CONOSCERE L`UOMO SCOPRENDO I LATI "OSCURI" DELLA

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CONOSCERE L'UOMO SCOPRENDO I LATI "OSCURI" DELLA PERSONALITA'.
I SETTE VIZI CAPITALI: "ABITI DEL MALE" (Aristotele)
O "MALATTIE DELLA PSICHE" (Freud)?
Premessa
Al fine di rispondere alla domanda espressa nel titolo del corso “I sette vizi capitali: abiti del
male (come li considerava il filosofo greco Aristotele) o malattie della psiche ( come li
riteneva invece Freud)?, inseriamo la nostra riflessione all’interno del pensiero di Jung,
che abbiamo già imparato a conoscere e che, personalmente, ritengo essere uno dei
pensatori che ha saputo accostarsi al mistero dell’animo umano con una visione
antropologica globale.
Tra tutti i concetti nati dalla riflessione junghiana quello che meglio ci può aiutare ad
approfondire e a comprendere il discorso sui vizi è quello dell’OMBRA.
Per Jung l’OMBRA è uno degli archetipi che l’uomo porta dentro di sé. Cosa sono questi
archetipi?
Sono i contenuti dell’inconscio collettivo: immagini e idee primordiali,modelli di formazioni
simboliche ricorrenti nella psiche di tutta l’umanità. E’ una rappresentazione mentale
primaria che fa parte dell’inconscio collettivo e si manifesta in simboli presenti in tutte le
culture e in ogni epoca storica; è il prodotto delle esperienze primordiali dell’umanità sugli
aspetti fondamentali dell’esistenza. L’uomo non può entrare in contatto diretto con
l’archetipo, ma lo può percepire sotto forma di immagine simbolica, in ogni genere di
manifestazione
psichica:sogni,sintomi
nevrotici,visioni,arte,prodotti
della
libera
immaginazione,oltre che nei miti,nelle fiabe, nella religione. Gli archetipi rappresentano le
strutture psichiche di base e si sono sviluppati come nuclei psichici separati. Tra questi
ricordiamo: la grande Madre, il Senex, il Puer, l’Ombra, la Persona, l’Anima, l’Animus, il
Sé.
Per Jung la totalità, come espressione di tutti gli aspetti della personalità,è la meta
dell’esistenza da realizzare attraverso il superamento ed integrazione degli opposti.
L’uomo totale (=equilibrato o meglio in cerca dell’equilibrio) è sinonimo di un uomo che ha
compiuto o sta percorrendo il cammino di “individuazione”, di integrazione delle diverse
parti della personalità per realizzare la sua completezza, quando si ha la trasformazione
dell’uomo,sino a quel momento frammentario, in un tutto unito e completo, il Sé.
Il Sé rappresenta lo scopo dell’uomo totale,,vale a dire la realizzazione della sua totalità e
della individualità, consenziente o meno la sua volontà.. Perchè il processo di
individuazione possa realizzarsi è necessario accogliere quella parte di personalità che
l’uomo cosciente dovrebbe integrare per realizzare la sua completezza ( l’Animus per la
donna e l’Anima per l’uomo; l’Ombra per entrambi).
Per il nevrotico (= chi ha disturbi psichici) il percorso di guarigione coinciderà con il
percorso di integrazione: poiché la nevrosi origina da uno stato frammentario della
coscienza umana, essa può essere curata solamente dalla sua totalità, sia pure
approssimativa dell’essere umano.
Per Jung,essendo la nevrosi una “sofferenza della psiche che non ha trovato significato”
nessuno guarisce veramente se non riesce a “raggiungere un atteggiamento religioso”
capace di dare al malato significato e “quello di cui ha bisogno veramente per vivere,cioè
fede,speranza,amore e conoscenza”.
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CORSO ANTROPOLOGIA : I 7 vizi capitali: abiti del male(Aristotele) o malattie della psiche (Freud)?
Giuseppe Fojeni
L’OMBRA
Tratti- emozioni nascoste della personalità: riconoscerli ed accettarli.
Ombra, diavoli, mostri – abbiamo assegnato nomi diversi a questo complesso psichico
dell’Ombra presente in ogni essere umano. L’Ombra non costituisce un aspetto rilevante
solo per la psicologia ma anche per la religione. Chiunque percorre un cammino spirituale
deve affrontare la propria Ombra. L’Ombra è il lato della nostra coscienza che ci volta le
spalle. Ecco perché ci risulta così difficile vederla e, quando emerge,riconoscerla come
appartenente a noi, accettandola. La riconciliazione con questo nostro partner ed
antagonista resta uno dei compiti principali della nostra vita: costituisce addirittura il
presupposto per il nostro percorso di crescita e di integrazione, come concordano le
dottrine di saggezza dell’Occidente e dell’Oriente, nonché la moderna psicologia. L’Ombra
è uno dei poli della nostra personalità.
Gli aspetti della nostra personalità che rimangono in Ombra (cioè isolati, negati,proiettati
sugli altri,rifiutati…)diventano mostri oscuri nella psiche e minacciano l’equilibrio del nostro
Io, rendendoci incapaci di avere un rapporto soddisfacente con noi stessi e con gli altri,
mentre
se
questi
elementi
psichici
e
emotivi,
che
noi
giudichiamo
“dannosi/sporchi/inadeguati”, sono portati alla coscienza, accettati, tollerati e integrati
nell’esperienza affettiva della nostra vita, possiamo giungere al Sé: solo in questo modo si
libera in noi una grande energia creativa e vitale,che darà forza alle nostre scelte
esistenziali future.
Nelle immagini terribili,nei volti orribili, negli animali e nei demoni, nei mostri che emergono
dai nostri sogni incontriamo i nostri mostri-Ombre interiori. Incontriamo tutto ciò che non
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riusciamo ad accettare in noi stessi. Ma non è sufficiente accettare la propria ombra:
dobbiamo anche accettarla come parte di noi stessi.
La proiezione dell’Ombra verso l’esterno.
Inizialmente tendiamo a proiettare la nostra Ombra verso l’esterno,sull’altro sesso,l’altra
razza, l’altra cultura,l’altra religione, sugli ebrei, sui pagani,sui nazisti, sugli stranieri. In tal
modo “demonizziamo” negli altri ciò che dovremmo in effetti riconoscere come nostra
componente integrante.
Jung dice che la proiezione verso l’esterno trasforma l’ambiente circostante nel proprio
volto sconosciuto. Ecco che sono sempre gli altri i brutti e i cattivi. Il primo compito consiste
dunque nel far rientrare tali proiezioni e riconoscere in se stessi gli elementi negativi e il
male, perché altrimenti essi non perderanno il loro effetto distruttivo.
Secondo Jung il ritiro della proiezione della nostra Ombra sugli altri, significa cominciare a
rendersi conto che alcuni dei nostri giudizi e delle nostre supposizioni sugli altri in realtà
non li riguardano, ma si riferiscono proprio a noi stessi.
Dunque ci tocca realizzare qualcosa di quasi impossibile:dobbiamo guardare dietro l’angolo
per riconoscere in noi stessi quel male che scorgiamo all’esterno e negli altri. Infatti, se non
fosse presente in noi un elemento corrispondente all’ombra esteriore,non saremmo esposti
al suo potere distruttivo. Finché non ce ne rendiamo conto neghiamo gli atteggiamenti
presenti nella nostra psiche per i quali critichiamo gli altri.
La cosa migliore è rivolgersi ai nostri sogni per osservare come viene simboleggiata
l’Ombra in noi. Nel LIBRO TIBETANO DEI MORTI ci vengono presentati alcuni esempi di
come l’Ombra possa esprimersi sotto forma di volti minacciosi, animali disgustosi e demoni.
Una caratteristica tipica è quella che tali manifestazioni ci fanno paura. Ci sentiamo
fortemente minacciati. Nel sogno fuggiamo. Invece dovremmo fare proprio il contrario:
dovremmo voltarci,guardare e avviare un dialogo con la nostra Ombra.
L’Ombra ‘bianca’.
