Università degli studi di Padova Dipartimento di Biologia Dipartimento di Fisica e Astronomia Corso di Laurea triennale in Ottica e Optometria Tesi di Laurea Miopia: fattori genetici e ambientali Relatore: Prof.ssa Stefania Bortoluzzi Laureanda: Correlatore: Prof.ssa Dominga Ortolan Dei Zotti Michela Matr.: 1005342-OPT A.A. 2013/2014 1 2 INDICE Riassunto.............................................................................................. 5 1. Introduzione ..................................................................................... 7 1.1 Miopia: definizione, tipi e caratteri anatomici legati alla miopia ...............................................................................................7 1.2 Rischi legati alla miopia ............................................................11 1.3 Epidemiologia: prevalenza e incidenza ....................................12 1.3.1 Prevalenza..................................................................12 1.3.2 Incidenza e Progressione ...........................................14 1.4 Impatto socio-economico della miopia ....................................16 2. Fattori ambientali e miopia ............................................................ 18 2.1 Attività all’aperto e relazione con miopia ................................18 2.2 Lavoro prossimale e istruzione come fattori di rischio per lo sviluppo della miopia ......................................................................20 2.2.1 Lavoro prossimale e risposte accomodative e del sistema di vergenza ............................................................31 3. Fattori genetici: la miopia come malattia multifattoriale ................. 35 3.1 Breve introduzione ai concetti chiave della genetica di malattie complesse.........................................................................35 3.1.1 Genotipo e fenotipo ..................................................35 3.1.2 Valore fenotipico .......................................................38 3.1.3 Penetranza e espressività ..........................................39 3.1.4 Malattie complesse e studi familiari .........................40 3.2 I componenti oculari refrattivi, in particolare LA, sono caratteri geneticamente determinati .............................................42 3.3 Ricorrenza familiare degli errori refrattivi e loro ereditabilità.45 3.4 Geni candidati per la miopia.....................................................49 3 4. Conclusione: fattori ambientali e genetici interagiscono in modo complesso .................................................................................66 Bibliografia ..........................................................................................70 4 Riassunto Tra i difetti refrattivi, la miopia è quella più studiata sia per l’influenza sulla vita sociale sia per la molteplicità di fattori legati all’aumento progressivo e alle cause che lo comportano. Date le evidenze sperimentali sull’ereditarietà della miopia e le associazioni emerse tra prolungate attività da vicino, in questo elaborato sono stati affrontati due temi importanti: il ruolo dell’ambiente e il ruolo della genetica nello sviluppo e nella progressione della miopia. Una delle possibili classificazioni della miopia considera l’età in cui l’errore refrattivo inizia a svilupparsi. Generalmente si può suddividere in precoce e tardiva [1]. La prima sembra essere più legata ad aspetti genetici e alla storia famigliare dei difetti refrattivi, mentre nella seconda sembra essere predominante la componente ambientale e in particolar modo il lavoro prossimale [2]. I fattori ambientali, in base ai diversi studi visionati, hanno tendenzialmente un ruolo protettivo o causativo dell’errore refrattivo preso in considerazione [3] [4] [5]. Tra i fattori protettivi è stato analizzato quanto l’attività all’aperto sia positivamente collegata alla miopia [6]. Invece, tra gli elementi causativi quello che incide più negativamente è il lavoro prossimale [7] [8]. Come si può riscontrare in molti studi, l’impegno eccessivo della vista in attività a distanza ravvicinata può indurre un cambiamento refrattivo tendente alla miopia [9]. La componente genetica sembra, però, prevalere su quella ambientale [10] [11]. Gli studi approfondiscono l’ereditabilità delle componenti oculari, in particolar modo della lunghezza assiale [12], e della ricorrenza familiare degli errori refrattivi [13]. Emerge che la storia refrattiva dei genitori è determinante nel possibile sviluppo e progressione miopica. Infatti, se entrambi i genitori sono miopi il rischio per il bambino sarà più elevato sia di svilupparla sia di presentare un valore maggiore della lunghezza assiale rispetto ai bambini emmetropi ed ipermetropi [3] [14]. 5 Sono stati analizzati anche i possibili geni implicati nell’errore refrattivo, noti in base a studi di linkage o di associazione. Alcuni di questi geni sono stati evidenziati da più studi, ma ancora oggi non è certo quali siano i più importanti e soprattutto come le varianti geniche interagiscano nel determinare le caratteristiche dell’occhio miope [15] [16]. La miopia, è considerata come un carattere complesso e multifattoriale. In questo elaborato viene preso in considerazione non solo il ruolo di singoli fattori genetici e ambientali nel determinare il suddetto errore refrattivo, ma anche che diversi elementi interagiscono tra di loro, con meccanismi ed effetti ancora non del tutto chiari [17] [18]. 6 1. Introduzione. 1.1 Miopia: definizione, tipi e caratteri anatomici legati alla miopia. Il potere refrattivo dell’occhio è determinato principalmente da quattro componenti: la curvatura corneale (CC), la profondità della camera anteriore (PCA), il potere della lente e la lunghezza assiale (LA, la distanza in millimetri dalla cornea alla fovea). La relazione tra il potere refrattivo totale e la lunghezza assiale determina lo stato refrattivo dell’occhio. Nell’occhio emmetrope i raggi di luce entranti arrivano sulla retina a fuoco dando quindi una visione nitida dell’oggetto posto all’infinito (figura 1) [19]. Figura 1. L’immagine raffigura un occhio emmetrope e il punto in cui si forma l’immagine. Essendo emmetrope essa si forma sul piano retinico. (http://www.paolo-fazio.com/parlaci/miopiaipermetropia-astigmatismo). Nelle ametropie, invece, i raggi di luce non formano un’immagine a fuoco sulla retina, bensì davanti alla retina (miopia) o dietro (ipermetropia). In entrambi i casi, il risultato è una visione sfuocata dell’oggetto posto all’infinito. La miopia è un’ametropia sferica, in cui il piano focale dell’immagine, costruita dal sistema ottico oculare, si trova prima del piano anatomico della retina e rappresenta uno dei più comuni errori refrattivi (figura 2). La miopia è, di fatto, 7 un significativo problema di salute pubblica globale, con importanti ricadute anche socioeconomiche. Figura 2. L’immagine raffigura un occhio miope e il punto in cui l’immagine si forma, anteriormente al piano retinico. (http://www.paolo-fazio.com/parlaci/miopia-ipermetropiaastigmatismo). Nella miopia possiamo distinguere diverse forme o tipi in base ai differenti criteri di classificazione. In base alla gravità o grado della miopia definiamo: Miopia lieve, con un difetto refrattivo ≤-3.00D; Miopia media, caratterizzata da un errore maggiore, tra le -3.00D e le 6.00D; Miopia elevata, con un errore refrattivo elevato, >6.00D. In base all’età d’insorgenza distinguiamo: Miopia congenita, conosciuta anche come miopia infantile, è presente alla nascita e persiste durante l’infanzia; Miopia giovanile (youth onset myopia) si sviluppa presto nell’infanzia o adolescenza (6-15 anni), e il potere oculare continua a variare fino alla fine dell’adolescenza; in questo tipo è compresa la: 8 o Miopia scolastica (school myopia) appare durante l’infanzia, particolarmente negli anni di scolarizzazione, è attribuita al lavoro prossimale impegnativo durante gli anni scolastici; Miopia adulta, distinguendo ulteriormente tra: o Miopia adulta precoce inizia tra i 16 e i 40 anni; o Miopia adulta tardiva il principio si ha dopo i 40 anni. [20]. Una terza classificazione si basa sui segni clinici: Miopia semplice, la più comune, caratterizzata da un occhio troppo lungo per il suo potere ottico o troppo potente per la sua lunghezza assiale. Fattori genetici e ambientali sembrano contribuire entrambi allo sviluppo della miopia semplice; Miopia degenerativa, caratterizzata da un elevato grado di miopia associato a cambiamenti degenerativi nel segmento posteriore dell’occhio, con marcati segni visibili nel fondo oculare. Questa forma di miopia peggiora progressivamente nel tempo. I cambiamenti degenerativi possono risultare in funzioni visuali abnormali, come una diminuzione dell’acuità visiva con migliore correzione o cambiamenti nel campo visivo. Distacco di retina e glaucoma sono conseguenze molto comuni in questa forma, considerata come una delle principali cause d’invalidità visuale. Miopia notturna, dovuta da un aumento di risposta accomodativa associata a situazioni caratterizzate da bassi livelli di luminosità. A causa di un contrasto insufficiente per uno stimolo accomodativo adeguato, l’occhio assume la posizione di dark focus intermedio, invece di focalizzare all’infinito. Pseudomiopia, risultato di un aumento del potere refrattivo oculare dovuto da sovrastimolazione del meccanismo accomodativo dell’occhio o per spasmo ciliare. La condizione è così chiamata perché il soggetto risulta essere miope solo a causa di risposte accomodative inadeguate. 9 Miopia indotta, secondaria all’esposizione a diversi agenti farmaceutici, variazione degli zuccheri nel sangue, sclerosi nucleare della lente del cristallino, o altre condizioni anomale. Questa miopia è spesso temporanea e reversibile. Queste tipologie di miopia sopra descritte, sono forme della cosiddetta miopia non sindromica. La miopia sindromica, come ci suggerisce il nome, può risultare come sintomo associato ad altri sintomi diversi in patologie complesse (sindromi) che spesso coinvolgono più organi e apparati. Gli errori refrattivi sindromici sono generalmente monogenici o poligenici e possono presentarsi all’interno di un più ampio spettro di segni clinici. La miopia viene riportata come segno in numerose sindromi oculari, può anche essere una caratteristica peculiare in malattie ereditabili del tessuto connettivo. Ad alcune di queste sindromi sono stati associati dei loci genetici, ma nessuno di questi loci trovati risulta essere associato alla forma comune di miopia. In questo elaborato sarà presa in considerazione specificamente la miopia non sindromica. La compensazione della miopia deriva dall’utilizzo delle lenti negative che allungando la focale, permettono la formazione di un’immagine retinica nitida (figura3). Figura3. Occhio miope senza e con correzione di una lente negativa.(www.wikipedia.org). La prima e più usata forma di correzione è l’occhiale in quanto di facile uso e non molto costoso; esso però comporta inevitabili limiti, legati al campo visivo della lente, che aumentano quanto più è elevata la miopia che correggono. Le lenti utilizzate per le miopie moderate ed elevate, inoltre fanno percepire al soggetto 10 un’immagine rimpicciolita, non reale e anche quest’effetto è proporzionale al grado di severità dell’ametropia influenzando la qualità della vita dei pazienti che ne fanno uso. Gli occhiali sono pesanti tanto da essere causa di antiestetici solchi sul naso e spesso limitano il soggetto nella pratica di diverse attività sportive. La qualità visiva migliora con l’applicazione delle lenti a contatto: non c’è rimpicciolimento o distorsione periferica dell’immagine, vengono risolti i problemi di natura estetica e funzionale. Scelta che, con le opportune valutazioni da parte dell’ottico optometrista, riesce a soddisfare le più svariate esigenze (applicazione morbida o rigida monofocale o multifocale, porto diurno, continuo o notturno con le lenti ortocheratologiche), ma che comporta, comunque, un costo per l’acquisto e la manutenzione. 1.2 Rischi e limiti legati alla miopia. La miopia elevata congenita o acquisita può anche essere accompagnata da diverse patologie oculari. Tale errore refrattivo è un fattore di rischio per lo sviluppo di differenti condizioni oculari incluse: degenerazione periferica retinica, cataratte associate all’età, glaucoma e neovascolarizzazione coroidea [21]. La miopia progressiva è caratterizzata da un graduale allungamento del globo oculare accompagnato da cambiamenti degenerativi, che potenzialmente possono portare ad alterazioni fino alla cecità, nella retina e nella coroide [22]. Un occhio che soffre di miopia elevata con una maggiore lunghezza assiale sembra essere più predisposto all’insorgenza di cataratte nucleari, che, inoltre, si presentano con maggiore densità nucleare rispetto a quelle dei soggetti non miopi [23]. Molte occupazioni richiedono requisiti visivi per poter accedere ad esse. Spesso, quindi, soggetti con elevati, ma anche moderati, errori refrattivi devono fare i conti con limitazioni nel lavoro oltre che nella vita personale. Ne sono un esempio i concorsi alla polizia di stato, al ruolo degli agenti e assistenti è ritenuta necessaria un’acuità visiva (AV) di 12/10 binocularmente, con non meno di 5/10 nell’occhio che vede meno ; un visus corretto di 10/10 per ciascun occhio per 11 una correzione massima complessiva di 1D quale somma dei singoli errori refrattivi (www.docvadis.it). Un altro esempio sono i requisiti visivi richiesti nell’accademia della marina militare che impongono un visus corretto di 10/10 in ciascun occhio, se corretto con lenti ben tollerate di massimo -1.75 diottrie. Invece nei concorsi di aeronautica militare, per il ruolo di naviganti normale, è esclusa qualsiasi possibile correzione dell’errore refrattivo (anche con laserterapia), avendo quindi un visus naturale di 10/10 (www.concorsimilitari.it). Ai piloti civili viene richiesta un’AV, con o senza correzione, di almeno 7/10 monocularmente, e almeno 10/10 binocularmente, l’errore refrattivo in ogni caso non deve superare le -3D (www.aviazionecivile.org). Una limitazione più vicina alla vita di ogni giorno è quella imposta nelle patenti di guida dei veicoli. Nella patente di tipo A e B (gruppo 1) il visus corretto o meno deve essere di almeno 7/10, come somma dei due occhi, e l’occhio che vede peggio deve riconoscere almeno i 2/10; per le patenti di tipo C, D e E (gruppo 2) occorre possedere un’AV pari ad almeno 8/10 come somma dei due occhi e l’occhio che vede peggio deve riconoscere almeno i 5/10, raggiungibile anche con correzione purché la differenza tra le due lenti non sia superiore a tre (www.aci.it). I casi di limitazione sono molteplici e, pur essendo spesso, comunque, parametri facilmente superabili, rappresentano uno sbarramento per qualcuno creando esigenze specifiche: necessità di cambiare o rinunciare al lavoro, agli spostamenti, o ad un’attività. Non va dimenticato, inoltre, che la miopia limita diverse abilità visive, non solo la capacità di distinguere dettagli. La sensibilità al contrasto, la visione crepuscolare notturna, solo per fare alcuni esempi, ne risultano coinvolte, peggiorando o modificando diversi aspetti e la qualità della vita. 1.3 Epidemiologia: prevalenza e incidenza. 