Corso di LOGICA II: indagini semantiche su modalità e quantificazione. Uno studio di logica della necessità e della possibilità Luisa Bortolotti Trento, 14.11.03 Lezione 2°: sintassi PREMESSA: LE MODALITA’ LOGICHE E’ opportuno dare informalmente qualche indicazione generale sulle nozioni modali che i sistemi di cui ci occupiamo intendono esprimere. E’ abbastanza comune distinguere tra le proposizioni vere quelle che sono vere solo occasionalmente e quelle che devono per forza essere vere; distinzione che ovviamente si può compiere anche nel caso delle proposizioni false. Intuitivamente riteniamo: necessaria una proposizione che deve per forza essere vera; impossibile una proposizione che deve per forza essere falsa; contingente una proposizione che non è né necessaria né impossibile (alcune proposizioni contingenti saranno quindi vere ed altre false); possibile una proposizione che non è impossibile (in questa classe sono perciò incluse tutte le proposizioni, eccetto quelle impossibili). Risulta naturale denominare questi quattro aggettivi (necessaria, impossibile, contingente, possibile) con il termine, derivato dalla tradizione logica medievale, connettivi modali o modalità, in quanto si ha a che fare con i "modi" in cui una proposizione può essere vera (“necessariamente vera”,…”contingentemente vera”,…); premettendo uno qualsiasi di questi connettivi ad una proposizione si ottiene una nuova proposizione. Nelle lingue naturali i connettivi modali possono però essere ambigui; chi dica1, ad esempio, (1) "E' impossibile che un corpo viaggi a velocità maggiore di quella della luce", intende probabilmente il connettivo "è impossibile che" in un senso diverso da chi dica (2) "E' impossibile che la luce viaggi a velocità maggiore di quella della luce". In (1) colui che parla vuole probabilmente dire che un determinato fatto è contrario alle leggi che regolano il nostro "mondo"2, !" '' * & $ . () + + && . ) , # $$ & $$ & - && %& - && &. & * ma che potrebbero non regolare un altro "mondo possibile"; in (2) vuole invece puntualizzare che l'ipotesi che la luce possa avere velocità maggiore di se stessa è contraddittoria. L'impossibilità menzionata in (1) è fisica, quella di (2) è logica: è pertanto naturale riferirsi alla modalità in (1) come ad una modalità fisica e alla modalità in (2) come ad una modalità logica. Ci riferiremo sempre a quella che abbiamo denominata modalità logica: ad esempio, quando diciamo che una proposizione è necessaria non c’è l'intenzione di dire che, stando le cose come sono (o il mondo così come è), non può non essere vera, ma vogliamo dire piuttosto che non potrebbe non essere vera indipendentemente da come stanno le cose (o indipendentemente da come si presenta il mondo). Sebbene, per rifarsi all'esempio riportato prima, la proposizione "nessun corpo viaggia più velocemente della luce" sia sostenuta da un'evidenza scientifica tale che si è indotti a dire che "è impossibile che un corpo viaggi più velocemente della luce", non si considera necessaria (nel nostro senso) questa proposizione. Questo perché le ragioni che la sostengono consistono di fatti circa il mondo così come è; ma il mondo potrebbe essere diverso da come è. Intendiamo quindi per <<necessità>> la necessità logica e, di conseguenza, per <<impossibilità>> la impossibilità logica, per <<contingenza>> la contingenza logica e per <<possibilità>> la possibilità logica. Queste quattro nozioni modali sono strettamente correlate l'una all'altra; si può infatti definire una qualunque delle tre nei termini della quarta. Particolarmente “espressive” sono state riconosciute la necessità3 e la possibilità e la connessione che le “lega”: dire che una proposizione p è necessariamente vera equivale a dire che non è possibile che p sia falsa e dire che p è possibile (o possibilmente vera) equivale a dire che non è una verità necessaria che p sia falsa. Dunque, la proposizione <<è necessario che p>> sarà vera quando p è di per sé necessaria, e falsa quando p non è necessaria. <<E' necessario che>> è quindi un operatore monadico non vero-funzionale perchè, anche se dalla falsità di p segue che p non è necessaria (cioè che è falso <<è necessario che p>>), dal solo dato che p è vera non possiamo decidere della necessità di p (cioè: dalla verità di p non possiamo dedurre né la verità né la falsità di <<è necessario che p>>). Analogamente, anche <<è possibile che>> è un operatore monadico non vero-funzionale. Poiché non sono vero-funzionali questi due operatori modali non possono venire rappresentati mediante combinazioni dei connettivi vero-funzionali ¬ e → primitivi nel nostro linguaggio L. Così, per avere una logica modale, si dovrà aggiungere al linguaggio L standard "almeno un" operatore modale ed estendere così la nostra classe di formule. Tutti i sistemi modali che esaminiamo presentano la caratteristica di avere sempre come operatore modale primitivo l'operatore monadico di necessità L; l'operatore monadico di possibilità M sarà definito4 in termini di questo nel modo seguente: Mα=df.