Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
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LE PRIME IMMAGINI DELLE ORE PLANETARIE1
SECONDO GIOVANNI DI SACROBOSCO
Alcune eccezionali scoperte risolvono l’enigma delle ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
di Nicola Severino www.nicolaseverino.it – Novembre 2008
1
In realtà Giovanni di Sacrobosco ha definito le “ore Naturali” e sarebbe quindi improprio scrivere qui “ore Planetarie”.
Tuttavia, siccome l’argomento riguarda la differenza tra le ore Ineguali, Temporarie, Planetarie “eclittiche”, con quelle
“naturali”, mi è piaciuto utilizzare il termine Planetarie in questo titolo.
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Nel giro di una settimana ho avuto la fortuna
di fare due scoperte (poi ne diventeranno
almeno quattro…) di quelle che possono
considerarsi “eccezionali” per la storia della
gnomonica e non lo dico io, in quanto autore,
ma due tra i massimi esponenti del mondo
della conoscenza gnomonica: Fred Sawyer
della North American Sundial Society e Fer
de Vries dell’Associazione Olandese di
Gnomonica che pubblicheranno, immediatamente a seguire questo lavoro, sulle
rispettive riviste The Compendium e De
Zonnewijzerkring, degli studi approfonditi su
questo argomento.
La questione del significato, della interpretazione e dell’uso delle ore cosiddette
“Ineguali”, in relazione a quelle denominate
“Planetarie”, è relativamente recente. Volendo
fare una breve ed indicativa cronologia,
ricordiamo che l’argomento fu reso “famoso”
da Giovanni di Sacrobosco (secolo XIII) nel
suo libro astronomico cult “De Sphera”, punto
di riferimento della scienza del medioevo e
per tutto il Rinascimento. Gnomonicamente
fu ribadita con toni abbastanza colorati da
Oronzio Fineo, seguito da Pietro Apiano e da
vari autori della Rinascenza. Dal XVII secolo
in poi, con eccezione dell’autore relativo alla
mia scoperta, la questione sembrò essere
dimenticata finché fu ripresa dallo studioso
tedesco Joseph Drecker che pubblicò nel 1925
un libro specialistico sulla teoria degli orologi
solari.
Dal 1925 ad oggi si sa, la gnomonica ha avuto
un periodo di relativa impopolarità, se si
escludono alcuni rari casi, come il lavoro e la
pubblicazione di Garnier del 1937 e Rohr
dagli anni ’60 in poi. Ma questa particolare
questione è stata risollevata solo di recente da
Fer de Vries, che incuriosito aveva studiato
quanto diceva in proposito il Drecker, e qui in
Italia, ma solo nel giugno 2003 da Alessandro
Gunella che ha pubblicato uno studio sulla
rivista Gnomonica Italiana, n. 5 e da Alberto
Nicelli che ha curato una relazione
approfondita negli Atti del Seminario di
Gnomonica di Rocca di Papa, nell’autunno
del 2003, riconsiderando in modo generale sia
la polemica rinascimentale che la metodologia
matematica moderna per il curioso calcolo
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delle ore Planetarie, rivisitandola in una
nuova interpretazione.
In dettaglio, Fer de Vries inizia ad occuparsi
di questo argomento nei primi anni ’90,
quando da noi la passione per gli orologi
solari era appena “rifiorita” ed io partecipavo
al secondo Seminario Nazionale di
Gnomonica a Monterubbiano, presentando i
miei primi studi sulla storia della gnomonica.
Nel 1992 Fer pubblica 2 articoli di cui uno
sulla rivista De Zonnewijzerkring2 della
Associazione Gnomonica Olandese. Dopo
sedici anni, durante i quali de Vries cerca e
raccoglie tutto il materiale possibile su questa
materia, da solo e con l’aiuto di altri
gnomonisti, tra cui Mario Arnaldi, arriva a
pubblicare nel 2008 un nuovo articolo3 ed
una nota sul sito web della rivista. Ma anche
stavolta non vi è alcun indizio che possa
provare almeno per una volta l’applicazione
della teoria delle ore planetarie secondo
Sacrobosco e Drecker agli orologi solari con
cui siamo abituati a praticare. Nel frattempo,
come detto prima, anche in Italia si scrive
qualcosa in proposito e a farlo sono Gunella e
Nicelli sulla nostra rivista Gnomonica
Italiana4, ma è solo una ripetizione di quanto
già conosciuto e la conferma che “…tranne
l’eccezione della pubblicazione di Drecker,
l’argomento è rimasto sostanzialmente
dimenticato dai trattatisti, dal ‘600 ad oggi”.
Questa la premessa cronologica. In seguito al
mio ritrovamento Fer de Vries ha scritto nel
suo articolo5:
Besides a picture in the scholarly book
by Josehp Drecker, 1925, in which is
shown how (ecliptical) planetary hour
lines look on a horizontal sundial, I
never have seen an image in older
literature. This is changed now.
2
Fer J. de Vries, Planetenuren, bulletin of De Zonnewijzerkring, nr. 92.1, January 1992.
3
Fer J. de Vries, Hora naturalis: antiek of planetenuur?,
bulletin of De Zonnewijzerkring, nr. 08.1, January
2008
4
A. Gunella, A. Nicelli, Un libro di Oronzio Fineo
astrologo ed una polemica sulla suddivisione delle case
celesti e sulle ore ineguali, Gnomonica Italiana, anno
II, n. 5, giugno 2003.
5
Si veda la traduzione italiana pubblicata con il
permesso dell’autore sul sito www.nicolaseverino.it
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Nicola Severino, Italy, recently found
two pictures in old literature. One
image shows the pattern for a
horizontal sundial in which one such
hourline is seen and the other image
shows a tympan for an astrolabe with
all the (ecliptical) planetary hourlines.
These new images are the main reason
to write this article.
La scoperta del libro di Johannes Karamuel
Lobkowitz, Solis et Artis Adulteria, di cui si
può leggere la mia lunga analisi pubblicata in
contemporanea con questo articolo sul mio
sito, ha rivelato la prima immagine in assoluto
che
dimostra,
almeno
parzialmente,
l’applicazione della teoria delle ore ineguali
e/o Planetarie, come definite da Sacrobosco e
da Drecker, su un orologio solare orizzontale.
La seconda scoperta riguarda il disegno di un
timpano di astrolabio su cui sono descritte le
ore Planetarie secondo la tesi di Drecker. Ma
procediamo con ordine e cerchiamo di fare il
punto sulla situazione.
C’è un problema di fondo nell’approccio a
questa diatriba che accende gli animi di chi se
ne occupa da oltre cinque secoli: la
definizione di base dei vari sistemi orari tra
cui quello delle ore Ineguali e delle ore
Planetarie. La confusione è stata alimentata
nel corso dei secoli per il semplice fatto che
soprattutto nella gnomonica il termine “ore
planetarie” è stato adottato normalmente per
indicare le ore Temporarie Ineguali, ovvero,
che sia ben chiaro, il termine “Ore Planetarie”
è valso come sinonimo di “Ore Ineguali”. Ciò
ha generato una confusione senza fine per cui
solo recentemente è stato possibile fare
chiarezza con la conferma di quanto sto
scrivendo.
Il 28 novembre 2008, con mia grande
sorpresa, sfogliando un libro poco noto di
Oronzio Fineo, dal titolo “De Duodecim Caeli
Domiciliis, et horis inaequalibus, libellus non
aspernandus”, pubblicato a Lutetiae nel 1553,
ho trovato non solo la questione delle ore
planetarie di Sacrobosco descritta da Fineo,
Pag. 3
ma anche l’immagine di uno strumento per le
ore ineguali e planetarie6.