1.3.1 Prevalenza. A metà del 2007, in tutto il mondo, The World Health Organisation ha stimato circa 703milioni di casi di invalidità visuale a causa di errori refrattivi non corretti, 12 dei casi totali, 158milioni corrispondono a quelli di invalidità visiva in distanza [24]. Uno studio evidenzia che entro l’anno 2020 i casi di miopia saranno 25 miliardi, ovvero un terzo della popolazione del mondo sarà caratterizzata dalla miopia [25]. Uno studio trasversale compiuto tra studenti australiani riporta una prevalenza del 52.5% e del 59.1% nei dodicenni e diciasettenni rispettivamente, provenienti dall’est asiatico; mentre la corrispondente stima di prevalenza nei giovani di etnia europea-caucasica della stessa età è del 8.6% e del 17.7% [26]. Molti studi recenti hanno riportato una considerevole variazione nella prevalenza della miopia tra bambini di diverse etnie, localizzazioni geografiche ed età. Variazioni di prevalenza dovute da diverse localizzazioni geografiche sono state largamente riportate da molti studi. I valori di prevalenza trovati nell’est e sud est asiatico asiatico sono molto più elevati rispetto a quelli trovati nelle altre regioni del mondo. Uno studio sulla prevalenza miopica in Cina mostra un valore del 16.2% di alunni tra i 5-15 anni che presentano tale errore refrattivo e vivono nelle zone rurali della Cina del nord [27]. Mentre nelle città metropolitane della Cina del sud gli studenti della stessa età miopi risultano essere 38.1% in Guangzhou [28] e del 36.7% in Hong Kong [29](i dati sono riassunti nella tabella I). Prevalenza Prevalenza % Studio 12 anni, 17 anni 52.5/59.1 [26] 12 anni, 17anni 8.6/17.7 [26] Cina rurale 5-15 anni 16.2 [27] Cina urbana 5- 15 anni 37.4 [28] [29] Area Geografica Età Est- Asia Europa/ Asia caucasica Tabella I. Percentuale della prevalenza di miopia nelle diverse aree geografiche. 13 Negli adulti i valori di prevalenza sembrano variare nelle diverse fasce d’età. Nello studio “Beaver Dam Eye” la prevalenza di miopia passa dal 42.9%, negli adulti di 43-54anni, a 25.1% negli adulti americani di 55-64anni; un’ulteriore diminuzione risulta nei soggetti di 65-74 anni che mostrano una prevalenza di miopia del 14.8% e poi diminuisce ancora leggermente negli individui di ≥75 anni, stima del 14.4% [30]. Un altro studio, su larga scala, che prende come soggetti individui di 40 anni o più delle aree urbane americane mostra un evidente decremento nella prevalenza dei soggetti miopi aumentando l’età di donne di diverse etnie e uomini bianchi. Emerge anche un modello bimodale tra gli individui afro-americani, con picchi di prevalenza trovati nei soggetti di 40-49 anni e nei soggetti di 80 anni o più. Un modello simile descrive bene, anche la prevalenza della miopia negli adulti di Singapore, che sembra essere, infatti, più alta nei quarantenni e nei settantenni [31]. È ancora un argomento molto dibattuto se queste variazioni di prevalenza miopica correlate all’età siano dovute al tipo di studio longitudinale o al gruppo preso in considerazione [32]. Comunque la distribuzione bimodale della prevalenza miopica sembra attribuibile a due fattori diversi che fanno sì che due età lontane siano i picchi di prevalenza: la lunghezza assiale più lunga nei giovani e la sclerosi nucleare della lente negli anziani che portano, di fatto, ad un aumento della prevalenza della miopia nelle due classi d’età. 1.3.2 Incidenza e progressione. Per quanto riguarda l’incidenza della miopia, un recente studio su studenti australiani di 6 e 12 anni, riporta un’incidenza annuale di miopia del 2.2% nel gruppo più giovane (6.7 ± 0.4 anni in media) mentre nell’altro gruppo (12.7 ± 0.4 anni in media) del 4.1%. I valori di incidenza annuale nell’est asiatico (6.9% nel gruppo più giovane e 7.3% nel gruppo più vecchio) risultano essere molto più alti rispetto ai bambini euro-caucasici (più giovani 1.3% e più vecchi 2.9%). In entrambi i gruppi si è evidenziato un notevole aumento dell’incidenza nel tempo: dal 1.4% al 14.4% nel gruppo più giovane (durante un periodo di 6.1±0.8 anni) e 14 dal 13.0% al 29.6% nel gruppo più vecchio (in un periodo di follow-up di 4.5±0.3 anni) [26] (dati riassunti nella tabella II). Incidenza Area geografica Età Incidenza % Studio Australia 12 anni, 17 anni 2.2 %, 4.1% [26] Est- Asia 12 anni, 17 anni 6.9%, 7.3% [26] Europa/ Asia caucasica 12 anni, 17 anni 1.3%, 2.9% [26] Tabella II. Percentuale di incidenza di miopia nelle differenti aree geografiche per studenti di 12 e 17 anni. Secondo una pubblicazione del 2004, in Taiwan tra il 1983 e il 2000 la prevalenza di miopia nei giovani (7-18 anni) è aumentata significativamente: per gli adolescenti tra i 16 e i 18 anni il valore è variato all’incirca del 14% mentre nei bambini di 7 anni è variato del 262% [33]. Una simile tendenza si nota in un altro resoconto sulle variazioni della prevalenza miopica in 30 anni negli Stati Uniti (tra il 1971 e il 2004). In tutti i gruppi di differenti età la prevalenza della miopia ha subito un significativo aumento in tre decadi. Ad esempio il valore di prevalenza miopica nei giovani americani dai 12 ai 17anni aumenta del 12.0% (1971-1972) al 31.2% (tra il 2000 e il 2004) [34]. In Finlandia, la prevalenza nei bambini di 7-8 anni risulta invece essere rimasta costante, negli ultimi 20 anni, mentre nei giovani di 14-15 anni la prevalenza risulta almeno raddoppiata (da 10.6% a 21.8%) [35]. In conclusione, è largamente riportato che la prevalenza della miopia nelle recenti decadi è aumentata significativamente, se pur non in tutte le fasce d’età e in tutte le aree geografiche considerate (tabella III). 15 Nazione Età Taiwan 16-18 Taiwan Aumento prevalenza in % Anni Studio 14% 1983-2000 [33] 7 262% 1983-2000 [33] Stati Uniti 12-17 19% 1971-2004 [34] Finlandia 7-8 1.4% 20° secolo [35] Finlandia 14-15 10.2% 20° secolo [35] Tabella III. Aumento della prevalenza della miopia in diverse nazioni. 1.4 Impatto socio-economico della miopia. La miopia è la più comune condizione oculare e ha diverse ricadute cliniche, sociali ed economiche. La miopia non corretta risulta essere la maggior causa di invalidità visiva, con ripercussioni da moderate a gravi sulla qualità della vita dell’individuo. Secondo il resoconto più recente, pubblicato da “World Health Organisation” (WHO), basato su dati della popolazione mondiale acquisiti nel 2007, sono stati stimati 158 milioni di casi di invalidità per la visione da lontano causata da errori refrattivi non corretti, considerando invalidità visuale la visione inferiore ai 6/18 nell’occhio migliore. Delle 14 subregioni del mondo incluse nel resoconto del WHO, il numero di casi risulta essere più elevato nella regione del Pacifico occidentale (61.9millioni) seguiti dal sud-est asiatico (54.5 milioni). La perdita del prodotto interno lordo globale dell’invalidità visuale per la visione da lontano causata dall’errore refrattivo non corretto è stimata 202 miliardi di dollari americani annuali, con un significativo aumento nelle ultime due decadi rispetto alle statistiche precedenti allo studio [24]. E’ anche ben documentato che i soggetti miopi, specialmente quelli con miopia elevata, tendono a vedere compromessa la loro qualità della vita dovuta a varie influenze create da fattori funzionali, psicologici, economici e estetici. È riportato che individui con elevata miopia abbiano una qualità della vita significativamente più bassa in termini di visione rispetto ai soggetti con nessuna, media o lieve miopia [36]. Saw e colleghi [37] prendono anche in considerazione la qualità di 16 vita associata alla correzione ottica. Dimostrano che gli individui miopi che indossano occhiali e/o lenti a contatto hanno livelli significativamente più alti di preoccupazione di ferirsi, difficoltà nel far fronte alle esigenze della vita e meno sicurezza nell’adempiere le attività di ogni giorno, se paragonati agli emmetropi. Al contrario negli individui che hanno subito chirurgia refrattiva non risultano particolari differenze di qualità di vita rispetto al gruppo di emmetropi. Questo studio indica che la miopia corretta con occhiali o lenti a contatto ha un impatto negativo negli aspetti relativi alla visione, della qualità della vita delle persone, se paragonate a miopi che hanno subito chirurgia refrattiva. Non emerge necessariamente corrispondenza tra miopia e carattere introverso, come indagato tra i soggetti del GEM study (Genes in Myopia) [38]. 17 2. Fattori ambientali e miopia. 2.1 Attività all’aperto e relazione con miopia. Diversi fattori ambientali sembrano avere un ruolo protettivo o causativo rispetto allo sviluppo o alla progressione della miopia. Mentre lunghi e costanti periodi di lettura o attività prossimali aumentano il rischio di sviluppare miopia, altri fattori ambientali hanno dimostrato un’azione protettiva. Infatti, da studi recenti è emerso che il tempo trascorso in ambienti ampi e all’esterno, immersi nella natura e la pratica di sport all’aperto durante l’infanzia è associato a una diminuzione del rischio di sviluppare miopia [3] [39] [40]. Inoltre il tempo impiegato nelle attività all’aperto, con il suo conseguente effetto benefico sulla miopia, non sembra sostituire le ore dedicate nelle attività prossimali. Interessante è l’evidenza che i fattori genetici possano interagire con la variabile dell’attività all’esterno e il rischio di miopia. Jones et al. dimostrano che la storia refrattiva miopica dei genitori è un importante predittore nei modelli univariati e multivariati. Le ore alla settimana di sport e attività all’esterno hanno differenti effetti quando vengono considerati insieme, come variabile, al numero di genitori miopi: meno ore di sport e attività all’aperto aumentano le probabilità di diventare miope nei bambini con due genitori miopi, probabilità più elevata rispetto ai bambini con uno o nessun genitore miope. La possibilità di divenire miope per i bambini con nessun genitore miope sembra essere più bassa nei bambini con una più alta quantità in ore di sport e attività all’aperto, paragonati a quelli con due genitori miopi. Sherwin et al. nel 2012 [6] realizzano una meta-analisi, riassumendo in una revisione tutti i risultati disponibili e rilevanti riguardanti la relazione tra tempo speso all’aperto e miopia con relativa progressione. Esaminando tutti gli articoli sul tema arrivano alla conclusione che l’aumento del tempo trascorso all’esterno può conferire una modesta, ma significativa, riduzione del rischio dello sviluppo miopico e la sua progressione. Trovano, inoltre, una significativa associazione protettiva tra l’aumento del tempo all’esterno e la prevalenza della miopia in un gruppo di 18 circa 10.000 bambini e adolescenti con età inferiore ai 20 anni: ogni aumento di un’ora alla settimana di tempo trascorso all’esterno è associato ad una riduzione del 2% della probabilità di miopia. Anche se questa rappresenta una debole associazione protettiva, la sua interpretazione dipende dall’unità della misura presa in considerazione. Infatti aumentando di 7 ore il tempo trascorso all’esterno, per settimana, l’associazione protettiva diviene più forte. Un’alta percentuale degli studi disponibili sono stati effettuati nell’est asiatico, dove la prevalenza di miopia è molto elevata e richiede, quindi, maggiori sforzi nella ricerca dei vari meccanismi legati ad essa. Tale relazione sembra essere meno marcata nelle popolazioni che non provengono dall’Asia dell’est. Questo fatto può riflettere la scarsa quantità di tempo speso in attività all’aperto dai bambini che abitano in quell’area, piuttosto che come conseguenza di differenze etniche intrinseche. Rimane possibile che i bambini con miopia trascorrano meno tempo in attività all’esterno rispetto ai bambini non miopi, riflessione supportata da studi sul tipo di personalità tra persone aventi o meno miopia, in più dall’evidenza che in aree urbane, dove si presentano spazi aperti meno ampi, si concentrano maggiormente individui miopi che, conseguentemente, hanno meno possibilità di partecipare a sport e ad attività all’aperto. Il tempo trascorso all’esterno è influenzato da molti fattori, per esempio dall’etnia, da fattori ambientali quali il clima, dai livelli di visibilità e dagli impegni scolastici. Questi risultati, in generale, suggeriscono la necessità di studi controllati, randomizzati, ben strutturati, in modo da investigare l’effetto dell’aumento delle ore di attività all’aperto come un fattore protettivo, riducente il rischio di miopia e la sua progressione per intervenire nella prevenzione in bambini e adolescenti. Esistono miriadi di possibili meccanismi che giustifichino l’effetto protettivo del tempo trascorso in attività all’aperto. Di questi fanno parte l’aumento del rilascio della dopamina retinica in risposta alla luce del sole (la dopamina inibisce l’allungamento assiale nella miopia sperimentale [41], e l’effetto protettivo può essere bloccato dall’antagonista della dopamina, lo spiperone [42]); l’intensità luminosa maggiore in ambienti all’aperto (miosi pupillare, aumento della 19 profondità di campo, diminuzione dello sfocamento e rallentamento della crescita del bulbo) [43], e una richiesta accomodativa inferiore per la visione in lontananza [44]. Una precisa comprensione dei fattori di rischio per la miopia e la sua progressione è necessaria per potere rendere effettive delle strategie di prevenzione all’errore refrattivo preso in considerazione, prevedendo magari anche durante l’orario scolastico attività all’aperto. 2.2 Lavoro prossimale ed istruzione come fattori di rischio per sviluppo della miopia. Già negli anni ottanta era nota la correlazione tra miopia e istruzione infatti Taylor, da un suo studio, riporta che la miopia è presente in maggior percentuale tra i bambini scolarizzati ed istruiti e meno prevalente tra i bambini analfabeti [45]. Si presume che lo sforzo accomodativo durante il lavoro prossimale possa essere un fattore causativo nello sviluppo della miopia [46]. La visione prossimale può influenzare la miopia direttamente attraverso l’accomodazione o indirettamente a causa dei fenomeni ad essa correlati. È stato ipotizzato un processo in tre fasi dell’uso eccessivo dell’accomodazione: Una condizione refrattiva simile alla miopia può essere raggiunta per un eccesso di accomodazione, come se l’accomodazione rimanesse per un tempo superiore al normale parzialmente attiva e, alternando la visione da vicino a lontano, la focalizzazione in distanza risulti temporaneamente difficile; Successivamente, questa condizione si mantiene per lungo tempo e causa un’alterazione della condizione di accomodazione in posizione di riposo o dell’accomodazione minima tale da essere indistinguibile dalla condizione refrattiva non accomodata; Infine, questo stato di accomodazione prolungata causa un’alterazione delle strutture anatomiche tale che l’occhio diviene anatomicamente miope [1]. 