando si
scrivono testi individuali, quando si svolgono esercizi grammaticali o ortografici; si
può far utilizzare il computer in classe ad uno o due alunni mentre vengono svolti
altri lavori a piccolo gruppo o individualmente.
ALCUNE PROPOSTE PER LA SCUOLA DELL’INFANZIA
9 preparare un ambiente con simboli e, insieme, forti riferimenti alla scrittura
9 mettere scritte in stampato maiuscolo che affianchino i simboli usati e
definiscano gli spazi, gli arredi e le attività.
9 lavorare molto sulla discriminazione fonologica, che è la base per
l’apprendimento della lingua scritta, con scansioni corrette e in modo
sistematico.
9 iniziare dalla riproduzione di ritmi, prima semplici, poi man mano più
complessi, e arrivare gradualmente alla discriminazione sillabica, che è la più
“naturale”, alla discriminazione del fonema iniziale senza porselo come
obiettivo assoluto per tutti.
9 organizzare tempi per giochi fonologici di tutti i tipi, naturalmente orali,
ricordando che, nella segmentazione sillabica come nella segmentazione
fonetica, c’è un ordine che facilita il riconoscimento, ed il seguente:
9 riconoscimento sillaba iniziale
9 riconoscimento sillaba finale
9 riconoscimento sillaba intermedia
ALCUNE PROPOSTE PER LE PRIME DUE CLASSI DELLA SCUOLA
PRIMARIA
9 preparare un ambiente per l’apprendimento: calendari, cartelloni con nomi e
foto, cartelloni a tema, angoli per la lettura e la scrittura, strumenti vari per la
concettualizzazione delle temporalità.
9 Partire con un solo carattere, lo stampato maiuscolo; non conosciamo i nostri
alunni, ma certamente renderemo la vita difficile a qualcuno di essi se
scegliamo di lavorare subito su più caratteri o su un carattere diverso dallo
stampato maiuscolo.
9 mettersi in condizioni di conoscere la situazione inziale di ogni alunno in
relazione alle capacità di:
9 lettura
9 scrittura
9 discriminazione fonologica
9 ricordare che la discriminazione fonologica è alla base dell’apprendimento
della letto scrittura, e che il riconoscimento dei suoni, dei singoli fonemi non è
naturale; la scuola deve lavorare su questo, perché è un apprendimento di base
e ci sono alunni cha da soli fanno fatica a coglierli.
9 organizzare perciò ogni giorno, in prima, giochi linguistici per migliorare la
competenza fonologica e metafonologica
9 dare sempre riferimenti agli alunni sia di tipo uditivo che visivo; attrezzare le
pareti, sia per la scrittura che per i numeri
9 insegnare a scrivere con un metodo che utilizzi la sillaba e non la lettera, e
partire da sillabe semplici costruite con consonanti continue e vocale; lasciare
le consonanti occlusive per ultime
9 presentare alla classe tutti i suoni, anche i più complessi, prima di proporre un
cambio di carattere
9 non insistere troppo sullo stampato minuscolo come scrittura, lavorarci molto
per la lettura
9 passare gradualmente al corsivo senza drammatizzare se qualche alunno non ce
la fa
9 fare esercitare sul corsivo spiegando bene i passaggi, con un quadernino a parte
9 lavorare con pregrafismi e attività che aiutino i movimenti della mano nella
scrittura
9 presentare le difficoltà ortografiche con gradualità
9 intendere per “difficoltà ortografiche” tutte le caratteristiche morfologiche della
lingua italiana
9 analizzare in classe le sillabe complesse, le sillabe policonsonantiche, le lettere
ponte, tutte le sillabe dell’esse impura, prima di introdurre i digrammi, i
trigrammi, i suoni omofoni
9 lavorare sulle doppie presentando prima le parole con raddoppiamenti di
consonanti continue
9 introdurre gli strumenti compensativi da subito, per tutti, abituandoli a
raccogliere in una busta schede che annotano le difficoltà che si affrontano
9 procedere con calma
9 ricordare che la scrittura è un mezzo per comunicare, quindi è importante che
ci siano molte occasioni di scrittura, anche se i bimbi non sanno ancora
scrivere…l’insegnante può farsi scrivano…
9 ricordare che la crescita cognitiva è stimolata dal gruppo, anche per bambini
cos’ piccoli e che per ridurre problemi cognitivi è bene che il gruppo sia
disomogeneo
9 preparare un programma di lavoro individuale, con parti comuni e altre no, per
tutta la classe, e dare i tempi per lavorare
9 ricordare che se ci sono alunni con difficoltà di scrittura, è bene che
l’insegnante usi lo stampato per scrivere alla lavagna e che, comunque, la
lettura alla lavagna per questi alunni e una difficoltà
9 entrare nell’ottica di idee che per alcuni nostri alunni non si potrà parlare di
recupero, se davvero svilupperanno una disabilità, ma, come afferma Stella, di
“rieducazione assistita”, un lavoro lungo, continuo e paziente, che dovrà
convincere con la normale pratica didattica anche negli anni successivi alla
prima
COME CONTINUARE
9 lavorare sulla comprensione della lettura e sulla velocità, tenendo presenti i
criteri di leggibilità dei testi
9 leggere molto alla classe, sviluppando strategie per incuriosirli, interessarli,
avvicinarli ai libri come “compagni di strada”
9 puntare l’attenzione sul processo di costruzione del testo e abituare i ragazzi a
lavorare sulla pianificazione, sulla scrittura e sulla correzione, con l’aiuto di
schemi aperti costruiti insieme, a cui si possono aggiungere elementi
9 introdurre gli elementi grammaticali facendo prima lavorare a gruppi su
materiali che ne evidenziano la funzione, per arrivare in un secondo tempo alla
classificazione; la sola classificazione può essere molto difficile da ricordare
9 lavorare sulle metodologie di studio, presentandone diverse, per tutta la classe;
introdurre collettivamente anche lo studio con nastri registrati e con testi
semplificati
dare valore al lavoro di aiuto reciproco, che gli alunni possono svolgere a
coppie e a piccoli gruppi
9 dare valore a tutti i miglioramenti individuali, anche e soprattutto se sono
faticosi e lenti
9 tenere conto delle situazioni individuali nella valutazione, che dovrebbe
cogliere i progressi di ognuno in relazione al proprio punto di partenza
9 abituarsi a pensare che la disabilità di lettura, per quanto seria sia non intacca le
capacità cognitive, è “solo” una disabilità strumentale e gli strumenti si
possono sostituire, quindi…
9 usare il computer in classe o nel laboratorio, dando a tutti gli alunni la
possibilità di usarlo; preoccuparsi di accrescere la loro competenza
informatica, in modo da farlo diventare davvero un mezzo compensativo per
chi non riuscirà a scrivere correttamente senza di esso
9 abituarsi a pensare che i mezzi compensativi mettono in parità alunni che senza
il loro uso sarebbero fortemente svantaggiati e quindi discriminati
Gazzetta Ufficiale N. 244 del 18 Ottobre 2010
LEGGE 8 ottobre 2010 , n. 170
Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico. (10G0192)
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Art. 1
Riconoscimento e definizione di dislessia,
disgrafia, disortografia e discalculia
1. La presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la
disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di
apprendimento, di seguito denominati «DSA», che si manifestano in
presenza di capacita' cognitive adeguate, in assenza di patologie
neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una
limitazione importante per alcune attivita' della vita quotidiana.
2. Ai fini della presente legge, si intende per dislessia un
disturbo specifico che si manifesta con una difficolta' nell'imparare
a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici,
ovvero nella correttezza e nella rapidita' della lettura.
3. Ai fini della presente legge, si intende per disgrafia un
disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficolta' nella
realizzazione grafica.
4. Ai fini della presente legge, si intende per disortografia un
disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficolta' nei
processi linguistici di transcodifica.
5. Ai fini della presente legge, si intende per discalculia un
disturbo specifico che si manifesta con una difficolta' negli
automatismi del calcolo e dell'elaborazione dei numeri.
6. La dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia
possono sussistere separatamente o insieme.
7. Nell'interpretazione delle definizioni di cui ai commi da 2 a 5,
si tiene conto dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche in
materia.
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulle promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e' operante il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Art. 2
Finalita'
1. La presente legge persegue, per le persone con DSA, le seguenti
finalita':
a) garantire il diritto all'istruzione;
b) favorire il successo scolastico, anche attraverso misure
didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e
promuovere lo sviluppo delle potenzialita';
c) ridurre i disagi relazionali ed emozionali;
d) adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle
necessita' formative degli studenti;
e) preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei
confronti delle problematiche legate ai DSA;
f) favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici
riabilitativi;
g) incrementare la comunicazione e la collaborazione tra
famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione
e di formazione;
h) assicurare eguali opportunita' di sviluppo delle capacita' in
ambito sociale e professionale.
Art. 3
Diagnosi
1. La diagnosi dei DSA e' effettuata nell'ambito dei trattamenti
specialistici gia' assicurati dal Servizio sanitario nazionale a
legislazione vigente ed e' comunicata dalla famiglia alla scuola di
appartenenza dello studente. Le regioni nel cui territorio non sia
possibile effettuare la diagnosi nell'ambito dei trattamenti
specialistici erogati dal Servizio sanitario nazionale possono
prevedere, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente, che la medesima diagnosi sia
effettuata da specialisti o strutture accreditate.
2. Per gli studenti che, nonostante adeguate attivita' di recupero
didattico mirato, presentano persistenti difficolta', la scuola
trasmette apposita comunicazione alla famiglia.
3. E' compito delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le
scuole dell'infanzia, attivare, previa apposita comunicazione alle
famiglie interessate, interventi tempestivi, idonei ad individuare i
casi sospetti di DSA degli studenti, sulla base dei protocolli
regionali di cui all'articolo 7, comma 1. L'esito di tali attivita'
non costituisce, comunque, una diagnosi di DSA.
Art. 4
Formazione nella scuola
1. Per gli anni 2010 e 2011, nell'ambito dei programmi di
formazione del personale docente e dirigenziale delle scuole di ogni
ordine e grado, comprese le scuole dell'infanzia, e' assicurata
un'adeguata preparazione riguardo alle problematiche relative ai DSA,
finalizzata ad acquisire la competenza per individuarne precocemente
i segnali e la conseguente capacita' di applicare strategie
didattiche, metodologiche e valutative adeguate.
2. Per le finalita' di cui al comma 1 e' autorizzata una spesa pari
a un milione di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011. Al relativo
onere si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo di
riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di
natura corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze, come determinato, dalla Tabella C
allegata alla legge 23 dicembre 2009, n. 191.
Note all'art. 4:
- La legge 23 dicembre 2009, n. 191, (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato - legge finanziaria 2010) e' stata pubblicata nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30
dicembre 2009.
Art. 5
Misure educative e didattiche di supporto
1. Gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto a fruire di
appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilita'
didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli
studi universitari.
2. Agli studenti con DSA le istituzioni scolastiche, a valere sulle
risorse specifiche e disponibili a legislazione vigente iscritte
nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, garantiscono:
a) l'uso di una didattica individualizzata e personalizzata,
con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano
conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il
bilinguismo, adottando una metodologia e una strategia educativa
adeguate;
b) l'introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi
di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonche'
misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini
della qualita' dei concetti da apprendere;
c) per l'insegnamento delle lingue straniere, l'uso di
strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che
assicurino ritmi graduali di apprendimento, prevedendo anche, ove
risulti utile, la possibilita' dell'esonero.
3. Le misure di cui al comma 2 devono essere sottoposte
periodicamente a monitoraggio per valutarne l'efficacia e il
raggiungimento degli obiettivi.
4. Agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di
istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme
di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di
Stato e di ammissione all'universita' nonche' gli esami universitari.
Art. 6
Misure per i familiari
1. I familiari fino al primo grado di studenti del primo ciclo
dell'istruzione con DSA impegnati nell'assistenza alle attivita'
scolastiche a casa hanno diritto di usufruire di orari di lavoro
flessibili.
2. Le modalita' di esercizio del diritto di cui al comma 1 sono
determinate dai contratti collettivi nazionali di lavoro dei comparti
interessati e non devono comportare nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
Art. 7
Disposizioni di attuazione
1. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e
della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si
provvede, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, ad emanare linee guida per la predisposizione di
protocolli regionali, da stipulare entro i successivi sei mesi, per
le attivita' di identificazione precoce di cui all'articolo 3, comma 3.
2. Il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca,
entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, con proprio decreto, individua le modalita' di formazione dei
docenti e dei dirigenti di cui all'articolo 4, le misure educative e
didattiche di supporto di cui all'articolo 5, comma 2, nonche' le
forme di verifica e di valutazione finalizzate ad attuare quanto
previsto dall'articolo 5, comma 4.
3. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e
della ricerca, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, e' istituito presso il Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca un Comitato
tecnico-scientifico, composto da esperti di comprovata competenza sui
DSA. Il Comitato ha compiti istruttori in ordine alle funzioni che la
presente legge attribuisce al Ministero dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca. Ai componenti del Comitato non
spetta alcun compenso. Agli eventuali rimborsi di spese si provvede
nel limite delle risorse allo scopo disponibili a legislazione
vigente iscritte nello stato di previsione del Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca.
Art. 8
Competenze delle regioni a statuto speciale
e delle province autonome
1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale
e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in conformita' ai
rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione nonche' alle
disposizioni del titolo V della parte seconda della Costituzione.
2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento
e di Bolzano provvedono a dare attuazione alle disposizioni della
legge stessa.
Art. 9
Clausola di invarianza finanziaria
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 2,
dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 8 ottobre 2010
NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri
Visto, il Guardasigilli: Alfano
LAVORI PREPARATORI
Senato della Repubblica (atto n. 1006):
Presentato dalla sen. Vittoria Franco ed altri il 2 settembre
2008.
Assegnato alla commissione 7ª (Istruzione pubblica, beni
culturali), in sede referente, il 17 settembre 2008 con pareri delle
commissioni 1ª, 5ª, 11ª, 12ª e Questioni regionali.
Esaminato dalla 7ª commissione, in sede referente, il 24
settembre 2008; il l° e 14 ottobre 2008; il 5 novembre 2008;. il 3,
17 e 24 marzo 2009; l'8 aprile 2009; il 5 maggio 2009.
Assegnato nuovamente alla 7ª commissione, in sede deliberante, il
15 maggio 2009 con pareri delle commissioni 1ª, 5ª, 11ª, 12ª e
Questioni regionali.
Esaminato dalla 7ª commissione, in sede deliberante, ed approvato
in un testo unificato con l'atto n. 1036 (sen. Franco Asciutti ed
altri) il 19 maggio 2009.
Camera dei deputati (atto n. 2459):
Assegnato alla VII commissione (Cultura, scienza e istruzione),
in sede referente, il 26 maggio 2009 con i pareri delle commissioni
I, V, XI, XII e Questioni regionali.
Esaminato dalla VII commissione, in sede referente, il 24 giugno
2009; il 1º luglio 2009; 14, 15, 21, 28 ottobre 2009; il 24 febbraio
2010; 1'11, 12 e 20 maggio 2010.
Assegnato nuovamente alla VII commissione, in sede legislativa,
il 3 giugno 2010 con pareri delle commissioni I, V, XI, XII e
Questioni regionali.
Esaminato dalla VII commissione, in sede legislativa, ed
approvato, con modificazioni, il 9 giugno 2010.
Senato della Repubblica (atto n. 1006-1036-B):
Assegnato alla 7ª commissione (Istruzione pubblica, beni
culturali), in sede deliberante, il 24 giugno 2010 con pareri delle
commissioni 1ª, 5ª, 12ª e Questioni regionali.
Esaminato dalla 7ª commissione il 13 luglio 2010; il 15, 22 e 28
settembre 2010 ed approvato il 29 settembre 2010.
A TUTTI I DOCENTI
DSA - Informazioni operative – indicazioni didattiche
È molto importante formulare con attenzione il PDP, perché tutto quanto scritto
DEVE essere poi messo in pratica nell’attività didattica di ogni giorno e soprattutto
nei momenti della valutazione, per essere tranquilli di aver fatto quanto richiesto dalla
legge e messo nelle condizioni ottimali l’alunno nel dimostrare le sue abilità e
competenze. In particolare rispetto alla valutazione:
• annotare nel registro personale e/o nella verifica le misure dispensative e gli
strumenti compensativi utilizzati durante le prove scritte e le interrogazioni
orali, ed indicati nel PDP;
• proporre verifiche sempre scritte al computer in modo ordinato e lineare,
prediligendo:
a) Arial – Verdana
b) Interlinea 1,50
c) Grandezza carattere almeno 12, preferibilmente 14
• Privilegiare le prove orali
• Predisporre verifiche ed interrogazioni programmate con chiara definizione
degli argomenti
• Prediligere verifiche scritte a domande aperte o di tipo vero o falso (da evitare
la scelta multipla) possibilmente fornite in digitale per consentirne la lettura
tramite sintesi vocale
• Privilegiare la valutazione del contenuto rispetto alla forma mantenendo una
certa tolleranza all’errore di natura ortografica
• Recuperare eventuali insuccessi scritti con prove orali
• Concedere più tempo per lo svolgimento delle consegne, oppure procedere con
verifiche ridotte (da un punto di vista quantitativo e non qualitativo)
Nell’applicazione delle misure dispensative e l’utilizzo di strumenti compensativi
si suggerisce:
• Sollecitare l’uso della tastiera e del PC nella stesura di elaborati scritti, per
evitare trascrizione in bella copia e poter utilizzare il correttore ortografico
• Consentire l’uso di schemi, mappe concettuali da usare come base per
l’esposizione orale (interrogazione) ed elaborati scritti (verifiche), così da
supportare la scarsa memoria verbale a breve termine attraverso immagini e
parole-chiave, nonché consentire un’esposizione più fluida e ricca di
informazioni
• Agevolare la raccolta degli appunti (i ragazzi DSA hanno serie difficoltà a
prendere appunti e a codificare quelli scritti a mano dai compagni), anche
visivi, direttamente sul libro di testo oppure registrando o ancora usando la live
scribe.
