2. Lc 1, 39-44 (VISITAZIONE) Alunni: Ludovico Fiumarella, William Alonso, Annalisa Picardi, Giuseppe Ambrosio, Gennaro D’Angelo, Annabella Sottile, Carolina Falco Vespa, Luigi La visitazione amplia la scena dell’annuncio. Il segno promesso dall’angelo si concretizza nella visitazione. La scena della visitazione non è solo il raccordo tra le due annunciazioni ma anche tra i rispettivi figli: Giovanni e Gesù. Attraverso la madre Elisabetta, Giovanni, che è il profeta precursore, saluta e rende testimonianza al Messia presente in Maria di Nazareth. Elisabetta interpreta l’agitarsi del bambino nel grembo come l’annuncio profetico della gioia messianica da parte di colui che doveva essere consacrato dallo Spirito. 1. STRUTTURA DELLA PERICOPE La pericope della visita di Maria ad Elisabetta inluderebbe anche la lode del Magnificat, secondo l’autore del testo consultato. Quindi la conclusione si avrebbe precisamente con la partenza di Maria dalla casa di Elisabetta. Considerando, però, ora, solo Lc 1,39-45 , possiamo schematizzare la sua struttura nel seguente modo. 1. Una notizia di viaggio 2. Incontro nella casa di Zaccaria 2.a Saluto di Maria 2.b Sussulto del bambino nel grembo di Elisabetta 2.c Azione dello Spirito in Elisabetta 2.d Intervento di Elisabetta 2.d.1 benedizione 2.d.2 domanda sul motivo della visita 2.d.2 commento all’avvenimento e comunicazione del sussulto 2.d.4 beatitudine Si noti l’importanza data all’evento del sussulto del feto nel seno di Elisabetta. Esso risulta uno dei centri focali del racconto. 2. MARIA ARCA DELL’ALLEANZA (PARALLELISMO TRA Lc 1,39-44 E 2 Sam 6) Maria rappresenta l’arca che reca la presenza salvifica del Signore in mezzo al suo popolo. Maria è salutata come “benedetta delle donne” perché il bambino che è in lei è il Signore. Il racconto della visitazione, è intessuto di allusioni al trasferimento dell’arca dell’alleanza a Gerusalemme ad opera di re Davide. L’arca era stata costruita per ordine di Mosè in Es 40,35, viene portata in Canaan con Giosué ed era rimasta per molto tempo a Silo, a nord di Betel, dove era stato costruito un tempio. L’arca fu poi rubata dai Filistei (1 Sam 4) come trofeo di guerra, e viene ripresa da Davide (2 Sam 5). Il capitolo 6 ne racconta il ritorno: la salita a Gerusalemme. Il racconto della visitazione e il ritorno dell’arca a Gerusalemme iniziano allo stesso modo: 2Sam 6,1-2 Lc 1,39 1 39 Davide radunò di nuovo tutti gli uomini migliori d’Israele, in numero di trentamila. 2Poi si alzò e partì con tutta la sua gente da Baalà di Giuda, per trasportare di là l’arca di Dio, sulla quale è invocato il nome, il nome del Signore degli eserciti, che siede in essa sui cherubini. In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. I riferimenti topografici e terminologici, già da questo primo versetto sono numerosi: a somiglianza di Davide, Maria si alza e parte. La regione montagnosa della Giudea è la stessa, verso cui bisogna salire. In questo primo versetto è Davide a spostarsi e non ancora l’arca dell’alleanza, egli, però, si muove per farla salire fino a Gerusalemme. È a questa salita dell’arca che Luca assimila poi la salita di Maria portante Gesù (l’erede di Davide: Lc 1, 32) verso questa medesima regione collinosa. L’espressione «in quei giorni», che segna la tappa dell’arca nella casa di Obed-Edom (2Sam 6,9), introduce anche la venuta di Maria nella «casa di Zaccaria» (Lc 1,40). Abbiamo già qui una serie coerente di contatti: senso, termini e topografia. Davide teme e le parole che gli ispira sono curiosamente riprese da Elisabetta: 2 Sam 6, 9 Lc 1, 43 9 43 