Il ritrovamento, seppur minimo, di tre soli
strumenti
gnomonici
nella
letteratura
scientifica antica, sta a dimostrare che la
teoria delle “vere ore ineguali” ovvero,
“planetarie” dettata da Sacrobosco nel XIII
secolo e nel ‘900 da Drecker fu in realtà
praticata. Ma il fatto che orologi solari con
questa tipologia di ore non abbiano avuto
successo di pubblico, dipende quasi
esclusivamente dal fatto che i tracciati di
queste “ore ineguali”, secondo tale dottrina,
sono a dir poco astrusi e, per meglio dire,
inutilizzabili per la quotidiana pratica della
misurazione del tempo per mezzo delle ombre
solari. Se altri strumenti saranno scoperti con
questi tipi di tracciati orari, costituiranno
sicuramente una rarità, se non singolari
eccezioni dovute a qualcuno che ha voluto
trattare l’argomento da un punto di vista della
curiosità matematica, o di bizzarra
invenzione, come appunto è stato il libro di
Lobkowitz.
Ad oggi si può dire che gran parte della
letteratura gnomonica importante è stata
ormai esaminata, così pure quella astronomica
relativa alla strumentazione come astrolabi e
quadranti e se qualcos’altro verrà fuori con
simili tracciati orari, sarà una vera rarità. Ciò
dimostra ampiamente la sostanziale idea che
le ore Planetarie di Sacrobosco non furono
considerate dal punto di vista gnomonico e
per tale ragione molti autori, anche
importanti, non ne hanno neppure accennato
nei loro libri, prendendo per scontato e
definitivo che le ore ineguali e planetarie sono
quelle normalmente computate sull’equatore
come suddivisione in 12 parti uguali del
giorno e della notte artificiali.
Ma ricominciamo daccapo e vediamo così che
nell’intricato schema dei numerosi sistemi
orari utilizzati dall’uomo, il primo problema
che ci si trova ad affrontare è proprio quello
delle definizioni. Proviamo quindi a vedere
cosa ci offre la letteratura antica in tal senso e
6
In realtà tale libro fu già descritto da Alessandro
Gunella nel 2003, ma stranamente l’immagine
dell’astrolabio con le ore eclittiche non fu mai
pubblicata.
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
di cominciare a discernere i vari sistemi a
seconda delle denominazioni esatte che hanno
ricevuto. Sebbene mi occuperò esclusivamente del sistema delle ore Ineguali o
Planetarie, è bene fare una panoramica
generale su tutti gli altri sistemi adottati e per
questo utilizzerò come mio palinsesto un
trattato poco noto oggi, non appartenente ai
libri specialistici sugli orologi solari, ma
espressamente di computo. Ed infatti il suo
titolo è propriamente “Computus Astronomicus”, di Bartolomeo Schon, pubblicato a
Witemberg nel 1579. Qui possiamo trovare
forse una delle migliori e più complete
ricapitolazioni sui sistemi orari adottati
dall’antichità. Stando a questo libro, i vari
sistemi orari utilizzati fino al Rinascimento
sono:
suddivisione (ora 0) con il sorgere del
Sole contando 24 ore fino al sorgere
successivo; le Ore Italiche, (horas ab
occasus solis) che fanno coincidere
l’inizio della suddivisione (ora 24)
con il tramonto del Sole, contando
fino al tramonto successivo. Questa
fu adottata in diverse nazioni, come in
Italia, Bohemia, Moravia, Polonia,
Silesia, Giudea, ecc.
1.4.
Ore del Quadrante (orologico) a
metà: dette anche “ore Minori”, le
cosiddette Ore di Norimberga, appartengono a questa speciale suddivisione che conta le
ore (agli equinozi) da 1 a 12, dal sorgere del
Sole al tramonto e poi ancora da 1 a 12 dal
tramonto al sorgere. Una sorta di
combinazione tra ore Italiche e Babiloniche,
in cui il calendario gnomonico viene rappresentato sul quadrante dagli archi di
declinazione diurna che hanno come durata
sempre un numero intero di ore. Dalla
suddivisione degli archi diurni nel relativo
numero di ore che essi contengono, deriva la
strana spezzettatura delle linee orarie
rappresentate
come
piccoli
segmenti
disallineati. Si ha così che la curva diurna del
solstizio invernale è suddivisa in 8 settori
orari, mentre quella estiva in 16 ore. Infatti
siccome a Norimberga la durata del giorno è
di 8 ore al solstizio invernale e 16 ore al
solstizio estivo, si ha questa strana
successione oraria8:
1. Ore Eguali, dette anche Equinoziali e
Aequidialis, che gli antichi Greci
chiamavano ισκµεριυν. Definite come la
ventiquattresima
parte
dell’intera
rivoluzione dell’Equatore, pari alla
suddivisione di circoli equatoriali di 15
gradi ciascuno7. Tali ore eguali sono state
computate in diverso modo a seconda
delle necessità;
1.1.
Ore Astronomiche, utilizzate
dagli astronomi per i loro computi,
venivano conteggiate a partire dal
mezzogiorno in 24 ore fino al
mezzogiorno successivo. Per questo
spesso sono riportate nei libri e negli
orologi solari antichi come “ore a
meridie” e “post meridiem”.
1.2.
Ore
Politiche,
dividendo
l’orologio di 24 ore in due settori di
12 ore ciascuno;
1.3.
Ore del Quadrante (orologico)
intero: cioè adottando per intera tutta
la suddivisione oraria da 0 a 24. A
queste
appartengono
le
Ore
Babiloniche, (ab Ortu) che fanno
coincidere
l’inizio
di
questa
7
In diversi trattati sulla sfera e astronomici (tra cui
proprio Fineo), le ore equinoziali sono definite come il
tempo che impiegano 15 gradi di equatore a sorgere
sull’orizzonte immediatamente a seguire il Sole. La
differenza con le ore ineguali è evidente e logica, in
quanto queste sono definite come il tempo che
impiegano 15 gradi di Eclittica a sorgere sull’orizzonte
immediatamente a seguire il Sole.
Pag. 4
Solstizio estivo:
Dall’alba al tramonto: 1, 2, ....., 15, 16
Dal tramonto all’alba: 1, 2, ....., 7, 8.
Equinozi:
Dall’alba al tramonto: 1, 2, ....., 11, 12
Dal tramonto all’alba: 1, 2, ....., 11, 12.
Solstizio invernale:
Dall’alba al tramonto: 1, 2, ....., 7, 8
Dal tramonto all’alba: 1, 2, ....., 15, 16.
La somma è sempre di 24 ore di eguale
lunghezza in un giorno9.
8
Ringrazio Fer de Vries per la gentile collaborazione
agli ulteriori chiarimenti e specificazioni sul sistema
orario delle Ore di Norimberga. Per approfondimenti si
veda il mio articolo “Le Ore di Norimberga”,
pubblicato su questo sito.
9
In qualche trattato (ma raramente) si legge la curiosa
definizione di “horae mascolinae” per indicare le ore
intere e “horae feminae” per i minuti (una
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
2. Ore Ineguali. Denominate dai tempi
antichi in vario modo, come “Antiche”,
“Giudaiche”, “Temporali”, “Naturali”,
“Temporarie”, “Bibliche”, ecc. Sono
definite da tutti i maggiori autori,
semplicemente come la suddivisione in
dodici parti uguali del giorno e della notte
artificiale10, indipendentemente dalla sua
durata durante l’anno. Ne consegue che
d’inverno, in cui la durata della notte è
maggiore di quella del giorno di luce, si
hanno ore più lunghe di notte e più corte
di giorno e, viceversa, in estate ore più
lunghe di giorno e più corte di notte.
La definizione predetta scaturisce direttamente dall’antica cultura romana della
divisione del giorno e quindi degli orologi
solari romani emisferici o conici in cui l’arco
di 180 gradi veniva sempre suddiviso in 12
parti uguali. Quindi le ore Ineguali sono
definite dalla maggior parte degli autori di
libri di gnomonica semplicemente come la
suddivisione in 12 parti del giorno e della
notte artificiale.