Si segnala l’opportunità di poter richiedere i libri digitali delle materie attraverso il
servizio “libroAID” nel sito dell’Associazione Italiana Dislessia WWW.dislessia.it
COMITATO SCUOLA
Guida al PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO
“L’apprendimento personalizzato rappresenta oggi uno degli snodi
più significativi dell’attuale dibattito educativo e scolastico. Esso
offre una via d’uscita per la questione dello svantaggio e per porre
ogni allievo nella condizione di realizzare tutto il suo potenziale”
(D. Hopkins).
La personalizzazione dell’apprendimento (a differenza della individualizzazione)
non impone un rapporto di uno a uno tra docente e allievo con conseguente aggravio del
lavoro dell’insegnante, ma indica l’uso di “strategie didattiche finalizzate a garantire a ogni
studente una propria forma di eccellenza cognitiva, attraverso possibilità elettive di
coltivare le proprie potenzialità intellettive (capacità spiccata rispetto ad altre/punto di
forza). In altre parole, la PERSONALIZZAZIONE ha lo scopo di far sì che ognuno sviluppi
propri personali talenti” (M. Baldacci).
Il Comitato Scuola dell’Associazione Italiana Dislessia, con la stesura di un
modello di Piano Didattico Personalizzato, sia per la Scuola Primaria che per la Scuola
Secondaria di primo e secondo grado, ha voluto offrire, oltre ad una traccia e una guida
nella redazione, anche l’occasione per una riflessione sul suo valore e sul suo significato
e, conseguentemente, dare una giusta informazione al mondo della scuola affinché non
percepisca la compilazione di questo documento come un’ennesima fastidiosa richiesta di
“ riempire delle carte”, o come uno dei tanti “ impedimenti burocratici” che si frappongono
al “fare scuola quotidiano”. Si è voluto altresì mettere in rilievo l’importanza del PDP come
strumento utile e costruttivo, che, se opportunamente interpretato e utilizzato
nell’impostazione di metodologie didattiche, oltre a permettere l’apprendimento degli
studenti con DSA, ha una ricaduta positiva sull’intero gruppo-classe.
Il lavoro del Comitato Scuola A.I.D. è stato indirizzato a “organizzare” un
“modello” che potesse trovare la sua applicazione nell’ambito della Scuola con l’intento di
portare la propria esperienza “di vita” del mondo della dislessia, sia in termini di scelte
didattiche, sia in termini di implicazioni emotivo-motivazionali che tale difficoltà comporta. Il
“modello PDP che ne è scaturito può inserirsi positivamente fra le tante proposte di
“modelli” analoghi che sono stati offerti da Uffici Scolastici Provinciali e Regionali o gruppi
di docenti, senza voler affermare nessuna superiorità di un modello rispetto ad un altro.
I docenti delle singole Istituzioni Scolastiche, dopo averne preso visione e dopo riflessione
collettiva, potranno scegliere, nella gamma di “modelli” offerta, quello che meglio si
adatterà alla propria realtà scolastica.
Comitato Scuola AID 2010
PDP: origini.
Il Piano Didattico Personalizzato è la diretta e coerente conseguenza della
normativa scolastica degli ultimi decenni nella quale è stata posta, con sempre maggiore
forza, attenzione alla realizzazione del successo nell’apprendimento e alle problematiche
dell’abbandono scolastico.
Le sue radici possono essere individuate nel primo accenno teorico-indicativo
della personalizzazione dell’apprendimento che si ritrova nell'art. 21 della legge 15
marzo1997, n°59 nel quale “si permette” alle scuole, per tutti gli studenti, di “concretizzare
gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali tesi alla realizzazione del diritto di
apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni; che riconoscono e valorizzano le
diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al
raggiungimento del successo formativo”
Nel DPR 1999 N°275, Regolamento recante norme in materia di autonomia
delle istituzioni scolastiche, all’art.4 Autonomia didattica, si legge:
1. Le istituzioni didattiche riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le
potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del
successo formativo.
2. Le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento
delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai
ritmi di apprendimento. A tal fine possono adottare tutte le forme di flessibilità che
ritengono opportune … e tra l’altro: (.) anche l’attivazione di percorsi didattici
individualizzati.
Al centro della legge 53/2003 (riforma Moratti) è presente il concetto di
personalizzazione e nelle Indicazioni per il Curriculo, 2007 “la scuola è chiamata a
realizzare percorsi formativi sempre più rispondenti alle inclinazioni personali degli
studenti nella prospettiva di valorizzare gli aspetti peculiari della personalità di
ognuno”
Oggi con il Piano Didattico Personalizzato si è passati dalle semplici indicazioni di
indirizzo ad un percorso per la sua realizzazione pratica.
Che cos’è il PDP?
Analizziamo le parole che compongono la definizione di Piano Didattico Personalizzato:
PIANO: è “studio mirante a predisporre un'azione in tutti i suoi sviluppi”: un programma, un
progetto, una strategia.
DIDATTICO: lo scopo della didattica è il miglioramento:
• dell'efficacia e soprattutto dell'efficienza dell'apprendimento dell‘allievo, che
comporta , quindi, una diminuzione dei tempi di studio e del dispendio di
energie • dell‘ efficacia e dell'efficienza dell'insegnamento del docente.
PERSONALIZZATO: indica la diversificazione delle metodologie, dei tempi, degli
strumenti nella progettazione del lavoro della classe (C.M. n 4099
del05/10/2004 e n.4674 del 10/05/2007 per studenti dislessiciart_10_DPR_122_giugno2009.–Circ. MIUR 28.5.2009)
“Con la personalizzazione si persegue l’obiettivo di raggiungere i medesimi
obiettivi attraverso itinerari diversi. Questa strategia implicala messa a punto di nuove
forme di organizzazione didattica e di trasmissione dei processi del “sapere” e del
“saper fare” in modo da predisporre piani di apprendimento coerenti con le capacità, i ritmi
e i tempi di sviluppo degli alunni”.(G. Chiosso, La personalizzazione dell’apprendimento)
Nel D.P.R. 275/1999,all’ art.4.2 il Regolamento dell’autonomia scolastica
offre lo strumento della flessibilità,(“le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le
forme di flessibilità che ritengono opportune”). Tale flessibilità non è solo nei calendari,
negli orari, nei raggruppamenti degli alunni, nell’adeguamento alle esigenze delle realtà
locali, ecc, ma è prevista anche in tutti gli aspetti dell’organizzazione educativa e didattica
della Scuola e quindi va intesa come personalizzazione educativa e didattica, come
personalizzazione degli obiettivi formativi e come personalizzazione dei percorsi
formativi.
In definitiva il PDP è un piano didattico pensato e applicabile per gli alunni
con DSA, nei quali la difficoltà non è nella capacità di apprendimento, ma nelle abilità di
utilizzare i normali strumenti per accedere all’apprendimento, abilità che possono e
devono essere supportate, secondo la normativa vigente, per il raggiungimento del
successo formativo.
Il PDP è un contratto fra docenti, Istituzione Scolastiche, Istituzioni SocioSanitarie e famiglia per individuare e organizzare un percorso personalizzato, nel quale
devono essere definiti i supporti compensativi e dispensativi che possono portare alla
realizzazione del successo scolastico deglialunni DSA.
Chi lo redige?
Il team dei docenti o il consiglio di classe, acquisita la diagnosi specialistica di
DSA, redige il Piano Didattico Personalizzato. La redazione del documento prevede una
fase preparatoria d’incontro e di dialogo tra docenti, famiglia e specialisti nel rispetto dei
reciproci ruoli e competenze.
Le scuole, nell’ambito dell’autonomia di cui al D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275, e gli
insegnanti, nell’ambito della libertà di insegnamento garantita dalla Costituzione, sono
liberi nell’individuazione delle modalità di insegnamento più idonee a corrispondere alle
necessità di ciascun allievo, ivi compresi gli strumenti compensativi e dispensativi per gli
allievi con DSA.
Quando viene redatto?
La sua redazione avviene:
• all’inizio di ogni anno scolastico entro i primi due mesi per gli studenti già segnalati
• su richiesta della famiglia in possesso di segnalazione specialistica.
L’iter classico per giungere alla compilazione del PDP è il seguente. :
• acquisizione della segnalazione specialistica;
• incontro di presentazione tra: il coordinatore della classe, la famiglia dello studente,
il Dirigente Scolastico e/o il referente DSA per la raccolta delle informazioni.
(verbalizzazione da parte del coordinatore);
• accordo tra i docenti per la sua predisposizione e per la distribuzione della
modulistica da compilare (ad es. nel C.d.C. di Ottobre)
• stesura finale e sottoscrizione del documento (docenti e genitori dello studente).
(successivo C.d.C. di Novembre).
Il PDP deve essere verificato due o più volte l’anno a cura del team dei docenti
o del Consiglio di Classe ( per es. in sede di scrutini).
Come viene redatto?
La redazione deve contenere e sviluppare i seguenti punti:
1. dati relativi all’alunno
2. descrizione del funzionamento delle abilità strumentali
3. caratteristiche del processo di apprendimento
4. strategie per lo studio – strumenti utilizzati
5. individuazione di eventuali modifiche all’interno degli obiettivi disciplinari per il
conseguimento delle competenze fondamentali
6. strategie metodologiche e didattiche adottate
7. strumenti compensativi
8. criteri e modalità di verifica e valutazione
9. assegnazione dei compiti a casa e rapporti con la famiglia
1. Dati relativi all’alunno
Nel riquadro relativo a questa voce si devono riportare:
• i dati dell’alunno integrati e completati con le indicazioni fornite:
• da chi ha redatto la segnalazione,
• dalla famiglia,
• dal lavoro di osservazione condotto a scuola.
• le specifiche difficoltà individuate che l’allievo presenta
• i suoi punti di forza.
2. Descrizione del funzionamento delle abilità strumentali
Nelle Istituzioni Scolastiche sarebbe molto importante, e soprattutto indice di alta
professionalità, realizzare processi di monitoraggio dell’apprendimento strumentale della
lettura, scrittura e calcolo, utilizzando adeguati strumenti di verifica e osservazioni attente
che possano fornire informazioni specifiche sul livello di acquisizione e di
automatizzazione raggiunto da ogni studente in queste abilità strumentali di base (lettura,
scrittura, calcolo).
Oltre che da prove e osservazioni sistematiche eseguite in classe, i livelli di
efficienza raggiunti in tali abilità possono essere ricavati anche da informazioni che
provengono dalla diagnosi specialistica.
La lettura è un processo complesso che comprende:
• una componente strumentale decifrativa, caratterizzata dalla capacità di
trasformare una sequenza ordinata di segni grafici nei corrispondenti suoni,
denominando , infine, le parole in modo corretto e veloce,
• una componente legata alla comprensione, cioè alla capacità di ricostruire il
significato di quanto letto.
Proprio per il rilievo che il “saper leggere” assume nello sviluppo di ciascun
alunno l’ IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement)PIRLS (Progress in International Reading Literacy Study 2006) conduce un ciclo regolare
di studi sulla competenza di lettura e sui fattori associati alla sua acquisizione in vari paesi
del mondo. Le indagini internazionali PISA, nate nel 2000, con l’intento di misurare e
comparare le competenze nella lettura (reading literacy), di un campione rappresentativo
di studenti quindicenni, definiscono questa competenza come “ La capacità di un individuo
di comprendere, di utilizzare e di riflettere su testi scritti al fine di raggiungere i propri
obiettivi, di sviluppare le proprie conoscenze e le proprie potenzialità e di svolgere un ruolo
attivo nella società (.)Gli studenti non sono valutati sulle abilità di lettura di base, che a
quindici anni si considerano di fatto acquisite. Ci si aspetta, piuttosto, che essi dimostrino
una competenza in processi quali individuare informazioni, comprendere il significato più
ampio e generale di un testo, svilupparne un’interpretazione e riflettere sui suoi aspetti
contenutistici e sulle sue caratteristiche formali” (OCSE-PISA,2009 ).
L’ INVALSI, per la prima volta nell’anno 2009 e successivamente anche per le
prove relative all’ anno 2010, ha introdotto nelle prove per la rilevazione degli
apprendimenti nell’ambito dell’Italiano una prova preliminare di velocità di lettura, per la
classe seconda della scuola primaria.
Nella descrizione della rilevazione degli apprendimenti dell’INVALSI 2008-2009, si legge:
“Questa prova (preliminare di velocità di lettura) comprende 40 quesiti, ciascuno dei quali
formato da una parola scritta seguita da una serie di quattro figure, tra cui l’alunno deve
indicare quella corrispondente alla parola che le precede. Il tempo per leggere le 40 parole
e scegliere la figura corrispondente è stato previsto in due minuti, tempo necessario per
svolgere la prova ad un bambino di seconda elementare in grado di leggere
scorrevolmente. (Si annota che tale tempo era stato precedentemente verificato dai
ricercatori INVALSI su alcuni alunni di seconda elementare cui la prova è stata
individualmente somministrata). Il solo scopo di tale prova, che non prevede
l’assegnazione di alcun punteggio, è di verificare quale percentuale di alunni non abbia
ancora raggiunto un sufficiente grado di automatismo nella decodifica di parole scritte,
misurata dal numero di parole lette nel tempo assegnato. Tale capacità strumentale di
lettura – viene definita nella relazione - un indispensabile pre-requisito per lo sviluppo della
capacità di comprensione”.
In realtà i due processi di decodifica e di comprensione sono distinti, pertanto una
decodifica problematica non comporta necessariamente una scarsa comprensione. Al
contrario, la difficoltà a comprendere in modo adeguato il significato di un testo potrebbe
essere presente in studenti che hanno una abilità di decodifica perfettamente nella norma.
Gli studenti con diagnosi di dislessia hanno difficoltà nella lettura decifrativa, pertanto
l’utilizzazione di strumenti compensativi è fondamentale per bypassare le problematiche
legate alla decodifica, permettendo loro di raggiungere il vero obiettivo della lettura che è
la comprensione.
La scrittura strumentale è costituita dalle seguenti componenti:
• l’aspetto grafico, cioè relativo alla corretta costruzione del segno grafico
• l’aspetto ortografico.
Tuttavia la grafia e l’ortografia sono elementi solo parziali del processo di
scrittura in quanto ci sono altri aspetti più importanti da prendere in
considerazione.
Nelle Indicazioni per il Curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di
Istruzione (MPI,2007) si afferma “L'acquisizione della competenza strumentale della
scrittura, entro i primi due anni di scuola, non esaurisce la complessità dell’insegnare e
dell’imparare a scrivere testi. Vista nel suo compiersi, la scrittura di un testo si presenta
come un processo complesso nel quale si riconoscono fasi, dall’ideazione agli abbozzi di
pianificazione, alla prima stesura, alla revisione, ecc.. Ogni fase richiede specifiche
strategie di apprendimento, sempre aperte alla creatività e all’imprevedibilità degli apporti
individuali degli allievi “
Nel Fascicolo Invalsi e Accademia della Crusca, 2008 “La valutazione
della prima prova dell’esame di stato”, la scrittura è definita come competenza testuale e
più precisamente viene intesa come “la capacità di intendere e produrre messaggi (orali,
scritti o trasmessi con altri mezzi) che, in una determinata situazione comunicativa,
realizzino pienamente il passaggio intenzionale di informazioni tra emittente e ricevente”.
Nello stesso fascicolo si precisa che la capacità di comporre un testo scritto può essere
descritta e misurata attraverso indicatori, costituiti da quattro specifiche competenze:
1. la capacità di realizzare un testo come struttura coerente e coesa, adeguata per assetto
formale e caratteri complessivi alla finalità comunicativa (competenza testuale);
2. l’uso corretto delle strutture del sistema linguistico (competenza grammaticale);
3. l’ampiezza e l’uso semanticamente appropriato del patrimonio lessicale
(competenza semantica);
4. la capacità, sostenuta dall’insieme delle suddette competenze, di reperire ed
elaborare idee e argomenti per un determinato discorso (competenza ideativa).
Ciascuna di queste competenze è a sua volta analizzabile mediante descrittori essenziali:
la “correttezza ortografica” è presente tra quelli della competenza grammaticale.
In questo documento inoltre si fa riferimento anche alla “ grafia” e alle sue problematiche,
dichiarando che “i fatti grafici sono esclusi dalla valutazione ..”.
Gli studenti con diagnosi di disortografia e/o disgrafia con l’ausilio di strumenti
compensativi e/o di misure dispensative (computer, correttore ortografico, ….) possono
raggiungere l’obiettivo vero del “saper scrivere” che consiste nella capacità di esprimere e
interpretare concetti, pensieri, fatti e opinioni, relazionarsi e interagire con gli altri.
