COSA E' LA SARCOPENIA? (1)
Domenica 01 Novembre 2082 00:00 - Ultimo aggiornamento Domenica 01 Novembre 2082 00:00
Sarcopenia è un termine coniato da Irwin Rosenberg (Senior Scientist Jean Mayer SDA
HNRCA Tufts University Boston, MA) nel 1988, per definire la perdita di massa e funzione
muscolare con l’età. Può essere identificata con la situazione metabolica per cui il muscolo, che
è uno dei più importanti consumatori di energia dell’organismo (non solo perché rappresenta
circa il 40% del peso corporeo ma anche per la capacità metabolica unitaria) perde, a partire da
un’età intorno ai 45 anni e con una pendenza mano a mano più alta, la capacità di produrre e
consumare energia con lo stesso rate che utilizzava prima: questa situazione è, sicuramente, il
più importante fattore di accumulo di grasso corporeo in eccesso. Se poi si considera che la
diminuzione della capacità fisica, porta inevitabilmente ad una diminuzione anche dell’attività,
allora, in assenza di adeguati ricondizionamenti alimentari, il rapporto massa grassa/massa
magra tende inevitabilmente a lievitare in modo esponenziale. Quali sono le conseguenze di
una situazione che non deve essere considerata patologica visto che ognuno di noi è destinato
a perdere circa il 40% della sua massa muscolare (la diminuzione è più evidente nei maschi
che nelle femmine) con il passaggio dell’età da 20 a 80 anni? Un effetto negativo sulla
mobilità, sviluppo di forza, rate metabolico e funzione respiratoria; in pratica sulla capacità del
soggetto anziano di gestire una vita indipendente. Se è pur vero che la sarcopenia inizia a
comparire intorno a 40-50 anni, essa accelera la sua presenza intorno ai 75 anni. Il segno più
evidente è rappresentato dalla atrofia delle fibre fast-twitch (FT), quelle che vengono reclutate
durante il lavoro anaerobico di alta intensità; per questo motivo non tutti i muscoli presentano lo
stesso grado di perdita tessutale. Ovviamente questo stato funzionale trova il suo esordio e uno
sviluppo più appariscente presso i sedentari poiché l’attività fisica pregressa costituisce un
elemento di protezione, anche se relativa, rallentandone sia l’insorgenza che lo sviluppo. La
perdita di massa e la minore efficacia degli enzimi muscolari si traducono in un calo del picco di
forza isocinetica, della massima velocità di estensione e del massimo sforzo isometrico che,
ancora conservato a 45 anni, decresce del 25% a 65 anni, del 35% a 70 anni, mentre nelle
decadi successive la perdita di forza risulta ancora più marcata ed accelerata. Questo porta a
far si che il 40% delle donne tra i 55-64, il 45% tra i 65-74 e il 65% tra i 75-84 anni non è più in
grado di sollevare un peso di 4.5 kg. Atrofia e sarcopenia La sarcopenia è una modalità
particolare di un più generale quadro atrofico del muscolo oppure essa ha una sua propria
genesi e sviluppo per cui gli aspetti simili che la accomuna alla “normale” atrofia delle fibre
scheletriche sarebbero solo la conseguenza di un porzione di percorso finale comune? Una
osservazione che rende ragione di questa domanda solo apparentemente retorica, può essere
cercata nei meccanismi di comunicazione che si formano all’interno delle unità motorie tra
terminale nervoso e fibre muscolari innervate. A causa di differenti sviluppi neurodegenerativi, si
innesca, come conseguenza della mancanza dello stimolo trofico legato all’attività del nervo
motore, un processo che porta, alla atrofia delle fibre muscolari (effetto anterogrado). Nella
sarcopenia, invece, è il muscolo che, senza cause apparenti, invia informazioni di
“rimodellamento” al terminale motore (effetto retrogrado). Con l’età, infatti, il numero delle unità
motorie funzionanti diminuisce in maniera irreversibile e anche se anatomicamente il numero di
esse non decresce così drasticamente, i terminali attivi sono di molto inferiori a causa di
alterazioni funzionali che rendono inabili molte uscite. Ciò non toglie, però, che come
conseguenza di effetti retrogradi e/o processi neurodegenerativi ad insorgenza nervosa, si
verifichi una denervazione secondaria capace di indurre stato atrofico muscolare. Un dato è
comunque degno di nota e, nella sua interezza, rappresenta un evento unico di mantenimento
funzionale in un quadro degenerativo pressoché totale: I miofilamenti e il ciclo formazione
rottura dei ponti trasversali (il meccanismo molecolare della contrazione), non sembra subire
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alterazioni apprezzabili in rapporto all’età. Cosa significhi ciò e come questo possa essere in
accordo con i dati derivati dal danno ossidativo sui componenti, specialmente lipidici, della rete
delle membrane cellulari, è tutto ancora da comprendere. Contrariamente a quello che
sembrava consolidato fino a non molti anni fa, il muscolo non è per nulla un tessuto post
mitotico, cioè incapace di rimodellare se stesso in funzione di stimoli e necessità differenti che
si possono presentare anche accidentalmente. Esiste un comparto di cellule, all’interno del
tessuto stesso, che possono essere considerate cellule staminali adulte indirizzate: cellule
quiescenti in grado di assumere il fenotipo muscolare, note con il nome di cellule satelliti. Se
sono presenti stimoli adeguati come i fattori di crescita presenti nel muscolo e che hanno come
rappresentante più illustre mIGF-I, esse sono in grado di proliferare, differenziarsi prima in
mioblasti e, dopo la fusione, in miotubi cioè in vere e proprie nuove fibre muscolari. La loro
capacità di rimodellare, però, non resta uguale nel tempo anzi, si può considerare il loro
intervento guidato non solo dallo stato funzionale del muscolo dal quale derivano, ma anche
dall’età che esso ha. Questo sembra un po’ paradossale per delle cellule che mantengono un
loro stato “quiescente” per cui, secondo l’accezione corrente del termine, non dovrebbero
risentire di eventuali dinamiche funzionali legate all’attività muscolare. Invece, sembra proprio
che la presenza dell’accumulo del danno da radicali liberi ,che è un modo un po’ spiccio ma non
privo di validità di rappresentare “le rughe” non solo dell’età ma anche dell’attività svolta dal
muscolo, determini cambiamenti profondi anche nella capacità che hanno le cellule satelliti di
riparare i danni subiti dalle fibre.
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