BIODEGRADAZIONE DI COMPOSTI FENOLICI PRESENTI NELLE ACQUE DI SCARICO INDUSTRIALI MEDIANTE COLTURE BATTERICHE MISTE ALESSANDRO ORSINI DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA INDUSTRIALE UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI XVIII° CICLO Biodegradazione di composti fenolici presenti nelle acque di scarico industriali mediante colture batteriche miste Alessandro Orsini Tutor: Prof. Giampaolo Mura Prof. Antonio Lallai DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA INDUSTRIALE UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI XVIII° CICLO Indice Cap. 1 Composti fenolici nelle acque di scarico delle industrie agro-alimentari 1.1 Generalità e classificazione dei composti fenolici 1 1.2 Distribuzione dei composti fenolici 3 1.3 Proprietà chimico-fisiche dei composti fenolici 3 1.4 Fenoli nei reflui dell’industria agro-alimentare 4 1.5 Aspetti normativi 6 1.6 Rimozione dei composti fenolici dalle acque 7 1.6.1 Trattamenti chimici 8 1.6.2 Trattamenti fotocatalitici 8 1.6.3 Trattamenti elettrochimici 9 1.6.4 Adsorbimento 9 1.6.5 Trattamenti biologici 9 1.7 Composti fenolici utilizzati nel presente studio Cap. 2 Cap.3 1 11 1.7.1 Catecolo 11 1.7.2 Acido protocatecuico 12 1.7.3 Acido p-idrossibenzoico 12 1.7.4 Acido vanillico Microbiologia e processi biologici. Cinetica di crescita batterica 2.1 Generalità sui processi biologici 13 14 2.2 Struttura dei microrganismi 15 2.3 Metabolismo dei batteri 16 2.4 Adattamento microbico 18 2.5 Schemi di biodegradazione 19 2.6 Crescita microbica 19 2.7 Cinetica di crescita microbica 21 2.8 Fattori che influenzano la crescita batterica 22 Apparati sperimentali 3.1 Microrganismi utilizzati per le prove aerobiche ed anaerobiche 3.1.1 Modalità di sviluppo delle miscele microbiche in ambiente aerobico 3.2 Medium di crescita 24 24 14 24 27 I 3.2.1 Medium di crescita aerobico Cap. 4 Cap. 5 Cap. 6 27 3.2.2 Medium di crescita anaerobico 3.3 Reattori per la crescita microbica in condizioni aerobiche 3.4 Reattori per la crescita microbica in condizioni anaerobiche 3.5 Misure di crescita microbica 28 28 3.6 Procedura di reidratazione microbica 36 3.7 Procedura di acclimatazione microbica 36 3.8 Metodiche analitiche 37 3.8.1 Determinazione della concentrazione del glucosio 3.8.2 Determinazione della concentrazione dei composti fenolici 3.8.3 Determinazione della concentrazione del carbonio organico totale (TOC) Degradazione microbica aerobica dei singoli composti fenolici: analisi della cinetica di crescita 4.1 Introduzione 37 42 4.2 Analisi cinetica della crescita su acido protocatecuico 42 4.3 Analisi cinetica della crescita su catecolo 45 4.4 Analisi cinetica della crescita su acido p-idrossibenzoico 48 4.5 Analisi cinetica della crescita su acido vanillico 51 4.6 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti Degradazione microbica aerobica dei singoli composti fenolici: analisi del consumo dei substrati 5.1 Introduzione 54 57 57 5.2 Crescita su catecolo. Consumo del substrato 57 5.3 Crescita su acido protocatecuico. Consumo del substrato 5.4 Crescita su acido p-idrossibenzoico. Consumo del substrato 5.5 Crescita su acido vanillico. Consumo del substrato 60 63 5.6 Modelli cinetici di consumo dei composti fenolici 5.6.1 Modello cinetico di consumo dell’acido protocatecuico 5.6.2 Modello cinetico del consumo del catecolo 69 5.7 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti Crescita microbica aerobica su miscele di substrati organici 6.1 Introduzione 31 32 38 40 42 66 69 72 73 75 75 II 6.2 Crescita su composto fenolico e glucosio 6.2.1 Crescita su acido protocatecuico e glucosio 76 6.2.2 Crescita su catecolo e glucosio 79 6.2.3 Crescita su acido p-idrossibenzoico e glucosio 82 6.2.4 Crescita su acido vanillico e glucosio 83 6.3 Crescita su miscele di composti fenolici Cap. 7 Cap. 8 Cap. 9 76 84 6.3.1 Crescita su acido protocatecuico e catecolo 84 6.3.2 Crescita su acido protocatecuico e acido vanillico 87 6.3.3 Crescita su catecolo e acido vanillico 89 6.4 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti Influenza del substrato utilizzato per l’acclimatazione dei microrganismi aerobici 7.1 Introduzione 90 92 7.2 Prove di crescita con microrganismi non acclimatati 7.3 Crescita microbica con microrganismi acclimatati a catecolo 7.3.1 Generalità 93 98 7.3.2 Procedura di acclimatazione a catecolo 7.3.3 Prove di crescita con microrganismi acclimatati a catecolo 7.3.4 Confronto dei risultati ottenuti batteri acclimatati differentemente Crescita microbica aerobica ad elevate concentrazioni dei substrati organici 8.1 Introduzione 8.2 Crescita su acido protocatecuico e glucosio ad elevate concentrazioni 8.3 Crescita su acido p-idrossibenzoico e glucosio ad elevate concentrazioni 8.4 Crescita su acido vanillico e glucosio ad elevate concentrazioni 8.5 Discussione e conclusioni Degradazione microbica anaerobica dei singoli composti fenolici: analisi della cinetica di crescita e del consumo dei substrati 9.1 Introduzione 92 98 100 102 106 112 112 113 117 119 120 123 123 9.2 Crescita microbica su catecolo 123 9.3 Crescita microbica su acido protocatecuico 128 9.4 Crescita microbica su acido p-idrossibenzoico 131 III Cap. 10 Cap. 11 Cap. 12 Cap. 13 9.5 Crescita microbica su acido vanillico 135 9.6 Discussione e riepilogo dei risultati Crescita anaerobica su miscele di substrati organici e influenza del substrato di acclimatazione 10.1 Introduzione 10.2 Crescita microbica su acido vanillico e acido pidrossibenzoico 10.3 Crescita microbica su acido vanillico e glucosio 136 138 138 10.4 Influenza del substrato usato per l’acclimatazione 142 10.5 Conclusioni sulle prove anaerobiche effettuate 143 Trattamento combinato anaerobico-aerobico 145 11.1 Introduzione 145 11.2 Trattamento combinato: prove in reattori anaerobici 145 11.3 Trattamento combinato: prove in reattori aerobici 149 11.4 Discussione e conclusioni 153 Crescita microbica su acque di vegetazione reali 156 12.1 Introduzione 156 12.2 Caratteristiche delle acque di vegetazione utilizzate 156 12.3 Prove di crescita sulle AV Considerazioni sul funzionamento di un reattore biologico aerobico per la degradazione dei composti fenolici 13.1 Dimensionamento del reattore e condizione di washout Conclusioni 158 161 Bibliografia 168 138 140 161 166 IV Introduzione I composti fenolici sono sostanze organiche frequentemente presenti nei tessuti vegetali ed in particolare nelle foglie, nei fiori, nelle radici e nei frutti della piante. Per questo motivo una elevata frazione di questi composti si ritrova nei reflui delle industrie agro-alimentari (olearie, vinicole, ecc.). La loro presenza in tali reflui pone alcune difficoltà per il trattamento biologico di tali acque di scarico per il loro effetto tossico e antimicrobico che può portare ad un abbassamento dell’efficienza di degradazione del sistema biologico e alla possibilità che tali composti possano passare indenni attraverso il trattamento, generando nei processi di depurazione successivi composti organici (clorofenoli) più tossici di quelli di partenza. Molti studi sono stati sviluppati al fine di descrivere la possibilità di degradazione di tali composti per via biologica: la maggior parte di questi si riferiscono a colture batteriche pure, mentre meno diffusi sono i lavori che impiegano colture batteriche miste. In questo lavoro sono riportati i risultati ottenuti dalla sperimentazione effettuata riguardante la degradazione microbica aerobica ed anaerobica di alcuni composti fenolici tramite colture batteriche miste, analoghe a quelle normalmente utilizzate negli impianti di depurazione a fanghi attivi per il trattamento dei reflui di origine domestica. In particolare sono stati presi in considerazione quattro sostanze, il catecolo, l’acido protocatecuico, l’acido p-idrossibenzoico e l’acido vanillico, aventi caratteristiche chimico-fisiche e tossicità differenti ed è stata studiata la loro degradabilità da parte di colture microbiche miste aerobiche ed anaerobiche. Le prove sperimentali sono state condotte in reattori batch. Dopo un’introduzione relativa alle caratteristiche dei composti fenolici presenti nei reflui dell’industria agro-alimentare e delle dinamiche di sviluppo microbico, vengono illustrati gli apparati sperimentali utilizzati per i test di crescita microbica. Successivamente sono presentati i risultati ottenuti della prove effettuate sia in condizioni aerobiche che in condizioni anaerobiche nelle quali i microrganismi sono stati inoculati in soluzioni sintetiche contenenti i singoli composti fenolici o miscele di substrati organici (composto fenolico-composto fenolico o composto fenolico-glucosio), e per le quali sono state individuate le cinetiche di crescita e le modalità di consumo dei substrati organici presenti. Sono stati poi descritti gli effetti dovuti ai differenti substrati utilizzati (glucosio e catecolo) per l’acclimatazione dei microrganismi. Ulteriori prove sperimentali sono state realizzate su processi combinati anaerobici-aerobici, con microrganismi aerobici in crescita su soluzioni sintetiche residue ottenute da prove di degradazione anaerobica. Dopo aver presentato, descritto e commentato i dati ottenuti con la degradazione di substrati organici presenti in scarichi sintetici, sono stati riportati V i risultati conseguiti utilizzando come alimento per la coltura microbica aerobica un’acqua di vegetazione reale. Infine, utilizzando alcuni dei dati di cinetica microbica ottenuti con la sperimentazione di laboratorio, sono state fatte delle considerazioni sul dimensionamento e sulla gestione dei reattori biologici per il trattamento di acque di scarico contenenti composti fenolici. VI Capitolo 1 Composti fenolici nelle acque di scarico delle industrie agro-alimentari 1.1 Generalità e classificazione dei composti fenolici I composti fenolici costituiscono una delle principali classi di metaboliti secondari, molto eterogenea al suo interno, i cui costituenti sono tutti accomunati dalla presenza di un anello aromatico con uno o più sostituenti ossidrilici. Sebbene un cospicuo numero di sostanze fenoliche è stato trovato negli organismi animali, la presenza di una frazione fenolica è una caratteristica peculiare dei tessuti vegetali. I fenoli sono particolarmente importanti nei prodotti ortofrutticoli in cui hanno un ruolo preminente nel determinare colore e sapore. In particolare si associa agli acidi fenolici il sapore acidulo, ai tannini (alcoli aromatici con pesi molecolari compresi tra 500 e 3000) l’astringenza, mentre il sapore amaro è spesso associato ad alcuni flavonoidi (composti con 15 atomi di carbonio) quali naringenina e neoesperidina; il colore, infine, viene determinato dalla presenza degli antociani e dalle loro caratteristiche reazioni di copigmentazione. Il contenuto fenolico nei tessuti vegetali varia in funzione della specie, della varietà, dell’organo considerato, dello stadio fisiologico e delle condizioni pedoclimatiche (Lattanzio e Ruggiero, 2003). La tab. 1.1 riporta le principali classi di composti fenolici presenti nelle piante. I fenoli semplici (C6), come ad esempio cresolo, guaiacolo e floroglucinolo, non si trovano frequentemente nei tessuti vegetali; il più diffuso sembra essere l’idrochinone, identificato in molte famiglie. Il catecolo lo si può trovare, invece, come unità strutturale delle catecol-melanine, e la sua presenza nei semi di girasole o di cocomero può farsi risalire a processi degradativi di questi pigmenti scuri. Tra i composti aventi come scheletro base C6-C1 ricordiamo la salicialdeide, la p-idrossibenzaldeide e l’aldeide protocatecuica, tutti composti che si trovano come componenti di vari oli essenziali. L’aldeide più diffusa resta certamente la vanillina (4-idrossi-3-metossibenzaldeide) estratta da bacelli di Vanilla planifolia precursore dell’acido vanillico. Gli acidi fenolici, in particolare gli acidi salicilico, p-idrossibenzoico, protocatecuico, vanillico sono universalmente distribuiti nelle piante soprattutto in forma di esteri oglicosidi, ma molto spesso in forma legata come costituenti della frazione alcol-insolubile dei tessuti vegetali, dove sono in parte legati alla lignina tramite legami esteri. 1 Tab. 1.1 – Principali classi di composti fenolici nelle piante Nr. atomi di carbonio Scheletro base 6 C6 7 C6C1 8 C6C2 9 C6C3 10 C6C4 13 C6C1 C6 14 C6C2 C6 15 C6C3 C6 18 (C6C3)2 30 (C6C3C6)2 (C6C3)n (C6)n (C6C3 C6)n n Classe Fenoli semplici Benzochinoni Acidi fenolici Acetofenoni Acidi fenilacetici Acidi idrossicinnamici Fenilpropeni Cumarine Isocumarine Cromoni Naftochinoni Xantoni Stilbeni Antrachinoni Flavonoidi Isoflavonoidi Lignani Neolignani Biflavonoidi Lignine Catecol-melanine Tannini condensati Vanno infine ricordate le quattro principali classi di polimeri fenolici naturali: melanine, lignine, tannini e suberina. In particolare la lignina si trova come costituente integrale della parete cellulare di tutte le piante vascolari, incluse le specie erbacee, associata alla matrice cellulosica tramite legami a idrogeno o legami covalenti. Questa grande varietà di strutture fenoliche riflette un’altrettanto grande diversificazione delle loro funzioni. I composti fenolici possono avere la funzione di pigmenti fiorali a basso peso molecolare, di antibiotici, di schermo nei confronti delle radiazioni UV, di repellenti per gli insetti e di segnali nelle interazioni pianta-microrganismi. Possono inoltre fungere da complessi costituenti polimerici di strutture superficiali e di supporto: è il caso, ad esempio, della lignina, della suberina e di altri costituenti (come l’acido ferulico, sottoforma di ponti diferulolici) presenti nella parete cellulare. Infine, la grande varietà di struttura e di funzioni dei composti fenolici viene riflessa anche nella variabilità del loro modello temporale e spaziale a livello di pianta intera o singolo organo. 2 1.2 Distribuzione dei composti fenolici I composti fenolici si accumulano in genere, in tutti gli organi della pianta (radici, steli, foglie, fiori e frutti): tale accumulo si realizza in maniera specifica nei vari tessuti secondo i vari generi di pianta, con un maggiore accumulo dei fenoli negli strati epidermici e subepidermici dei vari tessuti. In generale, si può affermare che, ad eccezione della lignina, i composti i fenolici si accumulano preferenzialmente negli organi aerei della pianta piuttosto che nelle radici. Questa localizzazione preferenziale viene messa in relazione con l’effetto induttore della luce sul metabolismo fenolico, nonché con il ruolo protettivo esercitato dai composti fenolici. Infine, per quanto concerne la lignina, si può affermare che questo polimero si accumula soprattutto nei tessuti conduttori o di sostegno alla pianta, anche se non in maniera esclusiva in quanto, potenzialmente, tutte le cellule vegetali sono in grado di produrre lignina in risposta a situazioni di stress biotico od abiotico. A livello subcellulare i due principali siti di accumulo dei composti fenolici sono la parete cellulare, dove viene depositata la lignina, ed il vacuolo, dove vengono immagazzinate diverse classi di sostanze fenoliche. Questa segregazione, oltre che una strategia di detossificazione dei composti fenolici, ha anche un significato funzionale nella più generale strategia di adattamento della pianta all’ambiente esterno. 1.3 Proprietà chimico-fisiche dei composti fenolici La presenza del gruppo ossidrilico nei fenoli influisce notevolmente sulle proprietà chimico-fisiche dei composti fenolici, in quanto aumenta il carattere idrofilico della molecola e le conferisce una natura acida. Una soluzione acquosa di un composto fenolico, infatti, presenta una debole acidità che porta alla dissociazione in fenossione ed H+. La presenza dei gruppi ossidrilici, inoltre, aumenta la reattività della molecola in quanto questi gruppi possono formare legami idrogeno intramolecolari o con altre molecole quali proteine ed alcaloidi. Una proprietà fisica molto importante è l’intenso assorbimento che i composti fenolici presentano nella regione UV e visibile dello spettro elettromagnetico: tale assorbanza è notevolmente influenzata dalla distribuzione dei gruppi ossidrilici sull’anello aromatico. Dal punto di vista biologico le reazioni tra composti fenolici e le proteine sono quelle più importanti, in quanto coinvolte nei processi di purificazione e estrazione delle proteine, nell’inibizione od attivazione degli enzimi, nel disaccoppiamento della fosforillazione ossidativa, nei meccanismi di resistenza dei tessuti vegetali agli attacchi microbici, nel metabolismo post-raccolta dei prodotti ortofrutticoli. 3 1.4 Fenoli nei reflui dell’industria agro-alimentare La presenza dei composti fenolici nelle piante e in particolar modo in steli, fiori e frutti implica che in alcuni reflui dell’industria agro-alimentare sia presente una componente fenolica rilevante. Una frazione fenolica significativa, ad esempio, si può trovare negli scarti di lavorazione dell’industria olearia e di quella vinicola. Un altro esempio può essere quello dei reflui provenienti dagli stabilimenti per la lavorazione dei carciofi: infatti nel corso delle lavorazioni che riguardano la produzione e messa in vendita del carciofo, che può essere commercializzato come fresco, congelato, sott’olio e sott’aceto, viene prodotta una grande quantità di scarti e residui solidi (brattee, foglie e gambi) che può giungere fino al 60% del peso del vegetale raccolto (Llorach et al., 2002). In un impianto dove vengono effettuate questo genere di lavorazioni, si possono avere elevate quantità di reflui liquidi prodotti dall’impianto ed in particolare derivanti dalle acque di raffreddamento degli impianti, dalle acque di lavaggio dei locali e degli impianti, dalle acque di cottura, dai liquidi di governo e dalle acque di scottatura. I reflui in particolare provenienti da quest’ultimo trattamento possono contenere un elevato tenore in termini di carico organico (Sanchez-Rabaneda et al., 2003) ed in particolare una discreta presenza di composti fenolici tossici o comunque di difficile degradazione. In uno studio recentemente effettuato, è stato stimato che un refluo proveniente esclusivamente dall’operazione di cottura dei carciofi (Ferraro D., 2005) conteneva un COD variabile tra i 13 e i 15 g/l e un contenuto in polifenoli pari a 1÷1,1 g/l. Ma i reflui dell’industria agro-alimentare che più frequentemente sono presi in esame a causa del loro carico organico per la presenza di elevate quantità di composti fenolici, sono le acque di vegetazione (AV) provenienti dalla lavorazione delle olive per la produzione dell’olio. Le AV sono costituite in prevalenza da sostanza organica di origine vegetale non fermentata (zuccheri, acidi grassi, polialcoli) e da elementi minerali (potassio e fosforo): per questi motivi, senza aggiunta di altri prodotti, possono essere considerate ammendanti (Catalano et al., 1989). Sono inoltre considerate refluo a tasso inquinante fra i più elevati nell’industria agro-alimentare, oltre che per l’elevato carico organico (Aktas E. et al, 2001, Balice e Cera, 1984), proprio per la presenza di composti ad attività biostatica, come i composti fenolici, che con la loro presenza ne conferiscono il colore marrone scuro. In tab 1.2 (Catalano et al., 1989) sono riportati alcune caratteristiche, nonché i principali componenti delle acque di vegetazione. Si possono notare l’elevato valore del COD, BOD e i bassi valori di pH. 4 Tab. 1.2 - Caratteristiche analitiche e principali componenti delle AV. Sostanze sospese (g/l) 5-50 Residuo secco a 105°C (g/l) 100-150 Ceneri (g/l) 20-25 COD (mg/l) 60000-185000 BOD5 (mg/l) 14000-75000 COD/BOD5 4-5 pH 4,8-5,4 Peso specifico a 20°C 1,01-1,08 SOSTANZE GLUCIDICHE (g/l) 30-60 zuccheri liberi (glucosio e fruttosio, g/l) 10-20 zuccheri esterificati (esosi e pentosi, g/l) 15-25 poliosi (pectine e mucillaggini, g/l) 5-15 SOSTANZE FENOLICHE (g/l) 2-4 SOSTANZE AZOTATE (N*6,25 – g/l) 10-25 SOSTANZE GRASSE (g/l) 0,5-10 POLIALCOLI (g/l) 10-15 ACIDI ORGANICI (g/l) 5-15 SOSTANZE MINERALI (g/l) 20-25 In tab. 1.3 sono riportati, inoltre, i valori (in percentuale) dei composti inorganici che solitamente si trovano nelle acque di vegetazione. Tab. 1.3 - Composizione percentuale della frazione minerale delle AV K2O CO2 P2O5 Na2O CaO SO3 Cl2 FeO MgO SiO2 47 % 20,7 % 13,75 % 6,53 % 5,85 % 2,57 % 2,03 % 0,65 % 0,43 % 0,30 % Anche se la frazione fenolica fornisce un contributo relativamente secondario al carico organico totale di un’AV (circa 14%) (Greco et al., 1999), la presenza di questi residui, in concentrazioni che possono variare dai 3 ai 10 g/l (Martinez et al., 1986), genera due tipi di problemi per i processi biologici (per esempio a 5 fanghi attivi) negli impianti per il trattamento degli scarichi domestici nei quali potrebbero essere riversati tali reflui. Il primo è legato all’effetto tossico che la frazione fenolica può esercitare sui microrganismi inibendo o rallentando la degradazione delle sostanze facilmente biodegradabili. Il secondo è dovuto alla scarsa degradabilità di tali composti fenolici che possono passare indenni attraverso il trattamento biologico e formare, nei successivi sistemi di depurazione (es. clorazione), composti più tossici (clorofenoli) di quelli da cui derivano. I polifenoli solubili in acqua sono inoltre responsabili di fenomeni di inibizione della germinazione, della crescita e dello sviluppo di diverse piante erbacee. La presenza di sostanze fenoliche può far considerare, inoltre, le acque di vegetazione come una potenziale materia prima per la produzione di composti ad alto valore aggiunto da utilizzare sia nel settore alimentare (antiossidanti, coloranti), sia nel settore agrario (sostanze ad attività antimicrobica, bioinsetticidi, fitoregolatori): ciò ha dato origine a numerose ricerche volte all’utilizzazione e valorizzazione di questo tipo di reflui per via biologica e chimica. Numerosi studi sono stati mirati alla determinazione della fitotossicità delle AV (Capasso et al., 1992, Ragazzi et al., 1967, Perez et al., 1991, Juven et al. 1970, Martirani et al., 1995) ed è stato rilevato che quasi sempre le caratteristiche più nocive sono legate ai composti fenolici in esse presenti. L’attività antimicrobica che essi mostrano a determinate concentrazioni è stata evidenziata su diversi ceppi batterici. Gli schemi di trattamento dei reflui rilasciati dai frantoi oleari in genere prevedono uno stadio biologico: per questo motivo molti studi sono stati sviluppati, con diverse formulazioni di batteri selezionati, allo scopo di aumentare significativamente l’efficienza del trattamento biologico sui reflui in questione (Ranalli, 1990) Una delle maggiori difficoltà connesse con la depurazione e lo smaltimento delle acque di vegetazione, oltre all’elevato carico inquinante di tali reflui è dovuto alla stagionalità della produzione e all’estremo frazionamento sul territorio dei frantoi che solitamente sono di dimensioni artigianali e a conduzione familiare, tali, dunque, da non poter sopperire adeguatamente alle esigenze di depurazione delle AV (Rovatti et al., 1990). 1.5 Aspetti normativi Le acque reflue sono disciplinate sia dal D.Lgs 11 Maggio 1999, n. 152, in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, sia dal D.Lgs 5 Febbraio 1997, n. 22, Decreto Ronchi in materia di rifiuti, come “rifiuti liquidi”. Per stabilire l’ambito d’operatività di tali normative bisogna far riferimento alla nozione di scarico. Secondo il D.Lgs n. 152/99 lo scarico è definito come “qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acqua reflua liquida o semiliquida”. Il decreto legislativo è applicabile solo a reflui che abbiano 6 particolari caratteristiche di fluidità tali da poter scorrere tramite condotta nel corpo ricettore. Tuttavia tutti i rifiuti liquidi costituiti da acque reflue “di cui il detentore si disfaccia senza sversamento diretto nei corpi idrici ricettori” rientrano nella disciplina dei rifiuti. Le AV e le sanse ad elevata umidità sono regolate dal D.Lgs n 574 del 11 Novembre 1996, “Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarico dei frantoi oleari”, che le classifica come sostanze ammendanti e come tali non devono essere necessariamente sottoposte a costosi trattamenti di depurazione. La normativa prevede inoltre: la possibilità di spandimento dei reflui oleari su terreni adibiti ad uso agrario: i dosaggi massimi sono fissati in 50 m3/ha per le acque di vegetazione provenienti da frantoi a ciclo tradizionale e 80 m3/ha per quelle residuate attraverso l’estrazione a ciclo continuo; i terreni esclusi dalla distribuzione sono quelli posti ad una distanza inferiore a 300 m dalle aree di salvaguardia per la captazione delle acque destinate al consumo umano o inferiore a 200 m dai centri urbani; la distribuzione non è inoltre consentita nei terreni con colture in atto, con falda inferiore a 100 m, in terreni gelati o saturi d’acqua; lo stoccaggio delle acque di vegetazione all’interno del frantoio non deve superare i 180 giorni; lo sversamento su terreno agricolo deve essere preceduto da una comunicazione al sindaco e da una relazione redatta da un professionista abilitato, nella quale viene dettagliatamente analizzato il terreno destinato allo spandimento e specificate le regole e i tempi previsti per l’effettiva distribuzione; l’autorità competente può richiedere ulteriori accertamenti e disporre ulteriori verifiche qualora esista il rischio di arrecare danni al sottosuolo o ad alle risorse ambientali, e ridurre o addirittura sospendere lo spandimento dei reflui. L’emanazione della Legge 574/96 ha avuto il merito di aver disciplinato la gestione dei reflui oleari, rendendo la pratica del loro smaltimento di facile applicabilità e limitandone i costi. Infatti, per gli impianti di modeste dimensioni, i costi dei trattamenti di depurazione incidevano pesantemente sui costi d’impianto e del prodotto finito. 1.6 Rimozione dei composti fenolici dalle acque Le tecnologie per l’abbattimento dei composti fenolici presenti in un refluo acquoso di origine civile ed industriale attualmente applicate o comunque in via di perfezionamento, si possono suddividere nelle seguenti categorie: trattamenti chimici; processi fotocatalitici; processi elettrochimici; adsorbimento; trattamenti biologici. 7 I criteri per la scelta tra uno di questi processi, supponendo di avere a disposizione la tecnologia necessaria per il loro utilizzo, sono l’efficacia e l’economicità. Il primo parametro indispensabile per una scelta è il grado di rimozione del composto che si vuole conseguire e ciò, per quanto riguarda le acque, può essere legato al tipo di utilizzo a cui esso sarà sottoposto (irriguo, potabile, allevamento, ricreativo). Ci sono naturalmente in tal senso dei precisi termini di legge da rispettare, sia in campo nazionale che europeo. Una volta stabilito quali processi siano in grado o meno di raggiungere lo scopo fissato, a parità di efficienza, è l’economicità il parametro che influenza la scelta. 1.6.1 Trattamenti chimici In genere i trattamenti chimici per l’abbattimento di un inquinante, sono essenzialmente quei processi di ossidazione per mezzo di forti agenti ossidanti quali cloro, biossido di cloro (ClO2), perossido di idrogeno (H2O2), ozono (O3). Non tutti possono essere indistintamente usati nel caso dei fenoli: l’uso del cloro potrebbe portare alla formazione di composti fenolici clorati, e per questo motivo, maggiormente tossici. Il trattamento con O3 ha dimostrato una buona efficienza ma presenta alti costi di attuazione: infatti l’instabilità dell’ozono, che può formare una miscela esplosiva in aria già a concentrazioni del 30%, e l’esigenza di usarne grosse quantità per ottenere soddisfacenti risultati, comporta per il processo problemi sia nell’installazione che nella conduzione. Il perossido di idrogeno ha un alto potenziale ossidante ma una lenta cinetica di reazione, per cui necessita dell’uso di un catalizzatore, con conseguente aumento dei costi dovuto sia al costo del catalizzatore che al costo di rigenerazione. 1.6.2 Trattamenti fotocatalitici La degradazione dei composti fenolici può avvenire per via fotochimica in quanto il legame carbonio alogeno può essere distrutto tramite radiazioni UV (λ= 280 nm). Il processo è molto efficace ma notevolmente costoso sia in termini di installazione che di energia richiesta. I raggi UV hanno infatti un basso coefficiente di penetrazione nell’acqua per cui gli strati interessati ad una irradiazione di intensità sufficiente alla rottura dei legami sono solo quelli superficiali. Gli impianti debbono perciò prevedere bacini molto grandi e poco profondi con una intensa irradiazione. Studi compiuti in Giappone, mostrano l’esistenza di una effettiva degradazione per via fotochimica, ma rivelano anche che i prodotti di degradazione sono spesso più tossici dei fenoli di partenza. 8 1.6.3 Trattamenti elettrochimici Negli ultimi vent’anni, grazie all’introduzione di materiali di elettrodo innovativi che rendono possibili nuove applicazioni, si stanno studiando metodi di depurazione di tipo elettrochimico. Tali tecniche hanno infatti il pregio di condurre a “processi puliti” che non alterano l’equilibrio ambientale. Il processo fondamentale consta in una ossidazione parziale o totale, ad anidride carbonica, della molecola organica. Tale procedimento risulta però costoso, soprattutto se la degradazione è totale: infatti in tali reazioni sono richiesti trasferimenti di un gran numero di elettroni, con un impiego di energia elettrica non indifferente. 1.6.4 Adsorbimento Per rimuovere dalle acque certe sostanze si ricorre all'adsorbimento su materiali granulari porosi che generalmente sono carboni o polimeri macroporosi. Il meccanismo d'adsorbimento mette per lo più in gioco legami intermolecolari del tipo forze di Van Der Waals, trattandosi di adsorbimento fisico, e veri legami chimici nel chemiadsorbimento. L'adsorbimento fisico è preferito sia perché consente di reimpiegare il materiale adsorbente e sia perché, ove interessi, permette anche di ricuperare l'adsorbito. Il carbone attivato che generalmente si usa in questa operazione unitaria è disponibile sia in forma granulare che di polvere, ha sempre elevata area superficiale per unità di peso e presenta una velocità di adsorbimento in stretta relazione con le dimensioni medie dei granuli di carbone e con il pH ambientale. Per evitare la riduzione rapida e permanente della capacità d'adsorbimento del carbone, le acque trattate vengono preventivamente liberate da torbidità e da solidi in sospensione, chiarificandole ed eventualmente filtrandole. 1.6.5 Trattamenti biologici Per eliminare le sostanze organiche dalle acque di scarico sono usati al giorno d’oggi i processi biologici su vasta scala, che distruggono tali sostanze con meccanismi analoghi a quelli dell'autodepurazione di un corpo idrico, ma con la differenza di una maggiore velocità e una maggiore resa di trasformazione. Come in natura, anche in ambito tecnologico le condizioni in cui i processi biologici si realizzano possono essere aerobiche o anaerobiche, cioè caratterizzate dall'intervento dell'ossigeno o dalla sua assenza. In entrambi i casi sono interessati i microrganismi eterotrofi, che cioè necessitano di sostanze organiche apportatrici di materiale cellulare plastico e aventi la funzione di substrato di produzione energetica; ma tali micorganismi non sono però in grado di autosintetizzare direttamente, al contrario degli autotrofi, e pertanto rientrano nella catalogazione ecologica dei consumatori. 9 Nei processi biologici volti a depurare le acque, come del resto in natura, operano anche microrganismi che possono essere attivi sia in senso aerobico che in senso anaerobico, i microrganismi facoltativi; il loro tipo d'attività risulta così determinato dalle condizioni ambientali in cui vengono a trovarsi. La scelta del tipo di microrganismi e delle condizioni operative viene fatta sulla base dei risultati che si vogliono ottenere: si preferisce l’adozione d’attività microbiologiche aerobiche, di tipo veloce, quando il depurare l'acqua è lo scopo principale, ed anaerobiche se si vuol produrre energia alternativa, in forma di biogas, attraverso un percorso più lento richiedente minori dispendi energetici. La caratteristica principale dei processi aerobici consiste nell'utilizzazione dell'ossigeno disciolto nell'acqua, in condizioni favorevoli per mantenere l'attività dei microrganismi. Il risultato è la produzione di materiale biologico flocculento che rimane attaccato alle superfici delle apparecchiature di trattamento in certi tipi d'impianto e che resta disperso nella massa del liquido in altri tipi d'impianto. In ogni caso i fiocchi di materiale biologico aggregano particelle colloidali fini e adsorbono altre sostanze disciolte. Un'altra constatazione riguarda l'ottenimento di sostanze altamente ossidate quali CO2 e H2O (ed anche di anioni quali NO2-, NO3-, ecc.). Affinché i microrganismi si mantengano attivi bisogna che la concentrazione di ossigeno in soluzione non sia mai inferiore ad un certo livello (1,5÷2 mg/l); sicché occorre rifornirlo continuamente con dispositivi adeguati. Nei processi anaerobici la crescita dei microrganismi, energeticamente alimentata dalla rottura dei legami chimici che porta a convertire in CH4 e CO2 (oltre che in NH3, H2S e PH3) circa il 90% delle sostanze organiche presenti nell'acqua, è minore se rapportata ai processi aerobici; i fanghi sono perciò più facilmente smaltibili. In questi processi non è richiesta energia per fornire ossigeno al sistema ma solo per scaldare l'ambiente. Peraltro il metano ottenuto (biogas) può essere utilizzato per produrre energia in quantità eccedente quella necessaria all'esercizio del processo che lo ha fatto formare. La biodepurazione anaerobica per processi fermentativi causati da attività batteriche e sfruttata di solito per trattare scarichi liquidi d'elevato BOD5 (> 2.000 mg/l) presenta dei vantaggi rispetto ai trattamenti aerobici: minor costo d'esercizio, possibilità di trattamento anche nel caso di alimentazione discontinua, realizzabilità anche in corrispondenza di quantità di sostanze nutritive per i microrganismi minori di quelle richieste dai processi aerobici, limitata produzione di fanghi, sviluppo di gas ricco in metano ed utilmente impiegabile. Le industrie da cui più frequentemente possono provenire gli scarichi liquidi da trattare per via anaerobica sono le conserviere, le farmaceutiche, le birrarie, le lattiero-casearie e quelle di allevamento animale. I tempi di residenza in processi di biodepurazione anaerobica vanno da una decina di giorni a poco meno di due mesi, ed il carico organico rimosso, misurato in COD, varia dal 70 al 98% prestando attenzione ai parametri operativi (temperatura, pH, tempi, ecc.). Tuttavia, data l'elevata concentrazione iniziale di sostanze organiche, quando l'efficienza della rimozione è inferiore al 90%, gli effluenti devono essere generalmente sottoposti ad ulteriori processi depurativi. 