20 I dati epidemiologici attuali evidenziano l’aumento apprezzabile, nelle ultime 2/3 generazioni, della prevalenza miopica in diverse aree di tutto il mondo. Poiché i caratteri genetici delle popolazioni non possono essere cambiati significativamente nell’arco di così poco tempo, è improbabile che fattori genetici abbiano giocato un ruolo in questa tendenza, ed è, quindi, più probabile che fattori ambientali abbiano influenzato la maggiore incidenza di miopia che caratterizza queste ultime generazioni. Infatti, molti studi riportano l’associazione tra miopia e fattori ambientali come lo status socio-economico più elevato e raggiungimento di livelli di educazione più elevati. All’interno del contesto del processo di miopizzazione, l’istruzione, lo status socio-economico e l’occupazione sono considerate come variabili correlate al maggiore utilizzo della visione da vicino. Gli studi sulla prevalenza della miopia mostrano un aumento di essa negli abitanti di Singapore con livelli di educazione più elevati, un reddito personale mensile maggiore e occupazione associata al lavoro prossimale [7]. Alti livelli di miopia sono stati trovati anche nei bambini coreani provenienti da famiglie con reddito elevato [47]. I bambini miopi sembrano avere una più forte storia refrattiva familiare nelle famiglie con genitori più istruiti, maggiore reddito, e come occupazione impiegati o professionali. Diversi studi sull’effetto della lettura hanno cercato di dimostrare la diretta relazione tra miopia e attività prossimali, ma tale relazione è molto complessa e ancora poco compresa. Le stime dell’esposizione al lavoro prossimale sono soggette a considerevoli errori di misura. Gli effetti stimati possono variare dipendendo dall’unità di misura scelta, dalla definizione dell’esito, o per l’età, etnia e circostanze sociali dei soggetti studiati. Queste discrepanze nelle caratteristiche e nelle metodologie degli studi possono portare a risultati discordanti. Inoltre, la diffusione della tecnologia attuale come computer, dispositivi di gioco, cellulari e smartphone ha aggiunto un livello di complessità maggiore alla domanda di lavoro prossimale. Lo studio di Saw e colleghi, esaminando le refrazioni di 1204 studenti cinesi tra i 10 e i 12 anni, stima che i fattori di rischio ambientali spiegano solo l’ 11.6% della 21 varianza miopica [37]. Similmente, Mutti trova che fattori come anno scolastico, genitori miopi e lavoro prossimale spieghino solo il 12% della varianza miopica [17]. Nel 2001, Hepsen et al. prendono in considerazione un campione di 177 individui divisi in due gruppi in base all’errore refrattivo di partenza: il primo gruppo (emmetropi) composto da soggetti caratterizzati da un difetto refrattivo tra +0.50D e -0.50D (n=78) e il secondo gruppo formato da soggetti con errore refrattivo tra +1.00D e -1.00D (n=114). Questi due gruppi, analizzati nei tre anni successivi dall’inizio dello studio, vengono suddivisi in due sottogruppi ciascuno separando gli studenti di una scuola privata dagli apprendisti lavoratori specializzati. Nel primo gruppo, dei 41 studenti, 20 subiscono un cambiamento miopico nella refrazione (48.8%) mentre i restanti non mostrano significativi cambiamenti; sempre nel primo gruppo su 37 apprendisti 7 mostrano un cambiamento refrattivo verso la miopia (18.9%), 27 non mostrano alcun cambiamento (73.0%) e 3 subiscono una variazione verso l’ipermetropia (8.1%) (tabella IV). Nel secondo gruppo dei 67 studenti, 40 subiscono un cambiamento verso la miopia (59.7%), 27 non mostrano cambiamenti significativi; dei 47 apprendisti, 10 (21.3%) mostrano un cambiamento refrattivo verso la miopia, 34 (72.3%) non mostrano alcun cambiamento e 3 (6.4%) subiscono un cambiamento verso l’ipermetropia (tabella V). Dai dati si evince che la progressione miopica risulta essere più significativa nei soggetti frequentanti la scuola privata rispetto agli apprendisti. La maggior parte dei cambiamenti refrattivi nel primo gruppo è stata riscontrata nei primi 18 mesi di studio. Quest’analisi non mette in evidenza l’esatta causa della progressione; la spiegazione più ragionevole è che i 18 mesi considerati corrispondano al primo anno per questi studenti nella loro scuola secondaria privata e quindi ad una maggiore quantità di studio. Anche gli apprendisti devono comunque eseguire lavori da vicino, e nei risultati si evidenzia una significativa differenza tra i due gruppi basata principalmente sulle ore trascorse in attività prossimali. Il cambiamento miopico in questo studio è stato associato ad un aumento statisticamente significativo nella media della 22 profondità della camera anteriore, della profondità della camera vitrea e conseguentemente della lunghezza assiale. In conclusione quindi da questo studio possiamo trarre che la lettura e le attività prossimali, ovvero fattori ambientali, possano causare un cambiamento miopico nei giovani adolescenti, che è attribuibile alla visione prossimale sostenuta [9]. Gruppo 1 (ER ± 0.50D) Studenti (n=41) Cambio miopico 20 (48.8%) Nessun cambio Apprendisti (n=37) Cambio ipermetropico 21 (51.2%) 0 Cambio miopico Nessun cambio Cambio ipermetropico 7 (18.9%) 27 (73.0%) 3 (8.1%) Tabella IV. Cambiamenti refrattivi degli studenti e degli apprendisti emmetropi, nell’arco di 3 anni. [9] Gruppo 2 (ER ± 1.00D) Studenti (n=67) Apprendisti (n=47) Cambio miopico Nessun cambio Cambio Cambio ipermetropico miopico Nessun cambio Cambio ipermetropico 40 (59.7%) 27 (40.3%) 0 34 (72.3%) 3 (6.4%) 10 (21.3%) Tabella V. Cambiamenti refrattivi degli studenti e degli apprendisti non emmetropi, nell’arco di 3 anni. [9] Un altro studio prende come campione bambini dai 7 ai 9 anni. Dei 1005 soggetti l’8.1% presenta miopia di grado elevato e il 24.3% miopia lieve. I valori di prevalenza, in generale, sono più alti nei bambini cinesi (37.0%) che nei bambini non cinesi (19.9%) presi in considerazione. È evidente anche un’associazione positiva tra miopia elevata e status socioeconomico considerato nei termini dei redditi familiari più elevati e istruzione avanzata dei genitori. Inoltre, nei bambini cinesi emerge una significativa associazione tra miopia elevata e libri letti alla settimana, utilizzo del computer (valore due volte più alto di miopia elevata) e lezioni di musica; e se, in particolare hanno almeno un genitore miope, presentano l’inizio dello sviluppo miopico in età precoce. Mentre nei bambini 23 non cinesi nessuna di queste associazioni è significativa. Inoltre i bambini che leggono più di due libri alla settimana e che hanno almeno un genitore miopie presentano una lunghezza assiale maggiore, che non risulta essere una relazione statisticamente significativa, se non associata alla miopia, mettendo in evidenza che l’associazione tra miopia e lavoro prossimale è più forte nei bambini cinesi che in quelli non cinesi. Questo suggerisce, ancora una volta, che il lavoro prossimale e altri fattori ambientali possano influenzare diversamente il possibile sviluppo di errori refrattivi nei bambini cinesi rispetto ai non cinesi. Nel modello multivariato, il fattore di rischio più forte per miopia elevata sono i libri letti alla settimana, seguiti dall’età, dalla miopia presente o meno nei genitori e dal tipo di scuola frequentata. Tali fattori predicono, indipendentemente, la miopia di alto grado. Altri studi mettono in evidenza che i bambini miopi hanno maggiore probabilità di avere genitori miopi e di provenire da famiglie con un più elevato status economico [31] [48]. È postulato che lo status socioeconomico possa essere un surrogato di fattori ambientali di stili di vita come i traguardi accademici, abilità intellettive o lavoro prossimale. Il tipo di scuola è stato associato alla miopia e può essere un surrogato di altri fattori ambientali correlati alla miopia: intelligenza, personalità, o altri non identificati fattori di rischio ambientali. Questo studio in qualche modo prova ulteriormente la correlazione tra miopia e lavoro prossimale, ma non risolve il dubbio se le attività a distanza ravvicinata siano un fattore di rischio per lo sviluppo di miopia o se sia un surrogato di altri fattori ambientali o genetici [49]. Sempre nel 2002, Mutti nota che i bambini miopi trascorrono più tempo in attività prossimali, per compiti scolastici e lettura di piacere, e meno in attività sportive, paragonati agli emmetropi [17]. Le ore impiegate nella visione della TV o nel gioco con videogame è uguale in tutti e tre i gruppi (miopi, emmetropi, ipermetropi). I bambini emmetropi e ipermetropi si eguagliano nell’utilizzo delle ore per le diverse attività (tabellaVI). 24 Attività Tutti i soggetti (n=366) Miopi Emmetropi Ipermetropi (n=67) (n=271) (n=28) Studio 9.4 ± 5.7 11.2 ± 7.2* 8.9 ± 5.2* 9.4 ± 4.9 Lettura di piacere 4.4 ± 4.5 5.8 ± 4.8* 4.1 ± 4.6* 3.6 ± 2.9 Tv 8.3 ± 5.9 9.2 ± 6.8 8.3 ± 5.7 6.6 ± 4.5 Video-game e computer 2.3 ± 3.3 2.7 ± 4.1 2.2 ± 3.2 1.4 ± 1.8 Sport 9.3 ± 6.4 7.4 ± 6.7* 9.7 ± 6.2* 9.8 ± 7.9 Tabella VI. Paragone tra le ore trascorse da soggetti miopi, emmetropi e ipermetropi per le attività prese in considerazione in questo studio. Tra emmetropi e ipermetropi nessun paragone è significativo. Paragoni tra miopi e emmetropi sono significativi come sottolineato nella tabella*. I dati sono espressi come ore in media ± DS. [17]. I punteggi dei test di profitto (utilizzando il test Iowa Tests of Basic Skills) sono più alti nei bambini miopi che negli emmetropi, nell’area della lettura e della lingua, sia considerando i percentili nazionali che quelli locali. Mentre paragonati ai bambini ipermetropi, i bambini miopi realizzano un maggior punteggio nell’area della lettura sia percentile nazionale che locale, nella lingua nazionale, ma non in quella locale, questa inconsistenza può dipendere dalla fonte dei punteggi, suggerendo che l’associazione tra miopia e i risultati di lettura misurati da ITBS possa essere debole. Una delle difficoltà nel valutare questi fattori di rischio è la loro interconnessione, e il loro potenziale, di confondere l’associazione con la miopia. Infatti punteggi nell’area della matematica non mostrano differenze tra i tre gruppi, mentre punteggi più alti dei bambini miopi in lettura e lingua sembrano essere il risultato di un comfort visivo maggiore durante il test. Pertanto risultati simili nella parte di matematica suggeriscono che ogni gruppo refrattivo può vedere egualmente bene il test, ma che i gruppi possano differire in abilità specifiche nel linguaggio (tabella VII). 25 ITBS subtest Tutti i soggetti Miopi Emmetropi Ipermetropi (n=67) (n=271) (n=28) (n=366) Nazionale Lettura 79.6 ± 23.2 82.9 ± 23.7!^ 79.2 ± 23.1! 75.3 ± 22.9^ Lingua 82.8 ± 19.0 86.6 ± 17.7!^ 82.2 ± 19.2! 790 ± 20.2^ Matematica 83.8 ± 19.8 84.1 ± 21.4 83.5 ± 20.0 86.3 ± 13.6 Lettura 53.7 ± 29.6 62.5 ± 31.0! 52.6 ± 28.9! 41.5 ± 26.6 Lingua 55.1 ± 28.8 64.2 ± 29.7!^ 53.2 ± 28.1! 52.2 ± 29.2^ Matematica 54.5 ± 28.5 57.4 ± 29.6 53.6 ± 28.4 59.7 ± 26.7 Locale Tabella VII Paragone tra i punteggi dei test locali e nazionali, di diversi ambiti, tra i soggetti miopi, emmetropi ipermetropi. Tra emmetropi e ipermetropi i paragoni non sono significativi. Tra miopi e emmetropi sono significativi come sottolineato nella tabella !. Tra miopi e ipermetropi i dati significativi sono sottolineati nella tabella^. I dati sono espressi in punteggi medi ± DS. [17]. Ip studia un campione di studenti australiani di 12anni, dimostrando che le principali attività prossimali sono lo studio e l’uso del computer, anche se ci sono differenze nei sottogruppi per etnie, sesso e scolarizzazione [50]. Le ragazze dedicano più tempo dei loro coetanei di sesso maschile nelle attività prossimali; per quanto riguarda l’etnia, in totale gli studenti euro-caucasici trascorrono meno ore in attività da vicino rispetto agli studenti dell’est asiatico. In generale esiste solamente una debole correlazione tra equivalente sferico e lavoro prossimale, quest’ultimo si associa debolmente anche con la lunghezza assiale e la curvatura corneale. I bambini che riportano una lettura continuativa per lunghi periodi di tempo tendono a sviluppare miopia, quest’attitudine però non raggiunge una significatività statistica e non risulta neppure avere una relazione con la lunghezza assiale tanto meno con la curvatura corneale. Trascorrere molto tempo nella pratica di attività all’esterno, invece, tra gli studenti adolescenti di Singapore, viene associato ad una refrazione ipermetropica più lieve. Eseguendo il modello multivariato, le associazioni significative con la miopia risultano essere l’etnia, il tipo di scuola, la presenza di miopia nei genitori, la lettura continuativa per 30min o più e la distanza di lettura ravvicinata (meno di 30 cm). In 26 conclusione, in questo studio, vengono associate alla miopia le ore trascorse nella lettura continuata (>30 min) (debole correlazione) e la distanza ravvicinata (correlazione significativa). [51]. A un anno dallo studio di IP, Lu prendendo in considerazione un campione di, ragazzi con età media 14.7 anni, provenienti da un area rurale cinese, non trova nessuna evidenza nella relazione tra maggior tempo trascorso in attività prossimali e miopia. Trova, invece, associazione tra una minore distanza per le attività prossimali e la miopia. L’associazione può essere interpretata in due modi: come un’ulteriore evidenza dello sviluppo della miopia causata dal lavoro prossimale, oppure che la distanza di lettura ridotta sia una conseguenza della più corta lunghezza focale del sistema ottico, propria dei miopi non corretti da lenti [52]. Anche studi su studenti universitari supportano la teoria che il lavoro prossimale sostenuto influenzi la progressione e lo sviluppo miopico nel soggetto. Per esempio Klinge et al. paragonano lo stato refrattivo tra gli studenti universitari in Norvegia e la popolazione generale nei paesi della Scandinavia. La popolazione generale mostra una prevalenza miopica significativamente più bassa (33%) nei confronti degli studenti (47%) [53]. Oltre all’alta prevalenza di miopia tra gli studenti universitari, i risultati di questi studi dimostrano che, mentre sono impegnati in attività che richiedono periodi significativi di lavoro prossimale concentrato (per esempio: 7ore alla settimana di lettura di articoli scentifici [54], la maggior parte degli studenti (da 40% a 80%) mostra un peggioramento del proprio errore refrattivo e diventa più miope [55] [56] [57] [58]. Basandosi su queste investigazioni, Jiang et al. studiano un campione di studenti al primo anno di optometria dividendoli in tre gruppi: soggetti miopi, ipermetropi ed emmetropi. Dopo i primi nove mesi di studio l’errore refrattivo tra gli studenti universitari miopi subisce un cambiamento significativo, per gli altri due gruppi le variazioni refrattive non sono significative. La progressione miopica è continua durante ogni semestre, ma cessa durante le vacanze invernali. Gli autori confrontano anche sette diverse attività visive e il loro impiego nel primo 27 semestre e nelle vacanze invernali (lavoro in classe, lettura e scrittura, guardare la televisione, lettura di piacere, attività all’aperto, attività all’interno e lavoro al computer); tutte, eccetto il lavoro al computer, in numero di ore per giorno, sono significativamente differenti tra il semestre e il periodo di vacanza. Durante il periodo di studio gli studenti spendono 10.23 ± 2.26 ore al giorno per il lavoro in classe, per la lettura e per la scrittura collegata allo studio accademico e per il lavoro al computer, mentre in vacanza trascorrono solo 3.14 ± 3.37 ore al giorno per