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Intervista al Dott. Cataldo Nicodemo Scilanga sul tema: “Emozioni e Gastronterologia”
A cura di Daniela Cavallini
Daniela Cavallini:
Caro Dott. Scilanga, grazie per essere ancora una volta disponibile ad offrire preziosi consigli ai Lettori della
mia rubrica.
Dott. Cataldo Nicodemo Scilanga:
E’ prassi rispondere “Grazie a Lei per l’invito”, ma posso aggiungere che non avevo scelta?
Daniela Cavallini:
Certo che sì, ma gli affezionati lettori sono felici di leggerLa e quindi sono dalla mia parte. Bentornato,
dunque, con la Sua proverbiale ironia, Dott. Scilanga. Ed ora, eccomi pronta con la prima domanda. Che
cosa significa che le nostre emozioni influiscono sull’apparato gastroenterico?
Dott. Cataldo Nicodemo Scilanga:
Cara Daniela, la sua domanda implica il fatto che stiamo parlando di emozioni negative e quindi
stressogene; proprio per questo vale la pena di fare una breve premessa, per chiarezza espositiva, sullo
stress e le sue generali ripercussioni sull’essere umano (vedi il mio libro “ L’IPNOSI IN MEDICINA E
PSICOTERAPIA Ed. Piccin)
Lo stress è una risposta biologicamente programmata in tutti gli esseri viventi e costituisce un aspetto
fondamentale dell’esistenza. Tutte le richieste ambientali, sociali o interne all’individuo che rendono
necessaria una modifica del proprio comportamento abituale costituiscono degli stimoli stressanti. In
generale lo stress svolge una funzione adattiva, aiutando la persona a sviluppare la capacità di mantenersi
in una condizione di equilibrio omeostatico con l’ambiente che la circonda, ma in concomitanza con altri
fattori, lo stress può diventare una concausa di malattia, soprattutto se si protrae nel tempo logorando
gradualmente le capacità di adattamento e di resistenza dell’organismo. Il corpo ha infatti una forte
capacità di recupero dallo stress acuto, di breve durata, purché non troppo intenso; mentre lo stress
cronico induce modifiche metaboliche e funzionali persistenti che possono essere interpretate come
precursori di malattia .
La risposta psicofisiologica alle situazioni stressanti dipende: 1) dalle caratteristiche dell’evento
(pericolosità, intensità, durata), 2) da come esso viene percepito e 3) dalle capacità di adattamento
individuali, intese in senso biopsicosociale.
Nella maggior parte delle situazioni, l’individuo può utilizzare una serie di modalità di coping
(semplicisticamente intese come modalità di adattamento con le quali si fronteggiano situazioni
stressanti), apprese nel corso dell’esperienza personale, che gli consentono di affrontare adeguatamente
lo stress, in modo che i suoi effetti si esauriscano in uno stato di momentaneo malessere che non altera
l’equilibrio generale dell’organismo.
Quando le modalità cognitive e comportamentali non risultano sufficienti a moderare il disagio derivante
da una situazione stressante, si attivano meccanismi di difesa inconsci, e quando anche le difese
psicologiche non sono in grado di far fronte allo stress, si attivano le difese biologiche che possono
impegnare l’organismo sia a livello generale che a livello dei singoli organi e apparati.
Per alleviare la sofferenza e il disagio derivanti da una situazione stressante, l’individuo utilizza tutte le
difese psicologiche e biologiche di cui dispone. Le capacità fisiche e mentali di risposta non sono uguali
per tutte le persone, né risultano disponibili in tutte le occasioni, perché variano in base a fattori quali
l’età, la costituzione genetica, l’esperienza personale, l’eventuale presenza di problemi fisici o psicologici,
il grado di maturità, l’intelligenza emotiva, la cultura, la possibilità di ricevere sostegno familiare o
sociale. Tutti questi fattori influiscono sulla percezione dello stress da parte dell’individuo, cosicché uno
stesso stimolo può essere considerato e vissuto come stressante da una persona ma non da un’altra.