10 1.7 Composti fenolici utilizzati nel presente studio I composti fenolici presenti nei reflui delle industrie agro-alimentari possono essere diversi a seconda della provenienza e dei trattamenti subiti dallo scarico nel quale sono presenti. Nello studio effettuato su un refluo proveniente dall’acqua di cottura dei carciofi, sono stati individuati, per esempio, acido protocatecuico, acido vanillico, acido veratrico e di acido caffeico (Ferraro, D., 2005) Ragazzi e Veronese (1967) hanno isolato dall’acqua di vegetazione composti fenolici come pirocatechina, acido caffeico e acido protocatecuico. Borja et al., (1996) individuarono invece il tirosolo, l’oleouropeina, l’acido caffeico, l’acido p-idrossibenzoico e l’acido protocatecuico. Per il presente lavoro si sono presi in considerazione in particolare quattro diversi composti fenolici: la scelta è caduta su quelle sostanze più frequentemente individuate in questo tipo di reflui. Si è inoltre badato a considerare composti aventi strutture chimiche e tossicità differenti. In particolare sono stati considerati il catecolo, CAT, appartenente alla classe dei fenoli semplici, gli acidi protocatecuico, PCC, e p-idrossibenzoico, PHB, appartenenti alla classe degli acidi fenolici e l’acido vanillico, VAN, appartenente alla classe degli acidi fenilacetici. Di seguito sono riportate le caratteristiche chimico-fisiche di tali sostanze fenoliche. 1.7.1 Catecolo Il catecolo (fig. 1.1) appartiene alla famiglia dei fenoli semplici e deriva direttamente dal fenolo per aggiunta di un gruppo –OH in posizione 2. Si presenta allo stato puro come cristalli incolori che tendono ad ossidarsi più facilmente del fenolo, variando così la colorazione. E’ inoltre più solubile in acqua di quest’ultimo per effetto delle intense interazioni dei due gruppi –OH con l’H2O. Fig. 1.1 - Catecolo Tab. 1.4 - Caratteristiche chimico-fisiche del catecolo Sinonimi Formula bruta Peso molecolare Aspetto Solubilità in acqua Temperatura di fusione pirocatecolo 1,2-benzendiolo C6H6O2 110,11 solido cristallino incolore 450 g/l a 293,15 K 378,15 (1°5 °C) 11 1.7.2 Acido protocatecuico Appartenente alla classe degli acidi fenolici, l’acido protocatecuico è costituito da un anello aromatico con due sostituenti ossidrilici ed uno carbossilico come mostrato in fig. 1.2. Come tutti i composti fenolici della sua classe è molto diffuso nelle piante e nelle resine ed è utilizzato come antiossidante e come intermedio per coloranti trovando applicazione nell’industria della profumeria e in quella farmaceutica. Fig. 1.2 - Acido protocatecuico Tab. 1.5 - Caratteristiche chimico-fisiche dell’acido protocatecuico Sinonimi Formula bruta Peso molecolare Aspetto Solubilità in acqua Temperatura di fusione dioxybenzoic acid acido 3,4-diidrossibenzoico C6H6O4 154,12 bianco a polvere cristallina grigiastra buona 200-202 °C 1.7.3 Acido p-idrossibenzoico Anche l’acido p-idrossibenzoico appartiene alla classe degli acidi fenolici, il cui scheletro base è del tipo C6C1. E’ costituito da un anello aromatico con un sostituente ossidrilico e uno carbossilico (fig. 1.3) COOH OH Fig. 1.3 - Acido p-idrossibenzoico 12 Tab. 1.6 - Caratteristiche chimico-fisiche dell’acido p-idrossibenzoico 4-hydroxybenzoic acid C7H6O3 138,12 solido cristallino bianco discreta 214-217 °C Sinonimi Formula bruta Peso molecolare Aspetto Solubilità in acqua Temperatura di fusione 1.7.4 Acido vanillico L’acido vanillico (fig. 1.4) è un composto frequentemente presente nei reflui dell’industria alimentare. La sua struttura chimica è analoga a quella dell’acido pidrossibenzoico con l’introduzione di un gruppo –OCH3. COOH OH OCH3 Fig. 1.4 - Acido vanillico Tab. 1.7 - Caratteristiche chimico-fisiche dell’acido vanillico Sinonimi Formula bruta Peso molecolare Aspetto Solubilità in acqua Temperatura di fusione 4-hydroxy-3-methoxybenzoic acid; p-vanillic acid C8H8O4 168,15 polvere bianca bassa 210-213 °C 13 Capitolo 2 Microbiologia e processi biologici. Cinetica di crescita batterica 2.1 Generalità sui processi biologici Le acque naturali possiedono un potere autodepurante spontaneo che consiste nella capacità di decomporre biologicamente i composti organici di origine animale e vegetale, trasformandoli in sostanze più stabili fino alla loro completa mineralizzazione. I processi biologici si svolgono grazie all’azione di (microrganismi) che utilizzano la sostanza organica biodegradabile come substrato nutritizio e per la sintesi di nuove cellule. Il potere autodepurante delle acque naturali, all’aumentare del carico organico, è però limitato e richiede tempi elevati. Si ricorre perciò a processi di depurazione biologici artificiali che rappresentano un’accelerazione di quelli naturali in un ambiente controllato. La trattabilità biologica di una sostanza organica, o di una miscela di sostanze, non è altro che la proprietà di tali composti di venire degradati, del tutto o in parte, nei tempi e nei modi considerati convenienti dalla specifica biotecnologia applicata (Vismara, 1998). La degradazione biologica può essere di tipo aerobico o anaerobico. Le trasformazioni di tipo aerobico avvengono in presenza di ossigeno molecolare, utilizzato come accettore di elettroni e alla fine del processo si ottengono anidride carbonica e acqua. La degradazione anaerobica avviene invece in assenza di ossigeno molecolare; come accettore di elettroni è usato un ossidante inorganico o altri composti organici. I prodotti finali della degradazione, pur dipendendo dal tipo di microrganismi utilizzati, sono in generale metano, idrogeno, alcoli e acidi. L’efficacia di un trattamento biologico dipende da una serie di fattori, quali (i) tempo di contatto tra microrganismi e substrato, (ii) concentrazione della biomassa, (iii) velocità con cui procede la reazione di degradazione. Mentre quest’ultimo fattore dipende esclusivamente da parametri idraulico-impiantistici, ed è quindi ottimizzabile secondo le esigenze, i primi due dipendono anche da parametri chimico-fisici-ambientali, quali temperatura, pH, natura della sostanza organica, ecc.; questi, se non opportunamente controllati, possono inibire il processo (Vismara, 1982). 14 La scelta tra un trattamento aerobico ed uno anaerobico non è facile, perché è legata all’individuazione del giusto compromesso tra l’efficacia del trattamento e i suoi costi. In generale le cinetiche dei processi aerobici sono più veloci di quelli anaerobici; inoltre i primi sono più semplici da gestire, con costi di impianto modesti e permettono di abbattere la flora batterica patogena. I trattamenti anaerobici consentono di trattare reflui ad elevate concentrazioni di sostanze inquinanti, producono meno fanghi di esubero e consentono di riutilizzare il potere energetico del biogas prodotto. Peraltro un processo anaerobico è in grado di attaccare molto efficacemente certi composti difficilmente degradabili: un esempio è quello dei policlorofenoli per i quali viene ridotto il numero di atomi alogenati attaccati alla molecola organica. Tuttavia i microrganismi anaerobici presentano difficoltà nel mineralizzare completamente molecole dealogenate, mentre i microrganismi aerobici possono attaccare e mineralizzare composti poco alogenati. In alcuni casi può essere conveniente conseguire una degradazione completa dei composti policlorurati in un processo a due stadi sequenziali: un processo anaerobico di dealogenazione seguito da un processo aerobico di mineralizzazione. 2.2 Struttura dei microrganismi Gli organismi viventi che hanno un diametro inferiore a 0,1 mm non sono visibili ad occhio nudo, ma solo attraverso l’uso del microscopio e perciò vengono considerati microrganismi. I microrganismi sono minuscoli esseri viventi estremamente diffusi in natura: li troviamo infatti sia nell’ambiente, nel terreno, nelle acque, nell’aria, negli alimenti e anche negli animali e nelle piante. Sono detti anche microbi o germi; si mostrano in varie forme e con diverse proprietà: molti sono formati da singole cellule, unicellulari, come batteri e lieviti, altri da molte cellule pluricellulari, come le muffe, e altri ancora, come i virus, non hanno un vero aspetto cellulare e perciò sono definiti subcellulari. La classificazione dei microrganismi può essere effettuata in funzione di vari parametri, quali ad esempio la loro natura, il loro metabolismo e le condizioni operative in cui possono vivere. Un organismo per svolgere le sue funzioni e riprodursi necessita di: sorgente di energia; carbonio per la sintesi di nuova materia cellulare; nutrienti. I batteri autotrofi crescono meno velocemente perché la trasformazione di CO2 in tessuto cellulare richiede più energia. Questa può essere fornita dalla luce o tramite una reazione di ossidazione chimica. Quelli che usano la luce sono chiamati fotosintetici, quelli che usano le reazioni chimiche chemiosintetici. I batteri, sono microrganismi unicellulari considerati le forme di vita più piccole, più semplici e maggiormente diffuse che ci sono in natura. La cellula batterica è una cellula procariota, costituita da una membrana cellulare, 15 all’interno della quale si trova una zona nucleare, detta nucleoide. Nel nucleoide è contenuto un solo cromosoma circolare costituito da una molecola di DNA, che non è separata dal citoplasma cellulare da alcuna membrana. I batteri possono avere forma sferica, cilindrica o incurvata. I batteri sferici sono detti cocchi e nel riprodursi possono formare colonie con particolari disposizioni nello spazio; quelli cilindrici sono invece generalmente detti bacilli, mentre i batteri incurvati si distinguono a seconda della loro curvatura. La cellula batterica è costituita per circa l’80% da acqua e per il restante 20% da materia secca, di cui il 90% è sostanza organica e il 10% sostanza inorganica. La frazione organica della sostanza cellulare può essere rappresentata con una formula bruta che tiene conto del rapporto in peso tra gli elementi più importanti; una delle più utilizzate è C5H7NO2. I batteri per il loro metabolismo utilizzano sia composti organici carboniosi biodegradabili disciolti (batteri eterotrofi) che l’azoto ammoniacale (batteri autotrofi chemiosintetici). Per questo motivo essi sono i principali responsabili della rimozione biologica del COD e del BOD disciolto. 2.3 Metabolismo dei batteri Il termine metabolismo indica quei processi di trasformazione delle sostanze nutritizie che hanno luogo all’interno della cellula e che hanno come scopo ultimo la produzione di energia. Questa energia può essere utilizzata dalla cellula per le proprie esigenze vitali come il movimento, la riproduzione, l’accrescimento. Il metabolismo è un fenomeno molto complesso che si realizza secondo due grandi vie: quella catabolica e quella anabolica. Si dicono catabolici quei processi che demoliscono le sostanze complesse, mentre si dicono anabolici quei processi che, partendo da sostanze semplici ottenute dal catabolismo, costruiscono sostanze più complesse come le proteine. Le reazioni cataboliche avvengono liberando energia, mentre quelle anaboliche la richiedono. E’ dunque evidente che il catabolismo, cioè la degradazione di sostanze come ad esempio il glucosio, rappresenta una fonte di energia per i batteri. Nel meccanismo di degradazione aerobica l’energia prodotta dalla catalisi viene immagazzinata nella cellula sotto forma di una molecola detta ATP, adenosin-trifosfato, che è una sorta di accumulatore energetico. La molecola di ATP è costituita da tre gruppi fosforici legati ad una molecola di adenosina. Dei tre gruppi fosforici, due risultano legati all’adenosina con un legame altamente energetico. Quando la cellula ha bisogno di energia spezza questo legame allontanando un gruppo fosforico dall’ATP e formando ADP, adenosin-difosfato e energia (Valitutti, 1989). La cellula provvederà il prima possibile a rigenerare la molecola dell’ATP con una reazione inversa, endoergonica, detta fosforilazione ossidativa. Il processo può prendere inizio da diverse sostanze organiche, come ad esempio il glucosio, che finirà per essere scisso in anidride carbonica e acqua, liberando energia. 16 L’ossidazione del glucosio, in particolare, si compie in due tappe principali: la prima è la glicolisi, la seconda è la respirazione, che a sua volta comprende due fasi, il ciclo di Krebs e il trasporto di elettroni finale. Come via alternativa alla glicolisi alcuni microrganismi hanno elaborato diversi percorsi per formare cataboliti utili alle sintesi biologiche. I processi biologici di tipo anaerobico di rimozione del substrato organico, avvengono in assenza d’ossigeno libero; ivi intervengono essenzialmente delle popolazioni di tipo batterico, che ottengono l’ossigeno necessario per le loro funzioni vitali dalla degradazione del substrato contenuto nel refluo. Quasi tutte le sostanze degradabili aerobicamente lo sono anche anaerobicamente, ma esistono delle differenze nelle cinetiche di processo, nella produzione di fanghi di supero e nel tipo di reazioni coinvolte (Passino, R., 1995). Il risultato della degradazione del substrato organico è il biogas, una miscela di gas con un potere calorifico compreso tra i 20.000 e i 25.000 J/m³, avente la seguente composizione media: metano (CH4): 60–80 % anidride carbonica (CO2): 20–30 % azoto (N2): 2–5 % altri gas (H2S, H2, ecc…): 1–2 % Tuttavia, una parte della sostanza organica degradabile si trasforma in biomassa e va quindi ad accrescere la popolazione batterica (circa il 5–10 %) (F. Nardin, F., 1996). Mentre nei processi aerobici il risultato della biodegradazione è una produzione di biomassa, nel trattamento anaerobico si ha principalmente una produzione di biogas: la crescita cellulare è conseguentemente più bassa. I processi anaerobici si svolgono attraverso una serie di steps, necessari per la degradazione di proteine, grassi e carboidrati (A. C. Van Haandel, G. Lettinga, 1994). Si distinguono 4 fasi: idrolisi, acidogenesi, acetogenesi e metanogenesi. In ognuna di queste fasi sono coinvolte specie batteriche differenti. Nell’idrolisi le molecole più complesse sono convertite in composti solubili di peso molecolare inferiore, tramite l’azione degli exo-enzimi, prodotti da batteri fermentativi. Il processo è condotto da batteri anaerobici e facoltativi. Le proteine sono convertite in aminoacidi, i carboidrati in zuccheri solubili (mono- e disaccaridi), i grassi in catene di grassi acidi e glicerolo. L’idrolisi può essere il fattore limitante per la velocità del processo. Nell’acidogenesi i batteri acidogeni trasformano i prodotti dell’idrolisi in acidi volatili (acido propionico, formico, lattico, butirrico, succinico), in alcoli e chetoni (metanolo, etanolo, acetone), in CO2 e N2. Altri prodotti sono ammoniaca, mercaptani e H2S, ai quali sono dovuti i cattivi odori che si sviluppano nel processo. I diversi gruppi di batteri coinvolti sono per la maggior parte anaerobici obbligati. I prodotti dell’acidogenesi sono convertiti nei prodotti finali per la produzione di metano durante la fase di acetogenesi. Questi prodotti sono acido acetico, idrogeno e biossido di carbonio. Il 70 % del COD presente nel refluo è convertito in acido acetico, il resto in idrogeno ed anidride carbonica La metanogenesi è il più delle volte il fattore limitante del processo. Il metano è prodotto dall’acido acetico (batteri acetoclasti) o dalla riduzione del biossido di 17 carbonio attraverso l’idrogeno (batteri idrogenotrofi). I tempi di generazione dei batteri acetoclasti sono dell’ordine di giorni, mentre quelli degli acidogeni sono di qualche ora. Si stima che i 2/3 del metano prodotto derivi dalla conversione operata dagli acetoclasti sull’acido acetico. Un fattore importante per le varie fasi della degradazione è costituito dal trasferimento d’idrogeno tra i batteri produttori (acidogeni ed acetogeni) e quelli utilizzatori di H2 (metanogeni, idrogenotrofi, omoacetogeni). La conversione del propionato ad acido acetico è possibile solo a pressioni di H2 molto basse; tali pressioni sono possibili grazie all’attività metabolica dei batteri idrogenotrofi e omoacetogeni che producono acido acetico sintetizzando H2 e CO2. Quando, per vari motivi, tale pressione aumenta, si ha un accumulo di propionato, che, per concentrazioni maggiori ai 10 g/l, provocano un abbassamento del pH fino a 6, con conseguente arresto dell’attività di metanogenesi. 2.4 Adattamento microbico Prima dell'inizio della degradazione di molti composti organici si osserva di norma un lasso di tempo durante il quale non risulta evidente alcuna distruzione del composto chimico. Questo intervallo di tempo è stato chiamato tempo di adattamento o fase di latenza (lag time). La conoscenza dei fattori che determinano la fase lag è importante perché permette di controllarne la durata. È noto che gli enzimi prodotti dai batteri, come catalizzatori biochimici, sono specifici per un determinato substrato; di conseguenza, di fronte ad un composto diverso da quello per cui erano stati programmati, non sono in grado di compiere subito la loro azione. Oltre al cambio di substrato, Pirt (1975) rileva altre cause di tale ritardo, come ad esempio il mutamento delle condizioni fisiche circostanti, la presenza di un inibitore e le condizioni della coltura inoculata. I primi due fattori, assieme a quello precedentemente descritto, possono richiedere un cambiamento fenotipico, ad esempio del pH, per ottimizzare il processo nelle nuove condizioni. La durata della fase lag è variabile da poche ore a mesi (Shamat et al., 1980), e dipende anche dallo stato in cui si trovano i microrganismi al momento del contatto col nuovo substrato. I generale la fase lag diminuisce all'aumentare della concentrazione di microrganismi. Nel caso dello Pseudosomonas putida cresciuto su fenolo, Dapaah et al. (1992) hanno riscontrato che il tempo di adattamento cresce con un andamento esponenziale all'aumentare della concentrazione del substrato. Vari autori sottolineano l'importanza di un adattamento di una coltura mista, piuttosto che singola. Infatti gruppi di microrganismi dello stesso ceppo, se sono lasciati crescere per un dato periodo su di un substrato diverso, acquisiscono caratteristiche genetiche diverse sia tra loro che dal ceppo da cui provengono. Questo risulta determinante per migliorare il trattamento biologico dei composti recalcitranti (Kobayashi et al., 1982). 18 2.5 Schemi di biodegradazione Sembra ormai accertato che il metabolismo microbico sui composti aromatici si suddivide in due fasi (Dagley, 1972): (i) una prima fase (reazioni di ossidazione) indirizzata a destabilizzare l'anello benzenico prima della rottura e (ii) una seconda fase di rottura dell'anello e della sua completa mineralizzazione. Nell’ossidazione dell'anello aromatico, la molecola organica rimane inerte finché non viene ossidata e resa inattiva. Per destabilizzare la molecola l'azione batterica introduce due gruppi ossidrilici in posizione affiancata, in modo che tra di essi sia più facile la rottura dell'anello (Dagley, 1972). Tale fase si realizza grazie ad una prima introduzione di ossigeno nell'anello (tramite gli enzimi monossigenasi) ed a una successiva deidrogenazione della molecola (per mezzo degli enzimi deidrogenasi). La rottura dell'anello aromatico porta in genere alla formazione di un acido. Generalmente la rottura si verifica in posizione orto oppure in posizione meta. Nel primo caso la rottura si ha tra i due gruppi ossidrilici, mentre nel secondo in posizione affiancata ad uno solo degli stessi. Gli enzimi che catalizzano questa reazione di ossido riduzione sono denominati deossigenasi. L'acido, derivato dall'ultima operazione, entra nel ciclo di Krebs, completando la sua mineralizzazione a CO2 e H2O (Vismara, 1998). Ogni reazione biochimica che avviene all'interno del batterio, sia a livello di anabolismo che di catabolismo, necessita di un precedente meccanismo di trasporto dei substrati, il quale può essere passivo (regolato dalla legge di Fick), attivo (tramite enzimi trasportatori sintetizzati dal batterio) o misto. Nel quarto caso, comune negli impianti di trattamento, i composti organici disciolti hanno concentrazioni differenti tra loro e vengono rimossi a differenti velocità, sulla base anche del singolo grado di tossicità (Vismara,1998). In presenza di più composti organici si può verificare sia la degradazione simultanea dei substrati (che non implica necessariamente crescita microbica sui singoli substrati), sia la degradazione sequenziale dei substrati, limitatamente al grado di tossicità. 2.6 Crescita microbica La crescita microbica è un processo catalitico che, per avvenire, ha bisogno di una cellula madre e di un adeguato substrato nutritizio. In esso devono essere contenuti macronutrienti e micronutrienti che servono per assolvere le funzioni cataboliche e anaboliche. La riproduzione cellulare avviene per scissione binaria: ogni cellula si scinde in due cellule figlie, dalla cui fissione si generano nuove cellule. Il tempo di generazione, ovvero l’intervallo di tempo trascorso tra due scissioni successive, può variare da una decina di minuti a tre ore e dipende della specie microbica, dalla natura del substrato e dai fattori ambientali. La generazione di nuove cellule può essere valutata mediante la formula: 19 G =t⋅ log 2 + log N 0 log N dove N è il numero di cellule al tempo t e N0 è il numero di cellule al tempo t0. La crescita esponenziale microbica non può proseguire indefinitamente, poiché insorgono fattori limitanti quali: carenza del substrato nutritizio; accumulo di cataboliti del metabolismo batterico; variazione delle condizioni ambientali ottimali. L’andamento della crescita microbica, in un ambiente controllato, può essere rappresentato come in fig. 2.4. Figura 2.1 – Curva di crescita microbica in ambiente controllato Osservando tale grafico, si possono individuare quattro fasi principali : • Fase di latenza (lag phase): rappresenta il tempo trascorso dall’inoculazione all’inizio della crescita. Quando un ceppo microbico viene inoculato in un substrato diverso da quello d’origine è necessario un certo periodo di acclimatazione al nuovo substrato e alle nuove condizioni ambientali. La durata di questa fase può variare da poche ore a mesi e dipende dalle condizioni ambientali, dalla struttura chimica del substrato, dalla concentrazione dei composti, dalla presenza di sostanze inibitrici. E’ noto che gli enzimi prodotti dai batteri, che sono specifici per un determinato substrato, non sono in grado di svolgere la loro azione in presenza di nuovi substrati. I batteri dovranno quindi produrre nuovi enzimi per adattarsi ai nuovi substrati e questo comporterà un periodo più o meno breve di tempo che è chiamato appunto fase di latenza. Terminata questa fase inizia la crescita microbica e la degradazione del substrato; 20 • • • Fase di crescita esponenziale: in tale fase i microrganismi si riproducono molto velocemente per scissione binaria (es. E. coli mediamente si raddoppia in 15-20 minuti). L’inclinazione di questo tratto di curva dipende dal tipo di microrganismi e di substrato; Fase stazionaria: in questa fase non si assiste ad incrementi o riduzione del numero di batteri. La fase di crescita esponenziale termina sia per l’accumulo di prodotti del catabolismo sia il per consumo dei nutrienti, quando questi non vengono reintegrati; Fase endogena: in questa fase diminuisce il numero delle cellule, il substrato organico si è ormai esaurito e i microrganismi utilizzano, per il mantenimento delle funzioni cellulari, il substrato da loro stessi accumulato, sotto forma di riserva di lipidi e glicidi, e il protoplasma cellulare dei microrganismi morti. 2.7 Cinetica di crescita microbica La variazione della massa microbica può essere espressa dalla seguente relazione: dX (1) = μX − K d X dt dove: X è la massa microbica, μ è la velocità di crescita batterica e Kd è la velocità di scomparsa batterica. Posta in altra forma diventa: 1 dX (2) = (μ − K d ) X dt Nell’ipotesi che l’unico elemento limitante sia la concentrazione del substrato organico la velocità di crescita si può esprimere tramite l’equazione di Monod (Monod, 1949): μ = μ max ⋅ S KS + S (3) dove μmax è la velocità di crescita massima, S è la concentrazione del substrato organico e Ks è la costante di semisaturazione, che rappresenta la concentrazione del substrato per cui μ è pari a metà di quella massima. Sostituendo la (2) nella (1) si ottiene l’equazione che esprime la variazione nel tempo della massa microbica in funzione della concentrazione del substrato: 1 dx S = ( μ max ⋅ − Kd ) x dt KS + S (4) 21 In presenza, invece, di un substrato limitante la crescita microbica, l’equazione di Monod viene modificata con l’aggiunta di un termine al quadrato al denominatore: si ottiene l’equazione proposta da Andrews o di Haldane: μ = μ max ⋅ S k S + S + Ki ⋅ S 2 (5) dove Ki è la costante di inibizione. La velocità di crescita batterica e la velocità di rimozione del substrato sono inoltre legate dal coefficiente di resa Y, che esprime il rapporto tra la nuova massa cellulare prodotta e il substrato utilizzato dai batteri: Y= (dX dt ) crescita dS dt Si può quindi scrivere: dX dS = −Y dt dt 2.8 Fattori che influenzano la crescita microbica La velocità di rimozione del substrato dipende dalle caratteristiche del refluo da trattare, dalla quantità di nutrienti (giusta proporzione tra di loro), dalle condizioni ambientali ed è tanto maggiore quanto più il substrato è biodegradabile. In particolare fra le condizioni ambientali rivestono un ruolo primario: temperatura: per ogni microrganismo esiste un intervallo di temperatura ottimale, che è quello cui corrisponde la velocità di crescita più elevata (fig. 2.2); in base alla temperatura i batteri si possono classificare in psicrofili (15° C), mesofili (25÷45°C), termofili (50÷80°C), estremofili (>80°C); pH: i microrganismi si distinguono in acidofili (pH <2,5), neutrofili e alcalofili (pH 10÷12). L’effetto del pH è quello di permettere ai microrganismi di condurre le funzioni cellulari e di mantenere l’equilibrio delle reazioni di catalisi enzimatica; disponibilità di ossigeno: nei processi aerobici deve essere garantito un quantitativo minimo di ossigeno disciolto, pari a 1,5÷2 mg/l, per consentire le funzioni del metabolismo aerobico. Nel caso in cui venga meno tale quantità si può provvedere con sistemi di aerazione artificiale. 22 Fig 2.2 - Dipendenza della velocità di crescita dalla temperatura per vari tipi di microrganismi 23 Capitolo 3 Apparati sperimentali 3.1 Microrganismi utilizzati per le prove aerobiche ed anaerobiche I microrganismi utilizzati per le prove condotte in condizioni aerobiche e in condizioni anaerobiche provengono da una miscela commerciale di enzimi e batteri liofilizzati e sono stati forniti dalla Carbobio (Milano). Tale miscela è adatta per ottenere colture selettive efficaci ai fini della formazione e dello sviluppo di biomassa negli impianti biologici aerobici o anaerobici per il trattamento degli scarichi civili ed industriali. Nelle prove sperimentali effettuate in condizioni aerobiche è stata utilizzata una miscela chiamata Biolyte MX20, contenente numerosi ceppi batterici di diverso genere tra cui Bacillus, Pseudomonas e Streptomyces. Questi batteri sono stati selezionati, adattati, accresciuti in coltura pura, raccolti e conservati mediante essiccazione per congelamento, prima di essere miscelati nella formulazione finale. Oltre ai batteri, il Biolyte MX20 contiene amilasi, cellulasi e lipasi sotto forma di enzimi liberi. Questi hanno una importante funzione nella fase iniziale dello sviluppo batterico. L’aggiunta del Biolyte MX20 risulta particolarmente importante negli impianti di depurazione quando, ad esempio, a causa di un aumento del carico organico si deve aumentare l’efficienza di rimozione delle sostanze organiche del processo (scheda informativa fornita dalla Carbobio) Per le prove sperimentali condotte in ambiente anaerobico è stata invece utilizzata una miscela anaerobica fornita sempre dalla Carbobio. Le caratteristiche peculiari di tale miscela microbica non sono state fornite nel dettaglio. La miscela non conteneva ceppi metanigeni ma solo acidogenici. 3.1.1 Modalità di sviluppo delle miscele microbiche in ambiente aerobico I batteri appartenenti alla miscela aerobica, dopo essere stati reidratati, diventano in breve tempo metabolicamente attivi, competono tra loro e formano biomassa attiva. I tre fondamentali ceppi costituenti la coltura mista sono adatti alla formazione di fiocchi e producono i biopolimeri extracellulari occorrenti per lo sviluppo ed il mantenimento di una buona struttura glomerulare. Tali ceppi sono gli specifici degradanti del substrato, eccellenti produttori di amilasi, cellulasi e lipasi, e sono idonei alla biodegradazione dei costituenti, di assai 24 differente natura, presenti quasi sempre nelle acque di scarico (scheda informativa fornita dalla Carbobio) Tutti i batteri presenti nel Biolyte hanno tassi di sviluppo relativamente alti e perciò possono in breve tempo contribuire alla rapida formazione di una efficiente biomassa nell'impianto di trattamento. Il ruolo svolto da ognuno di tali ceppi è determinato dal meccanismo naturale di selezione della popolazione. Il prodotto appare come una polvere granulare di colore marrone chiaro, contenente microrganismi liofilizzati su un supporto di crusca di cereali e enzimi liofilizzati (fig. 3.1). Il Biolyte MX20 opera efficacemente nelle condizioni indicate in tab. 3.1. Fig. 3.1 – Miscela aerobica Biolyte MX20 Tab. 3.1 – Condizioni ottimali di crescita per la miscela aerobica pH operativo O2 disciolto (mg/l) C/N/P T(°C) minimo ottimo massimo 5 1 100/5/1 7.5 7 2 100/7/1 25 9 100/10/1 45 Nelle fig. 3.2 e 3.3 sono riportati alcune fotografie di tale coltura, effettuate al microscopio ottico, dopo un ciclo di acclimatazione in medium di crescita contenente glucosio. 25 Fig. 3.2 – Miscela Biolyte MX20 – Fotografia scattata a 400X in contrasto di fase con microscopio ottico planacromatico (Saiu, G.) Fig. 3.3 – Miscela Biolyte MX20 – Fotografia scattata a 400X in contrasto di fase con microscopio ottico planacromatico (Saiu, G.) 26 3.2 Medium di crescita Il medium è una soluzione sintetica costituita principalmente da sali inorganici contenenti sostanze nutritive necessarie per le crescita microbica, in particolare fosforo e azoto. A seguito di una ricerca bibliografica sono stati individuati due medium di crescita, uno adatto per lo sviluppo microbico in ambiente aerobico e uno per lo sviluppo in ambiente anaerobico. 3.2.1 Medium di crescita aerobico Durante la fase di acclimatazione dei microrganismi presenti nel prodotto liofilizzato e nelle prove di crescita è stato impiegato il medium utilizzato da Pawlowsky e Howell (1973). Tale soluzione sintetica è ottenuta solubilizzando sette sali in acqua distillata, in concentrazioni tali da garantire ai microrganismi le ideali condizioni per la loro crescita e in particolare il corretto apporto di azoto e fosforo. La composizione del medium, riferita ad un carico organico pari a 1000 mg/l di fenolo, è riportata in tab. 3.2. Tab. 3.2 – Composizione del medium aerobico Sostanza Concentrazione (mg/l) NaCl 50 MgSO4 100 Na2HPO4 873 KH2PO4 527 (NH4)2SO4 500 CaSO4 30 FeCl3 0,5 H2O (di rubinetto) 100 (ml/l di medium) I due sali fosfati costituiscono la soluzione tampone e la loro concentrazione è stata scelta per garantire un pH prossimo alla neutralità. Per ciascuna prova effettuata il medium di crescita è stato preparato tenendo conto della concentrazione delle sostanze organiche che in esso dovevano essere disciolte, al fine di mantenere costante la proporzione consigliata tra carbonio, azoto e fosforo. 27 3.2.2 Medium di crescita anaerobico Per le prove di crescita in ambiente anaerobico è stato utilizzato il medium di crescita proposto da Arenante et al. (1999) avente la composizione riportata in tab. 3.3. La soluzione è costituita oltre che da cinque sali inorganici, da un colorante (resazurina) utile per fornire indicazioni sull’eventuale presenza di ossigeno nell’ambiente di lavoro, e da acido succinico (o acido 1,4-butandioico), composto organico di supporto per la crescita microbica in ambiente anaerobico, la cui formula di struttura è riportata in fig. 3.4. Tab. 3.3 – Composizione del medium anaerobico Sostanza Concentrazione (mg/l) MgSO4 180 KH2PO4 1000 K2HPO4 1000 (NH4)Cl 1000 CaCl2 12 Resazurina 1 Acido succinico 1000 Fig. 3.4 – Formula di struttura dell’acido succinico Avendo il medium anaerobico un pH acido (a causa della presenza dell’acido succinico), è stata garantita la neutralità della soluzione sintetica tramite soluzione tampone a base di carbonato di sodio (0,2 M). 3.3 Reattori per la crescita microbica in condizioni aerobiche Tutte le operazioni di crescita e di acclimatazione delle colture microbiche sono state realizzate in reattori batch di due tipi: beute e fermentatori. Le beute in vetro utilizzate sono del tipo Erlenmeyer (fig. 3.5) della capacità di 250 ml con deflettori frangiflutto sul fondo. Il volume di lavoro adottato è stato di 50 ml di soluzione e sono stati utilizzati dei tappi in cotone rivestiti di garza: entrambe le scelte garantiscono ottimali condizioni di aerazione. 28 Fig. 3.5 – Beuta con deflettori frangiflutto L’agitazione della sospensione microbica nelle beute (175 giri/min) ed il mantenimento di queste alla temperatura desiderata (25°C) sono state conseguite incubando le beute in un agitatore orbitale New Brunswick (642 Environmental Incubator Shaker) della capacità di 16 siti (fig. 3.6). Fig. 3.6 – Agitatore orbitale termostatato 29 Il fermentatore (fig. 3.7) utilizzato è in vetro del tipo LKB 1601 Ultroferm Fermentation System ed ha le seguenti caratteristiche principali: volume di lavoro massimo: 3 litri; diffusore d’aria alimentato da un piccolo compressore esterno; agitatore meccanico (250 giri/min); frangiflutti verticali disposti a 90°; termocoppia per il controllo della temperatura; elettrodo per il controllo del pH collegato alla consolle. Il volume di lavoro di 3 litri, adottato per tutte le prove, ha permesso di effettuare numerosi prelievi della sospensione microbica. Questi venivano sottoposti immediatamente alle analisi desiderate o venivano conservati in congelatore, al fine di arrestare la crescita microbica e la degradazione dei composti organici presenti, in attesa di essere successivamente analizzati. Fig. 3.7 – LKB 1601 Ultroferm Fermentation System Al fine di monitorare la crescita microbica delle prove che sono state condotte per alcuni giorni di seguito, è stato utilizzato un auto-campionatore (fig. 3.8) collegato al fermentatore: ciò ha garantito la disponibilità di campioni relativi alle ore di funzionamento della notte, su cui fare misure di torbidità e di concentrazione dei substrati organici. Ciascun campione prelevato dal fermentatore è stato riversato in provette di vetro immerse in una soluzione di glicol etilenico all’interno di un termostato settato a -20 °C, in modo da arrestare l’attività batterica. 