IL CANE ED IL SUO OLFATTO: UN DISPOSITIVO BIOLOGICO SPECIALIZZATO “E l’uomo incontrò il cane” scriveva l’etologo austriaco Konrad Lorenz. E, da quel preciso istante, il cane (canis lupus familiaris) rimase sempre al fianco dell’uomo prestando in suo favore tutti le sue capacità naturali. Dalla caccia alla tutela del bestiame, passando attraverso la difesa della proprietà e la semplice compagnia, il cane è riuscito così a guadagnare ben presto il ruolo di miglior amico dell’uomo. Di volta in volta mettendo a disposizione del suo amico uomo alcune caratteristiche proprie della sua specie. Fra queste, senza dubbio alcuno, ha rivestito e riveste tuttora una notevole importanza il senso dell’olfatto. A tal proposito, basti pensare che il sistema olfattivo del cane può a ragione essere considerato un sofisticato sensore chimico; tale da consentirgli di “leggere ed interpretare” il mondo esterno laddove l’uomo utilizza la vista. Nella struttura cerebrale del cane predomina, infatti, la corteccia olfattiva; così come nell’uomo predomina la corteccia visiva. Ed inoltre, sebbene il cervello di un cane abbia appena un decimo delle dimensioni del cervello umano, la parte di esso che controlla il senso dell’olfatto è, in proporzione, circa 40 volte più grande di quello umano. Anche a livello meramente nasale, un cane possiede fra i 125 ed i 300 milioni di recettori olfattivi all’interno del proprio naso, a fronte dei circa 5 milioni presenti nel naso umano. L’apparato olfattivo del cane include tessuti, ossa, nervi e parti di cervello. Il naso è formato da due narici per inalare aria ed odori; mentre, i tessuti molli e le strutture ossee formano le cavità in cui fluiscono le particelle odorose. In queste cavità sono presenti numerosissime cellule recettivo-olfattive (proteine specializzate) che si estendono attraverso uno strato di epitelio olfattivo specializzato fino alla parte più alta delle stesse. Cerchiamo ora di analizzare cosa accade all’interno della macchina complessa che rappresenta il sistema olfattivo del nostro amico cane. Quando il cane inspira, il flusso di aria che entra nel naso si divide in due percorsi diversi: uno per la respirazione e l’altro per l’olfatto; e questo grazie ad una piega di tessuto molle appena dentro la narice. Nel normale atto respiratorio, solo una percentuale pari circa la 12% dell’aria inspirata raggiunge la parte interessata all’olfatto, mentre la rimanente scivola giù verso la faringe e raggiunge i polmoni. Ma la respirazione è ovviamente cosa diversa dall’attività olfattiva. Per la detenzione di un odore il cane “annusa”; e, quando annusa, pone in essere una sequenza di rapidissime e brevissime inalazioni ed esalazioni che servono a massimizzare la capacità di detenere un odore. Mentre, quando tira su annusando in maniera profonda (deep sniff), cambia l’apertura delle sue narici perché si alzano le pieghe alari che consentono di raggiungere la parte più profonda dove si trovano la maggior parte delle cellule olfattive. Qui una struttura ossea riesce ad intrappolare le molecole odorose irriconoscibili ad una prima annusata (single sniff) ed accumularle nei pressi delle cellule olfattive. In questo modo l’odore viene trattenuto nel labirinto dei recettori olfattivi e non viene espulso all’esterno, grazie anche alle pieghe alari che si richiudono impedendone la fuoriuscita. Peraltro, il modo in cui l’aria viene esalata aiuta i turbinati ad immettere all’interno del naso altri odori. A questo punto l’aria pregna di odori che entra nelle cavità nasali passa attraverso un labirinto di eccezionale complessità, dove è possibile immagazzinare una quantità enorme per un così piccolo volume. Le molecole odorose presenti nell’epitelio olfattivo vengono, poi, dissolte nella mucosa e trasmesse alle cilia dei recettori neuronali. Quando le molecole dell’odore colpiscono queste cilia si trasmettono dei segnali elettrici che giungono, per mezzo dei bulbi olfattivi, fino alla corteccia celebrale che identifica e riconosce il singolo odore. La biochimica ha studiato ancora cosa interessa esattamente la corteccia celebrale; e tante ipotesi sono state fatte al riguardo. Ma sembra che sia la dimensione e la forma strutturale della molecola odorosa, così come la polarità e la volatilità della stessa. Infatti, i recettori percepiscono una o più molecole in base alla loro forma strutturale ed al loro pattern chimico. Anche l’umidità del naso del cane è fondamentale per determinare la direzione dell’aria che contiene la traccia di odore; ed è il vero motivo per cui i cani tendono ad inclinare il muso verso l’alto quando tentano di detenere un odore. Spesso, infatti, possiamo notare che tendono a leccarsi il muso in fase di ricerca. Inoltre, come avremo certamente già osservato, il cane riesce a muovere separatamente le due narici, inalando così una serie complessa di segnali odorosi che gli permettono ben presto di cogliere quale direzione seguire. Dopo aver condotto, per circa due anni, studi in laboratorio e sul campo riguardanti le capacità olfattive del cane riguardo alla detenzione e discriminazione del c.d. odor mortis (avendone, peraltro, presentato nel 2013 con successo i risultati al 65° Congresso Mondiale dell’American Academy of Forensic Sciences), il Dipartimento di Medicina Legale dell’Università degli Studi di Foggia, diretto dalla professoressa Emanuela Turillazzi, ha deciso di investire le proprie energie nella ricerca degli elementi volatili (VOCs) che colpiscono la corteccia cerebrale olfattiva del cane. Dopo un anno di studi in laboratorio, in collaborazione con l’Unità di Tossicologia Forense dello stesso Dipartimento di Medicina Legale, è stato presentato al 66° Congresso Mondiale dell’American Academy of Forensic Science, tenutosi a Seattle lo scorso mese di febbraio, il lavoro di ricerca che ha individuato i composti chimici che interessano l’olfatto del cane. A tal proposito, per approfondimenti, è possibile visitare la seguente pagina. http://www.aafs.org/