Il vessillo - Associazione Nazionale Alpini

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Il vessillo
- MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE Caporale LESA SEVERINO
con la seguente motivazione:
“Comandato a portare munizioni in linea, si prodigava senza sosta per assicurare il rifornimento
fino alle postazioni più avanzate. In una di queste, vista una mitragliatrice priva di serventi,
impugnava decisamente l’arma e, con tiro calmo e preciso, contribuiva efficacemente ad
arrestare ed infrangere un violento attacco nemico. Ferito una prima volta continuava il fuoco
fino a totale esaurimento delle munizioni. Colpito nuovamente da una scheggia di granata, che
gli staccava quasi completamente una gamba, ai compagni che volevano allontanarlo,
opponeva rifiuto esortandoli a non occuparsi di lui.
Con sovrumano stoicismo, quasi a dimostrare loro la sua fede e ad infondere coraggio, con
una roncola si amputava l’arto.
Mentre stava per spirare, trovava ancora la forza, con l’animo sereno e sempre proteso alla
lotta, di incitare i compagni a resistere agli attacchi del nemico."
Guri i Topit (Fronte greco) 11/12 febbraio 1941.
- MEDAGLIA D’ORO AL MERITO CIVILE
con la seguente motivazione:
“Associazione di soldati della montagna in congedo, in cinquantasette anni di feconda attività ha
posto in luce le nobili tradizioni delle truppe alpine, indirizzando la propria azione verso
obbiettivi di fraterna concordia, di rispetto delle Istituzioni e di amor di Patria.
Sempre presente là dove le necessità delle genti montanare o le improvvise sciagure ne
richiedevano l’aiuto, ha impegnato numerosissimi suoi Soci nelle operazioni di immediato
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soccorso alle popolazioni colpite dal rovinoso terremoto del Friuli, mobilitandoli
successivamente, tra enormi difficoltà e perigli, nell’umanissima e meritoria opera di assistenza
e ricostruzione. Gli alpini in congedo, che nella circostanza hanno dato un contributo di sangue
per alleviare le sofferenze delle comunità terremotate si sono ancora una volta rivelati in
possesso delle elette doti di solidarietà e di generosa abnegazione, riscuotendo l’ammirazione e
la gratitudine più ampie della Nazione."
(maggio-settembre 1976).
- MEDAGLIA D’ORO AL MERITO CIVILE
con la seguente motivazione:
“In occasione della violenta alluvione abbattutasi su Piemonte ed Emilia Romagna, che causava
vittime ed ingentissimi danni, l’Associazione Nazionale Alpini, dando prova ancora una volta di
elevatissima professionalità, di encomiabile spirito di sacrificio e di incondizionato impegno,
interveniva con uomini e mezzi in soccorso delle popolazioni colpite e, prodigandosi con
immediatezza, efficace sensibilità in una generosa ed instancabile opera di solidarietà,
contribuiva a garantire il graduale ritorno alla normalità."
(novembre 1994).
- MEDAGLIA DI BRONZO AL MERITO CIVILE
con la seguente motivazione:
“In occasione di gravi calamità abbattutesi in Valtellina ed in Armenia, interveniva con uomini e
mezzi nelle zone del disastro, offrendo il proprio contributo generoso ed instancabile in favore
delle popolazioni colpite."
(dicembre 1989).
Il Cividale nella Campagna di Grecia
(28 ottobre 1940-marzo 1942)
Il battaglione Cividale fu inviato ad occupare l'Albania nordorientale (zona di Kukes) nell'aprile
1939, inquadrato nell'8° reggimento Alpini della Divisione Julia.
Nella tarda estate del 1940 il Cividale fu spostato verso il confine greco per partecipare alla
Campagna contro Grecia.
Il 28 ottobre il Cvidale attaccò la Grecia partendo dal cippo 8 e 9 nella zona di Erseke; il 1
novembre arrivò a Samarina ed il giorno 3 novembre raggiunse l'abitato di Vovusa, massima
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penetrazione italiana nelle aspre montagne del Pindo.
In seguito al quasi totale accerchiamento dell'intera Divisione Julia il Cividale fu costretto a
ritirarsi per la vallata dell'Aoos sostenendo duri scontri nella zona di Pades l'8 e il 9 novembre.