queste attività correlate al lavoro prossimale. Al contrario per le attività quali guardare la televisione, lettura di piacere, attività all’esterno e all’interno durante il semestre le ore che utilizzano sono 4.15 ± 2.03 al giorno, mentre in vacanza sono 8.56 ± 3.81 ore al giorno (tabella VIII). Periodo dell’anno Attività prossimali legate allo studio Attività all’aperto, ore di TV e lettura di piacere Semestre di studio 10.23 ± 2.26 4.15 ± 2.03 Vacanze invernali/estive 3.14 ± 3.37 8.56 ± 3.81 Tabella VIII. Ore dedicate alle diverse attività dagli studenti nel periodo di studio universitario e durante le vacanze estive e invernali. I dati sono espressi in ore in media ± DS. [8]. Questi dati indicano chiaramente che la richiesta di lavoro prossimale cala significativamente durante il periodo di vacanza. Tutto ciò conferma che il lavoro prossimale è un importante fattore nello sviluppo miopico per gli studenti universitari e suggerisce che la progressione miopica in questi studenti possa essere interrotta da un semplice evento, come per esempio le vacanze [8]. Un altro aspetto da valutare come fattore dell’attività prossimale è la miopia transiente indotta dal lavoro prossimale (nearwork-induced transient myopia, NITM). Questo tipo di miopia si riferisce ai piccoli e momentanei cambiamenti miopici in un punto lontano riscontrato dopo un periodo di lavoro prossimale sostenuto. La NITM riflette un’inabilità della lente cristallina di ridurre il suo potere appropriatamente e rapidamente, risultando in un fenomeno 28 effetto/isteri accomodativa. La miopia transiente può essere influenzata da vari fattori: la durata del compito a distanza prossimale, errore refrattivo, età, richiesta diottrica e fattori cognitivi. L’ampiezza della NITM iniziale e la durata del decadimento sono due parametri chiave utilizzati per descrivere la risposta accomodativa per un punto lontano dopo una mansione di lavoro prossimale sostenuta. L’ampiezza iniziale della NITM è definita come la differenza diottrica tra lo stato refrattivo immediato pre- e l’immediato post-compito prossimale. La durata di decadimento rappresenta la quantità di tempo per questa risposta accomodativa momentanea utile a ritornare ai livelli base prima del compito prossimale. Lin et al. nel 2012, prendono come campione bambini miopi, ipermetropi e emmetropi di 7 anni per investigare alcuni aspetti della miopia transiente indotta dal lavoro prossimale. Trovano che l’ampiezza della NITM iniziale è significativamente e consistentemente più alta nel gruppo di bambini miopi rispetto agli altri bambini ipermetropi e emmetropi (tabella IX) [59]. Risultati simili sono stati trovati anche riguardo al tempo di decadimento considerando tutte e tre i gruppi. Questi risultati concordano con uno studio precedente di Wolffsohn et al. [60] che ricerca le caratteristiche della miopia transiente in 45 preadolescenti miopi ed emmetropi con età media di 7.5 anni. Viene riportato che l’ampiezza della NITM iniziale è significativamente più elevata nei miopi rispetto agli emmetropi; inoltre non risulta esserci una significativa riduzione nella NITM durante l’intervallo di tre minuti dopo il compito prossimale. Questi risultati suggeriscono che i preadolescenti miopi di Hong Kong sono più suscettibili, rispetto ai loro compagni emmetropi, allo sfocamento indotto. Questo è coerente con una ricerca precedente. Quest’ultima evidenzia che il 30% dei bambini bianchi americani, tra i 4 e i 10 anni, mantengono un’elevata, e non decaduta NITM, durante l’intervallo dei tre minuti, dopo la mansione di 5 minuti di lavoro prossimale sostenuto eseguito binocularmente [61]. La differenza tra i risultati riguardanti la miopia transiente sono collegati alla condizione visiva (test eseguito monocularmente o binocularmente). Nel secondo studio viene utilizzata 29 la visione binoculare, nella quale la vergenza accomodativa indotta potrebbe aver ridotto il generale sfocamento causato e, quindi, ridotto anche la NITM. Anche se la NITM non è stata indotta in tutti gli studenti in ognuno dei tre gruppi refrattivi, la più bassa porzione di NITM non indotta si trova nel gruppo dei miopi paragonati agli emmetropi e ipermetropi. La percentuale di studenti che esprimono l’incompleto decadimento della NITM è significativamente più alto nei miopi rispetto ai coetanei ipermetropi e emmetropi (tabella IX). Perciò gli occhi miopi dimostrano essere suscettibili all’errore refrattivo sia rispetto all’ampiezza della NITM iniziale sia al tempo di decadimento di essa. Simili risultati sono stati riportati in altri due studi, nei quali la miopia transiente è stata testata in giovani adulti. Vera-Diaz et al. riportano che dopo 10 minuti della mansione del lavoro prossimale in un gruppo di 13 miopi progressivi, con età tra i 18 e i 27 anni, la miopia transiente media non decade completamente ai valori base durante l'intervallo di 2 minuti dopo il compito [62]. Più recentemente, Vasudevan e Ciuffreda [63] testano la possibile conseguenza dell'additività della miopia transiente e le caratteristiche del decadimento, caratteristica nei giovani adulti miopi e emmetropi dopo due ore di lettura continuativa. Approssimativamente il 35% dei miopi e il 33% degli emmetropi mostra un aumento della miopia transiente con incompleto decadimento dopo la prima ora di lettura. Queste percentuali aumentano bruscamente fino al 80% e al 60% dei miopi e degli emmetropi, rispettivamente, dopo la seconda ora di lettura continuativa. Questa tendenza comune tra miopi ed emmetropi trova valore valutando cosa si intende per emmetropi, ossia soggetti con un errore refrattivo -0.50D < ER≤ +0.50D.Le percentuali di studenti nel presente studio con decadimento incompleto della NITM in entrambi i gruppi refrattivi, mostrano simili tendenze agli studenti dello studio sopra citato, suggerendo che la NITM sia un fenomeno accomodativo considerevole. Un’altra interessante scoperta dello studio di Lin et al. è che circa il 30% degli ipermetropi mostra un decadimento incompleto. La ragione di ciò rimane sconosciuta. 30 NITM Ampiezza NITM iniziale (D) Miopi Emmetropi Ipermetropi 0.18 ± 0.16 0.9 ± 0.13 0.10 ± 0.19 19.6 29.0 Decadimento incompleto (%) 37.9 Tabella IX. Valori della miopia transiente indotta dal lavoro prossimale nei bambini miopi, emmetropi e ipermetropi. I valori dell’ampiezza iniziale di NITM sono espressi in diottrie in media ± DS [59]. Tuttavia tutti gli ipermetropi presi in considerazione in questo studio sono studenti della scuola primaria (8.4±1.1 anni di età media) con potenziale predisposizione alla miopia, all’aumentare del livello scolastico e dell’aumento del lavoro prossimale corrispondente. Una verifica della NITM e dell’errore refrattivo nei seguenti due anni dovrebbe provare il cambiamento miopico previsto precedentemente. Concludendo, l’incompleto decadimento della miopia transiente sembra essere una caratteristica relativamente comune e un possibile guadagno nella conoscenza della natura potenzialmente miopica nel futuro. Una successiva valutazione di questi bambini nei prossimi 3 anni porterà alla conoscenza del possibile ruolo della NITM nello sviluppo della miopia permanente durante il periodo scolastico [59]. 2.2.1 Lavoro prossimale e risposte accomodative e del sistema di vergenza. Nel lavoro prossimale un aspetto fondamentale è il processo dell’accomodazione. Le attività da vicino, infatti, richiedono l’attivazione dell’accomodazione e del sistema di vergenza per raggiungere una chiara e singola visione binoculare. Numerosi studi hanno dimostrato che una fissazione prossimale sostenuta induce adattamento dell’accomodazione e dei sistemi di vergenza. Nel 2002 M. Rosenfield studia le risposte accomodative di target a distanza prossimale in 23 giovani (età media 23.0 anni) emmetropi, miopi e un ipermetrope, nessuno dei soggetti presenta astigmatismo superiore alle 0.75D. I risultati non portano ad una significativa correlazione tra il gradiente richiestarisposta accomodativa né della progressione miopica o, complessivamente, cambi nell’errore refrattivo. L’unica significativa evidenza è un basso gradiente stimolo-responso accomodativo nei miopi stabili. Anche se il periodo di 31 sperimentazione è relativamente breve, questi risultati suggeriscono che prima dello sviluppo della miopia non si verificano cambiamenti nel gradiente. Quando vengono presentati i marcatori prossimali, convergenti, d’induzione dello sfocamento per l’accomodazione, si evidenzia che ogni variazione che si verifica nel gradiente stimolo-responso possa essere in funzione dell’essere miope, piuttosto che rappresentare uno stimolo per un possibile sviluppo di un errore refrattivo. Emerge anche che lo sviluppo della miopia non è associato a un aumento del lag accomodativo. Infatti, i soggetti che mostrano una elevata progressione miopica hanno più piccoli lag di accomodazione. Di nuovo, questo sta ad indicare che il cambiamento della risposta accomodativa è influenzato dalla miopia. In conclusione dai dati di questo studio possiamo dedurre che quando tutti i marcatori per l’accomodazione vengono presentati, l’ampiezza dell’errore accomodativo è indipendente dallo sviluppo dell’errore refrattivo. I dati non supportano, quindi, la proposta che lo sviluppo della miopia in giovani adulti sia accompagnata da una risposta accomodativa ridotta durante il lavoro prossimale [64]. Un altro studio indaga, in un periodo 12 mesi, se le anomalie accomodative sono collegate all’errore refrattivo, all’età di inizio della miopia o alla progressione della miopia, misurando un’ampia gamma di funzioni accomodative, in soggetti miopi e non miopi, per determinare se esistano differenze tra i due gruppi. Esamina anche la correlazione tra le varie funzioni accomodative per vedere se queste sono co-dipendenti, e, mediante un modello a regressione multipla per vedere se le funzioni accomodative sono influenzate dalla progressione della miopia. Emerge una correlazione significativamente positiva tra l’errore refrattivo e l’ampiezza accomodativa, accomodazione attraverso foro stenopeico e il lag accomodativo binoculare a 33 cm. I non miopi mostrano in media delle ampiezze accomodative significativamente più elevate dei miopi. Le due migliori funzioni accomodative indipendenti che fungono da predittori della progressione miopica sono il lag binoculare di accomodazione in distanza prossimale (33cm) e la facilità accomodativa monoculare prossimale (tabella X). 32 Soggetti Facilità accomodativa (risposta positiva) (cicli/minuto) Ampiezza accomodativa (D) Miopi Monoculare 2.53 ± 3.21 Binoculare 2.17 ± 1.08 8.12 ± 0.96 Emmetropi 1.86 ± 0.96 1.77 ± 0.81 8.88 ± 1.01 Tabella X. Valori delle funzioni accomodative significativamente diverse tra i soggetti miopi e emmetropi. I dati della facilità accomodativa sono espressi in media dei cicli al minuto ± DS. I dati dell’ampiezza accomodativa sono espressi in media delle diottrie ± DS. [65]. Tali risultati sono in accordo con studi passati che dimostrano un aumento del lag accomodativo negli individui con miopia progressiva. Il tempo di risposta positiva nella facilità accomodativa è più lungo nei partecipanti che diventano più miopi. I ritardi nell’ottenere l’immagine a fuoco, quando cambia la fissazione da lontano a vicino, possono portare a brevi periodi di defocus ipermetropico. Se questo defocus retinico si accumula in aggiunta al defocus che si presenta durante l’esecuzione del test, allora possono verificarsi periodi considerevoli di defocus. Il defocus accumulato dovrebbe essere massimo nelle persone che trascorrono più tempo durante il giorno cambiando continuamente punti di fissazione, per esempio tra la lettura e un punto visuale più distante, come succede all’interno della classe agli studenti. Si conferma quindi che il lag accomodativo è un significante predittore di progressione miopica. Riassumendo, le due funzioni accomodative chiave, che differenziano gli individui con un errore refrattivo stabile e individui che mostrano un aumento di esso verso la miopia, sono la facilità accomodativa e il lag accomodativo [65]. Nel 2006 Harb et al., prendendo in considerazione un campione di adulti miopi ed emmetropi non trovano nessuna differenza statisticamente rilevante tra i lag accomodativi dei due gruppi, anche dopo un periodo di 2-3 min di lettura prossimale sostenuta. I miopi adulti mostrano una maggiore variabilità della risposta accomodativa, durante periodi estesi di lettura in termini sia della deviazione standard della risposta accomodativa sia del potere delle microfluttuazioni accomodative. In conclusione in questo ricerca emerge che nei soggetti adulti con miopia stabile, la media dell’ampiezza accomodativa della 33 risposta, durante un periodo esteso di lettura, è virtualmente identico a quello degli adulti emmetropi. Tuttavia, trovano più variabilità accomodativa nei miopi, concordemente con l’ipotesi che i miopi siano meno sensibili al defocus. Inoltre le piccole fluttuazioni nella risposta accomodativa può essere individualmente troppo piccole per stimolare la crescita del bulbo oculare e l’integrazione nel tempo delle fluttuazioni durante periodi di lettura sostenuta possa essere sufficiente per produrre un segnale sfocato che induce miopia [46]. Similmente, nel 2008 Langaas et al. non trovano nessuna differenza nel lag accomodativo tra i giovani miopi e quelli non miopi, mentre, tra i due gruppi emergono differenze significative nella variabilità della risposta accomodativa. Quest’ultima aumenta all’aumentare del grado di miopia. Il gruppo di bambini emmetropi mostra un aumento lineare nella variabilità della risposta accomodativa con l’aumento della domanda dei target; invece i bambini miopi dimostrano di avere un’ampia variabilità nella risposta accomodativa al target di 0.25D, nessun aumento nella variabilità al target da 2D e un più grande aumento, e un più grande aumento al target da 4D, rispetto al gruppo emmetrope [66]. Lo stesso pattern della variabilità della risposta accomodativa viene seguito da soggetti adulti emmetropi e miopi presi in considerazione nello studio di Day et al., in particolare il modello di variabilità degli adulti con miopia tardiva è simile a quello dei bambini con miopia precoce, questo porta a supportare un ruolo di un aumento della variabilità della risposta accomodativa nell’eziologia di entrambe le miopie: precoce e tardiva [67],poiché l’aumento di essa risulta in un’immagine retinica sfuocata quando viene integrata nel tempo. Questo potrebbe causare il fallimento nell’emmetropizzazione producendo un significativo allungamento del bulbo oculare [68]. Tuttavia, è possibile anche che l’aumento della variabilità sia prodotto dalla miopia come dimostrato per il lag accomodativo sia nella miopia sia tardiva sia in quella precoce [69] [70]. 34 3. Fattori genetici: la miopia come malattia multifattoriale. 3.1 Breve introduzione ai concetti chiave della genetica di malattie complesse. 