Davide in quel giorno ebbe paura del Signore e disse: "Come potrà venire da me l’arca del Signore?". A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Le piccole differenze letterarie tra il greco dei LXX e il greco di Luca possono essere ridotte al livello del sostrato ebraico. Il senso è lo stesso: rispetto sacro, sentimento d’indegnità di fronte alla Presenza: che per Davide ciò che rappresenta l’arca del Signore; e per Elisabetta, la presenza di Maria, la Madre del Signore. Il Signore dell’arca, Jahve, è identificato col Signore che viene a risiedere in Maria: Gesù, Figlio di Dio. La differenza tra l’espressione «entrare da me» e «venire da me» (che in greco è lo stesso verbo, erchomai, ma col prefisso eis in 2Sam 6,9) è ridotta dal contesto, in cui Luca ha già detto che Maria «entrò» (eisêlthen) nella casa di Zaccaria. Luca omette l’episodio di Uzzà, che non fa parte del suo proposito, ma riprende i temi ed i termini che caratterizzano la salita: gioia, canti e danza. In 2 Sam 6, 12 gioia del popolo di Gerusalemme e di Davide (en euphrosunê); in Lc 1, 44 gioia di Elisabetta e di Giovanni Battista (en agalliasei). Danza di Davide (2 Sam 6, 14.16.21b) e di Giovanni Battista (Lc 1, 41-44): il trasalimento del bambino nel seno della madre è indicato in questi due versetti con l’espressione eskirtêsen (da shirtaô), verbo che significa balzare, saltare, danzare. La mozione carismatica di Giovanni Battista, «riempito di Spirito Santo fin dal seno di sua madre», com’era stato annunciato a Zaccaria (1, 15), è descritta come una danza analoga a quella di Davide davanti all’arca. Le grida del popolo che accompagna l’arca sono indicate, come il grido di Elisabetta, col termine kraugê (2 Sam 6,15 e Lc 1, 42). Il termine phônê indica la voce del popolo in 2 Sam 6, 15 e quella di Maria in Lc 1, 44. Il verbo anephônêsen, che esprime il grido di Elisabetta in Lc 1, 42, anche se constatiamo che nella Bibbia è utilizzato esclusivamente per le acclamazioni liturgiche e più precisamente per quelle che accompagnano il trasferimento dell’arca dell’alleanza. L’arca sale verso Gerusalemme (e tale è la direzione che prende Maria). Essa è portata nella casa di Obed-Edom (2Sam 6,10), e Maria entra nella casa di Zaccaria (Lc 1,40). In ambedue I casi la scena ha un carattere teofanico (manifestazione del Signore), con l’arca del Signore in 2Sam 6,9.11.15.16.17, in parallelo con la Madre del Signore in Lc 1,43. La profezia di Elisabetta (1,40-45) e quella di Maria sono in armonia con questa celebrazione. 2Sam 6,11 Lc 1,56 L’arca del Signore rimase tre mesi in casa di ObedÈdom di Gat e il Signore benedisse Obed-Èdom e tutta la sua casa. 56 11 Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. Jahve benedice Obed-Èdom e tutta la sua casa, in cui l’arca è stata deposta ( 2Sam 6,11-12), e benedice allo stesso modo la casa di Zaccaria: Elisabetta e suo figlio che sobbalza di gioia (Lc 1,41.44-45, da accostare a 1,15). La Madre del Signore è «la nuova arca del Signore», e suo Figlio è il Signore (1,45) residente in questa dimora viva. 3. INTERPRETAZIONI DEI PADRI DELLA CHIESA Origene sostiene che Maria visita Elisabetta perché il bambino che porta in grembo possa benedire Giovanni, e fare dunque, da precursore a Gesù. Massimo da Torino è pronto ad asserire che Giovanni, pur essendo nel grembo di Elisabetta percepisca l’avvento di Gesù (che è il Cristo) al punto da sussultare dal grembo della madre. Beda il venerabile sottolinea il modo devozionale e liturgico con il quale Elisabetta arriverà a dire:«Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno»; di fatto non poteva restare a voce bassa «esclamò a gran voce», così come lo stesso evangelista ci dice, colei che aveva ricevuto l’onore di avere in visita la «madre del Signore». 