Per quanto riguarda l’abilità strumentale del calcolo nelle Indicazioni per il
Curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di Istruzione (MPI,2007) si
legge: “Caratteristica della pratica matematica è la risoluzione di problemi, che devono
essere intesi come questioni autentiche e significative, legate spesso alla vita quotidiana,
e non solo esercizi a carattere ripetitivo o quesiti ai quali si risponde semplicemente
ricordando una definizione o una regola. In particolare nella scuola secondaria di primo
grado si svilupperà un’attività più propriamente di matematizzazione, formalizzazione,
generalizzazione. L’alunno analizza le situazioni per tradurle in termini matematici,
riconosce schemi ricorrenti, stabilisce analogie con modelli noti, sceglie le azioni da
compiere (operazioni, costruzioni geometriche, grafici, formalizzazioni, scrittura e
risoluzione di equazioni,…) e le concatena in modo efficace al fine di produrre una
risoluzione del problema.(.) L’uso consapevole e motivato di calcolatrici e del computer
deve essere incoraggiato opportunamente fin dai primi anni della scuola primaria, ad
esempio per verificare la correttezza di calcoli mentali e scritti e per esplorare i fenomeni
del mondo dei numeri e delle forme.
Di estrema importanza è lo sviluppo di un atteggiamento corretto verso la matematica,
inteso anche come una adeguata visione della disciplina, non ridotta a un insieme di
regole da memorizzare e applicare, ma riconosciuta e apprezzata come contesto per
affrontare e porsi problemi significativi e per esplorare e percepire affascinanti
relazioni e strutture che si ritrovano e ricorrono in natura e nelle creazioni
dell’uomo.”.
Il traguardo delle competenze da raggiungere nei diversi gradi di scuola nella
matematica è quello di comprendere che gli strumenti matematici sono utili per operare
nella realtà quotidiana e in quella specifica delle discipline tecnico- scientifiche e che “gli
aspetti algoritmici applicativi ed esecutivi, che pure costituiscono una componente
irrinunciabile della disciplina matematica, non dovrebbero essere considerati fine a se
stessi” (Quadro di riferimento di matematica: Prova Nazionale INVALSI dell’esame finale
del primo ciclo 2009)
Le abilità numeriche e di calcolo sono quindi distinte dalle abilità logicomatematiche impegnate nella soluzione dei problemi.
Gli alunni con diagnosi di discalculia, pur essendo in possesso di capacità logicomatematiche, avrebbero la strada preclusa per il raggiungimento di questo obiettivo senza
la possibilità di utilizzare strumenti compensativi e/o misure dispensative, che gli
permettano di aggirare le difficoltà legate alle abilità numeriche e di calcolo.
3. Caratteristiche del processo di apprendimento
Nelle diverse materie o nei diversi ambiti di studio vanno individuati gli effettivi
livelli di apprendimento raggiunti. A questo proposito si deve porre particolare attenzione
sulle strategie utilizzate dall’alunno nel suo processo di acquisizione e di studio ed
effettuare osservazioni sistematiche sul modo di procedere dello studente. Le strategie utili
devono essere incoraggiate, mentre si deve far prendere consapevolezza di quelle
disfunzionali. Molto spesso si nota che i ragazzi non si servono di supporti che pure
possiedono (consultare schemi predisposti per attivare la memoria; utilizzare strategie non
efficaci per affrontare la produzione del testo scritto: es.: mettersi a scrivere
immediatamente senza predisporre un piano con la rappresentazione delle idee che si
intendono comunicare, oppure utilizzando mappe come aiuto durante la fase di stesura del
testo.).
L’osservazione del processo di apprendimento degli alunni comporterebbe una
ricaduta positiva nella scuola con l’attivazione di percorsi sistematici, espliciti e
continui di riflessione sulle possibili strategie di studio da sperimentare per favorire la
scoperta e la successiva costruzione del proprio modo di imparare.
4. Individuazione di eventuali modifiche all’interno degli obiettivi disciplinari per
il conseguimento delle competenze fondamentali.
Pensare alla individuazione di modifiche negli obiettivi disciplinari vuol dire
considerare l’insegnamento non come accumulo di nozioni, di memorizzazioni di regole, di
semplice esposizione di contenuti immagazzinati, ma come capacità
• di sollecitare processi di apprendimento significativo,
• di favorire la ristrutturazione attiva della mappa personale,
• di sostenere la disponibilità al compito,
• di stimolare il coinvolgimento cognitivo e affettivo degli alunni.
Le modifiche possono riguardare aspetti marginali degli obiettivi disciplinari che
non interferiscono con l’acquisizione di competenze fondamentali.
Il modo particolare di apprendere degli alunni con DSA, deve essere uno
stimolo a creare ambienti di apprendimento in grado di promuovere aspetti motivazionali,
affettivi e relazionali, processi cognitivi e metacognitivi che sono alla base
dell’apprendimento significativo .
Possiamo fare un esempio di modifica nell’ambito di un obiettivo disciplinare:
“una scrittura ortograficamente corretta”.
Un alunno disortografico non sarebbe in grado di scrivere in modo “ortografico”
e dovrebbe impiegare la maggior parte delle sue risorse a cercare di evitare di scrivere
facendo errori: tutto avverrebbe a scapito del contenuto e della parte elaborativa del testo
scritto. Di conseguenza si dovrà puntare sulle altre capacità da mettere in gioco per
realizzare un testo scritto: ciò si può realizzare impostando un intervento didattico, che
bypassando il problema ortografico, tenda a facilitare la parte comunicativa del testo,
cercando di separare le complesse operazioni di pensiero implicate nella costruzione del
testo scritto (ideazione, stesura, revisione). In altre parole si può fornire un aiuto invitando
lo studente inizialmente a concentrarsi nella ricerca delle idee da inserire nel compito, a
esporle oralmente man mano che si concretizzano e infine a fissarle appuntandole su
foglietti staccati o post-it. Una volta trovate le idee (le “cose da dire”), lo si invita a passare
ad una seconda fase: costruire con parole-chiave le parti del testo e infine a utilizzare i
foglietti o post-it, per inserire le idee e dare loro successione e interconnessione.
La possibilità di rendere marginale l’impegno dello studente sulla componente
ortografica e lo scindere tra loro le operazioni di costruzione che vengono svolte in tempi
successivi, senza accavallarsi e confondersi tra loro, determina una riduzione della
complessità di esecuzione e libera la capacità di esprime le proprie idee.
In questo caso l’obiettivo curricolare “saper scrivere testi in modo ortograficamente
corretto”, viene modificato in “saper scrivere testi”: così, pur non raggiungendo l’obiettivo
disciplinare nella sua completezza, si può rendere possibile il conseguimento della
competenza fondamentale relativa alla scrittura: “saper comunicare”.
E’ da rimarcare che l’attuazione di un metodo facilitante per la compilazione di un testo
scritto non deve essere offerta separatamente all’alunno con DSA, ma deve essere rivolta
contemporaneamente a tutto il gruppo-classe nel quale la ricaduta non potrà essere altro
che positiva.
Questo è un esempio di come la presenza di un alunno DSA in un gruppo-classe può
essere un valore aggiunto, in quanto occasione di approfondimento di metodologie
didattiche che risultano essere un vantaggio per tutti .
5. Strategie metodologiche e didattiche utilizzabili
Per ciascuna materia o ambito di studio vanno individuate le metodologie più adatte ad
assicurare l’apprendimento dell’allievo in relazione alle sue specifiche condizioni.
Un'ampia varietà di strategie può aiutare a valorizzare i punti forti riducendo le
difficoltà degli studenti (Tomlinson, 2003).
La decisione di utilizzare una strategia, piuttosto che un'altra, dipende dal contenuto e dai
bisogni concreti degli alunni. Al fine di contestualizzare le norme generali indicate nelle
circolari ministeriali in materia di strumenti dispensativi e compensativi da adottare nei
confronti di allievi con DSA e di adattarle al percorso scolastico dell’allievo, deve essere
fatta la riflessione su chi apprende, sulla didattica, sulle strategie adeguando e utilizzando:
• metodologie didattiche
• flessibilità didattica
• apprendimento cooperativo
Le metodologie didattiche devono essere volte a:
• ridurre al minimo i modi tradizionali “di fare scuola” (lezione frontale, completamento
di
schede che richiedono ripetizione di nozioni o applicazioni di regole
memorizzate, successione di spiegazione-studio- interrogazioni… ).
• favorire attività nelle quali i ragazzi vengano messi in situazione di conflitto cognitivo
con se stessi e con gli altri
• sfruttare i punti di forza di ciascun alunno, adattando i compiti agli stili di
apprendimento degli studenti e dando varietà e opzioni nei materiali e nelle
strategie d’insegnamento
• utilizzare mediatori didattici diversificati (mappe, schemi, immagini)
• stimolare il recupero delle informazioni tramite il braistorming
• collegare l’apprendimento alle esperienze e alle conoscenze pregresse degli
studenti
• favorire l’utilizzazione immediata e sistematica delle conoscenze e abilità, mediante
attività di tipo laboratoriale.
• sollecitare la rappresentazione di idee sotto forma di mappe da utilizzare come
facilitatori procedurali nella produzione di un compito.
• ridurre il carico esecutivo implicato nella realizzazione di un compito.
• Sollecitare la motivazione nello studente , facendogli percepire di avere la capacità
di raggiungere un obiettivo e di poter svolgere un compito.
La flessibilità didattica è da intendersi come capacità da parte del docente, sia in fase di
progettazione che durante il percorso didattico, di adattare l’insegnamento alle reali
possibilità di apprendimento di ogni studente.
Lo strumento della flessibilità può essere determinante nel conseguimento degli
obiettivi indicati nelle Raccomandazioni del Parlamento Europeo e del Consiglio,2006 “Le
competenze-chiave per l’apprendimento permanente - Un quadro di riferimento Europeo”:,
che individua nella competenza-chiave “ Imparare ad imparare” questi elementi:
• la consapevolezza del proprio processo di apprendimento e dei propri
bisogni
• l’identificazione delle opportunità disponibili
• la capacità di sormontare gli ostacoli per apprendere in modo efficace.
• la consapevolezza delle proprie strategie di apprendimento, dei punti di
forza e dei punti di debolezza delle proprie abilità
• la capacità di perseverare nell’apprendimento
• la capacità di organizzare il proprio apprendimento anche mediante una
gestione efficace del tempo e delle informazioni, sia a livello individuale
che in gruppo.
Gli obiettivi dell’apprendimento cooperativo si individuano in:
• interdipendenza positiva: il contributo di ciascuno è complementare e necessario e gli
studenti sono corresponsabili del loro apprendimento.
• responsabilità individuale: impegno e motivazione nel lavoro
• interazione simultanea : gli studenti apprendono in modo più efficace quando sono
elementi attivi del gruppo e condividono opinioni e idee, risolvendo insieme
situazioni problematiche.
Si impara se si lavora insieme per portare a termine compiti in modo
cooperativo, perché si realizza la costruzione condivisa, interattiva e sociale del sapere.
Tale impostazione metodologica comporta una modifica del:
• ruolo dello studente che diventa costruttore di conoscenze, esplora il sapere ed è
invitato a risolvere situazioni problematiche.
• ruolo dell’insegnante che diventa quello di facilitatore e organizzatore delle attività di
apprendimento.
6. Strumenti e misure di tipo compensativo e dispensativo
La ricerca del miglioramento della padronanza delle abilità strumentali deve
essere condotta nei limiti di ciò che è modificabile attraverso l’insegnamento e
l’apprendimento, condizione che si verifica nella scuola primaria. Nella scuola secondaria
ciò non è più modificabile e va “aggirato” con l’adozione di strumenti compensativi e
misure di tipo dispensativo.
Per ciascuna materia o ambito di studio vanno individuati gli strumenti
compensativi e dispensativi necessari a sostenere l’allievo nell’apprendimento. “L’obiettivo
di tali misure e strumenti è quello di mettere l’alunno con DSA sullo stesso piano dei suoi
compagni, senza violare l’imparzialità “( G. Stella).
Il primo strumento compensativo è “imparare ad imparare”; acquisire cioè un
adeguato metodo di studio e la capacità di organizzarsi per portare a termine i propri
compiti (Dislessia,Cornoldi,Tressoldi e altri: Il primo strumento compensativo per un
alunno con dislessia: un efficiente metodo di studio, pag. 77-87, genn. 2010)
Tra gli strumenti compensativi un grande rilievo viene attribuito alle nuove
tecnologie. Gli strumenti tecnologici, infatti, semplificano l’attività svolgendo una serie di
operazioni automatiche che l’alunno dislessico ha difficoltà a eseguire. L’uso del computer
non deve essere un marcatore di differenza, ma uno strumento di lavoro tanto a livello
individuale che a livello di gruppo.
In Finlandia il ricorso a tecnologie, nell’ambito scolastico, è considerato
un’occasione per predisporre materiale che porti ad un rinnovamento delle prassi
didattiche. In Information Strategy for Education and Resarch 2000-2004 del Ministero
Finlandese dell’Educazione si legge: “L’obiettivo è quello di assicurare un insegnamento di
alta qualità, di favorire l’azione comune, l’interazione, un’espressione personale aperta e
flessibile nonché l’esercizio di specifiche competenze”
L’apporto della tecnologia nelle scuole permette un arricchimento nel modo di
“fare scuola,” inducendo un cambiamento degli approcci didattici tradizionali e creando
modelli didattici più innovativi (es.: l’apprendimento assistito dal computer si è rivelato
efficace perché, aumentando la motivazione e l’interesse per lo studio, favorisce
l’utilizzazione di strategie di lavoro più complesse).
7. Criteri e modalità di verifica e valutazione
Nell’adottare criteri e modi di verifica è opportuno riflettere se la valutazione
deve essere “dell’apprendimento” o “per l’apprendimento”.
La valutazione dell’apprendimento è abbastanza facilmente comprensibile e ha un
valore essenzialmente certificativo (con la sua scala di positività) o sanzionatorio di
insufficienza.
La valutazione per l’apprendimento presuppone “tutte quelle attività
intraprese dagli insegnanti e/o dagli alunni, che forniscono informazioni da utilizzare come
feedback per modificare le attività di insegnamento/apprendimento in cui sono impegnati
(Black and Wiliam, 1998). Pertanto la valutazione per l’apprendimento, pur non essendo
esente da un suo valore certificativo, ha soprattutto un valore formativo. Infatti è
dimostrato che la valutazione per l’apprendimento è uno degli strumenti più efficaci per
migliorare i risultati degli studenti, riuscendo anche ad innalzarne i livelli di competenza.
Nella valutazione per l’apprendimento riveste un ruolo significativo anche
l’autovalutazione dello studente che deve essere coinvolto nella progettazione e nel
monitoraggio del proprio percorso di apprendimento (contratti educativi, rilettura
metacognitiva del proprio apprendimento: Perché ho imparato? Cosa posso fare per
riuscire in questo specifico compito,? Quale tipo di strategie posso utilizzare per superare
queste difficoltà?....) Usare il dialogo come modalità di valutazione comporta la possibilità
di individuare i punti di forza, i bisogni di apprendimento di ciascuno, le modalità
disfunzionali di procedere in un compito. Leadbeater sostiene che: “ coloro che imparano
migliorano le loro prestazioni se sono continuamente aiutati e impegnati a definire i propri
obiettivi, nell’elaborazione dei propri piani e scopi di apprendimento, scegliendo le
strategie cognitive più efficaci. I nuovi approcci maturati nel campo della valutazione, per
esempio la valutazione per l’apprendimento, si dimostrano a tale scopo particolarmente
efficaci perché sono finalizzati soprattutto a stabilire l’efficacia dell’apprendimento, ossia
ciò che è andato bene o male.”
Se la valutazione deve servire ad evitare gli insuccessi ed a mettere gli alunni
sempre nella condizione di apprendere, allora la valutazione nella scuola per la
formazione di base deve essere sempre valutazione formativa: deve valutare per
educare, non per sanzionare, non per punire, non per far ripetere i percorsi sia durante
l’anno scolastico che in quello successivo. “Valutare per educare” vuol dire attivarsi per
ricercare quali siano le strategie educative più efficaci e metterle continuamente a punto.
Nello stesso tempo essa implica di valutare la valutazione: cioè di effettuare
costantemente una verifica di quanto gli attuali strumenti di valutazione abbiano contribuito
a migliorare i processi ed i risultati dell’apprendimento.
Dal punto di vista operativo i docenti dovranno specificare nel PDP le modalità
attraverso le quali intendono valutare i livelli di apprendimento nelle diverse discipline o
ambiti di studio. Nello stesso tempo dovrà essere esclusa la valutazione degli aspetti che
costituiscono il disturbo stesso (ad esempio negli allievi disgrafici o disortografici non sarà
valutata la correttezza ortografica e sintattica in tutte le materie disciplinari ).
Nella C.M. 4674 del 10 maggio 2007 si parla della valutazione per gli studenti
con DSA “(.)In tutti i casi in cui le prove scritte interessino lingue diverse da quella materna
e non si possono dispensare gli studenti dalla loro effettuazione, gli insegnanti vorranno
riservare maggiore considerazione per le corrispondenti prove orali come misura
compensativa dovuta”
Nel DPR N. 122 “La valutazione concorre, con la sua finalità anche formativa e
attraverso l’individuazione delle potenzialità e delle carenze di ciascun alunno, ai
processi di autovalutazione degli alunni medesimi, al miglioramento dei livelli di
conoscenza e al successo formativo”.