30 Fig. 3.8 – Autocampionatore 3.4 Reattori per la crescita microbica in condizioni anaerobiche Le prove di crescita in condizioni anaerobiche sono state condotte in reattori batch costituiti da bottiglie di vetro (fig. 3.9) del volume di 160 ml. Il volume di lavoro è di 50 ml di soluzione. Una volta effettuato l’inoculo le bottiglie sono state chiuse mediante tappo di gomma e ghiera di acciaio e poste in bagno termostatico alla temperatura di 33 °C. Fig. 3.9 – Bioreattori anaerobici Tutte le operazioni di preparazione delle prove sono state effettuate all’interno di un box anaerobico (fig. 3.10). Prima di queste operazioni il box veniva saturato in atmosfera di azoto fino al raggiungimento della pressione desiderata (rilevabile mediante manometro posto lateralmente). Il box è costituito di due parti essenziali: la pre-camera e la camera vera e propria di lavoro. La pre- 31 camera permette di introdurre di volta in volta il materiale necessario per le prove: isolando opportunamente mediante tappi le due camere, è stato possibile ricreare l’atmosfera di azoto nella pre-camera senza alterare le condizioni nella camera principale, utilizzando così meno azoto. All’interno del box anaerobico sono state realizzate le procedure di reidratazione, centrifugazione e inoculazione dei microrganismi nei bioreattori. Fig. 3.10 – Box anaerobico Alla base di ciascuna prova anaerobica c’è stata la preparazione del medium descritto nel paragrafo precedente e la procedura di reidratazione dei microrganismi. Il medium comprensivo dell’acido succinico è stato degasato e inserito all’interno del box anaerobico precedentemente insufflato con azoto. La procedura di reidratazione microbica, descritta nel paragrafo successivo, è stata eseguita all’interno del box. Nel medium sono stati così inoculati i microrganismi e la soluzione ottenuta è stata suddivisa in parti uguali nei bioreattori. Questi, una volta chiusi, sono stati portati fuori dal box anaerobico e posti nel bagno termostatato dal quale sono stati estratti durante lo svolgimento della prova per monitorare la crescita microbica. 3.5 Misure di crescita microbica Le due tecniche di misurazione della biomassa cellulare utilizzate nella sperimentazione descritta in questa tesi sono: misura della densità ottica (optical density, o.d.) del campione; determinazione del peso secco (dry weight, d.w.) del materiale cellulare su un volume fisso di sospensione. 32 La misura della densità ottica si basa sulla determinazione, mediante spettrofotometro, della quantità di luce dispersa da una sospensione di cellule. Questa misura si basa sul fatto che quando le particelle sono uniformemente sospese in un liquido, il loro potere di disperdere la luce è direttamente proporzionale alla loro concentrazione. Facendo passare un raggio luminoso attraverso la sospensione, la riduzione della quantità di luce trasmessa fornisce la misura della densità cellulare. La torbidità di un campione è dipendente dalle dimensioni delle cellule, dalla loro forma e colore, dalla gamma di indici di rifrazione nel liquido e dalla lunghezza d’onda della luce; ne consegue che, se tutti questi parametri sono mantenuti costanti, la densità ottica è proporzionale alla densità cellulare. Tali misure sono state effettuate tramite lo spettrofotometro Spectronic 21 (fig. 3.11) della Bausch and Lomb alla lunghezza d’onda di 600 nm. Fig. 3.11 – Spettrofotometro per la lettura della densità ottica La determinazione del peso secco è un metodo diretto di misura cellulare che prevede la seguente procedura: dall'apparecchiatura nella quale avviene la crescita sono stati effettuati prelievi di sospensione microbica in corrispondenza di tempi prestabiliti al fine di documentare in modo completo la crescita della coltura stessa; tali prelievi sono stati posti in surgelatore con lo scopo di arrestare la crescita microbica e il consumo dei substrati presenti; una volta scongelato, ciascun campione è stato filtrato tramite un sistema Millipore (fig. 3.12) con membrane filtranti in acetato di cellulosa del diametro di 45 mm e con diametro dei pori di 0.45 μm; le membrane filtranti, prima e dopo il loro utilizzo, sono state disidratate in stufa (fig. 3.13) ad una temperatura di 105 ± 2°C per un’ora e riposte in essiccatore per 30 minuti; tale procedura è stata ripetuta fino a raggiungere la stabilità del peso; per il trasporto e la collocazione dei filtri sono stati utilizzati dei portafiltrini in 33 alluminio che venivano posti in essiccatori in vetro (fig. 3.14) contenenti materiale adsorbente (gel di silice); in base alla differenza di peso delle membrane filtranti prima e dopo la filtrazione, si è valutato per ciascun campione la concentrazione di biomassa in termini di g/l. Fig. 3.12 – Sistema di filtrazione Fig. 3.13 – Stufa elettrica ventilata 34 Fig. 3.14 – Essiccatore per il trasporto e la conservazione dei filtrini La fig. 3.15 mostra la correlazione tra densità ottica misurata dallo spettrofotometro e il peso secco. Tale correlazione è stata ottenuta preparando delle soluzioni contenente ciascuna un differente volume di sospensione microbica. Di ciascuna sospensione è stata prima misurata la densità ottica e successivamente è stato determinato il contenuto in solidi sospesi. 1,8 1,6 dry weight (g/l) 1,4 1,2 1 0,8 0,6 y = 2,8946x + 0,102 R2 = 0,9964 0,4 0,2 0 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 densità ottica Fig. 3.15 – Correlazione densità ottica – dry weight 35 3.6 Procedura di reidratazione microbica Sia i microrganismi appartenenti alla miscela aerobica che quelli appartenenti alla miscela anaerobica sono stati forniti liofilizzati, su un supporto a base di crusca. Affinché potessero essere utilizzati nelle prove di crescita sono stati prima reidratati e successivamente acclimatati ad un substrato di crescita di facile biodegradazione. L’operazione di reidratazione è stata condotta con la stessa modalità per i due tipi di colture, con l’unica differenza che per i microrganismi anaerobici la procedura di reidratazione è stata realizzata all’interno del box. Tale procedura prevede il mescolamento di 10 g di miscela batterica e 90 ml di acqua di rubinetto in un beaker. La sospensione è stata poi messa in agitazione, mediante agitatore magnetico, per un tempo pari ad un’ora alla temperatura di 30 °C. Successivamente la miscela è stata lasciata sedimentare per cinque minuti. In questo modo si ha la separazione della crusca dal surnatante che contiene i microrganismi. Il surnatante è stato poi centrifugato per 15 minuti alla velocita di 6000 rpm. Dopo questa fase i solidi sedimentati sono stati ripresi con medium e sono stati inoculati in beuta o in fermentatore per la successiva fase di acclimatazione. 3.7 Procedura di acclimatazione microbica La fase di acclimatazione ha preceduto ciascuna prova. Tale procedura è servita sia per avere a disposizione una sufficiente quantità di biomassa per le prove in programma, sia per poter utilizzare microrganismi attivi e in grado di degradare i substrati di crescita presenti nella soluzione in cui venivano posti. La fonte di carbonio utilizzata nelle prove di crescita è stato il glucosio. Sono stati condotti tre cicli di acclimatazione prima di ogni prova aerobica: il primo, della durata di 14 ore su una concentrazione di 1000 mg/l di glucosio; il secondo, della durata di 10 ore sempre su 1000 mg/l di glucosio; il terzo, della durata di 12 ore, su una concentrazione di 2000 mg/l di glucosio. Normalmente le prime due fasi di acclimatazione sono state condotte in beuta e la terza in fermentatore al fine di avere a disposizione una maggior quantità di biomassa in vista della prova programmata. Si è operato in modo tale da garantire che per ogni prova i microrganismi subissero lo stesso tipo di acclimatazione (rispettando tempi e quantità), affinché per ciascun test di crescita i microrganismi avessero subito lo stesso trattamento preliminare e dunque le sperimentazioni potessero essere paragonabili. Anche prima di ogni prova anaerobica sono stati realizzati tre cicli di acclimatazione. Come substrato di crescita si è utilizzato l’acido succinico e per ciascun ciclo di acclimatazione la sua concentrazione è stata pari a 1000 mg/l. I microrganismi centrifugati, siano essi aerobici o anaerobici, sono stati ripresi con medium e dispersi in una soluzione contenente medium e glucosio, nel caso delle prove aerobiche, e medium con acido succinico, nel caso delle prove anaerobiche, fino ad un valore di densità ottica pari a 0,1. La soluzione, il cui volume cambiava a seconda della quantità di microrganismi che si intendeva 36 produrre per la prova, è stata così divisa in tanti bioreattori, ciascuno per un volume pari a 50 ml. Dopo il primo ciclo, della durata di 14 ore, il brodo di coltura è stato centrifugato. I microrganismi separati sono stati così posti in una nuova soluzione fresca contenente la sostanza scelta per l’acclimatazione, per avviare un nuovo ciclo di crescita. Ad ogni fase la concentrazione di microrganismi aumentava. Al termine del terzo ciclo, della durata di 12 ore, i microrganismi sono stati prelevati in corrispondenza della loro fase stazionaria, centrifugati e inoculati nelle soluzioni su cui realizzare la prova. 3.8 Metodiche analitiche Verranno descritte le metodiche analitiche utilizzate per la determinazione della concentrazione del glucosio, dei composti fenolici e del carbonio organico totale (TOC). 3.8.1 Determinazione della concentrazione del glucosio La rilevazione del glucosio è stata effettuata attraverso analisi enzimatica utilizzando il kit Glucosio UV FL fornito dalla Eurokit (Gorizia). Il metodo è basato sulla fosforilazione del glucosio mediante l’enzima esochinasi. Il glucosio reagisce con ATP in presenza di esochinasi, formando glucosio-6-fosfato ed ADP. Il kit è costituito da due reagenti: A e B. Per la preparazione del reattivo si mescolano 4 parti di reagente A con 1 parte di reagente B. Vengono quindi miscelati 2 ml del reagente di lavoro così ottenuto e 200 μl di campione da analizzare. La soluzione viene lasciata in un bagno termostatico a 37 °C per 5 minuti. Per risalire alla concentrazione del glucosio presente, si utilizza la fotometria, visto che il composto formato ha una assorbanza che viene rilevata alla lunghezza d’onda di 340 nm. Si pone quindi la soluzione in una cuvetta in quarzo e si legge allo spettrofotometro l’assorbanza del campione; si risale quindi alla concentrazione del glucosio tramite retta di taratura (fig. 3.16) precedentemente ricavata con soluzioni a titolo noto di glucosio variabili tra 50 e 500 mg/l. Si fa presente che per evitare interferenze dalla matrice acquosa si è effettuata anche la prova in bianco, la cui assorbanza è stata scalata dai campioni contenenti glucosio, direttamente in fase di lettura. 37 conc. glucosio (mg/l) 600 500 400 300 200 y = 313,83x - 0,2705 R2 = 0,9993 100 0 0 0,5 1 1,5 2 assorbanza (340 nm) Fig. 3.16 - Retta di taratura assorbanza – concentrazione glucosio 3.8.2 Determinazione della concentrazione dei composti fenolici Per la misura della concentrazione dei composti fenolici si sono utilizzate due metodiche analitiche: cromatografia liquida ad alta pressione (HPLC); misura dell’assorbanza nello spettro UV mediante spettrofotometro. Le analisi sono state effettuate su campioni precedentemente filtrati attraverso membrane in cellulosa con porosità di 0,45 μm. Per l’analisi in cromatografia liquida ad alta pressione è stato utilizzato un HPLC con strumentazione della Waters Associates (fig. 3.17): blocco pompa modello 600A Waters, UV detector modello 2487 Waters operante a 210 nm, autocampionatore modello 717Plus Waters e colonna C18 Chrompack di tipo Chromsphere (15 cm di lunghezza per 4.6 mm di diametro) e degasatore I-Line AF. Lo schema di principio di un cromatografo liquido ad alta pressione e il seguente (fig. 3.18): il contenuto in S viene spinto mediante la pompa P nel ramo di riferimento del rivelatore differenziale R. A questo punto l’iniettore I provvede a inserire il campione nel flusso del solvente ed il tutto passa quindi alla colonna C. Successivamente l’eluito, dopo aver attraversato il ramo di misura del rivelatore viene inviato al registratore T, dopo essere stato elaborato in M. 38 Fig. 3.17 – Moduli costituenti il sistema HPLC (Waters) Fig. 3.18 – Schema di funzionamento del sistema HPLC Senza entrare ulteriormente nel dettaglio delle caratteristiche tecniche dell’HPLC, si evidenzia il meccanismo di funzionamento della colonna cromatografica. Questa è generalmente costituita da un robusto tubo in acciaio riempito con materiale poroso o pellicolare, per ottenere elevate superfici di scambio. L’efficienza di una tipica colonna cromatografica è dell’ordine di 10000 piatti teorici: tale scelta permette ottime separazioni. La fase mobile ha la funzione di trasportare i componenti da separare, ed è quindi necessario che i composti siano solubili in tale mezzo. E’ stata utilizzata per le analisi una miscela costituita al 35% da metanolo acidificato allo 0,1% con acido fosforico (H3PO4) e il restante 65% da acqua ultrapura acidificata, anch’essa con acido fosforico, sempre allo 0,1%. In funzione della diversa affinità che i composti iniettati in colonna hanno con la fase stazionaria, questi verranno più o meno trattenuti e quindi impiegheranno diversi tempi per fuoriuscire dalla colonna e arrivare al rivelatore. Questo tempo è detto tempo di eluizione ed è specifico per ogni sostanza organica affine con l’impaccamento. Il rivelatore permette, attraverso un software, di tracciare un grafico con dei picchi che hanno un’area proporzionale alla concentrazione della sostanza analizzata. Dal tempo di eluizione, invece, si identifica il composto. 39 Infatti ogni composto organico ha un tempo di eluizione caratteristico per le condizioni impostate allo strumento. E’ stata effettuata una retta di taratura utilizzando tutti e quattro i composti fenolici presi in esame nella sperimentazione (acido p-idrossibenzoico, acido protocatecuico, acido vanillico e catecolo) e, successivamente, anche il fenolo. In fig. 3.19 è illustrato un cromatogramma che indica la presenza del catecolo per una delle analisi effettuate. Nei grafici presentati nella parte sperimentale, quando in legenda è presente la dicitura HPLC, ci si riferisce alla concentrazione del composto fenolico utilizzato per la prova descritta. Fig. 3.19 – Cromatogramma ottenuto da un’analisi effettuata all’HPLC Un’altra metodica utilizzata per la determinazione della concentrazione dei composti fenolici è stata realizzata tramite letture dell’assorbanza dei campioni filtrati. I composti aromatici contenuti in un campione possono essere rilevati tramite spettrofotometro alla lunghezza d’onda di 275 nm. Le misurazioni sui campioni filtrati sono state eseguite tramite lo spettrofotometro UV1601 della Shimadzu. In maniera analoga a quanto effettuato per l’analisi del glucosio, si è costruita una retta di taratura che lega l’assorbanza dei campioni esaminati alla concentrazione di un composto fenolico rappresentativo, il catecolo nello specifico. Infatti l’analisi all’ultravioletto non permette di distinguere tra i diversi composti aromatici contenuti nel campione, per cui l’analisi non riesce a discriminare tra i composti presenti all’inizio di una prova e gli eventuali intermedi, sempre aromatici, che si potrebbero essere formati. 3.8.3 Determinazione della concentrazione del carbonio organico totale (TOC) La determinazione del carbonio organico totale dei campioni di sospensione filtrati (TOC) è stata effettuata mediante l’utilizzo di un analizzatore automatico (TOC 5000A Shimadzu) dotato di catalizzatore di ossidazione di platino su 40 allumina. La quantità delle sostanze organiche che si trovano in un campione viene determinata attraverso la misura del carbonio presente nella CO2, generata dalla ossidazione dei composti organici presenti. Questa metodica prevede pertanto sistemi di ossidazione delle sostanze organiche e la relativa determinazione della CO2 prodotta. Le interferenze generate dal carbonio inorganico vengono eliminate per acidificazione e strippaggio. Per risalire alla concentrazione di carbonio organico si è creata una retta di taratura con soluzioni di ftalato di potassio, a concentrazioni note comprese tra 0 e 200 mg/l. In figura 3.20 si riporta una foto dello strumento in questione. Fig. 3.20 – Apparecchiatura per la determinazione del carbonio organico totale (TOC) 41 Capitolo 4 Degradazione microbica aerobica dei singoli composti fenolici: analisi della cinetica di crescita 4.1 Introduzione Sono state effettuate prove sperimentali di crescita microbica su differenti concentrazioni di composti fenolici dalla diversa tossicità, ovvero catecolo, acido protocatecuico, acido vanillico e acido p-idrossibenzoico, utilizzati per ciascun test di crescita microbica come unica fonte di carbonio e di energia, con l’obiettivo di valutare: - l’influenza della concentrazione del singolo composto fenolico sulla velocità di crescita microbica; - l’eventuale presenza di una fase di latenza e la sua durata; - il tempo necessario per il consumo del substrato organico. Le prove di crescita, condotte in beuta con microrganismi precedentemente acclimatati a glucosio, sono state monitorate con letture di densità ottica ad intervalli di tempo prestabiliti. La concentrazione iniziale di microrganismi nelle soluzioni sintetiche preparate in laboratorio è stata sempre di 0,1 in termini di densità ottica, pari a 380 mg/l (vedasi par. 3.5). Dall’analisi dei dati ottenuti relativamente ai vari composti fenolici è stato possibile sia descrivere la correlazione tra velocità di crescita e concentrazione iniziale del singolo composto fenolico, che individuare l’equazione, tra quelle disponibili in letteratura, che meglio interpreta l’andamento dei dati sperimentali. 4.2 Analisi cinetica della crescita su acido protocatecuico Le prove di crescita sono state condotte nel campo di concentrazione iniziale compreso tra 50 e 600 mg/l di PCC. La fig. 4.1 mostra alcune delle curve ottenute con le prove di crescita effettuate. 42 0,45 525 mg/l densità ottica (600 nm) 325 mg/l 0,35 225 mg/l 125 mg/l 0,25 0,15 0,05 0 1 2 3 4 5 6 tempo (ore) Fig. 4.1 – Crescita su differenti concentrazioni iniziali di PCC Dall’osservazione di tale grafico si può osservare come, indipendentemente dalla concentrazione iniziale di PCC, la crescita microbica necessiti di una fase di latenza la cui durata media è di circa un’ora e mezza. Questo aspetto è evidenziato meglio dalla fig. 4.2 che riporta l’andamento della durata della fase di latenza in funzione della concentrazione iniziale di PCC. Tranne che per le concentrazioni più basse sperimentate, l’andamento della fase di latenza presenta una durata simile in tutte le prove. 2 fase lag (ore) 1,6 1,2 0,8 y = 0,0011x + 0,9525 R2 = 0,5573 0,4 0 0 100 200 300 400 500 600 concentrazione iniziale PCC (mg/l) Fig. 4.2 – Correlazione tra durata fase lag e concentrazione iniziale PCC L’osservazione della fig. 4.1 mostra inoltre che dopo la fase di latenza iniziale, la crescita procede raggiungendo velocemente la fase esponenziale, la cui durata si differenzia in base alla concentrazione iniziale di PCC. Il valore di 43 densità ottica massimo raggiunto per le varie prove aumenta anch’esso proporzionalmente al crescere della concentrazione iniziale del substrato fenolico, come si può osservare dalla correlazione di fig. 4.3. 0,45 densità ottica massima 0,4 0,35 0,3 0,25 0,2 0,15 y = 0,0005x + 0,1147 0,1 R2 = 0,9963 0,05 0 0 100 200 300 400 500 600 concentrazione iniziale PCC (mg/l) Fig. 4.3 – Correlazione tra densità ottica massima e concentrazione iniziale PCC Per ciascuna delle prove effettuate è stata individuata la fase esponenziale della crescita (su diagramma semilogaritmico) ed è stata quindi calcolata la relativa velocità di crescita specifica. Nella tabella che segue sono riportati i risultati ottenuti per le prove effettuate. Tab. 4.1 – Valori delle velocità di crescita ottenuti dalle prove su PCC Concentrazione iniziale Velocità crescita PCC (mg/l) μ (h-1) 75 0,389 125 0,307 175 0,441 225 0,507 275 0,514 325 0,484 375 0,544 425 0,525 475 0,515 525 0,539 44 Riportando i valori delle velocità di crescita in funzione della concentrazione iniziale di PCC è stato osservato un andamento a saturazione, cioè la velocità di crescita aumenta per bassi valori di concentrazione mentre si stabilizza per i valori di concentrazione più alti. Si è così pensato di descrivere tale comportamento con l’equazione di Monod. I valori dei relativi parametri cinetici, ovvero la velocità di crescita massima,μmax, e la costante di saturazione Ks, sono stati calcolati come parametri di migliore adattamento ai punti sperimentali, facendo uso di un programma di ottimizzazione basato sul metodo proposto da Buzzi Ferraris (1968). La fig. 4.4 riporta i punti sperimentali ottenuti e la curva di Monod che ben interpreta l’andamento cinetico. velocità di crescita (h -1) 0,6 0,5 0,4 0,3 μmax = 0,601 h-1 Ks = 61 mg/l 0,2 0,1 0 0 100 200 300 400 500 600 concentrazione PCC (mg/l) Fig. 4.4 – Correlazione tra velocità di crescita specifica e concentrazione iniziale PCC 4.3 Analisi cinetica della crescita su catecolo Come per l’acido protocatecuico, sono state condotte prove di crescita in presenza del solo catecolo nel campo di concentrazione compreso tra 50 e 500 mg/l. La fig. 4.5 mostra alcune delle curve di crescita per le prove effettuate. 45 400 mg/l densità ottica (600 nm) 0,35 350 mg/l 200 mg/l 150 mg/l 0,25 0,15 0,05 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 4.5 – Crescita su differenti concentrazioni iniziali di CAT Si può constatare come la crescita richieda un tempo di latenza simile per la maggior parte delle prove effettuate. Riportando la durata della fase di latenza in funzione della concentrazione iniziale di catecolo (fig. 4.6) si osserva come la fase di latenza è inferiore alle concentrazioni più basse mentre si stabilizza intorno alle due ore a partire dalla concentrazione di 150 mg/l. 2,5 fase lag (ore) 2 1,5 1 y = 0,0013x + 1,5345 R2 = 0,6766 0,5 0 0 100 200 300 400 500 600 concentrazione iniziale CAT (mg/l) Fig. 4.6 – Correlazione tra durata fase lag e concentrazione iniziale CAT Così come si è ottenuto per il PCC, si può osservare che, dalle prove effettuate, il massimo valore di densità ottica massimo aumenta al crescere della concentrazione del catecolo. Anche in questo caso è riportata la correlazione (fig. 4.7) che mostra come il catecolo sia un substrato che viene utilizzato dalla popolazione microbica per la crescita in modo proporzionale alla sua concentrazione iniziale. 46 0,45 densità ottica massima 0,4 0,35 0,3 0,25 0,2 0,15 y = 0,0005x + 0,1041 R2 = 0,986 0,1 0,05 0 0 100 200 300 400 500 600 concentrazione iniziale CAT (mg/l) Fig. 4.7 – Correlazione tra densità ottica massima e concentrazione iniziale CAT La tab. 4.2 riporta i valori della velocità di crescita specifica ottenuti per le varie prove eseguite. Tab. 4.2 – Valori delle velocità di crescita ottenuti dalle prove su CAT Concentrazione iniziale Velocità crescita CAT (mg/l) μ (h-1) 25 0,157 50 0,238 75 0,258 125 0,308 150 0,326 175 0,356 250 0,334 300 0,358 350 0,306 400 0,293 450 0,258 500 0,297 Dall’analisi qualitativa dei dati, si può notare che la velocità di crescita aumenta fino a raggiungere il suo valore massimo per la concentrazione di 300 mg/l e poi diminuisce. Questo ha escluso la possibilità di descrivere l’andamento della velocità di crescita in funzione della concentrazione tramite l’equazione di 47 Monod. E’ stata così utilizzata l’equazione di Andrews che descrive una cinetica con inibizione del substrato. Il catecolo si comporta cioè da sostanza limitante della crescita microbica e al crescere della sua concentrazione corrisponde una diminuzione della velocità di crescita specifica. La fig. 4.8 mostra i dati sperimentali ottenuti, la curva di regressione e i relativi parametri cinetici calcolati sempre tramite il programma di ottimizzazione utilizzato per i dati ottenuti per le prove su PCC, adattandolo all’espressione dell’equazione di Andrews. velocità di crescita (h -1) 0,4 0,3 0,2 μmax = 0,623 h-1 Ks = 80,9 mg/l 0,1 Ki = 0,00216 (mg/l)-1 0 0 100 200 300 400 500 600 concentrazione CAT (mg/l) Fig. 4.8 – Correlazione tra velocità di crescita specifica e concentrazione iniziale CAT 4.4 Analisi cinetica della crescita su acido p-idrossibenzoico Le prove di crescita su acido p-idrossibenzoico sono state condotte nel campo di concentrazione compreso tra 50 e 500 mg/l. La fig. 4.9 mostra alcune delle curve di crescita su differenti concentrazioni di PHB. Per il PHB si può osservare una fase lag superiore alle tre ore, più lunga perciò di quanto si sia potuto osservare per gli altri due composti. Si può inoltre notare che la durata della fase lag non aumenta sensibilmente con la concentrazione iniziale: prima che si abbia la fase di crescita esponenziale trascorrono circa 3-4 ore (fig. 4.10) e questo comportamento è stato riscontrato per tutte le prove effettuate. 48 densità ottica (600 nm) 0,35 550 mg/l 450 mg/l 0,3 300 mg/l 150 mg/l 0,25 50 mg/l 0,2 0,15 0,1 0,05 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 4.9 – Crescita su differenti concentrazioni iniziali di PHB 6 fase lag (ore) 5 4 3 2 y = 0,0018x + 3,2186 R2 = 0,3866 1 0 0 100 200 300 400 500 600 700 concentrazione iniziale PHB (mg/l) Fig. 4.10 – Correlazione tra durata fase lag e concentrazione iniziale PHB Anche in questo caso si può osservare che si ha linearità tra la densità ottica massima e la concentrazione iniziale del composto fenolico raggiunta (fig. 4.11). 49 densità ottica massima 0,35 0,3 0,25 0,2 0,15 y = 0,0003x + 0,1255 0,1 R2 = 0,9539 0,05 0 0 100 200 300 400 500 600 concentrazione iniziale PHB (mg/l) Fig. 4.11 – Correlazione tra densità ottica massima e concentrazione iniziale PHB La tab. 4.3 riporta i valori delle velocità di crescita per le prove effettuate. Tab. 4.3 – Valori delle velocità di crescita ottenuti dalle prove su PHB Concentrazione iniziale Velocità crescita PHB (mg/l) μ (h-1) 50 0,075 100 0,122 150 0,149 200 0,191 300 0,191 350 0,195 400 0,204 450 0,177 500 0,181 550 0,182 600 0,172 Riportando in grafico le velocità di crescita in funzione della concentrazione iniziale di PHB, si ottiene un andamento a saturazione che può essere descritto tramite l’equazione di Monod. Sono stati così calcolati i relativi parametri cinetici. La fig. 4.12 mostra i punti sperimentali ottenuti e la curva di Monod calcolata che ben interpreta il loro andamento. 50 velocità di crescita (h -1) 0,25 0,2 0,15 0,1 μmax = 0,218 h-1 Ks = 68,3 mg/l 0,05 0 0 100 200 300 400 500 600 700 concentrazione PHB (mg/l) Fig. 4.12 – Correlazione tra velocità di crescita specifica e concentrazione iniziale PHB 4.5 Analisi cinetica della crescita su acido vanillico Anche per quanto riguarda l’acido vanillico sono state condotte prove di crescita con concentrazioni iniziali di VAN comprese nel range 50-500 mg/l. Nella fig. 4.13 sono riportate le curve di crescita per alcune delle prove effettuate. 50 mg/l densità ottica (600 nm) 0,2 200 mg/l 500 mg/l 0,15 0,1 0,05 0 2 4 6 8 10 12 14 tempo (ore) Fig. 4.13 – Crescita su differenti concentrazioni iniziali di VAN In presenza di acido vanillico si sono osservate fasi di latenza iniziali della durata di tre-quattro ore. Alle concentrazioni più alte la crescita ha avuto inizio anche dopo cinque ore, come si può notare dalla curva relativa a 500 mg/l di VAN. Riportando la durata della fase di latenza in funzione della concentrazione 51 iniziale dell’acido vanillico si ottiene l’andamento mostrato in fig. 4.14 che evidenzia come, in modo più marcato rispetto a quanto rilevato per gli altri composti, al crescere della concentrazione di acido vanillico aumenti anche la durata della fase di latenza. La fig. 4.15 mostra invece l’andamento della densità ottica massima raggiunta per le varie prove in funzione della concentrazione iniziale di acido vanillico. Anche in questo caso al crescere della concentrazione del composto fenolico, aumenta la densità ottica massima, anche se in modo meno netto rispetto alle prove condotte sugli altri composti fenolici. 6 fase lag (ore) 5 4 3 y = 0,0048x + 2,5162 2 R2 = 0,8628 1 0 0 100 200 300 400 500 600 concentrazione iniziale VAN (mg/l) Fig. 4.14 – Correlazione tra durata fase lag e concentrazione iniziale VAN densità ottica massima 0,4 0,35 0,3 0,25 0,2 0,15 y = 0,0003x + 0,1348 R2 = 0,9122 0,1 0,05 0 0 100 200 300 400 500 600 concentrazione iniziale VAN (mg/l) Fig. 4.15 – Correlazione tra densità ottica massima e concentrazione iniziale PHB 52 Riportando poi i valori delle velocità di crescita ottenuti dalle varie prove effettuate su acido vanillico (tab. 4.4), si è riscontrato un andamento dei punti sperimentali che può essere descritto con l’equazione di Andrews e si sono determinati i relativi parametri cinetici. Questi sono riportati nella fig. 4.16 che mostra anche i punti sperimentali ottenuti e la curva di Andrews calcolata. Tab. 4.4 – Valori delle velocità di crescita ottenuti dalle prove su VAN Concentrazione iniziale Velocità crescita VAN (mg/l) μ (h-1) 50 0,111 100 0,106 150 0,112 200 0,087 250 0,089 300 0,093 350 0,081 400 0,091 450 0,096 500 0,089 velocità di crescita (h -1) 0,12 0,1 0,08 0,06 μmax = 0,171 h-1 Ks = 39,8 mg/l 0,04 Ki = 0,00214 (mg/l)-1 0,02 0 0 100 200 300 400 500 600 concentrazione VAN (mg/l) Fig. 4.16 – Correlazione tra velocità di crescita specifica e concentrazione iniziale VAN 53 4.6 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti Le prove di crescita presentate in questo capitolo hanno permesso di effettuare lo studio cinetico della crescita microbica sviluppata su ciascuno dei quattro composti fenolici considerati in questo studio. Diverse sono le indicazioni che possono essere tratte dagli esperimenti di crescita microbica condotti in beuta. Preliminarmente si possono fare alcune considerazioni relative al comportamento dei microrganismi nel periodo successivo alla loro inoculazione nelle beute. Infatti tutte le curve di crescita relative alle esperienze di biodegradazione sui composti fenolici considerati hanno esibito la presenza di un’iniziale fase di latenza. Questa può dipendere, in generale, da numerosi fattori, tra i quali le caratteristiche delle specie batteriche e del medium di crescita utilizzato. Per le prove sperimentali eseguite in questo lavoro ha senz’altro giocato un ruolo fondamentale la natura del substrato di crescita, usato per l’acclimatazione dei microrganismi. Il glucosio, infatti, ha una struttura chimica differente da quelle dei composti fenolici utilizzati per i test di crescita. Si può perciò presumere che la fase di latenza iniziale sia da attribuire al tempo necessario ai microrganismi per sintetizzare gli enzimi necessari per la degradazione dei composti fenolici a cui erano esposti. I risultati mostrano che l’acido vanillico esibisce mediamente la fase di latenza più lunga tra i quattro composti fenolici considerati. La tossicità può essere un altro fattore che influisce sulla fase di latenza. Non sono disponibili dei dati di tossicità relativi ai quattro composti fenolici nei confronti delle colture batteriche. Tuttavia ci si può riferire ai risultati ottenuti da Fiorentino et al. (2003) che, esaminando specie differenti (un alga, un rotifero e due crostacei), trovarono che la tossicità degli acidi benzoici aumentava quando il gruppo metossi era presente nella struttura. Conseguentemente si può supporre che l’acido vanillico sia il più tossico tra quelli considerati e che le differenze nella durata della fase lag siano da attribuire alla diversa tossicità dei composti fenolici considerati. Un’altra conferma arriva dal confronto tra gli andamenti che mettono in relazione la durata della fase lag con la concentrazione del singolo composto fenolico: si sono infatti ottenuti risultati simili per quanto riguarda il PCC, il PHB e il CAT, mentre per il VAN (fig. 4.14) la retta che correla i punti è più ripida: per tale composto fenolico, la durata della fase di latenza aumenta al crescere della sua concentrazione in maniera più sensibile rispetto agli altri composti studiati. Un’altra particolarità osservata dalle prove condotte in presenza di acido vanillico, riguarda i profili delle curve che rappresentano la variazione della densità ottica nel tempo. Diversamente da quanto ottenuto nelle prove condotte sugli altri composti fenolici, le curve di sviluppo su acido vanillico esibiscono profili irregolari caratterizzati da un andamento a gradini e non da un andamento di crescita più regolare. Tale fenomeno può essere dovuto alla formazione di residui tossici durante la degradazione dell’acido vanillico. Alcuni di questi potrebbero essere lo stesso catecolo (Alvarez-Rodriguez et al., 2003) o la formaldeide (Priefert et al, 1967, Mitsui et al., 2003), sostanze tossiche che, 54 permanendo in soluzione, potrebbero aver determinato un rallentamento dello sviluppo microbico. Osservando ancora l’andamento delle curve di crescita si può notare che nelle prove effettuate su PCC e CAT, quando è terminata la fase esponenziale, si ha un plateau che dura alcune ore. Viceversa, nelle prove in presenza di CAT o VAN, le curve di crescita mostrano che dopo il raggiungimento del valore massimo di densità ottica, si ha una fase declinante: è una fase di morte evidenziata dalla diminuzione rapida della densità ottica. Questo comportamento era stato già osservato su PHB (Lallai et al., 2003) in prove eseguite in bioreattori agitati meccanicamente. Si suppone che la morte delle cellule possa dipendere dall’accumulo di prodotti finiti e degli intermedi di PHB o VAN che, rimasti nel brodo di coltura, esercitano un’elevata attività tossica nei confronti dei microrganismi. Come già più volte espresso, in letteratura esistono pochi studi sulla biodegradazione dei composti fenolici esaminati in questo lavoro. E’ comunque interessante confrontare i valori dei parametri biocinetici ottenuti in questo studio (tab. 4.5) con altri simili reperiti in letteratura. Va però precisato che tale confronto tiene conto del fatto che mentre per questo lavoro di tesi si sono utilizzate colture microbiche miste, la maggior parte dei lavori reperiti in letteratura si riferiscono a test effettuati utilizzando ceppi batterici puri; inoltre le condizioni sperimentali (composizione medium, temperatura, pH) dei lavori a cui ci riferiamo sono differenti da quelle utilizzate in questo lavoro di tesi. Tab. 4.5 – Riepilogo dati cinetici ottenuti dalle prove eseguite Espressione μmax Ks Ki cinetica (h-1) (mg/l) (mg/l) -1 25-500 Andrews 0,623 80,9 0,00216 PCC 50-525 Monod 0,601 61,0 --- PHB 50-550 Monod 0,218 68,3 --- VAN 50-500 Andrews 0,171 39,8 0,00214 Substrato di crescita Range (mg/l) CAT Il confronto può farsi, ad esempio, sul tipo di modello cinetico che descrive la crescita dei microrganismi che utilizzano lo stesso composto fenolico. L'unica conclusione comune dalla letteratura è che anche in altri lavori si sono individuati gli stessi modelli cinetici (Monod o Andrews) ipotizzati in questo lavoro di tesi per i composti fenolici considerati. In particolare si può effettuare un confronto coi dati cinetici ottenuti da Di Gioia et al. (2001) che, utilizzando due differenti ceppi batterici, il Ralstonia sp. LD35 e il Pseudomonas Putida DSM 1868, hanno ottenuto informazioni cinetiche relative, tra gli altri, a due composti considerati in questo lavoro, il PHB e il VAN. Per quanto riguarda l’acido p-idrossibenzoico è stato trovato che lo sviluppo del Ralstonia sp. LD35 è inibito da questo composto e può quindi essere descritto dal modello di Andrews. Sempre il PHB, invece, 55 non inibisce lo sviluppo del Pseudomonas Putida DSM 1868 ed il modello di Monod interpreta bene i relativi dati sperimentali. Per la cinetica di sviluppo microbico su acido vanillico, viceversa, è stato ottenuto che, contrariamente a quanto trovato per la miscela microbica utilizzata in questo lavoro, non si ha inibizione sul Pseudomonas Putida DSM 1868. In conclusione, i dati ottenuti dalle sperimentazioni eseguite sui quattro composti fenolici hanno permesso di individuare il comportamento cinetico delle colture microbiche miste su detti substrati. I risultati hanno indicato che, per le concentrazioni sperimentate, il CAT ed il VAN sono composti inibitori e i dati cinetici sono stati interpretati tramite l’equazione di Andrews. Viceversa, i dati ottenuti dalle sperimentazioni eseguite su PCC e PHB sono stati interpretati con l’equazione cinetica di Monod. 