3.1.1 Genotipo e fenotipo. Il genotipo di un individuo può essere definito come l’insieme delle caratteristiche genetiche di un individuo. Un gene è definibile come una regione del genoma (locus ovvero una sequenza di DNA) che codifica per un prodotto proteico o per un RNA funzionale. Sequenze diverse del gene, le varianti alleliche, loci allelici o alleli, possono essere osservate in diversi individui di una specia. Le varianti alleliche possono determinare differenze nel fenotipo (dal greco phainein, che significa "apparire", e týpos, che significa "impronta"). Un carattere ereditario, ovvero una caratteristica osservabile del fenotipo di un individuo, può essere ereditato nelle generazioni in modo Mendeliano o in modo più complesso. Un carattere determinato da un singolo gene si dice Mendeliano (monogenico), mentre se è dipendente da più geni si dice poligenico. Un tratto poligenico riflette l’attività di più di un gene. I caratteri Mendeliani possono essere riconosciuti dalle tipiche modalità di trasmissione negli alberi genealogici. Un esempio delle modalità di trasmissione dei caratteri mendeliani negli alberi genealogici può essere la malattia Huntington che è una patologia a ereditarietà autosomica dominante. Figura 4. Albero genealogico della malattia di Huntington. (http://upload.wi kimedia.org/wiki pedia/commons/ thumb/e/e0/Auto somal_Dominant _Pedigree_Char t2.svg/513pxAutosomal_Dom inant_Pedigree_ Chart2.svg.png). 35 L’albero genealogico mostrato in figura 4 illustra il modello di ereditarietà della malattia: ogni discendente di un individuo affetto avrà un rischio del 50% di ereditare l'allele mutante e quindi di essere colpito dalla malattia. Questa probabilità è indipendente dal sesso e il fenotipo “non salta” generazioni. La maggior parte dei caratteri determinati geneticamente nell’uomo non si comporta in modo mendeliano poiché controllata da più loci genici. I caratteri poligenici comprendono caratteri determinati da due o pochi geni con un effetto importante (oligenici) e caratteri sotto il controllo di numerosi geni diversi, ciascuno dei quali contribuisce al fenotipo in modo più o meno decisivo. Sia i caratteri monogenici sia quelli poligenici possono anche essere multifattoriali, ovverosia influenzati anche dall’ambiente. I caratteri poligenici non influenzati dall’ambiente si dicono poligenici puri e sono molto rari: ad esempio, il colore degli occhi è vicino a essere puramente poligenico. La maggior parte dei caratteri comuni come l’altezza, il colore della pelle, il peso corporeo sono caratteri poligenici multifattoriali. La predisposizione alla maggior parte delle malattie più diffuse, quali cancro, diabete e malattie mentali, così come alcune tendenze comportamentali hanno ereditarietà multifattoriale. Nel caso dei caratteri multifattoriali, la relazione tra genotipo e ambiente può essere molto complessa, e il contributo al fenotipo di un singolo allele di un gene è più difficile da identificare e prevedere, a causa delle azioni combinate degli altri geni e dell’ambiente. Una condizione poligenica multifattoriale può riflettere i contributi additivi di diversi geni. Come già accennato, ogni gene conferisce un certo grado di suscettibilità, ma l’influenza di diversi geni non è necessariamente di ugual peso. Inoltre gli effetti di più geni possono non essere semplicemente additivi, ma prevedere delle sinergie più complesse. I caratteri monogenici sono qualitativi o discreti, e spesso forniscono un fenotipo “tutto o niente”, così come “normale” rispetto ad “affetto”. Per un tratto poligenico, l’azione combinata di molti geni produce spesso una “variazione continua” del fenotipo, che viene indicato anche come carattere quantitativo. In alcuni casi, la presenza del fenotipo qualitativo (ad es. labiopalatoschisi, “labbro 36 leporino” o palato normale) è probabilmente dovuta ad un effetto soglia, oltre il quale si manifesta il fenotipo. Le sequenze di DNA che contribuiscono ai caratteri poligenici sono chiamate loci di caratteri quantitativi o continui, o QTL (da Quantitative Trait Locus). Se un carattere mostra una variazione continua generalmente è anche poligenico. In altre parole, è la componente multigenica del carattere che contribuisce alla variazione continua del fenotipo. Presi singolarmente, i geni che conferiscono un carattere poligenico a un individuo seguono le leggi di Mendel ma, nel loro insieme, non producono rapporti fenotipici tipici di un singolo gene. Essi sono tutti fattori che contribuiscono al fenotipo, senza che relazioni di dominanza e recessività tra i diversi alleli di ciascun gene siano facilmente riconoscibili. Alcuni geni contribuiscono più di altri ad un carattere poligenico. Considerando un singolo gene, diversi alleli possono inoltre avere effetti diversi sul fenotipo a seconda di come modificano esattamente una proteina codificata, le caratteristiche funzionali o l’espressione di questa. Il tipo di variabilità riscontrata nella popolazione differenzia in modo sostanziale i caratteri quantitativi da quelli qualitativi: mentre i fenotipi di caratteri mendeliani possono essere facilmente raggruppati in classi distinte sulla base di un solo criterio di discriminazione (variabilità discontinua), nel caso di caratteri quantitativi ciò non è possibile perché fenotipi si distribuiscono entro un certo ambito di valori-limite senza soluzione di continuità (variabilità continua), tanto che l’osservatore è costretto ad utilizzare criteri arbitrari di discriminazione per procedere alla classificazione. La maggior parte delle misure di caratteri quantitativi presenta distribuzioni rapportabili a Gaussiane, per cui possono essere descritte usando i parametri tipici delle distribuzioni normali. I caratteri quantitativi presentano, dunque, una variabilità continua, tuttavia alla base di questa variabilità sta la variabilità discontinua generata dalla segregazione di ogni singolo locus. Aumentando il numero di loci aumenta anche il valore di classi genotipiche. Le differenze di valore fenotipico tra le diverse classi diminuiscono con l’aumentare del numero di loci implicati nella 37 determinazione del carattere. Inoltre, la variabilità dovuta a cause non genetiche ma ambientali contribuisce ad annullare eventuali discontinuità tra i fenotipi associati ai diversi genotipi (combinazione di alleli in diversi geni), rendendo spesso molto difficile l’analisi dei determinanti genetici dei caratteri quantitativi [71]. 3.1.2 Valore fenotipico. La misura del carattere quantitativo viene definita “valore fenotipico”. Esso è determinato dall’azione di due componenti: il genotipo (G), che rappresenta un particolare assortimento di geni posseduto da un individuo; l’ambiente (E) che è l’insieme delle circostanze non-genetiche in grado di influenzare l’espressione del carattere. Le due componenti, allora, possono agire additivamente nel senso che l’espressione fenotipica è la somma del genotipo e delle deviazioni casuali che l’ambiente esercita sul carattere in esame. L’Equazione fondamentale della genetica quantitativa è pertanto: in cui P: il fenotipo; G: valore genotipico; E: deviazione che l’ambiente esercita sull’espressione del carattere. Poiché le deviazioni ambientali calcolate su tutta la popolazione animale sono distribuite normalmente e, in quanto casuali, la loro somma è zero, la media del valore fenotipico in una popolazione è uguale alla media del valore genotipico; in altri termini per una popolazione animale abbastanza numerosa, il fenotipo medio è uguale al genotipo medio e quindi (P = G). µ : media delle condizioni ambientali comuni al gruppo di animali cui l’individuo i appartiene; Gi: il valore genotipico dell’individuo i; Ei: rappresenta l’insieme degli effetti ambientali (E = environment) che hanno influenzato il fenotipo dell’animale [72]. Assumendo per semplicità che non vi 38 siano interazioni genotipo/ambiente la quota di origine genetica della varianza fenotipica osservata in una popolazione, viene definita ereditabilità (h 2): Il valore h2 può variare da 0 a 1; il valore h2 sarà ovviamente tanto maggiore quanto più rilevante sarà la varianza di origine genetica rispetto alla varianza fenotipica globale. Quando h2=1, il carattere è determinato geneticamente in modo stretto e non presenta variabilità dovuta a effetti ambientali. Dall’altra parte, se le differenze tra gli ambienti cui gli individui sono esposti tendono a zero (ad es. in un allevamento di animali in condizioni standard e controllate) l’ereditabilità dei caratteri sarà massima. L’ereditabilità stima la percentuale di variazione fenotipica per un carattere particolare che è dovuta a differenze genetiche di una certa popolazione in un determinato momento. Pur essendo le stime di ereditabilità estremamente utili esse non possono avere valore assoluto, ma al massimo valore relativo alla popolazione e all’ambiente in cui lo studio è stato condotto. 3.1.3 Penetranza e espressività. Per penetranza s’intende la frequenza con cui individui di un dato genotipo manifestano il carattere a livello fenotipico. Teoricamente un carattere con eredità dominante dovrebbe manifestarsi in tutti gli individui nel cui genotipo è presente l’allele dominante in questione. Al contrario in alcune malattie ereditarie si nota una penetranza incompleta o ridotta. La causa di tale fenomeno può essere ricercata in un effetto “ambientale”, ma più spesso deve essere attribuita allo sfondo genetico, costituito dai molti geni ancora ignoti che, con le loro varianti, possono influire positivamente o negativamente sulla manifestazione del genotipo nel fenotipo. L’espressività si riferisce al grado con cui un dato genotipo si manifesta a livello fenotipico. Si distinguono caratteri con espressività costante, qualora la manifestazione sia molto simile in tutti gli individui che mostrano il carattere, e 39 caratteri con espressività variabile se invece esiste una forte variabilità nella manifestazione. 3.1.4 Malattie complesse e studi familiari. Per poter analizzare i fattori genetici coinvolti nelle malattie complesse comuni è necessario stabilire i criteri tramite i quali le persone possono essere classificate come affette o non affette. Nel caso di sindromi mendeliane è abbastanza ovvio stabilire quali caratteristiche di un paziente facciano parte della sindrome e quali invece siano solo delle coincidenze. Nel caso di malattie non mendeliane, invece, le cose sono definite molto meno chiaramente. Una volta stabiliti dei criteri chiari diagnostici per una malattia complessa, è necessario verificare se la genetica abbia un qualche ruolo nell’eziologia della malattia. Sotto quest’ipotesi maggiore è la quota di DNA che due persone hanno in comune, più alta dovrebbe essere la probabilità che queste due persone condividano anche il fenotipo in questione. La strada più ovvia per affrontare questo problema è quella di dimostrare che il carattere si trasmetta all’interno di famiglie e questo comporta studi di familiarità, oppure sui gemelli e su individui adottati. Il grado con cui una malattia si riscontra e ricorre nelle famiglie può essere espresso dal rapporto di rischio (R) ovvero il rischio che un familiare (R) di un probando malato ha di presentare la malattia, in confronto al rischio nella popolazione generale. Un rischio di 1 indica che non vi è alcun rischio aggiuntivo oltre a quello che caratterizza la popolazione; valori di R superiori a 1 mostrano la ricorrenza familiare della malattia. Il rischio dipende dal grado di parentela con il probando e generalmente i valori tendono a 1 per i parenti più lontani del malato, come nipoti e cugini. Non bisogna dimenticare che le persone forniscono ai loro figli anche l’ambiente, oltre che ai geni. Molti caratteri si manifestano all’interno delle famiglie in quanto i membri della famiglia condividono lo stesso ambiente. Ci si dovrebbe sempre chiedere se la condivisione dello stesso ambiente può essere la ragione di familiarità di un carattere. Questa considerazione diventa ancora più 40 importante nel caso di caratteristiche comportamentali, come il cosiddetto quoziente d’intelligenza (QI) o per le malattie mentali. L’analisi della segregazione è uno strumento statistico per analizzare l’ereditarietà di qualsiasi carattere, può fornire prove a favore o contro il coinvolgimento di un locus principale di suscettibilità e permette, almeno in parte, di definirne le proprietà. I risultati di questo tipo di analisi possono essere utili per indirizzare studi futuri di linkage o di associazione. Gli studi di linkage analizzano i soggetti appartenenti alla stessa famiglia, gemelli omozigoti ed eterozigoti basandosi sul concetto “identity by descent”. Altri studi si avvalgono di soggetti adottati con genitori biologici ed adottivi inclusi nello studio. Un approccio diverso e molto in voga è utilizzato dagli studi di associazione. Questi si basano sul concetto di “identity by status” ovvero sul fatto che individui non imparentati di una popolazione possano condividere alcune caratteristiche genotipiche in quanto condividono gli stessi alleli nel gene o nei geni che determinano il fenotipo (figura 5). Figura 5. Le analisi di linkage testano la co-segregazione degli alleli all’interno dei membri della stessa famiglia mentre le analisi per associazione ricercano le differenze nelle frequenze alleliche tra individui non imparentati affetti e non affetti [180]. 41 3.2 I componenti oculari refrattivi, in particolare LA, sono caratteri geneticamente determinati? La refrazione è dovuta alla coordinazione di componenti oculari biometrici come la lunghezza assiale, la profondità della camera anteriore, la curvatura corneale e lo spessore della lente (figura 6). La lunghezza assiale (LA) è considerata come la maggiore determinante dell’errore refrattivo. L’ereditabilità della LA è stimata in un intervallo tra il 40 e il 94% [12]. La miopia e gli altri errori refrattivi sono le conseguenze di una disarmonia errata dei componenti e strutture oculari. Figura 6. Illustrazione della lunghezza assiale LA. PCA= profondità della camera anteriore; SL= spessore della lente; PCV= profondità della camera vitrea. In uno studio longitudinale Sorsby [73] raccolse i dati refrattivi di 68 bambini di età tra i 3 e gli 8 anni alle loro prime visite e li rivalutò la seconda volta dopo 6.5 anni in media. I bambini vennero suddivisi in due gruppi: nel primo emerse uno sviluppo normale o vicino all’emmetropia; mentre il secondo mostrò segni di miopia. Nel primo gruppo si evidenziò uno stabile decremento di ipermetropia (media di 0.09D per anno) nei 6.5 anni e un aumento della lunghezza assiale (media= 0.14mm per anno). Nel secondo gruppo invece, si verifica un maggiore decremento di ipermetropia (media=0.38D per anno) e un maggiore incremento della lunghezza assiale (media=0.24D per anno) che risulta essere quasi il doppio rispetto al primo gruppo. Molti altri studi riportano la correlazione tra LA e miopia, ovvero tanto maggiore la lunghezza assiale tanto maggiori sono la 42 severità e il grado della miopia. Un aumento di 1mm di LA senza altre compensazioni è equivalente ad un cambiamento miopico di -2 o -2.5D. La lunghezza assiale viene analizzata come fattore poligenico e come un tratto quantitativo. La previsione di tale parametro per poter anticipare un possibile sviluppo di miopia, si ha solamente nei 2-4 anni che precedono l’inizio dell’errore refrattivo in questione. Si nota infatti che LA raggiunge il suo valore di maggior variazione nell’anno precedente al principio della miopia, mentre le variazioni successive all’esordio della miopia sono più limitate [74]. Diverse evidenze supportano la forte componente genetica nella determinazione di LA. Bambini con genitori miopi presentano un LA più lungo rispetto ai bambini che non hanno genitori miopi [75]. Molti studi, che hanno analizzato la componente genetica della miopia e della LA, hanno fornito stime dell’ereditabilità dell’errore refrattivo notevolmente variabili. Le variazioni derivano dai diversi gradi di parentela, considerate tra i soggetti, ovvero i valori risultano differenti negli studi tra gemelli e quelli tra genitore e figlio. La varianza di LA causata da fattori ambientali risulta essere solo del 6% circa contrastando quella della miopia tra il 14% e il 33% (tabella XI) [10] [76]. Tratto Ereditabilità Studio Gemelli Fratelli Nuclei familiari LA 0.88 0.73 0.75 [11] Miopia 0.82 0.50 0.21 [10] Tabella XI. Ereditabilità paragonata tra LA (lunghezza assiale) e miopia. Uno studio, con campione dei bambini cinesi di età tra i 5 e i 16 anni, rivela che la lunghezza assiale è maggiore nei bambini con due genitori miopi (media 23.65mm) seguita da quella dei bambini con un solo genitore miope (media 23.51mm) e, infine, la lunghezza assiale dei bambini con nessuno dei due genitori miope (media 23.47mm). I bambini con due genitori miopi tendono ad avere anche la camera vitrea più profonda, mentre i valori della camera anteriore e dello spessore della lente sono simili tra i bambini con le diverse storie familiari. 