Per entrare nell’argomento centrale, di nostro
interesse, dopo questa premessa, ricordo
invece uno dei pochi autori che scrivendo
delle ore ineguali si è degnato finalmente di
evidenziare che tale definizione potrebbe
essere alterata. L’autore è Francesco
Maurolico (Messina, 16 settembre 1494 – Messina,
22 luglio 1575), matematico e scienziato
siciliano tra i più importanti della Rinascenza.
Nel suo scritto “COMPUTUS ECCLESIASTICUS
IN SUMMAM COLLECTUS. Et primum de
temporis divisione”, facente parte dell’opera
Cosmographia et astronomica quaedam,
scrive questo importante passo sulle ore:
De hora.
testimonianza è data da Giovanni Gallucci del XVI
secolo).
10
Qui per giorno artificiale si intende l’arco di tempo
compreso tra l’alba e il tramonto del Sole ed era quello
utilizato dagli astronomi. Il giorno “naturale” invece è
quello compreso tra il primo chiarore ed il crepuscolo
civile ed er adottato dalla gente comune, da cui anche
“giorno civile”.
Pag. 5
Horarum aliae sunt aequales, aliae
temporales. Hora aequinoctialis, sive
aequalis est vicesima quarta pars diei
naturalis: quae postulat sibi quindenos
aequinoctialis gradus. Hae sunt horae,
quae in14 horologiis per lapsus rotarum
indicantur, et in Sciotericis per lineas
horarias distinguuntur. Hora vero
temporalis,
sive
inaequalis
est
duodecima pars, diurna quidem arcus
diurni, nocturna vero nocturni. Unde
crescit et decrescit cum ipso arcu: et
proinde inaequalis est, et pro tempore
variatur. Per has horas planetae per
ordinem suscipiunt dominium, ita ut
singulae feriae in hebdomada, nomen
sortiantur a planeta, cuius dominium in
primam diei horam cadit. Quanquam
postula ret rario15, ut huiusmodi
horarum divisio fieret per divisionem
zodiaci
sicut
horae
aequales
distinguuntur per divisionem aequinoctialis. Bene igitur dixit Ioannes
Sacroboscus, cum diffinivit horam
naturalem, hoc est inaequalem, sive
temporalem, esse spacium temporis,
quo peroritur dimidium signi in zodiaco.
Quandoquidem in singulis arcubus tam
diurnis, quam nocturnis sex signa (quae
faciunt 12 horas) ubique peroriantur.
Ed ancora in “De Astrolabii theoria et
fabrica”, conferma il tutto con il seguente
importante testo:
Item de lineis horarum inaequalium
satius tacere duxi: quoniam neque
periferiae, quoniam neque periferiae,
quae in dorso, neque illae quae in sane
astrolabi delineari solent, certis
innituntur geometriae fundamentis.
Unde melius existimo, eas ex supputatione horarum aequinoctialium elicere.
Adde, quod horae, in quibus distinguitur
successivum dominium planetarum, non
sunt 12ae partes arcuum diurnorum ac
nocturnorum, ut communiter astronomi
opinatur; sed debent esse spacia
temporum, in quibus quindeni gradus de
zodiaco peroriuntur.Ut sicut horae
aequales
sequuntur
aequinoctialis
eodem semper tenore procedentis
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
distinctionnem; ita horae inaequales,
sive temporales cum arcubus zodiaci
successive orientibus computentur. Quo
fit ut horae temporales unius diei, vel
noctis non sint 12ae partes diei vel
noctis: sed inter se inaequales: quantas
postulat singulorum arcuum zodiaci
aequalium mora ad exordiendum.
Questi passi del Maurolico sono tra i più
importanti nella letteratura rinascimentale
sulle ore ineguali. Inoltre essi dovrebbero
rappresentare la prima prova di un testo a
stampa in cui si riprende quanto dice
Giovanni di Sacrobosco sulle ore ineguali,
insieme o quasi contemporaneamente al
Protomathesis di Oronzio Fineo pubblicato
nel 1532 e che contiene la prima versione del
de
Mundi
Sphera,
pubblicata
poi
separatamente nel 1555.
E’ comunque da notare che Maurolico, poi,
nei dialoghi della sua Cosmografia in volgare,
ridefinisce le ore temporarie nel modo
classico, senza specificare altro, come se nella
versione volgare non fosse necessario un
dotto appunto come quello inserito nella
versione latina in cui specifica la vera natura
delle ore ineguali secondo Sacrobosco:
Hora temporale, o vero inequale,
diurna è la duodecima parte di l'arco
diurno, et la nocturna del nocturno.
Onde però si chiamano inequali, perché
sono tra loro differenti di grandezza,
come l'archi diurni et nocturni; et
temporali, perché secondo il tempo
crescono, et decrescono. Queste sono
l'hore che l'antichi usavano, et per le
quali il dominio delli pianeti
distribuevano secondo l'ordine dele loro
sphere. Onde nella prima hora del
iorno del Sabato regna Saturno, nella
2a Giove, nella terza Marte, et cossì per
ordine fin alla Luna, et poi tornando a
Saturno finché, nell'hora vigesimaquinta, ch'è la prima dela Dominica,
regna il Sole.
Secondo le Tavole Toledane, compilate
nell’XI
secolo
sotto
la
direzione
Pag. 6
dell’astronomo Arzachelis, si ha la seguente
definizione:
Horae temporales dicuntur horae obliquae
secundum Albategni
et quaelibet est 15 partium, quia in tempore
cuiuslibet
istarum oriuntur 15 gra circuli obliqui. Sic
duae horae sunt tempora
ortus 30 gra, et sunt inaequales in die et
nocte, sed semper sunt 12 in
die et 12 in nocte. Dicuntur autem inaequales
respectu circuli recti,
quia inaequales eius partes in istis oriuntur,
ut patet in tabula
ascens(ionum) climatum, quia quandoque
plures, quandoque pauciores cum
hiis 30 gradibus circuli obliqui nascuntur. Hora aequalis dicitur
tempus quo 15 gra circuli recti oriuntur
sive(?) plures aut pauciores
gra circuli obliqui.
Il “circolo obliquo” era anticamente
denominato in astronomia lo Zodiaco11,
quindi in questo testo delle Tavole, dell’XI
secolo, si definiscono ancora le ore temporali
come Sacrobosco, cioè il tempo che
impiegano a sorgere dall’orizzonte orientale
15 gradi di eclittica, da cui desume (l’autore
del testo delle Tavole) che due ore temporali
saranno pari a 30 gradi di eclittica. Importante
il riferimento ad Albategno (secundum
Albategni) a prova che la citazione è ripresa
dalle opere dell’astronomo arabo Al-Battati,
vissuto alla fine del IX secolo. Ed è proprio a
causa dell’obliquità degli archi dell’Eclittica
rispetto al circolo dell’Equatore che il
dibattito ha un senso matematicamente e
astronomicamente parlando, e un po’ meno se
11
Ne trovo riferimento in una versione anonima del
1334 della Divina Commedia di Dante Alighieri edita
da Alessandro Torri, Pisa, Capurro, 1829.
- Purg., a. 1334 (fior.), c. 4, proemio, pag. 48.32: Ora
perchè l'Equat[o]ro è tra questi due Tropici, di
necessitate questo circulo obbliquo li conviene toccare
in due luoghi oppositi [[...]]. Appella [[l'Autore]]
similemente il detto circulo obbliq[u]o Zodiaco, sì
come è chiamato in astronomia.
- Par., a. 1334 (fior.), c. 10, pag. 243.17: 16. Che se la
strada ec. Vedi, dice, come di quindi digrada l'obliquo
circulo, cioè il zodiaco, il quale è la via delli pianeti...