56 Capitolo 5 Degradazione microbica aerobica dei singoli composti fenolici: analisi del consumo dei substrati 5.1 Introduzione In questo capitolo vengono descritte alcune prove di crescite eseguite in fermentatore in presenza di un unico substrato di crescita, costituito per ciascuna prova da un differente composto fenolico. Tali prove sono state condotte in fermentatore con un volume di lavoro di 3 l: è stato perciò possibile effettuare prelievi di sospensione ed effettuare su questi le analisi chimiche per determinare le concentrazioni dei substrati di crescita, del TOC, ecc. L’obiettivo di questo tipo di prove è stato infatti quello di descrivere, oltre alle curve di crescita microbica, anche quelle di consumo del substrato presente. 5.2 Crescita su catecolo. Consumo del substrato Vengono inizialmente riportati i risultati ottenuti da una prova condotta su una concentrazione di catecolo pari a 350 mg/l. La crescita ha mostrato una fase di latenza (fig. 5.1) di circa quattro ore e si è conclusa dopo otto, al raggiungimento della fase stazionaria. Il diagramma semilogaritmico evidenzia la fase di crescita esponenziale dalla quale si è ricavato un valore di velocità specifica pari a 0,387 h-1. 57 -0,7 -1,1 y = 0,3867x - 3,6754 ln (o.d.) R2 = 0,9857 -1,5 -1,9 -2,3 -2,7 0 2 4 8 6 tempo (ore) Fig. 5.1 – Crescita su CAT (350 mg/l). Calcolo della velocità di crescita La fig. 5.2 mostra invece le curve di consumo del substrato in termini di HPLC, di TOC e di assorbanza (UV 275 nm). Le curve, normalizzate rispetto al valore di concentrazione iniziale per una più agevole interpretazione del loro andamento, risultano tra loro coerenti: si può osservare che, in base ai dati ottenuti dall’HPLC, dopo quattro ore dall’inizio della prova era stato consumato solo il 10% del catecolo presente: ciò è in accordo con l’andamento della curva di crescita che evidenzia un tempo di latenza della stessa durata. Successivamente il catecolo è stato consumato durante la fase di crescita esponenziale. Al raggiungimento della fase di stasi della crescita microbica, dopo circa otto ore dall’inizio della prova, il consumo del substrato è pressoché completo: ciò è confermato anche dalla fig. 5.3 che riporta il consumo del catecolo ottenuto dai dati del solo HPLC. 1,2 0,4 0,35 o.d. C/C0 0,8 0,3 HPLC 0,25 TOC 0,6 0,2 UV 0,15 0,4 densità ottica 1 0,1 0,2 0,05 0 0 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 5.2 – Consumo del substrato per la prova su CAT (350 mg/l) 58 0,4 350 0,35 300 HPLC o.d. 0,3 250 0,25 200 0,2 150 0,15 100 densità ottica concentrazione (mg/l) 400 0,1 50 0 0,05 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 5.3 – Consumo del catecolo (HPLC) per la prova su CAT (350 mg/l) La fig. 5.4 mostra invece come la curva di crescita ottenuta in termini di dry weight segue molto bene l’andamento ottenuto dai dati di densità ottica. Diagrammando la crescita in termini di peso secco e il consumo di catecolo ottenuto dai dati dell’HPLC (fig. 5.5), è possibile ricavare il valore del coefficiente di resa, considerando i rami di crescita e di consumo esponenziali. 425 0,4 375 0,35 325 0,3 o.d. 275 0,25 225 0,2 175 0,15 125 0,1 75 densità ottica dry weight (mg/l) d.w. 0,05 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 5.4 – Curve di crescita (densità ottica e dry weight) per la prova su CAT (350 mg/l) 59 420 400 HPLC 370 300 320 d.w. 250 200 270 150 220 100 dry weight (mg/l) concentrazione (mg/l) 350 170 50 0 120 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 5.5 – Crescita (dry weight) e consumo CAT (HPLC) per la prova su CAT (350 mg/l) Il coefficiente di resa fornisce una misura della biomassa (X) prodotta in seguito all’utilizzo del substrato (S) ed è espresso come il rapporto tra la variazione della concentrazione dei microrganismi e la variazione della concentrazione del substrato di crescita: ΔX Y= ΔS Per la prova in questione si è ottenuto il valore di 0,67 mgX/mgS. 5.3 Crescita su acido protocatecuico. Consumo del substrato Come per il caso del catecolo, viene descritta una prova eseguita in fermentatore su una concentrazione di acido protocatecuico pari a 350 mg/l. Della prova verranno descritte, oltre alle curve di crescita, anche le curve di consumo del substrato. La fig. 5.6 riporta, su diagramma semilogaritmico, la curva di crescita in termini di densità ottica. Si può notare come la prova abbia avuto una durata di circa sei ore, evidenziando una fase di latenza leggermente superiore alle due ore. Trascorso questo tempo si è avuta la fase esponenziale dalla quale è stata calcolata una velocità di crescita specifica pari a 0,465 h-1. 60 -0,5 -0,9 y = 0,4655x - 3.2269 ln (o.d.) R2 = 0,9878 -1,3 -1,7 -2,1 -2,5 0 1 2 3 4 5 6 7 tempo (ore) Fig. 5.6 – Crescita su PCC (350 mg/l). Calcolo della velocità di crescita La fig. 5.7 mostra invece le curve di consumo del substrato in termini di HPLC, TOC e di assorbanza (UV 275 nm), normalizzate rispetto al valore iniziale. Si può osservare che, diversamente da quanto è stato rilevato per il catecolo, si ha un’immediata riduzione del PCC nonostante nelle prime due ore non si riscontri una crescita microbica apprezzabile: sia i dati di HPLC che di TOC mostrano questo andamento. Si può ipotizzare che il PCC venga decomposto e degradato verso prodotti di degradazione secondari che solo successivamente costituiscono alimento per la crescita batterica e dunque solo in un secondo tempo contribuiscono alla crescita della biomassa nel reattore biologico. Inoltre, durante le prime quattro ore di prova, il PCC è stato degradato completamente: questo si può osservare anche nella fig. 5.8 che riporta la curva di consumo del solo PCC sulla base dei dati ottenuti dal solo HPLC. In soluzione permangono invece dei prodotti di degradazione anche al termine della prova, dal momento che la curva del TOC non va a zero. 61 1,2 0,325 o.d. 1 C/C0 0,8 TOC 0,225 0,6 0,175 0,4 densità ottica 0,275 HPLC 0,125 0,2 0 0,075 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 5.7 – Consumo del substrato per la prova su PCC (350 mg/l) 350 0,35 HPLC 0,3 250 o.d. 0,25 200 0,2 150 0,15 100 densità ottica concentrazione (mg/l) 300 0,1 50 0 0,05 0 1 2 3 4 5 6 7 tempo (ore) Fig. 5.8 – Consumo del PCC (HPLC) per la prova su PCC (350 mg/l) La fig. 5.9 mostra invece la curva di crescita in termini di densità ottica e i punti ottenuti tramite le analisi del dry weight. Nonostante alcune discontinuità si può affermare che i punti seguono fedelmente l’andamento della curva di crescita. 62 0,35 250 dry weight (mg/l) 0,25 170 0,2 130 d.w. 0,15 densità ottica 0,3 210 o.d. 90 0,1 50 0,05 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 5.9 – Curve di crescita (o.d. e d.w.) per la prova su PCC (350 mg/l) Come per il caso precedente, diagrammando la crescita in termini di peso secco e il consumo del PCC sulla base dei dati ottenuti dall’HPLC (fig. 5.10), è possibile calcolare il valore del coefficiente di resa che per la prova in questione è risultato pari a 0,524 mgX/mgS. 250 HPLC 300 225 250 200 d.w. 175 200 150 150 125 100 100 50 dry weight (mg/l) concentrazione (mg/l) 350 75 0 50 0 1 2 3 4 5 6 7 tempo (ore) Fig. 5.10 – Crescita (d.w.) e consumo PCC (HPLC) per la prova su PCC (350 mg/l) 5.4 Crescita su acido p-idrossibenzoico. Consumo del substrato La prova di crescita su acido p-idrossibenzoico è stata condotta su una concentrazione pari a 400 mg/l. La crescita microbica (fig. 5.11) ha evidenziato una fase lag di circa due ore prima di raggiungere la fase esponenziale. Questa 63 procede fino a raggiungere il valore massimo dopo circa sette ore dall’inizio della prova e successivamente si ha la fase declinante. Il valore della velocità di crescita specifica ottenuto è pari a 0,202 h-1. -1,2 -1,4 ln (o.d.) -1,6 -1,8 y = 0,2019x - 2,7015 R2 = 0,997 -2 -2,2 -2,4 0 2 4 6 10 8 tempo (ore) Fig. 5.11 – Crescita su PHB (400 mg/l). Calcolo della velocità di crescita Dopo quasi tre ore dall’inizio della prova la concentrazione di PHB (fig. 5.12) si è ridotta del 25% rispetto al valore iniziale: durante di questo tempo la crescita è minima. Durante le successive tre ore, quando si ha la fase di crescita esponenziale, il PHB viene degradato completamente: nel campione prelevato in corrispondenza della sesta ora dall’inizio della prova la concentrazione di PHB è zero. 1,2 0,275 HPLC 0,235 o.d. 0,8 C/C0 0,195 0,6 0,155 0,4 densità ottica 1 0,115 0,2 0 0,075 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 5.12 – Consumo del substrato per la prova su PHB (400 mg/l) 64 La fig. 5.13 mostra invece la buona concordanza tra le curve di crescita in termini di dry weight e in termini di densità ottica. La curva di crescita del peso secco è stata così utilizzata per il calcolo del coefficiente di resa per il PHB (fig. 5.14), che è risultato pari a 0,487 mgX/mgS. 400 0,3 d.w. 0,25 o.d. 300 0,2 250 densità ottica dry weight (mg/l) 350 0,15 200 0,1 150 100 0,05 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 5.13 – Curve di crescita (o.d. e d.w.) per la prova su PHB (400 mg/l) 450 370 d.w. HPLC 350 320 300 270 250 200 220 150 100 dry weight (mg/l) concentrazione (mg/l) 400 170 50 0 120 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 5.14 – Crescita (d.w.) e consumo PCC (HPLC) per la prova su PCC (350 mg/l) 65 5.5 Crescita su acido vanillico. Consumo del substrato Come per i composti precedenti, è stata effettuata una prova di crescita in fermentatore in presenza di acido vanillico come unico substrato, con l’obiettivo di descrivere la curva di crescita e di valutare la degradazione del substrato presente. La prova è stata condotta su una concentrazione di 400 mg/l di VAN. La fig. 5.15 riporta la curva di crescita in termini di densità ottica. 0,25 densità ottica 0,21 0,17 0,13 0,09 0,05 0 2 4 6 8 10 12 14 tempo (ore) Fig. 5.15 – Crescita in termini di densità ottica su VAN (400 mg/l) Si può notare che, nonostante si sia considerata una concentrazione simile a quella utilizzata per gli altri composti, lo sviluppo microbico è stato molto ridotto: partendo da un valore di densità ottica pari a 0,1, il valore massimo raggiunto è stato di 0,165. Confrontando infatti questa curva di crescita con quelle già presentate in precedenza per i restanti tre composti fenolici su concentrazioni simili, si può osservare come su acido vanillico si abbia il minore sviluppo di biomassa (fig. 5.16). 66 CAT 350 mg/l 0,4 PCC 350 mg/l 0,35 PHB 400 mg/l densità ottica 0,3 VAN 400 mg/l 0,25 0,2 0,15 0,1 0,05 0 0 2 4 6 8 10 12 14 tempo (ore) Fig. 5.16 – Confronto tra crescite su differenti composti fenolici Se poi viene effettuata l’analisi della crescita su diagramma semilogaritmico (fig. 5.17), si può notare come vi siano due differenti rami di crescita inframezzati da una fase di stasi: la crescita, seppur caratterizzata da una bassa velocità specifica, non necessita della fase di latenza iniziale e dura circa quattro ore; dopodiché si ha una fase di stasi seguita da una ripresa della crescita (avente bassa velocità) che successivamente si stabilizza intorno alla decima ora di prova. Per interpretare questo andamento si può fare ricorso ai dati relativi al consumo del substrato in termini di HPLC e TOC. -1,5 -1,7 primo ramo ln (o.d.) y = 0,0685x - 2,3231 R2 = 0,9791 -1,9 secondo ramo y = 0,061x - 2,4148 R2 = 0,9734 -2,1 -2,3 -2,5 0 2 4 6 8 10 12 14 tempo (ore) Fig. 5.17 – Crescita su VAN (400 mg/l). Calcolo della velocità di crescita Osservando l’andamento di tali curve (fig. 5.18) si possono fare le seguenti considerazioni: in corrispondenza del primo tratto di crescita (prime quattro ore 67 di prova) l’acido vanillico non viene consumato sensibilmente. Successivamente la concentrazione di vanillico si riduce rapidamente di circa il 50% ma si assiste poi ad una fase di stasi sia nel consumo (confermata anche dall’andamento del TOC) che nella crescita microbica. Intorno all’ottava ora di prova, il vanillico riprende ad essere consumato e in poco più di dieci ore viene completamente degradato. Anche la curva del TOC conferma, seppure con delle discontinuità, tale andamento. Dall’analisi dei cromatogrammi dell’HPLC è risultata la presenza di alcuni intermedi di reazione già nei primi campioni prelevati: tali composti, formatisi dalla decomposizione della molecola dell’acido vanillico, potrebbero essersi accumulati nel brodo di coltura ed avere esercitato una certa tossicità nei confronti dei microrganismi rallentandone la crescita (fase di stasi intermedia). Solo dopo una fase di adattamento a questi nuovi composti, la crescita riprende, seppure con bassa velocità, e porta alla degradazione completa delle sostanze organiche presenti in soluzione, in un tempo di circa 10-12 ore, superiore a quello necessario per la degradazione degli altri composti fenolici considerati. 0,18 1,2 TOC HPLC 1 0,8 C/C0 0,14 0,6 0,12 0,4 densità ottica 0,16 0,1 0,2 0 0,08 0 2 4 6 8 10 12 14 16 tempo (ore) Fig. 5.18 – Consumo del substrato per la prova su VAN (400 mg/l) La fig. 5.19 mostra la curva di crescita in termini di densità ottica e i punti ottenuti dalle analisi del peso secco. Anche in questo caso è stato calcolato il coefficiente di resa considerando il ramo di crescita e quello di consumo del substrato. Si è ottenuto un valore di 0,31 che conferma come l’acido vanillico determini lo sviluppo microbico più basso rispetto agli altri composti fenolici considerati. 68 180 d.w. 170 0,16 160 0,14 150 140 0,12 130 120 densità ottica dry weight (mg/l) o.d. 0,1 110 100 0,08 0 2 4 6 8 10 12 14 tempo (ore) Fig. 5.19 – Curve di crescita (o.d. e d.w.) per la prova su PHB (400 mg/l) 5.6 Modelli cinetici di consumo dei composti fenolici Sulla base delle sperimentazioni effettuate sono stati sviluppati due modelli cinetici per descrivere il consumo dei composti fenolici. Sono stati presi in considerazione due sostanze che hanno evidenziato differente comportamento cinetico: il PCC, che segue una cinetica di Monod, e il CAT, che segue una cinetica descritta dall’equazione di Andrews. 5.6.1 Modello cinetico di consumo dell’acido protocatecuico Le prove sperimentali descritte nel par. 4.3 hanno permesso di stabilire che l’equazione di Monod è adatta per descrivere la cinetica di crescita su acido protocatecuico e sono stati calcolati i relativi valori dei parametri cinetici KS e μMAX. La prova effettuata in fermentatore su 350 mg/l di PCC (par. 5.3) ha permesso invece di ricavare il valore del coefficiente di resa Y. Questi dati cinetici sono stati utilizzati per ricavare un modello cinetico di consumo del PCC quando questo viene utilizzato come unico substrato limitante per la crescita microbica. La velocità di crescita specifica (μ) può essere espressa in termini di incremento di massa batterica e in funzione della biomassa presente (X) tramite la seguente relazione: μ= 1 dX ⋅ X dt (1) 69 Dall’integrazione di tale relazione, supponendo che il valore della velocità di crescita specifica rimanga costante nell’intervallo di tempo considerato, si ottiene la seguente espressione per X: X = X 0 ⋅ e μ ( t −tr ) (2) Il termine tr è definito come il tempo di ritardo ed è pari alla durata della fase di latenza che precede il consumo del composto organico in questione. Per il PCC il valore della velocità di crescita è funzione della concentrazione del substrato (S) tramite l’equazione di Monod: μ= μ MAX ⋅ S KS + S (3) Per questa equazione erano stati trovati i seguenti valori dei parametri cinetici: μmax = 0,601 h-1 e Ks = 61 mg/l. Dalla definizione del coefficiente di resa, che lega la variazione di concentrazione del substrato e della concentrazione di biomassa nel tempo, si può invece scrivere: dS 1 dX =− ⋅ dt Y dt (4) Il sistema costituito dalla (1) e dalla (4) è stato risolto per via numerica integrando con la condizione all’inizio della prova effettuata (per t=0) in cui le due variabili, concentrazione del substrato e della biomassa, assumono i seguenti valori: S=S0 e X=X0. Le concentrazioni iniziali di PCC e di biomassa spno state ricavate dalle analisi, rispettivamente tramite HPLC e dry weight, effettuate sul campione iniziale della prova di crescita su 350 mg/l di PCC. Poiché il consumo del PCC è stato immediato si è assunto un tempo di ritardo nullo. La fig. 5.20 mostra i punti sperimentali e la curva ottenuta tramite il modello cinetico che descrive abbastanza fedelmente l’andamento dei dati sperimentali. Il buon accordo tra dati sperimentali e modello permette di sostenere che la curva ottenuta dal modello interpreta abbastanza fedelmente l’andamento del consumo del substrato ottenuto tramite i dati sperimentali ricavati dalle analisi effettuate sui campioni prelevati durante la prova effettuata su 350 mg/l di PCC. 70 350 concentrazione (mg/l) 300 250 200 150 100 50 0 0 1 2 3 4 5 6 tempo (ore) Fig. 5.20 – Modello cinetico di consumo dell’acido protocatecuico La corrispondenza tra modello e dati sperimentali ottenuti nella prova condotta in fermentatore su 350 mg(l di PCC, è stata ottenuta nonostante il modello utilizzi i parametri cinetici ottenuti con una tipologia di prove differenti (in beuta su diverse concentrazioni di PCC) che avevano come obiettivo la descrizione della variazione della velocità di crescita in funzione della concentrazione del composto fenolico. La risoluzione del sistema di due equazioni, inoltre, supera i limiti che deriverebbero dalla risoluzione numerica della sola equazione (1). L’approssimazione di considerare la velocità di crescita specifica μ costante nell’intervallo di tempo considerato, può essere valida per piccoli intervalli di tempo, ma perde la sua efficacia per un intervallo più ampio. La fig. 5.21 mostra infatti la curva di consumo del substrato che si otterrebbe dalla risoluzione della sola equazione (1) ed è confrontata con l’andamento ottenuto sulla base dalla risoluzione del sistema. 71 concentrazione (mg/l) 350 300 250 200 150 100 50 0 0 1 2 3 4 5 6 tempo (ore) Fig. 5.21 – Confronto tra la curva di consumo del substrato ottenuta dal modello e quella che si ottiene dalla sola risoluzione dell’equazione (1) 5.6.2 Modello cinetico del consumo del catecolo Analogamente a quanto è stato fatto per il PCC, è stato sviluppato un modello cinetico del consumo del catecolo con riferimento alla prova eseguita sulla concentrazione di 350 mg/l. Per questo composto fenolico si era ottenuta una cinetica descritta dall’equazione di Andrews (cinetica con inibizione) e si erano ottenuti i seguenti valori dei relativi parametri: μmax = 0,623 h-1, Ks = 80,9 mg/l e Ki = 0,00216 (mg/l)-1. Il valore del coefficiente di resa era stato invece calcolato nel par. 5.2. E’stato poi considerato un tempo di ritardo td pari a quattro ore, corrispondente alla durata della fase di latenza ricavato sperimentalmente. La risoluzione numerica ha fornito l’andamento del consumo del CAT per la prova eseguita. La fig. 5.22 mostra l’andamento dei punti sperimentali ottenuti dalle analisi fatte sui campioni e la curva ottenuta tramite il modello cinetico. Si può notare, anche in questo caso, una buona coincidenza tra dati sperimentali e modello. 72 400 concentrazione (mg/l) 350 300 250 200 150 100 50 0 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 5.22 – Modello cinetico di consumo del catecolo 5.7 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti In questo capitolo sono state presentate quattro prove di crescita su altrettanti composti fenolici. Le prove sono state condotte in fermentatore con l’obiettivo di studiare sia la curva di crescita batterica che quella di consumo del substrato organico presente, nonché di determinare il coefficiente di resa inteso come rapporto tra la variazione dello sviluppo microbico in termini di dry weight e la variazione del consumo del substrato nel corso della prova. Per tutte le prove eseguite si è ottenuto il consumo totale del composto fenolico presente. Il PCC è stato consumato più velocemente degli altri composti, in un tempo inferiore alle quattro ore dall’inizio della prova. Sei ore sono servite invece per il consumo di CAT e PHB, mentre quasi dodici ne sono occorse per degradare completamente il VAN presente in soluzione. Per le prove eseguite si è avuta una rimozione del TOC quasi completa, compresa tra il 90 e il 95%. Alle concentrazioni sperimentate i microrganismi sono stati in grado di consumare perciò anche buona parte dei prodotti di degradazione sviluppati dalla demolizione della molecola del composto fenolico presente all’inizio della prova. Per quanto riguarda i valori dei coefficienti di resa, questi sono riportati nella tab. 5.1 che mostra come il maggiore sviluppo microbico specifico si è avuto in presenza di catecolo e acido protocatecuico, come peraltro si è potuto apprezzare in modo indicativo dall’osservazione della fig. 5.16. Per l’acido p-idrossibenzoico e l’acido vanillico si sono ottenuti i valori più bassi del coefficiente di resa. 73 Tab. 5.1 – Valori del coefficiente di resa per le prove eseguite Resa Y Composto e concentrazione (mg/l) (mgX/mgS) CAT 350 0,670 PCC 350 0,524 PHB 400 0,487 VAN 400 0,310 Sono stati infine descritti due modelli cinetici, uno per il consumo del catecolo e uno per il consumo dell’acido protocatecuico. Ciascun modello è stato costruito utilizzando i dati cinetici ottenuti dalle prove sperimentali eseguite: in particolare dalla sperimentazione eseguita in beuta si è ricavata l’espressione cinetica che meglio descrive la variazione della velocità di crescita in funzione della concentrazione di substrato, calcolando i relativi parametri cinetici. Dalle prove eseguite in fermentatore, sulla base della conoscenza dei dati di consumo del substrato di crescita è stato determinato il valore del coefficiente di resa. Questi dati, seppure ottenuti da queste diverse tecniche e con apparati sperimentali differenti, hanno permesso di ricavare una relazione analitica che ben si adatta ai punti sperimentali ottenuti. Prevedere l’andamento della concentrazione del substrato nel tempo per un determinato esperimento di crescita è fondamentale sia per la definizione delle condizioni operative a cui questo deve essere condotto, sia per il corretto dimensionamento del reattore nel quale questo deve avvenire. 74 Capitolo 6 Crescita microbica aerobica su miscele di substrati organici 6.1 Introduzione Le prove descritte nei capitoli precedenti sono state realizzate in presenza di un’unica fonte di carbonio e di energia per i microrganismi, costituita da un singolo composto fenolico. In questo capitolo verranno invece presentate le prove effettuate su miscele di più composti organici. Una prima tipologia di prove è stata realizzata su miscele costituite da glucosio, quale rappresentante delle sostanze facilmente degradabili, e da un composto fenolico. Nella realtà, una situazione di questo tipo si verifica quando in una vasca a fanghi attivi per il trattamento di un refluo di origine domestica (caratterizzati da facile degradabilità) si immette lo scarico proveniente da un’industria agro-alimentare contenente composti tossici (ad es. fenoli), oltre ad una componente organica facilmente degradabile. Nella maggior parte dei casi la vasca a fanghi attivi è dimensionata per ottimizzare la degradazione del carico organico presente nel refluo di origine domestica. L’immissione di sostanze più o meno recalcitrante può far sì che i microrganismi possano rallentare la loro attività determinando sia un abbassamento dell’efficienza di rimozione globale dell’impianto sia la possibilità che questi composti possano superare indenni lo stadio a fanghi attivi. Per questo motivo le prove di crescita sono state condotte con microrganismi precedentemente acclimatati a glucosio, ovvero in grado di consumare una frazione organica facilmente degradabile analoga a quella presente in un refluo di origine domestica, con lo scopo di determinare le modalità di consumo dei substrati Una seconda tipologia di prove è stata invece effettuata su miscele costituite da più composti fenolici, per studiare il comportamento della coltura batterica esposta contemporaneamente a composti caratterizzati da differenti cinetiche di crescita (es. Monod per il PCC e Andrews per il CAT). 75 6.2 Crescita su composto fenolico e glucosio Le prove descritte in questa sezione sono state condotte su miscele costituite da glucosio e da ciascuno dei composti fenolici considerati in questo lavoro di tesi, evidenziando in particolare le differenze di comportamento in presenza di composti la cui cinetica segue l’equazione di Monod (PCC e PHB) e di composti la cui cinetica segue l’equazione di Andrews (CAT e VAN). Alcune prove di crescita sono state condotte nelle beute per descrivere esclusivamente le curve di crescita batterica, altre nei fermentatori, per determinare anche le modalità di consumo dei substrati utilizzati. 6.2.1 Crescita su acido protocatecuico e glucosio Una prima serie di prove è stata condotta in beute contenenti ciascuna una miscela costituita da PCC e glucosio. In particolare ciascuna beuta conteneva la stessa quantità di glucosio (1000 mg/l) mentre la concentrazione di PCC variava nel campo di concentrazione tra 100 e 500 mg/l. La fig. 6.1 mostra un confronto tra tre diverse prove, una effettuata su solo PCC (350 mg/l), una su solo GLUC (1000 mg/l) e una terza su una miscela dei due composti alle stesse concentrazioni delle due beute singole. PCC 350 + GLUC 1000 0,8 0,7 densità ottica 0,6 0,5 GLUC 1000 mg/l 0,4 0,3 PCC 350 mg/l 0,2 0,1 0 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 6.1 – Influenza del PCC sullo sviluppo microbico. Confronto tra curve di crescita Questo confronto permette di fare alcune considerazioni. Osservando la curva di crescita su solo PCC si può notare come sia presente una fase di latenza superiore alle tre ore, in accordo con quanto si era trovato nella prova analoga presentata nel cap. 4. Quando oltre al PCC è presente anche il glucosio, la crescita procede invece senza alcuna fase di latenza poiché i microrganismi erano stati acclimatati proprio a tale composto. Inoltre, prima dell’inoculo, i microrganismi erano stati recuperati in corrispondenza della fase di crescita 76 esponenziale nell’ultimo ciclo di acclimatazione: in queste condizioni sono in grado di consumare subito il substrato di crescita. Facendo poi un confronto tra la curva di crescita ottenuta dalla prova con solo glucosio e quella ottenuta sulla miscela PCC-glucosio, si può osservare che, alle concentrazioni sperimentate, la presenza del PCC non rallenta in alcun modo la crescita ma addirittura la esalta, se è vero che la velocità di crescita sulla miscela PCC-GLUC (0,433 h-1) è superiore a quella per la prova sul solo GLUC (0,414 h-1). Inoltre la densità ottica massima raggiunta nella prova sulla miscela è nettamente superiore sia a quella su solo PCC che a quella su solo GLUC. La fig. 6.2 mostra le curve di crescita relative a tutte le prove effettuate. Si può osservare che le curve di crescita sono sovrapponibili per le prime quattro ore di prova. Successivamente si differenziano a seconda della concentrazione di PCC: viene raggiunta una maggiore densità ottica nelle beute con una più alta concentrazione del composto fenolico e in quei casi la fase stazionaria successiva alla fase di crescita esponenziale è raggiunta più tardi. 0,9 0,8 densità ottica 0,7 0,6 0,5 GLUC 1000 0,4 GLUC 1000 + PCC 100 GLUC 1000 + PCC 200 0,3 GLUC 1000 + PCC 300 0,2 GLUC 1000 + PCC 400 GLUC 1000 + PCC 500 0,1 0 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 6.2 – Crescita su miscele di PCC e GLUC. Confronto tra curve di crescita Per ciascuna delle prove eseguite è stata calcolata la velocità specifica riportando le curva di crescita su diagramma semilogaritmico. Le prove riportate in fig. 6.2 hanno mostrato ciascuna un unico ramo di crescita, senza che le curve di sviluppo microbico presentassero un cambio di pendenza. Poiché la concentrazione di glucosio è rimasta costante per tutte le prove mentre variava quella del PCC, è stato possibile valutare la relazione tra velocità di crescita e concentrazione iniziale di PCC, analogamente a quanto si è fatto per lo studio cinetico in presenza del solo composto fenolico. La fig. 6.3 riporta tale correlazione dalla quale risulta evidente come si abbia un andamento del tipo “a saturazione” che è stato interpretato con l’equazione di Monod; anche in questo 77 caso sono stati determinati i relativi parametri cinetici, riportati sempre nella figura suddetta. velocita di crescita (h-1) 0,6 0,5 0,4 0,3 μMAX = 0,473 h-1 0,2 Ks = 9,5 mg/l 0,1 0 0 100 200 300 400 500 600 concentrazione PCC (mg/l) Fig. 6.3 – Correlazione tra velocità di crescita e concentrazione PCC per le prove in presenza di PCC e GLUC Dall’analisi delle curve di consumo dei composti presenti in soluzione si possono ricavare alcune indicazioni sulle modalità di degradazione del glucosio e del PCC. La fig. 6.4 mostra la curva di crescita per una prova condotta in fermentatore su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di PCC e le curve di consumo dei due substrati in termini di concentrazioni normalizzate. Si può notare come il glucosio è il primo substrato ad essere consumato e che entro le prime quattro ore è stato completamente consumato. Diverso è il comportamento nel caso del PCC: dopo le prime due ore il composto fenolico non è stato ancora degradato dai microrganismi. Quando inizia il consumo del PCC non c’è quasi più glucosio in soluzione: si ipotizza perciò una degradazione sequenziale dei substrati, per cui sarebbe prima consumato il substrato organico di facile degradazione (GLUC) e successivamente il substrato fenolico (PCC). Contrariamente a quanto si è potuto evidenziare con le prove condotte in beuta e precedentemente discusse, la curva di crescita presenta due differenti rami di crescita senza fase di stasi intermedia. Questi corrispondono alle fasi di consumo dei due substrati e confermano come la crescita avvenga prima sul glucosio, con una data velocità, poi su PCC, con velocità differente. Si noti ancora come la crescita microbica continua, dopo sei ore dall’inizio della prova, a spese dei prodotti di degradazione sia del glucosio che del PCC: entrambi i substrati iniziali infatti sono stati già consumati, ma la curva del TOC mostra come il carico organico non è stato completamente abbattuto. Alla conclusione della prova resta un TOC residuo pari a circa il 10% del valore iniziale. 78 TOC 1,2 0,7 HPLC 0,6 GLUC 1 o.d. C/C0 0,4 0,6 0,3 0,4 0,2 0,2 densità ottica 0,5 0,8 0,1 0 0 0 2 4 6 8 10 12 tempo (ore) Fig. 6.4 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di PCC. Crescita e consumo substrati 6.2.2 Crescita su catecolo e glucosio In questo paragrafo vengono presentate alcune prove di crescita che sono state condotte su miscele in cui erano presenti, con diverse concentrazioni, catecolo e glucosio. La fig. 6.5 mostra le curve di crescita ottenute da tre prove, una condotta su 350 mg/l di GLUC, una su 100 mg/l di CAT e una sulla miscela costituita da 350 mg/l di GLUC e 100 mg/l di CAT. GLUC 350 + CAT 100 0,4 GLUC 350 0,35 CAT 100 densità ottica 0,3 0,25 0,2 0,15 0,1 0,05 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 6.5 – Influenza del CAT sullo sviluppo microbico. Confronto tra curve di crescita 79 In questo primo caso considerato, confrontando le due curve di crescita relative alle prove in cui era presente il glucosio, si può affermare che il catecolo, presente in bassa concentrazione nella miscela, non influenza in alcun modo la crescita: le due curve sono infatti quasi sovrapponibili, ma in quella dove è presente il catecolo si raggiunge una densità ottica maggiore. Utilizzando una concentrazione maggiore di catecolo si rilevano indicazioni differenti. La fig. 6.6 mostra il confronto tra curve di crescita ottenute da tre diverse prove condotte su 350 mg/l di GLUC, su 500 mg/l di CAT e sulla miscela dei due (350 mg/l di GLUC e 500 mg/l di CAT). La crescita su catecolo richiede oltre quattro ore di fase di latenza analogamente a quanto trovato in prove precedenti. Osservando invece le due curve in cui è presente il glucosio, si può notare che la crescita procede senza fase di latenza (sempre perché i microrganismi sono acclimatati a glucosio), mentre nel caso della miscela la presenza del catecolo tende a ritardare la crescita microbica che presenta una fase di latenza di circa due ore. Inoltre, la curva di crescita sulla miscela, presenta due differenti rami di crescita: ciò fa supporre un consumo sequenziale dei due substrati. 0,6 GLUC 350 CAT 500 + GLUC 350 densità ottica 0,5 CAT 500 0,4 0,3 0,2 0,1 0 2 4 6 8 10 12 14 tempo (ore) Fig. 6.6 – Influenza del CAT sullo sviluppo microbico. Confronto tra curve di crescita Tale ipotesi è confermata dall’analisi di un’altra prova effettuata in fermentatore sulla miscela costituita da 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT. La fig. 6.7 mostra l’andamento della crescita in termini di densità ottica e di peso secco. Si può notare che, dopo una breve fase di latenza (inferiore alle due ore), si ha un primo ramo di crescita che procede sino a raggiungere una fase di stasi, dopo cinque ore dall’inizio della prova. Di seguito c’è una ripresa della crescita, seppur breve e con bassa velocità. La fig. 6.8 mostra su diagramma semilogaritmico i valori delle velocità relative ai due differenti rami di crescita. 