43 Nel sottogruppo di bambini pre-miopi, quelli che non hanno nessuno dei due genitori miope hanno LA più lungo (media=23.15 mm), ma una minore crescita (media=0.20 mm per anno) rispetto sia ai bambini con due genitori miopi (media=23.11 mm e crescita media di 0.37 mm per anno) che a quelli con un solo genitore miope (media=23.07 mm e crescita media di 0.26 mm per anno) (tabella XII). Genitore/i miope/i (num.) LA in mm Crescita annuale in mm Nessuno 23.15 0.20 Uno 23.07 0.37 Due 23.11 0.25 Tabella XII. Confronto tra il numero di genitori miopi e la lunghezza assiale, con relativa crescita annuale. LA e crescita annuale sono dati espressi in media. [92] In conclusione, in questo studio la storia refrattiva familiare mostra avere una correlazione positiva con la lunghezza assiale e il suo cambiamento nei bambini non miopi, in quanto bambini pre-miopi con due genitori miopi mostrano avere una maggiore crescita annua della lunghezza assiale rispetto agli altri bambini [14]. Diversi studi su gemelli supportano l’importanza della componente genetica nell’errore refrattivo e nel determinare la LA. Ne è esempio lo studio di Dirani e colleghi del 2008, in cui gemelli di entrambi i sessi vengono esaminati per determinare in quale proporzione l’associazione tra LA e miopia sia dovuta a fattori genetici o fattori ambientali. Si evidenzia che, come già visto in precedenza, il 50% della varianza dell’equivalente sferico è spiegato dalla forte correlazione negativa tra errore refrattivo e LA [77] [78] [79] [80]. Questo suggerisce che LA sia uno dei maggiori determinanti dell’errore refrattivo. L’ereditabilità stimata dell’equivalente sferico risulta essere del 75%-88%, e concorda con studi precedenti [81]. Viene anche evidenziata una forte base genetica della LA, confermando studi precedenti di gemelli [82] [83] [84]. In conclusione da questo studio emerge che una grande proporzione della relazione 44 tra equivalente sferico e lunghezza assiale è spiegata da effetti genetici per entrambi i sessi, mentre in piccola parte sembra essere dovuta da fattori ambientali unici [76]. 3.3 Ricorrenza familiare degli errori refrattivi e loro ereditabilità. Il contributo dei determinanti genetici nello sviluppo della miopia e degli errori refrattivi è stato ipotizzato da oltre un secolo grazie ad osservazioni riguardanti numerosi studi su gemelli. L’evidenza del ruolo della genetica nello sviluppo delle miopia è emerso anche negli studi su soggetti appartenenti alla stessa famiglia. Sebbene il fattore ereditarietà sia ormai noto essere importante nella refrazione oculare, l’ambiente e il comportamento giocano un ruolo di rilievo nello sviluppo refrattivo anche se le dinamiche non sono ancora chiare. Nel tentativo di determinare il ruolo di fattori genetici nello sviluppo della miopia Pacella et al. nel 1999 esaminano la genealogia di 43 soggetti con miopia giovanile, utilizzando i dati raccolti da un campione di soggetti giovani, partecipanti ad uno studio longitudinale durato 24 anni. Ne emerge che avere due genitori miopi è il fattore predittivo per lo sviluppo della miopia nel periodo scolastico, fornendo l’evidenza di una componente genetica nell’eziologia della miopia. Inoltre, si può evidenziare che livelli moderati di miopia giovanile possono essere ereditati come un fattore complesso, che coinvolge fattori sia genetici sia ambientali. Queste scoperte sono in accordo con le evidenze emerse in “The Orinda longitudinal study of myopia” [85]: i fattori genetici giocano un ruolo nell’eziologia della miopia, anche se i fattori ambientali sono comunque importanti. E’ possibile che, essendo un tratto complesso, la suscettibilità alla miopia possa essere dovuta a più di un gene. I geni possono predisporre un individuo alla miopia e fattori ambientali, quali lavoro prossimale, possono attivare l’espressione di tale condizione. Il risultato del 30% di bambini con nessuno dei due genitori miopi che effettivamente diventa miope per l’età di 15 anni è in contrasto con l’ipotesi che la miopia segua le leggi classiche mendeliane di ereditabilità, ovvero una modalità di trasmissione autosomica dominante. 45 Infatti con questa modalità di trasmissione ci si aspetterebbe che i soggetti di ogni generazione fossero affetti. I risultati di questo studio non mostrano tale schema e anche i dati dell’analisi genealogica sono inconsistenti con il modello di ereditarietà autosomica dominante con penetranza completa. Tutti questi risultati sulla natura genetica della miopia sono largamente empirici [13]. Studi sull’ereditabilità, basati sullo studio di gemelli ed individui della stessa famiglia, hanno riportato una stima in percentuale di ereditabilità elevata, variabile tra il 50% e il 90%. Infatti attraverso l’utilizzo di essi può essere dimostrato che gemelli identici o monozigoti (MZ), i quali condividono il 100% dei loro geni, presentano stati refrattivi più simili paragonati ai gemelli non identici o dizigoti (DZ), che condividono fino al 50% dei loro geni. In questo modo si può stimare la relativa importanza dei fattori genetici e ambientali paragonando gemelli MZ con gemelli DZ per la concordanza della malattia per tratti qualitativi o per la correlazione per tratti quantitativi. I gemelli sono descritti come concordanti se entrambi mostrano il tratto identico, e discordanti se solo uno dei due mostra il carattere. Una concordanza per un carattere che sia significativamente maggiore nei gemelli MZ che nei gemelli DZ è una prova della base genetica per quel tratto. Bisogna notare che gli studi basati sui classici modelli sui gemelli hanno un potenziale errore verso il “trovare effetti genetici” in quanto il modello assume che la correlazione degli effetti ambientali condivisa all’interno della coppia di gemelli non dipenda dal tipo di gemelli, e conseguentemente ogni eccessiva correlazione in gemelli MZ paragonata a quella dei gemelli DZ è attribuita solo a fattori genetici e non a fattori ambientali condivisi dai gemelli MZ come quelli relativi alla vita in utero. Questo problema può risultare in una sovrastima del contributo genetico nella variazione dell’equivalente sferico come in altri tratti oculari biometrici (LA, curvatura corneale e la profondità della camera anteriore). Un altro studio sui gemelli prende come campione 226 coppie di gemelle monozigoti e 280 coppie di gemelle con un età media di 62.4 e 62.1 anni per MZ e DZ rispettivamente; è emerso che l’effetto additivo genetico è responsabile del 86% della variazione 46 dell’equivalente sferico. Il fattore genetico sembra dare il contributo maggiore nella variabilità degli errori refrattivi nella popolazione [86]. Molti studi confermano che genitori miopi tendono ad avere figli miopi. La prevalenza di miopia nei bambini con due genitori miopi è del 30- 40%, diminuendo nei bambini con un genitore miope ( 20-25%) e meno del 10% nei bambini con nessuno dei due genitori miope [87] [88] [89]. Nello studio di Wu, del ’99, vengono analizzati soggetti della stessa famiglia appartenenti a tre generazioni diverse (bambino= 3^generazione, genitore= 2^ generazione e nonno= 1^ generazione); tutte e tre le generazioni vengono suddivise in due sottogruppi: miopi (≥-1.00D) e non miopi. La percentuale di miopia è 5.8%, 20.8% e 26.2% nella prima, seconda e terza generazione rispettivamente (tabella XIII). Generazione Miopia in % Bambino (3^) 26.2 Genitore (2^) 20.8 Nonno 5.8 (1^) Tabella XIII. Confronto tra le percentuali di soggetti miopi tra tre generazioni. [90]. Si nota che la probabilità di essere miope nella terza generazione e sei volte più alta rispetto alle altre due generazioni. In generale nella terza generazione la probabilità di diventare miope aumenta con l’aumentare del numero di genitori miopi. Nella seconda generazione si nota lo stesso meccanismo anche se i valori risultano più bassi rispetto a quelli della terza generazione. Queste grandi differenze nei valori devono essere dovute a fattori ambientali e non a fattori genetici, in quanto non sarebbe possibile un cambiamento così veloce in così poco tempo nella componente genetica dell’errore refrattivo. Questo studio sottolinea la maggiore possibilità di sviluppare miopia se entrambi i genitori sono miopi rispetto a bambini con un solo genitore miope o con nessun genitore miope. Ne risulta anche che la miopia debba essere considerata come un tratto poligenico multifattoriale nel quale l’input genetico è rimasto più o meno lo stesso nelle tre generazioni, mentre è aumentata l’influenza ambientale dallo 47 zero nella prima generazione ad un livello molto significativo nella terza generazione, con la seconda generazione come via di mezzo [90]. Uno studio più recente indaga la relazione tra la storia dei genitori e la miopia giovanile precoce, in bambini che sono diventati miopi e bambini che rimangono non miopi durante la durata dello studio (dal I al VIII anno di scuola). Nei bambini rimasti non miopi il 48% ha la madre miope, mentre nei bambini che hanno sviluppato la miopia la percentuale di madri miopi è 69%; risultati simili si ottengono considerando i padri miopi e non. Il numero dei genitori miopi, quindi, è fortemente associato al possibile sviluppo futuro della miopia del figlio. Infatti tra i bambini rimasti non miopi solo il 21% ha due genitori miopi, mentre nel gruppo dei bambini che hanno sviluppato la miopia il 45% ha due genitori miopi. Paragonato con il gruppo di riferimento (bambini con nessuno dei due genitori miopi) i valori di probabilità per la futura miopia dei bambini con uno e due genitori miopi sono significativi. Un altro aspetto su cui vanno ad indagare è se la storia refrattiva dei genitori e le ore spese a praticare sport all’esterno sono in qualche modo relazionabili tra di loro. Il risultato è che meno ore di sport o attività all’esterno aumentano la probabilità di sviluppare miopia nei bambini con due genitori miopi, rispetto ai bambini con uno o nessuno dei genitori miope. La probabilità di diventare miopi per i bambini con nessuno dei due genitori miopi, paragonata con quella dei bambini con uno o due genitori miopi, appare più bassa nei bambini con la più alta quantità di ore trascorse praticando sport e attività all’aperto. Da questo studio si può concludere che la storia refrattiva dei genitori è un importante predittore nel possibile sviluppo di miopia del figlio, con un effetto accentuato considerando come altra variabile le ore di sport o di attività all’aperto per settimana [3]. Un altro esempio dell’importanza della storia refrattiva dei genitori rispetto all’errore refrattivo del figlio, si ha in uno studio tra australiani di 12 anni da cui emerge che i giovani con due genitori miopi hanno il più alto grado negativo di errore refrattivo e la più lunga lunghezza assiale(aggiustando per fattori ambientali e demografici) [91]. Un altro studio svolto su giovani cinesi di 5-16 48 anni residenti a Hong Kong concorda con i risultati descritti nel precedente studio, ma, diversamente dai bambini australiani, evidenzia che storia refrattiva dei genitori non è significativamente associata con una maggiore velocità di crescita oculare e cambiamento miopico nel tempo [92]. Anche se una maggiore severità della miopia del genitore aumenta il rischio di sviluppare miopia nel figlio, l’impatto della miopia del genitore sulla miopia elevata nei bambini rimane ancora indeterminato. Da tutti questi studi si evince che la probabilità in un bambino di sviluppare miopia aumenta all’aumentare del numero dei genitori miopi. Ciò sottolinea, dunque, la forte componente genetica nell’errore refrattivo. 