LA VISIONE INTRODUZIONE La luce solare non solo riscalda l'ambiente e fornisce energia per la fotosintesi ma costituisce per gli organismi una fonte di informazioni su quanto avviene intorno a loro. La capacità di utilizzare tali informazioni costituisce un forte vantaggio, cosicchè l'evoluzione ha portato alla comparsa di strutture sempre più sofisticate per la percezione degli stimoli luminosi e la loro analisi. Alla base di ogni organo visivo vi è una cellula recettoriale che trasforma l'energia luminosa in segnali elettrici. Il meccanismo di trasduzione è molto simile in tutti gli organismi, ed è costituito dalla presenza di una proteina associata ad un fotopigmento. La luce colpisce il fotopigmento e ne modifica la conformazione; questo causa una modifica della conformazione della proteina, che genera un segnale elettrico. A partire da questo meccanismo si sono sviluppate le strutture visive dei vari organismi, ed il relativo sistema di analisi delle informazioni visive. LA LUCE La luce è una forma di energia avente le caratteristiche sia di un’onda elettromagnetica sia di un fenomeno discreto (il fotone). Una caratteristica della luce è la sua lunghezza d’onda : la luce visibile ha una variabile tra i 400 nm (violetto) ed i 650 nm (rosso), le degli altri colori essendo comprese tra questi 2 estremi (Fig. 1). L’ultravioletto e l’infrarosso hanno, rispettivamente, una di circa 350 nm e di 750 nm. Minore è , maggiore è l’energia dell’onda e la sua tossicità. Fig. 1. Lunghezza d’onda di varie forme di radiazioni elettromagnetiche. Sono indicati in basso i colori associati all’intervallo 400 nm-700nm. Il blu ha una intorno ai 450 nm, il verde 540 nm, il rosso 650 nm. LA STRUTTURA DELL’OCCHIO DEI MAMMIFERI. La struttura dell'occhio è simile in tutti i mammiferi. E' un organo di forma globulare che alloggia nella cavità orbitaria del cranio (Fig. 2). Retina Nervo ottico Corpo vitreo Sclera Cristallino Iride Cornea Sclera Vasi Iride, coperto sanguigni dalla cornea. Al centro si trova la pupilla. Fovea Muscoli ciliari Fig. 2. Struttura dell'occhio dei mammiferi L'occhio è ricoperto esternamente dalla sclera, uno strato bianco di natura connettivale, non trasparente, che nella parte anteriore diventa cornea, un disco trasparente. Dietro la cornea troviamo l’iride, un disco colorato con al centro un foro, la pupilla (questa permette l’ingresso della luce nell’occhio). Dietro la pupilla abbiamo il cristallino, una lente biconvessa dotata di una certa elasticità che consente ai muscoli ciliari di modularne la curvatura. L’interno dell’occhio è riempito dall’umor vitreo, un materiale trasparente. Attraversato il vitreo, troviamo la retina, una lamina contenente i fotorecettori ed altre cellule di natura nervosa deputata alla trasduzione e ad una prima elaborazione dei segnali luminosi. Una piccola area della retina, detta fovea, presenta la massima risoluzione visiva. Dalla parte posteriore esce il nervo ottico, che porta i segnali al SN: questa zona è priva di fotorecettori. La presenza di almeno due occhi è un ovvio vantaggio funzionale al quale l'evoluzione non ha voluto rinunciare. Avendo due occhi, il danno causato dalla perdita di un occhio è limitato; inoltre due occhi possono valutare un più ampo campo visivo o, qualora i campi siano in parte sovrapposti, consentono una migliore valutazione della profondità del campo visivo. LA FORMAZIONE DELL’IMMAGINE SULLA RETINA DEI MAMMIFERI I raggi luminosi, provenienti dall’esterno dell’occhio (usualmente dall’aria) vengono focalizzati sulla retina, formano un'immagine invertita (Fig.3). A B Fig. 3. A, i raggi luminosi emessi dalla freccia AB sono focalizzati sulla retina, dove l'immagine viene invertita.(O= occhio; V=: angolo visuale) B, i raggi provenienti da oggetti lontano almeno 6 m vengono focalizzati sulla retina senza l'intervento dei muscoli ciliari; se gli oggetti sono più vicini è necessario che i muscoli ciliari si contraggano, aumentando il potere di convergenza del cristallino. Un’immagine a distanza superiore a 6 m viene focalizzata senza l’intervento dei muscoli ciliari. Se la distanza è inferiore, i muscoli ciliari si contraggono ed il corpo ciliare modifica la sua forma, diminuendo la tensione distendente sul cristallino. Questo aumenta il suo raggio di curvatura esattamente di quanto necessario a focalizzare l’immagine sulla retina, un processo detto accomodazione (Fig. 3, B). Nella presbiopia il cristallino perde elasticità, per cui manca l'accomodazione. Anche il diametro della