80 750 0,7 650 densità ottica 0,6 550 o.d. d.w. 0,5 450 0,4 350 0,3 250 0,2 dry weight (mg/l) 0,8 150 0,1 0 50 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 6.7 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT – Curve di crescita 0 ln (o.d.) -0,5 -1 PRIMO RAMO SECONDO RAMO y = 0,4518x - 2,6607 R2 = 0,9927 y = 0,1797x - 1,431 R2 = 0,9774 -1,5 -2 -2,5 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 6.8 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT – Velocità di crescita Le curve di consumo chiariscono meglio le modalità di utilizzo dei due substrati (fig. 6.9). Il glucosio viene consumato per primo e già dopo quattro ore di prova è stato degradato completamente; la prima fase della crescita avviene su tale substrato di facile degradabilità. Il consumo del catecolo inizia solo dopo quello del glucosio, dopo circa cinque ore dall’inizio della prova e dopo la fase di stasi intermedia. Una crescita di questo tipo è definita diauxica: i microrganismi degradano prima il substrato meno tossico (in questo caso il glucosio); successivamente necessitano di una nuova fase di stasi necessaria per sintetizzare gli enzimi necessari per la degradazione dell’altro substrato presente (in questo caso il catecolo). In definitiva si assiste ad un consumo anche in questo caso sequenziale dei due substrati, ma rispetto al caso precedente, in cui il composto 81 fenolico era il PCC, si ha una fase di stasi intermedia nel consumo dei due substrati: questo è da attribuire alla maggiore tossicità del catecolo. Tramite l’osservazione della fig. 6.9 si può ancora osservare che dopo circa sette ore dall’inizio della prova non c’è più catecolo in soluzione e anche il TOC si è ridotto del 90%. HPLC 1 TOC 0,8 GLUC 0,7 o.d. 0,6 C/C0 0,8 0,5 0,4 0,6 0,3 0,4 densità ottica 1,2 0,2 0,2 0,1 0 0 0 2 4 6 8 tempo (ore) Fig. 6.9 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT. Curve consumo substrati 6.2.3 Crescita su acido p-idrossibenzoico e glucosio La fig. 6.10 mostra la curva di crescita, in termini di densità ottica e di dry weight, per una prova condotta su 1000 mg/l di glucosio e 400 mg/l di PHB. 1000 0,5 0,4 o.d. 600 0,3 d.w. 400 0,2 200 0,1 0 densità ottica dry weight (mg/l) 800 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 tempo (ore) Fig. 6.10 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 400 mg/l di PHB – Curve di crescita 82 Si può osservare che la crescita procede dopo una breve fase di latenza iniziale di circa un’ora, nonostante i microrganismi fossero stati acclimatati a glucosio. Successivamente si ha la fase di crescita esponenziale seguita da una brevissima fase di stasi dopo circa quattro ore dall’inizio della prova; terminata la fase stazionaria la crescita riprende. L’analisi delle curve di consumo (fig. 6.11) mostra che anche in questo caso i due substrati vengono degradati in modo sequenziale e che ancora una volta è consumato per primo il glucosio (entro le prime cinque ore di prova) e successivamente il PHB (entro le prime sette ore). Dopo quasi sette ore dall’inizio della prova il composto fenolico è stato completamente degradato. GLUC 1000 0,5 HPLC 0,4 o.d. 600 0,3 400 0,2 200 0,1 0 densità ottica dry weight (mg(l) 800 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 tempo (ore) Fig. 6.11 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 400 mg/l di PHB – Consumo dei substrati 6.2.4 Crescita su acido vanillico e glucosio Le prove di crescita microbica in presenza della miscela costituita da acido vanillico e glucosio hanno confermato alcuni risultati trovati nelle prove sulle altre miscele: i batteri consumano inizialmente il glucosio e successivamente l’acido vanillico. Anche in questo caso si ha perciò un consumo sequenziale, ma diversamente da quanto si è osservato nelle prove in presenza di catecolo, non si assiste ad una fase di stasi intermedia nella crescita. Il vanillico però influisce in altro modo sulla crescita microbica (fig. 6.12), determinando una breve fase di latenza iniziale. Inoltre, nonostante sia presente il glucosio, si assiste anche in questo caso, alla crescita a gradini già osservata per le prove in cui l’acido vanillico era presente come unico substrato. Dalle curve di confronto presentate nella fig. 6.12 si osserva comunque che si raggiunge una densità ottica maggiore per le prove con più alta concentrazione di acido vanillico. 83 GLUC 400 + VAN 500 0,38 GLUC 400 + VAN 300 densità ottica 0,33 GLUC 400 + VAN 100 GLUC 400 0,28 VAN 300 0,23 0,18 0,13 0,08 0 2 4 6 8 10 12 tempo (ore) Fig. 6.12 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 400 mg/l di VAN – Consumo dei substrati 6.3 Crescita su miscele di composti fenolici La presenza di più composti fenolici in un refluo industriale può dar luogo a diversi fenomeni di inibizione della crescita microbica. Questi dipendono dalla natura e dalla concentrazione dei composti che sono presenti, nonché dalla loro tossicità. La presenza di una sostanza fenolica di più facile degradazione può agevolare il consumo di un altro composto avente struttura chimica simile; d’altra parte l’elevata tossicità di un composto può determinare un ritardo nel consumo di quelle sostanze che hanno una più elevata degradabilità. Sono state perciò realizzate prove di crescita in presenza di più composti fenolici per indagare il comportamento dei microrganismi in tali miscele e per stabilire anche in questo caso le modalità di consumo dei substrati, in particolare osservando cosa succede quando si ha a che fare con miscele di composti fenolici che hanno evidenziato differente comportamento cinetico. 6.3.1 Crescita su acido protocatecuico e catecolo La fig. 6.12 mostra un confronto tra tre curve che si riferiscono a colture che si sviluppano la prima su 350 mg/l di PCC, la seconda su 250 mg/l di CAT e la terza sulla miscela costituita dai due composti fenolici (alle stesse concentrazioni delle altre due). La prova con solo PCC è quella che evidenziato la fase di latenza più breve; la presenza del CAT in miscela con il PCC ha ritardato leggermente la crescita microbica rispetto al caso in cui il PCC è presente da solo. Si noti comunque che la curva di crescita non presenta cambi di pendenza e che la densità ottica massima raggiunta è maggiore rispetto alle prove in cui i composti sono presenti da soli. Sul solo PCC è stata ottenuta una velocità di crescita di 0,658 h-1, su solo CAT di 0,513 h-1 mentre sulla miscela la velocità è stata pari a 0,557 h-1. 84 0,6 densità ottica 0,5 0,4 0,3 PCC 350 + CAT 250 0,2 PCC 350 0,1 CAT 250 0 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 6.12 – Crescita su PCC e CAT. Confronto tra curve di crescita Rispetto alla prova con solo PCC, la presenza del CAT ha come effetto quello di diminuire la velocità di crescita, anche se di poco. D’altra parte si può dire che rispetto alla prova su solo CAT, la presenza del PCC la aumenta. Variando poi la concentrazione del catecolo e mantenendo fissa quella dell’acido protocatecuico (diagramma semilogaritmico di fig. 6.13), si può osservare che al crescere della concentrazione del CAT aumenta il valore massimo della densità ottica e aumenta leggermente la lunghezza della fase di latenza, mentre non vi sono variazioni significative per ciò che riguarda i valori delle velocità di crescita. La tab. 6.1 riporta i valori calcolati: si può osservare come al variare della concentrazione del catecolo non si hanno sostanziali variazioni delle velocità di crescita. Tab. 6.1 - Velocità di crescita per le prove condotte su PCC e CAT PROVA VELOCITA’ DI CRESCITA (h-1) PCC 350 mg/l + CAT 150 mg/l 0,555 PCC 350 mg/l + CAT 250 mg/l 0,516 PCC 350 mg/l + CAT 350 mg/l 0,531 PCC 350 mg/l + CAT 450 mg/l 0,507 85 -0,4 densità ottica -0,8 -1,2 PCC 350 + CAT 250 -1,6 PCC 350 + CAT 150 PCC 350 + CAT 350 -2,0 PCC 350 + CAT 450 -2,4 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 6.13 – Velocità di crescita per le prove su PCC e CAT L’analisi del consumo dei substrati per una di queste prove (quella su 350 mg/l di PCC e 250 mg/l di CAT) fornisce indicazioni interessanti circa le modalità di degradazione dei due composti. La fig. 6.14 mostra infatti che entro le prime tre ore dall’inizio dalla prova la concentrazione dei due substrati resta inalterata. Successivamente i due composti fenolici vengono consumati contemporaneamente e dopo cinque ore dall’inizio della prova entrambe le concentrazioni sono nulle, la densità ottica ha raggiunto il suo valore massimo e inizia la fase stazionaria. Si noti inoltre come si sia avuta la quasi totale rimozione anche del carico organico presente, dal momento che al termine della prova la curva del TOC tende a zero. 0,55 0,45 300 0,35 CAT PCC 200 0,25 TOC 100 densità ottica concentrazione (mg/l) 400 0,15 0 0,05 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 6.14 – Prova su 350 mg/l di PCC e 250 mg/l di CAT. Curve consumo substrati 86 6.3.2 Crescita su acido protocatecuico e acido vanillico L’acido vanillico, così come il catecolo, è un composto la cui cinetica di crescita è stata interpretata con l’equazione di Andrews. In questo paragrafo verrà evidenziato cosa accade quando l’acido vanillico è presente in soluzione insieme all’acido protocatecuico. La fig. 6.15 mostra inoltre un confronto tra curve di crescita per diverse prove effettuate. Le curve si riferiscono ad una prova su solo VAN (380 mg/l), ad una su solo PCC (350 mg/l) e a quella sulla loro miscela. Confrontando la curva di sviluppo microbico avvenuta sulla miscela rispetto a quella sul solo PCC, si può osservare come la crescita su PCC e VAN si sviluppa successivamente: la curva di crescita sulla miscela richiede una fase di latenza di durata maggiore rispetto a quella su solo PCC. Per quanto riguarda invece la prova su solo acido vanillico, in questo caso si è avuta una fase di latenza più elevata rispetto a quanto riscontrato in altre prove su concentrazioni simili: la crescita infatti si è sviluppata tra la decima e la 25ma ora di prova, come si può rilevare dai pochi dati disponibili. Si è ottenuta una maggiore densità ottica (e quindi un maggiore sviluppo di biomassa) nella prova in cui erano presenti i due composti, piuttosto che in quelle in cui i composti fenolici erano presenti da soli. Osservando poi sul diagramma semilogaritmico (fig. 6.16) la curva della crescita avvenuta sulla miscela, si possono rilevare due differenti rami di crescita caratterizzati da pendenze differenti, le cui relative velocità di crescita sono riportate in figura. 0,5 concentrazione (mg/l) 0,45 0,4 0,35 0,3 0,25 0,2 PCC 350 + VAN 380 0,15 0,1 PCC 350 0,05 VAN 380 0 0 5 10 15 20 25 30 tempo (ore) Fig. 6.15 – Prova su 350 mg/l di PCC e 380 mg/l di VAN. Consumo dei substrati Tra i due rami di crescita è presente anche una breve fase di latenza che fa pensare ad un consumo sequenziale dei due substrati fenolici. Le curve di consumo chiariscono meglio come avviene la degradazione in presenza della miscela. 87 -0,5 ln (o.d.) -0,9 secondo ramo y = 0,2276x - 3,0687 -1,3 R2 = 0,9902 -1,7 primo ramo -2,1 y = 0,1534x - 2,5298 R2 = 0,9593 -2,5 0 5 10 15 20 tempo (ore) Fig. 6.16 – Prova su 350 mg/l di PCC e 380 mg/l di VAN. Velocità di crescita Nelle prime quattro ore di prova (fig. 6.17) non viene consumato nessuno dei due composti. La degradazione dell’acido protocatecuico inizia prima di quella del vanillico, ma il consumo di quest’ultimo comincia quando è ancora presente PCC in soluzione. Il primo ramo di crescita è attribuibile alla degradazione del solo PCC, il secondo a quella del VAN. Sostanzialmente il consumo è sequenziale, anche se esiste una breve fase in cui i due composti sono consumati contemporaneamente. Al termine della prova resta un TOC residuo pari al 12% del valore iniziale 0,45 o.d. 350 0,4 300 0,35 250 VAN 0,3 200 PCC 0,25 150 0,2 100 0,15 50 0,1 0 densità ottica concentrazione (mg/l) 400 0,05 0 5 10 15 20 tempo (ore) Fig. 6.17 – Prova su 350 mg/l di PCC e 380 mg/l di VAN. Consumo dei substrati In definitiva, si è avuta la degradazione completa dei due composti fenolici e un consumo quasi totale del carico organico presente. 88 6.3.3 Crescita su catecolo e acido vanillico Un’ulteriore prova è stata condotta in presenza di due composti che hanno mostrato una cinetica con inibizione: catecolo e acido vanillico. La fig. 6.18 mostra la curva di crescita e le curve di consumo relative alla prova su 380 mg/l di VAN e 250 mg/l di CAT. La crescita ha richiesto una fase di latenza superiore alle quattro ore e poi procede, seppure con qualche discontinuità, evidenziando un unico ramo di crescita per una velocità pari a 0,210 h-1. 0,3 400 VAN o.d. 0,25 300 250 0,2 CAT 200 0,15 150 densità ottica concentrazione (mg/l) 350 100 0,1 50 0 0,05 0 5 10 15 tempo (ore) Fig. 6.18 – Prova su 380 mg/l di VAN e 250 mg/l di CAT. Consumo dei substrati Le curve di consumo dei substrati (fig. 6.18) mostrano che il consumo dei due composti fenolici è stato contemporaneo. Dopo circa cinque ore dall’inizio della prova era già stato degradato il 30% del valore di concentrazione iniziale dei due composti. Alla decima ora di prova entrambi i composti sono stati completamente consumati dalla biomassa, in accordo con quanto evidenziato dalla curva di crescita che mostra, in corrispondenza, il raggiungimento della fase stazionaria. Al termine della prova resta un TOC residuo pari a circa il 10% del valore iniziale. Dall’analisi dei cromatogrammi dell’HPLC è stata evidenziata, durante la prova, la formazione di un prodotto di degradazione la cui concentrazione inizialmente cresce e poi diminuisce fino a tendere a zero al termine della prova, in accordo con la curva di sviluppo del carbonio organico totale. 89 6.4 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti In questo capitolo sono state presentate le prove di crescita eseguite in presenza di più substrati organici dalle caratteristiche diverse. Una prima serie di prove è stata condotta su miscele costituite da glucosio e da ciascuno dei composti fenolici utilizzati in questo lavoro di tesi. Altre prove hanno invece riguardato miscele costituite da più composti fenolici in soluzione. L’obiettivo di entrambe le tipologie di prove è stato quello di studiare in che modo la contemporanea presenza di composti dalle caratteristiche differenti potesse influire sulla crescita microbica e sulla degradazione. Dalle prove eseguite in presenza di GLUC e di un composto fenolico si è potuto osservare che la crescita si sviluppa inizialmente sul glucosio, substrato sul quale è avvenuta l’acclimatazione, e successivamente sul composto fenolico. In presenza di CAT la curva di crescita presenta una fase di latenza intermedia (crescita diauxica), successiva al consumo del GLUC, necessaria ai microrganismi per sintetizzare gli enzimi necessari per la degradazione del composto fenolico. Anche in presenza di PHB si è osservato lo stesso comportamento. In generale, sulla base delle indicazioni ricavate anche dall’osservazione delle curve di consumo dei substrati, si può affermare che il consumo dei due substrati è sempre sequenziale: il primo composto ad essere degradato è stato sempre il glucosio; terminato il consumo del composto di facile degradazione, al quale peraltro i microrganismi erano stati acclimatati, segue il consumo del composto fenolico, in alcuni casi dopo una breve fase di stasi nella crescita. Sapere che in certe condizioni la crescita può essere diauxica (fase di crescita su un substrato, fase di stasi intermedia e successiva fase crescita su un altro substrato) è molto importante: il raggiungimento di una fase di stazionarietà nella crescita non significa infatti che tutte le sostanze organiche presenti siano state degradate. Specie quelle con più elevata tossicità potrebbero infatti richiedere una fase di adattamento prolungata di cui occorre tenere conto in fase di progettazione del reattore biologico. Per le prove eseguite, la presenza del composto fenolico ha solo in alcuni casi influito sulla fase di latenza iniziale ritardando sia lo sviluppo microbico che il consumo del glucosio. Anche in questo caso questo aspetto è stato maggiormente evidenziato nelle prove in presenza di catecolo e acido vanillico, mentre acido protocatecuico e acido p-idrossibenzoico, alle concentrazioni sperimentate, non hanno influito sulla crescita né ampliando la durata della fase di latenza, né determinando una diminuzione della velocità di crescita. In particolare si è studiato il comportamento cinetico per miscele costituite da PCC e GLUC al variare della concentrazione dell’acido protocatecuico. L’andamento della velocità di crescita in funzione della concentrazione di PCC è stata interpretata tramite l’equazione di Monod. Per quanto riguarda le prove eseguite su miscele costituite da più composti fenolici, si è potuto osservare che in alcuni casi la contemporanea presenza di composti fenolici di natura differente determina un effetto sinergico per quanto riguarda il loro consumo. Nelle prove effettuate in presenza di PCC e CAT, seppure la presenza del CAT ritardi leggermente la crescita, si è avuto un 90 consumo sequenziale dei due substrati: la crescita inizia dapprima su PCC e successivamente su CAT, senza alcuna fase di stasi intermedia. Per la prova in cui oltre al PCC era presente il VAN, il consumo è stato contemporaneo: rispetto alla prova in cui il VAN era presente da solo, la presenza del PCC ha portato ad un accorciamento della durata della fase di latenza e ad un più rapido consumo dell’acido vanillico rispetto al caso in cui era presente da solo. La presenza di un altro substrato permette sia lo sviluppo di una maggiore quantità di biomassa, sia la più rapida adattabilità dei microrganismi al consumo di un substrato più recalcitrante. Anche nel caso in cui erano presenti sia catecolo e acido vanillico il consumo dei due substrati è stato contemporaneo e totale. In tutte le prove eseguite si è avuta la completa rimozione dei composti fenolici e una riduzione del carico organico prossima al 90%. 91 Capitolo 7 Influenza del substrato utilizzato per l’acclimatazione dei microrganismi aerobici 7.1 Introduzione L’acclimatazione può definirsi, in senso stretto, come la capacità di un organismo vivente ad adattarsi in modo durevole a condizioni differenti da quelle che sono per esso abituali. In altri termini, può anche essere definita come la capacità di un organismo vivente di sviluppare nuove caratteristiche per rispondere al cambiamento durevole di uno o più fattori che ne caratterizzano l’ambiente di vita abituale. Perché l’acclimatazione abbia luogo è fondamentale che il cambiamento delle condizioni sia effettivamente duraturo, altrimenti si è in presenza di semplici risposte adattative che un organismo mette in atto per opporsi ad una modificazione temporanea dei fattori ambientali, al fine di neutralizzarne gli effetti. La risposta al cambiamento si può manifestare a livello morfologico, biochimico, funzionale e anche metabolico quando, per esempio, viene fornito un substrato di crescita diverso dal solito. Inoltre, quando si è in presenza di comunità di organismi, il cambiamento può portare allo sviluppo di specie diverse rispetto a quelle che si avevano prima (Ravizzotti M.). Questo può accadere spesso quando si ha a che fare con comunità microbiche, come ad esempio quelle utilizzate in questo lavoro di tesi. Nelle prove fino ad ora descritte sono stati utilizzati microrganismi acclimatati a glucosio come unica fonte di alimento e di energia. La sua elevata degradabilità permette infatti un notevole sviluppo microbico e una rapida adattabilità: queste caratteristiche rendono il glucosio adatto come substrato ideale per l’acclimatazione di microrganismi destinati alla degradazione di reflui che non contengono composti recalcitranti. Le prove che invece sono descritte in questo capitolo evidenzieranno l’importanza della fase di acclimatazione quale procedura necessaria per preparare una coltura batterica alla degradazione di un refluo contenente sostanze organiche di natura differenti: preliminarmente si è verificato infatti quali sono gli effetti sulla crescita microbica utilizzando microrganismi non precedentemente acclimatati. Successivamente è stata effettuata un’acclimatazione dei microrganismi a catecolo, substrato fenolico scelto, tra gli altri, perché compare frequentemente tra gli intermedi di crescita che si formano dalla degradazione di composti fenolici più complessi. Si è voluto 92 studiare, in altri termini, se vi fossero dei vantaggi nella degradazione di composti fenolici di vario tipo, utilizzando microrganismi precedentemente acclimatati ad un substrato avente struttura chimica simile. 7.2 Prove di crescita con microrganismi non acclimatati Gli esperimenti di crescita con colture batteriche non acclimatate sono stati condotti utilizzando i microrganismi semplicemente reidratati e separati per centrifugazione dal materiale utilizzato come supporto nella liofilizzazione. Rispetto alla normale procedura descritta nel par. 3.7 e utilizzata per le prove dei precedenti capitoli, i batteri non sono stati sottoposti ai consueti tre cicli di acclimatazione su glucosio, ma direttamente inoculati nei reattori contenenti le soluzioni con i composti sui quali si voleva monitorare la crescita microbica. Un primo esperimento di crescita (Lallai et al., 2005) è stato condotto in beute, ognuna contenente un unico substrato di crescita. Sono state utilizzate le seguenti concentrazioni iniziali: GLUC 500 mg/l; CAT 400 mg/l; PCC 350 mg/l; PHB 400 mg/l; VAN 380 mg/l. La fig. 7.1 mostra un confronto tra i risultati ottenuti nelle prove eseguite. 0,4 densità ottica GLUC 500 0,35 PCC 350 0,3 CAT 350 PHB 400 0,25 VAN 400 0,2 0,15 CAT 0,1 0,05 0 5 10 15 20 25 tempo (ore) Fig. 7.1 – Crescita su differenti composti con microrganismi non acclimatati Preliminarmente si può osservare che manca la rilevazione dei dati relativa alle prime dieci ore di prova. Si era infatti ottenuto da una prova precedente che in tale lasso di tempo non si ha alcuna crescita microbica. Questa necessita, indipendentemente dal tipo di composto, di circa 15 ore di fase di latenza per poi svilupparsi in modo differente a seconda del substrato presente. Di seguito vengono presentati i grafici contenenti un confronto tra la crescita microbica sui vari composti utilizzando i microrganismi acclimatati e non acclimatati. 93 Nella fig. 7.2 è mostrato un confronto tra la crescita avvenuta su 500 mg/l di GLUC con microrganismi non acclimatati e con microrganismi acclimatati a glucosio. 0,4 non acclim. accl. GLUC 0,35 densità ottica 0,3 0,25 0,2 0,15 0,1 0,05 0 0 5 10 15 20 25 tempo (ore) Fig. 7.2 – Confronto tra crescita su 500 mg/l di GLUC con microrganismi non acclimatati e microrganismi acclimatati a GLUC La crescita con microrganismi non acclimatati richiede una fase di latenza di circa 15 ore, necessaria ai microrganismi sia per una sorta di risveglio, sia per adattarsi al substrato di crescita. I microrganismi che invece erano stati precedentemente acclimatati allo stesso glucosio crescono senza alcuna fase di stasi. Si è ottenuta una velocità di crescita maggiore utilizzando i microrganismi acclimatati a glucosio (0,447 h-1 contro 0,310 h-1), nonostante con i microrganismi non acclimatati si sia raggiunta una densità ottica maggiore al termine della prova. Nella fig. 7.3 il confronto è fatto per la crescita avvenuta in un caso su PCC (alla concentrazione iniziale di 350 mg/l) e nell’altro su CAT (350 mg/l), con microrganismi non acclimatati e microrganismi acclimatati a glucosio. Anche in questo caso si può osservare che i microrganismi non acclimatati hanno bisogno di un lungo tempo di latenza prima che manifestino la loro fase di crescita. In particolare sono risultate 15 ore di fase di latenza per la crescita su PCC, mentre ne occorrono 22 per la crescita su catecolo. Invece con i microrganismi precedentemente acclimatati a glucosio, come già si era osservato, la fase di latenza varia dalle due alle tre ore per entrambi i composti fenolici considerati. Per ciò che riguarda invece le velocità di crescita, si sono ottenute anche in questo caso velocità maggiori utilizzando i microrganismi acclimatati che non con quelli che non avevano subito alcuna acclimatazione. Se si effettua, infine, un confronto tra le crescite avvenute sia su PHB che su VAN, si trovano risultati simili a quelli ottenuti dalle prove condotte sugli altri composti. I microrganismi non acclimatati manifestano ancora una volta una fase 94 di latenza di oltre 18 ore. Successivamente la crescita procede con bassa velocità su VAN mentre è più elevata su PHB; inoltre in entrambi i casi la crescita era ancora in corso quando è terminato il tempo di osservazione della prova previsto (oltre 22 ore dall’inoculo nei reattori anaerobici). Per ciò che riguarda le velocità di crescita, per il PHB si è ottenuta una velocità più alta con i microrganismi acclimatati a glucosio, mentre sono risultate simili le velocità ottenute su VAN nei due casi. accl. GLUC 0,35 densità ottica 0,3 non acclim. CAT 350 mg/l PCC 350 mg/l 0,25 PCC 350 mg/l 0,2 0,15 CAT 350 mg/l 0,1 0,05 0 0 5 10 15 20 25 tempo (ore) Fig. 7.3 – Confronto tra crescita su 350 mg/l di PCC e su 350 mg/l di CAT con microrganismi non acclimatati e microrganismi acclimatati a GLUC accl. GLUC 0,4 non acclim. densità ottica 0,35 0,3 PHB 400 mg/l 0,25 PHB 400 mg/l 0,2 VAN 400 mg/l 0,15 0,1 VAN 400 mg/l 0,05 0 5 10 15 20 25 tempo (ore) Fig. 7.4 – Confronto tra crescita su 400 mg/l di PHB e su 400 mg/l di VAN con microrganismi non acclimatati e microrganismi acclimatati a GLUC 95 La fig. 7.5 mostra un altro confronto tra curve di crescita per due prove condotte sulla miscela costituita da glucosio (800 mg/l) e catecolo (400 mg/l) con i microrganismi non acclimatati e con i microrganismi acclimatati a glucosio. 0,7 accl. GLUC non acclim. 0,6 densità ottica 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0,0 0 5 10 15 20 25 tempo (ore) Fig. 7.5 – Confronto tra crescita sulla miscela costituita da 800 mg/l di GLUC e 400 mg/l di CAT con microrganismi non acclimatati e microrganismi acclimatati a GLUC Dall’osservazione delle curve di crescita si può notare come anche in questo caso i microrganismi non acclimatati richiedono oltre 15 ore di fase di latenza prima di raggiungere la fase di crescita esponenziale. Questa poi procede evidenziando un unico ramo di crescita continuo. Invece la curva di crescita dei microrganismi acclimatati a glucosio presenta su questa miscela, come già evidenziato in precedenza, due distinti rami di crescita tipici di una crescita diauxica; la crescita inoltre non necessita di alcuna fase di latenza. Le curve di consumo dei due substrati, evidenziate nella fig. 7.6, chiariscono meglio le modalità di crescita e di degradazione dei composti organici. Osservando infatti le due curve di consumo dei substrati riferite alla prova condotta con microrganismi senza acclimatazione (SA), si può rilevare che il glucosio è stato degradato solo dopo circa 15 ore dall’inizio della prova, in accordo con la curva di crescita che necessità dello stesso lasso di tempo per iniziare la fase di crescita esponenziale. Il catecolo invece non viene praticamente degradato nel tempo di osservazione della prova: dopo quasi 25 ore il composto fenolico è ancora presente nella soluzione: il ramo di crescita ottenuto si riferisce perciò al consumo del solo glucosio. Osservando le curve di consumo dei substrati per la prova con i microrganismi acclimatati a glucosio (AG), si ritrova un risultato già ottenuto precedentemente: il consumo dei due composti è stato sequenziale: il glucosio viene degradato per primo e solo quando la sua concentrazione in soluzione è nulla inizia il consumo del catecolo. Dopo otto ore dall’inizio dalla prova entrambi i composti sono stati degradati totalmente. 96 1,2 CAT (SA) 1,0 0,8 C/C0 CAT (AG) 0,6 GLUC (SA) 0,4 GLUC (AG) 0,2 0,0 0 5 10 15 20 25 tempo (ore) Fig. 7.6 – Consumo dei substrati per le prove su 800 mg/l di GLUC e 400 mg/l di CAT, con microrganismi non acclimatati (SA) e microrganismi acclimatati a GLUC (AG) Le prove di crescita condotte con microrganismi non acclimatati hanno confermato l’importanza della fase di acclimatazione per qualunque processo biologico che intende utilizzare ceppi batterici puri o colture batteriche miste. Infatti, conoscere i tempi necessari ad una data coltura batterica per sviluppare la propria crescita è fondamentale nella definizione sia delle condizioni operative, sia per il dimensionamento di un qualunque reattore biologico. Si possono presentare, inoltre, situazioni in cui il reattore biologico di un impianto a fanghi attivi sia sottoposto ad una notevole variazione di carico organico sia in termini quantitativi che qualitativi. Quando si ritiene che l’aumento del rapporto di riciclo del fango dal sedimentatore secondario non sia sufficiente a contrastare la variazione citata, di norma si interviene dall’esterno aggiungendo al reattore biologico preparati commerciali di microrganismi (sotto forma liofilizzata o in sospensione acquosa). Il fatto che i microrganismi aggiunti siano stati preventivamente acclimatati alle sostanze presenti nello scarico che ha determinato il sovraccarico può ridurre di gran lunga i tempi di “riassorbimento” del disturbo apportato al reattore biologico e ripristinare più velocemente lo stato stazionario rispetto a quanto si verificherebbe con microrganismi non acclimatati. Pertanto, negli impianti di trattamento a fanghi attivi in cui si prevedono sovraccarichi del tipo di quelli citati, potrebbe essere indicato tenere in fase di acclimatazione dei microrganismi, in un reattore di piccole dimensioni, che possano essere aggiunti al reattore biologico dell’impianto di trattamento in modo tale da facilitarne la risposta ad eventuali sovraccarichi. 97 7.3 Crescita microbica con microrganismi acclimatati a catecolo 7.3.1 Generalità La scelta di considerare il catecolo come substrato sul quale condurre l’acclimatazione, è nata sulla base di una serie di studi effettuati sui meccanismi di degradazione, oggi comunemente accettati, di diversi composti aromatici, tra cui il fenolo. In diversi casi, infatti, il catecolo appare come un composto chiave dei processi metabolici comparendo frequentemente negli schemi di degradazione di numerosi composti aromatici. Inoltre, nel cap. 4, si è trovato che il catecolo è un composto che esercita una certa inibizione sui microrganismi responsabili della degradazione. Adattare i batteri ad un composto tossico potrebbe portare dei vantaggi nella successiva degradazione sia dello stesso composto che di altre sostanze dalla struttura chimica simile. Il catecolo appare, per esempio, come intermedio nel processo di degradazione del fenolo (Fritsche W. Et al., fig. 7.7). Fig. 7.7 – Schema di degradazione del fenolo 98 La figura mostra come possano essere due le direzioni alternative del meccanismo di degradazione di questo composto, ovvero la rottura dell’anello benzenico nella posizione orto o nella posizione meta. All’origine di tale ramificazione sembra possa esserci proprio il catecolo. Un altro esempio lo si ha nello schema di degradazione del benzene: il processo di degradazione batterica di questo composto può normalmente avvenire con due modalità. Nella prima interviene l’enzima monossigenasi che catalizza l’inserimento di un atomo di ossigeno nell’anello benzenico. Il restante atomo di ossigeno è poi impiegato per formare una molecola d’acqua (fig. 7.8). Fig. 7.8 – Schema di degradazione del benzene: reazione di monossigenasi Il secondo schema prevede invece l’intervento dell’enzima diossigenasi che catalizza l’inserimento nell’anello aromatico di entrambi gli atomi della molecola d’ossigeno (fig. 7.9). In entrambi i casi, indipendentemente dal fatto che il processo di degradazione possa poi proseguire, la formazione del catecolo come intermedio appare come un passaggio obbligato nel processo di ossidazione enzimatica. Fig. 7.9 – Schema di degradazione del benzene: reazione di diossigenasi Sempre il catecolo appare come intermedio di degradazione aerobica per una vasta gamma di altri composti (fig. 7.10) 99 Fig. 7.10 – Catecolo intermedio di formazione di composti aromatici Il catecolo appare perciò frequentemente negli schemi di reazione di diversi prodotti aromatici e tra questi ultimi di vari composti fenolici. Questo fatto suggerisce che il catecolo rappresenti un composto stabile e che la sua ulteriore degradazione, verso sostanze dalla struttura chimica più semplice, richieda meccanismi più complessi di quelli che hanno portato alla sua stessa formazione. Acclimatare le colture microbiche a catecolo, cioè indurre i batteri a crescere su solo catecolo potrebbe consentire perciò a questi ultimi di attrezzarsi geneticamente per degradare, oltre al catecolo stesso, anche una grande varietà di composti nel cui schema di degradazione il catecolo, o sostanze ad esso simili, compaiono come intermedi. Oltre a questo aspetto, nelle prove successivamente presentate, è stata verificata la capacità per i batteri acclimatati a tale composto fenolico di consumare anche la frazione organica di facile degradazione, rappresentata, in questo lavoro, dal glucosio. 7.3.2 Procedura di acclimatazione a catecolo Sono stati così realizzati diversi cicli di acclimatazione aventi ciascuno durata e concentrazione iniziale di catecolo differenti. La quantità di catecolo è stata infatti aumentata gradualmente nei primi tre cicli e successivamente mantenuta costante alla concentrazione di 600 mg/l. La tab. 7.1 mostra nel dettaglio le concentrazioni utilizzate e la durata delle fasi per i cinque cicli di acclimatazione effettuati. 100 Tab. 7.1 – Cicli di acclimatazione su catecolo Ciclo Durata (h) Concentrazione (mg/l) 1° 23 200 2° 6 350 3° 15 600 4° 7 600 5° 12 600 Dopo ciascun ciclo di acclimatazione, la biomassa prodotta è stata centrifugata e inoculata nuovamente in medium fresco nel quale era stata sciolta la quantità di catecolo prevista. Al procedere delle fasi di acclimatazione, la massa di microrganismi prodotta è cresciuta e al termine del sesto ciclo di acclimatazione è stata prodotta un’adeguata quantità di microrganismi da utilizzare per le prove di crescita programmate. La fig. 7.11 mostra alcune curve di crescita monitorate durante le fasi di acclimatazione che mostrano come, ciclo dopo ciclo, aumenti la quantità di biomassa prodotta e si accorcia la fase di latenza iniziale. Si può osservare infatti che nel primo ciclo di acclimatazione condotto la crescita è stata molto limitata e preceduta da una prolungata fase di latenza; ma già dal secondo ciclo la crescita procede rapidamente dopo una brevissima fase di latenza iniziale che poi scompare completamente a partire dal quarto ciclo di acclimatazione. 0,45 primo ciclo 0,4 secondo ciclo densità ottica 0,35 quarto ciclo 0,3 0,25 0,2 0,15 0,1 0,05 0 0 5 10 15 20 25 tempo (ore) Fig. 7.11 – Crescita su catecolo monitorata durante i cicli di acclimatazione 101 7.3.3 Prove di crescita con microrganismi acclimatati a catecolo Vengono dapprima presentate due prove, una effettuata su solo catecolo e l’altra sulla miscela costituita da glucosio e catecolo. La fig. 7.12 mostra la curva di crescita per la prova condotta su catecolo alla concentrazione iniziale di 350 mg/l. La curva relativa alla densità ottica evidenzia come i microrganismi inizino a svilupparsi subito dopo l’inoculazione nel fermentatore, senza alcuna fase di latenza; la fase esponenziale si conclude dopo circa quattro ore e successivamente segue una fase stazionaria. 