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
si considera la cosa dal punto di vista
gnomonico e strumentale.
Questa considerazione è anche alla base del
fatto che nei libri di cosmografia, sugli
astrolabi e di matematica, è più facile trovare
la distinzione di cui stiamo parlando che non
nei libri sugli orologi solari. Ciò è vero perché
gli gnomonisti hanno ereditato l’uso comune
di considerare le ore ineguali computate
sull’equatore, il che semplifica sia il concetto
che i disegni delle linee orarie che per una
consueta abitudine ad accettarne una certa
piccola approssimazione, si è ritenuto da
sempre accettabile la forma di linee orarie
rette, mentre sappiamo da Clavio in poi e
soprattutto dagli studi di Francesco Peter nel
XIX secolo, passando per Montucla, che esse
sono delle “linee assai bizzarre”, di forma
“serpeggiante”.
Il fatto che negli strumenti e negli orologi
solari si sia sempre accettata questa
approssimazione dipende dal fatto che le linee
orarie delle ore temporali come definite da
Sacrobosco, cioè computate sull’Eclittica,
diventano un groviglio curvilineo inestricabile
di difficilissima rappresentazione grafica e di
non facile lettura. E per questo basta vedere i
grafici eseguiti al computer dagli autori
moderni e confrontarli con quelli giusti, ma
approssimativi, degli autori del passato che ho
trovato in questi giorni. Personalmente penso
sia questo il motivo principale per cui negli
orologi solari sia invalsa l’abitudine di
segnare le ore ineguali nel modo che
conosciamo e anche grazie ad un diretto
retaggio della gnomonica antica, come gli
orologi solari dei Romani e le meridiane
Canoniche in cui sono sempre indicate le ore
temporarie, ma come linee rette che
suddividono l’arco del giorno naturale, tra il
solstizio d’inverno e il solstizio d’estate, in 12
parti uguali.
Da ciò scaturisce e si giustificano tutte le
definizioni di ora ineguale e temporale che si
leggono nei libri di gnomonica antichi e
moderni.
Dopo il ritrovamento delle prime immagini
storiche delle ore temporarie “eclittiche”, ho
avuto una lunga corrispondenza con lo
Pag. 7
gnomonista che è certamente non solo tra i
più competenti al mondo, ma anche tra i pochi
più interessati a questo specifico argomento,
l’olandese Fer de Vries.
A dire il vero, non l’avevo interpellato su
questo argomento, ma per mostrargli il
disegno di un orologio solare del XVII secolo
in cui le linee orarie erano quanto meno
“bizzarre”, ma non certo simili a quelle
temporarie. Era l’orologio del “mezzocielo”
di Caramuel Lobkowitz, pubblicato nel
curioso libro “Solis et Artis Adulteria”, nel
1644. Immagino che quando Fer vide questo
disegno, dovette saltare dalla sedia per la
sorpresa e la felicità di vedere la prima, e
finora unica, immagine reale di un orologio
solare antico in cui vengono rappresentate le
ore ineguali di Sacrobosco. Ma dopo pochi
giorni gli inviavo una nuova immagine, di un
antico manoscritto, in cui si vedono le ore di
Sacrobosco disegnate a penna sul timpano di
un astrolabio. Per qualche attimo avemmo
l’impressione che forse questo sistema non
fosse proprio una rarità presso gli antichi, ma
eravamo ben consapevoli del contrario. Il 28
novembre conclusi la triade con una
bellissima immagine di un astrolabio per le
ore di Sacrobosco fatto da Fineo di cui
parleremo tra poco.
A quel punto emerse naturale un problema
che finora non c’era. Come denominare
questo “nuovo” sistema orario per
distinguerlo da tutti gli altri e non creare
confusione? Io e Fer decidemmo che “ore
ineguali eclittiche di Sacrobosco” era una
definizione che poteva andar bene. Così, oggi,
credo che dire “ore ineguali di Sacrobosco”,
sia interessante e sufficiente per distinguere le
vere ore ineguali, temporarie, computate
sull’Eclittica, da quelle pure “ineguali”, ma
usate normalmente in gnomonica e computate
invece sull’equatore. Ma c’è dell’altro. Da
sempre le ore ineguali sono anche state
appellate “ore Planetarie”, tanto che nel
Rinascimento i due termini furono fusi ad
indicare entrambi uno stesso sistema di ore, le
ineguali. Ma vediamo le differenza e lo
facciamo interrogando per primo il Fineo che
nella sua Cosmographia riporta12:
12
Traduzione e testo da “Nicelli Alberto, I veri orologi
ad ore ineguali (…secondo Oronzio Fineo), Atti del
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
“poiché sono due i circoli massimi della
sfera celeste cui si riferiscono i modi
osservabili del cielo, l’Equatore e
l’Eclittica, ne consegue che sono
fondamentalmente due i tipi di ore che
si possono prendere in considerazione:
quelle uguali, misurate dall’ascensione
sull’orizzonte di archi di Equatore
multipli di quindici gradi, che avviene
con moto uniforme, e quelle ineguali,
riferite all’ascensione sull’orizzonte di
uguali archi di Eclittica, che è
irregolare. Il giorno e la notte,
qualunque sia la loro rispettiva durata,
sono sempre suddivisi in dodici ore
ineguali, perché l’Eclittica e l’orizzonte
sono due cerchi massimi e si dividono
reciprocamente a metà, quindi dal
sorgere fino al tramonto del Sole,
sull’orizzonte si leva sempre metà
dell’Eclittica, ovvero dodici archi di
quindici gradi, e durante la notte l’altra
metà. Le ore ineguali sono sempre
diverse l’una dall’altra, sia di giorno
che di notte, e la loro ineguaglianza
aumenta con la latitudine”.
Fineo è stato con Pietro Apiano, l’autore che
più ha scritto su questo problema e l’ha fatto a
volte con toni rilassati, come in questo caso,
altre volte con toni polemici ed aspri contro
chiunque la pensasse diversamente. Possiamo
capire quanto egli avesse ragione nelle sue
argomentazioni, ma anche quanto poco esse
potessero adattarsi al quotidiano costume
della misura del tempo tra gli uomini di
scienza ma anche, e soprattutto, tra la
popolazione normale. Pensiamo, come detto
prima, alla difficoltà di fabbricare orologi
solari portatili e anche murali, in cui le ore
ineguali non siano quelle comunemente
conosciute, ma quelle descritte da Fineo!
Il problema che le ore “Planetarie” fossero
denominate, ed utilizzate da tutti come “ore
ineguali”, era un fatto che Fineo non poteva
sopportare. Ed aveva ragione, soprattutto se si
considera quanto lui stesso diceva e cioè che
gli astronomi antichi usavano le ore ineguali
XII Seminario Nazionale di Gnomonica, Rocca di
Papa, Ottobre 2003
Pag. 8
negli orologi solari per indicare le ore in cui
essi credevano che i pianeti esercitassero delle
influenze sull’uomo, ovvero che avessero un
dominio sulle attività e sullo stato di salute
degli uomini, secondo quanto avevano
insegnato gli antichi astronomi Babilonesi ed
Egizi. Era questo il vero motivo per cui le ore
ineguali vennero in seguito denominate
“Planetarie”. E ciò è tanto più vero, quanto si
considera che le “vere” ore ineguali, cioè
quelle di Sacrobosco, sono computate
sull’Eclittica dove appunto si muovono i
pianeti e dove, quindi, è logico e più giusto
che siano relazionate le ore Planetarie agli
influssi dei pianeti.