Dai modelli di risposta attivati nei confronti di un evento o una situazione di stress dipende la
conservazione di uno stato di relativo benessere oppure la perdita dell’equilibrio con il conseguente
manifestarsi, a seconda dell’apparato più sensibile dell’organismo (locus minoris resistentiae), di disturbi
fisici (condizioni mediche quali ipertensione, disturbi gastrointestinali, disturbi dermatologici) o disturbi
psicologici/psichiatrici (disturbi d’ansia, del sonno, somatoformi, alimentari, dipendenze, disfunzioni
sessuali, problemi relazionali e familiari).
In base a quanto detto sopra, allorquando l’apparato più sensibile dell’organismo (locus minoris
resistentiae) è rappresentato dall’apparato gastroenterico, ecco che le emozioni negative vanno a
produrre su di esso disturbi funzionali oppure far precipitare o aggravare disturbi organici.
Stati emozionali negativi (ad es. ansia, paura, rabbia, disgusto, risentimento) e situazioni o eventi stressanti
(clima familiare difficile, litigi coniugali, divorzio, la perdita di una persona cara) possono alterare l’attività
dello stomaco, dell’intestino o di altre parti dell’apparato digerente contribuendo all’insorgenza, alla
precipitazione e/o al mantenimento di una serie di disturbi gastrointestinali. I disturbi funzionali, che
possono essere il risultato di un’interazione di fattori fisiologici, psicologici e comportamentali, sono definiti
tali solo quando sono state escluse cause organiche; ma se o persistono nel tempo possono sfociare in
problemi organici (ad es., una protratta ipersecrezione gastrica può provocare ulcere dell’apparato
digerente). D’altra parte, anche patologie organiche come l’ulcera e le malattie infiammatorie croniche
intestinali, risultano strettamente collegate ad alti livelli di stress .
La relazione tra patologia psichiatrica e disturbi gastrointestinali è nota fin dai tempi di Freud. Oggi
esistono dimostrazioni di numerose interconnessioni fra cervello ed apparato gastroenterico, compreso un
sistema di controllo/feedback, basato su interazioni nervose e ormonali, tra il sistema nervoso enterico ed il
sistema nervoso centrale.
I disturbi gastroenterici funzionali affliggono almeno un terzo della popolazione dei paesi sviluppati anche
se spesso passano sotto silenzio. Si tratta di disturbi che tendono a perdurare nel tempo, cronicizzandosi e
che quindi comportano gravi conseguenze per la qualità della vita, con menomazioni del funzionamento
lavorativo e sociale, e notevoli costi economici.
Anche se costituiscono “una delle più frequenti cause di richiesta di intervento per il medico di base e per lo
specialista gastroenterologo”, i disturbi gastrointestinali funzionali sono “al tempo stesso una delle
maggiori occasioni di fallimento terapeutico” .
Daniela Cavallini:
Dr. Scilanga ci può dare delucidazioni su quali sono e come si manifestano i disturbi funzionali e quelli
organici più frequenti ?
Dott. Cataldo Nicodemo Scilanga:
Per chiarezza espositiva cercherò di essere schematico in modo tale che i gli affezionati lettori possano
comprendere meglio.
DISTURBI FUNZIONALI
1. I disturbi funzionali dell’esofago comprendono: la disfagia, la pirosi, il globo isterico e il reflusso
gastroesofageo. Nella diagnostica differenziale bisogna stare attenti in quanto la loro sintomatologia può
celare disturbi ben più gravi dovuti per esempio ad un problema cardiaco o respiratorio o confondersi con
quella di altri disturbi funzionali come il dolore toracico atipico o la dispepsia.