8. Patto con la famiglia
Il PDP, una volta redatto, deve essere consegnato alle famiglie , anche per
consentire l’attivazione di indispensabili sinergie tra l’azione della scuola, l’azione della
famiglia, l’azione dell’allievo. Tutti i protagonisti del processo devono potersi applicare al
raggiungimento di obiettivi comuni e condivisi e secondo modalità integrate, evitando
fraintendimenti, dispersione di forze, contraddittorietà, improvvisazione.
Nella progettazione del PDP dovranno essere indicate le modalità di accordo
tra i docenti e la famiglia. In particolare andranno considerati i seguenti elementi:
• assegnazione dei compiti a casa e modalità su come vengono assegnati (con
fotocopie, con nastri registrati, ...)
• quantità di compiti assegnati (tenendo conto che i ragazzi con DSA sono lenti e
fanno molta più fatica degli altri occorre selezionare gli aspetti fondamentali di ogni
apprendimento)
• scadenze con cui i compiti vengono assegnati, evitando sovrapposizioni e
sovraccarichi.
• modalità di esecuzione e presentazione con cui il lavoro scolastico a casa può
essere realizzato (uso di strumenti informatici, presentazioni di contenuti appresi
con mappe, powerpoint …)
Perché le famiglie acquisiscano fiducia nel ruolo della scuola, è di importanza
fondamentale, costruire con essa legami significativi, comunicando ai genitori i progressi
(anche minimi) rilevabili solo in un continuo monitoraggio del processo di apprendimento di
ogni studente.
Il PDP deve avvalersi quindi della partecipazione diretta della famiglia e
dell’allievo, ovviamente in età adeguata, per consentirgli di sviluppare piena
consapevolezza delle proprie peculiari modalità di “funzionamento” , per renderlo parte
attiva nel processo di apprendimento , per dargli la percezione di possedere la capacità di
poter raggiungere un obiettivo ed essere in grado di svolgere un compito.
È inoltre di notevole supporto psicologico per le famiglie far comprendere che, per i
ragazzi con DSA, è possibile costruire un progetto scolastico e di vita di successo (ad
esempio la possibilità di continuare gli studi universitari, d’intraprendere un percorso
lavorativo gratificante …, nonostante le difficoltà )
Perché viene redatto?
Nella normativa vigente relativa alle modalità di svolgimento degli esami di
stato si fa specifico riferimento alla segnalazione diagnostica, alla adozione di strumenti
compensativi e dispensativi utilizzati nel corso dell’anno, alla valutazione e verifica degli
apprendimenti tenendo conto delle specifiche situazioni soggettive, ecc.
A tale scopo si citano alcuni passi della normativa:
- OM n° 30 del 10/03/2008 "Istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo
svolgimento degli Esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria
superiore nelle scuole statali e non statali. Anno scolastico 2007/2008".
- CM n°54 del 26 maggio 2008 “Esami di stato Secondaria di Primo Grado anno scolastico
2007/2008 - prova scritta a carattere nazionale” CANDIDATI CON DIFFICOLTA'
SPECIFICHE DI APPRENDIMENTO: “I candidati con diagnosi specifica di dislessia o di
altri disturbi specifici di apprendimento sosterranno la prova nazionale con l’ausilio degli
strumenti compensativi utilizzati durante l’anno. Per lo svolgimento della prova è previsto
un tempo aggiuntivo stabilito dalla commissione.”
- Decreto del Presidente della Repubblica n° 122 del 22 giugno 2009 ,Art. 10 –
Valutazione degli alunni con difficoltà specifica di apprendimento (DSA): “Per gli alunni con
difficoltà specifiche di apprendimento (DSA) adeguatamente certificate, la valutazione e la
verifica degli apprendimenti, comprese quelle effettuate in sede di esame conclusivo dei
cicli, devono tener conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni. A tali fini, nello
svolgimento dell’attività didattica e delle prove d’esame, sono adottati, nell’ambito delle
risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, gli strumenti metodologico-didattici
compensativi e dispensativi ritenuti più idonei. Nel diploma finale rilasciato al termine degli
esami non viene fatta menzione delle modalità di svolgimento e della differenziazione delle
prove”.
Pertanto la stesura del PDP per gli alunni DSA, oltre ad essere un atto dovuto
perché presente nella normativa, sul piano pratico la sua redazione e monitoraggio nel
tempo rappresenta un documento vincolante nell’ambito degli esami di stato e di
passaggio per l’applicazione delle deroghe compensative e dispensative previste.
Sul piano professionale è anche stimolo per i docenti e per le istituzioni
scolastiche per perseguire obiettivi di alto valore pedagogico ed educativo:
- condividere la responsabilità educativa con la famiglia,
- documentare per decidere e/o modificare strategie didattiche,
- favorire la comunicazione efficace tra diversi ordini di scuola,
- riflettere sull’importanza dell’osservazione sistematica dei processi di apprendimento
dell’alunno,
- ripensare le pratiche didattiche per migliorarle,
- creare ambienti costruttivi, collaborativi, attivi, cioè ambienti per l’apprendimento che
favoriscano la curiosità intellettiva e dove sia presente un clima emozionale
positivo.
Bibliografia
1. Chiosso G., La personalizzazione dell’insegnamento, saggio pubblicato sul sito ADI,2010
2. Cornoldi,Tressoldi e altri: Il primo strumento compensativo per un alunno con dislessia: un
efficiente metodo di studio, pag. 77-87, Dislessia genn. 2010
3. Cantoia M., Carruba L., Colombo B., Apprendere con stile, Roma, Carocci 2004
4. Cisotto, Didattica del testo, Carrocci editore, 2006
5. Dehaene S. I neuroni della lettura, Raffaello Cortina Editore 2009
6. Gentile M., Insegnare alla classe e personalizzare l’apprendimento. L’Educatore, 55,pp.13-16,
2007.
7. Scalisi T.G.,Pelagaggi D. e Fanini S. Apprendere la lingua scritta: le abilità di base, Carocci
2003
8. Stella G., La dislessia. Aspetti clinici, psicologici e riabilitativi,Milano, FrancoAngeli 1996
9. Stella G.,Di Blasi F.,Giorgetti W. E Savelli E., La valutazione della dislessia, Enna, Città
Aperta 2003
10. Passolunghi M.C, De Beni R. I test per la scuola. La valutazione psicologica e educativa degli
apprendimenti scolastici, Il Mulino 2001
11. SINPIA Linee guida per il DDAI e i DSA, , Erickson,2006
12. Tressoldi P.E.,Vio C “E’ proprio così difficile distinguere difficoltà da disturbo di
apprendimento?”,”Dislessia”,vol.2, pp.139-146, 2008
13. Zoccolotti P.L.,Angelelli P., Judica A.e Luzzatti C, I disturbi evolutivi di lettura e scrittura,
Carocci Faber 2005
14. Autori vari Personalizzare l’insegnamento, Il Mulino 2008
15. Ministero della Pubblica Istruzione ,Indicazioni per il curricolo per la scuola dell'infanzia e per
il primo ciclo d'istruzione. Roma, settembre 2007.
16. “La valutazione della prima prova dell’esame di stato”; fascicolo Invalsi e Accademia della
Crusca ,2008 ( www.invalsi.it)
17. Indagine OCSE-PISA,2009 ( www.invalsi.it)
18. Ricerca internazionale IEA-PIRLS 2006, La lettura nella scuola primaria, Armando Ed. 2008
………………….., data………………
SCOLASTICO
AL DIRIGENTE
………………………………………………..
.
Istituto
………………………………………
Città
…………………………………………..
P.c.
Al Referente dislessia
………………………..
Al Doc.coordinatore del
Consiglio di cl./ sez.
………………………………………………..
Oggetto: Richiesta di Percorso Personalizzato per lo studente….
™ Vista la Legge 170/2010 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in
ambito scolastico” (G.U. n.244 del 18/10/2010) e il D. M. attuativo del 21 luglio 2011
™ Viste le precedenti leggi, circolari e note ministeriali:
ƒ DPR 1999 N°275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle
istituzioni scolastiche, all’art.4 Autonomia didattica
ƒ Legge 53/2003 (riforma Moratti)
ƒ Circ.prot. n. 4099/A/4 del 5/10/2004
ƒ Circ. prot n. 26/A 4 del 5/1/2005
ƒ Circ. prot. n° 4798/ A4a del 27/7/2005
ƒ Indicazioni per il Curriculo, 2007
ƒ Circ. prot. n. 4674 del 10/05/2007
ƒ Legge 169/2008 conversione DL 137/08 Art. 3 comma 5
ƒ DPR 122/2009 art. 10
Noi sottoscritti……..………………………………………….., a seguito della presentazione della diagnosi di
Disturbo Specifico dell’Apprendimento di nostro figlio/a …………….iscritto/a alla classe …………sez…
di codesto Istituto, protocollata in data………, chiediamo che sia redatto, per l’anno scolastico in
corso, dai docenti/ Consiglio di Classe, un Percorso Personalizzato *, in cui siano indicati gli
strumenti compensativi, le misure dispensative, le strategie didattiche/metodologiche di
supporto, le forme di verifica e di valutazione adeguate alle sue necessità formative, da applicare
per favorire il successo scolastico di nostro figlio.
Chiediamo che tutti gli organi scolastici dell’Istituto pongano la massima attenzione su
una delle novità normative più rilevanti contenute nella legge n. 170 dell’8.10.2010: l’esplicito
riconoscimento, contenuto nell’art. 5, 1° comma, di un vero e proprio diritto degli studenti con
diagnosi di DSA, a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di fessibilità
didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari.
Consapevoli dell’importanza di un rapporto collaborativo scuola - famiglia per il
superamento delle difficoltà scolastiche legate ai D.S.A., siamo a disposizione, anche nella fase
preparatoria del documento, per momenti d’incontro e di dialogo tra docenti, famiglia e specialisti
nel rispetto dei reciproci ruoli e competenze. Chiediamo sin d’ora che ci sia consegnata copia del
percorso personalizzato che sarà approvato e dichiariamo la disponibilità a rapportarci con i
docenti tutte le volte che sarà necessario.
Ringraziando per l’attenzione, porgiamo distinti saluti.
…………………………………………….
…………………………………………………….
DIREZIONE DIDATTICA STATALE
1° CIRCOLO COMISO
Via Degli Studi n. 22 – 97013 Comiso (RG)
Tel. 0932-961655 Fax. 0932-731923 E-mail: [email protected]
Sito web: primocircolocomiso.it
Modello di
PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO
Anno Scolastico ………………
Scuola primaria………………………………………………… classe………..
Referente DSA o coordinatore di classe………………………………………
1.DATI RELATIVI ALL’ALUNNO
Cognome e nome
Data e luogo di nascita
Diagnosi specialistica 1
Redatta da …………… presso …..
in data …………………….
Interventi riabilitativi
…………………………………………………………………
Effettuati da………..con frequenza …………..
Nei giorni ………… con orario ………………
Specialista/i di riferimento………………….
Eventuali raccordi fra specialisti ed insegnanti
……………………………………………………………………….
Informazioni dalla famiglia
Aspetti emotivo- affettivomotivazionali 2 - 3
Caratteristiche percorso
didattico pregresso 4
Altre osservazioni 5
Note
1. Informazioni ricavabili da diagnosi e/o colloqui con lo specialista
2. Relazionalità con compagni/adulti (sa relazionarsi/ interagire, partecipa agli scambi
comunicativi) approccio agli impegni scolastici (è autonomo, necessita di azioni di
supporto…) capacità organizzative (sa gestirsi, sa gestire il materiale
scolastico, sa
organizzare un piano di lavoro …)
3. Consapevolezza delle proprie difficoltà: ne parla, le accetta, elude il problema …
4. Documentazione del percorso scolastico pregresso attraverso colloquio e\o informazioni
desunte da griglie osservative ( continuità con ordini o classi precedenti di scuola).
5. Rilevazione delle specifiche difficoltà che l’alunno presenta e dei suoi punti di forza.
2.DESCRIZIONI DEL FUNZIONAMENTO DELLE ABILITÀ STRUMENTALI
(Le informazioni possono essere ricavate dalla diagnosi specialistica e/o da prove standardizzate
eseguite in classe)
Diagnosi
Osservazione
Diagnosi
Osservazione
Diagnosi
Osservazione
LETTURA
Velocità
Correttezza
Comprensione
SCRITTURA
Tipologia errori
dettato
Produzione testi:
. ideazione
. stesura
. revisione
Grafia
CALCOLO
A mente
Scritto
ALTRI
DISTURBI
ASSOCIATI
Note
1. Diagnosi specialistica
Diagnosi
Osservazione
2. Prove standardizzate e/o semistrutturate
3. Osservazione libera o sistematica (lettura subvocalica, segue con il dito, tempo impiegato in
relazione alla media della classe nella lettura ….)
4. Schede di autovalutazione (come leggo … come scrivo … come studio …)
5. Livelli di competenza nella lettura e scrittura
6. Comprensione dei messaggi orali e scritti
7. Comprensione di tipologie di testi (comprensione letterale, inferenziale, costruttiva,
interpretativa, analitica, valutativa)
8. Competenza linguistica (fonologica, lessicale, morfologica e sintattica)
9. Leggere e scrivere correttamente i numeri, imparare le tabelline, eseguire calcoli scritti …
3. CARATTERISTICHE DEL PROCESSO DI APPRENDIMENTO
Osservazione
Memorizzazione delle
procedure
Recupero delle informazioni
Organizzazione delle
informazioni
Note
Informazioni ricavabili da: colloquio con i genitori e osservazioni dei docenti
1. Capacità di memorizzare procedure (filastrocche, poesie, date, definizioni, termini specifici
delle discipline, formule, strutture grammaticali, regole che governano la lingua, …)
2. Capacità di immagazzinare e recuperare le informazioni.
3. Interessi, predisposizioni e abilità particolari in determinate aree disciplinari.
4. a STRATEGIE UTILIZZATE DALL’ALUNNO NELLO STUDIO
-
Strategie utilizzate (sottolinea, identifica parole–chiave, fa schemi..)
Modalità di affrontare il testo scritto (computer, schemi, correttore ortografico,…)
Modalità di svolgimento del compito assegnato (ricorre all’insegnante per spiegazioni,
ad un compagno, è autonomo,…)
Riscrittura di testi con modalità grafica diversa
4. b STRUMENTI UTILIZZATI
-
Strumenti informatici
Fotocopie adattate
Schemi e mappe
-
Appunti scritti al PC
Registrazioni
Materiali multimediali
Testi con immagini
Testi con ampie spaziature
Altro
5. INDIVIDUAZIONE DI EVENTUALI MODIFICHE ALL’INTERNO DEGLI
OBIETTIVI DISCIPLINARI PER IL CONSEGUIMENTO DELLE
COMPETENZE FONDAMENTALI
AREA LINGUISTICO-ARTISTICO-ESPRESSIVA
Italiano
Inglese
Musica
Arte/immagine
Scienze motorie
Religione
AREA STORICO-GEOGRAFICA
Storia
Geografia
AREA MATEMATICO-SCIENTIFICO-TECNOLOGICA
Matematica
Scienze
Tecnologia
Note
Dopo aver analizzato gli obiettivi disciplinari previsti per ogni ambito dalle Indicazioni Nazionali
2007 e il Curricolo di scuola elaborato all’interno del P.O.F , previsto dal DPR 275/99
Regolamento autonomia art.8, ogni istituzione scolastica è chiamata a realizzare percorsi
formativi sempre più rispondenti alle inclinazioni personali dello studente…
- nella prospettiva di valorizzare gli aspetti peculiari della sua personalità e della sua “diversità”
- riproponendo contenuti con modalità e linguaggi differenti
- individuando le abilità e le conoscenze non essenziali per il raggiungimento delle competenze.
6.STRATEGIE METODOLOGICHE E DIDATTICHE UTILIZZABILI
- Incoraggiare l’apprendimento collaborativo (“Imparare non è solo un processo
individuale: la dimensione comunitaria dell’apprendimento svolge un ruolo
significativo”);
- favorire le attività in piccolo gruppo e il tutoraggio;
- promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere “al fine di imparare ad
apprendere”
- privilegiare l’apprendimento esperienziale e laboratoriale “per favorire l’operatività e allo
stesso tempo il dialogo, la riflessione su quello che si fa”;
- sollecitare le conoscenze precedenti per introdurre nuovi argomenti e creare
aspettative;
- sviluppare processi di autovalutazione e autocontrollo delle proprie strategie di
apprendimento
- individuare mediatori didattici che facilitano l’apprendimento (immagini, schemi,
mappe …).
7.MISURE DISPENSATIVE
Nell’ambito delle varie discipline l’alunno viene dispensato:
- dalla presentazione contemporanea dei quattro caratteri (nelle prime fasi
dell’apprendimento);
- dalla lettura ad alta voce;
- dal prendere appunti;
- dai tempi standard (dalla consegna delle prove scritte in tempi maggiori di quelli previsti
per gli alunni senza DSA);
- dal copiare dalla lavagna;
- dalla dettatura di testi/o appunti;
- da un eccesivo carico di compiti;
- dallo studio mnemonico delle tabelline;
- dallo studio della lingua straniera in forma scritta.