A mio parere, la disputa di oggi sulle ore
Planetarie è solo un retaggio della tradizione
rinascimentale. Io penso che le ore Planetarie
usate dagli gnomonisti negli orologi solari,
sono – per noi moderni - esclusivamente un
abbellimento grafico che indica l’antica
tradizione astrologica degli influssi che
ciascun pianeta avrebbe, in ciascuna ora di
ciascun giorno della settimana, sul corpo e
nelle vicende quotidiane dell’uomo. Queste
indicazioni sono graficamente indicate da una
“Tavola dei Reggenti”, più comunemente
detta “Tavola Planetaria”, e “gnomonicamente”
dall’associazione grafica del
simbolo dei pianeti alle classiche ore ineguali,
adottate come linee rette, negli orologi solari.
E’ una tradizione e basta. Ma non dimentichiamo che almeno fino al XVII secolo, anche
uomini di scienza, matematici, astronomi,
naturalisti, astrologi, e via dicendo, erano figli
del sapere antico e credevano pienamente
negli influssi degli astri sulle vicende umane e
sulla salute di ogni uomo. Se vogliamo, esse
possono essere considerate sbagliate, ma nella
tradizione gnomonica si è iniziato e continuato sempre ad indicarle in quel modo, così
le linee orarie ineguali, nonostante queste
precisazioni, sono rimaste nella pratica delle
linee orarie computate sull’Equatore e quindi
rette.
Se si volesse, oggi, sarebbe possibile fare
un’opera dal titolo “Gnomonica Emendata” in
cui tra le altre cose, si potrebbe emendare
questo strano e grossolano errore teorico
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
scelto forse a beneficio della pratica della
misurazione del tempo.
La storia delle ore ineguali di Sacrobosco,
pare che inizi già prima dell’era Cristiana, con
Marco Manilio di cui Nicelli dice che ne tratta
ampiamente nel suo Poeticon Astronomicon,
per poi perdersi per tutto l’arco dell’Alto
Medioevo e ricominciare con Guglielmo de
Conches e Michele Scoto nel XII-XIII secolo,
per arrivare finalmente al “De Sphera” di
Giovanni di Sacrobosco.
Pag. 9
E proprio in onore del grande filosofo, riporto
qui il breve passo in cui riprende l’antica
definizione di ore ineguali nella dotta
versione del Commentario alla Sfera di
Cristoforo Clavio:
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Pag. 10
Nell’immagine che segue invece si legge lo stesso passo in un codice dal titolo “De Sphaera
Materialis”, che è una copia della Sfera di Sacrobosco, datata 1250 in cui si può notare che il testo è
“leggermente” alterato rispetto alle versioni postume, certamente un po’ aggiustate a proprio gusto
da traduttori e commentatori.
della
diversa
durata,
dovuta
all’obliquità stessa dell’Eclittica, che
impiega ciascun segno zodiacale a
sorgere o a tramontare. Ed è questo
tipo di ore che non sono state prese in
considerazione nella costruzione degli
orologi solari;
Il significato non cambia, perché si legge
comunque al definizione di ore naturali come
l’ascensione (o tramonto) di 15 gradi di
eclittica.
In una traduzione letterale fiorentina del XVI
secolo si legge:
“Da queste cose dette si raccoglie, che
essendo l’hora uno spatio di tempo, nel quale
la metà dun’segno si leva et nasce, in qual si
voglia giorno artificiale, parimente et nella
notte, sono 12 hore naturali”
Nel commentario di Clavio emerge una
differenza sostanziale:
le ore ineguali sono di due specie (hora vero
inaequalis duplex est):
• La prima è quella definita da
Sacrobosco come il tempo che
impiega metà di un segno zodiacale,
cioè 15 gradi di eclittica, a sorgere
(oriuntur, emergunt) sull’orizzonte o a
tramontare
(peroritur)
immediatamente a seguire il luogo del Sole. E
queste sono le ore naturali, ineguali,
temporarie, che hanno la caratteristica
specifica di essere ineguali non solo
durante l’anno a seconda della
stagione, cioè della durata del giorno e
della notte, ma ineguali tra loro stesse
(inter se inaequales) nel corso di uno
stesso giorno o della notte a causa
•
La seconda tipologia di ora ineguale è
quella che suddivide semplicemente il
12 parti uguali il giorno e la notte
artificiali. E queste sono le ore
ineguali che sono da sempre state
utilizzate nella gnomonica, ad iniziare
dagli orologi degli antichi Greci e
Romani, fino ai quadranti ed astrolabi
medievali, negli orologi solari
portatili, murali dal Rinascimento in
poi e associate, come “ore Planetarie”
al dominio dei pianeti.
La differenza fatta da Clavio è importante e
chiarisce finalmente la confusione che ha
regnato in questo argomento fino ad oggi.
Nelle Annotazioni sulla Sfera di Sacrobosco,
si legge che il giorno artificiale è definito da
Aristotele nel primo libro delle Meteore come
“la presenza del Sole sopra
il nostro
orizzonte” e la notte come “l’ombra della
Terra e l’assenza del Sole” e che la differenza
delle loro durata nelle stagioni dipende
“dall’eccesso dell’ascensione di un grado
dello Zodiaco sopra l’ascensione dell’altro
grado… Il giorno e la notte artificiali, per
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
lunghi o brevi che fossero, gli Antichi
dividevano in 12 ore” da cui è iniziato il
computo delle ore ineguali sugli orologi
solari.
La questione moderna delle ore Planetarie, se
sia più opportuno o meno associarle alle ore
ineguali computate sull’eclittica (ore di Sacrobosco) non ha, a mio parere, molto senso in
quanto in entrambi i casi esse sono
semplicemente l’indicazione non di un evento
temporale, ma di un effetto astrologico
associato ad un evento temporale: l’influsso
che può avere un determinato pianeta in una
singola ora di un certo giorno, sull’uomo e
sulle vicende del mondo, così come è stato
accettato per consuetudine di tradizione
antica. Legittimare un senso gnomonico o
astronomico alle ore “planetarie” in quanto
associate alle ore ineguali eclittiche perché i
pianeti si muovono lungo l’Eclittica, è
quantomeno azzardato, ammesso che abbia un
qualche fondamento scientifico. E’ per metà
una questione astrologica e per l’altra metà
gnomonica. Ma la seconda metà, quella
gnomonica, non corrisponde ai canoni che
sono stati seguiti da sempre nella costruzione
degli orologi solari e le indicazioni delle ore
“Planetarie” nei libri di gnomonica e sugli
orologi solari di tutte le epoche sono e restano
esclusivamente
una
pura
indicazione
astrologica e non temporale.
L’orologio gnomonico ad ore
planetarie indica le ore ineguali
intese come la suddivisione in 12
parti uguali del giorno e della
notte artificiale, come detto prima
e in associazione a queste ore,
l’influsso o il dominio che
secondo gli Antichi, i sette pianeti
hanno in ciascuna ora dei 7 giorni
della settimana e per questo vi è
associata la Tavola dei Reggenti, o
tavola Planetaria.
Pag. 11
A tal proposito vorrei evidenziare che le
“vere” ore “Planetarie”, sarebbero quelle di
cui parla l’antico astronomo-astrologo
Bethem nel suo opuscolo “De Horis
Planetarum”, di cui esistono due manoscritti e
cinque edizioni a stampa dal 1493 al 1551. Io
ho visto l’edizione del 1533 stampata a
Basilea e ho dedotto quanto segue: qui
Bethem non definisce le ore Planetarie né
come ore Naturali, né come ore Ineguali, né
come ore Temporarie, né come ore associate a
qualsiasi sistema orario. Non le definisce. Ma
in compenso le denomina “Hora Saturni”,
“Hora Jovis”, “Hora Martis”, ecc. E’ questo il
vero senso delle ore Planetarie, né gnomonico, né astronomico, ma esclusivamente
astrologico. Noi possiamo pensare che in quel
tempo fossero associate al sistema delle ore
ineguali, ma certamente non a quello delle ore
ineguali di Sacrobosco, anche se è facile
pensare ad una associazione a queste ore
perché computate sulla stessa Eclittica dove si
muovono i pianeti. Le ore Planetarie erano
usate solo dagli astrologi per stabilire gli
“Oroscopi”, le “Elezioni” e non per misurare
il tempo in ore ineguali. Da ciò si capisce la
natura puramente simbolico-astrologica delle
ore Planetarie (anche se a quel tempo ancora
ci credevano) sugli orologi solari del XVIXVII secolo.