Messosi in salvo a Konitsa fu fatto arretrare in Albania per riordinare i reparti, ma il 17 novembre
fu riportato in linea nella zona del Ponte di Perati dove si distinse nella difesa del ponte stesso
fino al 22 novembre.
In seguito all'arretramento del fronte in territorio albanese il Cividale si sistemò a difesa nella
conca di Frasheri ed ai primi di dicembre fu fatto arretrare sul mali Topjanit dove si difese
disperatamente fino all'8 gennaio 1941. In seguito ad un ulteriore arretramento del sistema
difensivo italiano il Cividale fu costretto a ripiegare per tutto il mese di gennaio fino a quando,
ridotto a soli 70 uomini, fu ritirato dal fronte il 25 gennaio e mandato a riposo a Mavrova nei
pressi di Valona.
Ricostituito il battaglione con i complementi il 19 febbraio il cividale ricevette l'ordine di entrare
in linea sul Golico occupando il costone di Pesclani. Il 28 febbraio sostenne un duro
combattimento dove trovò la morte il sottotenente Giacomo Brunengo, M.O.V.M. L'8 marzo, il
Cividale quasi circondato, fu costretto a spostarsi sotto la quota 1143 del Golico che il
battaglione attaccò il 15, il 18 ed il 24 marzo subendo perdite spaventose.
Il 16 aprile il Cividale scese dal Golico ed in seguito alle cessate ostilità con la Grecia avanzò in
territorio greco fino a Gianina dove vi rimase di presidio fino all'agosto.
Nell'agosto 1941 il Cividale fu mandato a presidiare il passo di Metzovo e verso la fine del mese
fu inviato nella zona di Lutraki sul Canale di Corinto fino al mese di marzo del 1942 quando
rimpatriò per essere impiegato sul fronte russo.
Guido Aviani Fulvio
Il Cividale: un nome rimasto in Russia
Il Battaglione "Cividale" arrivò sul fronte russo nella seconda metà di agosto del 1942
inquadrato nell'8° Reggimento Alpini della leggendaria Divisione "Julia".
Gli alpini del "Cividale" (nella stragrande maggioranza i figli delle valli del Natisone e del Friuli
centro-orientale), dopo un periodo in seconda linea, passarono il periodo ottobre-dicembre in
linea sul Don, ma in seguito al cedimento delle divisioni di fanteria italiane "Cosseria" e
"Ravenna", il 18 dicembre vennero inviati d'urgenza nel settore del Kalitwa (una quarantina di
chilometri più a sud) a tamponare la falla creatasi a sud dello schieramento alpino.
Dal 20 dicembre 1942 al 3 gennaio 1943, il "Cividale" rimase in seconda schiera dietro al
Battaglione "Tolmezzo" e non fu impegnato direttamente nei terribili e furibondi scontri che
impegnarono gli altri reparti della Julia sulle basse alture del Kalitwa; gli uomini del "Cividale"
però furono costretti a schierarsi all'addiaccio sulla neve, in condizioni ambientali spaventose
per il freddo che raggiunse temperature bassissime (anche di - 40° e oltre) subendo spesso i tiri
dell'artiglieria e dell'aviazione russa e alcuni scontri con pattuglie che provocarono alcune
perdite (la più dolorosa quella del caporal maggiore Francesco Cescato di Arsiè, Medaglia
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d'Oro) . Nella notte sul 4 gennaio 1943 il "Cividale" dette il cambio al Battaglione "Gemona" e
raggiunse le posizioni ai piedi della quota 176,2 tenuta da un reparto tedesco. Questa altura dai
fianchi dolci e allungati, che si ergeva di poco sulle altre quote, avrebbe permesso ai russi,
qualora l'avessero occupata, di controllare tutto lo schieramento difensivo ed i movimenti della
"Julia"; pertanto doveva essere mantenuta a tutti i costi. All'alba del 4 gennaio i russi
attaccarono la quota 176,2 e i tedeschi dovettero abbandonare precipitosamente la posizione. Il
1° plotone della 20^ Compagnia, comandata dal capitano Dario Chiaradia di Sacile, partì allora
di slancio e rioccupò la collina nonostante il tiro delle mitragliatrici russe che falcidiarono gli
alpini del 1° plotone al comando del tenente Benedini. Subito dopo i russi contrattaccarono e gli
alpini, dopo una breve ma accanita resistenza, durante la quale si distinse l'alpino Pietro Lestani
di Fagagna che rimase da solo a sparare imperterrito con il suo fucile mitragliatore fino
all'esaurimento delle munizioni, ripiegarono trascinandosi indietro i compagni feriti.