8. STRUMENTI COMPENSATIVI
L’alunno usufruirà dei seguenti strumenti compensativi nelle aree disciplinari:
- tabelle, formulari, procedure specifiche … sintesi, schemi e mappe elaborati dai docenti
- calcolatrice o computer con foglio di calcolo e stampante
- computer con videoscrittura, correttore ortografico, stampante e scanner
- risorse audio (cassette registrate, sintesi vocale, audiolibri, libri parlati, libri digitali …)
- software didattici free
- tavola pitagorica
- computer con sintetizzatore vocale
N.B. - Si ricorda che le strutture grafiche (tipo diagrammi e/o mappe) possono servire ai ragazzi
con DSA per trasporre e organizzare le loro conoscenze.
9.CRITERI E MODALITÀ DI VERIFICA E VALUTAZIONE
Si concordano:
- interrogazioni programmate
- compensazione con prove orali di compiti scritti
- uso di mediatori didattici durante le prove scritte e orali
- valutazioni più attente ai contenuti che non alla forma
- programmazione di tempi più lunghi per l’esecuzione di prove scritte
- prove informatizzate
10. PATTO CON LA FAMIGLIA
Si concordano:
- i compiti a casa (riduzione, distribuzione settimanale del carico di lavoro, modalità di
presentazione …)
- le modalità di aiuto: chi, come, per quanto tempo, per quali attività/discipline segue il
bambino nello studio
- gli strumenti compensativi utilizzati a casa
- le interrogazioni
Insegnanti di classe
_____________________________
_____________________________
_____________________________
Genitori
_____________________________
_____________________________
Dirigente scolastico
_________________________
Tecnico competente (se ha partecipato alla stesura del documento)
_____________________________
ADHD
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) è un disturbo infantile di
origine neurobiologica, complesso e problematico, purtroppo ancora poco noto nel
nostro Paese. È una malattia che invade tutte le sfere del vivere, infatti i bambini che
ne sono affetti non riescono a controllare le loro risposte all’ambiente; sono disattenti,
iperattivi e impulsivi, fino a compromettere la loro vita di relazione e scolastica.
L’ADHD non è un disturbo solamente pediatrico, poiché da esso non si guarisce
totalmente; infatti chi ne è affetto da bambino si porterà dietro la malattia anche in età
adulta. In Italia curare adeguatamente un bambino affetto da ADHD oggi ha ancora i
suoi limiti. Le ragioni vanno cercate principalmente nella difficoltà diagnostica. Si
tratta infatti di un disturbo i cui sintomi possono essere da un lato avvicinabili ad altre
patologie associati a situazioni sociali o ambientali disagiate, e dall’altro essere
suscettibili di modificazioni che evolvono con la crescita del bambino e
dell’adolescente. Anche la presenza ridotta sul territorio di risorse mediche
adeguatamente formate nel percorso diagnostico–terapeutico della malattia, che può
prevedere una terapia mirata psicoeducativo-comportamentale e il ricorso, in casi
particolarmente critici, a un supporto farmacologico, costituisce un importante
problema. Spesso le difficoltà comportamentali e di concentrazione, insite nella
malattia, si traducono in scarso rendimento scolastico, intollerabilità verso i
compagni, aggressività e impulsività. Tutte manifestazioni che vengono percepite dai
genitori e dagli insegnanti ma che sono spesso misconosciute o diagnosticate
tardivamente dai clinici. È invece importante diagnosticare quanto prima possibile
l’ADHD ed iniziare tempestivamente una terapia poiché solo con l’ausilio di adeguati
supporti i bambini e le loro famiglie potranno finalmente cogliere la bellezza di una
vita “normale”.
Che cos’è l’ADHD
L’acronimo ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) indica quella che è
comunemente riconosciuta come la sindrome da deficit di attenzione e iperattività.
Le iniziali ADD (Attention Deficit Disorder) indicano la variante puramente
inattentiva della stessa patologia. Con il termine ADHD si identifica un disturbo dello
sviluppo neuropsichico del bambino che include difficoltà di attenzione e
concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività, generati
dall’incapacità del bambino di regolare il proprio comportamento in funzione del
trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente,
rendendo difficoltosi, e in taluni casi addirittura impedendo, il normale sviluppo e
l’integrazione. La diagnosi e la terapia dell’ADHD possono non essere semplici a
causa della natura eterogenea, complessa, multifattoriale della patologia e della
presenza nel 70-80% dei casi di coesistenti problematiche che possono variare da
disturbi oppositivo-provocatori, a disturbi della condotta, dell’apprendimento (quali
dislessia, disgrafia, ecc.), disturbi d’ansia e, con minore frequenza, disturbi
dell’umore, disturbi ossessivo-compulsivi e tic.
Le cause
Le cause dello sviluppo dell’ADHD non sono ancora del tutto note, tuttavia è
possibile ipotizzare che all’origine vi sia una molteplicità di fattori di cui i più
probabili hanno una componente genetica o sono riferibili alle condizioni sociali e
fisiche del bambino. Infatti nel 75% dei casi la malattia può essere ereditaria o legata
alla morfologia cerebrale, così come dipendere da fattori prenatali, perinatali o
traumatici. Non sono tuttavia da escludere alcuni aspetti ambientali, quali
l’esposizione durante la gravidanza e nel corso dei primissimi anni di vita ad alcol e
fumo (è noto infatti che la nicotina potrebbe causare ipossia, ossia la carenza di
ossigeno nel feto); complicanze durante la gravidanza e il parto; la prematurità;
infezioni e malattie infettive, quali la varicella, contratte anch’esse durante la
gravidanza, alla nascita o nei primi anni di vita.
I soggetti colpiti
L’ADHD è una malattia infantile: la percentuale di bambini colpiti nel mondo si
aggira tra il 3% e il 5% con un rapporto maschi/femmine che va da 4:1 a 9:1. Una
percentuale variabile tra il 30 e il 50% potrà presentare i sintomi successivamente
anche in età adulta. Nonostante alcune madri inizino a descrivere i sintomi di ADHD
dei loro bambini durante i primi anni di età, essi si rendono evidenti solo al momento
dell’iscrizione alla scuola dell’infanzia o alla scuola primaria, allorché i bambini
manifestano una scarsa adattabilità alle regole sociali nei confronti degli altri
compagni o degli insegnanti, unita ad un basso livello di attenzione, distraibilità e
scarso controllo degli impulsi. In età adolescenziale i sintomi tipici di ADHD, specie
nelle ragazze, potrebbero accentuarsi al verificarsi dei primi cambiamenti ormonali
all’età di 13 o di 14 anni.
Sintomatologia
Disattenzione,
iperattività
e
impulsività
sono
gli
elementi
chiave
nel
comportamento dei soggetti colpiti da ADHD. La maggiore difficoltà nella diagnosi
di questa malattia è rappresentata dall’impossibilità di tracciare una linea di
demarcazione netta tra normalità e comportamenti dovuti a livelli patologici di
disattenzione, iperattività e impulsività. Occorre tuttavia tenere sempre presente
che per poter fare una diagnosi certa i sintomi nel bambino devono manifestarsi in
almeno due contesti di vita tra loro diversi (ad esempio casa e scuola), che siano
presenti da almeno sei mesi e che i tratti comportamentali si discostino da quelli degli
altri bambini nelle stesse condizioni e della stessa età. Inoltre, unitamente agli aspetti
sopra citati, è necessario che le manifestazioni compaiano prima dei 7 anni di età e
che abbiano ripercussioni gravi a tal punto da compromettere il rendimento scolastico
e/o sociale. A seconda della prevalenza di elementi di iperattività, impulsività o di
disattenzione o di elementi combinati dell’uno e dell’altro tipo, si avrà una diversa
sintomatologia.
Disattenzione
I sintomi relativi alla disattenzione, che si riscontrano soprattutto in bambini che
rispetto ai loro coetanei hanno evidente difficoltà a rimanere attenti o a concentrarsi
su uno stesso compito per un periodo di tempo sufficientemente prolungato, variano
dalla difficoltà nel prestare attenzione ai dettagli, a banali “errori di distrazione”, a
compiti e lavori incompleti e disordinati. Il bambino, in questo caso, mostra il
comportamento tipico di chi non ascolta ed è facilmente distraibile da suoni o da altri
stimoli irrilevanti, dando sempre l’impressione di avere la testa da un’altra parte
quando gli si parla direttamente. Anche il banco è spesso disordinato e con questa
modalità gestisce anche il materiale scolastico. Le problematiche attentive diventano
più evidenti di fronte a compiti poco attraenti e motivanti, ma si possono trasferire
anche a situazioni ludiche costringendo il bambino a passare da un gioco ad un altro,
senza tuttavia completarne alcuno. Un bambino che manifesta sintomi di
disattenzione:
• È facilmente distratto, perde i dettagli, dimentica le cose, passa spesso da un’attività
all’altra;
• Ha difficoltà a concentrarsi su una cosa;
• Si annoia con un compito, dopo pochi minuti, a meno che non stia facendo qualcosa
di divertente;
• Ha difficoltà a focalizzare l’attenzione sull’organizzazione e il completamento di un
compito o ad imparare qualcosa di nuovo;
• Ha difficoltà a completare o svolgere compiti a casa, spesso perdendo le cose (per
esempio, matite, giocattoli, fogli) necessarie per completare le attività;
• Non sembra ascoltare quando gli si parla;
• Sogna ad occhi aperti, va facilmente in confusione e si muove lentamente;
• Ha difficoltà ad elaborare le informazioni con la stessa rapidità e precisione degli
altri bambini;
• Ha difficoltà a seguire le istruzioni.
Iperattività
Si tratta di un eccessivo livello di attività motoria che il bambino manifesta con una
continua agitazione, con la difficoltà a mantenersi seduto e fermo al proprio posto,
tanto da sembrare “animato da un motorino inesauribile”. Molto spesso i movimenti
di tutte le parti del corpo (gambe, braccia e tronco) non sono armonicamente diretti al
raggiungimento di uno scopo. Il bambino iperattivo infatti:
• Spesso muove le mani o i piedi o si agita sulla seggiola;
• Si alza in classe o in altre situazioni dove ci si aspetta che rimanga seduto;
• Corre in giro o si arrampica eccessivamente in situazioni in cui non è
appropriato (in adolescenti e adulti può essere limitato ad una sensazione
soggettiva di irrequietezza);
• Ha difficoltà a giocare o ad impegnarsi in attività tranquille in modo quieto;
• È continuamente “in marcia” o agisce come se fosse “caricato a molla”;
• Parla eccessivamente.
Il quadro sintomatologico varia a mano a mano che il bambino cresce e l’iperattività
dei primi anni di vita può, nel 35% dei casi, attenuarsi sensibilmente in adolescenza.
Questo non vuol dire però che basta aspettare che il bambino cresca e che il problema
si risolva da solo, in quanto il rischio, in assenza di un intervento psicologico clinico
mirato e precoce, è che possano svilupparsi altri disturbi psicopatologici: disturbi
d’ansia,
disturbi
dell’umore,
disturbi
comunicazione, disturbi affettivo-relazionali.
Impulsività
dell’apprendimento,
disturbi
della
L’impulsività si manifesta nella difficoltà a dilazionare una risposta, ad inibire un
comportamento inappropriato, ad attendere una gratificazione. I bambini impulsivi
rispondono troppo velocemente (a scapito dell’accuratezza delle loro risposte),
interrompono frequentemente gli altri quando stanno parlando, non riescono a stare in
fila e attendere il proprio turno nei giochi, compiono azioni pericolose senza
soppesare le conseguenze negative dell’atto.
Il bambino impulsivo:
• Spesso “spara” delle risposte prima che venga completata la domanda;
• Ha difficoltà ad aspettare il proprio turno;
• Interrompe o si comporta in modo invadente verso gli altri (ad esempio
irrompe nei giochi o nelle conversazioni degli altri).
Si distinguono tre sottotipi nell’ADHD:
• Tipo con disattenzione predominante;
• Tipo con iperattività-impulsività predominanti;
• Tipo combinato.
Comorbilità
All’ADHD possono accompagnarsi altri disturbi che ne possono complicare la
diagnosi e il trattamento. In caso di patologia associata è buona norma trattare sempre
prima il disturbo più invalidante. Le più comuni problematiche sono:
• Disturbi dell’umore (depressione, disturbi bipolari): è tipico nei ragazzi con
diagnosi di sottotipo combinato; quando il disturbo dell’umore complica
l’ADHD sarebbe auspicabile trattare prima quest’ultimo che ha una risposta
più veloce al trattamento;
• Ansia (30%): nell’ADHD sembra incrementarsi nei bambini parallelamente
alla loro crescita, con maggiore incidenza nelle ragazze rispetto ai ragazzi,
soprattutto nel sottotipo caratterizzato da disattenzione;
• Disturbo oppositivo provocatorio (Oppositional defiant disorder - ODD 4050%) e disturbo del comportamento (26%): sono caratterizzati da
comportamenti antisociali come ostinazione, aggressività, frequenti attacchi di
collera, inganno, menzogna, furti, che sono collegati con il disturbo antisociale
della personalità;
• Disturbo ossessivo-compulsivo: alla base di questo disturbo e dell’ADHD
pare esserci una componente genetica comune;
• Disturbo borderline di personalità: secondo uno studio su 120 pazienti di
sesso femminile esso è associato all’ADHD nel 70% dei casi;
• Disturbo primario della vigilanza (intesa come attenzione): è caratterizzato
da scarsa attenzione e concentrazione e da difficoltà a rimanere svegli. I
bambini affetti da questo disturbo tendono ad agitarsi e a sbadigliare e
l’iperattività sembra essere condizionata dal tentativo di rimanere vigili e attivi.
Problemi relazionali
I problemi di autocontrollo comportamentale si ripercuotono anche sulle relazioni
interpersonali. I bambini con ADHD vengono più spesso rifiutati e sono i meno
popolari tra i compagni; spesso vengono valutati negativamente dagli insegnanti non
solo dal punto di vista del profitto, ma anche sotto l’aspetto comportamentale e
del rispetto delle regole sociali. La qualità delle loro interazioni è spesso inadeguata,
sia in contesti strutturati che nel gioco, a causa di un’alta frequenza di comportamenti
negativi sia verbali che non verbali, di una minore capacità di interazione con i
compagni, una limitata espressione affettiva ed un maggior ritiro sociale che può
portare anche a stati di aggressività. I compagni vedono i bambini iperattivi come non
cooperativi in situazioni di gruppo, intrusivi e in alcuni casi provocatori a danno delle
opportunità di socializzazione e interazione con il resto della classe. I bambini affetti
da deficit di attenzione con o senza iperattività, di norma:
• Ricevono minori apprezzamenti e maggiori rifiuti dai loro compagni di scuola
o di gioco;
• Pronunciano un numero di frasi negative nei confronti dei loro compagni dieci
volte superiori rispetto agli altri;
• Presentano un comportamento aggressivo tre volte superiore;
• Non rispettano o non riescono a rispettare le regole di comportamento in
gruppo e nel gioco;
• In contesti in cui il bambino riesce a svolgere un ruolo attivo può essere
collaborante, cooperativo e arrivare al mantenimento delle relazioni di
amicizia;
• Laddove, invece, il loro ruolo diventa passivo e non ben definito, diventa più
contestatore e incapace di comunicare proficuamente con i coetanei.
Deficit cognitivi e difficoltà scolastiche
I bambini con ADHD hanno prestazioni scolastiche inferiori ai loro coetanei, pur
avendo le stesse abilità intellettive. Infatti la percentuale di bambini affetti da questo
disturbo che ha ripetuto almeno una classe, è tre volte superiore a quella del resto
della popolazione scolastica. Le ragioni sono dovute a difficoltà attentive e di
autoregolazione cognitiva, ad una maggiore quantità di risposte impulsive e al
comportamento iperattivo all’interno della classe. I disturbi di apprendimento e le
difficoltà scolastiche possono anche essere gravate da un’incapacità nell’uso delle
risorse cognitive, in particolare di memoria di lavoro, di strategie di apprendimento
e di inibizione delle informazioni irrilevanti. Fattori, questi, che hanno ripercussioni
negative sulla comprensione di testi scritti, sullo studio e sulla soluzione di problemi
aritmetici. Il 21% di bambini con ADHD presenta un disturbo di lettura (velocità e
correttezza), il 26% un deficit di ortografia e il 28% problemi nell’area logicomatematica. Se si tiene conto che complessivamente i disturbi di apprendimento si
presentano in circa il 3% della popolazione scolare, si calcola che i bambini con
ADHD sono da 7 a 9 volte più a rischio di manifestare anche un disturbo di
apprendimento in comorbilità.
Disturbi emotivi
Un 25% di bambini affetti da ADHD può presentare una comorbilità con i disturbi
d’ansia. È un fenomeno che si rileva soprattutto in età adolescenziale quando tratti
ansiosi possono svilupparsi a seguito di una serie di fallimenti in ambito sociale e
scolastico accumulatisi durante la crescita, e renderli più insicuri riguardo alle loro
capacità e incerti sui risultati dei loro comportamenti (abbassamento del livello di
autostima). Sono frequenti infatti i casi in cui i bambini con questo disturbo
interrompano un’attività prima degli altri in presenza di un insuccesso o una
frustrazione. L’altro 25% potrebbe invece abbinare l’ADHD ad una seconda diagnosi
di Disturbo dell’Umore.