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Pag. 12
Conclusioni:
Quanto detto è tutto per ora e per quanto
possa io aver compreso di questa questione,
sperando di non aver troppo tediato il lettore
in considerazioni e divagazioni troppo lontane
dall’argomento gnomonico.
Con il presente studio, si vuole attendere alle
seguenti conclusioni:
1) Le ore ineguali come definite da
Sacrobosco
ed
altri
autori,
sono
esattamente quelle che possiamo vedere
nello schema di Drecker e nelle immagini
dei disegni che ho scoperto nei libri di
Lobkowitz, Fineo e di Astronomia di
autore anonimo.
2) Le ore ineguali, seguendo la definizione di
Clavio, sono di due tipi: 1) ore ineguali
eclittiche come definite da Sacrobosco; 2) ore
ineguali normali computate suddividendo in
12 parti uguali la durata del giorno e della
notte artificiale, per breve o lungo che fosse
durante l’anno.
3) Le ore ineguali di Sacrobosco non sono
quindi assimilabili alle ore ineguali o
planetarie
che
vengono
normalmente
disegnate sugli orologi solari. In effetti si
tratta di due cose diverse. Per dirla alla
Maurolico, “bene disse Sacrobosco” che le
ore ineguali planetarie devono essere
computate sull’Eclittica e le loro caratteristiche principali sono:
a) 1 ora ineguale è pari alla durata
dell’ascensione sull’Orizzonte della metà (15
gradi) di un segno zodiacale lungo l’Eclittica;
b) esse hanno durata diversa a seconda
del periodo dell’anno a causa della diversa
durata dell’arco diurno e notturno;
c) esse hanno durata diversa tra loro
anche nell’arco di uno stesso giorno e notte a
causa dell’obliquità dell’Eclittica e quindi del
diverso tempo che ogni segno zodiacale
impiega nel sorgere sull’orizzonte;
4) La definizione che prevede il computo di
queste ore sull’Eclittica è relativa alle ore
Ineguali, o Naturali (come scrive appunto
Sacrobosco) e non direttamente a quelle
Planetarie cui sono state associate per
tradizione astrologica come influsso dei
pianeti sulle attività umane, anche se il fatto
che le longitudini planetarie o “nonagesimo
grado” (cioè il movimento dei pianeti che
avviene lungo l’Eclittica) ha fatto pensare che
la definizione di “ore eclittiche” sia associata
e giustificata con le ore Planetarie.
5) Le definizioni di ore ineguali computate
sull’Eclittica si trovano quasi esclusivamente in trattati di Cosmographia, della
Sfera e Computistici, mentre nei trattati di
gnomonica ed orologi solari si legge
principalmente la classica e semplice
definizione come la dodicesima parte del
giorno e della notte artificiale, lungo o breve
che sia, o addirittura ancora più ristretta come
“la dodicesima parte di un giorno qualsiasi,
breve o lungo che fosse”, riportata in una
fonte di autore molto apprezzato e studiato
come
Philip
Lansberg,
nella
sua
“Horologiographia
Plana”
del
1663.
Nemmeno Regiomontano accenna minimamente nel Kalendarium alla definizione di ore
ineguali come “eclittiche”, nella pur lunga
descrizione del suo Instrumentum Horarum
Inaequalium, definendo anche le ore
Planetarie e associandole con l’influsso dei
pianeti. E visto che ci siamo, nominiamo
anche il grande Cristoforo Clavio che in un
libro come la Gnomonices, non mette alcun
riferimento all’eclittica come definizione delle
ore ineguali, temporarie e planetarie, ma lo fa
invece nel Commentario alla Sfera di
Sacrobosco.
6) L’inapplicabilità delle ore ineguali
definite secondo Sacrobosco che è
probabilmente anche uno dei motivi principali
per cui si è sempre scelto di avere la comodità
e l’immediatezza di suddividere semplicemente in 12 parti uguali il giorno chiaro negli
orologi solari antichi computando le ore
“ineguali”
sull’Equatore
invece
che
sull’Eclittica. E’ facilmente immaginabile la
difficoltà di realizzazione e di lettura di un
tracciato, come quello che si vede nei disegni
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
che abbiamo qui riportato, su orologi solari,
soprattutto di piccole dimensioni come
quadranti, dittici, anelli, poliedri, coltelli, ecc.
7) L’inutilità delle ore “Planetarie” dal
punto di vista del computo temporale in
quanto esse sono una indicazione puramente
astrologica, associata alle ore ineguali la cui
legittimazione del nome ricevuto, legata al
moto dei pianeti sull’Eclittica, non riveste
nessuna importanza gnomonica.
Da questi sette punti si comprende facilmente
il motivo dell’insuccesso di un simile sistema
orario e di una confusione lessicale che
peraltro non ha mai compromesso la florida
attività gnomonica antica, medievale e
rinascimentale. La conclusione è quindi che i
pochi autori antichi che hanno accennato a
questa differenza, e lo stesso Sacrobosco che
da parte sua ripeteva tradizionalmente la
storia, avevano teoricamente ragione, ma una
ragione che non trovava riscontro pratico
nella quotidianità della misura del tempo. Le
ore ineguali eclittiche potevano al massimo
essere misurate con una certa precisione da
esperti astrolabisti, ma non potevano rientrare
nell’osservazione diurna sugli orologi solari
Pag. 13
dislocati per le strade e nelle piazze di Roma e
delle sue colonie, frequentate da gente umile e
non da astronomi e filosofi; non potevano
rientrare nel quotidiano computo del tempo
che avveniva attraverso le meridiane
“canoniche” ad ore ineguali sulle semplici
lapidi dei cimiteri irlandesi, nei chiostri dei
monasteri benedettini e nella bottega
dell’artigiano che costruiva ogni giorno
cilindri orari, quadranti e dittici.
Una bella teoria quella delle ore ineguali di
Sacrobosco, ma soppiantata dalla praticità
delle ore ineguali equatoriali. D’altra parte,
mille anni fa non era necessario spaccare il
secondo e i ritmi quotidiani non erano certo
quelli di una società come la nostra. A cosa
sarebbero servite quindi le ore ineguali
eclittiche? E, francamente, chi di noi oggi
vorrebbe utilizzarle al posto di un bel
cronografo da polso?
Seguono nelle pagine seguenti alcune
citazioni che sono riuscito a reperire nei testi
antichi e anche moderni sulle ore Planetarie
sulle ore ineguali.
Nicola Severino, Dicembre 2008
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Pag. 14
A sinistra una pagina del Commentario alla Sfera di Sacrobosco di Cristoforo Clavio; a destra il
frontespizio del De Mundi Sphaera di Oronzio Fineo. Nei dettagli si vedono alcuni strumenti
astrolabici e gnomonici.
CITAZIONI DELLE ORE INEGUALI ECLITTICHE NELLA STORIA
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Pag. 15
ORONZIO FINEO. De Duodecim caeli domiciliis…
Qui sotto: lo strumento astrolabio ideato da Oronzio Fineo in cui sono rappresentate le ore ineguali
eclittiche.