pupilla è modificabile, in funzione dell’intensità della luce che raggiunge la retina. LA STRUTTURA DELL'OCCHIO NEI DIFFERENTI ORGANISMI Proteine sensibili alla luce sono presenti sin negli organismi unicellulari. In Euglena, un protista, troviamo una macula fotorecettrice che permette all'animale di spostarsi verso la luce, per poter compiere la fotosintesi. La struttura che consente la visione può consistere in una semplice area cutanea contenente i fotorecettori o in una struttura complessa come l'occhio dei mammiferi. In Fig.4 sono schematizzate le strutture visive presenti in differenti organismi. Fig. 4. a) La struttura visiva denominata macchia oculare, consiste in un'area cutanea leggermente infossata (pit eye) contenente i fotorecettori connessi alle fibre nervose. b) I recettori sono posizionati in una invaginazione della cute. Questo consente una percezione, limitata, della direzione da cui proviene la luce. c) La diminuzione dell'area di ingresso dei raggi luminosi aumenta la sensibilità direzionale e consente la formazione di una immagine di bassa qualità (sfuocata). d) La cavità oculare viene riempita di una sostanza trasparente (l'umor vitreo) che separa l'ambiente esterno dall'ambiente extracellulare dei fotorecettori. La retina è una struttura complessa che comprende i fotorecettori. e) Si sviluppa una lente, che consente di formare immagini meno sfuocate. f) Si sviluppa un meccanismo di controllo della convessità della lente, che consente la formazioni di immagini non sfuocate e dell'iride, che modula l'area di ingresso dei raggi luminosi. Nei cefalopodi non si modifica la convessità della lente ma la sua distanza dalla retina. Per alcune strutture visive è impossibile fornire un'immagine del mondo esterno. In Fig. 4a si può osservare che nel caso delle macchie oculari, costituite da recettori superficiale con una vasta area di entrata dei raggi luminosi (A) , un singolo recettore viene attivato da raggi luminosi provenienti da diverse posizioni. E' impossibile formare un'immagine e questo semplice occhio può dare unicamente informazioni sul livello generale di luminosità e sul movimento di oggetti. Le macchie oculari sono presenti, per esempio, nelle planarie (Fig. 5), nelle meduse e nelle stelle di mare. Fig. 5. In Planaria i recettori visivi sono contenuti in un infossamento dell'epidermide. Se l'apertura si restringe (Fig. 4, B e C; Fig 6, a, b) il singolo recettore riceve i raggi unicamente da punti spazialmente vicini, consentendo la formazione di immagini semplificate; la struttura in C è detta occhio stenoscopico. Al fine di ampliare il campo visivo è però necessario poter muovere la struttura visiva. La presenza di una o più lenti (Fig. 4, E ed F; Fig. 6, c, d, e), consente di focalizzare i raggi luminosi, cioè di inviare tutti i raggi provenienti da una sorgente puntiforme sullo stesso recettore, consentendo una riproduzione dell'immagine. Maggiori sono le informazioni fornite dalla struttura recettoriale, più sviluppato dovrà naturalmente essere il sistema nervoso che analizza l'immagine. Fig. 6. Struttura di diversi tipi di organi visivi e bersaglio recettoriale dei raggi luminosi. L'OCCHIO DEI CEFALOPODI In Octopus (Fig. 7), la struttura dell'occhio è simile a quello dei Vertebrati (vedi la figura 2). La messa a fuoco avviene però spostando la lente, non modificandone la curvatura, e i fotorecettori ricevono la luce senza che questa sia schermata da altre cellule. Fig. 7. L’occhio di Octopus. L'OCCHIO DEI PESCI L'occhio dei pesci è simile a quello dei vertebrati terrestri. Solo gli elasmobranchi (come gli squali e le razza) hanno un'iride. I pesci possono essere sensibili all'ultravioletto ed alla luce polarizzata, ma non sono sensibili alla luce rossa, che viene assorbita dall'acqua e scompare già a poche decine di metri di profondità. Alcuni pesci piatti si nascondono nella sabbia ma possono ugualmente osservare l'ambiente avendo occhi sopraelevati (Fig. 8). Fig. 8. Vedi testo. La struttura dell’occhio dei teleostei è rappresentata in Fig. 9. A B Fig. 9. A, struttura dell’occhio dei teleostei. B, in presenza di una forte intensità luminosa, lo strato pigmentoso si espande, schermando i bastoncelli dai raggi luminosi ed eliminando la riflessione dei raggi luminosi da parte dei cristalli di guanina. Il pesce “quattrocchi”, che nuota a pelo d’acqua, ha due retine, per poter focalizzare immagini provenienti dall’aria o dall’acqua (Fig. 10). Fig. 10. Il pesce “quattrocchi” ha occhi con due retine. Anche gli uccelli