3.4 Geni candidati per la miopia. La scoperta dei possibili geni implicati in malattie complesse come la miopia che risultano da una componente sia genetica che ambientale si è dimostrata difficile. Un approccio di studio è quello della Systems Genetics, utilizzato per comprendere il flusso delle informazioni biologiche che determinano i tratti complessi. Gli studi che hanno utilizzato questo tipo di metodo hanno fornito la prima visione globale dell’architettura molecolare sottostante a caratteri complessi e sono utili per l’identificazione dei geni, delle pathway e i network che stanno alla base di malattie umane comuni. L’identificazione dei geni e delle varianti genetiche responsabili di molte malattie monogeniche Mendeliane come la fibrosi cistica, la malattia di Huntington e l’emocromatosi è stata ottenuta con successo già da alcuni anni. Gli studi volti a identificare i geni coinvolti negli errori refrattivi hanno utilizzato prevalentemente approcci di associazione genetica. Un esempio sono gli studi di associazione genica a vasto raggio (Genome-wide association studies, GWASs) che hanno identificato migliaia loci genici che contribuiscono alle malattie umane comuni. L’ampia maggioranza dei loci identificati per le malattie comuni mostrano degli effetti modesti che potrebbero essere difficili da riprodurre. Questo spiega la limitata sovrapposizione tra i risultati di studi diversi. Anche se questa tipologia di studio 49 può essere una potente metodologia per scoprire le possibili cause della miopia, gli studi di associazione hanno diversi limiti. In questo tipo di studio possono risultare dei falsi positivi che non sono replicati in studi successivi oppure risultati veritieri possono non essere replicati in studi successivi a causa di assetti sperimentali meno potenti o a causa di eterogeneità della popolazione presa come campione negli studi seguenti. I risultati degli studi di associazione devono essere replicati in ulteriori studi su distinte etnie prima che un gene possa essere definitivamente considerato associato, positivamente o negativamente, con la miopia. I geni candidati sono stati scelti, in questi studi, per la loro posizione fisica in regioni cromosomiche conosciute per la miopia, grazie alla loro funzione biologica conosciuta o in base al pattern di espressione del gene. Negli ultimi anni, molti studi hanno riportato numerosi possibili geni implicati nello sviluppo della miopia. Una relazione positiva sembra essere stata riscontrata nei geni coinvolti nella crescita della matrice extracellulare e vie di segnale coinvolte nel rimodellamento della matrice. Tra questi sono inclusi geni che codificano per diversi costituenti extracellulari comprendendo: collagene (COL2A1, COL1A1); fattori di crescita transformanti (TGFB1, TGFB2, TGIF1); hepatocyte growth factor (HGF) e i suoi recettori (cMET); insuline-like growth factor (IGF1); metalloproteinasi della matrice (MMP1, MMP2, MMP3, MMP9) e proteoglicano lumicano (LUM). Il 90% della sclera nei mammiferi è costituita dalla relazione tra i prodotti di questi geni e il collagene. Questi risultati sottolineano fortemente che la base genetica dell’errore refrattivo umano è parzialmente spiegata dalle variazioni genetiche che colpiscono direttamente la composizione della matrice extracellulare nel tessuto sclerale, portando a differenti valori di ingrandimento oculare e di suscettibilità alla miopia. La maggior parte dei possibili geni implicati nella miopia fino a ora identificati riguarda la miopia elevata. Almeno due di 50 questi geni (HGF, hepatocyte growth factor e COL2A1,collagen, type II, alpha 1) hanno mostrato una correlazione anche con i gradi più lievi di miopia. Verhoeven, nel 2013, pubblica una meta-analisi internazionale utilizzando i dati degli equivalenti sferici di più di 45000 partecipanti, dei quali 37382 individui da 27 popolazioni di discendenza europea, e 8376 individui da cinque popolazioni di discendenza asiatica. In tutti i partecipanti allo studio sono stati identificati 26 loci significativi, includendo 15 regioni cromosomiche già identificate in studi precedenti. I geni identificati sono coinvolti: nella neurotrasmissione ( GRIA4), nel trasporto degli ioni (KCNQ5, CD55, CHNRG), nel metabolismo dell’acido retinoico ( RDH5, RORB, CYP26A1), nel rimodellamento della matrice extracellulare (LAMA2, BMP2) e nello sviluppo dell’occhio (SIX4, PRSS56, CHD7). Nonostante queste scoperte, così come per la maggior parte delle malattie complesse, le associazioni significative spiegano solo il 3-4% della varianza [16]. Nello stesso anno, Kiefer compie un più ampio studio di associazione genomica usufruendo dei dati raccolti dal progetto commerciale per la ricerca di parenti basata su DNA 23andMe. Con quasi 26000 casi di miopia e 20000 casi controllo, identifica 22 loci associati significativi [15]. La somiglianza dei risultati, di due differenti studi che hanno utilizzato metodologie completamente diverse, è degna di nota: dei 22 loci scoperti da Verhoeven, 14 sono stati replicati da Kiefer e quelle regioni non confermate hanno una suggestiva associazione in altri studi. Come già discusso, negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi sui determinanti ereditari della miopia, ciascuno dei quali ha evidenziato in maniera più o meno chiara il possibile coinvolgimento di uno o più geni. In questo elaborato si è cercato di svolgere una ricerca per quanto possibile esaustiva dei risultati pubblicati e, sulla base di questi, di raccogliere e riportare un gruppo di geni verosimilmente associati allo sviluppo e alla progressione della miopia e la sua progressione, abbiamo raccolto una lista di nomi e simboli di possibili geni implicati nello sviluppo di tutti i gradi di miopia. Gli 82 geni riportati in almeno 51 uno degli studi presi in considerazione, sono elencati nella tabella XIV. Per ciascun gene si riporta il codice “gene symbol” ufficiale secondo l’ HGNC (Human Gene Nomenclature Consortium) e il “gene name” che rappresenta una breve descrizione delle caratteristiche e della funzione del gene. GENI IMPLICATI NELLA MIOPIA Gene Symbol Gene Name References ADORA2A adenosine A2a receptor [93] ANTXR2 anthrax toxin receptor 2 [94] beta-1,4-N-acetyl-galactosaminyl transferase 2 [95] BICC1 BicC family RNA binding protein 1 [96] BMP2 bone morphogenetic protein 2 B4GALNT2 [97] [16] BMP2 inducible kinase [98] BMP3 bone morphogenetic protein 3 [99] BMP4 bone morphogenetic protein 4 [100] C1QTNF9B C1q and tumor necrosis factor related protein 9B [101] C1QTNF9B- C1QTNF9B antisense RNA 1 [101] CD55 molecule, decay accelerating factor for [16] BMP2K AS1 CD55 complement CHD7 chromodomain helicase DNA binding protein 7 [16] CHNRG Cholinergic receptor, nicotinic, gamma (muscle) [16] CHRM1 Cholinergic receptor, muscarinic 1 [102] [103] CHRM2 Cholinergic receptor, muscarinic 2 [59] CHRM3 Cholinergic receptor, muscarinic 3 [59] CHRM4 Cholinergic receptor, muscarinic 4 [59] mesenchymal-epithelial transition factor [104] [105] [106] COL1A1 collagen 1A1 [107] [108] [109] COL2A1 collagen2A1 [108] [110] CRYBA4 crystallin, beta A4 CTNND2 catenin (cadherin-associated protein), delta 2 CYP26A1 cytochrome P450, family 26, subfamily A, cMET [111] [112] [113] [114] [16] polypeptide 1 DLG2 discs, large homolog 2 (Drosophila) [15] DLX1 distal-less homeobox 1 [115] EH domain binding protein 1-like 1 [15] EHBP1L1 FMOD Fibromodulin 52 [116] [117] gap junction protein, delta 2, 36kDa [118] GPR25 G protein-coupled receptor 25 [15] GRIA4 glutamate receptor, ionotropic, AMPA 4 [16] GRM6 glutamate receptor, metabotropic 6 [119] GJD2 HGF hepatocyte growth factor (hepapoietin A; scatter factor) HLA-DQB1 major histocompatibility complex, class II, DQ beta [120] [121] [104] [122] [123] [124] [125] 1 IGF1 KCNMA1 insulin-like growth factor 1 (somatomedin C) [126] potassium large conductance calcium-activated [15] channel, subfamily M, alpha member 1 KCNQ5 potassium voltage-gated channel, KQT-like [16] subfamily, member 5 LAMA1 Laminin, alpha 1 [127] LAMA2 laminin, alpha 2 [16] LEPREL1 leprecan-like 1 [128] leucine rich repeat and fibronectin type III domain [15] LRFN5 containing 5 LRRC4C LUM leucine rich repeat containing 4C LUM [15] [129] [121] [103] [130] [102] [117] lysophospholipase-like 1 [131] MFRP membrane frizzled-related protein [132] MIPEP mitochondrial intermediate peptidase [101] MMP1 matrix metalloproteinase [133] MMP2 matrix metalloproteinase [133] MMP3 matrix metalloproteinase [109] [134] MMP9 matrix metalloproteinase [134] MYO1D myosin ID [134] MYOC myocilin, trabecular meshwork inducible LYPLAL1 glucocorticoid response NPLOC4 nuclear protein localization 4 homolog (S. [135] [136] [137] [138] [139] cerevisiae) NYX OPTC PABPCP2 Nyctalopin [140] opticin [117] poly(A) binding protein, cytoplasmic 1 pseudogene [15] 2 PAX6 Paired box 6 [110] [141] [142] [143] [144] [145] 53 [146] [147] [148] PDE11A phosphodiesterase 11A [15] PRELP proline/arginine-rich end leucine-rich repeat [117] protein protease, serine, 56 [16] PZP pregnancy-zone protein [149] QKI QKI, KH domain containing, RNA binding PRSS56 RASGRF1 Ras protein-specific guanine nucleotide-releasing [150] factor 1 RNA binding protein, fox-1 homolog (C. elegans) 1 [151] RDH5 retinol dehydrogenase 5 (11-cis/9-cis) [16] RGR retinal G protein coupled receptor [152] RAR-related orphan receptor B [16] serpin peptidase inhibitor, clade I (pancpin), [153] RBFOX1 RORB SERPINI2 member 2 SET domain and mariner transposase fusion gene [15] SFRP1 secreted frizzled-related protein 1 [154] SHISA6 shisa family member 6 [15] sine oculis-related homeobox 4 [16] solute carrier family 30, member 10 [131] transcription factor 7-like 2 (T-cell specific, HMG- [155] SETMAR SIX4 SLC30A10 TCF7L2 box) TGFB1 Trasforming growth factor, beta 1 [156] [157] [121] [158] [157] [158] [159] TGFB2 TJP2 UMODL1 VDR ZBTB38 ZC3H11B Trasforming growth factor, beta 2 [116] tight junction protein 2 [15] uromodulin-like 1 [160] vitamin D (1,25- dihydroxyvitamin D3) receptor [161] zinc finger and BTB domain containing 38 [15] zinc finger CCCH-type containing 11B [131] pseudogene ZIC2 ZNF644 zinc finger protein of the cerebellum 2 zinc finger protein 644 [162] [163] [164] Tabella XIV. Lista dei possibili geni candidati nella miopia. A partire da questo gruppo di geni raccolto in letteratura, per questo elaborato sono state condotte anche alcune analisi originali per ottenere una migliore 54 interpretazione del significato funzionale dei geni rappresentati nel loro insieme e per superare il livello di granularità relativo al singolo gene, con il fine ultimo di caratterizzare i possibili elementi funzionali di circuiti regolativi o di interazione proteina-proteina che vedono rappresentati più geni implicati nella miopia. I geni non agiscono infatti in isolamento: il prodotto o i prodotti genici, le proteine (o gli RNA funzionali), esplicano le loro funzioni all’interno di complessi molecolari più grandi, comprendenti diverse proteine, oppure fanno parte di vie biosintetiche o regolative che vedono la partecipazione di molti elementi codificati da geni diversi. L’espressione dei geni è inoltre regolata da RNA e proteine prodotti da altri geni. Le funzioni geniche sono codificate in diversi database. La Gene Ontology [165]riporta, per molti geni, le Funzioni Molecolari (MF), i Processi Biologici in cui sono coinvolti (BP) e le Componenti Cellulari di cui fanno parte (CC). Il database KEGG [166] è il più completo database di mappe che ricapitolano vie biosintetiche e vie regolative che modellizzano le interazioni tra geni e prodotti genici in diversi contesti biologici. Entrambi i database utilizzano linguaggi controllati e organizzati in gerarchie ordinate e “machine readable”. Una branca della biologia moderna detta Systems Biology, utilizza metodi mutuati dalle scienze esatte, come la matematica e la fisica, per la ricostruzione e l’analisi di reti (grafi in cui i nodi rappresentano i geni e gli archi delle relazioni) in grado di ricapitolare diversi tipi di relazioni tra geni e prodotti genici e modellizzare, in ultima analisi, il funzionamento dei sistemi biologici. Dopo aver raccolto la lista di geni implicati nella miopia abbiamo eseguito un’analisi di arricchimento funzionale con un webtool chiamato David. Quest'analisi considera le funzioni note dei geni nel loro insieme e va a ricercare ontologie arricchite nel gruppo specifico di geni associati alla miopia, rispetto a quanto atteso, considerando la numerosità dei geni per funzione, in tutto il genoma umano (background gene set). Il webtool David utilizza il Gene Ontology, un progetto bioinformatico atto ad unificare la descrizione delle caratteristiche dei 55 geni in tutte le specie. Infatti la mancanza di una terminologia universale standard nel campo della biologia e i domini correlati, rende la comunicazione e la condivisione dei dati più difficile. Il progetto Gene Ontology fornisce una ontologia di termini definiti, che descrivono le funzioni dei geni in maniera organizzata mappando la conoscenza su una struttura ad albero basata su un dizionario controllato, che rappresenta le proprietà dei prodotti dei geni. L'ontologia è suddivisa in tre ambiti: Cellular component (CC): le parti di una cellula o dal suo ambiente extracellulare; Molecular function (MF): le attività elementari di un prodotto genico a livello molecolare, come legante o catalisi; Biological process (BP): le operazioni o complessi di eventi molecolari con un inizio e una fine definiti, pertinenti al funzionamento di unità viventi integrate: cellule, tessuti, organi e organismi. Ogni termine GO all'interno dell’ontologia ha una nomenclatura precisa, che può essere una parola o una stringa di parole, un identificativo alfanumerico univoco, una definizione con le fonti citate, e un namespace che indica il dominio cui appartiene. Dei nostri 82 geni, 5 non sono ritrovati nel database di David, che ne annota quindi 77. Per ciascuna delle tre ontologie, viene eseguito un test di arricchimento, che identifica i termini funzionali (GO terms) significativamente arricchiti nel gruppo di geni considerati rispetto all’ipotesi nulla, basata su un gruppo di geni scelti a caso nel genoma umano. Per ogni test viene calcolato un p-value, quest’ultimo viene poi corretto per i test multipli, ottenendo un valore FDR (False Discovery Rate) [167]. Nella nostra piccola ricerca abbiamo considerato significativamente arricchiti i termini con FDR<0.05. Come esempio dalla tabella prendiamo il processo biologico della percezione sensoriale dello stimolo luminoso (GO:0050953). Con questo termine sono associati 12 geni della nostra lista (GJD2, LUM, GRM6, PAX6, RORB, COL2A1, COL1A1, RGR, MFRP, CRYBA4, RDH5, NYX). Il termine risulta significativamente arricchito nella lista 56 (FDR = 4,55 E-06), in quanto osserviamo 12 geni su 77 associati al termine funzionale, 12,1 volte di più di quanto atteso per caso, cioè scegliendo 77 geni dal genoma umano in modo casuale. Gli stessi geni trovati nella percezione sensoriale dello stimolo luminoso li troviamo anche nella percezione visuale. Nei processi biologici quali il processo del sistema neurologico e la cognizione oltre ad altri geni sono presenti anche quelli sopra citati, eccetto per il COL1A1 (tabella XV). Anche gli arricchimenti in termini riguardanti GO CC e GO MF sono interessanti, rispettivamente in quanto risultano arricchiti termini riguardanti la matrice extracellulare, struttura importante per l'istologia dell'occhio e termini relativi alla funzione dei recettori muscarinici dell'acetilcolina accoppiati e proteine G. Da notare che, tra questi, il gene CHRM3 codifica per un recettore che controlla la contrazione del muscolo liscio e risulta coinvolto nell'accomodamento [168]. Un’analisi simile ci ha permesso di cercare le mappe KEGG significativamente arricchite nei geni considerati. L’unica KEGG pathway arricchita dove ritroviamo 12 geni presenti nella lista iniziale, con FDR < 0.05 è quella che descrive tutta una serie di processi regolativi fondamentali alterati in diversi tipi di tumori e caratteristici delle cellule tumorali (tabella XVI). 