4. DUE LETTURE SPIRITUALI DELLA PERICOPE (C. M. MARTINI E B. FORTE) 4.1. La Visitazione-mistero di incontro nell'obbedienza alla parola di Dio (C. M. Martini) Questa meditazione del cardinale Martini si rivolge ai presbiteri, anche se può essere rivolta a tutti i credenti. Il metodo utilizzato è quello della lectio divina, ad un'attenta lettura esegetica fa seguito una riflessione per i credenti e in particolare i presbiteri. Messaggio generale Il mistero della Visitazione, dice Martini, permette al credente d'oggi di approfondire un aspetto importante della vita di fede: la ricerca della volontà di Dio nelle relazioni e negli incontri quotidiani. La pericope viene denominata Visitazione, ma in realtà tale termine non compare in essa, ma in altri tre testi lucani: Lc 1,68.78 (cantico di Zaccaria): “il Signore … ha visitato … il suo popolo”; “verrà a visitarci”; Lc 7,16 (resurrezione del figlio della vedova): “Dio ha visitato il suo popolo”; Lc 19,44 (pianto di Gesù su Gerusalemme): “non hai riconosciuto il tempo … in cui sei stata visitata”. La visita nel linguaggio biblico è la visita di Dio al suo popolo e il mistero della visitazione va inquadrato in questo più ampio mistero, per Luca infatti la visita di Maria a Elisabetta è il prodromo della visita che il Signore fa al suo popolo per la mediazione di Maria. Lectio nei vv. 39-40 il soggetto è Maria, nei vv.41-45 il soggetto è Elisabetta; nell'incontro le due donne si riconoscono madri rispettivamente del Messia e di Giovanni. a) vv. 39-40 "in quei giorni" "si mise in viaggio" "raggiunse in fretta" "entrata nella casa...salutò" “Nescit tarda molimina Spiritus sancti gratia” (la grazia dello Spirito non sopporta ritardi: Ambrogio). È lo Spirito a muovere Maria, che è pronta a metterne in pratica le sollecitazioni. Del resto quanto rivelatole dall'angelo è di tale portata che ella sente il bisogno di trovare conferme nell'incontro con una persona fidata, che a sua volta aveva bisogno di lei. Bisogno di conferme e desiderio di servizio s'intrecciano in Maria . Sono presenti nell'incontro tutte le caratteristiche di una relazione profonda e autentica fondata su Dio, soprattutto la reciprocità (si comprende, si è compresi e si discerne la volontà di Dio). b) vv. 41-45 Nella seconda parte, di cui è soggetto Elisabetta si riscontrano tre eventi contemporanei: - l'audizione del saluto; - il sussulto del bambino; - la pienezza nello Spirito. Dalla relazione emergono due profezie, la presenza di Gesù in Maria e il riconoscimento della natura della maternità di Maria da parte di Elisabetta. Inizia, si può dire, in tale riconoscimento la devozione mariana. Attualizzazione L'incontro fra Maria ed Elisabetta è modello anche della relazione pastorale. La radice del verbo greco "visitare" (episképtomai) si trova anche nel termine vescovo (epískopos). La vita del credente è caratterizzata da un intreccio di relazioni divine (preghiera, liturgia delle ore, celebrazione eucaristica e dei sacramenti, lectio divina) e di relazioni umane (vita della parrocchia, oratorio, visite alle famiglie, incontro con i malati, direzione spirituale, confessione). Qual è il rapporto fra le relazioni umane e il cammino spirituale, personale con Dio? La relazione pastorale, fondata sulla ricerca della volontà di Dio e sulla presenza di Dio nel proprio cuore è mossa dalla carità e apporta gioia; per questo motivo è costruttiva