0,3 densità ottica 0,25 0,2 0,15 0,1 0,05 0 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 7.12 – Crescita microbica su 350 mg/l di CAT Dal diagramma semilogaritmico della densità ottica si è ricavata una velocità di crescita pari a 0,441 h-1, come si può osservare nella fig. 7.13 . 0 -0,5 ln (o.d.) -1 -1,5 -2 y = 0,4412x - 3,0599 R2 = 0,9931 -2,5 -3 -3,5 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 7.13 – Velocità di crescita su 350 mg/l di CAT 102 Passando all’analisi delle curve di consumo del substrato (fig. 7.14) ottenute sulla base della analisi condotte all’HPLC, al TOC e all’UV (concentrazioni normalizzate), emerge come il catecolo venga consumato completamente nelle prime quattro ore, in corrispondenza della fase di crescita esponenziale. Le curve del TOC e dell’UV mostrano inoltre che si è avuto un accumulo di prodotti di degradazione ancora presenti in soluzione anche al termine della prova: dopo circa otto ore il TOC si è ridotto del 75% rispetto al valore iniziale, mentre la curva dell’UV indica che la riduzione della concentrazione dei composti aromatici è stata pari all’85%. 1,2 0,3 o.d. 0,25 TOC 0,8 0,2 C/C0 UV HPLC 0,6 0,15 0,4 0,1 0,2 0,05 0 densità ottica 1 0 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 7.14 – Crescita e consumo del substrato su 350 mg/l di CAT Un’altra prova (fig. 7.15) è stata invece condotta sulla miscela costituita da CAT (350 mg/l) e GLUC (1000 mg/l). 0,6 densità ottica 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 0 2 4 6 8 10 12 tempo (ore) Fig. 7.15 – Crescita microbica su 350 mg/l di CAT e 1000 mg/l di GLUC 103 La crescita microbica non richiede alcuna fase di latenza e si sviluppa mostrando due differenti rami di crescita: il primo si conclude dopo circa tre ore dall’inizio della prova; successivamente si ha una breve fase di latenza di circa un’ora, seguita da una ripresa della crescita. La fig. 7.16 mostra il calcolo delle velocità di crescita per i due tratti individuati, su diagramma semilogaritmico. 0 -0,5 ln (o.d.) -1 y = 0,1347x - 1,781 R2 = 0,9921 -1,5 -2 y = 0,5502x - 3,004 R2 = 0,9925 -2,5 -3 0 2 4 6 8 10 12 tempo (ore) Fig. 7.16 – Velocità di crescita su 350 mg/l di CAT e 1000 mg/l di GLUC La fig. 7.17 riporta le curve di consumo (normalizzate) dei substrati, ottenute dalle analisi fatte sui campioni prelevati durante la prova. Sia il catecolo che il glucosio vengono consumati contemporaneamente nelle prime quattro ore di prova: la prima fase della crescita avviene perciò su entrambi i substrati e al raggiungimento della fase stazionaria entrambi i composti erano stati completamente degradati. La curva del TOC mostra invece che dopo quattro ore il carico organico si è ridotto del 60% rispetto al valore iniziale. La crescita successiva avviene perciò sui prodotti di degradazione del catecolo: la curva del TOC conferma, alla fine della prova, l’avvenuto consumo di una parte della residua frazione organica, fino ad un valore finale che è pari al 25% del valore iniziale. 104 TOC 0,6 UV GLUC 0,8 0,5 HPLC 0,4 C/C0 0,6 0,3 0,4 0,2 0,2 densità ottica 1 0,1 0 0 0 2 4 6 8 10 12 tempo (ore) Fig. 7.17 – Crescita e consumo dei substrati su 350 mg/l di CAT e 1000 mg/l di GLUC densità ottica La fig. 7.18 mostra il confronto tra le curve di crescita relative alle due prove effettuate con i microrganismi acclimatati a catecolo. Si può osservare come la presenza del glucosio, rispetto al caso in cui c’era solo catecolo, porta ad un incremento della velocità di crescita che sulla miscela è risultata pari a 0,550 h-1, mentre sul solo catecolo è di 0,441 h-1. Inoltre, come si è potuto osservare in precedenza, nel caso della miscela i microrganismi consumano contemporaneamente i due substrati di crescita presenti. 0,6 CAT 350 + GLUC 1000 0,5 CAT 350 0,4 0,3 0,2 0,1 0 0 2 4 6 8 10 12 tempo (ore) Fig. 7.18 – Confronto tra curve di crescita per le prove con batteri acclimatati a CAT La presenza del glucosio favorisce inoltre anche il consumo del catecolo (fig. 7.19). La degradazione del composto fenolico è infatti leggermente più rapida per la prova condotta in presenza di glucosio piuttosto che in quella in cui il 105 composto fenolico era presente da solo. D’altronde la presenza del glucosio facilita lo sviluppo di massa cellulare che contribuisce a degradare più rapidamente il catecolo. 1 CAT 350 CAT 350 + GLUC 1000 0,8 C/C0 0,6 0,4 0,2 0 0 2 4 6 8 10 12 tempo (ore) Fig. 7.19 – Consumo del catecolo tramite le analisi dell’HPLC per le prove con batteri acclimatati a CAT 7.3.4 Confronto dei risultati ottenuti con batteri acclimatati differentemente L’analisi dei dati relativi alle due prove effettuate con microrganismi acclimatati a catecolo (sulla miscela catecolo-gluocosio e sul solo catecolo) ha permesso di definire le modalità di crescita e di consumo dei substrati presenti. In questo paragrafo i risultati ottenuti verranno confrontati con quelli effettuati, e già presentati nel cap.6, per prove analoghe condotte con microrganismi acclimatati a glucosio. L’obiettivo è quello di evidenziare i vantaggi nell’utilizzo di un tipo di acclimatazione piuttosto che dell’altra. La fig. 7.20 mostra il confronto tra le curve di crescita relative alle prove condotte su 350 mg/l di CAT utilizzando i microrganismi diversamente acclimatati. Mentre con i microrganismi adattati al glucosio si è rilevata una fase di latenza di quasi quattro ore, utilizzando microrganismi acclimatati a catecolo la fase di latenza è praticamente inesistente e si raggiunge subito la fase di crescita esponenziale. Nella prova con microrganismi acclimatati a catecolo si è registrata anche una velocità di crescita più elevata: 0,440 h-1 contro 0,387 h-1 della prova con i microrganismi acclimatati a glucosio. Il confronto dei due grafici mostra inoltre come sia stata leggermente maggiore la produzione di biomassa nella prova effettuata con microrganismi acclimatati a glucosio: questo tenendo anche conto del fatto che per la prova con microrganismi acclimatati a catecolo si sia partiti con un valore di densità ottica inferiore, e dunque con una minore quantità di biomassa. 106 0,4 0,35 densità ottica 0,3 0,25 0,2 0,15 ACCL. GLUC 0,1 ACCL. CAT 0,05 0 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 7.20 – Confronto tra curve di crescita su 350 mg/l di CAT con microrganismi acclimatati a substrati differenti La fig. 7.21 mostra invece il confronto tra le curve di consumo dei substrati ottenute dalle analisi effettuate all’HPLC e al TOC sempre per la prova condotta su 350 mg/l di catecolo. Per la prova con i microrganismi adattati al catecolo (AC) la degradazione del catecolo è immediata e già dopo quattro ore dall’inizio della prova il composto fenolico presente è stato completamente consumato. Viceversa, con i microrganismi acclimatati a glucosio (AG), la degradazione è molto più lenta e il catecolo è consumato tra la quinta e l’ottava ora di prova: questo ritardo è dovuto al tempo necessario ai microrganismi per sintetizzare gli enzimi necessari alla degradazione del composto fenolico. Osservando invece le curve di consumo del TOC, si rileva che si è avuto un abbattimento quasi completo del carbonio organico (maggiore del 90%) per la prova con batteri acclimatati a glucosio, mentre la degradazione si è attestata al 75% per la prova con batteri acclimatati a catecolo. Appare evidente, perciò, che nel caso di acclimatazione a catecolo si è conseguita la rapida degradazione del composto fenolico sul quale i microrganismi erano stati acclimatati e una rimozione solo parziale del carico organico totale. Viceversa, utilizzando ceppi batterici acclimatati a glucosio, il catecolo è stato degradato più lentamente, ma si è avuta la rimozione quasi completa anche dei suoi prodotti di degradazione formatisi successivamente. 107 1,2 TOC (AG) HPLC (AG) 1 TOC (AC) HPLC (AC) C/C0 0,8 0,6 0,4 0,2 0 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 7.21 – Confronto tra curve di consumo del substrato (TOC e HPLC) per la prova su 350 mg/l di CAT con microrganismi acclimatati a glucosio (AG) e a catecolo (AC) Passando al confronto tra i risultati ottenuti dalle prove condotte sulla miscela costituita da catecolo e glucosio, la fig. 7.22 mostra le curve di crescita ottenute nei due casi. Per le prime tre ore di prova le due curve di crescita sono pressoché coincidenti, ma successivamente si differenziano. La crescita con i microrganismi acclimatati a glucosio prosegue anche dopo le prime tre ore, mentre nel caso dei batteri acclimatati a catecolo si osserva una breve fase di latenza prima della ripresa della crescita. Entrambe le curve presentano due differenti rami di crescita, ma nel caso della prova con microrganismi acclimatati a glucosio si raggiunge una densità ottica maggiore. Il consumo dei due substrati (fig. 7.23) è più rapido quando vengono utilizzati microrganismi acclimatati a catecolo: il consumo sia del glucosio che del catecolo è infatti contemporaneo e viene completato entro le prime quattro ore di prova. La successiva fase di crescita avviene sui prodotti di degradazione del catecolo, come confermato dai dati del TOC. Invece per quanto riguarda la prova con microrganismi acclimatati a glucosio, il consumo dei due substrati è sequenziale: il consumo del glucosio è completo dopo circa cinque ore, ma ne occorrono otto perché anche il catecolo venga degradato. 108 0,8 0,7 densità ottica 0,6 0,5 0,4 0,3 ACCL. GLUC 0,2 ACCL. CAT 0,1 0 0 2 4 6 8 10 12 tempo (ore) Fig. 7.22 – Confronto tra curve di crescita su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT con microrganismi acclimatati differentemente 1 HPLC (AG) GLUC (AG) 0,8 HPLC (AC) GLUC (AC) C/C0 0,6 0,4 0,2 0 0 2 4 6 8 10 12 tempo (ore) Fig. 7.23 – Confronto tra curve di consumo dei substrati per la prova su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT e con microrganismi acclimatati a glucosio (AG) e a catecolo (AC) La fig. 7.24 mostra, infine, il confronto tra le curve ottenute dalle analisi del TOC per le due differenti acclimatazioni. Si può notare che, sebbene il consumo del carico organico sia più rapido quando si sono utilizzati microrganismi acclimatati a catecolo, si è ottenuta una rimozione maggiore (prossima al 90%) nella prova condotta con batteri acclimatati a glucosio. 109 1,2 ACCL. GLUC ACCL. CAT 1 C/C0 0,8 0,6 0,4 0,2 0 0 2 4 6 8 10 12 tempo (ore) Fig. 7.24 – Confronto tra curve di consumo del TOC per la prova su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT e con microrganismi acclimatati a differenti fonti di carbonio Dal confronto delle prove condotte con diversa acclimatazione dei microrganismi si può concludere che: - l’acclimatazione a catecolo facilita il successivo consumo dello stesso composto fenolico, sia quando è presente in soluzione da solo, sia quando si trova in miscela col glucosio; - nel caso dell’acclimatazione a catecolo il consumo dei due substrati è contemporaneo, nel caso dell’acclimatazione a glucosio risulta invece sequenziale (prima il glucosio, poi il catecolo); - dalle prove eseguite sulle stesse concentrazioni delle sostanze organiche è stato però riscontrato che si forma una maggiore quantità di biomassa utilizzando microrganismi acclimatati a glucosio piuttosto che quelli acclimatati a catecolo: questo sembra favorire un maggior grado rimozione di TOC rispetto alle prove analoghe in cui si sono utilizzati microrganismi acclimatati a catecolo (Lallai et al., 2006). Invece alcune prove condotte in presenza di composti fenolici diversi con microrganismi acclimatati allo stesso composto fenolico, hanno mostrato risultati poco incoraggianti circa la convenienza di degradare tali composti con microrganismi precedentemente adattati al catecolo. Infatti, per alcune prove in cui era presente in soluzione l’acido protocatecuico, è stato ottenuto che la crescita non varia sensibilmente utilizzando microrganismi acclimatati a glucosio o microrganismi acclimatati a catecolo. Il consumo del PCC è stato poi leggermente più rapido (di circa un’ora) quando si sono utilizzati microrganismi acclimatati a catecolo. In un altro studio effettuato su un composto fenolico, l’acido caffeico (Saiu, G., 2006) non compreso tra quelli studiati in questo lavoro ma tipico costituente dei reflui delle industrie agro-alimentari, l’acclimatazione a catecolo non ha dato i risultati sperati: quando l’acido caffeico era presente in soluzione insieme al 110 glucosio, è stato consumato prima utilizzando microrganismi acclimatati a glucosio che microrganismi acclimatati a catecolo. In definitiva, per le prove eseguite con microrganismi acclimatati a catecolo, si sono ottenuti solo in parte i risultati sperati. L’acclimatazione a catecolo favorisce, come era facile prevedere, il consumo del catecolo stesso sia quando è presente da solo in soluzione, sia quando è presente anche glucosio. Quest’ultimo viene degradato anche dai microrganismi precedentemente acclimatati a catecolo, anche se più lentamente. Le prove effettuate con microrganismi acclimatati a catecolo hanno però mostrato un minore abbattimento del TOC rispetto alle prove analoghe con microrganismi acclimatati a glucosio. Le prove in presenza di altri substrati fenolici non hanno mostrato un’evidente convenienza nell’utilizzo di microrganismi acclimatati a catecolo: la degradazione dei substrati fenolici infatti non è particolarmente diversa nei due casi considerati. 111 Capitolo 8 Crescita aerobica su elevate concentrazioni dei substrati organici 8.1 Introduzione Le prove fin qui descritte hanno riguardato lo studio del comportamento della coltura aerobica esposta in soluzione a composti fenolici da soli, in miscela tra loro o in miscela col glucosio. L’obiettivo di queste prove era quello di determinare il comportamento cinetico sui vari composti, nonché quello di descrivere l’influenza della loro presenza contemporanea sulla crescita microbica. Questi test di crescita microbica sono stati condotti su concentrazioni relativamente basse dei substrati (per i composti fenolici in un range di concentrazioni compreso tra 50 e 700 mg/l, per il glucosio tra 400 e 1000 mg/l): in realtà diversi tipi di reflui provenienti dai trattamenti agro-alimentari (es. acque di lavaggio degli impianti) possono avere concentrazioni dei composti organici di quest’ordine di grandezza. Altri reflui provenienti dalle industrie agro-alimentari contengono però percentuali sia dei composti fenolici che della frazione zuccherina sensibilmente maggiori di quelli utilizzati per le prove fin qui condotte: l’acqua di vegetazione dei frantoi oleari può avere un contenuto in fenoli che può andare dai 2-3 g/l a valori ben superiori, anche per quanto riguarda la frazione zuccherina si possono avere concentrazioni più elevate di quelle sopra riportate. Come già accennato nel cap. 1, è difficile considerare una composizione standard di un’acqua di vegetazione, in quanto le caratteristiche fisiche e chimiche di tali reflui dipendono da un gran numero di fattori, tra i quali la provenienza, i trattamenti subiti e il grado di diluizione. Facendo riferimento alla composizione riportata in uno studio approfondito sulle caratteristiche delle acque di vegetazione (Catalano, 1989), si è scelto di effettuare altre prove di crescita microbica con concentrazioni dei composti fenolici e di zuccheri liberi dell’ordine di grandezza di quelle proposte in tale studio e riportate in tab. 8.1. 112 Tab. 8.1 - Composizione tipica di un’acqua di vegetazione Tipologia Concentrazione (g/l) sostanze fenoliche 30-60 (di cui zuccheri liberi 10-20) 2-4 sostanze minerali 20-25 sostanze grasse 0,5-10 sostanze glucidiche Sono state perciò condotte tre prove di crescita su miscele costituite da glucosio e da un diverso composto fenolico per ciascuna prova. In particolare si sono presi in considerazione due sostanze fenoliche (PCC e PHB) la cui cinetica di crescita è stata descritta tramite l’equazione di Monod e un composto fenolico (VAN) che invece ha mostrato una cinetica di crescita con inibizione del substrato. Le prove sono state tutte condotte in fermentatore su un volume di lavoro pari a 3 l. 8.2 Crescita su acido protocatecuico e glucosio ad elevate concentrazioni Una prima prova di crescita è stata condotta sulla miscela costituita da acido protocatecuico e glucosio, alle concentrazioni, rispettivamente, di 3,34 g/l e di 16 g/l. Contemporaneamente è stata condotta una prova di crescita su solo glucosio, sempre al valore di concentrazione di 16 g/l, da usare come confronto. L’elevato carico organico previsto per questi esperimenti di crescita ha richiesto un adeguamento delle concentrazioni dei sali del medium in modo tale da mantenere le corrette proporzioni tra carbonio e gli altri nutrienti richiesti per la crescita microbica. Perciò i sali costituenti il medium proposto da Pawlowsky e Howell (par. 3.2), utilizzato per tutte le prove di crescita aerobiche fin qui descritte, sono stati dosati in concentrazioni tali da “sostenere” un così elevato tenore di carbonio. Ma ciò ha provocato, in fase di preparazione della prova, alla precipitazione dei sali (principalmente di ferro e di calcio) meno solubili. Si è così deciso di utilizzare tale medium solo nelle fasi di reidratazione e di acclimatazione microbica, mentre nelle prove ad elevato carico organico è stato individuato (in seguito ad approfondita ricerca bibliografica) e adottato il medium proposto da Sokol e Howell (1981), la cui composizione è riportata in tab. 8.2. Il pH è stato portato a valori prossimi alla neutralità grazie all’aggiunta di alcune gocce di soda. 113 Tab. 8.2 - Composizione del medium utilizzato per le prove ad alta concentrazione Sostanza Concentrazione (mg/l) NaCl 30 MgCl2 30 KH2PO4 200 (NH4)2SO4 500 CaCl2 20 FeCl3 7 EDTA sodico 14 La soluzione di medium nel quale sono stati disciolti il glucosio e il PCC ha mostrano, già prima dell’inoculazione con i microrganismi, una colorazione scura che è stata rilevata allo spettrofotometro. Dopo aver introdotto una quantità di microrganismi analoga a quella normalmente utilizzata nelle altre prove di crescita descritte, la densità ottica iniziale monitorata dallo strumento è stata pari a 0,52 (valore di partenza della prova). La fig. 8.1 riporta l’andamento della curva di crescita riferita alla prova condotta su PCC e glucosio. La crescita microbica si sviluppa dopo una breve fase di latenza seguita dalla fase di crescita esponenziale. E’ stato possibile monitorare la crescita in termini di densità ottica solo per le prime sei ore di prova: lo sviluppo di biomassa e la colorazione della soluzione hanno infatti manifestato una torbidità tale da raggiungere il fondo scala dello spettrofotometro col quale sono state eseguite le letture. 2,5 densità ottica 2 1,5 1 0,5 0 0 1 2 3 4 5 6 7 tempo (ore) Fig. 8.1 – Crescita microbica su 16 g/l di GLUC e 3,34 g/l di PCC 114 La prova è stata condotta per oltre 45 ore e sono stati effettuati prelievi della sospensione batterica allo scopo di eseguire analisi sui campioni per determinare la concentrazione dei composti organici presenti. La fig. 8.2 mostra le curve di consumo del glucosio e del PCC dalle quali si può osservare come il glucosio venga consumato sin dall’inizio della prova e dopo dieci ore sia stato completamente rimosso. Il consumo del PCC (in termini di HPLC) è invece inizialmente più lento, ma col procedere delle ore la sua concentrazione diminuisce. 16000 2,5 14000 HPLC 12000 2 TOC 10000 1,5 8000 1 6000 4000 densità ottica concentrazione (mg/l) GLUC o.d. 0,5 2000 0 0 0 10 20 30 40 50 tempo (ore) Fig. 8.2 – Crescita e consumo dei substrati per la prova su 16 g/l di GLUC e 3,34 g/l di PCC Il consumo dei due substrati appare perciò sequenziale, anche se esiste una fase in cui i due composti organici vengono degradati contemporaneamente: dopo dieci ore dall’inizio della prova, quando il glucosio è stato completamente consumato, era stato degradato il 60% del PCC inizialmente presente e dopo altre dieci ore circa il composto fenolico è stato completamente rimosso dalla sospensione. La non completa disponibilità della curva di crescita microbica non consente di dedurre se vi sia stata una fase di crescita ulteriore o una fase di latenza intermedia. La stessa fig. 8.2 mostra anche l’andamento del consumo del carbonio organico totale per tutta la prova: il TOC diminuisce rapidamente e dopo le prime venti ore di prova si riduce del 90% rispetto al valore iniziale. Successivamente si ha un’ulteriore degradazione, anche se non completa: alla fine del tempo di osservazione della prova la riduzione del TOC è stata del 95%. La fig. 8.3 mostra invece il confronto tra la curva di crescita ottenuta su glucosio e PCC e quella su solo glucosio (16 g/l). Va sottolineato che per quest’ultima la soluzione non ha evidenziato la colorazione scura manifestata da quella in cui era presente anche il PCC. Per questo motivo sono differenti i valori di densità ottica iniziali, nonostante i due reattori batch siano stati inoculati con la stessa quantità di microrganismi. L’osservazione delle due curve di crescita su 115 diagramma semilogaritmico (fig. 8.4) evidenzia come la crescita senza glucosio proceda senza fase di latenza, contrariamente a quanto rilevato per la prova sulla miscela. La velocità di crescita per la prova su solo glucosio è risultata maggiore di quella sulla miscela (0,491 h-1 contro 0,343 h-1) nonostante i microrganismi, nella prova con la miscela, disponessero di una maggiore quantità di carbonio. Si può inoltre osservare che per la prova di crescita su solo glucosio, dopo circa nove ore era stata raggiunta la fase stazionaria. 2,5 PCC+GLUC densità ottica 2 1,5 GLUC 1 0,5 0 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 8.3 – Confronto tra curve di crescita su 16 g/l di glucosio e sulla miscela costituita da 16 g/l di GLUC e 3,34 g/l di PCC Se infine si effettua il confronto tra le curve di consumo del glucosio per le due prove effettuate (fig. 8.5), si può osservare come la presenza del PCC rallenti leggermente la degradazione del glucosio rispetto alla prova in cui questo era presente da solo: in quest’ultima la sua degradazione è completata in circa otto ore, due in meno del tempo necessario per consumare la stessa quantità di substrato nella prova condotta sulla miscela. 116 1,0 GLUC + PCC y = 0,3428x - 1,3401 R2 = 0,9928 0,5 ln (o.d.) 0,0 -0,5 GLUC y = 0,4914x - 2,4985 R20,999 = -1,0 -1,5 -2,0 -2,5 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 8.4 – Confronto tra le velocità di crescita ottenute su solo glucosio (16 g/l) e sulla miscela costituita da 16 g/l di GLUC e 3,34 g/l di PCC 16000 2,5 2 GLUC 12000 1,5 8000 1 4000 densità ottica concentrazione (mg/l) GLUC + PCC 0,5 0 0 0 5 10 15 20 25 tempo (ore) Fig. 8.5 – Confronto tra curve di crescita e di consumo del glucosio per le prove su solo glucosio (16 g/l) e sulla miscela costituita da 16 g/l di GLUC e 3,34 g/l di PCC 8.3 Crescita su acido p-idrossibenzoico e glucosio ad elevate concentrazioni Un’altra prova ad elevate concentrazioni dei substrati è stata condotta sulla miscela costituita da glucosio e PHB, alle concentrazioni, rispettivamente, di 16 e 3 g/l. Per questa prova sono state seguite le stesse modalità di preparazione e di conduzione della prova precedente e sono stati quindi adoperati gli stessi 117 medium. In questo caso la soluzione sintetica ottenuta sciogliendo il PHB e il glucosio non ha portato a variazioni nella colorazione della soluzione. La fig. 8.6 mostra l’andamento della curva di crescita per tutto il tempo di osservazione della prova (circa 55 ore). La crescita microbica non evidenzia alcuna fase di latenza e manifesta una crescita esponenziale che dura alcune ore e che rallenta dopo circa cinque ore dall’inizio della prova. Da questo punto in poi la crescita procede molto più lentamente fino a raggiungere una fase stazionaria dopo circa dieci ore dall’inoculazione dei microrganismi nel reattore. Successivamente (oltre la 20ma ora) si ha una lenta fase di morte dei microrganismi. La stessa figura mostra anche le curve di consumo dei substrati ottenute dalle analisi effettuate sui campioni prelevati durante la prova. Contrariamente a quanto rilevato per la prova su PCC e glucosio, in questo caso il consumo dei due substrati appare contemporaneo. In particolare il primo composto ad essere più velocemente degradato è il glucosio. Poco dopo inizia il consumo anche del PHB e dopo circa 15 ore il composto fenolico è stato completamente rimosso dalla soluzione, mentre è ancora presente circa 1 g/l di glucosio che viene consumato nelle ore successive. 16000 o.d. 14000 GLUC 1 12000 0,8 10000 0,6 8000 6000 0,4 densità ottica concentrazione (mg/l) 1,2 HPLC 4000 0,2 2000 0 0 0 10 20 30 40 50 60 tempo (ore) Fig. 8.6 – Crescita microbica su 16 g/l di GLUC e 3 g/l di PHB I cromatogrammi ottenuti dalle analisi effettuate sui campioni all’HPLC hanno mostrato la progressiva formazione, lungo tutto l’arco della prova, di un composto la cui concentrazione aumenta contemporaneamente alla scomparsa del PHB. Tale composto è stato identificato come fenolo, e si ottiene dall’acido pidrossibenzoico per de-carbossilazione (fig. 8.7): già altri lavori presenti in letteratura (Valkova et al., 2001, Patel et al., 1969) hanno proposto questo schema di degradazione in condizioni aerobiche. In fig. 8.8 è mostrato l’andamento della sua concentrazione per la prova effettuata: si può osservare come questo raggiunga il suo valore massimo (circa 900 mg/l) proprio in corrispondenza della scomparsa del PHB. Nelle ore successive il fenolo viene poi consumato solo 118 parzialmente fino a raggiungere una concentrazione residua pari a circa 450 mg/l. Contemporaneamente al fenolo si sono formate altre sostanze, presumibilmente altrettanto tossiche, che hanno impedito l’ulteriore sviluppo microbico e si sono accumulate in soluzione restando non decomposte: la curva di consumo del TOC conferma questa situazione e mostra come si sia avuta una riduzione parziale del carico organico (pari a circa il 56%). In definitiva si può affermare che c’è stata la degradazione completa dei composti presenti all’inizio della prova (PHB e glucosio) e che si è verificato l’accumulo di sostanze tossiche rimaste in soluzione non degradate sino al termine del tempo di osservazione della prova di crescita. Fig. 8.7 – Formazione del fenolo per de-carbossilazione dell’acido p-idrossibenzoico 9000 FEN concentrazione (mg/l) 8000 PHB 7000 TOC 6000 5000 4000 3000 2000 1000 0 0 10 20 30 40 50 60 70 tempo (ore) Fig. 8.8 – Curve di consumo del PHB e di formazione/consumo del fenolo per la prova su 16 g/l di GLUC e 3 g/l di PHB 8.4 Crescita su acido vanillico e glucosio ad elevate concentrazioni Un’ulteriore prova di crescita ad elevata concentrazione è stata condotta sulla miscela costituita da glucosio (16 g/l) e acido vanillico (3,6 g/l). La fig. 8.9 119 mostra la curva di crescita e le curve di consumo dei substrati. Il tempo di osservazione della prova è stato di circa 30 ore. I dati disponibili mostrano la presenza di una fase di latenza (della durata di circa due ore) che ha preceduto la fase di crescita esponenziale. Questa procede nelle prime otto ore mostrando due rami di crescita differenti. Anche successivamente, pur mancando dei dati intermedi, sembra ci possa essere stata una crescita caratterizzata da due diverse fasi. Le curve di consumo dei substrati evidenziano che il loro consumo avviene contemporaneamente: il glucosio, anche in questo caso, viene consumato per primo e si suppone che il primo ramo di crescita avvenga proprio su tale composto: dopo circa dieci ore dall’inizio della prova la sua concentrazione tende a zero. In questo intervallo di tempo avviene anche la degradazione dell’acido vanillico; va però osservato che quando il glucosio è stato completamente consumato, è ancora presente una concentrazione del composto fenolico pari a circa 800 mg/l. Solo dopo circa venti ore dall’inizio della prova l’acido vanillico è stato completamente consumato. L’ulteriore crescita microbica potrebbe essere avvenuta su prodotti di degradazione accumulati in soluzione in seguito alla decomposizione del composto fenolico: la curva del TOC continua a diminuire anche quando glucosio e acido vanillico sono stati del tutto consumati e al termine del tempo di osservazione della prova il TOC si è ridotto del 70% rispetto al valore iniziale. 16000 GLUC 1 HPLC 12000 TOC 0,8 10000 8000 0,6 6000 0,4 densità ottica concentrazione (mg/l) 14000 1,2 o.d. 4000 0,2 2000 0 0 0 5 10 15 20 25 30 35 tempo (ore) Fig. 8.9 – Crescita microbica e consumo dei substrati per la prova su 16 g/l di GLUC e3,6 g/l di PHB 8.5 Discussione e conclusioni Sono state effettuate alcune prove di crescita con concentrazioni dei substrati prossime a quelle effettivamente presenti nelle AV. In particolare sono state condotte tre prove di crescita su miscele costituite da glucosio (alla 120 concentrazione (mg/l) concentrazione di 16 g/l) e da un composto fenolico (acido protocatecuico, acido p-idrossibenzoico o acido vanillico alla concentrazione di circa 3 g/l). In tutte le tre prove eseguite è stato conseguito il consumo completo sia del glucosio che del composto fenolico presenti al momento dell’inoculazione dei microrganismi. La crescita microbica si sviluppa inizialmente sul glucosio, stesso substrato su cui è avvenuta l’acclimatazione, ma successivamente la degradazione dei due composti presenti procede parallelamente. Per le prove condotte con PCC e VAN il glucosio è stato consumato prima del composto fenolico, mentre nel caso della prova con PHB è avvenuto il contrario. Si può supporre che dato l’elevato carico organico iniziale presente in soluzione si sia sviluppata una così elevata quantità di biomassa tale da garantire la degradazione sufficientemente rapida anche del composto fenolico. La presenza dei composti fenolici tende a rallentare la crescita microbica: nelle prove di crescita effettuate sulle miscele costituite dal glucosio e dal composto fenolico è stata osservata la presenza di una fase di latenza iniziale (variabile tra le due e le quattro ore, a seconda del composto fenolico impiegato), fase di latenza che è invece assente nella prova eseguita su solo glucosio. Inoltre il glucosio è consumato più lentamente nelle prove in cui sono presenti i composti fenolici; questo fatto è evidenziato dall’andamento delle curve di consumo del glucosio per le prove eseguite ad elevata concentrazione (fig. 8.10). Si può osservare come il glucosio sia stato degradato in meno di otto ore quando si trovava in soluzione da solo, mentre ce ne sono volute dieci quando erano presenti anche PCC e VAN e più di venti in presenza di PHB. 16000 GLUC 14000 GLUC + VAN GLUC + PHB 12000 GLUC + PCC 10000 8000 6000 4000 2000 0 0 10 20 30 40 50 tempo (ore) Fig. 8.10 – Curve di consumo del glucosio (16 g/l) per le prove condotte ad elevata concentrazione dei substrati Solo nella prova in cui era presente PCC si è avuta la quasi totale degradazione del carico organico totale, TOC (prossima al 95%). Negli altri due casi la percentuale di rimozione del TOC è stata del 56% (per la prova con PHB) 121 e del 70% (per la prova con VAN). In particolare durante la prova condotta su PHB e glucosio è stata osservata la formazione di fenolo che è stato solo in parte degradato. L’accumulo del fenolo in soluzione, cui sono note le sue proprietà tossiche, ha ritardato sia il consumo del glucosio stesso, che l’abbattimento dell’ulteriore carico organico presente nella soluzione: infatti, tra le tre prove eseguite, in quella col PHB si è registrata la minore riduzione del TOC. Analogamente a quanto si è verificato nelle prove a bassa concentrazione, descritte nel cap. 5, si è ottenuta, anche nelle prove ad alta concentrazione, la rimozione completa del composto fenolico inizialmente presente, nonché del glucosio. Il PCC è parso il composto più facilmente degradabile degli altri: già dalle prove a bassa concentrazione aveva manifestato un comportamento cinetico descritto dall’equazione di Monod. Lo stesso tipo di equazione cinetica era stata utilizzata per descrivere la crescita su acido p-idrossibenzoico: presumibilmente per le concentrazioni adottate in tali prove (100-600 mg/l) la formazione di fenolo è stata quantitativamente modesta e non si sono raggiunte concentrazioni tali da determinare effetti inibitori significativi sui microrganismi; questo fatto, viceversa, si è verificato nelle prove ad alta concentrazione di PHB. Infine, per quanto riguarda l’acido vanillico, per le prove a basse concentrazioni in soluzione col glucosio, si era trovato che il composto fenolico tendeva a rallentare sia la crescita che il consumo di quest’ultimo. Le prove ad alta concentrazione hanno confermato solo in parte questo comportamento. Probabilmente la maggior disponibilità di biomassa, che si è formata in seguito al consumo del glucosio determinando un maggior rapporto biomassa/VAN, ha favorito una graduale acclimatazione dei microrganismi a tale composto fenolico, nonché ai prodotti formatisi dalla sua degradazione. 122 Capitolo 9 Degradazione microbica anaerobica dei singoli composti fenolici: analisi della cinetica di crescita e del consumo dei substrati 9.1 Introduzione Analogamente a quanto è stato fatto per le prove in condizioni aerobiche, sono state eseguite prove di crescita di colture microbiche miste anaerobiche in presenza dei composti fenolici utilizzati in questo lavoro di tesi, con l’obiettivo di determinare il comportamento cinetico della miscela microbica su ciascuno dei substrati organici presi in esame. Di seguito sono perciò riportati i risultati che sono stati ottenuti sia in termini di crescita microbica che di consumo dei substrati presenti nelle soluzioni sintetiche utilizzate. 9.2 Crescita microbica su catecolo Sono state eseguite prove di crescita su catecolo in un range di concentrazione compreso tra 100 e 700 mg/l. Per ciascuna delle concentrazioni sperimentate sono stati preparati sette vials: ciascuno di essi conteneva 50 ml (volume di lavoro) del brodo di coltura di partenza, costituito dal medium anaerobico nel quale era stata scelta la prefissata quantità di catecolo al quale sono stati aggiunti i microrganismi precedentemente acclimatati su acido succinico. Al procedere della prova dai vials sono stati prelevati campioni per poter monitorare la crescita microbica (in termini di densità ottica) e per effettuare le opportune analisi di concentrazione dei substrati presenti. La fig. 9.1 mostra la curva di crescita per la prova avvenuta su 150 mg/l di CAT e, come per tutte le prove anaerobiche, su acido succinico, componente del medium di crescita con una concentrazione di 1000 mg/l. 123 0,6 densità ottica 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 0 1 2 3 4 5 tempo (giorni) Fig. 9.1 – Crescita microbica su 150 mg/l di CAT L’osservazione della curva di sviluppo microbico permette di fare alcune considerazioni: la crescita non presenta alcuna apparente fase di latenza e già dopo tre ore (primo campione rilevato dopo l’inoculo) la densità ottica è aumentata. Questo può essere dovuto alla presenza dell’acido succinico presente nel medium di crescita. La fase di crescita esponenziale termina dopo poco più di due giorni: oltre questo tempo la densità ottica si mantiene pressoché costante evidenziando una fase stazionaria. La fig. 9.2 mostra invece la determinazione della velocità di crescita (su diagramma semilogaritmico) per la prova in questione. Si è ottenuto un valore pari a 0,950 d-1, pari a 0,039 h-1. La fig. 9.3 mostra invece un confronto tra alcune delle curve di crescita per le prove effettuate, mentre la tab. 9.1 riporta tutti i valori delle velocità di crescita ottenuti per le prove effettuate. 