57 GOTERM_BP_FAT Funzioni geniche arricchite (Gene Ontology) Category Term GO:0050877~neurological system process 22 GO:0050890~cognition 16 GO:0001501~skeletal system development 14 GO:0050953~sensory perception of light stimulus 12 GO:0007601~visual perception 12 GO:0007423~sensory organ development GO:0043009~chordate embryonic development GO:0009792~embryonic development ending in birth or egg hatching GO:0040012~regulation of locomotion GO:0051240~positive regulation of multicellular organismal process Fold Enrichment respectively to the background P Value enrichment FDR enrichment 4,0 3,01E-08 4,94E-05 3,8 8,68E-06 0,014258715 9,6 1,30E-09 2,13E-06 GJD2, LUM, GRM6, PAX6, RORB, COL2A1, COL1A1, RGR, MFRP, CRYBA4, RDH5, NYX GJD2, LUM, GRM6, PAX6, RORB, COL2A1, COL1A1, RGR, MFRP, CRYBA4, RDH5, NYX KCNMA1, BMP4, CHD7, PAX6, RORB, COL2A1, SIX4, CRYBA4, TGFB1, TGFB2 BMP4, DLX1, CHD7, SFRP1, PAX6, COL2A1, SIX4, COL1A1, TCF7L2, ZIC2 12,1 2,77E-09 4,55E-06 12,1 2,77E-09 4,55E-06 9,5 7,87E-07 0,001292714 6,6 1,59E-05 0,026185382 BMP4, DLX1, CHD7, SFRP1, PAX6, COL2A1, SIX4, COL1A1, TCF7L2, ZIC2 LAMA2, LAMA1, ADORA2A, MMP9, CHRM1, PAX6, IGF1, TGFB1, TGFB2 6,5 1,71E-05 0,028131546 10,2 2,20E-06 0,00361623 8,0 1,29E-05 0,021164107 Gene Count 10 10 10 9 9 Genes GJD2, KCNMA1, ADORA2A, LUM, CTNND2, PAX6, RORB, COL2A1, GRIA4, MFRP, TGFB1, RDH5, KCNQ5, CHD7, RASGRF1, CHRM1, GRM6, QKI, COL1A1, RGR, CRYBA4, NYX GJD2, ADORA2A, LUM, CTNND2, PAX6, RORB, COL2A1, MFRP, RDH5, CHD7, RASGRF1, GRM6, COL1A1, RGR, CRYBA4, NYX BMP4, BMP3, BMP2, MMP9, IGF1, COL2A1, SIX4, MMP2, TGFB1, PRELP, VDR, DLX1, CHD7, COL1A1 BMP4, LAMA2, BMP2, CHD7, ADORA2A, GRIA4, TGFB1, TGFB2 58 CHRM3, Category Term Gene Count GO:0001503~ossification 8 GO:0060348~bone development 8 GO:0042476~odontogenesis 6 GOTERM_CC_FAT GO:0030278~regulation of ossification GO:0032963~collagen metabolic process GO:0044259~multicellular organismal macromolecule metabolic process 6 5 Genes BMP4, BMP3, BMP2, IGF1, COL2A1, COL1A1, MMP2, TGFB1 BMP4, BMP3, BMP2, IGF1, COL2A1, COL1A1, MMP2, TGFB1 BMP4, DLX1, BMP2, COL1A1, TGFB1, TGFB2 BMP4, BMP2, SFRP1, BMP2K, TGFB1, TGFB2 MMP9, COL1A1, MMP3, MMP2, MMP1 5 Fold Enrichment respectively to the background P Value enrichment FDR enrichment 15,2 7,97E-07 0,001309102 14,2 1,26E-06 0,002063499 24,2 4,21E-06 0,006913815 16,8 2,59E-05 0,04247923 39,0 7,06E-06 0,011599992 35,2 1,07E-05 0,017646462 29,5 2,21E-05 0,03629544 79,3 1,40E-05 0,023035012 2,8 1,70E-07 2,03E-04 4,6 1,87E-09 2,23E-06 9,4 6,40E-11 7,64E-08 MMP9, COL1A1, MMP3, MMP2, MMP1 GO:0044236~multicellular organismal metabolic process 5 GO:0007213~muscarinic acetylcholine receptor signaling pathway 4 GO:0005576~extracellular region 28 GO:0044421~extracellular region part 22 GO:0031012~extracellular matrix 16 MMP9, COL1A1, MMP3, MMP2, MMP1 CHRM4, CHRM3, CHRM2, CHRM1 FMOD, PZP, MMP9, LUM, COL2A1, MMP3, MMP2, TGFB1, MFRP, MMP1, TGFB2, MYOC, NYX, BMP4, OPTC, BMP3, BMP2, IGF1, HGF, PRELP, SERPINI2, LAMA2, LAMA1, C1QTNF9B, UMODL1, SFRP1, ANTXR2, COL1A1 OPTC, BMP4, FMOD, BMP3, BMP2, PZP, MMP9, LUM, IGF1, COL2A1, MMP3, MMP2, MMP1, TGFB1, PRELP, TGFB2, LAMA2, LAMA1, SFRP1, COL1A1, MYOC, NYX BMP4, OPTC, FMOD, MMP9, LUM, COL2A1, MMP3, MMP2, MMP1, TGFB1, PRELP, TGFB2, LAMA2, LAMA1, COL1A1, NYX 59 Category Term Gene Count GO:0005578~proteinaceous extracellular matrix 15 GO:0043005~neuron projection 10 GO:0030424~axon 9 GO:0045211~postsynaptic membrane 8 GO:0033267~axon part 7 GO:0043679~nerve terminal 6 GO:0032279~asymmetric synapse 5 Genes BMP4, OPTC, FMOD, LUM, MMP9, COL2A1, MMP3, MMP2, MMP1, TGFB1, PRELP, LAMA2, LAMA1, COL1A1, NYX KCNMA1, CHRM4, CHRM3, ADORA2A, CHRM2, RASGRF1, CHRM1, GRIA4, TGFB1, TGFB2 KCNMA1, CHRM4, CHRM3, ADORA2A, CHRM2, CHRM1, GRIA4, TGFB1, TGFB2 KCNMA1, CHRM4, CHRM3, ADORA2A, CHRM2, CHRM1, GRIA4, DLG2 KCNMA1, CHRM4, CHRM3, ADORA2A, CHRM2, CHRM1, GRIA4 KCNMA1, CHRM4, CHRM3, CHRM2, CHRM1, GRIA4 Fold Enrichment respectively to the background P Value enrichment FDR enrichment 9,5 2,82E-10 3,36E-07 5,9 3,68E-05 0,043889317 11,5 9,19E-07 0,001097657 12,0 3,80E-06 0,004540728 26,3 2,19E-07 2,62E-04 32,9 8,81E-07 0,001052485 112,7 6,21E-08 7,41E-05 164,9 1,03E-06 0,001283589 164,9 1,03E-06 0,001283589 GOTERM_MF_ FAT CHRM4, CHRM3, ADORA2A, CHRM2, CHRM1 GO:0016907~G-protein coupled acetylcholine receptor activity 4 GO:0004981~muscarinic acetylcholine receptor activity 4 CHRM4, CHRM3, CHRM2, CHRM1 CHRM4, CHRM3, CHRM2, CHRM1 Tabella XV. Nella tabella sono riportati i termini divisi nei tre ambiti delle tre ontologie. Per ogni termine sono espressi: il numero dei geni della lista trovati in quel particolare processo biologico, componente cellulare e funzione molecolare; i nomi dei geni; l’arricchimento rispetto al background; il p-value e il valore FDR. Quest’ultimo indica la significatività statistica dell’arricchimento osservato. 60 KEGG PATHWAY Gene Count Genes Fold Enrichment P Value FDR hsa05200 Pathways in cancer 12 BMP4, LAMA2, LAMA1, BMP2, MMP9, IGF1, HGF, TCF7L2, MMP2, MMP1, TGFB1, TGFB2 5,3 5.08E-06 0,0051 Tabella XVI. Per il termine pathways in cancer sono riportati il numero dei geni, della lista iniziale, trovati; il nome dei geni; il p-value e il valore FDR per l’arricchimento osservato. 61 Figura 7. In questa pathway KEGG intitolata “Pathways in cancer” sono mostrati i geni noti per essere coinvolti nello sviluppo dei tumori e le relazioni tra geni e prodotti genici. I 12 geni, mostrati con una stellina a fianco al nome, sono presenti anche nella lista di geni implicati per la miopia. La pathway risulta significativamente arricchita in geni collegati alla miopia, molti dei quali hanno importanti ruoli regolativi in processi fisiologici che sono alterati nei tumori. 62 A partire dalla lista dei geni abbiamo costruito una rete con il programma String (http://string-db.org/), che mette in evidenza le relazioni tra i prodotti dei geni in base a diversi tipi di evidenze sperimentali e di dati di conoscenza e letteratura. Noi abbiamo cercato le coppie di geni che potessero essere collegati in base a evidenze di: co-espressione genica; interazioni proteina-proteina; co-rappresentazioni dei nomi dei geni in database di conoscenza e in letteratura. In questo modo abbiamo ottenuto una rete che collega 41 su 77 (53.24%) dei geni considerati e ne descrive le relazioni. Nella figura 8 sono rappresentati tutti i geni con le possibili interazioni tra di essi, in questa immagine sono raffigurati anche i geni che non mostrano avere relazioni di nessun tipo con un altro gene presente nella lista. Poi abbiamo eliminato i nodi della rete non connessi e abbiamo calcolato gli arricchimenti funzionali usando solo i 41 geni della componente connessa della rete, quindi abbiamo ricalcolato la rete String mostrando gli archi che collegano i nodi con spessore proporzionale al peso delle evidenze sperimentali che supportano le interazioni (Figura 9). 63 Legenda Interazione proteina-proteina sperimentalmente dimostrata Geni co-espressi quindi potenzialmente e funzionalmente correlati Gruppo di interazioni proteina-proteina da database Gruppo interazioni proteina-proteina estratti dagli abstract scientifici Omologia delle proteine Figura 8. Evidenzia la presenza/ assenza di legami dei geni candidati per essere implicati nella miopia e i prodotti genici corrispondenti. Ogni nodo rappresenta un gene e in particolare la principale proteina codificata. Gli archi che connettono coppie di nodi mostrano relazioni funzionali note. Con i diversi colori si identificano diversi tipi di relazioni tra i nodi, come spiegato dalla legenda. 64 Figura 9. Rete di interazioni proteina-proteina supportate sperimentalmente, del sottoinsieme dei geni implicati nello sviluppo e nella progressione della miopia che risultano connessi ad almeno un altro gene in base alle analisi con il programma String. Lo spessore degli archi è direttamente proporzionale al peso delle informazioni disponibili riguardo a ciascuna interazione. 65 4. Conclusione: fattori ambientali e genetici interagiscono in modo complesso. Nell’elaborato abbiamo dimostrato, grazie a vari studi presi in considerazione, che la refrazione è un fenotipo complesso influenzato sia da fattori ambientali sia da fattori genetici. Numerose evidenze, da modelli di miopia sperimentale e studi epidemiologici, hanno dimostrato che l’esposizione ambientale gioca un ruolo cruciale nella crescita oculare e lo sviluppo refrattivo. Il preciso meccanismo biologico attraverso il quale i fattori ambientali influenzano la refrazione umana è, tuttavia, ancora tema di discussione. È probabile che variabili esogene interagiscano con fattori ereditabili al fine di modulare la crescita del bulbo oculare durante lo sviluppo dell’occhio. L’evidenza a favore di un ruolo della predisposizione genetica nello sviluppo refrattivo è anch’essa convincente. Diversi studi di linkage hanno mappato circa 20 loci per la miopia elevata e per la miopia moderata considerando la refrazione come un tratto quantitativo. Gli studi di associazione genetica hanno identificato delle varianti in almeno 25 geni presumibilmente coinvolti nella refrazione oculare. In ogni caso, solo poche associazioni positive sono state replicate in maniera convincente da campioni indipendenti. Gli studi di associazione Genome-wide che sono in corso al momento, aiuteranno a scoprire nuove variabili coinvolte negli errori refrattivi, facendo chiarezza sulla relazione tra le variabili conosciute di suscettibilità per la miopia, e di offrire una maggiore conoscenza nel meccanismo complesso che sta alla base dello sviluppo refrattivo. Per sviluppare l’immagine completa dell’epidemiologia dell’errore refrattivo bisognerà considerare sia i fattori ambientali che quelli genetici. Nello studio di Mutti e colleghi, del 2002 [17], la più importante associazione, potenzialmente contradditoria, è tra il lavoro prossimale e l’errore refrattivo dei genitori. Forse i genitori miopi hanno figli miopi solo perché hanno trasmesso loro un “ambiente miope” caratterizzato da richieste di lavoro prossimale intense. Le variabili sono state valutate in un modello di regressione multivariato. 66 L’associazione tra miopia e numero di genitori miopi, lavoro prossimale in diottrie-ore per settimana, il numero di ore trascorse in attività sportive per settimana, e i risultati locali del ITBS (Iowa tests of basic skilles) per la lettura sono stati aggiustati per gli effetti di ogni altro fattore in questo modello. Nonostante la loro correlazione, i fattori di rischio hanno un effetto lievemente contradditorio nell’associazione con la miopia. Questo suggerisce che l’associazione tra la miopia dei bambini e quella dei genitori possa essere dovuta all’ereditarietà piuttosto che a maggiori richieste di lavoro prossimale in bambini miopi con genitori miopi. Il lavoro prossimale sembra avere un’associazione indipendente con la miopia che non viene spiegata da attitudini accademiche maggiori nei miopi o miopia nei genitori. Similmente, i miopi riescono ad ottenere punteggi più alti nei test di lettura indipendentemente dalla quantità di tempo che dedicano alle attività prossimali. L’ipotesi di ereditabilità della suscettibilità al lavoro prossimale può essere valutata statisticamente testando se sia presente un’interazione significativa tra lavoro prossimale e la storia refrattiva dei genitori. Se l’ipotesi fosse vera, gli odds ratio associati al lavoro prossimale dovrebbero essere molto più elevati nei bambini con due genitori miopi e i valori più bassi nei bambini con nessuno dei due genitori miopi. In questo studio livelli ottenuti non corrispondono alle aspettative, quindi, non trovano evidenze che supportino la teoria che l’ereditabilità sia importante solo perché i genitori miopi hanno figli che trascorrono più tempo in attività prossimali. Bambini con genitori non miopi dedicano lo stesso tempo, dei bambini con genitori miopi, allo svolgimento di attività prossimali. In conclusione sia il lavoro prossimale che i genitori miopi sono associati alla miopia ritrovata nei bambini, l’ereditabilità dell’errore refrattivo però rimane un fattore più importante nello sviluppo e progressione miopica. Non emergono evidenze a supporto né della teoria che i bambini con miopia somiglino ai genitori poiché svolgono più attività prossimali né che essi possano ereditare una suscettibilità all’ambiente. 67 Fino ad oggi, la maggior parte degli studi hanno indagato separatamente sui fattori ambientali e genetici della la miopia. Rimane ancora da delucidare se esistano interazioni tra i segni genetici e l’esposizione ambientale sul rischio della miopia. Nello studio di Fan [18], si esamina se il livello di istruzione modifichi l’associazione tra i polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs), recentemente scoperti, e l’errore refrattivo, utilizzando i dati da cinque studi di coorte basati sulla popolazione di Singapore. I partecipanti allo studio sono cinesi, malesiani e indiani con un età tra i 30 e i 55 anni. In questo studio, le interazioni più promettenti tra SNPs e l’educazione sono state individuate su tre loci genetici (SHISA6-DNAH9, GJD2, ZMAT4-SFRP1). Modelli di interazioni simili sono stati osservati anche per la lunghezza assiale e la miopia. Di questi tre loci genetici GJD2 è stato identificato come il primo gene consistente per la suscettibilità della miopia. La sua importanza è stata scoperta per la prima volta in uno studio di associazione genome-wide su soggetti europei al marker genetico rs634990 [118], seguito da diverse replicazioni in plurimi studi [168] [169] [170]. I geni all’interno o vicini ai loci SHISA6-DNAH9 e ZMAT4-SFRP1 sono connessi al processo della trasduzione del segnale nella retina e quindi probabilmente coinvolti nello sviluppo degli errori refrattivi. I geni DNAH9, SFRP1 e GJD2 giocano un ruolo cruciale nella retina mantenendo le funzioni dei fotorecettori [171], determinando la degenerazione delle cellule dei fotorecettori [172] o abilitando la trasduzione molecolare tra queste cellule neuronali [118]. Gli alleli, che aumentano il rischio della miopia (varianti di SNPs: rs524952 in GJD2, rs2969180 in SHISA6-DNAH9 e rs2137227 in ZMAT4-SFRP1) mostrano una significativa associazione con tale errore refrattivo negli individui con un’elevata istruzione (25% del campione preso in considerazione). Questo suggerisce che l’influenza dei geni sulla suscettibilità della miopia può essere altamente dipendente da fattori ambientali presenti. Inoltre gli alleli di rischio in questo studio hanno una minore o nulla influenza sul cambiamento miopico negli individui con un’istruzione minore. Possiamo supporre quindi che la predisposizione genetica alla miopia possa essere latente o soppressa con una 68 minore esposizione ad un ambiente miope, che viene associato in questo caso al livello di istruzione. Al contrario, è possibile che un’esposizione maggiore ad un ambiente protettivo, come l’attività prossimale, possa colpire differentemente gli individui che maggiormente sono predisposti geneticamente allo sviluppo della miopia paragonati a quelli con un minor rischio. La chiave determinante del potere statistico negli studi che prendono in considerazione l’interazione ambiente-genetica sono: le dimensioni del campione, la rilevanza dell’interazione, la frequenza allelica, la forza dell’associazione per i principali effetti e la soglia significativa. Riassumendo, da questo studio si evince che il livello di educazione influenza l’associazione tra i tre recenti loci individuati e l’errore refrattivo. L’effetto genetico di questi tre loci in una refrazione miopica è significativamente più elevato all’interno del gruppo di soggetti con un’istruzione elevata rispetto a quelli con un’educazione minore. Queste scoperte sottolineano l’importanza del ruolo dell’interazione ambiente-genetica nello sviluppo della miopia. 69 Bibliografia [1] A. Rossetti e P. Gheller, Manuale di optometria e contattologia, Zanichelli, 2003. [2] S. Saw, G. Gazzard, K. Au Eong e D. Tan, «Myopia: attempts to arrest progression,» Br J Ophthalmol, vol. 86, pp. 1306-1311, 2002. [3] L. Jones, L. Sinnot, D. Mutti, G. Mitchell, M. Moeschberger e K. Zadnik, «Parental history of myopia, sports and outdoor activities, and future myopia,» Invest Ophthalmol Vis Sci, vol. 48, pp. 3524-3532, 2007. [4] K. Rose, I. Morgan e J. Ip, «Outdoor activity reduces the prevalence of miopya in children,» Ophthalmol, pp. 1279-1285, 2008. [5] M. Dirani, L. Tong e G. 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