2. La dispepsia funzionale è considerata la sindrome gastroenterologica più comune, rappresentando da
sola il 10% dei disturbi affrontati in medicina generale. Si tratta di una costellazione di sintomi: dolore
epigastrico, bruciore di stomaco, nausea, rigurgito, talora vomito, distensione addominale alta, pesantezza,
sazietà precoce. Queste manifestazioni hanno un’insorgenza eminentemente postprandiale, in molti casi
non sono riconducibili ad alcuna patologia organica.
3. Il Gonfiore addominale è frequentemente associato a disagi psicologici e può anche essere sintomo di
condizioni psichiatriche, quali anoressia nervosa, bulimia e disturbi da somatizzazione. Il gonfiore
addominale funzionale ha una maggiore prevalenza fra le donne e viene peggiorato dai pasti abbondanti e
dalla stipsi.
4. La sindrome del colon irritabile è caratterizzata da dolore o disagio addominale, continuo o ricorrente, Il
decorso è cronico e recidivante. I meccanismi coinvolti nei sintomi sono molteplici, risulta comunque
evidente che hanno una grande importanza i fattori psicoambientali, che possono contribuire alla
predisposizione, precipitazione e perpetuazione dei sintomi.
I sintomi fluttuano nel tempo e tendono ad aggravarsi durante i periodi di stress. Le crisi vengono spesso
scatenate da problemi affettivi, familiari o professionali e nei pazienti sono comunemente riscontrati ansia,
depressione, somatizzazione o altri disturbi funzionali ed esperienze di vita traumatiche, quali perdite
genitoriali durante l’infanzia (decesso o divorzio).
Le modificazioni della dieta di solito comprendono l’esclusione dei cibi che aumentano la flatulenza e un
maggior apporto di fibre, che può essere utile per la sindrome del colon irritabile di tipo stipsi
predominante.
Il trattamento a base di farmaci ad uso continuato rivolti ad alleviare i sintomi dovrebbe essere
generalmente minimizzato o evitato non solo per la mancanza di convincenti benefici terapeutici, ma anche
per la natura cronica del disturbo.
5. La stipsi funzionale è caratterizzata da una defecazione difficile (spesso le feci sono dure e ammassate),
infrequente o apparentemente incompleta. Fra i sintomi è peraltro assente dolore addominale. Per
spiegare lo sviluppo del disturbo sono state avanzate ipotesi alimentari (è molto raro nelle popolazioni con
diete ricche di fibre), motorie (alterazioni delle contrazioni intestinali) e psicologiche (ansia, depressione). A
livello caratteriale le persone affette da stipsi sono frequentemente descritte “trattenute”, ossia “avare”
sotto vari aspetti da quelli sentimentali a quelli materiali.
6. La diarrea funzionale è una sindrome che viene diagnosticata quando, in assenza di cause specifiche
(malattie, anormalità e uso di farmaci), si riscontra una frequente emissione di feci aumentate di volume e
poco formate (molli o acquose), accompagnata dal bisogno urgente di defecare, ma non da dolore
addominale. La diarrea è di solito cronica e gli episodi di solito sono conseguenti a stress, tensione e ansia .
7. L’encopresi : è la perdita involontaria di feci e molti soggetti sani di tutte le età ne soffrono.
DISTURBI ORGANICI
1. L’ulcera peptica è una lesione che si forma nella mucosa dello stomaco e o del duodeno dove sono
presenti l’acido idrocloridrico e la pepsina. Il sintomo più comune dell’ulcera è un dolore epigastrico, altri
sintomi meno frequenti sono nausea, vomito, inappetenza, perdita di peso e senso di spossatezza. Allo
sviluppo dell’ulcera peptica contribuiscono diversi fattori (helicobacter pylori, acido idrocloridrico e
pepsina, stile di vita). La causa primaria è considerata l’helicobacter pylori che peraltro può interagire in vari
modi con lo stress. Un’ampia, solida evidenza mostra infatti che gli eventi stressanti sono associati spesso
ad un’ipersecrezione gastrica e possono avere un impatto sia sull’insorgenza che sul decorso dell’ulcera,
interferendo con la risposta al trattamento e peggiorando la prognosi.