0 ln (o.d.) -0,5 -1 -1,5 y = 0,9502x - 2,2252 R2 = 0,9988 -2 -2,5 0 1 2 3 4 5 tempo (giorni) Fig. 9.2 – Velocità di crescita per la prova su 150 mg/l di CAT 124 Tranne che per la curva di crescita dove erano presenti 100 mg/l di catecolo, tutte le altre prove mostrano una andamento simile: il massimo valore di densità ottica è stato raggiunto, mediamente, dopo circa due giorni, oltre i quali si è avuta la fase stazionaria e, in qualche caso, la fase declinante. Non c’è proporzionalità diretta tra densità ottica massima e concentrazione del substrato, nonostante si sia raggiunta comunque un maggior sviluppo di biomassa nella prova in presenza di 600 mg/l di CAT rispetto alla prova con 100 mg/l. 100 mg/l 0,7 150 mg/l densità ottica 0,6 200 mg/l 350 mg/l 0,5 600 mg/l 0,4 0,3 0,2 0,1 0 0 1 2 3 4 5 6 tempo (giorni) Fig. 9.3 – Crescita microbica su differenti concentrazioni iniziali di CAT Tab. 9.1 – Velocità di crescita per le prove effettuate su CAT Concentrazione iniziale Velocità crescita CAT (mg/l) μ (h-1) 100 0,048 150 0,039 200 0,048 350 0,046 500 0,046 600 0,047 Anche in questo caso sono stati riportati i valori delle velocità di crescita in funzione della concentrazione iniziale di catecolo (fig. 9.4). Le prove di crescita hanno evidenziato velocità di crescita abbastanza simili tra loro sia per bassi che per più elevati valori di concentrazione: la velocità di crescita rimane pressoché costante al variare della quantità di catecolo presente. In altri termini il composto fenolico non influisce in maniera significativa sulla velocità di crescita. Si è perciò interpretato l’andamento dei dati sperimentali tramite l’equazione di Monod e si sono determinati i relativi parametri cinetici (riportati sempre in fig. 125 9.4). La mancanza di informazioni relativamente al range di concentrazione compreso tra 0 e 100 mg/l di catecolo non permette di conoscere in modo preciso la pendenza del primo tratto della curva descritta tramite l’equazione di Monod. Questo è dovuto al fatto che alle basse concentrazioni è risultato difficile riuscire a monitorare in modo dettagliato lo sviluppo microbico. I risultati ottenuti da questa analisi cinetica risentono, perciò, di tale imprecisione. velocità di crescita (h -1) 0,06 0,05 0,04 0,03 μMAX = 0,048 h-1 0,02 Ks = 12,4 mg/l 0,01 0 0 200 400 600 800 concentrazione CAT (mg/l) Fig. 9.4 – Correlazione tra velocità di crescita e concentrazione iniziale CAT Relativamente al consumo dei substrati, vengono presentati i risultati ottenuti dalla prova condotta su una concentrazione iniziale di 200 mg/l di CAT. La fig. 9.5 riporta, oltre alla curva di crescita in termini di densità ottica, anche le curve di consumo del CAT (ottenute tramite HPLC) e TOC. 0,7 300 o.d. 250 densità ottica 0,5 200 0,4 150 0,3 100 CAT 0,2 50 0,1 0 concentrazione (mg/l) TOC 0,6 0 0 1 2 3 4 tempo (giorni) Fig. 9.5 – Crescita microbica e consumo dei substrati per la prove su 200 mg/l di CAT 126 Dall’osservazione di questo grafico si possono fare alcune considerazioni estendibili anche per le altre prove condotte alle concentrazioni simili. Il consumo del catecolo è immediato: già dopo tre ore dall’inizio della prova la sua concentrazione si è ridotta di un quinto rispetto al valore iniziale. In corrispondenza del raggiungimento del massimo valore di densità ottica (inizio della fase stazionaria) restano in soluzione circa 50 mg/l di CAT (pari a circa un quarto del valore iniziale) e nel successivo tempo di osservazione della prova non si assiste ad un’ulteriore degradazione. La curva del TOC, che tiene conto anche degli altri substrati presenti in soluzione, diminuisce invece lungo tutto l’arco dei quattro giorni di osservazione della prova, anche quando la crescita microbica sembra conclusa. Il consumo di TOC tra il secondo e il quarto giorno avviene sui prodotti formati dalla degradazione del catecolo, nonostante nella crescita non si apprezzi un aumento di biomassa. Al termine della prova resta inoltre un TOC residuo pari a circa il 15% del valore iniziale. La fig. 9.6 mostra invece la curve di crescita e di consumo dei substrati per la prova in presenza di una maggiore concentrazione iniziale di catecolo, ovvero 500 mg/l. Anche in questo caso la crescita raggiunge il suo valore massimo dopo due giorni; successivamente permane una fase prima stazionaria e poi declinante. 0,4 700 o.d o 0,35 densità ottica 0,3 500 0,25 400 TOC 0,2 300 0,15 0,1 200 CAT concentrazione (mg/l) 600 100 0,05 0 0 0 1 2 3 4 5 6 7 tempo (giorni) Fig. 9.6 – Crescita e consumo dei substrati per la prova su 500 mg/l di CAT Considerando le curve di consumo dei substrati, si può osservare che si è avuta una rapida diminuzione nella concentrazione del catecolo nei primi due giorni, in corrispondenza della fase di crescita esponenziale, fino ad un valore di circa 200 mg/l. Nei quattro giorni successivi la concentrazione si riduce ulteriormente, fino ad un valore residuo di circa 100 mg/l. Tale andamento è confermato anche dalla curva del TOC che ha un andamento simile: infatti dopo le quattro ore di osservazione della prova c’è un TOC residuo pari a circa 250 mg/l. I microrganismi non hanno degradato del tutto il composto fenolico presente in soluzione e anche la concentrazione del carbonio organico totale presente al termine della prova risulta piuttosto elevata. Un risultato simile si è 127 trovato anche nell’altra prova effettuata col massimo valore di concentrazione di catecolo, 700 mg/l, per la quale la degradazione del catecolo è stata di poco superiore al 50% del valore di concentrazione iniziale. Riassumendo perciò i risultati ottenuti sul catecolo, considerando anche le prove non presentate in dettaglio, si può concludere che: - a basse concentrazioni di catecolo (50-350 mg/l) il consumo del substrato fenolico si è attestato tra il 70 e l’80%; - a concentrazioni più elevate (500-700 mg/l) il grado di degradazione tende ad abbassarsi ulteriormente, fino a raggiungere un valore intorno al 50% per la prova su 700 mg/l. Il catecolo, nonostante presenti una cinetica di degradazione del tipo a saturazione (Monod), viene più difficilmente degradato quanto maggiore è la sua concentrazione iniziale: si presuppone perciò un accumulo del catecolo stesso o di alcuni suoi prodotti di degradazione che determina la non completa mineralizzazione delle sostanze presenti in soluzione. 9.3 Crescita microbica su acido protocatecuico Le prove di crescita sono state condotte in un campo di concentrazione di PCC compreso tra 50 e 700 mg/l. La fig. 9.7 mostra alcune curve di crescita relative alle prove effettuate. 50 mg/l 0,5 200 mg/l 500 mg/l densità ottica 0,4 700 mg/l 0,3 0,2 0,1 0 0 1 2 3 4 5 6 7 tempo (giorni) Fig. 9.7 – Crescita su differenti concentrazioni iniziali di PCC Le prove di crescita sono state monitorate per sei giorni, anche se si può osservare che il valore massimo della crescita è stato raggiunto dopo uno o, in qualche caso, due giorni di prova. La crescita avviene senza alcuna fase di latenza: ciò si spiega anche in questo caso con la presenza dell’acido succinico, costituente del medium di crescita. In ogni caso sembra che il PCC, anche alle 128 alte concentrazioni, non inibisca in alcun modo la crescita microbica. Non si osserva inoltre proporzionalità diretta tra densità ottica massima raggiunta e concentrazione di PCC. Si può osservare ancora come per la maggior parte delle curve di crescita si ha una fase declinante nei giorni successivi al raggiungimento del massimo valore di densità ottica. Per ciascuna delle prove condotte sono state calcolati i valori delle velocità di crescita, riportati in tab. 9.2. Tab. 9.2 – Velocità di crescita per le prove effettuate su PCC Concentrazione iniziale Velocità crescita PCC (mg/l) μ (h-1) 50 0,033 100 0,060 150 0,052 250 0,079 350 0,076 500 0,067 700 0,057 Riportando in grafico l’andamento delle velocità di crescita in funzione della concentrazione iniziale di PCC, si può osservare che per i valori più elevati di concentrazione (500 e 700 mg/l), la velocità di crescita diminuisce notevolmente. E’ stata così utilizzata l’equazione di Andrews per descrivere tale andamento e sono stati calcolati i relativi parametri cinetici, riportati sempre in fig. 9.8, unitamente ai dati sperimentali e la curva di Andrews ottenuta. velocità di crescita (h -1) 0,09 0,08 0,07 0,06 0,05 0,04 μMAX = 0,221 h-1 0,03 Ks = 284 mg/l 0,02 Ki = 0,0022 (mg/l)-1 0,01 0 0 200 400 600 800 concentrazione PCC (mg/l) Fig. 9.8 – Correlazione tra velocità di crescita e concentrazione iniziale PCC 129 In relazione all’analisi del consumo dei substrati, si può osservare la fig. 9.9 che riporta le curve di consumo del PCC per le prove su 100, 200 e 350 mg/l. Per tutte le prove illustrate il consumo del substrato fenolico è immediato: già dopo tre ore dall’inizio della prova si assiste ad una diminuzione della sua concentrazione e dopo un solo giorno i microrganismi hanno completamente degradato il PCC presente: peraltro già le curve di crescita avevano infatti mostrato lo sviluppo di biomassa limitato al solo primo giorno. 400 PCC 350 mg/l concentrazione (mg/l) 350 PCC 200 mg/l 300 PCC 100 mg/l 250 200 150 100 50 0 0 1 2 3 4 5 6 7 tempo (giorni) Fig. 9.9 – Curve di consumo del PCC per le prove su 100, 200 e 350 mg/l di PCC Per le due prove condotte invece a concentrazioni più elevate di PCC (500 e 700 mg/l), il consumo del composto fenolico non è stato invece completo, come si può vedere dalla fig. 9.10 che riporta gli andamenti delle concentrazioni di PCC normalizzate rispetto al valore iniziale. Per la prova su 500 mg/l si è avuta una degradazione pari al 90% del valore di concentrazione iniziale. Molto più basso è stato il grado di rimozione per la concentrazione più alta sperimentata, per la quale il consumo del PCC si è fermato al 30% del valore di partenza. 130 1,2 PCC 700 mg/l 1 PCC 500 mg/l C/C0 0,8 0,6 0,4 0,2 0 0 1 2 3 4 5 6 tempo (giorni) Fig. 9.10 – Curve di consumo del PCC per le prove su 500 e 700 mg/l di PCC Riassumendo i risultati trovati, si può concludere che la cinetica di degradazione del PCC è stata interpretata tramite l’equazione di Andrews (cinetica con inibizione del substrato): alle alte concentrazioni di acido protocatecuico diminuisce la velocità di crescita specifica. Questo comportamento lo si riscontra anche dall’analisi del consumo dei substrati: alle basse concentrazioni (100-350 mg/l di PCC) la degradazione è stata totale, a quelle più alte (500-700 mg/l) il consumo del PCC è stato parziale e in alcuni casi inferiore alla metà del valore iniziale. 9.4 Crescita microbica su acido p-idrossibenzoico Le prove di crescita sono state condotte nel campo di concentrazione di PHB compreso tra 50 e 700 mg/l. La fig. 9.11 mostra alcune delle curve di crescita relative alle prove effettuate. Si è ottenuto un maggior sviluppo di biomassa nelle prove a più alta concentrazione di PHB (600 e 700 mg/). La fase di crescita esponenziale termina mediamente dopo circa un giorno e mezzo dall’inizio della prova: successivamente si ha una fase stazionaria o declinante. 131 700 mg/l 600 mg/l 500 mg/l 200 mg/l 100 mg/l 0,6 densità ottica 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 tempo (giorni) Fig. 9.11 – Crescita su differenti concentrazioni iniziali di PHB Come per gli altri composti considerati, sono stati calcolati i valori delle velocità di crescita per le prove effettuate. La tab. 9.3 riporta, per ciascuna concentrazione iniziale di PHB, il corrispettivo valore di velocità ottenuto. Riportando i valori delle velocità di crescita in funzione della concentrazione iniziale del PHB, risulta che al variare della concentrazione del composto fenolico non si ha una variazione significativa della velocità di crescita. Tab. 9.3 – Velocità di crescita per le prove effettuate su PHB Concentrazione iniziale Velocità crescita PHB (mg/l) μ (h-1) 50 0,052 100 0,059 150 0,048 350 0,057 500 0,046 600 0,064 700 0,055 I valori ottenuti suggeriscono, infatti, di utilizzare l’equazione di Monod per descrivere l’andamento della velocità di crescita con la concentrazione iniziale di PCC. Anche in questo caso, per basse concentrazioni del composto fenolico, non è possibile descrivere in modo ottimale la variazione della velocità specifica. La pendenza della curva di Monod che si ottiene risente di tale imprecisione che, da 132 un punto di vista matematico, è contenuto nel valore di Ks. La fig. 9.12 riporta i punti sperimentali ottenuti, la suddetta curva e i relativi parametri cinetici calcolati. velocità di crescita (h -1) 0,07 0,06 0,05 0,04 0,03 μMAX = 0,056 h-1 0,02 Ks = 2,57 mg/l 0,01 0 0 200 400 600 800 concentrazione PHB (mg/l) Fig. 9.12 – Correlazione tra velocità di crescita e concentrazione iniziale PHB Passando all’esame della modalità di consumo del PHB, ci si può riferire ad un primo grafico (fig. 9.13) che riporta le curve di consumo normalizzate in termini di HPLC e di TOC per le prove eseguite sulle concentrazioni di 100 e 200 mg/l di PHB. Si può osservare come non è stata ottenuta la degradazione completa del composto fenolico: per la prova su 100 mg/l di PHB è rimasta una concentrazione residua pari al 15% del valore iniziale; ancora minore è la degradazione conseguita per la prova su 200 mg/l per la quale è rimasto circa il 50% del PHB presente ad inizio prova. Le curve di TOC confermano gli andamenti e la presenza di un carico organico residuo tanto maggiore quanto era la concentrazione iniziale di PHB. 133 1,2 HPLC TOC 1 C/C0 0,8 200 mg/l PHB 0,6 0,4 100 mg/l PHB 0,2 0 0 0,5 1 1,5 2 2,5 tempo (giorni) Fig. 9.13 – Curve di consumo dei substrati per le prove su 100 e 200 mg/l di PHB La fig. 9.14 mostra invece la curva di crescita e le curve di consumo dei substrati per la prova su 600 mg/l di PHB. La curva di crescita mostra in questo caso una breve fase di stasi iniziale, seguita dalla fase esponenziale che raggiunge il suo valore massimo dopo circa un’ora e mezza dall’inizio della prova. Il consumo del PHB è immediato e anche la curva del TOC conferma tale diminuzione. In corrispondenza del raggiungimento della fase stazionaria successiva alla crescita, la concentrazione di PHB si è ridotta del 70% rispetto al valore iniziale, mentre resta un TOC residuo pari al 40% del valore di partenza. L’analisi dei cromatogrammi dell’HPLC ottenuti dalle analisi dei campioni prelevati durante la prova, hanno mostrato la formazione di un composto in corrispondenza di un preciso tempo di ritenzione. Poiché dai cromatogrammi è emerso che al diminuire della concentrazione di PHB aumenta l’area (e dunque la concentrazione) di tale composto, si è pensato che questo si sia formato per effetto della degradazione dell’acido p-idrossibenzoico. Non è stato possibile individuare che tipo di composto fosse e i pochi lavori disponibili relativi agli schemi di degradazione anaerobici non hanno chiarito meglio quale schema di degradazione possa essersi sviluppato. La fig. 9.14 mostra comunque la curva che riporta la formazione di tale sostanza al trascorrere del tempo. Già dal primo campione prelevato dopo tre ore dall’inizio della prova tale composto è presente e la sua concentrazione cresce nel tempo; dopo quasi due giorni si stabilizza su un valore prossimo ai 150 mg/l e permane in soluzione fino al termine della prova di crescita. La presenza del composto è stata riscontrata anche per le prove condotte alle concentrazioni iniziali di PHB di 500 e 700 mg/l. Anche in questi altri casi considerati la formazione di tale sostanza non è stata accompagnata da una sua successiva degradazione: al termine del tempo di osservazione delle prove condotte è rimasto decomposto in soluzione, esercitando, presumibilmente, un effetto tossico sui microrganismi anaerobici. 134 TOC 700 HPLC o.d. 0,6 0,5 600 0,4 500 400 0,3 300 0,2 densità ottica concentrazione (mg/l) 800 200 0,1 100 composto sconosciuto 0 0 0,5 1 1,5 2 0 2,5 tempo (giorni) Fig. 9.14 – Crescita e consumo dei substrati per la prova su 600 mg/l di PHB In definitiva per le prove in presenza di PHB si può concludere che: - l’equazione di Monod descrive il comportamento cinetico della miscela anaerobica in presenza di PHB; - la degradazione del PHB è stata parziale per le concentrazioni sperimentate, sia alle basse che alle alte concentrazioni; - nelle prove a più alta concentrazione, contemporaneamente al consumo del PHB, si è avuta la formazione, tra gli altri, di un composto presumibilmente tossico la cui concentrazione è aumentata al trascorrere della prova fino a raggiungere un valore di concentrazione costante. 9.5 Crescita microbica su acido vanillico La fig. 9.15 riporta i risultati ottenuti da una prova condotta in presenza di 100 mg/l di acido vanillico. La crescita microbica dura circa un giorno: dopo questo tempo segue infatti una fase declinante. La curva che rappresenta la variazione del TOC mostra una diminuzione immediata nel tempo corrispondente alla fase di crescita esponenziale. I dati ottenuti dalle analisi condotte all’HPLC mostrano che l’acido vanillico presente non è stato degradato. La crescita è avvenuta perciò solo su acido succinico e la diminuzione del TOC è dovuta solo al consumo di tale substrato. Il vanillico presente in soluzione non viene perciò degradato dai microrganismi facenti parte della miscela anaerobica. Lo stesso tipo di risultato si è ottenuto anche nelle prove condotte alle concentrazioni di 50 e 300 mg/l di VAN. 135 TOC 0,33 350 HPLC 0,28 o.d. 300 250 0,23 200 0,18 150 100 densità ottica concentrazione (mg/l) 400 0,13 50 0 0,08 0 0,5 1 1,5 2 tempo (giorni) Fig. 9.15 – Crescita e consumo dei substrati per la prova su 100 mg/l di VAN 9.6 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti Le prove presentate in questo capitolo hanno dato diverse indicazioni riguardo al comportamento dei microrganismi appartenenti alla miscela anaerobica quando sono posti in soluzioni contenenti sostanze fenoliche. Il tempo di osservazione per le prove di crescita eseguite è stato tra i due e i quattro giorni, anche se la crescita microbica si è sviluppata quasi sempre per i primi due, seguita dalla fase stazionaria o di morte dei microrganismi. Non è stata osservata fase di latenza iniziale in nessuna delle prove di crescita eseguite: ciò è dovuto al fatto che in soluzione era presente anche acido succinico, sostanza organica costituente del medium di crescita e substrato organico sul quale è stata condotta l’acclimatazione dei microrganismi. Sono state condotte prove di crescita sui quattro composti fenolici a diverse concentrazioni iniziali degli stessi per studiare il tipo di cinetica di crescita. Per tali prove si è cercato di descrivere l’andamento della velocità di crescita in funzione dell’aumento di concentrazione del composto fenolico. Le prove sono infatti state condotte su soluzioni che contenevano sempre la stessa quantità di acido succinico (1000 mg/l) e una quantità variabile del composto fenolico. Dai risultati conseguiti è emerso che la cinetica di crescita su catecolo e acido p-idrossibenzoico può essere descritta dall’equazione di Monod (andamento a saturazione), mentre la crescita su acido protocatecuico ha mostrato una cinetica con inibizione del substrato ed è stata interpretata mediante l’equazione di Andrews. Per le prove eseguite con acido vanillico, la crescita microbica che si è osservata è stata attribuita solo al consumo dell’acido succinico, in quanto le analisi effettuate sul filtrato dei diversi campioni di sospensione relativi a tempi successivi hanno mostrato che, nel tempo di osservazione della prova, la concentrazione dell’acido vanillico rimaneva immutata e pari al valore iniziale. Il composto fenolico non è stato dunque degradato dalla miscela anaerobica. La tab. 136 9.4 riassume i valori dei parametri cinetici trovati dalle prove anaerobiche condotte per catecolo, acido protocatecuico e acido paraidrossibenzoico. Tab. 9.4 – Parametri cinetici ottenuti per le prove condotte in condizioni anaerobiche Espressione μmax Ks Ki cinetica (h-1) (mg/l) (mg/l) 100-700 Monod 0,048 12,4 --- PCC 50-700 Andrews 0,221 284 0,0022 PHB 50-700 Monod 0,056 2,57 --- Substrato di crescita Range (mg/l) CAT Riassumendo, l’analisi del consumo dei substrati utilizzati nelle prove ha mostrato che nel tempo di osservazione considerato: - l’acido vanillico non è stato degradato; - alle basse concentrazioni (50-300 mg/l) si è ottenuto un buon grado di rimozione, prossimo al 90% per PCC e CAT, mentre per il PHB la rimozione è stata inferiore (intorno al 50% per una concentrazione iniziale di 200 mg/l); - alle alte concentrazioni sperimentate (500-700 mg/l) si è osservato un minore grado di rimozione dei composti fenolici: per le prove con catecolo la degradazione è stata tra il 50 e il 60%; per le prove con PCC tra il 70 e il 90%; per le prove con PHB tra il 60 e l’80%; - in generale il grado di rimozione del carico organico, per le prove eseguite, è stato prossimo al 50%; - in definitiva, il grado di rimozione dei composti fenolici sembra essere fortemente influenzato dalla natura del particolare composto oltre che dalla sua concentrazione iniziale. 137 Capitolo 10 Crescita anaerobica su miscele di substrati organici e influenza del substrato di acclimatazione 10.1 Introduzione Le prove di crescita anaerobica presentate nel capitolo precedente hanno evidenziato la difficoltà della miscela anaerobica di conseguire la completa degradazione dei composti fenolici alle concentrazioni più elevate considerate (500-700 mg/l) e di abbattere il carico organico presente nelle soluzioni sintetiche utilizzate con gradi di degradazione accettabili. Inoltre per le prove eseguite con acido vanillico è stato messo in evidenza come tale composto fenolico non venga degradato, almeno nei tempi di osservazione della prova. Nel presente capitolo verranno presentate alcune ulteriori prove di crescita effettuate allo scopo di stabilire se la degradazione dell’acido vanillico potesse essere favorita dalla presenza di un altro composto in grado di determinare un processo di tipo cometabolico; si è pertanto pensato di utilizzare (i) un altro composto fenolico (acido p-idrossibenzoico) o (ii) un composto di facile biodegradabilità (glucosio). Verranno presentate anche alcune prove di crescita eseguite con lo stesso medium di crescita utilizzato nelle prove descritte nel capitolo precedente, ma contenenti glucosio come supporto organico per le fasi di acclimatazione e di crescita, in luogo dell’acido succinico. 10.2 Crescita microbica su acido vanillico e acido p-idrossibenzoico E’ stata effettuata una prova di crescita sulla miscela costituita da acido vanillico e acido p-idrossibenzoico. Quest’ultimo è stato scelto, tra i composti fenolici utilizzati in questo lavoro, perché le prove condotte con acido pidrossibenzoico hanno mostrato che i microrganismi lo utilizzano come fonte di carbonio. La prova è stata condotta su una soluzione contenente 350 mg/l di acido vanillico e 300 mg/l di acido p-idrossibenzoico, oltre all’acido succinico che, come affermato più volte, è presente in quanto costituente del medium. La fig. 10.1 mostra l’andamento della curva di crescita microbica: quest’ultima non richiede alcuna fase di latenza e raggiunge il suo valore massimo in circa 24 ore. 138 0,3 o.d. 500 0,25 0,2 400 VAN 0,15 300 200 0,1 PHB densità ottica concentrazione (mg/l) 600 0,05 100 0 0 0 10 20 30 40 50 60 tempo (ore) Fig. 10.1 – Crescita microbica e consumo dei substrati per la prova su 350 mg/l di VAN e 300 mg/l di PHB Successivamente viene registrata una fase stazionaria seguita dalla fase di morte. Le curve di consumo dei due substrati mostrano che c’è stato un consumo pari a poco più del 50% per quanto riguarda l’acido p-idrossibenzoico, mentre la concentrazione dell’acido vanillico si è ridotta di appena il 16%. La fig. 10.2 riporta il confronto tra la curva di consumo del PHB per la prova sulla miscela e per quella in cui il PHB era in soluzione da solo (alla stessa concentrazione di 300 mg/l): in questo secondo caso si è avuto un grado di rimozione pari all’80%. La presenza del vanillico sembra quindi rallentare e per certi versi inibire il consumo dell’acido p-idrossibenzoico. Va comunque sottolineato che la presenza contemporanea dei due composti fenolici ha prodotto una minima degradazione anche dell’acido vanillico, risultato non conseguito nelle prove in cui quest’ultimo era in soluzione da solo. La prova effettuata conferma in ogni caso la scarsa degradabilità anaerobica dell’acido vanillico. 139 concentrazione (mg/l) 400 350 300 250 PHB + VAN 200 150 100 PHB 50 0 0 10 20 30 40 50 60 tempo (ore) Fig. 10.2 – Consumo del PHB per le prove su solo PHB (300 mg/l) e sulla miscela costituita da PHB (300 mg/l) e VAN (350 mg/l) 10.3 Crescita microbica su acido vanillico e glucosio Un’altra prova di crescita è stata condotta sulla miscela costituita da acido vanillico e glucosio: come già detto, l’obiettivo di questo tipo di prova è stato quello di verificare se la presenza di un altro composto, caratterizzato da elevata biodegradabilità potesse, in qualche modo coadiuvare la degradazione del composto fenolico. La fig. 10.3 mostra la curva di crescita ottenuta per la prova condotta su 300 mg/l di VAN e 1000 mg/l di GLUC. Si può osservare una rapida fase di crescita esponenziale la quale raggiunge il suo massimo dopo circa 15 ore dall’inizio della prova. 0,35 o.d. GLUC 0,3 800 0,25 600 0,2 400 0,15 UV 200 densità ottica concentrazione (mg/l) 1000 0,1 0 0,05 0 10 20 30 40 tempo (ore) Fig. 10.3 – Crescita microbica e consumo dei substrati per la prova condotta su 300 mg/l di VAN e 1000 mg/l di GLUC 140 Osservando le curve di consumo dei due substrati presenti, si deduce che la crescita è avvenuta su glucosio (e su acido succinico) mentre la curva ottenuta dall’analisi all’UV mostra come vi sia stato un minimo consumo del vanillico (pari a circa il 40% del valore iniziale). Come nel caso in cui era in miscela con il PHB si assiste ad una degradazione, seppure minima, dell’acido vanillico. La fig. 10.4 mostra il confronto tra la curva di crescita microbica relativa alla miscela (VAN + GLUC) ed a quella del solo glucosio (alla concentrazione nominale di 1000 mg/l). Da tale confronto appare come l’acido vanillico non influisca in modo significativo sulla crescita microbica, dal momento che le due curve di crescita procedono in modo pressoché analogo. Inoltre il confronto tra le curve di consumo del glucosio per le due prove suddette (fig. 10.5) mostra come la presenza dell’acido vanillico con inibisca in alcun modo il consumo del substrato organico di facile degradazione. 0,4 concentrazione (mg/l) 0,35 0,3 0,25 0,2 GLUC + VAN 0,15 GLUC 0,1 0,05 0 0 10 20 30 40 tempo (ore) Fig. 10.4 – Confronto tra crescita microbica su solo GLUC (1000 mg/l) e sulla miscela costituita da GLUC (1000 mg/l) e VAN (300 mg/l) 141 concentrazione (mg/l) 1200 1000 GLUC + VAN GLUC 800 600 400 200 0 0 10 20 30 40 tempo (ore) Fig. 10.5 – Confronto tra crescita microbica su solo GLUC (1000 mg/l) e sulla miscela costituita da GLUC (1000 mg/l) e VAN (300 mg/l) 10.4 Influenza del substrato usato per l’acclimatazione Le prove in condizioni anaerobiche fin qui descritte sono state condotte utilizzando il medium proposto da Arenante (1999) che conteneva, come substrato organico di supporto alla crescita, l’acido succinico. Tale sostanza è stata utilizzata dai microrganismi nelle fasi di acclimatazione ed era presente in tutte le prove di crescita effettuate con i diversi composti fenolici. Sono stati eseguiti alcuni test di crescita utilizzando microrganismi acclimatati ad una fonte di carbonio differente (dall’acido succinico) per stabilire l’influenza che il substrato scelto per l’acclimatazione potesse avere sulla crescita microbica e sul consumo dei composti organici esposti ai microrganismi. E’ stato così impiegato il glucosio al posto dell’acido succinico, sottoponendo i microrganismi a tre cicli di acclimatazione, ciascuno su 1000 mg/l di glucosio. Successivamente sono state ripetute alcune prove di crescita analoghe a quelle descritte nel cap. 9, con il glucosio utilizzato come supporto nella crescita microbica in presenza dei composti fenolici. I risultati delle prove hanno evidenziato poche differenze riguardo alla crescita avvenuta con i microrganismi acclimatati nei due modi diversi. Le prove effettuate hanno infatti mostrato risultati abbastanza simili tali da poter ritenere che entrambi i substrati possano essere utilizzati indifferentemente come supporto nel medium microbico. In particolare è mostrato il confronto (fig. 10.6) tra due curve di crescita. La prima è avvenuta su 1000 mg/l di acido succinico con microrganismi precedentemente acclimatati ad acido succinico. La seconda è avvenuta su 1000 mg/l di glucosio e i microrganismi, in questo caso, erano stati acclimatati a glucosio. Il confronto tra le due curve mostra come la crescita proceda in modo analogo per entrambe le prove eseguite. Anche la curva di consumo in termini di TOC (fig. 10.7) mostra un consumo pressoché simile dei due diversi substrati presenti in soluzione. 142 0,35 densità ottica 0,3 0,25 0,2 GLUC 0,15 SUCC 0,1 0,05 0 0 5 10 15 20 25 tempo (ore) Fig. 10.6 – Confronto tra le curve di crescita microbica su 1000 mg/l di glucosio e su 1000 mg/l di acido succinico 500 concentrazione (mg/l) 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0 0 5 10 15 20 25 tempo (ore) Fig. 10.7 – Confronto tra le curve di consumo del TOC per le prove su 1000 mg/l di glucosio e su 1000 mg/l di acido succinico 10.5 Conclusioni sulle prove anaerobiche effettuate Le prove condotte in condizioni anaerobiche hanno mostrato che i microrganismi anaerobici sono capaci di degradare solo in parte i composti organici in esame, diversamente da quanto è stato ottenuto per le prove in condizioni aerobiche eseguite sugli stessi composti e alle stesse concentrazioni. 143 Uno dei motivi che può aver determinato questa bassa percentuale di rimozione molto probabilmente è da attribuire all’assenza di ceppi metanigeni nella miscela anaerobica. Infatti, la degrazione dei composti fenolici può aver determinato la formazione di composti acidi che, accumulandosi in soluzione, hanno determinato inibizione nei confronti dei microrganismi acidogenici. Si può ritenere che la presenza di microrganismi metanigeni avrebbe sicuramente attaccato detti composti riducendo la concentrazione degli stessi, smorzando l’effetto inibitorio sui microrganismi acidogeni. Si ritiene importante mettere in evidenza che a dispetto delle numerose prove sperimentali eseguite, solo una parte di esse sono state riportate. Infatti, durante la sperimentazione sono emerse numerose difficoltà che hanno condizionato il monitoraggio delle colture in crescita. Ciò è stato determinato dalla maggiore difficoltà intrinseca della sperimentazione anaerobica, rispetto alle prove aerobiche, per evitare l’introduzione di ossigeno nei bioreattori. Ad esempio, in alcune prove di crescita anaerobica la presenza del colorante resazurina nel medium, “spia” importante per segnalare la eventuale presenza di ossigeno nella soluzione, ha interferito sulle letture di densità ottica rendendo colorata la soluzione al momento dell’apertura del bioreattore. Inoltre, le ridotte dimensioni del “box anaerobico” hanno influito sul numero di punti sperimentali utilizzabili per descrivere sia l’andamento della crescita microbica che le curve di consumo dei substrati, giacchè si è potuto utilizzare un massimo di 7-8 dati sperimentali, pari al numero dei bioreattori preparati per ogni prova di crescita programmata. Ancora, le prove di crescita hanno avuto una durata stabilita “a priori” proprio dal numero di bioreattori disponibili: ad es., in alcuni casi i risultati delle misure (densità ottica o concentrazione dei substrati) sull’ultimo bioreattore mostravano che la crescita microbica non era ancora ultimata, ma purtroppo non era più possibile “prolungare” la prova. In definitiva, il confronto tra le prove realizzate in condizioni aerobiche e quelle in condizioni anaerobiche, evidenzia che se per le prime è stato possibile disporre, al trascorrere del tempo di esecuzione della prova, di un numero non limitato di campioni da analizzare (date le condizioni e l’elevato volume di lavoro), la stessa cosa non è stata possibile per le seconde. 144 Capitolo 11 Trattamento combinato anaerobico-aerobico 11.1 Introduzione Le prove condotte in condizioni anaerobiche, presentate nei due capitoli precedenti, hanno evidenziato che non si è conseguita né la totale degradazione dei composti fenolici presenti inizialmente nelle soluzioni sintetiche, né un elevato abbattimento del carico organico totale. Infatti, specie per le prove condotte alle concentrazioni più alte (500-700 mg/l di composto fenolico), il grado di rimozione del carico organico (TOC) è stato inferiore al 50%. Questo può essere dovuto alla formazione di sostanze tossiche, durante la degradazione, che inibiscono l’ulteriore consumo dei composti organici presenti e rallentano la crescita microbica. Nelle condizioni operative sperimentate e alle concentrazioni considerate, i microrganismi anaerobici non sono stati in grado di realizzare la degradazione completa, o quasi, delle sostanze organiche presenti in soluzione. Viceversa, nelle prove analoghe (stesso range di concentrazione) condotte in condizioni aerobiche, si sono conseguiti sia la rimozione completa dei composti fenolici che l’abbattimento quasi completo (superiore al 90%) del carico organico presente. Poiché uno dei vantaggi dei processi anaerobici, rispetto ai processi aerobici, è quello di garantire una certa efficienza di degradazione con un notevole risparmio energetico rispetto ai processi aerobici, si è pensato di effettuare un primo stadio di degradazione in condizioni anaerobiche e di affidare al processo aerobico la residua rimozione del carico organico non smaltito. In questo senso sono state concepite una serie di prove per le quali è stato messo a punto un sistema combinato costituito da processi biologici in serie ed in particolare la combinazione sequenziale anaerobico-aerobico di reattori batch, cioè soluzioni sintetiche contenenti composti fenolici sono state trattate prima per via anaerobica e successivamente per via aerobica, verificando l’efficacia dei due trattamenti. 