L’Ombra può contenere anche elementi che sono positivi . Infatti nessuno di noi riesce a
esprimere completamente tutti i propri talenti e desideri; molti ricadono nell’inconscio,
nell’Ombra. Molto spesso, durante il cammino psicoterapeutico emerge che una persona
sta male perché non riesce ad accettare i suoi tratti positivi. Molti maschi con sensibilità ed
emotività accentuata, ad esempio, faticano ad ammettere di provare impulsi simili. Esistono
anche qualità positive che riteniamo inaccettabili. Anche in questo caso il nostro compito è
quello di riconoscerle ed integrarle.
Non è l’Ombra che crea confusione nella nostra psiche,bensì il fatto di non rendersi conto
della sua presenza, permettendole dunque di vivere una vita autonoma all’interno della
nostra psiche.
La psicologia chiama tale fenomeno dissociazione di alcuni elementi particolari, che non ci
appaiono dunque più come appartenenti a noi stessi e che, a questo punto si manifestano
sotto forma di demoni, di cani neri, oppure come una massa minacciosa che tenta di
inghiottirci.
Dobbiamo quindi darci da fare per scoprire cosa si nasconde dietro la nostra Ombra. Non è
un compito semplice,dal momento che fin dall’infanzia, abbiamo dovuto negare tali
elementi minacciosi.
Abbracciare/integrare l’Ombra.
Più ci difendiamo nei confronti dell’Ombra e delle sue manifestazioni e più soffriamo
psicologicamente. Più la rimuoviamo nell’inconscio e più è come se le conferissimo
maggiore potere su di noi. Anche se cerchiamo di nascondere questi lati oscuri,soprattutto
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agli altri, ben di rado ci riusciamo (nel Vangelo il Cristo dice che “ciò che viene tenuto
segreto, sarà rivelato a tutti sopra i tetti…). Un vero amico ci può aiutare in quanto dotato di
uno sguardo più limpido e libero nei confronti delle nostre rimozioni rispetto a noi stessi.
Una domanda che possiamo farci per scoprire da soli i trucchi utilizzati dalla nostra Ombra
è quello di chiederci:
CHE COSA VOGLIO NASCONDERE AGLI ALTRI?
Per ammetterlo è necessario riscoprire una virtù – ecco che cominciamo ad entrare
nell’argomento dei “vizi e delle virtù” – di cui al giorno d’oggi non si parla più volentieri:
l’umiltà.
Se riusciamo ad essere umili, e riconoscere così i nostri lati oscuri, l’immagine di noi stessi
che abbiamo creato crescendo può sgonfiarsi e sciogliersi come un pupazzo di neve
esposto ai raggi del sole.
E’ importante sapere che non è necessario esternare i nostri lati oscuri. Basta ammetterli
ed accettarli.
Non dobbiamo neppure dire completamente di no. Non è semplice trovare una via di
mezzo tra l’accettazione e l’esternazione da un lato e la limitazione e la negazione
dall’altro, perché con un no assoluto blocchiamo il flusso dell’energia vitale.
Lo psicologo Wilhelm Reich l’ha evidenziato nella sua opera: dicendo un no assoluto
costruiamo come una specie di prigione che al tempo stesso continuiamo a prendere
d’assalto. Reich parla di una corazza che ci limita,impedendo lo sviluppo della nostra
personalità.
Trovare la via di mezzo tra il si e il no non è cosa semplice ma è assolutamente necessario
perché la nostra personalità possa maturare.
La difficoltà che abbiamo noi occidentali a raggiungere questo obiettivo è dovuto alla
formazione che abbiamo ricevuto, di tipo dualistico. Facciamo fatica a comprendere come
due elementi contrapposti possano coesistere in un’unica realtà ( vi ricordate il Libro di
Giobbe con il “lato oscuro” di Dio…lo Yin e lo Yang…).
Alcuni psicologi sostengono che si deve cercare di familiarizzare con queste ombre, o
perlomeno giungere ad una certa armonia. Anche una coesistenza con esse può aiutarci.
L’Ombra è semplicemente l’altra faccia che rende stabile il nostro lato positivo, in quanto
dobbiamo sempre stare in guardia nei confronti di un degno avversario. SI dovrà conoscere
bene il proprio avversario se non si vuole perdere la partita. Si dovranno comprendere i
suoi giochetti raffinati e i suoi trucchi se non si vuole continuare ad avere la peggio.
Come nasce l’Ombra?
Dagli studi psicologici effettuati nel corso degli anni si sono evidenziati tre livelli antropologici
nei quali si è venuta a creare l’Ombra:
- il livello della psicologia dello sviluppo;
- il livello evolutivo;
- il livello teologico-mitologico.
IL LIVELLO DELLA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO:
l’esperienza di conflitto sorge in parte nella nostra infanzia, dalla concorrenza con fratelli e
sorelle per ottenere l’attenzione da parte dei genitori e degli adulti. Spesso sopravvive fino
all’età adulta,ripresentandosi sotto forma di rivalità e gelosie nel rapporto di coppia e nella
professione.Il conflitto tra fratelli è ben noto nella letteratura (Caino-Abele; Giacobbe –
Esaù; Cenerentola e le sue sorelle…).
Dobbiamo accettare il fatto che il fratello buono e quello cattivo sono due componenti della
nostra psiche che coabitano in noi.
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IL LIVELLO EVOLUTIVO :
pensiamo alle lunghe lotte tra diverse tribù e società,tra le classi abbienti e i nullatenenti. La
storia umana è un racconto di guerre. Questa lotta è ancora in atto e possiamo nutrire seri
dubbi sulla capacità dell’umanità di trasformarla in coesistenza pacifica nei prossimi anni.
IL LIVELLO TEOLOGICO – MITOLOGICO :
anche nella storia del mondo (=cosmo genesi) liti e conflitti hanno un ruolo importante. In
molte religioni antiche (Zoroastro nell’antica Persia) si trova lo scontro tra la luce e le
tenebre. Pensiamo al dualismo maschile e femminile. In ogni Western ( o in ogni film) ci
sono i buoni e i cattivi. Tali dualismi costituiscono al tempo stesso tipologie presenti nella
nostra psiche poiché il super-io,sempre all’erta,continua ad ergersi a giudice nei confronti
della vittima da condannare.
Anche l’oriente conosce il dualismo di yin e yang. Tuttavia, come possiamo vedere bene
illustrato nell’immagine di questo simbolo, i due elementi contrapposti si abbracciano fino a
formare un’unità.
Noi tendiamo ad operare una separazione molto più netta tra bene e male,tra l’angelo e il
diavolo, tra il paradiso e l’inferno.
A volte anche l’educazione ricevuta volendo raggiungere determinati obiettivi, si dimentica
della globalità della persona: questo è accaduto perché in occidente si è sviluppata molto di
più la razionalità e questo sviluppo ha portato ad un dogmatismo che si è diffuso in ogni
ambito di riflessione, anche in quello religioso: ad es. ci sono stati sempre proposti modelli
irraggiungibili e perfetti come i santi, provocando in molte persone frustrazioni a livello di
formazione della personalità. Non è necessario che l’essere umano sia perfetto. L’obiettivo
è piuttosto quello di raggiungere un’armonia e integralità.
Se non riusciamo ad armonizzare questo dualismo presente in noi, continuiamo ad essere
esposti alle forze distruttrici della lotta in atto.
Perché possa avvenire una trasformazione dobbiamo diventare giudici saggi nei nostri
stessi confronti : in noi convivono inquisitore e accusato, giudice e boia.
Anche in Oriente ci si confronta con le “Ombre”: Nel “Libro Tibetano dei morti” i demoni
sono la personificazione di forze maligne e benigne: il nostro primo impulso è proiettarle
verso l’esterno. Lo stesso, secondo questa saggezza orientale, avverrà al momento della
morte. Spesso queste turbolenze interiori non sembrano più controllabili e così ci sentiamo
coinvolti in queste lotte. Il Libro suggerisce di affrontarle qui ed ora, altrimenti non ci
lasceranno in pace neppure nel momento della nostra morte, rendendoci difficile il
trapasso.