e consolante, in quanto mostra come nelle pieghe della quotidianità si nasconde la salvezza. All'annuncio del Battista faceva seguito una breve pericope (l, 24s.), contenente il compimento iniziale della promessa e il giubilo di Elisabetta. Ora, in modo analogo, l'annuncio a Maria è completato da questo brano di compimento e di giubilo; ma qui la confessione delle meraviglie operate da Dio «si fa più intensa, esprimendosi in un inno traboccante di riconoscenza», il Magnificat (SCHÜRMANN, p. 163). Maria è riconosciuta per la prima volta come la «madre del Signore» e dichiarata «beata» per la sua adesione alla parola di Dio, che l'avvicina misteriosamente alla figura del patriarca Abramo (Gn 15, 6). La divina maternità risulta strettamente connessa con l'ascolto della Parola, di cui Maria rappresenta il modello più eccelso per ogni credente. v. 39 Ora, Maria, levatasi in quei giorni, andò in fretta verso la montagna, in una città di Giuda. È generica l'indicazione topografica. La fretta di Maria esprime la piena disponibilità al disegno di Dio e anche il dinamismo per la gioia messianica, che caratterizza il vangelo dell'infanzia. Il viaggio di Maria è stato spesso confrontato con il viaggio dell'arca e che infine fu portata trionfalmente da David a Gerusalemme (2 Sam 6,1-15). Anche le parole pronunciate da Elisabetta rievocano quelle di David (v. 9). La località di Ain-Karem, che dal tempo dei Crociati viene indicata come il paese di Zaccaria e Elisabetta, favorisce tale accostamento biblico dei due episodi. I tre mesi della dimora di Maria presso Zaccaria corrispondono a quelli della permanenza dell'arca in casa di Obededom. Nonostante queste analogie, altri esegeti rifiutano ogni riferimento alla peregrinazione dell'arca, considerato troppo arbitrario e cerebrale. v. 41 II bambino sussultò nel suo ventre, e Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo. Tale movimento di Giovanni riveste, per il narratore, il significato d'una testimonianza anticipata dal Precursore, che sotto l'azione dello Spirito (v. 15) inizia fin dal grembo materno la sua missione. Elisabetta da questo fatto fisiologico percepisce l'inizio dell'epoca messianica. vv. 42-43 «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo ventre. E donde a me (è concesso) questo, che la madre del mio Signore venga a me?». Elisabetta, per ispirazione dello Spirito, riconosce in Maria la madre del Messia. Il segno offerto dall'angelo a Maria è superato dalla realtà: ella incontra una persona pienamente aperta al mistero che è sotto l'influsso dell'azione divina come lei. La benedizione di Elisabetta si ispira a quella fatta a Giaele (Gdc 5,24) e a Giuditta (Gdt 13,18) ed esprime il cumulo di favori con cui Dio ha arricchito Maria, eleggendola madre del Messia. v. 45 «E beata colei che ha creduto» È il primo macarismo (= beatitudine) nel vangelo di Lc, connesso con l'ascolto della Parola di Dio, un tema ribadito più avanti. Maria appartiene alla famiglia spirituale, la vera famiglia di Gesù, quella escatologica, perché «ha ascoltato la parola di Dio e l'ha custodita» (Lc 11,28), divenendo sua collaboratrice per l'attuazione del disegno di salvezza. La maternità di Maria non fu quindi solo fisica, «ma eminentemente una maternità spirituale» 4.2. Maria arca dell'alleanza (B. Forte) La riflessione di B. Forte è impostata sul confronto tra il trasporto dell'arca dell'alleanza a Gerusalemme e il viaggio della nuova arca che è Maria. Segue un confronto fra il testo di Luca e 2 Samuele 6,2-16 Le analogie sono evidenti e riguardano il contesto geografico,la gioia, le