Nella maggior parte dei casi l’ulcera ha una rapida ed effettiva guarigione, e l’eliminazione dell’h. pylori
evita le recidive. Tuttavia, le persone che non rispondono al trattamento farmacologico o che sviluppano
complicanze (emorragia, perforazione e stenosi) possono richiedere degli interventi chirurgici anche
impegnativi come per esempio la gastroresezione.
2. La dumping sindrome si sviluppa in alcuni pazienti dopo gastrectomia parziale o totale. Il corredo
sintomatologico compare dopo i pasti ed è caratterizzato da tendenza alla debolezza, nausea e talora
vomito, sudorazione, vertigini e perdita di peso. Spesso i sintomi diventano cronici, specialmente se
associati ad ansia e tensione.
3. La colite ulcerosa è una malattia infiammatoria cronica nella quale si alternano periodi di tranquillità
clinica a riacutizzazioni. I fattori psicogeni svolgono un ruolo importante nell’insorgenza e nel
mantenimento della condizione, specialmente in riferimento all’esacerbazione dei sintomi.
4. Il morbo di Crohn nella maggior parte dei casi riguarda l’ileo distale e il colon, ma può manifestarsi in
qualsiasi parte del tratto gastrointestinale. I sintomi di solito includono diarrea cronica associata a dolore
addominale, febbre, perdita di peso, e nei casi più gravi rettorragia e indurimento del segmento intestinale
con conseguente ostruzione. Sulle cause della malattia sono state postulate diverse ipotesi (genetiche,
dietetiche, infettive), ma a tutt’oggi l’eziologia rimane ignota.
Diversi studiosi hanno constatato che l’andamento della malattia è condizionato da fattori
psicoemozionali. Come nel caso della colite ulcerosa, infatti, diversi studi
hanno identificato
un’associazione tra morbo di Crohn e problemi psichiatrici (come i disturbi d’ansia e la depressione). In ogni
caso, la colite ulcerosa e il morbo di Crohn sono malattie gravi, che spesso mettono a repentaglio la vita dei
pazienti e rendono necessario eseguire interventi chirurgici. La chirurgia è di solito curativa per la colite
ulcerosa, mentre nel morbo di Crohn il tasso di recidive è molto elevato.
Daniela Cavallini
Qual è il ruolo dell’ipnositerapia in questi disturbi ?
Dott. Cataldo Nicodemo Scilanga:
L’ipnosi consente di aumentare la capacità dell’individuo di affrontare lo stress, favorendo l’equilibrio
psicofisiologico (ad esempio per mezzo del rilassamento) e dando sostegno emozionale e psicologico
attraverso vari approcci cognitivi e comportamentali, dal rinforzo dell’Io all’apprendimento di modalità
efficaci come l’autoipnosi per gestire l’ansia e la rabbia.
Sono certo che i Nostri Cari lettori, incuriositi, vogliono saperne di più, per cui forse è il caso di parlare più
approfonditamente dell’ipnositerapia sia nei disturbi funzionali che in quelli organici dell’apparato
gastroenterico.
L’ipnositerapia nei disturbi funzionali facilita ed aumenta il controllo delle funzioni gastrointestinali.
Le scoperte più recenti ed importanti sono rappresentate da:
- influenza delle emozioni indotte dalle suggestioni ipnotiche sulla secrezione gastrica e la motilità
gastrointestinale.
- controllo della nausea e del vomito secondarie alla chemioterapia
- facilitare tutte quelle manovre medico/ strumentali per la diagnostica delle patologie gastrointestinale
come la gastroscopia, la colonscopia, le biopsie ecc.
1. L’ipnosi è utilizzata per alleviare alcuni disturbi funzionali dell’esofago, attraverso adeguata metodologia
personalizzata, l’apprendimento dell’autoipnosi, nonché l’ipnoanalisi, per mettere in luce la psicodinamica
che ha portato al loro sviluppo.