L’OMBRA dunque è una dimensione della nostra psiche che noi, sia nella condizione
normale sia in quella patologica, tendiamo a disconoscere perché la sentiamo incompatibile
con la nostra struttura personale o con il ruolo che incarniamo nella vita pubblica.
Il rapporto con le nostre ombre nascoste è centrale anche nel BUDDISMO, dove ad
esempio il bodhisattva della compassione (= eroe della mente e del risveglio) viene
rappresentato con in mano uno specchio e una fiamma purificatrice, per indicare che le
sofferenze si possono alleviare solo quando riusciamo a vedere nello specchio le nostre
emozioni rifiutate; solo se le riconosciamo come parte di noi stessi, esse possono essere
affrontate e superate. Allo stesso modo, secondo Jung, le emozioni negate formano la
nostra Ombra (= pulsioni vitali che l’Io giudica pericolose e sbagliate perché non adatte alla
vita sociale) e vengono nascoste nell’inconscio.
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Oltre a quello che abbiamo già detto dell’Ombra, a conclusione della nostra riflessione,
affrontiamo due diversi tipi di Ombra che possiamo incontrare durante la nostra crescita:
l’Ombra famigliare;
l’Ombra nazionale;
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L’OMBRA FAMIGLIARE :
la famiglia non veicola solo valori e convinzioni positive, ma anche zone d’ombra che
vengono generate da rimozioni collettive. Scandali famigliari,ferite, tragedie e drammi
rimasti allo stato inconscio nella memoria della famiglia hanno la tendenza a riprodursi da
una generazione all’altra. In casi simili troviamo genitori che impediscono ai propri figli di
esprimere certe emozioni o di mettere a profitto qualità e talenti. A volte l’ombra di tutta una
famiglia si concentra su uno solo dei suoi membri (=capro espiatorio) che viene chiamato
dalla psicologia sistemica, il Paziente Designato.
Un’altra scuola psicologica, quella transazionale, parla di ingiunzioni educative negative
che i genitori passano ai figli: non esistere, non essere te stesso, non essere uomo(o
donna), non essere un bambino, non diventare grande, non pensare, non essere sensibile.
A questo proposito, suggerisco , a chi è interessato all’argomento, la lettura di: Anne
Ancelin Schutzemberger, IL PIACERE DI VIVERE, Di Rienzo editore.
L’OMBRA NAZIONALE :
basta visitare un Paese straniero per accorgersi che ciò che è un difetto nella propria patria
può essere considerato un pregio in un'altra. Solo il contatto assiduo di un popolo con un
altro popolo porta a riconoscere le vere lacune e i veri difetti del carattere nazionale. La
proiezione dell’Ombra collettiva sul “nemico” è alimentata dalla propaganda dei media (vedi
persecuzioni contro gli ebrei). Minoranze, stranieri ma anche spiriti elevati danno sempre
fastidio per la loro diversità e la loro originalità. Sono così destinati a diventare capri
espiatori, portatori di tutte le ombre negative dell’ombra nazionale.
ESEMPI : Lo Heyhoka presso i Sioux d’America esercitava il ministero sacro di interpretare
l’ombra del gruppo: Faceva una serie di cose al contrario.
Il Giullare di corte nell’antichità rivelava al Re tutto quello che la corte cercava di nascondergli.
Attualmente sono i comici e i clown che esercitano tale funzione.
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SUI VIZI : RIFLESSIONI GENERALI
1. A volte siamo portati a pensare che i vizi siano nati con la riflessione di natura
religiosa. Non è così: la prima riflessione sui vizi nasce in filosofia per approdare alla
religione e, in fine, alla psicanalisi. Il problema del bene e del male è sempre stato oggetto
della speculazione filosofica dell’uomo. Pensiamo al mito greco di Ercole. Giunto ad un
bivio gli si presentano due donne i cui nomi dicono già tutto: Aretè (= Virtù) e Kakìa (=Vizio)
e l’eroe deve scegliere. Nel Vangelo Gesù afferma : ”Entrate per la porta stretta, perché
larga e spaziosa è la via che conduce alla perdizione e molti sono quelli che vi entrano.
Quanto stretta è,invece,la porta e angusta la via che conduce alla vita,e quanto pochi sono
coloro che la imboccano” (Mt.7,13-14). Ma, come si diceva all’inizio, già prima del discorso
di Gesù, nel VII secolo a.C., il poeta greco Esiodo scriveva: “Facile e agevole è scegliere il
male,una via piano a noi molto vicina. Gli dei hanno imposto il sudore per la virtù: lunga e
difficile è,infatti, la sua strada e, all’inizio,aspra. Quando però, si raggiunge la vetta,diventa
agevole ciò che prima era arduo”.
2. Non esiste qualcosa di completamente negativo né qualcosa di completamente positivo. Il
positivo e il negativo sono “polari”, cioè si richiamano tra di loro e sono necessari per
spiegarsi reciprocamente. Per cui possiamo affermare che dietro ogni vizio si nasconde
una virtù. L’oratore romano Quintiliano affermava “Vicina sunt vitia virtutibus” e S. Girolamo
metteva in guardia contro le persone troppo virtuose perché, a suo dire, “una virtù
esasperata può divenire ipocrita e scivolare nella palude del vizio”. Il filosofo romano
Seneca diceva che “ci sono vizi che confinano con le virtù”: Bisogna dunque stare attenti
nel giudicare le persone perché, come dice un proverbio “ogni ladrone ha la sua
devozione”.
3. I vizi, pur manifestandosi soggettivamente (= cioè secondo come è strutturata ogni
persona) hanno una base comune: nascono all’interno di una persona libera e cosciente
attraverso un atto che viene definito peccato (colpa, trasgressione). Non si tratta di un atto
isolato,ma di una trasformazione in una abitudine accolta e coltivata.
4. La legge di Newton dell’anima : quando si comincia a cedere al vizio, sia pur lievemente
e/o ricorrendo ad una scusante, non è che ci si fermi lì. Il varco aperto si allarga e,
spesso,insensibilmente si arriva al punto di non ritorno perché, come abbiamo già visto
quando parlavamo delle due strade da scegliere, è più facile scegliere il male che il bene. Il
filosofo Cioran afferma : “Il male, al contrario del bene ha il duplice privilegio di essere
affascinante e contagioso”.
5. Il termine VIZIO viene dal termine latino VITIUM. Se prendiamo un Dizionario della
lingua italiana troviamo la dizione: “ Abituale disposizione al male, al peccato o,
genericamente in modo abietto,ad assumere abitudini e comportamenti moralmente
riprovati”.
Siamo dunque di fronte ad un vizio quando una persona è abitualmente dedita ad un
comportamento moralmente riprovato. Cioè, questo comportamento diventa tutt’uno con la
persona, diventa come uno stato mentale operativo. Ecco perché il proverbio recita “Il lupo
perde il pelo, ma non il vizio”.
RIFLESSIONE:
c’è o non c’è coscienza nel vizioso? I Vizi capitali presuppongono responsabilità dal punto
di vista etico, ma quando questa responsabilità non sussiste? Il Vizio non è un peccato,
perché il peccato è un atto cattivo singolo, mentre il vizio è un costume acquisito, una
disposizione dell’animo che diventa strutturale alla persona.
6. Il numero dei vizi capitali viene fissato in sette. Il settenario, come è noto,
nell’immaginario simbolico è indice di completezza e pienezza. In Oriente, per molti anni, si
parlava di otto vizi (veniva citata anche “la tristezza”). E’ stato papa Gregorio Magno,nel VI
secolo d.C. che isolò la Superbia come sorgente di tutti i mali, e unificò tristezza e accidia.
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Però fu solamente nel Medioevo che si optò definitivamente per il settenario, sulla scia
delle sette virtù e degli altri settenari biblici.