Diagnosi
Il primo passo per l’inquadramento diagnostico dell’ADHD è quello di valutare
adeguatamente il fenomeno dell’iperattività e/o della disattenzione nel contesto psicoclinico poiché entrambi non sono sinonimi assoluti di ADHD, ma possono essere
riferibili anche ad altre cause. Solo una volta esclusa la presenza di altre patologie
con manifestazioni simili si potrà parlare di “iperattività da disturbo di
concentrazione”. La diagnosi di ADHD, come è stato sottolineato, può essere
complicata da alcuni fattori ma di norma si arriva alla definizione del disturbo
attraverso un assessment psichiatrico. Lo strumento diagnostico principale più utile
per porre un sospetto diagnostico fondato per questa patologia è il DSM IV-TR, il
“Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders”, nelle sue forme III-R e
IV, coadiuvato da un questionario in grado di esplorare i sintomi tipici che
appartengono ai tre aspetti comportamentali classici dell’ADHD. Un altro
strumento utile è la videoregistrazione, lo strumento che consente di osservare il
bambino nella sua più totale spontaneità. Al momento della diagnosi vanno
comunque presi in considerazione anche l’ambiente in cui si muove il bambino, la
scuola e altri fattori sociali. Molti dei sintomi di ADHD infatti si possono verificare
di volta in volta in tutti i bambini, ma in presenza di malattia la frequenza è più
importante e la qualità della vita drasticamente ridotta. Sul sito dell’Istituto Superiore
di Sanità (www.iss.it/adhd) è possibile trovare il Centro di riferimento più vicino
nella propria Regione. Questi centri, coordinati da neuropsichiatri infantili, sono le
uniche strutture abilitate dal Ministero della Salute ad effettuare diagnosi e
trattamento per l’ADHD.
Trattamento dell’ADHD
Il trattamento ideale per l’ADHD è rappresentato da un approccio di tipo
multimodale, vale a dire un trattamento che implica il coinvolgimento di scuola,
famiglia e del bambino stesso in un percorso che può variare da terapie
comportamentali a cambiamenti dello stile di vita, a interventi clinico-psicologici e
farmaci. Sono dunque implicate nel trattamento dell’ADHD le figure del
neuropsichiatra infantile, del pediatra e dello psicologo dello sviluppo da un punto di
vista clinico, e di pedagogisti, educatori ed insegnanti da un punto di vista formativo.
Infatti il trattamento farmacologico unito al focus sui comportamenti è ritenuto il
metodo più efficace per la cura dell’ADHD.
Interventi sul comportamento
Durante un trattamento di tipo comportamentale, sia le contingenze ambientali
positive sia quelle negative che incrementano o decrementano la frequenza di alcuni
comportamenti, sono identificate e quindi modificate nel tentativo di far diminuire
i comportamenti “problema” e far aumentare quelli di tipo adattivo. Il punto debole
della terapia comportamentale sta nella difficoltà di mantenere nel tempo il
miglioramento ottenuto e nel generalizzare i cambiamenti applicandoli a situazioni
diverse da quelle che si sono create all’interno del trattamento. Il massimo beneficio
da un programma comportamentale si ottiene grazie alla cooperazione tra la famiglia
e la scuola, focalizzandosi su un ventaglio di comportamenti nei diversi contesti.
Parent Training
Il parent-training ha lo scopo di migliorare il comportamento dei bambini con
l’ADHD attraverso l’aiuto delle figure genitoriali istruite sull’importanza di
instaurare delle relazioni con i coetanei e di acquisizione di un ruolo attivo
nell’organizzazione della vita sociale del bambino. Ai genitori viene pertanto
insegnato a dare chiare istruzioni, a rinforzare positivamente i comportamenti
accettabili, a contenere quelli problematici e a ricorrere e utilizzare le punizioni in
modo tempestivo, adeguato e sempre concordato con il bambino.
Abilità sociali
L’aspetto più difficoltoso di questa terapia è rappresentato dall’eterogeneità dei
pazienti con ADHD e dalla varietà nell’eziologia dei deficit nelle abilità sociali
all’interno del gruppo. In particolare i problemi pratici maggiori includono la
necessità di provvedere ad un intervento specifico - attraverso il modelling, la pratica,
il feedback, e i rinforzi - per i deficit di ciascun paziente e l’incapacità ad applicare
poi le abilità apprese. Il trattamento individuale, di contro, non sempre risulta
vantaggioso a causa della mancanza di auto-osservazione nei pazienti con ADHD.
Intervento cognitivo comportamentale (ICC)
L’ICC o la terapia del problem-solving possono essere condotti sia individualmente
sia in gruppo. Esse combinano l’insegnamento di strategie cognitive, per esempio le
tappe del problem solving e l’automonitoraggio, con tecniche di modificazione del
comportamento, come per esempio i rinforzi, gli auto-rinforzi e il modelling. Scopo
dell’ICC è migliorare in particolare la generalizzazione e la durata delle tecniche di
modificazione del comportamento ma buoni risultati, specie in bambini aggressivi,
impulsivi e iperattivi, si sono ottenuti anche sul controllo dell’impulsività a livello
cognitivo, nei comportamenti sociali e nell’utilizzo di strategie di gestione delle
situazioni difficili. I maggiori problemi riguardano da un lato la difficoltà di
generalizzare situazioni per le quali non c’è uno specifico trattamento e dall’altro
l’utilizzo delle strategie apprese nei bambini. Un trattamento che includa anche un
automonitoraggio
e
un’autovalutazione
miglioramento dell’autocontrollo.
Terapia farmacologica
risulta
estremamente
utile
per
il
La terapia farmacologica con farmaci stimolanti o “non stimolanti”, unita alle terapie
comportamentali, ha dato i migliori risultati in termini di costi-benefici. L’uso di
farmaci non è tuttavia raccomandato per bambini in età pre-scolare. Non bisogna
inoltre dimenticare che solo i Neuropsichiatri dei Centri di riferimento segnalati
dall’Istituto Superiore di Sanità (www.iss.it/adhd) possono prescrivere questi
farmaci monitorando il tutto nel Registro Nazionale.
Aspetti evolutivi
L’età media di insorgenza del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è
compresa tra i 3 e i 4 anni, ma non è escluso che la sintomatologia possa comparire
anche verso i 6-7 anni, limite d’età stabilito rispettivamente dall’ICD-10 e dal DSMIV, per poter formulare una diagnosi di malattia. L’evoluzione del Disturbo è spesso
condizionata da una serie di variabili che mediano le manifestazioni sintomatologiche
e tra queste ricordiamo: la qualità delle relazioni con e tra i familiari, l’accettazione
del bambino nel contesto scolastico, il profilo cognitivo generale (e intellettivo in
particolare), e la presenza di altri disturbi (comorbilità) che, eventualmente, possono
complicare il quadro patologico. Le modificazioni evolutive del disturbo sono meglio
comprensibili se si tiene presente che le difficoltà diventano maggiormente evidenti
quando il bambino non riesce a soddisfare le richieste dell’ambiente che nelle fasi
della crescita possono diventare sempre più importanti. I momenti più delicati sono
infatti rappresentati dall’ingresso nella scuola elementare, dall’aumento delle
complessità dei compiti, o dalle nuove richieste sociali durante la pre-adolescenza e
adolescenza. È possibile suddividere l’evoluzione dell’ADHD in sei fasi: -prima della
nascita (nella quale si valutano i fattori di rischio per l’insorgenza del disturbo),- i
primi tre anni di vita, -l’età della scuola materna, -la scuola primaria, -la
preadolescenza, -l’adolescenza. Alcune caratteristiche dei genitori possono essere
predittive della presenza o meno del disturbo nel figlio: genitori depressi con una
condotta antisociale o con problemi di alcolismo hanno maggiori probabilità di avere
un figlio con ADHD rispetto ad altri. Anche le complicazioni durante la gravidanza o
il parto sono fattori di rischio o costituiscono un elemento che alza la probabilità di
avere un bambino con malattia. Infine, la presenza di problematiche attentive e/o
comportamentali nei genitori aumenta fino al 57% la probabilità di avere un figlio
con il medesimo disturbo.
Fattori di rischio
Ordinati per livello d’importanza, associati alla genesi dell’ADHD:
1) Presenza di disturbi psicologici nei familiari (in particolare l’ADHD);
2) Abuso di sigarette e alcool della madre durante la gravidanza, associato o meno ad
altri problemi di salute della madre;
3) Assenza di un genitore o mancanza di una educazione adeguata;
4) Prematurità o ritardi di sviluppo del bambino;
5) Insorgenza precoce di elevati livelli di attività motoria;
6) Atteggiamenti critici e/o direttivi della madre durante i primi anni del bambino.
Accanto a questi, esistono tuttavia anche alcuni fattori protettivi che possono aiutare
il ragazzo a limitare gli esiti negativi dell’ADHD, tra questi i principali sono:
1) L’elevato livello educativo della madre;
2) La buona salute del bambino poco dopo la nascita;
3) Le buone capacità cognitive del bambino (in particolare linguistiche);
4) La stabilità familiare.
I comportamenti del bambino nelle fasi della crescita
Spesso i genitori di bambini con ADHD riferiscono che essi sono difficili sin dalla
nascita: molto irritabili, inclini ad un pianto inconsolabile, facilmente frustrabili, con
difficoltà di sonno e alimentazione. Anche la loro educazione sembra più difficile
poiché sono meno sensibili alle punizioni e necessitano di gratificazioni frequenti.
L’impulsività e la bassa tolleranza alla frustrazione del bambino possono generare
effetti negativi sull’interazione con la madre, innescando un circolo vizioso che porta
ad un’accentuazione dei sintomi. Durante gli anni della scuola primaria, il
bambino con ADHD è molto attivo e, sebbene abbia un’intelligenza uguale a quella
dei suoi coetanei, dimostra un comportamento poco maturo rispetto all’età
cronologica e che appare più o meno problematico a seconda della situazione.
Durante il gioco libero, in cui c’è ampia possibilità di movimento, egli non mostra
particolari difficoltà anche se il suo gioco è più semplice, stereotipato, povero di
significato, caratterizzato da semplici atti motori e continui cambi di interessi, mentre
in contesti in cui si richiede il rispetto di determinate regole viene etichettato come un
bambino “problematico e difficile da gestire”, che spesso si mette in pericolo e
rischia incidenti. Con l’ingresso nella scuola primaria le difficoltà aumentano
proprio a causa della presenza di una serie di regole che devono essere rispettate e di
compiti che devono essere eseguiti. Spesso gli insegnanti li descrivono come bambini
immaturi rispetto ai loro coetanei, soprattutto dal punto di vista comportamentale e
della variabilità delle prestazioni attentive: in classe non riescono a seguire la lezione
per soli cinque minuti, mentre completano con successo un videogame che dura
anche mezz’ora. Anche i problemi interpersonali, spesso già presenti durante l’età
prescolare, persistono e tendono ad aumentare di gravità poiché le interazioni positive
con i compagni richiedono, con il progredire dell’età, sempre maggiori abilità sociali,
di comunicazione e di autocontrollo. Con la crescita, l’iperattività tende a diminuire
in termini di frequenza e intensità e può venire parzialmente sostituita da
“un’agitazione interiorizzata” che si manifesta soprattutto con insofferenza,
impazienza e continui cambi di attività o movimenti del corpo. Inoltre, con lo
sviluppo si possono generare dei tratti comportamentali che ostacolano ulteriormente
il buon inserimento del bambino nel suo ambiente sociale, come ad esempio
l’ostinazione, la scarsa obbedienza alle regole, la prepotenza, la maggior labilità
dell’umore, la scarsa tolleranza alla frustrazione, gli scatti d’ira e la ridotta autostima.
Durante la preadolescenza il comportamento incontrollato e la disattenzione non
consentono una facile acquisizione delle abilità sociali, indispensabili per un buon
fair-play. I ragazzi con ADHD infatti dimostrano scarsa capacità di mantenere
amicizie e risolvere i conflitti interpersonali. Durante l’adolescenza, si osserva
mediamente una lieve attenuazione della sintomatologia, ma ciò non significa che il
problema sia risolto, in quanto spesso si riscontrano anche altri disturbi ad esso
associati, quali la depressione, una condotta antisociale o l’ansia. In questa età i
problemi di identità, di accettazione nel gruppo e di sviluppo fisico sono
problematiche che non sempre riescono ad essere efficacemente affrontate da un
ragazzo con ADHD. Gli inevitabili insuccessi possono determinare problemi di
autostima, scarsa fiducia in se stessi, o addirittura ansia e/o depressione clinicamente
significative. Sono frequenti anche le condotte pericolose e l’abuso di alcol e
sostanze. Quindi, oltre al fatto che l’ADHD sia di natura prevalentemente cronica,
bisogna
sottolineare
che
la
concomitante
presenza
di
un
Disturbo
Oppositivo/Provocatorio o di un Disturbo della Condotta determina una prognosi più
infausta, in quanto il ragazzo può manifestare gravi condotte antisociali (Disturbo di
Personalità Antisociale).
QUAL E’ L’EZIOLOGIA DELL’ADHD?
COMPONENTE INNATA
•
•
•
•
Studi di genetica
Neuroanatomia
Neurofisiologia
Neurochimica
COMPONENTE APPRESA
-No regole e routine domestiche
-Ambiente caotico
-Atteggiamento frettoloso e
impulsivo
-Mancato insegnamento del
sapere aspettare
-Esperienze negative per aver
atteso
-Gratificazione della frettolosità
“Come per altri disturbi è presumibile che i fattori genetici determino
la predisposizione per il disturbo, mentre l’attivazione di tale
predisposizione sia modulata anche da fattori ambientali”.
SINTOMI PRIMARI
-Iperattività motoria
- Impulsività
- Dinattenzione
1. Difficoltà relazionali
- Emarginazione da parte dei coetanei
- Scarse amicizie durature
- Tendenza all’isolamento
- Rapporti con bambini più piccoli o più instabili
- Incapacità nel cogliere indici sociali non verbali
2. Difficoltà scolastiche
- Rendimento inferiore alle potenzialità cognitive
- Disturbo attentivo
- Disturbo nella memoria sequenziale
- Stile cognitivo impulsivo
- Deficit di controllo delle risorse cognitive
- Effetto sul piano emotivo-comportamentale
3. Bassa autostima
- Demoralizzazione
- Scarsa fiducia in sé stessi
- Solitudine
- Sentimenti abbandonici
- Inadeguatezza per rimproveri, rifiuto sociale, insuccesso scolastico, sportivo, ecc.
- Rischio di un disturbo depressivo, ansioso, comportamentale
4. Disturbo del comportamento
- Comportamento negativista e provocatorio
- Crisi di collera
- Comportamento arrabbiato o rancoroso
- Comportamento dispettoso o vendicativo
- Frequenti litigi con gli adulti
- Incapacità di rispettare le regole
- Accusare gli altri per i propri errori
- Sistematica violazione delle regole sociali
- Aggressioni a persone o animali
- Distruzione di proprietà
- Frode o furto
SINTOMI SECONDARI E ASSOCIATI
I bambini con DDAI sono maggiormente a rischio per altre problematiche
psicologiche. Il 90% dei pazienti hanno uno o più disturbi associati all’ADHD; in
particolare il 64% presenta anche Disturbo Oppositivo Provocatorio, il 55% Disturbo
d’Ansia, il 42% Disturbo dell’Apprendimento, il 25% Disturbo della Condotta
(studio ADORE).
Disturbo Oppositivo Provocatorio
Una modalità di comportamento negativistico, ostile, e provocatorio che dura da
almeno 6 mesi, durante i quali sono stati presenti 4 (o più) dei seguenti:
1) spesso va in collera
2) spesso litiga con gli adulti
3) spesso sfida attivamente o si rifiuta di rispettare la/le richieste o regole degli adulti
4) spesso irrita deliberatamente le persone
5) spesso accusa gli altri per i propri errori o il proprio cattivo comportamento
6) è spesso suscettibile o facilmente irritato dagli altri
7) è spesso arrabbiato e rancoroso
8) è spesso dispettoso e vendicativo
Disturbo d’Ansia Generalizzato
A. Ansia e preoccupazione eccessive (attesa apprensiva), che si manifestano per la
maggior parte dei giorni per almeno 6 mesi, a riguardo di una quantità di eventi o di
attività (come prestazioni lavorative o scolastiche).
B. La persona ha difficoltà nel controllare la preoccupazione.
C. L'ansia e la preoccupazione sono associate con tre (o più) dei sei sintomi seguenti
(con almeno alcuni sintomi presenti per la maggior parte dei giorni negli ultimi 6
mesi). Nota Nei bambini è richiesto solo un item.
1) irrequietezza, o sentirsi tesi o con i nervi a fior di pelle
2) facile affaticabilità
3) difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria
4) irritabilità
5) tensione muscolare
6) alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, o sonno
inquieto e insoddisfacente)
Disturbi dell’Apprendimento
Dislessia
L’associazione del Disturbo della lettura con l’ADHD dipende dal sottotipo Di
ADHD:
ADHD- sottotipo combinato 18%
ADHD- sottotipo inattentivo 26%
ADHD- qualsiasi sottotipo 37
Discalculia
- Nei bambini l’associazione tra discalculia e dislessia è del 17% mentre è del 26%
tra discalculia e ADHD
- Il 20% dei ragazzi con ADHD soffre di discalculia.