11.2 Trattamento combinato: prove in reattori anaerobici Le prove in condizioni anaerobiche, che hanno preceduto quelle di degradazione aerobica, sono state quattro. Due prove sono state condotte 145 utilizzando catecolo (alle concentrazioni di 500 e 700 mg/l), altre due con acido protocatecuico (sempre alle concentrazioni di 500 e 700 mg/l). In fig. 11.1 sono riportate le curve di crescita ottenute per le prove su catecolo. Si può osservare come, per entrambe le prove condotte, la crescita raggiunga il suo massimo dopo ventiquattro ore: successivamente si osserva una fase declinante. Il più alto valore di densità ottica è stato raggiunto nella prova con più alta concentrazione di catecolo. CAT 500 0,25 CAT 700 densità ottica 0,2 0,15 0,1 0,05 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 tempo (giorni) Fig. 11.1 – Crescita microbica su 500 e su 700 mg/l di CAT La fig. 11.2 mostra invece le curve di consumo del catecolo, sulla base dei dati ottenuti dalle analisi dell’HPLC. In entrambe le prove il catecolo viene parzialmente degradato entro il primo giorno di prova e la percentuale di rimozione del composto fenolico si attesta attorno al 55% per ambedue le prove. 700 CAT 500 concentrazione (mg/l) 600 CAT 700 500 400 300 200 100 0 0 0,5 1 1,5 tempo (giorni) Fig. 11.2 – Curve di consumo del catecolo per le prove su 500 e su 700 mg/l di CAT 146 Nel periodo di osservazione della prova considerato, la rimozione del carbonio organico totale è inferiore al 50% per entrambe le prove, come si può osservare dalla fig. 11.3. CAT 500 1000 concentrazione (mg/l) CAT 700 800 600 400 200 0 0 0,5 1 1,5 tempo (giorni) Fig. 11.3 – Curve di consumo del TOC per le prove su 500 e su 700 mg/l di CAT Anche le prove di crescita su acido protocatecuico sono state condotte alle concentrazioni, rispettivamente, di 500 e 700 mg/l. La fig. 11.4 riporta le due curve di crescita che mostrano come il massimo valore di densità ottica sia stato raggiunto entro le prime 24 ore in entrambi i casi. L’analisi delle curve di consumo del composto fenolico ottenute tramite l’HPLC (fig. 7.5) mostra come il PCC sia stato degradato con un ‘efficienza di rimozione più elevata (pari all’85%) per la prova con concentrazione minore, mentre è stata prossima al 70% per la prova sulla concentrazione iniziale di 700 mg/l. 147 PCC 500 0,35 PCC 700 densità ottica 0,3 0,25 0,2 0,15 0,1 0,05 0 0 0,5 1 1,5 2 2,5 tempo (giorni) Fig. 11.4 – Crescita microbica su 500 e su 700 mg/l di PCC 700 PCC 500 PCC 700 concentrazione (mg/l) 600 500 400 300 200 100 0 0 0,5 1 1,5 2 2,5 tempo (giorni) Fig. 11.5 – Curve di consumo del PCC per le prove su 500 e su 700 mg/l di PCC Anche per quanto riguarda il TOC, si è ottenuta una rimozione maggiore nella prova a più bassa concentrazione (65% per la prova con 500 mg/l contro il 50% per la prova con 700 mg/l). 148 concentrazione (mg/l) 1000 PCC 500 PCC 700 800 600 400 200 0 0 0,5 1 1,5 2 2,5 tempo (giorni) Fig. 11.6 – Curve di consumo del TOC per le prove su 500 e su 700 mg/l di PCC La tab. 11.1 riporta le percentuali di rimozione ottenute in condizioni anaerobiche rispettivamente per il composto fenolico e per il TOC. Si può osservare come si siano ottenute rimozioni maggiori nelle due prove con PCC che con CAT (86 e 67% contro 54 e 53%) e che per le concentrazioni più elevate di entrambi i composti la rimozione del TOC è stata inferiore al 50%. I risultati ottenuti sono peraltro coerenti con quelli ottenuti nel cap. 9 nel quale sono state presentate prove analoghe. Tab. 11.1 – Percentuale di rimozione dei substrati per le prove eseguite in condizioni anaerobiche CAT Concentrazione iniziale (mg/l) 500 Rimozione FEN (%) 54 Rimozione TOC (%) 47 CAT 700 53 24 PCC 500 86 65 PCC 700 67 49 Substrato 11.3 Trattamento combinato: prove in reattori aerobici Le prove effettuate nei reattori aerobici sono state condotte utilizzando le soluzioni provenienti dai reattori anaerobici. A tali soluzioni sono stati aggiunti i principali sali costituenti il medium aerobico per garantire l’apporto dei nutrienti necessari alla crescita microbica. Le prove sono state condotte in beuta su un volume di lavoro di circa 50 ml. I residui provenienti dai trattamenti anaerobici sono stati centrifugati allo scopo di separare solidi sospesi (microrganismi) dalla soluzione. Nel surnatante 149 ottenuto da ciascuna prova, dopo che è stato aggiunto del medium fresco aerobico, necessario per garantire ai microrganismi il corretto apporto di sostanze nutritive, sono stati immessi i microrganismi aerobici. Questi ultimi erano stati sottoposti ai normali cicli di acclimatazione a glucosio. Per effetto dell’aggiunta del medium aerobico, le soluzioni residue sono risultate parzialmente diluite. Nella fig. 11.7 sono riportate le curve di crescita in condizioni aerobiche ottenute sui residui delle due prove condotte in ambiente anaerobico sul catecolo. La crescita, in entrambi i casi, richiede una brevissima fase di latenza o più precisamente si assiste ad una fase di crescita pre-esponenziale che si protrae fino al termine del tempo di osservazione della prova. Si può notare poi come si raggiunga una maggiore velocità di crescita sul residuo ottenuto dalla prova che inizialmente conteneva la più alta concentrazione di catecolo. Non avendo la possibilità di descrivere le curve di consumo dei substrati, dal momento che si è operato con reattori costituiti da beute (quindi piccoli volumi di lavoro), ci si può riferire esclusivamente ai dati di TOC e dei composti fenolici provenienti dalle analisi condotte sui campioni iniziali e finali di ciascuna prova. Gli istogrammi di fig. 11.8 mostrano la riduzione del catecolo e del TOC per la prova che inizialmente conteneva 500 mg/l di catecolo. Al termine della prova anaerobica era rimasta una concentrazione residua di catecolo pari a 220 mg/l. Per effetto della diluizione, all’inizio della prova aerobica la concentrazione si era ridotta a 149 mg/l. Dopo la crescita in condizioni aerobiche la concentrazione di catecolo residua è pari a circa 10 mg/l, per una riduzione percentuale, limitatamente al trattamento aerobico, pari al 95%. E’ stata conseguita inoltre una parziale degradazione del TOC del 65%: al termine della prova resta infatti un TOC residuo pari ad una concentrazione di 100 mg/l. 1 res. 500 res. 700 densità ottica 0,8 0,6 0,4 0,2 0 0 2 4 6 8 10 tempo (ore) Fig. 11.7 – Curve di crescita aerobica sui residui delle prove anaerobiche precedentemente condotte su catecolo 150 427 450 HPLC concentrazione (mg/l) 400 TOC 350 264 300 220 250 149 200 98 150 100 8 50 0 fine crescita anaerobica inizio crescita aerobica fine crescita aerobica Fig. 11.8 – Consumo di CAT e TOC per la prova su 500 mg/l di CAT La fig. 11.9 mostra invece la riduzione della concentrazione del catecolo e del TOC per i tre step che hanno caratterizzato la prova combinata anaerobicoaerobico su 700 mg/l di CAT. Come nel caso precedente si è ottenuta una riduzione del CAT quasi completa (pari al 97%) e del TOC prossima al 70%. 632 HPLC concentrazione (mg/l) 700 TOC 600 500 318 324 286 400 300 89 200 8 100 0 fine crescita anaerobica inizio crescita aerobica fine crescita aerobica Fig. 11.9 – Consumo di CAT e TOC per la prova su 700 mg/l di CAT Le curve mostrate nella fig. 11.10 si riferiscono alla crescita microbica in condizioni aerobiche avvenuta sui residui delle due prove condotte in ambiente anaerobico su PCC, alle concentrazioni di 500 e 700 mg/l. Dopo una breve fase di latenza si ha la fase di crescita esponenziale: si raggiunge un valore maggiore di densità ottica per la prova che inizialmente conteneva la maggior quantità di 151 acido protocatecuico. Le velocità di crescita inoltre sono simili (0,33 h-1 per la prova su 500 mg/l e 0,30 h-1 per quella su 700 mg/l). 0,35 densità ottica 0,3 0,25 0,2 res. 700 res. 500 0,15 0,1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 tempo ( ore ) Fig. 11.10 – Curve di crescita aerobica sui residui delle prove anaerobiche precedentemente condotte su PCC La fig. 11.11 mostra la riduzione del PCC e del TOC per i residui della prova anaerobica su 500 mg/l di PCC. Si è ottenuta una rimozione completa del PCC e una degradazione del carbonio organico totale pari al 60% del valore all’inizio della prova aerobica. 250 233 224 TOC concentrazione (mg/l) HPLC 200 150 89 100 68 50 50 0 0 fine crescita anaerobica inizio crescita aerobica fine crescita aerobica Fig. 11.11 – Consumo di PCC e TOC per la prova su 500 mg/l di PCC 152 Per quanto riguarda invece la percentuale di degradazione dei substrati sui residui della prova con 700 mg/l di PCC si è ottenuta anche in questo caso la rimozione completa del PCC e parziale (inferiore al 50%) del TOC. 400 358 332 TOC concentrazione (mg/l) 350 300 HPLC 230 250 184 150 200 150 100 1 50 0 fine crescita anaerobica inizio crescita aerobica fine crescita aerobica Fig. 11.12 – Consumo di CAT e TOC per la prova su 700 mg/l di CAT In definitiva, nelle prove aerobiche eseguite sui residui delle prove precedentemente condotte in condizioni anaerobiche, si è conseguita la rimozione quasi completa del composto fenolico ancora presente (catecolo o PCC) e una rimozione del carbonio organico totale che varia, tra il 50 e il 70%. 11.4 Discussione e conclusioni Nel presente capitolo sono state presentate alcune prove per le quali è stata realizzata la combinazione sequenziale anaerobico-aerobico di reattori batch: soluzioni sintetiche contenenti composti fenolici sono state prima trattate per via anaerobica e successivamente per via aerobica. L’obiettivo di questo genere di prove era quello di verificare la possibilità di conseguire, grazie alla combinazione dei due trattamenti, un grado di rimozione superiore a quello che si sarebbe potuto ottenere con uno solo dei due. Sono state preparate alcune soluzioni sintetiche contenenti ciascuna catecolo o acido protocatecuico (in entrambi i casi alle concentrazioni iniziali di 500 e 700 mg/l). E’ stata eseguita prima una prova di degradazione in reattori batch anaerobici: i residui della prova sono stati poi trattati in reattori batch aerobici (beute). Al termine di ciascun test è stato verificato il grado di degradazione conseguito. La tab. 11.2 riassume i risultati ottenuti in termini di rimozione dei composti fenolici presenti nelle soluzioni di partenza per le prove effettuate. In condizioni anaerobiche si ottengono delle rimozioni maggiori per le prove condotte su PCC 153 che su CAT; per quest’ultimo si ottiene lo stesso grado di degradazione per le due concentrazioni utilizzate; per il PCC, invece, si ottiene una maggiore rimozione nella prova con concentrazione inferiore. Le prove anaerobiche hanno mostrato un grado di rimozione compreso tra il 53 e l’86%. Gli esperimenti di crescita in condizioni aerobiche condotti sui residui ottenuti dai test eseguiti nei reattori anaerobici hanno invece fatto registrare elevati gradi di efficienza di degradazione. E’ stata registrata la completa degradazione dell’acido protocatecuico per entrambe le prove e un’efficienza di rimozione del 95% per le prove condotte sulle soluzioni che inizialmente contenevano catecolo. Tab. 11.2 – Efficienza di degradazione dei composti fenolici per le prove eseguite Concentrazione iniziale Efficienza degradazione anaerobica (%) Efficienza degradazione aerobica (%) Efficienza degradazione processo combinato (%) CAT 500 mg/l 54 95 98 CAT 700 mg/l 53 95 99 PCC 500 mg/l 86 100 100 PCC 700 mg/l 67 100 100 Per quanto riguarda la rimozione del carico organico totale (TOC), si può osservare che il trattamento aerobico, in coda a quello anaerobico, migliora l’efficienza di degradazione, ma non permette, comunque, di conseguire una rimozione totale del carico organico presente (tab. 11.3). La formazione di intermedi tossici pare rallentare l’attività microbica. In ogni caso si sono ottenute efficienze di rimozione comprese tra l’85 e il 90% per ciò che riguarda le prove condotte sulle soluzioni che inizialmente contenevano catecolo e tra il 75% e l’87% per quelle che contenevano PCC. Tab. 11.3 – Efficienza di degradazione del carico organico totale (TOC) per le prove eseguite Concentrazione iniziale Efficienza degradazione anaerobica (%) Efficienza degradazione aerobica (%) Efficienza degradazione processo combinato (%) CAT 500 mg/l 47 62 85 CAT 700 mg/l 24 72 89 PCC 500 mg/l 65 60 87 PCC 700 mg/l 50 45 74 154 In definitiva il ricorso ad un trattamento combinato anaerobico-aerobico può essere un’interessante possibilità quando si volesse conseguire nel trattamento anaerobico un primo abbattimento del carico organico presente in un refluo a costi evidentemente minori rispetto al caso in cui tale refluo fosse trttato esclusivamente in condizioni aerobiche. Si ricorrerebbe perciò ad un pretrattamento del refluo in condizioni anaerobiche e l’efficienza di rimozione ottenuta in questo primo stadio potrà essere poi completata o migliorata, con costi energetici minori, nel trattamento aerobico. 155 Capitolo 12 Crescita microbica su acque di vegetazione reali 12.1 Introduzione Sono state effettuate alcune prove di degradazione biologica, in condizioni aerobiche, su un refluo proveniente dall’industria agro-alimentare, ovvero acqua di vegetazione proveniente da un frantoio oleario. Preliminarmente sono state determinate alcune caratteristiche analitiche di tale refluo; successivamente sono state preparate ed eseguite prove di crescita utilizzando i microrganismi appartenenti alla miscela Biolyte MX20. 12.2 Caratteristiche delle acque di vegetazione utilizzate Le acque di vegetazione utilizzate per questo studio provenivano dalla vasca di decantazione di un frantoio oleario, operante nella zona di Dolianova (Cagliari), che utilizza un processo continuo a tre fasi. Le AV sono state sottoposte ad alcune determinazioni analitiche per la loro caratterizzazione; i risultati sono riportati in tab. 12.1. Alcune di queste caratteristiche derivano dalle analisi effettuate sulle AV dopo che da queste erano stati preventivamente rimossi i solidi in sospensione, sia grossolani che colloidali. Infatti le AV molto scure e torbide sono state sottoposte ad alcuni trattamenti fisici quali centrifugazione e filtrazione. La centrifugazione è stata realizzata tramite una centrifuga da laboratorio; il surnatante è stato poi caratterizzato da tre cicli di filtrazione: il primo è stato realizzato con un filtro avente porosità pari a 2,5 μm, il secondo con un filtro di porosità di 1,2 μm, il terzo con dimensioni dei pori ancora più piccoli, pari a 0,45 μm. Al termine di questi tre cicli di filtrazione si è ottenuta una soluzione limpida di colore scuro. Sulle acque di vegetazione è stata effettuata un’analisi mediante spettrofotometro di massa per ricavare informazioni su alcuni dei composti che le costituiscono. La fig. 12.1 mostra il cromatogramma ottenuto. 156 Tab. 12.1 – Caratteristiche AV utilizzate Parametro Unità di misura Valore SST g/l 25,86 CODTQ g/l 63 CODFiltrato g/l 55 TOCFiltrato g/l 36,2 - 4,6 Polifenoli g/l 1,6 Glucosio (nel filtrato) g/l 1,04 pH Fig. 12.1 – Cromatogramma ottenuto dall’analisi sull’AV mediante spettrofotometro di massa 157 Il cromatogramma mostra la presenza di alcune aree di notevole ampiezza che testimoniano la presenza di composti organici in concentrazioni non trascurabili. La tab. 12.2 riporta l’elenco dei sei composti ipotizzati con la percentuale di corrispondenza per ciascun composto. Si noti, in particolare, la presenza di catecolo e fenolo con percentuali di corrispondenza piuttosto elevate. Tab. 12.2 – Possibili costituenti delle AV utilizzate 1 2 3 4 5 6 7 8 composto 3-metilpenta-1,3-diene-5-alcol tirosolo (Benzenethanol 4-hydroxy ) 5-undecanol 2-methyl 1-cycloexylethanol hexanoic acid cyclohexylester benzoic acid, 4-formyl-methylester phenol catechol corrispondenza 12% 83% 25% 43% 32% 83% 90% 90% 12.3 Prove di crescita sulle acque di vegetazione Alla soluzione centrifugata e filtrata sono stati aggiunti sia dei sali fosforici che dei sali di azoto per garantire ai microrganismi aerobici il corretto apporto di sali nutrienti. In particolare sono stati aggiunti (NH4)SO4 (concentrazione di 10 g/l), Na2HPO4 (17,46 g/l) e KH2PO4 (10,54 g/l). La combinazione dei due sali fosforici funge da tampone e porta la soluzione ad un valore di pH prossimo alla neutralità. In queste condizioni nell’acqua di vegetazione possono essere inoculati i microrganismi aerobici, preventivamente sottoposti al più volte citato procedimento di acclimatazione a glucosio. Le prove sono state eseguite con l’obiettivo di verificare la capacità dei microrganismi di degradare le sostanze organiche presenti nelle AV filtrate. La verifica è stata fatta, oltre che sul campione filtrato tal quale, anche su soluzioni di AV diversamente diluite con acqua distillata (1:5, 1:4, 1:3, 1:2), in modo da verificare l’effetto che la differente concentrazione iniziale esercita sul comportamento dei microrganismi e quindi sull’efficienza di rimozione del carico organico. Dette soluzioni, insieme al campione di AV filtrate ma non diluito, sono state trasferite in beute e inoculate tutte con lo stesso volume di coltura microbica acclimatata a glucosio. La loro crescita è stata seguita al trascorrere del tempo. La fig. 12.2 mostra le curve di crescita ottenute per le prove effettuate. Le curve evidenziano che in tutti i bioreattori c’è stata crescita microbica; questa ha avuto inizio subito dopo l’inoculazione nel caso delle beute più diluite (1:5 e 1:4). Viceversa si è registrata una latenza di circa 1,5 ore nel caso della beuta diluita 1:3. Invece, per la coltura esposta ad AV non diluite, la durata della fase lag è stata di circa 20 ore. La crescita è avvenuta in modo diversificato e con diversa velocità in relazione al tasso di diluizione delle AV. Nel caso della soluzione più 158 densità ottica diluita la crescita si è esaurita in cinque ore dopodiché la densità ottica è rimasta pressoché costante per circa 20 ore per poi mostrare una diminuzione della concentrazione cellulare di tipo logaritmico (fase di morte). I valori massimi di densità ottica relativi ai diversi sistemi sono risultati direttamente proporzionali ai valori di concentrazione iniziale del TOC. Le colture hanno mostrato una velocità di crescita che va da 0,062 h-1 per il filtrato non diluito, ad un massimo di 0,262 h1 per la soluzione più diluita (1:5). 3 TQ 1:2 2,5 1:3 1:4 2 1:5 1,5 1 0,5 0 0 20 40 60 80 tempo (ore) Fig. 12.2 – Curve di crescita su soluzioni a diversa diluizione di AV reali E’ stata poi presa in esame l’analisi dei dati di velocità di crescita in funzione della concentrazione del carico organico iniziale (TOC) per ciascuna prova eseguita, al fine di verificare quale potrebbe essere il modello in grado di esprimere la cinetica di crescita. Riportando in grafico la velocità di crescita contro la concentrazione del carico organico iniziale (TOC), si può osservare l’andamento di fig. 12.3, che è tipico di una crescita ad inibizione del substrato. Questo andamento, che evidenzia come l’aumento del carico organico (della componente solubile) comporti una riduzione della velocità di crescita, consente di comprendere meglio l’effetto inibitore delle AV sui microrganismi. Infatti, considerato che nella componente solubile delle AV si trovano i composti fenolici, più elevate concentrazioni di TOC sono in relazione a più elevate concentrazioni di composti fenolici. Quindi, per una loro miscela, agli effetti inibitori esercitati sui microrganismi dai singoli composti (determinato dell’elevato valore di concentrazione) vanno aggiunti quelli che provengono dall’effetto dovuto all’azione sinergica. 159 velocità di crescita (h -1) 0,3 0,2 0,1 0 0 10000 20000 30000 40000 concentrazione iniziale substrato, TOC (mg/l) Fig. 12.3 – Variazione della velocità di crescita con la concentrazione di carico organico iniziale nei bioreattori Nell’elaborazione cinetica preliminare dei dati di velocità di crescita, il tentativo di provare a descrivere tali dati con una cinetica tipo Andrews ha portato all’ottenimento di valori della costante μmax molto elevati e non realmente accettabili da un punto di vista fenomenologico. Questo aspetto richiede un ulteriore approfondimento sia da un punto di vista della sperimentazione che da un punto di vista dello studio modellistico. Per ciò che riguarda, infine, la percentuale di rimozione del carico organico presente, questa varia tra il 50 e il 60% per le prove eseguite a differenti diluizioni. 160 Capitolo 13 Considerazioni sul funzionamento di un reattore biologico aerobico per la degradazione dei composti fenolici 13.1 Dimensionamento del reattore e condizione di wash-out In questo capitolo verranno fatte alcune considerazioni su alcuni aspetti di tipo cinetico relativi al funzionamento dei reattori biologici aerobici, quando dovessero trattare dei reflui acquosi che contengono composti fenolici simili a quelli considerati in questo lavoro di tesi. Si consideri un reattore a mescolamento completo (fig. 13.1) nel quale avvenga una semplice trasformazione in cui dal substrato si ottiene biomassa. Fig. 13.1 – Reattore a mescolamento perfetto Per un reattore di questo tipo, si possono scrivere le seguenti equazioni di bilancio (Vismara, 1998), la prima per le cellule batteriche e la seconda per il substrato all’interno del reattore: dX = QX 0 − QX + rxV dt dS V = QS 0 − QS + rsV dt V (1) (2) 161 dove: V = volume del reattore; Q = portata del liquido; S0, S = concentrazione del substrato in ingresso e in uscita; X0, X = concentrazione di batteri in ingresso e in uscita. Si suppone che la cinetica di crescita della biomassa sia di tipo lineare rispetto alla concentrazione della biomassa: rx = μX − K d X (3) La velocità di crescita specifica μ può essere definita in relazione al comportamento cinetico della biomassa in funzione del substrato su cui avviene la crescita. Può essere espressa tramite l’equazione di Monod nella sua forma: μ S μ = max (4) S + KS e sostituendo l’espressione di rx diventa: μ S rx = X max − K d X (5) S + KS La cinetica di consumo del substrato, rs, è invece legata alla cinetica di crescita della biomassa dal coefficiente di resa: rs = – rx/Y, per cui rs può esprimersi come: r μ S 1 rs = − x = − X max (6) Y Y S + KS Per le condizioni di stato stazionario, dX/dt = - dS/dt = 0; inoltre, se si considera X0 Æ 0 come in pratica si può assumere rispetto a X, le equazioni (1) e (2) possono dunque scriversi: − QX + X μ max S V − K d XV = 0 (7) μ S 1 X max V = 0 Y S + KS (8) S + KS QS 0 − QS1 − Introducendo il tempo di permanenza idraulico θ, dove θ=V/Q, si ha: −X+X μ max S S + KS S0 − S − ϑ − K d Xϑ = 0 μ S 1 X max ϑ = 0 Y S + KS (9) (10) 162 Ricavando θ dalla seconda equazione si ottiene: ϑ= 1 KsS − Kd μ max + S (11) dalla quale si osserva come il tempo di permanenza idraulico dipenda da tre costanti cinetiche (μmax, Ks e Kd) e dalla concentrazione del substrato. Dall’equazione (11) si può ricavare il volume del reattore in base alla definizione stessa di tempo di permanenza idraulico, dalla quale si può scrivere: V= θQ. Conoscendo i parametri cinetici relativi al substrato preso in esame, la portata del refluo e imponendo la concentrazione di substrato richiesta in uscita dal reattore, si determina il volume necessario per conseguire la prestazione desiderata. In realtà non si vuole trattare qui il problema di progetto, bensì quello di verifica delle prestazioni del reattore biologico. Ipotizziamo cioè determinate condizioni di volume e di portata e verifichiamo quale concentrazione di substrato si può ottenere in uscita dal reattore. In altri termini, possiamo studiare come si debba agire sui parametri operativi per ottenere il grado di rimozione desiderato. Se si prende in esame l’equazione (9), considerando trascurabile il termine di morte, si può scrivere: QX=μXV (12) da cui μ=Q/V. Questo termine, che ha le dimensioni dell’inverso di un tempo, è il reciproco del tempo di permanenza idraulico e viene definito “tasso di diluizione”. Q (13) μ= =D V L’uguaglianza tra la questo termine e la velocità di crescita specifica è l’equazione caratteristica del reattore biologico CSTR (con alimentazione priva di biomassa) ed esprime la condizione del reattore allo stazionario. D=μ= Q μ max S = V S + KS Ricavando da questa relazione il valore di S si ottiene: KS D S= μ max − D (14) (15) Sul legame tra concentrazione del substrato e diluizione si possono fare alcune considerazioni. Il limite inferiore del parametro diluizione è il valore D=0 per il quale anche S=0. Il limite superiore invece si ha per S=S0, dove S0 è la concentrazione entrante nel reattore. In queste condizioni la concentrazione di substrato in uscita è uguale a quella in ingresso. Il reattore funziona senza 163 consumo di substrato e quindi, evidentemente, senza produzione di biomassa. Questa condizione limite viene detta di “wash-out” o di dilavamento. Il valore corrispondente viene detto tasso di diluizione di wash-out, in corrispondenza del quale si ha il tempo di permanenza idraulico in condizioni di wash out. Se il sistema é in condizioni di wash-out, la condizione (14) di funzionamento in stato stazionario diventa: So Dwo = μ ( S o ) = μ max (16) So + K S Nelle condizioni di wash-out la pendenza della curva S-D è notevole. Il valore della diluizione di wash–out é infatti prossimo a quello della velocità massima di crescita specifica μmax in corrispondenza del quale la curva S–D presenta un asintoto verticale. Può essere interessante analizzare il comportamento del reattore in relazione all’andamento della curva S-D ipotizzando la presenza nell’effluente di due composti fenolici, il PCC e il PHB, studiati in questo lavoro, tenendo conto dei parametri cinetici determinati nel cap. 4. Per entrambi i composti la cinetica di crescita microbica è stta descritta con l’equazione di Monod. Per il PCC si erano trovati i seguenti valori dei parametri cinetici: μmax = 0,601 h-1 e Ks = 61 mg/l mentre per il PHB si era ricavato: μmax = 0,218 h-1 e Ks = 68,3 mg/l Sostituendo tali valori nell’equazione (15), e diagrammando S in funzione di D si ottiene la fig. 13.2. 2000 PCC 1800 PHB 1600 S (mg/l) 1400 1200 1000 800 600 400 200 0 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 D (1/h) Fig. 13.2 – Andamento della concentrazione del substrato in uscita dal reattore in funzione della diluizione per il PCC e il PHB 164 Tramite questo grafico possiamo capire cosa avviene all’interno del reattore in certe condizioni. Supponiamo, per esempio, l’immissione come substrato aggiuntivo, di PCC o PHB alla concentrazione, per entrambi, di 200 mg/l, in ingresso ad un reattore già in funzione con un suo tempo di residenza fissato. Per il valore di concentrazione fissato, dal grafico si ottiene un valore di diluizione di wash-out pari a circa 0,17 h-1 per il PHB e pari a 0,47 h-1 per il PCC. Questi valori devono essere confrontati con la diluizione (o il tempo di residenza idraulico) con cui lavora il reattore. Se il valore fosse, per esempio, di 0,5 h-1 non verrebbe degradato né il PHB né il PCC, essendo il loro valore di diluizione di wash-out inferiore al valore di diluizione a cui lavora il reattore. La condizione di funzionamento che garantirebbe la depurazione sia del PHB che del PCC si avrebbe, per esempio, per un valore di diluizione del reattore prossimo a 0,1 h-1. E’ evidente che le condizioni più restrittive si hanno per il PHB: per un valore di diluizione del reattore pari a 0,3 h-1 si avrebbe infatti la degradazione del PCC ma non del PHB. Naturalmente il discorso cambia se si avesse una concentrazione in ingresso differente dei due composti: si dovrebbero ri-verificare le condizioni di wash-out per i componenti considerati e confrontarle con quelle del reattore. Per rimediare ad una situazione in cui per un composto organico si fosse nelle condizioni di wash-out (concentrazione in ingresso uguale a quella in uscita), si può intervenire modificando il tempo di permanenza idraulico all’interno del reattore, oppure facendo riscorso ad un altro tipo di microrganismi che possano garantire un maggiore abbattimento del composto in questione. Queste considerazioni evidenziano che, nel caso del trattamento biologico di un effluente caratterizzato dalla presenza di differenti composti organici che devono essere rimossi, risulta di primaria importanza, sia per il dimensionamento che per la gestione del reattore biologico, la conoscenza del comportamento cinetico dei microrganismi utilizzati (tipo di cinetica seguita e valori dei parametri), dando per scontato che devono essere disponibili dati certi sulle principali caratteristiche dell’effluente da trattare. 165 Conclusioni L’oggetto di questo lavoro è stato il trattamento di degradazione, mediante reattori biologici batch a crescita sospesa, di composti fenolici che sono normalmente presenti nei reflui acquosi di differente provenienza (industria chimica, industria agroalimentare, ecc..) e che si distinguono per la loro scarsa degradabilità e tossicità nei confronti dei microrganismi. In questo lavoro sono state descritte le prove sperimentali effettuate con bioreattori in scala di laboratorio che hanno riguardato la degradazione aerobica ed anaerobica di alcuni composti fenolici mediante colture batteriche miste. Sono quindi stati presentati e commentati i risultati ottenuti con la sperimentazione. In particolare, sono stati presi in considerazione quattro composti fenolici (catecolo, acido protocatecuico, acido p-idrossibenzoico e acido vanillico) ed una sostanza facilmente degradabile (glucosio). Scarichi sintetici ottenuti con soluzioni acquose di queste sostanze sono state utilizzate come alimento per i microrganismi al fine di studiare sia il comportamento delle colture batteriche (cinetica di crescita) sia la degradabilità dei substrati organici (cinetica di consumo). Per quanto riguarda le prove condotte in condizioni aerobiche in presenza dei singoli composti fenolici, è emerso che il catecolo e l’acido vanillico sono composti inibitori della crescita microbica e i dati cinetici relativi sono stati interpretati tramite l’equazione di Andrews; viceversa i dati cinetici ottenuti dalla sperimentazione eseguita su acido protocatecuico e acido p-idrossibenzoico sono stati interpretati con l’equazione di Monod. Dalle stesse prove, condotte per ciascun composto fenolico su un range di concentrazione compreso tra 100 e 600 mg/l, si è ottenuta la completa rimozione delle stesse sostanze fenoliche e un abbattimento del carico organico (TOC) compreso tra il 90 e il 95%. Sono stati inoltre descritti due modelli di consumo delle due sostanze fenoliche (uno per l’acido protocatecuico e uno per il catecolo). Dalle prove aerobiche condotte su miscele costituite da più sostanze organici è emerso che: - in miscele costituite da glucosio e composto fenolico la degradazione è sequenziale: viene consumato prima il substrato di più facile degradazione (glucosio) e successivamente il composto fenolico; - in miscele costituite da più composti fenolici si ha un effetto sinergico e il consumo è in alcuni casi contemporaneo, in altri sequenziale, a seconda della natura dei composti in questione: anche in queste prove è stata conseguita, alle concentrazioni sperimentate, la completa degradazione delle sostanze fenoliche presenti. Relativamente al ruolo dell’acclimatazione (in particolare al tipo di substrato utilizzato per l’accimatazione) sul comportamento delle colture, si è osservato che l’acclimatazione dei microrganismi ad un substrato fenolico (catecolo) favorisce la degradazione del catecolo stesso sia quando è presente da solo che in 166 miscela col glucosio, ma non migliora l’efficacia della degradazione di altri composti fenolici. Riguardo all’effetto della concentrazione dei composti fenolici sia sulla crescita microbica che sul consumo dei substrati, dalle prove eseguite con concentrazioni dei substrati elevate (cioè prossime a quelle effettivamente presenti in alcune acque di vegetazione ottenute dalla lavorazione delle olive nei frantoi oleari) è stato conseguito l’abbattimento dei composti di partenza (glucosio e composto fenolico), mentre la riduzione del carico organico totale è stata variabile tra il 60% e il 90% a seconda del composto fenolico utilizzato. Le prove condotte in condizioni anaerobiche hanno mostrato che i microrganismi anaerobici utilizzati (batteri acidogeni) sono capaci di degradare solo in parte i composti fenolici, diversamente da quanto è stato ottenuto per le prove in condizioni aerobiche eseguite sugli stessi composti e alle stesse concentrazioni. Dalle prove di cinetica effettuate si è trovato che il catecolo e l’acido p-idrossibenzoico favoriscono una crescita descrivibile con l’equazione di Monod, con l’acido protocatecuico la cinetica di crescita è quella di Andrews, invece con l’acido vanillico si è riusciti ad ottenere una crescita microbica solo quando esso era in miscela con altri substrati (glucosio o acido pidrossibenzoico). Gli esperimenti di degradazione dei composti fenolici effettuati facendo ricorso ad un trattamento combinato anaerobico-aerobico mostrano che questo sistema è fortemente condizionato dalla composizione qualitativa dello scarico; infatti essendo risultato che qualche composto fenolico, in condizioni anaerobiche non viene degradato per niente o solo in modo molto limitato, il sistema combinato potrebbe essere conveniente solo nei casi in cui si riesce a conseguire almeno una parziale riduzione del carico organico. La parte restante verrebbe rimossa a valle col trattamento aerobico. Le prove di crescita con microrganismi aerobici condotte su acque di vegetazione reali hanno mostrato come la crescita microbica richieda fasi di latenza maggiori, al crescere del carico organico. Le velocità di crescita ottenute da prove effettuate su AV con diverse diluizioni tendono a decrescere all’aumentare della concentrazione dei carico organico presente. Con queste prove si sono ottenute percentuali di rimozione del TOC iniziali comprese tra il 50 e il 60%. 167 Bibliografia Aktas E., Imre S., Ersoy L., Characterization and lime treatment of olive mill wastewater, 2001, Wat. Res. Vol. 35, No. 9, pp. 2336-2340. Álvarez-Rodríguez, M.L., Belloch, C., Villa, M., Uruburu, F., Larriba, G., Coque, JJR., Degradation of vanillic acid and production of guaiacol by microorganisms isolated from cork samples, 2003, FEMS Microbiol Lett 220: 49-55. Armenante P. M., Kafkewitz D.,; Lewandowski G. A.; Jou C.; Anaerobic-aerobic treatment of halogenated phenolic compounds, 1999, Water research, vol. 33, N.3, pp. 681-692 (1 p.1/2). Balice V., Cera O., Acidic phenolic fraction of the olive vegetation water determined by a gas chrmoatographic method, 1984, Grasas Aceites, 35, 178180. Borja R., Banks R., Maestro Duran R., Alba J., The effects of the most important phenolic costituents of olive mill wastewater on batch anaerobic methanogenesis, 1996, Envir. 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