7. Attenzione particolare merita Tommaso d’Aquino (1225-1274) che con la sua “SUMMA
TEOLOGIAE” darà il via alla riflessione , in tutti i campi del sapere, sui vizi. Tommaso parte
da una riflessione di base: l’uomo desidera malamente quattro beni e rifugge da tre. Il
primo bene è spirituale: l’onore, la gloria, l’eccellenza. Se il desiderio diventa incontrollato
ecco fiorire la Superbia. Il secondo e il terzo bene sono corporali: la conservazione fisica di
se stessi che, se disordinata, genera il vizio della gola e la conservazione della specie che,
se disordinata, genera la lussuria. Il quarto bene è materiale e riguarda le realtà
economiche: l’attaccamento sfrenato ad esse produce l’avarizia. Tre sono invece i beni che
l’uomo trascura e, facendo ciò, si avvicina al male. Anzitutto il proprio sviluppo morale e
spirituale ,che richiede impegno: è la pigrizia o accidia a rifiutarlo. C’è poi il bene altrui che
si disprezza o si demolisce perché ci è di monito: ecco l’invidia. Infine, il bene del rispetto e
dell’amore verso il prossimo che, quando è rigettato, si trasforma in ira e in odio. Il pensiero
di Tommaso è interessante perché mira a connettere il negativo del vizio a una radicale
positività che è alla base dell’etica. Si comprende perciò perché, in presenza dei vizi e del
male, in generale, non esistano più valori etici.
Quattro beni desiderati (malamente)
Onore, gloria eccellenza
Conservazione fisica di se stessi
Conservazione della specie
Realtà economiche
Vizi che nascono se i beni non sono
desiderati
Superbia
Gola
Lussuria
Avarizia
Beni che l’uomo trascura
Vizi generati
Proprio sviluppo morale e spirituale
Accidia
Bene altrui che si disprezza o si demolisce
Invidia
Bene del rispetto e dell’amore verso il
Ira
prossimo
8. Ultimamente si è tentato di allargare o di attualizzare il numero dei vizi: Umberto
Galimberti ad es. ha proposto un nuovo settenario in cui elenca i vizi attuali dell’uomo
moderno: consumismo,conformismo,spudoratezza,sessomania,sociopatia,diniego e vuoto.
Secondo Galimberti, più che una “deviazione” della personalità, essi ne segnalerebbero un
“dissolvimento”. “I nuovi vizi non sono personali ma tendenze collettive,a cui l’individuo non
può opporre un’efficace resistenza individuale,pena l’esclusione sociale”. Questa
affermazione del filosofo ci fa pensare che il nuovo peccato radicale, rispetto alla Superbia,
sia il “conformismo”.
9. Un altro filosofo che non possiamo dimenticare è Immanuel Kant, vissuto nel XVIII secolo:
Egli ha dedicato ampi spazi al discorso sui vizi soprattutto nell’opera “Antropologia
pragmatica “del 1798. Il suo pensiero è importante perché il filosofo svincola il suo discorso
etico da ogni rimando ad una norma trascendente di indole religiosa (allineandosi con
l’Illuminismo), e introduce il concetto di virtù come dovere e di vizio come trasgressione.
Per questo egli denomina i vizi come “mostruosità” perché essi attentano alla dignità della
persona umana. Analizzando i vizi uno per uno non in maniera astratta, ma come veri e
propri aspetti del carattere che, infrangendo ogni dovere, porta la persona umana alla
falsità, all’avarizia,all’egoismo,al servilismo,alla misantropia, alla maldicenza…Possiamo
dire che Kant si presenta quasi come il custode di una moralità razionale e personalistica
severa fondata su doveri perentori e categorici contro il dilagare di un relativismo
utilitaristico ed edonistico.
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10. Altro ambito di riflessione sui vizi viene dalla grande svolta avvenuta con l’avvento della
psicanalisi che compì una vera e propria rivoluzione, facendo uscire il vizio dalla
dimensione morale per introdurlo nella patologia: il vizio non è più solamente una ferita
mortale dell’anima, ma una malattia della psiche. Le “passioni” diventano “pulsioni”
generate dai due istinti primordiali umani: l’istinto di vita (=eros) e quello di morte (=
tanathos) . In psicanalisi la “colpa” ( o meglio il “senso di colpa”) diventa un tratto costitutivo
dei disturbi mentali, come ad esempio la depressione. Ecco cosa scrive lo psicanalista
Eugenio Borgna :”La colpa non si cancella dalla coscienza malinconica ma si fa
avvenimento che si inserisce,una volta per tutte,nella storicità del paziente: si dissolve ogni
speranza di riscatto della colpa e scompare dall’orizzonte temporale la dimensione del
futuro che, sola,consente di oltrepassare gli eventi del passato”. (I conflitti del
conoscere,1988). In psicanalisi, il senso di colpa è uno stato d’animo creato dal conflitto
che si attiva tra l’Io e un Super-Io particolarmente esigente. In pratica, per la psicanalisi il
“vizioso” non è una persona che pecca, ma un “paziente”. Sempre in questa chiave di
lettura, alcuni filosofi tedeschi del novecento (Martin Heidegger e Karl Jaspers )
affermano che la “colpa” è come uno “status ontologico e radicale” proprio dell’uomo.
L’uomo e la donna si imputano la colpa perché “è nella loro natura”. Non ha dunque senso
parlare di peccato, di responsabilità e di vizio in una condizione che è “naturale” all’uomo.
11. CURIOSITA’: Anche la letteratura, l’arte,la musica, la cinematografia hanno rappresentato
il vizio. Per la Letteratura non possiamo trascurare di ricordare Dante Alighieri che ha
dedicato a ciascuno dei sette vizi capitali ampio spazio nella Divina Commedia: C’è anche
un autore francese Eugène Sue che ,verso la fine del 1849, ha realizzato ben sette romanzi
ciascuno dei quali dedicati a ognuno dei sette peccati capitali. Nel 1933, il famoso
drammaturgo tedesco Bertolt Brecht presentava un balletto in sette quadri titolato “I sette
peccati capitali dei piccoli borghesi” in cui due sorelle (AnnaI e AnnaII) impersonano i due
volti antitetici della stessa persona: la prima incarna l’IO razionale e la seconda l’Io istintivo
ed emotivo. Nel campo del cinema si è dato molto spazio al vizio della lussuria e a quello
della gola: ricordiamo la serie “Il Vizietto” con Ugo Tognazzi e “La grande abbuffata” del
regista Marco Ferreri. Nel 1975 fece scalpore il film “Viizi privati e pubbliche virtù” del
regista jugolsvalo Miklòs Jancsò che raccontava l’evento storico accaduto nel 1899 quando
l’erede al trono asburgico e la sua amante si uccisero dopo un’orgia sessuale. Per il Teatro
val la pena di ricordare Diego Fabbri con il suo “Il vizio assurdo” del 1960 in cui veniva
raccontata la biografia di Cesare Pavese soprattutto nella fase finale che portò poi lo
scrittore al suicidio. In chiave positiva troviamo poi un bel film televisivo diretto da Dino Risi
nel 1989 titolato “Vizio di vivere” in cui si raccontava la vita di Rosanna Benzi, la giovane
donna genovese costretta a vivere tutta la sua vita in un polmone d’acciaio. In campo
pittorico ricordiamo Giotto che ha rappresentato alcuni vizi nella Cappella degli Scrovegni
a Padova. Il pittore fiammingo Hyeronimus Bosch che nel XV secolo affrescò la stupenda
tavola “I sette peccati capitali”. Successivamente lo stesso pittore crea il “Trittico delle
delizie” che si trova al Museo del Prado a Madrid. Al Museo del Louvre c’è la tavola di
Mantegna “Il trionfo della virtù”. Ai nostri giorni troviamo il tedesco Otto Dix che negli anni
novanta realizzò “I sette peccati capitali” e Marc Chagall ,che ha attinto alla simbologia
biblica.
Curiosità finale: Nel 1914 il frate francescano Girolamo Moretti (1879-1963) pubblicava un
“Manuale di grafologia” nel quale tratta delle problematiche psicologiche attraverso la
lettura dei segni grafici; nel 1937 darà alle stampe una sorprendente “Psicologia e
grafologia dei sette vizi capitali”.