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Pag. 16
Una nuova scoperta importante:
IL PRIMO LIBRO SPECIFICO SULLE ORE PLANETARIE ECLITTICHE DI SACROBOSCO
Verso la metà di dicembre 2008, ho avuto la fortuna, dopo giorni di ricerche, di imbattermi in un
testo dal titolo davvero strano “Horologium Zodiacale”. Il libro è del primo quarto del XVII secolo
ed è, a mio credere, un caso forse unico nella pur vasta bibliografia astronomica e calendaristica. Il
termine “zodiacale” nel titolo ha attratto la mia attenzione proprio mentre mi occupavo di queste ore
planetarie eclittiche ed ho pensato, così, di darci un’occhiata. Il libro fu scritto da Eliam
Crätschmairum e il titolo completo è “Horologium Zodiacale, sive Tabulae perpetuae, justam et
veram singularum horarum planetarium quantitatem per totum annum complectentes..etc.”,
pubblicato a Breslau nel 1626. Rimango stupefatto al pensiero che potrei aver trovato un rarissimo
libro in cui sono riportate tavole della vera quantità delle ore planetarie eclittiche, sarebbe il primo,
anzi no, l’unico nella storia fino ad oggi di cui non si sospettava nemmeno l’esistenza. Lo sfoglio e
la prima delusione è quella di non trovar alcuna immagine riconducibile alle ore Planetarie di
Sacrobosco, come quelle di Lobkowitz o dei timpani astrolabici. Solo alcune figure geometriche
rappresentati i circoli della sfera, lo zodiaco, l’eclittica ecc., e un testo di antico tedesco intercalato
continuamente da riferimenti latini. E proprio questi brevi riferimenti mi chiariscono che il libro
tratta proprio delle ore planetarie eclittiche. Non reggo al piacere di condividere immediatamente la
scoperta con Fer de Vries che intanto mi ha dato già tante soddisfazioni nel vivere insieme le
precedenti scoperte. Subito ricevo delle positive risposte e, nel giro di qualche giorno, la conferma
suffragata dalla comparazione dei dati riportati nel libro antico con quelli ottenuti da Fer al suo
computer. Il 17 dicembre 2008 così, entusiasta, mi rispondeva:
Hi Nicola,
The first results of my experiments are very
good. First I drew an astrolabe for 50 degrees
48 minutes, in decimal this is 50.8 degrees,
with the planetary hours for lengthening and
shortening days.
For 0 degrees Aries and lengthening days I
drew the regula positions for the day hours and
the night hours.
If I now read the times of the 24 hours. The
answers are within one or two minutes with the
values in the tables. This result is very, very
good I think.
For 0 degrees Libra and shortening days I did
the same and also the values in the table agree
with my values. I still want to do this with 0
degrees Cancer and Capricornus but that has
to wait a little.
Until now I am very pleased with the results.
Best wishes, Fer.
Era la conferma alla mia nuova scoperta: il primo libro della storia specifico sulle ore ineguali e
Planetarie di Sacrobosco con le prime tabelle in assoluto della vera quantità delle ore planetarie
calcolate per tutto l’anno alla altitudine di 50 gradi e 48 minuti e, probabilmente con le tavole di
conversione in ore e minuti equatoriali. Un libro probabilmente pensato più ad uso per Maghi,
Astrologi ed altri personaggi simili (come si legge nell’intestazione del libro) che per astronomi,
gnomonisti e costruttori di orologi solari (ciò dimostra ancora una volta la mia tesi che le ore
planetarie eclittiche non furono mai pensate e prese in considerazione per l’uso in gnomonica), ma
che nulla toglie all’importanza del ritrovamento che costituisce in se stesso un caso più unico che
raro.
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Pag. 17
Una più dettagliata analisi su questo libro è in corso da parte di Fer de Vries e potrà essere letta nel
suo articolo inglese, tradotto in italiano da Marisa Addomine e pubblicato su questo sito.
Qui sotto: due pagine dal libro “Horologium Zodiacale”.
Qui sopra è lo schema grafico ottenuto al computer da Fer de Vries, calcolato in base alla latitudine
di 50 gradi e 48 minuti, come nel libro “Horologium Zodiacale”. Se si comparano I valori delle ore
Planetarie eclittiche in questo schema, si vede che esse hanno un’ottima coincidenza con quelle
riportate nelle tabelle del libro che si vedono qui sotto.
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Pag. 18
Tra le più antiche testimonianze medievali delle ore Planetarie Eclittiche, vi è certamente quella
dell’astronomo arabo Al-Biruni che nel 1029 scrisse un importante trattato sull’astrologia
giudiziaria, dal titolo “L’arte dell’Astrologia”, di cui nel 1934 Ramway Wright curò un’edizione
inglese, traducendo dal più affidabile manoscritto pervenutoci, l’OR. 8349, conservato al British
Museum di Londra. Da qui una traduzione italiana è stata curata recentemente da Giuseppe Bezza
per la Mimesia edizioni.
E’ appunto in questo libro che a pag. 77 leggiamo il par. 71 (448) del manoscritto di Al-Biruni in
cui è riportato il seguente importante passo: “La metà di un segno è chiamata dagli Indù “Hora”.
E’ la prima metà di un segno maschile è assegnata al Sole, la seconda alla Luna”, da cui si evince
che le ore temporarie erano in uso presso il popolo indù nella forma astrologicamente corretta (ma
probabilmente anche nell’uso della vita civile quotidiana) delle ore Planetarie Eclittiche, come
definite da Sacrobosco alcuni secoli dopo. Nello stesso libro, al par. 40 (390) apprendiamo una
conferma della notizia data sopra dell’uso di distinguere sul quadrante dell’orologio le ore
“mascoline” e le ore “feminae”:
“Alcuni poi ritengono che, tra le 24 ore, le dispari sono maschili e le pari femminili”.
In un codice di autore anonimo e pubblicato a Venezia da Paganinus de Paganinis tra il 1497 e il
1498, dal titolo Astrolabii quo Primi Mobilis motus deprehendentur Canones, si legge una bella
definizione di ore ineguali eclittiche facendo un ottimo discernimento con quelle equinoziali
naturali, il passo è riportato qui sotto in originale:
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Pag. 19
Le ore Temporali eclittiche testimoniate nella disputa delle Case Celesti
Una delle ragioni per cui le ore ineguali, o temporali, o temporarie, ecc., furono confuse e
denominate in seguito anche “planetarie”, può essere certamente derivata dal fatto che nel
Medioevo si sviluppò una forte diatriba relativa alla scelta delle posizioni delle cosiddette “Case
Celesti” sulla sfera celeste. Una questione all’epoca tra l’astrologia giudiziaria e l’astronomia, a cui
prendevano parte, litigando di brutto, filosofi, matematici, maghi, astrologi e astronomi di fama. La
disputa ebbe epilogo con un gran botto finale da parte di Oronzio Fineo, nel suo libro sulle case
celesti di cui abbiamo parlato prima. Non entriamo nel merito dell’argomento che è puramente
astrologico e mirato alla formazione degli “Oroscopi”, ma indirettamente le citazioni in proposito ci
offrono preziose testimonianze dell’uso delle ore ineguali, come ore temporali, computate
sull’Eclittica per le attività astrologiche. A tal proposito, ricordo l’articolo di Alessandro Gunella,
Un libro si Oronzio Fineo astrologo ed una polemica sulla suddivisione delle case celesti e sulle
ore ineguali (si veda la bibliografia) e, soprattutto, un sito web:
(http://www.cieloeterra.it/articoli.cablais/cablais.html)
In cui si possono leggere diversi riferimenti relativi all’uso delle ore Temporali computate
sull’Eclittica. Tra gli autori si menzionano Placido Titi, Ephemerides exactissime caelestium
motuum ad longitudinem Almae Urbis et Tychonis Brahe Hypotheses...ab anno 1641 ad annum
1700, Lugduni 1677, e gli astronomi arabi Abraham Ibn 'Ezra, Le livre des fondements
astrologiques, al-Khwârizmî, al-Zarqalî, ecc. (per una bibliografia approfondita su questo
argomento si veda quella del sito citato sopra).