I disturbi trattati più frequentemente con successo sono rappresentati dal globo isterico, il cardiospasmo
(contrazione dello sfintere esofageo inferiore), riduzione dei sintomi del reflusso gastroesofageo, disfagia.
2. L’ipnosi può offrire un aiuto notevole nel trattamento della dispepsia funzionale, specie quando il
disturbo è associato a conflitti emozionali più o meno inconsci.
Il rilassamento psicofisico, il rinforzo dell’Io, e l’uso di suggestioni ipnotiche di benessere personale
costituiscono la base per il trattamento di questi pazienti molti dei quali soffrono di sensazioni di
inadeguatezza, timidezza, imbarazzo, e si trovano in uno stato di tensione continuo. Una volta avviato con
successo il trattamento dei sintomi, occorre esporre e spiegare al paziente le sue difficoltà e quindi aiutarlo
a riadattare il proprio atteggiamento verso di esse e a correggere le proprie abitudini sbagliate.
3. L’ipnosi risulta efficace nel trattamento della nausea e del vomito, spesso dovuti a tensione nervosa
alimentata da conflitti inconsci.
Le modalità tecniche più adoperate sono: suggestioni di rilassamento, benessere, calma ed equilibrato
funzionamento dell’organismo; la regressione d’età, in quanto facilita lo svelamento dei significati
psicologici ad essi sottesi; esercizi di autoipnosi.
4. L’ipnosi produce notevoli e duraturi risultati terapeutici nella maggioranza dei casi di sindrome del colon
irritabile, anche con pazienti irresponsivi agli interventi medici standard, alleviando i sintomi, aumentando
il benessere emozionale e la capacità di lavorare, e migliorando più in generale la qualità della vita.
Il metodo di Manchester, definito “ipnositerapia diretta all’intestino”, è diventato l’approccio operativo di
riferimento per la maggior parte dei medici che adoperano l’ipnositerapia per la sindrome del colon
irritabile. Questo metodo comprende:
- una serie di procedure che possono essere personalizzate secondo le caratteristiche del singolo paziente.
All’inizio, dopo aver eseguito l’induzione ipnotica e le procedure di approfondimento, il medico spiega al
paziente in modo semplice la fisiologia della muscolatura liscia intestinale. Il rilassamento ipnotico aiuta a
creare una sensazione di controllo sulle risposte fisiologiche e al paziente viene chiesto di mettersi una
mano sull’addome generando una sensazione di calore che viene collegata al controllo della funzione
intestinale.
In ipnosi, il paziente visualizza il colon o l’intestino e immagina di controllare l’attività nella stessa area in
cui è stato prodotto calore. Sono inoltre suggerite metafore e immagini direttamente riferibili alla motilità
intestinale.
-Tutte le sedute si concludono con suggestioni di rinforzo dell’Io (vedi il mio e-book: “L’IPNOSI NELLA
SOFFERENZA- Rinforzo dell’Io- Risveglia la forza del leone dentro te!”, da richiedersi sulla mia e-mail:
[email protected] ).
-dopo il terzo incontro, viene dato al paziente un nastro registrato per la pratica quotidiana dell’autoipnosi
(vedi il mio e-book: “A SCUOLA SI AUTOIPNOSI – Equilibrio e Risorse interiori”, da richiedersi sulla mia e-mail:
[email protected] ), in quanto è importante insegnare al paziente una migliore autoregolazione della relazione mente-corpo, facilitato dallo sviluppo di abilità autoipnotiche con cui poter
controllare la funzione intestinale e ridurre i sintomi.
Nel complesso, l’evidenza indica che i progressi ottenuti con l’ipnositerapia frequentemente proseguono
anche dopo la conclusione del trattamento e che i risultati terapeutici sono ben mantenuti per anni dalla
maggior parte dei pazienti.
5. Per la diarrea e stipsi funzionali sono in gran parte applicabili le modalità operative illustrate per la
sindrome del colon irritabile.