acclamazioni di sapore liturgico, le benedizioni, il religioso timore, la permanenza nella casa. Maria è figura perfetta della nuova creatura inabitata dalla grazia, immagine della nuova creazione, in lei si riscontrano i tratti dell'agire del discepolo che si lascia introdurre nel seno della vita trinitaria per divenire testimone trasparente e innamorato tra gli uomini. Rifacendosi alla tradizione patristica Forte individua sette tratti del discepolo in Maria: 1. l'attenzione: E' la vigile disponibilità verso l'altro, che nasce dall'azione dello Spirito nel cuore del credente. 2. l'intelligenza d'amore. E' la capacità di ascoltare e comprendere il mistero dell'altro e di corrispondervi. "Cor ad cor loquitur“. 3. la concretezza. E' l'attitudine a confrontarsi con il presente, un segno della concretezza è l'espressione "in fretta" e il participio "alzatasi". 4. la gioia. E' frutto della presenza di amore sorgivo, contagioso, nasce dal sentirsi amati così profondamente da avvertire il bisogno di amare per corrispondere all'amore ricevuto. 5. la tenerezza. E' l'effetto dell'amore su chi lo riceve, che si sente accolto e si stupisce di essere amato immeritevolmente. 6. il dono. E' la gratuità che ispira il comportamento di Maria, che dona se stessa. La grazia ricevuta non è un privilegio ma un compito. 7. il silenzio . Nulla trapela al di là del saluto iniziale sui tre mesi di permanenza. Il silenzio rimanda all'ordinarietà della vita condivisa, ma afferma anche il primato dell'essere sul fare, dell'amore di chi si lascia nascondere nel cuore di Cristo. 5. LA FESTA LITURGICA DELLA VISITAZIONE La visita fatta dalla vergine Maria a santa Elisabetta (cf. Lc 1,39-56), un vero evento di grazia, solo in tempi recenti ha avuto una sua festa liturgica e non in modo uniforme in tutta la Chiesa. Il racconto della Visitazione ha fatto il suo ingresso nella liturgia romana nel VI sec. quando si sviluppò la celebrazione dell’Avvento e la pericope di Luca fu posta al venerdì della Tempora,ossia della terza domenica di Avvento: tuttavia non si trattava di una mera festa, ma solo di un ricordo liturgico in vista soprattutto della preparazione al Natale del Signore. L’origine della festa risale all’arcivescovo di Praga, Giovanni Jenstein (1348-1400), al tempo del grande scisma in occidente, diviso tra il papa Urbano VI a Roma e l’antipapa Clemente VII ad Avignone. Giovanni Jenstein, divenuto arcivescovo di Praga e cancelliere dell’imperatore, dopo aver preparato personalmente i testi della messa e dell’ufficio per la nuova festa, promulgò nel sinodo diocesano del 1386 l’introduzione della festa della Visitazione da celebrarsi ogni anno il 28 aprile. Si adoperò poi per la difesa del valore teologico della celebrazione, soprattutto perché radicata nel Vangelo di Luca, e per la sua diffusione al di fuori della diocesi di Praga: inviò varie petizioni allo stesso papa Urbano VI, affinché istituisse tale festività in tutta la Chiesa nel tentativo anche di porre fine allo scisma. Il papa accolse favorevolmente l’idea e nel concistoro dell’8 aprile 1389, ritornato ormai a Roma dal suo esilio a Genova, promulgò la festa della Visitazione e indisse un giubileo per l’anno seguente, il 1390. A maggio dello stesso anno in un secondo concistoro pubblico papa Urbano VI stabilì: a) che la festa della Visitazione fosse fissata nel calendario liturgico al 2 luglio b) che tra i molti uffici liturgici si ritornasse a quello rimato dello Jenstein c) che la nuova festa avesse la vigila e l’ottava come quella del “Corpus Domini” cui veniva equiparata quanto le indulgenze (la Vergine Maria è strettamente associata al Figlio). La festa fu celebrata a Santa Maria Maggiore il 2 luglio del 1389, ma il papa non riuscì a pubblicare la bolla ufficiale della sua promulgazione prima della sua morte avvenuta il 15 ottobre del 1389. Nel marzo del 1390 tra i numerosi pellegrini giunti a Roma per il Giubileo c’era anche il vescovo Giovanni Jenstein che sollecitò il nuovo papa Bonifacio IX alla promulgazione della bolla, ed egli emanò il 9 aprile la bolla Superni Benignitas Conditoris, con la quale estendeva a tutta la chiesa occidentale la nuova festività mariana e veniva confermato a vigore di legge ciò che già papa Urbano VI aveva stabilito che la festa della Visitazione venisse celebrata il 2 luglio e che avesse la vigilia e l’ottava. In verità il vescovo Giovanni Jenstein nella sua lettera a papa Urbano VI indicava come data della celebrazione il 28 aprile per due motivi: a) la festa si riferisce a quanto avvenne dopo l’Annunciazione b) non avendo la festa dell’Annunciazione un’ottava propria conviene che la festa della Visitazione ne faccia le veci, ma non subito per non cadere nel tempo quaresimale, bensì durante il tempo pasquale quando si può celebrare in modo festoso. A Roma i pareri furono diversi; alla fine prevalse l’opinione per cui se si tiene conto che il Vangelo dice che Maria rimase in casa di Elisabetta per tre mesi, anche la festa della Visitazione può essere collocata nello spazio di tre mesi dalla festa dell’Annunciazione. Come poi si sia usciti fuori dallo spazio dei tre mesi (25 marzo-25 giugno) e perché sia stata scelta come data il 2 luglio senza alcun riferimento alla festa dell’Annunciazione è impossibile saperlo allo stato attuale degli studi. Pubblicata la bolla papale la festa fu accolta solo dai fedeli, che si sentivano in comunione con il pontefice di Roma, mentre i fautori di Clemente VII la respinsero. Successivamente col Concilio di Basilea (1441) venne riconfermata la bolla di Bonifacio IX e la celebrazione del 2 luglio divenne una realtà per tutta la chiesa occidentale. In seguito, nel concilio ecumenico di Firenze (1438-1445), sotto la presidenza di Eugenio IV, accolsero la festa i patriarchi siro, maronita e copto che la celebrano ancora alla data romana. Pio V nella riforma generale post-tridentina dei libri liturgici romani abolì i vari uffici e messe in uso per tale festa, ne tolse la vigilia e l’ottava adottando gli uffici della Natività di Maria. Clemente VIII nel 1602 rivide i libri liturgici, lasciò la messa della natività di Maria, ne fece ricomporre l’ufficio con l’aggiunta di antifone e responsori propri. Tali formulari per l’ufficio e la messa persistettero fino al Concilio Vaticano. Infine Paolo VI nel 1969 nel riformare il Calendario Romanum riconobbe alla celebrazione della Visitazione il grado liturgico di “festum” e trasferì la festa al 31 maggio: la festività della Visitazione viene così a situarsi tra le solennità dell’Annunciazione del Signore (25 marzo) e della Natività di S.Giovanni Battista (24 giugno) e in questo modo la festa si adatta meglio alla narrazione evangelica. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE FORTE B., Seguendo Te, luce della vita. Esercizi spirituali predicati a Giovanni Paolo II, San Paolo 2004 BARBAGLIO G., FABRIS R., MAGGIONI B., I Vangeli, Cittadella Editrice, Assisi 1978 LAURENTIN R., I Vangeli dell’infanzia di Cristo. La verità del Natale al di là dei miti, Paoline, Torino 1985 POPPI A., Sinossi dei quattro Vangeli, Commento, Messaggero, Padova 1988. 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