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IL VIZIO DELLA GOLA
Alcune frasi di autori vari che ci introducono al tema:
“La GOLA è un vizio che non finisce mai, ed è quel vizio che cresce sempre quanto più l’uomo
invecchia” (Carlo Goldoni).
“E’ cosa difficile discutere con il ventre perché non ha orecchie”. (Catone, il Censore II
sec.d.C.)
“L’uomo è ciò che mangia” (L.Feuerbach, 1843)
“Io non temo l’impurità del cibo, ma l’impurità della concupiscenza” (Agostino)
“La gola ha ucciso più uomini che la fame” (Talmud)
“Plenus venter non studet libenter” –una pancia piena non studia volentieri .( Sull’architrave di
una Biblioteca Universitaria).
“Dove entra il vino esce il sapere” (Plinio il Giovane).
“”Il vino folle fa cantare anche l’uomo più saggio, lo fa ridere sguaiatamente, lo spinge a ballare
e gli tira fuori parole che sarebbe meglio non dire” (Omero, odissea XIV).
Il gusto e l’olfatto sono i sensi più primitivi dell’uomo: essi mettono in moto le zone più
antiche del nostro cervello, quelle sulle quali la razionalità può fare ben poco. E’ dunque un
richiamo alla nostra animalità. Alla sensazione provocata dal gusto e dall’olfatto, si associa
sempre una emozione a cui si connette una reazione affettiva di piacere o di dispiacere.
L’assunzione di cibo,oltre che un bisogno naturale dell’uomo è anche un legittimo e
naturalissimo piacere. Quando dunque si può parlare di vizio? Possiamo affermare che
siamo di fronte al vizio quando facciamo del nostro ventre il nostro Dio.
La gola è dunque un rapporto irrazionale con il cibo: il bisogno di mettere sempre qualcosa
in bocca o, al limite opposto, non metterci nulla. La gola, come vizio, danneggia l’uomo.
Sappiamo tutti quanto faccia male alla salute una scorretta alimentazione, mangiare troppo
e troppo spesso,mangiare cibi grassi,manipolati industrialmente con ogni genere di
conservanti. Questo vizio è ingannevole perché si presenta in maniera piacevole e innocua.
Anche chi mangia solo crusca, yogurt, soia e altri cibi biologici può essere schiavo della
gola come chi mangia salsicce e pasticcini alla crema, anche se solitamente il “demone”
della gola (come lo chiamano i pensatori medioevali) preferisce i cibi meno sani.
Il vizio della gola spesso SI TRAVESTE: uno che ha sempre la gomma in bocca,beve
continuamente caffè, non smette di succhiare caramelle,fuma, può essere un vizioso.
Questo vizio è messo tra i vizi capitali perché produce altri vizi: l’assuefazione alla golosità
e alla voracità comporta grandi spese e può condurre all’avidità di denaro, all’insensibilità
verso chi non ha da mangiare e i poveri in generale; può creare dipendenza dalla pubblicità
e dal consumismo,far perdere tempo. L’eccesso di cibo può surriscaldare il vizio della
LUSSURIA: ci rende meno padroni di noi stessi e quindi incapaci di dominarci in altre
situazioni spingendoci magari all’adulterio, alla frode, alla menzogna.
Il cibarsi non è solo un atto fisiologico, ma anche un gesto simbolico, ed è questo
simbolismo che ci differenzia dagli animali che mangiano senza assegnare nessun
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significato al cibo se non quello legato all’istinto e alla sopravvivenza: l’uomo mangia anche
per festeggiare, per stare in compagnia…
Il vizio della gola ha alle sue radici un rapporto “a-simbolizzato” con il cibo: si inverte così la
scala dei valori e il mezzo (= mangiare per vivere) diventa il fine (=vivere per mangiare). La
nostra è una civiltà che gioca molto sul vizio della gola: da un lato ci stimola verso un
consumo alimentare frenetico con l’offerta di manicaretti prelibati, dall’altro ci invita a diete
di vari regimi.
Pensiamo alla situazione odierna: c’è un Occidente che ha problemi di dieta perché mangia
troppo e un Terzo mondo che è affamato e a rischio di sopravvivenza. Davanti a ciascuno
di noi che viviamo in Occidente ci sono enormi vassoi ricolmi di ogni ben di Dio e nel Sud
della Terra accorrono folle di miseri,avidi di raccogliere le briciole dei nostri sontuosi
banchetti. Dovremmo rileggere spesso la famosa parabola del ricco epulone raccontata
nel Vangelo di Luca al cap.16,19-31.
Umberto Galimberti, a ragione, sostiene che il nuovo nome del peccato di gola è il
CONSUMISMO.
Tommaso d’Acquino affermava che il vizio della gola “distoglie l’uomo dal suo fine ultimo
che è trascendente, ossia la salvezza dell’anima e il suo incontro con Dio”.
ALCUNI ELEMENTI DI SINTOMATOLOGIA
Goloso non è solamente chi mangia tanto, cioè ECCESSIVAMENTE, ma anche chi mangia
solo cibi costosi e ricercati (= LAUTAMENTE); oppure chi mangia prima del tempo, chi
mangia AVIDAMENTE.
Gli antichi attribuivano al vizioso di gola i seguenti sintomi:
• ottusità della mente
• sciocca allegria
• disordine nel parlare
• scurrilità
• impurità
Alcuni saggi antichi chiamavano questi sintomi anche “le ancelle della gola”. Curiosamente
essi affermavano anche che si può riconoscere un vizioso di gola anche mentre non sta
mangiando . In questo caso siamo davanti ad una persona interessata ai vini,ai cibi, alle
trattorie e ai ristoranti. Sono persone che dedicano buona parte del tempo in cui non
mangiano, al cibo stesso o ai suoi derivati: Corsi di cucina, di sommelier, viaggi per le vie
dei vini, ecc. Sono persone che vanno a visitare città d’arte non per ammirare le opere
d’arte in esse racchiuse, ma per mangiare nelle trattorie.
DOMANDIAMOCI :
“Sono capace di mangiare cibi che non mi piacciono o di rinunciare a quelli che amo o di
non mangiare per un giorno?”
“Quando compro degli alimenti o quando mi accingo a mangiare, mi chiedo: “Sto agendo
per golosità,voracità o per abitudine?”
“Cosa ti viene in mente quando pensi a Palermo, Venezia, Bologna?”
IMMAGINI E STORIE
Adamo ed Eva Genesi, 2
Esaù e Giacobbe Genesi ,25
Banchetto di Baldassar Daniele 5 e dipinto di Rembrandt
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Gargantua e Pantagruele di Rabelais ,1564
La grande abbuffata di Marco Ferreri del 1973
L’albero della cuccagna di Bruegel il Vecchio, 1567
IL VIZIO DELLA GOLA NELLO SVILUPPO PSICOLOGICO
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Dal punto di vista psicologico possiamo subito iniziare a parlare dell’importanza dell’oralità
nello sviluppo affettivo della persona. Infatti già Freud ma poi tutta la psicologia analitica ha
constatato come la prima fase dello sviluppo psico-affettivo di un individuo riguarda il
rapporto con il cibo. Si tratta della FASE ORALE che avviene dal momento della nascita
lungo tutto il primo anno di vita. La psicanalisi ha evidenziato come, di fronte a carenze o
ad inadeguatezze che avvengono lungo questo arco di tempo, l’individuo possa avere,
successivamente, delle problematiche.
Nei manuali di psicopatologia ecco poi segnalate le due grandi problematiche che ormai
tutti conosciamo. Da un lato ecco la BULIMIA che ha il suo aspetto meno drammatico, ma
rischioso, nell’obesità, nell’ingordigia e nella voracità. Qui c’è da chiedersi, osservando i
nostri bambini, se non siamo noi adulti a predisporre verso questo vizio/malattia quando li
vediamo rimpinzarsi lo stomaco,mentre al cervello ci pensa lo schermo del televisore o del
PC. Al nutrirsi si sostituisce il divorare, al cibarsi,l’abbuffarsi,al saziarsi il trangugiare,al
rifocillarsi un incessante mangiucchiare,piluccare e rimpinzarsi:
Dall’altro lato c’è l’ANORESSIA sia nella sua forma devastante sia nell’ossessione della
dieta e della bilancia che rende squilibrato il legame con la nutrizione.