- Nella diarrea funzionale, il rilassamento ipnotico ha effetti particolarmente benefici nei casi lievi quando è
combinato con suggestioni dirette, farmaci anticolinergici e tranquillanti. Nei pazienti refrattari a questo
approccio occorre integrare l’ipnosi con una psicoterapia di sostegno: “spesso i casi refrattari rispondono
all’ipnositerapia intensiva quando è diretta a mettere il paziente in grado di affrontare i sui problemi”.
- Il paziente con stipsi funzionale, sulla quale i lassativi non hanno effetto, può essere aiutato per mezzo di
suggestioni postipnotiche e del condizionamento sensoriale-immaginativo, partendo dal presupposto che
di solito le persone sono abituate a defecare “in base ad uno schema ricorrente ben consolidato e il
turbamento di questo schema comporta spesso stipsi”. Durante l’ipnosi, il paziente descrive molto
dettagliatamente le proprie sensazioni soggettive durante una normale evacuazione. Sono elicitati tutti i
dettagli rilevanti come l’orario e la natura del segnale di defecazione e il tipo di spasmi allo sfintere anale.
Viene quindi suggerito che tutte queste sensazioni saranno sperimentate durante i giorni successivi,
istruendo il paziente a ripetere le appropriate suggestioni in autoipnosi.
6. Nell’encopresi risultano utili il rilassamento ipnotico e suggestioni di ricondizionamento al controllo degli
sfinteri.
L’ipnositerapia nei disturbi organici, giudiziosamente adoperata con pazienti selezionati, può facilitare il
trattamento della dumping syndrome e di malattie gastrointestinali (ulcera gastroduodenale, colite
ulcerosa, morbo di Crohn) aggravate dallo stress emozionale, riducendo l’ansia e la tensione, aiutando ad
alleviare l’irritabilità causata da un rigido programma dietetico, aumentando la cooperazione al regime
medico, nonché contribuendo alla prevenzione delle ricadute .
1- L’ipnositerapia può essere utilizzata come strumento aggiuntivo al trattamento medico di alcuni pazienti
che soffrono di ulcera peptica per aiutarli a ridurre l’ansia e la tensione, aumentare l’autoefficienza,
seguire la dieta prescritta, sviluppare e consolidare atteggiamenti emozionali salutari, soddisfare i bisogni
della personalità.
Una procedura terapeuticamente utile è quella di suggerire al paziente di rallentare il proprio modo di
vivere sotto vari aspetti. Il terapeuta può suggerirlo indirettamente, rallentando il proprio modo di parlare e
di muoversi o con l’uso di metafore, oppure con suggestioni dirette.
Effettuati un’anamnesi e un esame fisico accurati, secondo Kroger, occorre inizialmente elicitare la
relazione tra sintomi e turbamenti emozionali, rivolgendo al paziente delle domande sul tipo di umore, di
pensieri o di stimoli ambientali precedenti l’insorgere di un attacco. Dopo avergli fatto identificare ed
enumerare le situazioni emozionali connesse ai sintomi in ordine di importanza, per “immunizzarlo” contro
i loro effetti dannosi sono utilizzate in ipnosi delle tecniche di desensibilizzazione, chiedendo al paziente di
pensare e discutere prima le condizioni meno irritanti e poi quelle più serie.
L’ipnosi utilizzata in forma di “sonno” prolungato, in cui “l’organismo è mantenuto a completo riposo
fisiologico”, risulta eccellente per alcuni pazienti sofferenti di ulcera refrattari alla terapia. L’ipnosi inoltre
è efficace nella prevenzione delle ricadute.
2- In alcuni malati di ulcera sottoposti a gastrectomia è stata usata l’ipnosi per alleviare la dumping
sindrome.
Utili sono le seguenti modalità operative:
-suggestioni postipnotiche dirette a ridurre la tensione, rimuovere la paura dei sintomi e migliorare
l’attrattiva olfattiva nei confronti dei cibi e il loro consumo.