che si nutrono di pesci, quale il “Martin pescatore” hanno problemi di messa a fuoco in ambienti con differenti indice di rifrazione, superati con una deformazione del cristallino, il lenticorno (Fig. 11). Fig. 11. Il lenticorno del “Martin Pescatore”. L’OCCHIO COMPOSTO L'occhio composto è presente negli artropodi (ed in alcuni anellidi e molluschi) ed è formato da numerose unità (anche migliaia) dette ommatidi. L'ommatidio si presenta come un elemento prismatico delimitato esternamente da una cornea e da un cristallino (Fig. 12). A B Cornea Cristallino Fig. 12. A) Superficie esterna dell'occhio composto di un lepidottero. B) Struttura dell'ommatidio. Non è indicato il rabdomero. Cellule retinulari Dendrite della cellula eccentrica L'ommatidio contiene le cellule retinulari, che proiettano verso la parte centrale numerosissimi microvilli, che formano il rabdomero. Le cellule retinulari circondano, come fossero spicchi di arancia, il neurite della cellula eccentrica, da cui si diparte l'assone afferente (Fig. 13A). A B Nervo ottico C Fig. 13. Vedi testo. La luce colpisce il rabdomero, contenete il pigmento fotosensibile. Questo attiva una proteina G, che causa l'apertura di canali cationici che depolarizzano la cellula retinulare (Fig. 13C). Tramite gap junction, la depolarizzazione si propaga alla cellula eccentrica, provocando una scarica di potenziali d'azione (Fig. 8C). Da ciascun ommatidio si diparte poi un assone che forma il nervo ottico (Fig. 13B). Negli insetti diurni ogni ommatidio riceve la luce da una specifica parte del campo visivo, generando un pixel che lo descrive; l'immagine verrà poi ricostruita dal sistema nervoso. Negli insetti notturni gli ommatidi ricevono la luce da una porzione più ampia del campo visivo; diminuisce così la risoluzione (i pixel sono meno numerosi) ma aumenta la sensibilità. Alcuni artropodi sono anche in grado di valutare l'eventuale polarizzazione della luce. L’occhio composto del Limulus ha una struttura simile a quello dei Lepidotteri (Fig. 14). Fig. 14. L’occhio composto del Limulus. Un meccanismo circadiano causa un cambio di struttura del rabdomero, aumentandone notevolmente la sensibilità al buio (Fig. 15). Fig. 15. Il limulus aumenta la sensibilità dell’ommatidio durante la visione notturna. LA FOTOTRASDUZIONE Nei fotorecettori dei mammiferi (i coni ed i bastoncelli) la luce attiva una proteina G che iperpolarizza i recettori (Fig. 16). Fig. 16. La fototrasduzione. Questo segnale viene codificato ed analizzato già a livello della retina. I bastoncelli hanno maggiore sensibilità, e consentono la visione notturna (visione scotopica); i coni hanno minore sensibilità e sono attivi nella visione diurna (visione fotopica). I coni sono anche responsabili della visione a colori, poichè un cono può avere uno di tre differenti fotopigmenti, aventi un massimo di assorbimento luminoso a tre diverse lunghezze d’onda (rosso, blu e giallo). Alcuni difetti genetici impediscono una corretta percezione dei colori (il daltonismo è uno tra questi difetti), usualmente evidenziata tramite le tavole di Ishiara (Fig. 17). Fig. 17. Esempio di tavole di Ishiara. A sinistra, la persona normale legge 74, se cieca al rossoverde (daltonismo) legge 21. Al centro, la persona normale legge 29, se cieca al rosso-verde è incapace di distinguere il numero. A destra, la persona normale legge 42, se cieca al rosso legge 2, se cieca al verde legge 4. COMPROMESSO PROGETTUALE Nella retina osserviamo l’usuale strategia del compromesso "progettuale" utilizzata dal processo evolutivo: sarebbe utile possedere una retina che, nella sua totalità, avesse un vasto campo visivo, la capacità discriminativa della fovea, la capacità di valutare i colori dei coni, la sensibilità dei bastoncelli, ma sarebbe molto costoso in termini di spazio, consumo energetico e complessità del sistema di controllo (accanto a questa super retina sarebbe necessario un super sistema nervoso). Queste caratteristiche sono presenti in differenti porzioni della retina, della quale solo una piccola superficie ha elevate proprietà discriminative spaziali e cromatiche, che richiedono un complesso sistema di analisi e controllo. Di fatto, vediamo (inconsciamente) con la retina e guardiamo (coscientemente) con la fovea. Se qualcosa di “interessante” compare nel nostro campo visivo (qualcosa che si muova o che sia particolarmente più luminoso o più scuro del background), insorge un’attività motoria riflessa che pilota l’occhio in modo che la fovea punti verso l’evento.