Qui riportiamo solo i seguenti passi, dove è chiaramente evidente l’associazione delle ore
temporarie computate sull’Eclittica:
Si arcum hore temporalis invenerunt ante
gradum
orientem
in
tabula
terre,
multiplicaveris per 6, tantum producetur
quante sunt ascensiones circuli recti a gradu
medii celi usque ad orientem. Quod si
multiplicaveris per 6 arcum hore temporalis
inventum ante gradum medii celi, productum
equabitur ascensionibus gradus medii celi
usque ad orientem in tabula terre. 1.
Secundum hoc differentia que est a principio
10me domus ad principium 11me in tabula
circuli recti, erit duarum horarum
temporalium secundum horas temporales
gradus principii 11me,
Se trovi l'arco delle ore temporali che
precedono il grado dell'oriente nella tavola
delle ascensioni oblique e se moltiplichi per
sei dette ore temporali, otterrai la quantità
delle ascensioni rette dal grado del medio
cielo fino all'oriente. Se invece avrai
moltiplicato per sei la quantità dell'ora
temporale che precede il grado del medio
cielo, il prodotto sarà pari alle ascensioni del
grado del medio cielo fino all'oriente secondo
la tavola delle ascensioni oblique.
E ancora: ….Ibn 'Ezra risolve elegantemente la questione della differenza ascensionale affermando,
da un lato, che la differenza in tempi di A.R. tra l'angolo del Medio cielo e l'angolo d'oriente è pari
a sei ore temporali diurne del grado d'oriente….
Ripetiamo le parole del Titi: «Altri determinano le cuspidi delle case mediante doppie ore temporali
assunte nello zodiaco, in modo tale che il grado zodiacale che dista dall'orizzonte due ore
temporali si trovi alla (cuspide della) dodicesima casa, quello che ne dista quattro alla (cuspide
della) undicesima, ecc. In seguito da questi punti descrivono circoli di posizione che passano per i
punti di intersezione dell'orizzonte e del meridiano. Quale sia poi il fondamento di questi circoli di
posizione, confesso di non comprendere»
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Pag. 20
Paolo di Alessandria
Un’altra interessante citazione la leggiamo nel glossario di un certo Paolo di Alessandria, forse il
Paolo Alessandrino vissuto nel IV secolo d.C.
zôdion, signum. Secondo un uso non infrequente nell'astrologia greca, Paolo impiega spesso il
termine sia nell'accezione di segno, sia in quella di topos, luogo, soprattutto nella descrizione dei
dodici luoghi (cap. 24; riguardo a simili usi cfr. per es. i giudizi sui dodici luoghi di Retorio, CCAG
VIII/4, pagg. 126-174 e la trad. in G. Bezza, Arcana Mundi, Milano 1995, pagg. 234-282). Ancora,
ove Paolo espone il computo del grado che sorge (oroscopo) o che culmina (capp. 29, 30), usa
un'espressione che, quantunque bene attestata, appare in sé assurda: calcolate le ore dal sorgere del
Sole e moltiplicate per le ore temporali del Sole medesimo, si riporta il prodotto dal segno in cui è il
Sole, «dando a ciascun segno 30 gradi e nel segno in cui ti rimarrà un numero minore di 30, lì dirai
che si trova l'oroscopo» (cap. 29). Questa stessa espressione la ritroviamo nel cap. 22 (sui
dodicesimi) e nel cap. 23 (sulle sorti). Su questa difficoltà già si era espresso lo Scaliger: o i segni
devono essere considerati in due modi, l'uno sull'eclittica, l'altro sull'equatore o ancora, se si deve
ritrovare l'oroscopo sull'eclittica, le ore temporali devono essere convertite in equinoziali (M.
Manilii Astronomicon libri quinque Iosephus Scaliger recensuit..., Heidelbergae 1590, pag. 275).
Una grande testimonianza: Giovanni Keplero
Tra le tante citazioni che ho trovato, c’è anche quella del grande astronomo Giovanni Keplero.
Nella sua opera “Epitome Astronomiae Copernicanae”, pubblicata a Francoforte nel 1635, egli
riporta un capitolo sulla “Doctrina Sphaerica”, dove a pag. 203 riporta testualmente:
Alij, quibus ratio ista operosa videtur, contendunt, magis esse
consentaneum, naturam sequi in hac inaequalitate, & omnium plane dierum
totius anni horis inter sese inaequales statuere, sic ut ascensio obliqua
cuijusque dimidij signi in Eclipticam seu graduum 15 à loco Solis initio
facto metiatur unam horam temporalem: qua ratione in aequinoctio vernali
brevissimae essent horae circumstantes ortum; longissimae, quae
circumstant occasum; essetque inaequalitas horarum per diei partes
ambulatoria, annuo circuitu.
Cordari vero Astrologi, qui naturae etiam respectum habent, haec dominia
Planetarum aspernantur; itaque & distributionum harum subtilitatem,
ociosam esse censent.
In cui concorda pienamente quanto scritto da Sacrobosco sulle ore ineguali, confermando inoltre
che l’ora temporale, suo sinonimo, è misurata13 come ascensione sull’orizzonte di mezzo segno
zodiacale di eclittica. E’ strano che alla fine accusi gli astrologi e i “cordari” che pur avendo rispetto
per la natura, sembra che deridano queste ore soggette al dominio dei pianeti. Sarebbe una rara e
curiosa testimonianza di Astrologi che non credono in ciò che fanno!
13
secondo “altri”, qui dovrebbe riferirsi appunto alla Sfera di Sacrobosco e a quanti hanno seguito, come Fineo,
Apiano, ecc., tale dottrina, ma Keplero non fa alcuna citazione esplicita.
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Pag. 21
Johannes Caramuel Lobkowitz, Solis et Artis Adulteria, 1644
E’ stata la mia prima scoperta, nel 2007. Ho tenuto nel cassetto il libretto in attesa di momenti
propizi per raccontarne in contenuto e solo nell’autunno del 2008 è emersa la sorpresa dell’orologio
del “nonagesimo grado” con l’ora Sesta ineguale come definita da Sacrobosco. Lobkowitz descrive
questo orologio come un esempio di “adulterazione gnomonica”, uno strumento curioso, insieme
agli altri descritti nel suo libro, e non certo come esempio di vero orologio ad ore ineguali o
planetarie per le quali egli usa le stesse parole di tutti gli gnomonisti, cioè che sono ore (in questo
caso ineguali) associate al dominio dei pianeti durante tutto il giorno e nella settimana.
Una descrizione approfondita del libro di Lobkowitz è possibile leggerla nell’articolo che ho
pubblicato in contemporanea sul sito www.nicolaseverino.it .
Orologio del “Mezzocielo” di Lobkowitz e la tabella numerica delle ore ivi riportate
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Pag. 22
Anonimo, Astronomiche Zeichnungen, 1508
La figura che segue è di straordinaria importanza in quanto è la più rappresentativa e la più antica
delle immagini ritrovate in cui sono rappresentate le ore ineguali eclittiche. La didascalia originale
parla di “figura delle case celesti”: “Figuratio domorum per regulam qua medietas signi peroritur”.
L’immagine si trova in un manoscritto di astronomia che in pratica una collezione di metodi di
proiezione, strumenti astrolabici e gnomonici di autore anonimo pubblicato in Germania tra il 1508
e il 1520. Il disegno è stato verificato da Fer de Vries con una ottima rispondenza grafica e
numerica.
Nicola Severino, Le prime immagini delle Ore Planetarie secondo Giovanni di Sacrobosco
Pag. 23
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trattato datato sugli astrolabi di cui queste notae sono una addenda.
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Fineo Orontio, De Mundi Sphera, sive Cosmographia, Lutetiae, 1555
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Basilea, 1569
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January 2008