-tecniche ipnotiche dirette per aumentare l’ingestione calorica, alleviare certe restrizioni alimentari,
attenuare il dolore e contrastare la perdita d’appetito dei pazienti.
-“l’anestesia a guanto trasferita all’epigastrio” per alleviare la nausea e il vomito.
3- Colite ulcerosa e morbo di Crohn : nel trattamento della colite ulcerosa, l’ipnosi può essere utilizzata
assieme ad altre procedure mediche per indurre uno stato mentale di calma e rilassamento, che può
risultare assai terapeutico e per aiutare il paziente a distogliere l’attenzione dagli intestini che nel caso di
questa malattia alla fine diventano il suo unico interesse e argomento di conversazione.
Erickson e Rosen hanno descritto l’uso dell’ipnosi per chiarire le dinamica inconsce di emozioni represse
connesse con i sintomi della colite. Infatti, spesso la presa di coscienza del materiale emerso in ipnosi
permette al paziente di acquisire il controllo dei propri sintomi.
Schafer ha presentato i resoconti del trattamento di un uomo sofferente di colite ulcerosa e di due donne
affette dal morbo di Crohn. L’autore considera entrambe le infezioni due malattie autoimmuni,
caratterizzate da impulsi istintuali aggressivi, somatizzati in modo inconscio dai pazienti. Sostiene che il loro
trattamento richiede una speciale comprensione dei conflitti di personalità e che l’ipnosi può facilitare la
terapia in molti modi aiutando a riportare gli anticorpi autoimmuni alla normalità.
Alcuni elementi generali del trattamento ipnotico ed autoipnotico sono: 1) far apprendere al paziente come
rilassarsi, specialmente attraverso la visualizzazione di un “posto sicuro”, 2) rafforzare le interpretazioni
degli insight ottenuti durante l’pnositerapia, 3) visualizzazione di una mucosa normale del colon (colite
ulcerosa) e di un intestino normale (morbo di Crohn), 4) suggestioni di benessere generale, rinforzo dell’Io
per aumentare l’autostima.
Di solito non occorre eseguire l’ipnoanalisi, ma talvolta è necessaria, ad esempio adoperando la tecnica del
ponte affettivo. All’inizio del trattamento è molto utile inoltre la tecnica dell’abreazione per aiutare il
paziente ad estinguere la propria rabbia e ricercare importante materiale represso.
Daniela Cavallini:
Dott. Scilanga data la sua vasta casistica clinica, ci può raccontare qualche caso clinico?
Dott. Cataldo Nicodemo Scilanga:
Con piacere !
Riporto tre casi clinici semplici, tratti dalla mia vasta esperienza accumulata in ambito ospedaliero (presso
la U.O. di Medicina III – Prof. Berni, Azienda Ospedaliera di Careggi, Firenze) ed extraospedaliero per
esemplificare alcune modalità di utilizzo dell’ipnosi nel trattamento dei problemi gastrointestinali.
Gonfiore addominale : Una ragazza di 22 anni soffriva di gonfiore addominale associato a dolore. All’esame
obiettivo, il gonfiore pareva simulare una gravidanza isterica. La paziente, d’altra parte, non riusciva a
collegare il suo disturbo all’alimentazione né a particolari turbamenti emozionali. Dato che gli accertamenti
erano risultati negativi, cercai di valutare la sintomatologia in ipnosi in funzione di determinati
suggerimenti. Indotta la paziente in stato ipnotico profondo, le furono date prima suggestioni di benessere
psicofisico e poi suggestioni di autocontrollo, come le seguenti : “Ora conterò da 20 a 0 e ad ogni numero
tu avrai il controllo della situazione facendo sì che la tua pancia ad ogni numero possa sgonfiarsi tanto che
quando avrò detto 0 la tua pancia sarà completamente sgonfia”. Con grande sorpresa della paziente,
l’addome si sgonfiò gradualmente fino a tornare alla normalità. In ipnosi le chiesi anche se fosse in grado di
fare il contrario e lei rispose affermativamente. Contando da 0 a 20, l’addome tornò lentamente a gonfiarsi,
distendendosi a tal punto da produrre dolore. In questo modo fu mostrato alla paziente che il disturbo era
funzionale e che poteva essere controllato. La procedura fu ripetuta più volte, sempre in ipnosi profonda,
dopodiché la ragazza fu istruita a controllare i suoi disagi con l’autoipnosi.