Siamo di fronte al disturbo della BULIMIA quando:
presenza di episodi ricorrenti di eccessi nell’alimentazione (con consumo rapido di una
grande quantità di cibo in un determinato periodo di tempo,di solito inferiore alle due ore)
almeno tre dei seguenti elementi:
assunzione di cibo ad alto contenuto calorico e facilmente ingeribile durante gli accessi;
atteggiamento indifferente nel mangiare durante un accesso;
conclusione delle abbuffate per dolori addominali,sonno,interruzione da parte di qualcuno o
vomito autoindotto;
tentativi ripetuti di perdere peso tramite diete severamente restrittive,vomito autoindotto,o
l’uso di anoressizzanti e diuretici;6.frequenti fluttuazioni di peso di grado superiore a 5 Kg
collegate con alternanza di eccessi alimentari e di digiuni.
Consapevolezza del fatto che le modalità di alimentazione sono abnormi e paura di non
essere in grado di smettere di mangiare volontariamente.
Umore depresso e idee di autoaccusa conseguenti agli eccessi alimentari.
Gli episodi bulimici non sono collegati con l’anoressia mentale o con qualche altro disturbo
fisico conosciuto.
Siamo di fronte al disturbo dell’ANORESSIA quando:
presenza di una paura intensa di diventare grassi che non diminuisce col progredire della
perdita di peso
disturbi dell’immagine corporea,per esempio, il ritenersi grassi, anche se emaciati
perdita di peso,almeno del 25% del peso originale
rifiuto di mantenere il peso corporeo al minimo peso normale per l’età e per la statura
nessun disturbo organico conosciuto a cui si possa attribuire la perdita di peso.
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A livello di patologia “orale” si elencano altri due disturbi : la PICA mangiare oggetti vari
come il gesso,i giocattoli ecce) e il Disturbo di ruminazione dell’età evolutiva(= riportare in
bocca il cibo già ingerito).
Quest’ultimo disturbo ci fa riflettere sul fatto che tutti i disturbi psicologici riferiti alla Gola
prendano il loro avvio durante l’età evolutiva.
Giunti a questo punto possiamo porci alcune domande che poi riprenderemo parlando degli
altri vizi:
• Il vizio della Gola porta al disturbo psichico?
• È il disturbo psichico che può portare al vizio della Gola?
• Abbiamo forse sottovalutato il fatto che se non curiamo lo “spirito”, cominciano ad apparire
disturbi che prima non esistevano, come quelli psicologici?
• E’ corretto pensare che quando c’è consapevolezza e volontà siamo di fronte a un vizio,
mentre quando non c’è piena consapevolezza, allora siamo di fronte a un disturbo
psichico?
RIMEDI AL VIZIO DELLA GOLA
Secondo i vari autori che stiamo imparando a conoscere trattando questa tematica, occorre
un lungo e faticoso lavoro proprio perché questo è uno dei vizi che sta proprio all’origine.
La prima arma che viene suggerita è quella dell’ASCESI (= allenamento alla rinuncia) che
si pratica astenendosi dall’oggetto del vizio per un certo periodo di tempo (ad es. per tre
giorni, o per un mese).
Il secondo suggerimento è quello di tornare a DARE UN RITMO al mangiare (= ritualizzare
il mangiare, mangiare solo ad ore stabilite, far si che tutti siano a tavola insieme per
mangiare, mangiare senza fare altro, tipo guardare la TV…).
Infine l’arma del DIGIUNO : senza esagerare ma ogni tanto il digiuno anche di un solo
giorno aiuta anche a depurare l’organismo.
I vizi sono come delle piante. Bisogna smettere di innaffiarli se vogliamo ottenere dei
risultati.
IL VIZIO DELL’AVARIZIA
Alcune frasi di autori vari che ci introducono al tema:
“Quanto meno tu sei,quanto meno realizzi la tua vita, tanto più hai”. (K. Marx,, Manoscritti
economici-filosofici, 1844).
“O esecranda fame dell’oro, che costringi il cuore dei mortali a fare pazzie…” (Virgilio,
Eneide).
“Ricorda che i ricchi hanno maggiordomi ma non hanno amici, mentre noi abbiamo amici e
non maggiordomi” . (E. Pound, Lustra,1916).
“Dio annienterà l’usura” (Corano, 2,277).
“Gli uomini dimenticano piuttosto la morte del padre che la perdita del patrimonio”
(Machiavelli, Il Principe, 1513).
“Non dire di conoscere a fondo un’altra persona finchè non hai dovuto dividere con lui
un’eredità” (J.K.Lavater, Aforismi sull’uomo, 1754).
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“Non porterai con te nessuna delle tue ricchezze alle sponde dell’Acheronte: velocemente
te ne andrai,stolto,nudo agli inferi” (Properzio).
“Chi ama il denaro. Mai si sazia di denaro” (Qoelet 5,9).
“Nessun servo può servire a due padroni: o odierò l’uno e amerà l’altro oppure si
affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a Mammona”
(Luca,16,13).
“L’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali. Per questo desiderio sfrenato alcuni
hanno deviato dalla fede e si sono torturati con molte angosce” (1 Tm. 6,10).
L’avarizia, secondo U.Galimberti, è il più stupido dei vizi capitali perché il denaro
accumulato dall’avaro ha in sé il potere di acquistare tutte le cose, ma questo potere non
viene esercitato, perché altrimenti non si ha più il denaro.
Anche per questo vizio siamo di fronte al capovolgimento mezzo-fine. Invece di considerare
il denaro un mezzo per raggiungere un fine (= acquisto di un oggetto) lo si considera un
fine in sé. L’avarizia viene chiamata anche in altri modi: cupidigia
tircheria,spilorceria,taccagneria,pitoccheria, avidità, esosità.
Sembra strano, ma è stato il filosofo K.Marx a cogliere chiaramente questo capovolgimento
mezzo - fine.
Sentiamo cosa scrive nel suo testo “Manoscritti economici – filosofici del 1844:
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L’avaro è la persona che considera come essenza del suo essere ed esistere l’AVERE: “Io
sono ciò che ho”.
Bisogna però distinguere l’avaro dalla persona parsimoniosa. Il vero avaro non attribuisce
mai un valore in sé alle cose, ma solo a ciò che esse rappresentano in denaro. Un denaro
che però non deve essere speso. L’immagine classica di avaro è Paperon dè Paperoni. La
persona parsimoniosa invece non getta via nulla, tiene tutto da conto, utilizza gli oggetti fino
all’inverosimile, se viene invitata al ristorante mangia fino a star male perché “tanto è tutto
pagato”. Per l’avaro invece tutto ciò che non ha valore economico non viene neppure preso
in considerazione. Vengono in mente a questo proposito alcune belle pagine del Piccolo
Principe di Saint de Exupery. Ne deriva che queste persone non badano alla cultura,
all’arte, alla bellezza, agli affetti e alle relazioni interpersonali. Un altro studioso dei vizi,
Ventimiglia,ci dice che l’avarizia è un vizio subdolo, difficile da riconoscere e propone un
piccolo quiz: “siete al ristorante con tre amici. Giunti alla fine del pasto,dopo aver detto
“offro io”,osservate le loro reazioni. Il 1° risponde: “grazie”; il 2°: “a buon rendere”. Il 3°
infine: “non se ne parla”. Chi dei tre è l’avaro? Si potrebbe pensare che sia il primo, dal
momento che si vede risparmiato il prezzo del pranzo, ma non è così. Ecco infatti le
risposte esatte del quiz: il 1° non è avaro, il secondo forse, il 3° certamente sì. Ed ecco la
spiegazione: chi sa ricevere un regalo,e dice grazie, di solito sa anche restituirlo; chi pensa
subito al “buon rendere”, mostra di monetizzare tutto e quindi, forse,proprio per questo,
cercherà di” non rendere”; chi infine, si oppone contrariato tradisce in realtà un solo
pensiero: non vuol ricevere adesso per non dover restituire in futuro!”.