- I bambini con la doppia diagnosi di discalculia e dislessia hanno una maggiore
compromissione nelle abilità aritmetiche e un risultato complessivamente peggiore
nei test neuropsicologici rispetto ai bambini affetti solamente da discalculia o da
discalculia ed ADHD
Disturbo della condotta
Una modalità di comportamento ripetitiva ed persistente in cui i diritti fondamentali
degli altri o le principali norme o regole societarie appropriate per l'età vengono
violati, come manifestato dalla presenza di tre (o più) dei seguenti criteri nei 12 mesi
precedenti, con almeno un criterio presente negli ultimi 6 mesi:
Aggressioni a persone o animali
1.
spesso fa il prepotente, minaccia, o intimorisce gli altri
2.
spesso dà inizio a colluttazioni fisiche
3.
ha usato un'arma che può causare seri danni fisici ad altri (per
es., un bastone, una barra, una bottiglia rotta, un coltello, una pistola)
4.
è stato fisicamente crudele con le persone
5.
è stato fisicamente crudele con gli animali
6.
ha rubato affrontando la vittima (per es., aggressione, scippo,
estorsione, rapina a mano armata)
7.
ha forzato qualcuno ad attività sessuali.
Distruzione della proprietà
8. ha deliberatamente appiccato il fuoco con l'intenzione di causare seri danni
9. ha deliberatamente distrutto proprietà altrui (in modo diverso dall'appiccare il
fuoco).
Frode o furto
10. è penetrato in un edificio, un domicilio, o una automobile altrui
11. spesso mente per ottenere vantaggi o favori o per evitare obblighi (cioè,
raggira gli altri)
12. ha rubato articoli di valore senza affrontare la vittima (per es., furto nei negozi,
ma senza scasso; falsificazioni).
Gravi violazioni di regole
13. spesso trascorre fuori la notte nonostante le proibizioni dei genitori, con
inizio prima dei 13 anni di età
14. è fuggito da casa di notte almeno due volte mentre viveva a casa dei
genitori o di chi ne faceva le veci (o una volta senza ritornare per un lungo
periodo)
15. marina spesso la scuola, con inizio prima dei 13 anni di età. L'anomalia del
comportamento
causa
compromissione
clinicamente
funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo.
significativa
del
LA VALUTAZIONE DIAGNOSTICA ADHD
- Il colloquio con genitori e bambino.
- L’osservazione.
- La somministrazione di test e questionari (valutazione neuropsicologica, cognitiva)
Le scale di valutazione
SCHEDE SDA
I insegnanti
G genitori
Cornoldi
B bambini
SCHEDE SCOD
I insegnanti
Marzocchi
G genitori
COM
I insegnanti
G genitori
SCALE CONNERS
CBCL
di K. Conners
di Alchenbach
Le Scale SDA...
Cornoldi e altri
Scala di identificazione di comportamenti sintomatici per l’ADHD Costituita da18
item: 9 sulla Disattenzione (item dispari)
“Incontra difficoltà a concentrare l’attenzione sui dettagli o compie errori di
negligenza”. 9 sull’ Iperattività (item pari)
“Spesso si agita con le mani o i piedi o si dimena sulla sedia”.
Tutti gli item esprimono dei comportamenti sintomatici, tranne che nella SDAB dove
ci sono sia item negativi che positivi.
Le scale SCOD…
SCOD: Scala per la valutazione dei comportamenti dirompenti. E’ la traduzione
italiana del Disruptive Behavior Disorder Rating Scale di Pelham. Le scale SCOD
sono costituite da 42 item, di cui: 18 item ADHD (9 disatt. e 9 iperat) 8 item DOP
(disturbo oppositivo-provocatorio) 16 item DC ( disturbo della condotta). Gli item
sono divisi in 4 sub-scale, una per ogni dimensione ed è quindi possibile calcolare 4
punteggi separati. Valutazione della frequenza dei comportamenti (scala Likert a 4
punti).
Le scale COM…
E’ uno strumento per la valutazione della compresenza di due o più sindromi nello
stesso bambino. Esiste una versione per insegnanti e una per genitori.
E’particolarmente indicato per valutare sindromi in comorbilità con il DDAI e può
essere usato anche come screening per bambini che presentano problematiche
emozionali o comportamentali. Il questionario è composto da 30 item ed è diviso in
6 aree, che indagano le sindromi più frequentemente associate al DDAI
METODOLOGIE D’INTERVENTO A SCUOLA PER IL BAMBINO ADHD
1.Predisporre un ambiente facilitante
2.Gestione delle lezioni
3.Gestione del comportamento
4.L’approccio metacognitivo
5.La gestione dello stress dell’insegnante
1. La predisposizione di un contesto facilitante
•I bambini con DDAI spesso hanno una scarsa capacità di prevedere le conseguenze
•Gli insegnanti possono intervenire aiutando il bambino a prevedere le conseguenze
di determinati eventi prima di agire: così si incrementeranno i comportamenti
adeguati alle situazioni e il bambino potrà scegliere con più obiettività quali
conseguenze affrontare.
Dunque si ottiene un contesto facilitante attraverso:
Le routine, le regole, l’organizzazione della classe, l’organizzazione dei tempi di
lavoro, l’organizzazione del materiale.
-Le routine (ingresso in classe, disposizione in fila, inizio lezione, presen-tazione
delle attività e i relativi tempi di lavoro, pause concordate, attività ricreative stabilite
a priori (ad es. vincolate dal giorno della settimana), dettatura dei compiti ad orario
stabilito, routine di saluto.
-Le regole (porre delle regole chiare all’interno della classe è necessario per regolare
le interazioni fra pari e con gli adulti.
•Perché siano efficaci è necessario che siano condivise: è buona prassi discutere con i
bambini le regole da ratificare, dando loro la possibilità di approvarle o modificarle
•Devono essere proposizioni positive, non divieti
•Devono essere semplici, espresse chiaramente
•Devono descrivere le azioni in modo operativo
•Dovrebbero usare simboli pittorici colorati
•Devono essere poche (3-4 al massimo) e sintetiche
Le regole andranno poi trascritte su un cartellone
-L’organizzazione della classe : I banchi
•Vedete il bambino?
•E’ facilmente raggiungibile?
•E’ favorito lo scambio di sguardo insegnante-bambino?
•Ha compagni a lui vicini?
•Se sì, sono compagni tranquilli o piuttosto vivaci?
•Se un bambino si alza per qualche motivo, quanti bambini possono essere disturbati
o coinvolti?
•E’ corretta la posizione delle fonti di luce?
•Quanti bambini guardano direttamente fuori dalle finestre?
•Ogni bambino, quanti bambini osserva dal suo posto?
ATTENZIONE AI DISTRATTORI….
•Cartelloni
•Cestino
•Porta
•Finestre
•Orologio (utile per segnare i tempi di lavoro da apporre non all’interno della loro
abituale visuale)
•Compagni vivaci
•Armadi……
Per ovviare a ciò…piantina della classe
-L’organizzazione dei tempi di lavoro
I bambini DDAI sono particolarmente poco abili nel fare stime realistiche di
grandezza, tempi, quantità, difficoltà
•Aiutarli a lavorare con tempi stabiliti significa aiutarli a valutare meglio e quindi ad
essere più efficaci nel pianificare e organizzare il lavoro.
•All’inizio è preferibile che sia l’insegnante a fornire indicazioni sul tempo di
svolgimento dei compiti assegnati; in seguito, quando i bambini si saranno abituati a
includere la variabile tempo nella pianificazione del proprio agire, chiedere loro, sotto
forma di gioco . “Quanto tempo serve per…?” Importante l’uso di simboli pittorici
Facile
Alla mia
portata
Strutturazione del
compito
Difficile
Poco
tempo
Tempo
medio
Molto
tempo
Difficoltà a mantenere l’attenzione nel tempo
•Con un breve periodo di osservazione è possibile farsi un’idea abbastanza precisa su
quale sia il tempo di “tenuta attentiva”
•È possibile poi valutare il tempo necessario per lo svolgimento del compito e
confrontarlo con la stima attentiva
•Ogni qual volta sia possibile, è opportuno spezzettare i compiti lunghi con brevi
pause o variando l’attività al suo interno, proponendo cioè procedure diverse
•Con l’esercizio sarà possibile allenare il bambino a mantenersi concentrato per
periodi sempre più ampi
Difficoltà a porre la necessaria attenzione alle consegne
•È utile, prima che si cominci a a lavorare, far rileggere la consegna, chiedendo anche
di ripetere con parole proprie cosa bisogna fare
•Sottolineatura con pennarello rosso delle parti salienti delle istruzioni, con l’aiuto
dell’insegnante
•Costruzione di un piano d’azione per punti, da riportare alla lavagna
-L’organizzazione del materiale
Può essere utile appendere in aula un cartellone del materiale, avendo cura di
assegnare ai quaderni delle varie materie una copertina di colore diverso, ed uno delle
materie giornaliere.
•All’inizio dell’anno scolastico si può preparare uno schema del materiale necessario
per ogni materia, in forma di cartellone o tabella da apporre sul diario di ogni
bambino.
•Per i bambini che dimenticano i materiali è possibile impostare una strategia
specifica che comprenda l’uso di materiale visivo, l’introduzione di routine
finalizzate, l’applicazione di un sistema a punti.
Vediamo i passaggi necessari all’impostazione della procedura
Impostare con il bambino un accordo basato su un sistema a punti o su uno schema di
gratificazione da riconvertire in premi materiali o privilegi
•Preparare schede ritagliabili con piccole illustrazioni del materiale, uguali a quelle
del cartellone
•Ad un’ora prestabilita della mattinata
- far leggere il cartellone per il giorno dopo
- fare elencare il materiale necessario per il lavoro in ogni materia
- chiedere di incollare sul diario per il giorno dopo le figurine del materiale scolastico
così individuato
- ogni mattina, all’inizio della lezione o in altro momento prestabilito, verificare la
presenza del materiale e applicare la procedura di gratificazione o di costo della
risposta.
2. La gestione delle lezioni:
Ritmo e tipologia; I compiti per casa; Il coinvolgimento della classe
RITMO E TIPOLOGIA
9 Ordine degli argomenti
9 Tempi di lavoro
9 Argomento stimolante (figure, audiovisivi e tanti colori)
9 Uso di domande
9 Utilizzo dei nomi degli alunni
9 Esplicitare le procedure
9 Usare un tono di voce variato, vivace
9 Alternare compiti attivi e passivi
9 Favorire la partecipazione attiva (secondo le regole di comportamento)
9 Chiarire i tempi di lavoro e la difficoltà, i materiali da usare
E per il bambino con DDAI in particolare?
Accorciare i tempi di lavoro, quando possibile spezzettando con brevi pause un
lavoro lungo Ricorrere spesso al canale visivo, a stimoli colorati, a “segnali”
concordati con il bambino, sia verbali che gestuali o visivi (che possono indicare al
bambino che il suo comportamento non è corretto, o al contrario che è quello che ci si
aspetta da lui; che richiamino la sua attenzione o gli indichino il tipo di procedura da
applicare, ecc…)
I COMPITI PER CASA
Le consegne scritte sul diario
•dare i compiti in momento stabilito
•consegne chiare
•verificare che il bambino stia scrivendo
•chiedere a qualche alunno di ripetere le consegne
•un punto per ogni consegna scritta correttamente
•Non punire il bambino per eventuali carenze ma esortarlo a fare attenzione
IL COINVOLGIMENTO DELLA CLASSE
•Tutoraggio (tutoring):assegnazione a una coppia di bambini dei due ruoli di tutee
(l’allievo che riceve l’insegnamento) e di tutor (il bambino che prende il ruolo attivo
di insegnante)
•Apprendimento cooperativo: prevede di unire gli alunni in piccoli gruppi, che si
propone di massimizzare il loro apprendimento e le loro abilità sociali
•Il bambino DDAI fa lezione in classe
3. Gestione del comportamento
•Monitoraggio •Osservazione e analisi funzionale •Tecniche di intervento
psicoeducativo comportamentale
Monitoraggio
Collocare il bambino in modo che possa essere frequentemente monitorato
• Interagire spesso con lui anche solo con lo sguardo, facendogli capire che lo si sta
comunque “tenendo d’occhio”
• Limitare quanto più possibile i momenti destrutturati
• Assicurarsi dell’effettivo livello di comprensione del bambino prima di iniziare
• Riprendere immediatamente il bambino prima che inizi a vagare per la classe e
proporgli anche attività più leggere, da svolgere da seduto
• Dare informazioni su ciò che ci si aspetta da lui
• Incoraggiarlo e gratificarlo anche per mete parziali
• Esplicitare, da un lato i sentimenti di rabbia e frustrazione che hanno provocato in
lui l’emissione di quei comportamenti, dall’altro il punto di vista dei compagni o di
chi ne riceve le conseguenze
OSSERVAZIONE E ANALISI FUNZIONALE DEL COMPORTAMENTO
•Fase 1:
–Osservazione non strutturata per la creazione di un inventario di comportamenti
negativi che l’insegnante si proporrà di modificare
•Fase 2:
–Selezione ed identificazione dei comportamenti oggetto dell’osservazione (Si
allontana dal posto, parla ad alta voce, non porta a termine il lavoro, si oppone a
richieste verbali, aggredisce oggetti e compagni)
•Fase 3:
–Costruzione di due griglie per l’osservazione strutturata che analizzino i
comportamenti al fine di identificare:
•Antecedenti e conseguenze per ogni comportamento emesso
•Frequenza e distribuzione di emissione dei comportamenti della giornata
•Fase 4:
–Riflessione sui dati raccolti al fine di ottenere indicazioni su:
•Probabili fattori scatenanti
•Probabili fattori di rinforzo
•Fase 5:
–Sviluppo dell’intervento allo scopo di:
•Anticipare il verificarsi di comportamenti problematici
•Ridurre o eliminare le risposte dell’ambiente che rinforzano l’emissione dei
comportamenti problematici
•Fase 6:
–Verifica dei risultati ottenuti mediante le stesse griglie di osservazione
Classi comportamentali a cui ricondurre i singoli comportamenti problema: Si
allontana dal proprio posto, parla ad alta voce, aggredisce i compagni e le loro
cose, non porta a termine il lavoro, interrompe/disturba la lezione, si
oppone/rifiuta richieste verbali, si oppone/rifiuta regole.
Si riporta un esempio
IL CASO DI PAOLO
La richiesta di intervento per un bambino che ha gravi difficoltà di attenzione assieme
a una ancor più problematica iperattività, giunge al Servizio di Neuropsichiatria
Infantile dell’ULSS di appartenenza su richiesta delle insegnanti di una classe
seconda. Al colloquio dello psicologo con loro, queste ultime lamentano la situazione
insostenibile che si è venuta a creare nella loro classe a causa del comportamento di
un bambino che sembra far di tutto per rendere loro la vita impossibile. Non sembra
interessato alle lezioni tanto che distoglie quasi subito l’attenzione per alzarsi o
mettersi a giocare; svolge solo saltuariamente i compiti e generalmente in modo
inaccurato e parziale; inoltre, non segue le principali regole della classe,
inventandosene altre “tutte sue”. Anche i compagni ne sembrano disturbati, tanto che
i rispettivi genitori hanno cominciato a lamentarsi per il timore che tali atteggiamenti
possano da un lato fungere da modello negativo per i propri figli, dall’altro rallentare
il programma scolastico. Le insegnanti sono molto infastidite soprattutto
dall’atteggiamento di Paolo, che definiscono irritante per quel suo costante
disinteresse verso tutto ciò che esse propongono. Si dimostrano inoltre preoccupate
per la comparsa di comportamenti aggressivi nei confronti dei compagni di classe, sia
durante le lezioni che durante l’intervallo e temono che prima o poi la situazione
possa degenerare. Il rendimento scolastico naturalmente è insufficiente, anche se il
bambino sembra più portato per la matematica, dove perlomeno, inizialmente
accoglie le attività proposte. In effetti, sostengono le insegnanti, se qualcuno gli si
mette accanto e lo segue personalmente, Paolo riesce a fare qualche cosa di più, ma la
presenza di certi suoi comportamenti disturbanti, inopportuni e a volte aggressivi
fanno perdere la voglia di aiutarlo. Se interrogato rispetto ai motivi che lo spingono a
comportarsi in questo modo, a non terminare mai i compiti, a disinteressarsi di tutto,
egli non sa rispondere (o, le insegnanti si domandano, forse non vuole), per poi
mettere il broncio e stare per conto suo. In effetti, esse sostengono, un’altra sua
caratteristica è l’oscillare spesso da uno stato emotivo (es. euforia) all’altro (tristezza,
desiderio di isolamento). All’inizio esse riprendevano ogni suo comportamento, poi
però hanno “gettato la spugna” perché sembrava non servisse comunque a
niente.
PRE-OSSERVAZIONE: INVENTARIO DEI COMPORTAMENTI NEGATIVI
MARTEDI’
Non ha portato i compiti a
casa di storia.
Non
vuole
finire
l’esercizio.
Si alza esce dalla classe
senza permesso.
Sbuffa se l’insegnante gli
toglie un giochino.
Tamburella con la penna
sul banco e fa rumore.
Non rispetta la fila.
Urla.
GIOVEDI’
VENERDI’
Fatica a mettere sul banco Non
risponde
alla
domanda dell’insegnante.
il materiale appropriato.
Si alza e gira tra i banchi.
Gira tra i banchi,
Non vuole fare l’esercizio Ridacchia e prende in giro
una compagna.
dice che è stanco.