Stipsi: -Una paziente di 47 anni, ricoverata per problemi cardiologici, presentava stipsi da più di tre giorni.
Svolgendo un colloquio informale per stabilire il rapport, appresi che la donna soffriva di costipazione da
molti anni. Dato che la sua ipnotizzabilità era molto elevata fu possibile adoperare un approccio diretto e
dopo aver approfondito l’ipnosi, le fu data la suggestione postipnotica che “al risveglio l’intestino si sarebbe
rimesso a funzionare per far espellere in breve tempo tutto il suo contenuto”. La paziente non credeva ai
propri occhi, contenta e allo stesso tempo impressionata della quantità di feci evacuate.
-Sempre con la suggestione postipnotica ho alleviato la stipsi cronica di una paziente di 80 anni. In ipnosi le
ho suggerito che “domani mattina alle sette non sarà lei che si sveglierà, ma sarà l’urgenza di andare in
bagno a svegliarla ….” Il mattino seguente la paziente mi telefonò entusiasta verso le otto per informarmi
che alle sette era riuscita a defecare. Successivamente le insegnai delle tecniche autoipnotiche che
l’aiutassero ad espletare le defecazioni con regolarità.
Encopresi: Ho trattato alcuni pazienti in età pediatrica nei quali il disturbo era la manifestazione di un
disagio ambientale. Uno di questi casi riguarda un bambino di dieci anni ai cui genitori era stato consigliato
di sottoporlo ad esami strumentali, per accertare la capacità di contenimento dello sfintere anale. Prima di
effettuare questi esami i genitori mi consultarono per vedere se con l’ipnosi si poteva ovviare al problema.
Erano molto preoccupati perché durante la ricreazione a scuola, tutte le mattine, il bambino “se la faceva
addosso”. Durante la seduta, l’ascolto terapeutico e la comunicazione non verbale resero evidente che si
trattava di un disturbo funzionale. Così, dopo aver invitato i genitori ad accomodarsi nella sala di attesa,
iniziai a rivolgere al piccolo paziente alcune domande su lui, la scuola ed altri argomenti fino ad arrivare a
parlare della problematica. Gli spiegai che per evitare degli esami strumentali molto fastidiosi era
necessario parlare un po’ delle sue defecazioni incontrollate. Quando gli chiesi perché avesse cominciato a
comportarsi in quel modo reagì con rabbia, manifestando risentimento nei confronti dei genitori che lo
facevano ‘incazzare’. In altre parole, il suo atteggiamento era un dispetto nei loro confronti. Gli dissi che a
partire dal giorno seguente “non se la sarebbe più fatta addosso”, ed essendo io un ipnotista, tutto quello
che gli avrei detto si sarebbe verificato. Infatti così accadde, con suo grande stupore. Il trattamento fu
completato in altre quattro sedute, nel corso delle quali gli spiegai cosa era successo ed i motivi del
comportamento dei suoi genitori, suggerendo come migliorare i suoi rapporti con loro in modo da evitare
altri problemi in futuro.
Daniela Cavallini:
Dott. Scilanga, penso siano molti i lettori che si identificano nei casi citati, pertanto concludo l’intervista,
ringraziandoLa e speficicando i Suoi riferimenti professionali.
Dott. Cataldo Nicodemo Scilanga:
Grazie a Lei ed un saluto a Tutti.
Dott. Cataldo Nicodemo Scilanga – Medico Chirurgo – Psicoterapeuta – Specialista in ipnosi Clinica
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