Dalla Teologia - Morale questo peccato viene considerato grave perché è contro Dio,
contro se stessi e contro il prossimo. Anche il sommo poeta Dante afferma che questo
peccato ferisce tutta la comunità umana. E’ una piaga sociale perché impedisce l’esercizio
della giustizia e e della generosità.
Una curiosità: nel M.E. si utilizzava la frase “ avaritia radix omnium malorum” come un
acrostico che la trasformava nel nome della città condannata nell’apocalisse come
Babilonia, cioè Roma, la città dell’imperatore.
R adix
O mnium
M alorum
A varitia
Ma da dove nasce l’avarizia? Secondo la maggior parte degli studiosi, tutto nasce
dall’angoscia per il futuro. In pratica l’avaro ha talmente paura della morte, non riesce ad
accettare la condizione di mortale (che è invece la condizione propria di noi uomini). In
effetti noi sappiamo che l’esperienza della morte non è qualcosa che incontriamo solo
nell’atto finale della nostra vita, ma qualcosa che,come scrive U.Galimberti, “costella la
quotidianità della nostra esistenza ogni volta che il nostro desiderio non trova un adeguato
appagamento e resta perciò “morti – ficato”. In questa dialettica desiderio-appagamento,
l’avaro vuole evitare qualsiasi “morti – ficazione” che possa essere un’esperienza allusiva
della morte. Allora non chiede al denaro di acquistare l’oggetto che appaga il desiderio,
perché l’oggetto potrebbe nascondere sorprese e delusioni. Al denaro l’avaro non chiede
nulla se non il pieno possesso.
ALCUNI ELEMENTI DI SINTOMATOLOGIA
Si possono avere sintomi psicologici o “esteriori”
• sintomi psicologici : indurimento del cuore (= disumanità), inquietudine,solitudine
• sintomi esteriori : il furto, la bramosia di possedere, l’inganno (per accrescere i propri beni), la
frode, il tradimento e soprattutto la menzogna (bugia a fine di lucro,spergiuro a dine di
lucro, falsa testimonianza a fine di lucro)
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IMMAGINI E STORIE
Plauto e la commedia Aulularia (III a.C.)
Moliere con l’Avaro Arpagone (1668)
Shakespeare (1596) con Il mercante di Venezia
La Fontaine con La cicala e la formica
Pittore fiammingo Quentin Metsys con Il cambiavalute e Usurai (1514)
Giovanni Verga con La roba
C. Dickens, Racconto di natale (con l’avaro Scroge)
Bibbia . Siracide 11.18-19
Luca 12, 13-21
ESEMPIO POSITIVO : Francesco d’ASSISI
IL VIZIO DELL’AVARIZIA NELLO SVILUPPO PSICOLOGICO
Gli studi psicologici hanno evidenziato che le persone con tendenza all’avarizia hanno avuto
difficoltà durante la fase dello Sviluppo Affettivo che va dal primo anno e mezzo di vita ai tre
anni. Questa fase viene definita dalla psicologia “ANALE” perché è il momento in cui il
bambino raggiunge il controllo del funzionamento bifasico dello sfintere anale che si esprime
nell’evacuazione e nella ritenzione delle feci.. Freud ha riconosciuto in questi due movimenti
sfinterici una corrispondenza simbolica con il dono e il denaro. Secondo ERIKSON nella fase
anale,attraverso le funzioni del rilasciare e del trattenere maturerebbe nel bambino la
distinzione tra Sé e Non Sé, tra “mio” e “non-mio”.Tra i bambini piccoli non c’è traccia di
vergogna o di disgusto per gli escrementi propri,anzi, fosse per loro farebbero come
Gargantua,piccolo eroe della saga Gargantua e Pantagruele,che “si pisciava sulle
scarpe,cacava nelle camicie,si puliva il naso con i gomiti,smocciava nella minestra e
pasticciava dappertutto”.I bambini guardano attenti e divertiti tutte le produzioni che zampillano
od escono dal corpo. Se questa fase dello sviluppo viene vissuta in maniera inadeguata si
possono avere disturbi quali:
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carattere anale: persone particolarmente ordinate,parsimoniose,ostinate;
formazione reattiva di disgusto e nausea alimentare:rifiuto o voracità del cibo come
sostituto materno;
Dubbiosità e problematicità: scrupolosità e dubbi su tutto.
Persecutività: l’insicurezza di questi soggetti fa spesso avvertire l’ambiente come
minaccioso e interpretano parole e gesti ambigui. Può essere diretta verso gli altri
(litigiosità) o verso se stessi (insicurezza).
Collezionismo eccessivo : da distinguere dagli hobby
Quadri della ossessività e compulsività: rituali, masturbazioni compulsive, cleptomania,
scongiuri e superstizioni
Sadismo,masochismo.
Problematiche sessuali quali l’impotenza e la frigidità assunti a simboli di una volontà di
non dare e di non ricevere. E’ questo flusso del dare e ricevere ad essere interrotto dalla
frigidità dell’avaro.
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Molti autori inoltre ritengono che l’origine dell’ Omosessualità maschile e del Lenocinio(
favoreggiamento della prostituzione,mezzano) si debba ricercare in una difficoltà/deficit
dello sviluppo affettivo della fase anale.
RIMEDI AL VIZIO DELL’AVARIZIA
Secondo la maggior parte degli autori possono dare ottimi risultati atti di rinuncia concreta:
• imporsi categoricamente di non pensare sempre e solo al denaro (es. non lavorare più di
quanto necessario, di domenica );
• attenersi ad una rigorosa onestà in qualunque transazione di denaro o commercio, scartando
ogni bugia o imbroglio che mirano a far guadagnare di più;
• imporsi una somma mensile da donare a chi ne ha bisogno;
• coltivare interessi e piaceri svincolati dall’uso del denaro;
• eliminare tutto ciò che nella nostra famiglia e nel nostro stile di vita è superfluo (= sobrietà).
IL VIZIO DELLA LUSSURIA
Alcune frasi di autori vari che ci introducono al tema:
“Se c’è qualcosa di sacro, il corpo umano è sacro” (W.Whitman, 1855)
“Post coitum omne animal triste” (Aristotele)
“L’Inferno ha tre porte: lussuria,ira,avarizia” (Bhagavad-Gita)
“L’eros è un demone possente che sta tra i mortali e gli immortali” (Platone, Convito)
“La lussuria distrugge non solo i beni dell’anima ma anche i beni di fortuna che sono danari,gioie,
possessioni e giumenti” (C.Ripa)
“Appetitus ad mulierem est bonum doni Dei” (detto medioevale)
Nascita,copula e morte, tutto qui, tutti qui,tutto qui. Nascita,copula e morte. E se tiri le somme è
tutto qui” (T. Eliot).
“In principio era il sesso…in
(A.Gramsci,Cronache teatrali)
principio
era
il
verbo…no,in
principio
era
il
sesso.”
“Gli organi genitali hanno sempre avuto una grande importanza nella vita dei popoli latini e
specialmente nella vita del popolo italiano…La vera bandiera italiana non è il tricolore, ma il sesso,
il sesso maschile” (C.Malaparte,La pelle)
“Una parola ci libera da tutto il peso e il dolore che da’ la vita: questa parola è amore” (Sofocle,
Edipo a Colono)
“L’amore coniugale, che persiste attraverso mille vicissitudini, mi smebra il più bello dei miracoli,
benché sia anche il più comune” (F. Mauriac)
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Quando si parla di lussuria, solitamente si intende ciò che veniva denominata “fornicazione”, cioè i
rapporti sessuali al di fuori del matrimonio e tutti vizi connessi con la sessualità.
Iniziamo con una curiosità: nella Summa Teologica, S. Tommaso risponde ad una domanda che si
ponevano allora e cioè: “Adamo ed Eva nel paradiso terrestre,prima del peccato originale,si
univano in coito oppure no?”