Verso mezzogiorno la 16^ Compagnia, al comando del capitano Carlo Crosa, appoggiata dagli
uomini della 20^, con un assalto temerario condotto dai plotoni che avanzarono in formazione
spiegata sotto il diluviare delle cannonate e dei tiri di mortaio, riprese la collina al prezzo di gravi
perdite, tra le quali il sergente maggiore Paolino Zucchi da Collato (Medaglia d'Oro).
Per tutta la giornata gli alpini rimasero abbarbicati alla quota sotto il continuo grandinare della
granate e la posizione fu mantenuta assieme agli uomini della 20^ fino all'alba del giorno 5
quando i russi ritornarono all'assalto in massa costringendo gli alpini del "Cividale" a ripiegare.
Immediatamente dopo gli alpini delle due compagnie, trascinati con coraggio e determinazione
dai loro comandanti, ritornarono per l'ennesima volta al contrassalto e ripresero la posizione: il
capitano Chiaradia fu ferito a morte e gli venne concessa la Medaglia d'Oro per il suo coraggio,
e molti alpini giacevano immobili nella neve arrossata dal sangue dei corpi
straziati dalle granate. Verso sera, approfittando di una tempesta di neve, i russi attaccarono di
nuovo e fecero ripiegare un piccolo reparto tedesco appostato sulla destra della quota e i
superstiti della 16^ e della 20^ dovettero abbandonare la collina per non essere accerchiati. A
questo punto il Comando di Battaglione fece serrare sotto la 76^ Compagnia (al comando del
tenente friulano Aldo Maurich) che si trovava di rincalzo.
Il plotone del sottotenente Gavoglio tentò un colpo di mano, ma la sorpresa non riuscì e gli
alpini furono quasi tutti massacrati dal tiro preciso delle armi automatiche russe. Anche il
sottotenente Gavoglio rimase sul campo e gli venne conferita la Medaglia d'Oro per il suo
comportamento. La notte tra il 5 ed il 6 gennaio trascorse nei preparativi per un nuovo attacco.
Alle 5.30 tutte le artiglierie italiane e tedesche del settore vomitarono un uragano di fuoco contro
la collina maledetta che si trasformò in un vulcanoin eruzione.
Immediatamente dopo un plotone della 76^ Compagnia, al comando del sottotenente Ferruccio
Ferrari, partì all'assalto appoggiato da lontano da due carri armati tedeschi. I russi superstiti
però si difesero disperatamente e respinsero gli attaccanti facendo rimanere sul campo molti
alpini, compreso il loro eroico comandante.
Verso le 8.00, i superstiti della 76^ Compagnia, praticamente solo pochi fucilieri e i mitraglieri
rimasti, attaccarono di nuovo con slancio al comando del tenente udinese Franco Cattarruzzi ed
appoggiati, questa volta più da vicino, dai due carri tedeschi. L'assalto disperato riuscì a prezzo
di numerose vite e finalmente la collina maledetta fu conquistata definitivamente dagli alpini del
Cividale. Per il valore dimostrato dagli uomini di questo Battaglione ed in onore ai tanti Caduti, il
Comando tedesco e quello italiano ribattezzarono la quota 176,2 in "Quota Cividale". 110 furono
i Caduti e circa 400 furono i feriti ed i congelati di quella battaglia durata incessantemente 3
giorni. La "Quota Cividale" venne mantenuta dagli alpini fino al 16 gennaio 1943 quando, in
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seguito al ripiegamento del Corpo d'Armata Alpino, anche la "Julia" dovette abbandonare le
posizioni del Kalitwa così duramente contese
agli avversari. Per gli alpini del "Cividale" iniziò così la terribile ritirata di Russia che si concluse
soltanto 16 giorni dopo e dalla quale moltissimi non tornarono.
Dei 1500 alpini del Battaglione partiti per la Russia, infatti, ben 1000 furono i Caduti e i Dispersi;
queste righe per ricordarli e far si che la memoria del loro sacrificio non vada perduta, perché
hanno combattuto con grande onore ed umanità una guerra più inutile delle altre.
Guido Aviani Fulvio
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