¬L¬α. ) / . 3 && 55 A 6 && & . 4 . - > ' . 01 2 && $ & . . . . + ' . ' 3 && & '. 3 && 5 . +" 1 %#1 0 0 06 1 708%7 96 7 : . ; & 7 . < && (* *=)<*== ( )<( " ? ' @ !* . > & - Per la connessione esistente tra necessità e possibilità menzionata prima tali sistemi potrebbero anche assumere come primitivo M e definire L nel modo seguente: Lα=df.¬M¬α. Quindi in tali sistemi L e M sono interdefinibili; un sistema che contenga la prima definizione si dirà un sistema L-basato e uno che contenga la seconda un sistema M-basato5. § 1.1. LINGUAGGIO Introduciamo il Linguaggio L per il calcolo predicativo del primo ordine6 modale, che contiene come simboli primitivi: 1) le costanti logiche: i connettivi classici ¬ e → , il quantificatore universale ∀, l'operatore di necessità L 2) le costanti descrittive: un insieme non vuoto di lettere predicative (o predicati). Ogni predicato ha un'arietà n, n≥0; indichiamo i predicati con i simboli Pn, Qn, Rn, ... ove n denota appunto l'arietà. Assumiamo che fra i predicati binari possa esserci anche il predicato dell'identità che indichiamo con "=" b) un insieme, che può anche essere vuoto, di costanti individuali che indichiamo con i simboli: a, b, c, ... , a1, a2, ..., b1, b2, ... , c1, c2, ... 3) un insieme infinito numerabile di variabili individuali, che indichiamo con i simboli: x, y, z, x1, y1, z1, x2, y2, z2,... 4) i simboli ausiliari: le parentesi ( , ). I connettivi ∨ , ∧ , ↔ , , vengono così definiti: Definizione 1.1.1. ∨ : (α∨β)=df.(¬α →β) Definizione 1.1.2. ∧ : (α∧β)=df.¬(¬α∨¬β) Definizione 1.1.3. ↔ : (α↔β)=df.((α→β)∧(β→α)) Definizione 1.1.4. : (α β)=df. L(α→β) Definizione 1.1.5. : (α β)=df.((α β)∧(β α)) L'operatore di possibilità M è definibile a partire da L : Definizione 1.1.6. M : Mα=df.¬L¬α Il quantificatore esistenziale ∃ è definibile a partire da quello universale ∀: Definizione 1.1.7. ∃ : ∃xα=df. ¬∀x¬α Definizione 1.1.8. Sono termini le variabili individuali e le costanti individuali; indichiamo i termini con i simboli metateorici: t, ti, tj,... Definizione 1.1.9. Definiamo ora la classe delle formule ben formate (in breve, fbf). Useremo α, β, γ come metavariabili per indicare le fbf che vengono così definite per induzione: = 6 & . & - - : C && D 6 - & F . . , . E & $ < - . && - & * ' $ & &. $ && 5 α ' * . % B =**<=) . & ; $ & . $ & 5 >& , & .. + & . &. & & - . >& . + F . &. & & 3 5. + 5 F &5 . & - >& + G . & . &. & & ' & . - & 1) se Pn è un predicato ad n posti di L e t1,...,tn sono termini di L, allora l'espressione Pn(t1,...,tn) costituita da un predicato n-ario seguito da n termini è una formula ben formata atomica di L ; 2) se α è una fbf di L , allora (¬α) e (Lα) sono fbf di L ; 3) se α e β sono fbf di L, allora (α→β) è una fbf di L ; 4) se α è una fbf di L e x è una variabile individuale di L, allora (∀xα) è una fbf di L ; 5) niente altro è una formula ben formata di L . In una fbf del tipo ∀xα, α è detto campo d'azione del quantificatore universale ∀. Un'occorrenza di una variabile x in una fbf α può essere libera o vincolata in α. Definizione 1.1.10. (1) l'occorrenza di una variabile individuale x è detta libera in α quando essa non cade nel campo d'azione di un quantificatore di α contenente x; (2) l'occorrenza di x è detta vincolata in α nel caso contrario; (3) la variabile individuale x occorrente in una fbf α è detta libera in α quando in α c'è almeno un'occorrenza libera di quella x; (4) la variabile individuale x occorrente nella fbf α è detta vincolata in α quando ogni occorrenza di x in α è vincolata. Sono le occorrenze di variabili ad essere vincolate o libere e la stessa variabile può così occorrere tanto vincolata che libera nella stessa formula. Definizione 1.1.11. Una fbf α è detta un enunciato se e solo se nessuna variabile individuale occorre libera in α. Concludiamo la presentazione di L definendo l’operazione di sostituzione, ad indicare la quale introdurremo la notazione α[t/s]. Per fare ciò utilizzeremo la seguente definizione: Definizione 1.1.12. parte ben formata a) α è una parte ben formata di α; b) se α è di una delle forme ¬β, β→γ, ∀xβ, Lβ e α' è una parte ben formata di β o di γ, α' è una parte ben formata di α; c) niente altro è una parte ben formata di α. Definizione 1.1.13. α(t/s), con t variabile e s termine qualsiasi: a) se t non occorre libera in alcuna parte ben formata di α della forma ∀sβ, con α(t/s) indichiamo il risultato ottenuto sostituendo in α ogni occorrenza libera di t con s; b) se t occorre libera in qualche parte ben formata di α della forma ∀sβ, allora α(t/s) denota la formula risultante dalla sostituzione di ogni occorrenza di t con s nella formula α', ottenuta da α sostituendo ogni occorrenza di s in ∀sβ con una occorrenza di una variabile individuale che non compare (né libera né vincolata) in α. 2003 Luisa Bortolotti