Smette di lavorare e dice
Borbotta cose tra sé.
LUNEDI’
Non vuole sedersi subito
quando inizia la lezione.
Copia solo una parte del
testo scritto alla lavagna.
Tira i capelli di una
bambina.
Lancia la gomma contro
un compagno.
Si alza e saltella.
Si alza per guardare i
disegni alla parete.
MERCOLEDI’
Interrompe spesso con
domande.
Dice che è stanco e
abbandona il compito.
Si alza e corre per la
classe.
Ignora la richiesta di
tornare a sedersi.
SABATO
Corre tra i banchi e non
prende posizione all’inizio
della lezione.
Urla per parlare.
Non rispetta il proprio
turno e ruolo (puzzle).
che è difficile.
Stringe le braccia di un
compagno.
Rimane con la testa e le
braccia sul banco e non
segue la lezione.
Stropiccia il pazzle di un
compagno.
Si allontana dal gruppo e
cammina per conto suo.
SELEZIONE ED IDENTIFICAZIONE DEI COMPORTAMENTI OGGETTO
DI OSSERVAZIONE
Si allontana dal proprio posto (colore blu) X X X X X X X X
Parla ad alta voce (colore rosa) X X
Aggredisce i compagni/le loro cose (colore rosso) X X X X X
Non porta a termine il lavoro (colore nero) X X X X X
Interrompe/disturba la lezione (colore giallo) X
Si oppone/rifiuta richieste verbali (colore verde) X X X
Si oppone/rifiuta regole (colore grigio) X X X X X X
OSSERVAZIONI
•NETTA PREVALENZA DI COMPORTAMENTI DISTURBANTI DURANTE LE
LEZIONI DI ITALIANO E STORIA
•TENDENZA
AD
EMETTERE
COMPORTAMENTI
NEGATIVI
IN
PROSSIMITA’ DELL’INTERVALLO E DELLA FINE DELLE LEZIONI
NELLO SPECIFICO:
EMISSIONE DI COMPORTAMENTI PROBLEMATICI PREVALENTEMENTE
QUANDO:
L’ATTENZIONE DELL’INSEGNANTE E’ RIVOLTA ALTROVE O IL
BAMBINO
NON
PUO’
ESSERE
CONTROLLATO/MONITORATO
DIRETTAMENTE
VI SONO SITUAZIONI DISORGANIZZATE (ES. CAMBIO DI LEZIONE, PIU’
PERSONE IN PIEDI….)
VI E’ UNA SPIEGAZIONE TROPPO PROTRATTA O VEROSIMILMENTE
POCO CHIARA
IL BABINO VAGA PER LA CLASSE O NON E’ IMPEGNATO
•INIBIZIONE DEL COMPORTAMENTO PROBLEMA QUANDO:
IL BAMBINO VIENE PUNTUALMENTE RIPRESO ED IL COMP. “BLOCCATO
SUL NASCERE”
VENGONO FORNITE INDICAZIONI SPECIFICHE RISPETTO A QUANTO CI
SI ASPETTA DA LUI
VIENE GRATIFICATO
CI SI ASSICURA DEL LIVELLO DI COMPRENSIONE
LE ASPETTATIVE NEI SUOI CONFRONTI SONO POSITIVE
La gestione dei comportamenti problema
PREVEDIBILITA’
USO STRATEGICO
DELLA
GRATIFICAZIONE
TECNICHE DI INTEVENTO PSICOEDUCATIVO COMPORTAMENTALE
•La gratificazione
•La gratificazione a punti (token economy)
•Il costo della risposta
•I contratti comportamentali
•La punizione
•Il time-out
Per comportamenti gravi
LA GRATIFICAZIONE
Individuare azioni positive da gratificare più che azioni negative da punire
Definire operativamente l’azione oggetto di gratificazione sistematica
Non usare forme di falsa gratificazione
Gratificare in modo coerente, sempre la stessa azione e ogni volta che si manifesta
Gratificare il bambino immediatamente
Utilizzare eventi o oggetti o comportamenti che siano effettivamente delle
gratificazioni per il bambino
Non gratificare involontariamente comportamenti inadeguati
Utilizzare per un tempo corretto lo stesso premio, potendo contare su una serie di
gratificazione diverse già individuate
E’ possibile:
Gratificare azioni corrette già presenti nel patrimonio comportamentale del
bambino ma messe in atto poco frequentemente
Far apprendere nuove sequenze comportamentali all’alunno scomponendolo in
sotto-compiti e obiettivi parziali da gratificare progressivamente
Utilizzare la gratificazione di azioni positive come tecnica di rafforzamento
nell’attenuazione di comportamenti negativi
LA GRATIFICAZIONE A PUNTI
• Il bambino può guadagnare o perdere punti (o gettoni) in base alla correttezza
del suo comportamento
• I punti vengono poi convertiti in gratificazioni tangibili con ritmo giornaliero,
settimanale o sulla base di un punteggio criteriale (“raggiungendo 50 punti
otterrai…”)
• I punti possono essere erogati dalla scuola oppure ci può essere una forma di
collaborazione tra scuola e famiglia.
I passi per costruire un sistema a punti sono:
• Osservazione del comportamento del bambino per individuare i comportamenti
adeguati e i non adeguati
• Scelta delle azioni obiettivo
• Scegliere il metodo per calcolare il punteggio(stelline, smile, gettoni…)
• Giusta corrispondenza tra punti e obiettivo: azioni più impegnative devono
essere convertite in cifre suoperiori e comportamenti complessi possono essere
suddivisi in sotto-traguardi
• Selezione dei premi: deve essere concordata con l’alunno ed eventualmente
con la famiglia; possono riguardare azioni, oggetti…
• Accanto al guadagno, utilizzare parallelamente una strategia tipo costo della
risposta che porta alla perdita anche di punti
IL COSTO DELLA RISPOSTA
E’ una procedura che prevede che il bambino perda un privilegio a seguito di un
comportamento inadeguato. Va applicata per comportamenti non gravi. Deve essere:
Proporzionale all’azione inadeguata
Corredato da informazioni chiare circa il comportamento del bambino
Controllabile nella sua applicazione
Comunicato in anticipo al bambino o concordato con lui
Inevitabile e non flessibile nella sua applicazione
I CONTRATTI COMPORTAMENTALI
La gratificazione a punti con il costo della risposta possono essere sanciti da un
contratto comportamentale tra insegnante e bambino al fine di esplicitare i termini da
rispettare.
Io sottoscritto e i miei insegnanti facciamo il seguente patto: ogni volta che io
riuscirò a fare una delle cose indicate in questo contratto, riceverò dei punti da
utilizzare a fine giornata. Posso guadagnare i seguenti punti ogni volta che:
completo 2 schede di lavoro assegnate dalla maestra nelle ore di italiano (4
PUNTI)
porto a scuola tutti i compiti scritti assegnati per la giornata (3 PUNTI)
ho in cartella tutto il materiale scolastico per la lezione del giorno (2 PUNTI)
Posso perdere i punti ogni volta che:
non completo 2 schede di lavoro assegnate dalla maestra nelle ore di italiano (4
PUNTI)
non porto a scuola tutti i compiti scritti assegnati per la giornata (3 PUNTI)
non ho in cartella tutto il materiale scolastico per la lezione del giorno (2
PUNTI)
Ogni giorno potrò scegliere uno dei seguenti premi a seconda dei punti
accumulati:
fare un disegno libero gli ultimi 15 minuti di lezione (9 PUNTI)
giocare 15 minuti al computer dopo la mensa (7 PUNTI)
aiutare la maestra a distribuire delle fotocopie (6 PUNTI)
ricevere delle figurine colorate (5 PUNTI)
scegliere una gommina a forma di animaletto (4 PUNTI)
avere un timbro sul diario con il sorriso (3 PUNTI)
distribuire le schede ai compagni (2 PUNTI)
Dichiaro che cercherò di onorare questo contratto con il massimo impegno
Data……………..
Firme
Alunno……………………. Insegnanti………………..
LA PUNIZIONE
I comportamenti NON GRAVI (ossia non pericolosi per sé e/o per gli altri) vanno
IGNORATI costantemente, senza cedere!! Ciò è utile quando il bambino:
protesta per ogni divieto in modo sproporzionato
è dispettoso con i coetanei
piagnucola o si lamenta
continua in piccole azioni di disturbo (es. picchiettare la penna sul banco)
cerca di attirare l’attenzione dell’adulto, ad es. dicendo parolacce
Per i comportamenti GRAVI (ossia pericolosi per sé e/o per gli altri) si usa la
punizione. Deve essere: - Priva di aggressività - Psicologicamente neutra, e non tale
da essere un attacco alla persona, dunque centrata sul comportamento - Immediata,
per vincolarsi strettamente all’azione ritenuta inadeguata - Proporzionale alla gravità
dell’azione compiuta dal bambino e non al grado di fastidio procurato da essa
all’adulto - Facilmente applicabile e inevitabile per il bambino - Legata al
comportamento inadeguato e con esso incompatibile
IL TIME-OUT = sospensione di attenzioni e gratificazioni: Interrompere il
comp. + autodisciplina
• per bambini dai 3 ai 12 anni
• breve: da 1’ a 10’ (secondo l’età): usare il timer
• il messaggio: “questo comportamento è inaccettabile, è necessario che tu stia per
qualche minuto isolato per interrompere subito questo comportamento e perché tu
possa pensare un modo diverso”
• scegliere un posto noioso e monotono, senza distrazioni
• portare immediatamente il bambino nel posto del time-out, usando non più di 10
parole e non più di 10 secondi
Evitare discussioni
Usare sedia o sgabello
• puntare il timer affinché il bambino possa sentirlo
• alla fine chiedere perché era stato messo in time-out
> Evitare di chiedere promesse, e umiliarlo o intimorirlo
4. L’approccio metacognitivo
•Problem-solving •Autostima •Attribuzioni •Gestione delle emozioni
IL PROBLEM SOLVING
Processo attraverso il quale si cerca di definire e raggiungere il proprio obiettivo
attraverso delle fasi. Il bambino con ADHD è deficitario nell’attuare il processo di
pianificazione ma tale modo di procedere può essere insegnato agli studenti se
l’insegnante si propone come modello attivo nella soluzione dei problemi attingendo
a problemi che emergono in classe e che vanno risolti. I passaggi della pianificazione
possono essere rappresentati in un cartellone per la classe. I passaggi sono i seguenti:
IL LIVELLO DI AUTOSTIMA
A causa delle incapacità autoregolative i bambini con ADHD vanno incontro a
numerosi insuccessi, percependo un minor senso di competenza e raccogliendo
frequenti disapprovazioni dall’adulto. L’insegnante può intervenire promuovendo le
competenze di autocontrollo riguardanti l’automonitoraggio, l’autovalutazione e
l’autorinforzo.
LE ATTRIBUZIONI
Sono le cause che noi individuiamo per i nostri insuccessi o successi. Possono essere
interne (attribuisco la causa degli eventi a me stesso) o esterne (attribuisco la causa
degli eventi agli altri o al caso) Per impulsività il bambino con ADHD non valuta
tutte le variabili in gioco e può compiere errori di attribuzione L’insegnante dovrebbe
riconoscere tali attribuzioni e con esempi concreti correggere le attribuzioni errate.
LA GESTIONE DELLE EMOZIONI
Scarsa modulazione delle emozioni che si traduce nell’evidenziare stati emotivi
eccessivi e non congrui con le situazioni che si creano. La scuola può:
Educare all’espressione e all’autoregolazione delle emozioni attraverso esempi di
problemi (hai promesso una cosa ad un tuo amico ma poi ti trovi nelle condizioni di
non poter mantenere la promessa), modificando il modo con cui viene interpretato un
evento.
5. La gestione dello stress degli insegnanti
Alcuni suggerimenti per ridurre e controllare lo stress emotivo che può insorgere di
fronte alla gestione di comportamenti indesiderabili associati a iperattività,
impulsività e oppositività:
•Accettare il fatto che l’alunno iperattivo ha caratteristiche di natura costituzionale
•Conoscere le caratteristiche del Disturbo ed i metodi d’intervento rende le cose più
facili
•Rendere chiara la comunicazione con l’alunno
•Essere consapevoli delle situazioni che scatenano la crisi
•Essere positivi
•Utilizzare in modo adeguato e costante le tecniche psicoeducative comportamentali
•Rimanere calmi in situazioni di crisi attraverso il rilassamento
•Formare gruppi di supporto
•Ricordarsi che non si è da soli! Importante è la collaborazione con i servizi del
territorio che hanno il bambino in carico
PER ULTERIORI APPROFONDIMENTI CONSULTARE IL MANUALE
“STRUMRNTI DI SUPPORTO PER STUDENTI CON DISTURBI SPECIFICI
DI APPRENDIMENTO E DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’”
DIREZIONE DIDATTICA STATALE
1° CIRCOLO COMISO
Via Degli Studi n. 22 – 97013 Comiso (RG)
Tel. 0932-961655 Fax. 0932-731923 E-mail: [email protected]
Sito web: primocircolocomiso.it
INDIVIDUAZIONE DEI CAMPANELLI DI ALLARME
• 3 ANNI
• 4 ANNI
• 5 ANNI
3 ANNI
I OSSERVAZIONE
DATA
Nel tempo…
Permanere di…
Breve descrizione QuandoCome-Dove
Tentativi per favorire cambiamento
Messi in atto dall’insegnante Messi in atto dalla famiglia
Cosa cambia
Breve descrizione
Quando-Come-Dove
Tentativi per favorire cambiamento
Messi in atto dall’insegnante Messi in atto dalla famiglia
Cosa cambia
Pianto inconsolabile
Rifiuto del cibo
Vomito
Controllo eccessivo degli sfinteri
Non controllo degli sfinteri
Permanere di…
Passività
Aggressività verso
L’adulto
Se stesso
I compagni
Difficoltà di relazione
Fatica a mantenere il contatto visivo
Attaccamento all’adulto esagerato
Gioca sempre da solo
Difficoltà di linguaggio
Parola-frase
Blocco della comunicazione verbale
Con l’adulto
Con i compagni
PUNTI DI SODDISFAZIONE
DESCRVERE CIO’CHE FUNZIONA
Nel gioco
Nella quotidianità
Nei rapporti
Nella risposta alle proposte
Nel mettere in gioco sé e le proprie risorse
4 ANNI
I OSSERVAZIONE
Permanere di…
Breve descrizione
Quando-Come-Dove
Eccessiva dipendenza/attaccamento
-all’adulto con conseguenza assenza
-di iniziativa da parte del bambino
Assenza del gioco simbolico
Gioco solitario
Sempre
Con una connotazione di chiusura
Impaccio motorio evidente
Difficoltà di auto-contenimento
motorio
DATA
Tentativi per favorire cambiamento
Messi in atto dall’insegnante Messi in atto dalla famiglia
Nel tempo…
Cosa cambia
Permanere di…
Breve descrizione
Quando-Come-Dove
Tentativi per favorire cambiamento
Messi in atto dall’insegnante Messi in atto dalla famiglia
Paure eccessive legate a
-situazioni nuove
-evidenti situazioni fantastiche
(difficoltà nel gestire il pianto della
fantasia da quello della realtà)
-travestimento
-manipolazione
Attività auto-erotiche che
impediscono frequentemente la
partecipazione attiva e l’investimento
della propria energia nella realtà
Difficoltà di rappresentazione grafica
(scarabocchio indifferenziato)
Linguaggio poco comprensibile per
problemi fonetici nella strutturazione
della frase
PUNTI DI SODDISFAZIONE
Nel gioco
Nella quotidianità
Nei rapporti
Nella risposta alle proposte
Nel mettere in gioco sé e le proprie risorse
DESCRVERE CIO’CHE FUNZIONA
Cosa cambia
5ANNI
I OSSERVAZIONE
Permanere di…
Breve descrizione
Quando-Come-Dove
Difficoltà di relazione che si esprime in
-atteggiamenti eccessivi da gregario o
leader
-incapacità di minima cooperazione
Difficoltà nel gioco simbolico
-ripetitività, staticità, fissità del gioco
stesso
-del ruolo e dei tempi
Fragilità emotiva che si esprime in
-incapacità di contenimento
-difficoltà nel sopportare una minima
frustrazione
-bisogno continuo di conferme
Rifiuto della proposta dell’adulto
Eccessiva lentezza fino a
-perdersi nei propri pensieri
-dimenticarsi del “compito”
DATA
Tentativi per favorire cambiamento
Messi in atto dall’insegnante Messi in atto dalla famiglia
Nel tempo…
Cosa cambia
Permanere di…
Breve descrizione
Quando-Come-Dove
Tentativi per favorire cambiamento
Messi in atto dall’insegnante Messi in atto dalla famiglia
Difficoltà di
-ascolto
-memorizzazione
-rielaborazione verbale
Nell’espressione grafica
-eccessiva stereotipia
-difficoltà di
-rappresentazione organizzata
-organizzazione spaziale
-aderenza tra la forma rappresentata e
la realtà
Linguaggio che pur avendo intento
comunicativo e sintassi comprensibile
è mancante di logica
PUNTI DI SODDISFAZIONE
Nel gioco
Nella quotidianità
Nei rapporti
Nella risposta alle proposte
Nel mettere in gioco sé e le proprie risorse
DESCRVERE CIO’CHE FUNZIONA
Cosa cambia