Tutti i Padri della Chiesa avevano dato risposta negativa a questa domanda. Troppo puri, troppo
angelici per immaginare per loro un’attività così legata alla concupiscenza della carne. S.Tommaso
invece risponde di sì. Egli afferma che “è naturale per gli uomini generare mediante il coito”. Perciò
anche Adamo ed Eva lo facevano. Non solo ma –prosegue Tommaso – provavano anche piacere.
Anzi ne provavano più di quanto non ne provino gli uomini oggi.
Perché? Tommaso imputa ciò all’egoismo, entrato nell’umanità a causa del peccato originale.
Questo egoismo non aumenta ma diminuisce il piacere dell’atto sessuale.
Pensate: S. Tommaso d’Aquino era un rivoluzionario in quanto alla sessualità perché ha anticipato
quanto scoperto nel nostro secolo dalla psicologia: il culmine del piacere sessuale, la famosa
“intesa sessuale”, non si può raggiungere badando esclusivamente al proprio piacere, ma
imparando –altruisticamente – ad ascoltare, aspettare e assecondare il corpo dell’altro.
Possiamo dunque affermare che il culmine dell’eros, non si ottiene senza agape.
La tesi di Tommaso non è stata fatta propria dalla Chiesa che, a differenza di altri testi del “dottore
angelico” ha scritto migliaia di testi contro l’unione e il piacere sessuale. Addirittura lo stesso
matrimonio è stato considerato un male minore da consigliare a chi non riusciva ad intraprendere il
cammino migliore, quello della castità. E’ vero che i vari autori non si schieravano contro la
sessualità quanto contro le degenerazioni della sessualità.
Nel linguaggio comune il vizio per eccellenza è la lussuria: ne è prova il fatto che termini come
“desiderio”,”piacere”, “voluttà” “voglia”, “brama”, “voglia”,”passione”,”corruzione”,”immoralità” che
sono termini di accezione più generica, vengono utilizzati esclusivamente con un’accezione
sessuale. Quando si parla di “viziosi” si pensa subito a qualcosa che ha a che fare con la
sessualità. Lussuria prende origine dal latino “LUXUS” che rimanda a un “eccesso”, a
un’esuberanza. In italiano questo termine trascina con sé altri
vocaboli:
oscenità,lscivia,libidine,impudicizia,licenziosità,indecenza,spudoratezza,inverecondia,sensualità,ca
rnalità,depravazione,concupiscenza,dissolutezza,volgarità,libertinaggio,sconcezza,scurrilità,lubricit
à,trivialità,perversione,scostumatezza,dissipazione,sregolatezza,erotismo,pornografia,turpiloquio,d
eviazione,degenerazione,aberrazione,eccitazione,fregola,calore,porcheria,voglia,foia o aggettivi
come sboccato,lubrico,debosciato,scostumato,morboso,scollacciato,laido…
La lussuria è essere schiavi del sesso: è una passione tenace perché promette un piacere che è
legato all’istintualità, cioè ai dinamismi più pulsionali /animaleschi che l’uomo possiede. Quando si
litiga per il sesso, si minaccia, si uccide; quando la libidine provoca gravidanze non volute,induce
gli adulteri, la rovina delle famiglie e i divorzi; quando provoca un consumismo senza limiti,alimenta
una stile di vita fatuo, nonché la prostituzione, la pornografia, la pedofilia…allora la lussuria si
trasforma non solo in un vizio personale, ma anche sociale.
La mentalità odierna, che ha fatto delle libertà sessuali una delle sue conquiste,ci porta a
sottovalutare il pericolo insito nella lussuria che è propriamente quello di negare l’amore umano.
Infatti la lussuria impedisce alla persona di riconoscere nella sessualità quell’energia che crea la
vita e porta avanti : solo quando si scopre che la sessualità non è solo azione, ma anche
linguaggio. Cioè la struttura della sessualità umana ha il suo asso portante nella simbolicità. A
differenza dell’animale infatti l’uomo assegna alla relazione sessuale una molteplicità di valori
ulteriori che vanno oltre la copula, il semplice congiungimento carnale, regolato solo dalla
pulsionalità. L’uomo è un essere corporeo, psichico e spirituale: La lussuria scardina e deforma
questi tre livelli dell’essere che dovrebbero invece stare in armonia continua.: il primo è quello del
sesso nella sua biologicità e fisicità (quello che i greci chiamavano “eros”). Il secondo livello è
quello
del
desiderio
allusivo,passione,tenerezza,intuizione
della
bellezza,fascino,attrazione,fantasia, gioco dell’apparire e dello sparire,del velarsi e dello svelarsi (
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che i greci denominavano “filia”). Il terzo livello è quello dell’amore (per i greci l’ “agape” che
ingloba in sé e trasfigura le tappe precedenti, portando l’essere umano alla comunione con l’altro e
alla donazione reciproca.
Chi non l’ha ancora fatto non esiti a leggere Il Cantico dei Cantici dove viene esaltata l’importanza
della fisicità attraverso la continua descrizione dei corpi dei due innamorati, ma che poi innalza il
tutto all’ebbrezza di una passione colma di fascino e creatività poetica per approdare alla vetta
della relazione umana che è appunto l’amore.
Questo triplice dinamismo compone la completa ed autentica sessualità umana. La lussuria scinde
questa trama ideale e si accontenta solo del primo livello.
La lussuria cancella questa simbolicità insita nella persona umana e conduce alla frammentazione
dell’essere.
Se vogliamo identificare alcune caratteristiche della logica della lussuria che impedisce l’armonia
dell’essere. Esse sono:
•
•
•
la logica della liberazione e del possesso;
pensiamo al “corpo liberato” dei movimenti femministi mentre la logica del possesso
nasce dall’incapacità a vivere la qualità del rapporto interpersonale che conduce ad un
accumulo di quantità: pensiamo all’offerta sessuale virtuale attraverso internet e alla
moltiplicazione delle esperienze sessuali illudendosi che, per questa via,si raggiunga la
profondità di un’ncontro:
la logica dell’eccesso e della spudoratezza;
numerose ricerche in campo sessuologico stanno rilevando che
l’eccesso di
esperienze “genitali” porta come risultato paradossale la caduta del desiderio e della
potenza sessuale,la saturazione e ,in alcuni casi persino la paura. Ecco il ricorso al
viagra e ad altre tecniche che, a loro volta, incatenano la persona che li utilizza ad una
logica di materialità che lascia l’uomo contemporaneo pieno di esperienze materiali ma
vuoto di senso. Sembra incredibile ma proprio questa infinita possibilità di contatti
sessuali,diretti e immediati,sta producendo “isolamento”,perché- come ben sappiamol’uomo e la donna non sono organi sessuali in azione,ma persone che con il corpo
devono non consumare ma comunicare la loro umanità. La spudoratezza invece è
l’ostentazione non solo della nudità fisica, ma anche di quella intima.Il pudore ha la
funzione di proteggere il proprio sé profondo dalla sfera pubblica. Oggi
assistiamo
quotidianamente a spettacoli televisivi “osceni” dove viene bandito ogni pudore per
seguire la mentalità corrente che “per essere bisogna apparire”.
la logica della riduttività:
questa logica impedisce un’ approccio globale alla persona favorendo il nascere anche
di gravi patologie psichiatriche, come vedremo parlando degli aspetti psicologici di
questo vizio. Essa impedisce altresì di comprendere la logica della “castità”. Il filosofo
Salvatore Natoli nel suo testo “Dizionario dei vizi e delle virtù” scrive acutamente: “Vi
sono uomini di Chiesa che per primi sviano l’attenzione;proponendo una versione eticomoralistica della castità,ne impoveriscono il valore simbolico,impediscono l’insorgere di
quello spaesamento che invita persino gli estranei a domandarsi: …e se vi fosse
dell’altro? Vi sono uomini che lo testimoniano nella loro carne secondo le antiche
parole: Perché TU hai già preso possesso delle mie viscere. E non sono folli, sono
amanti. Amanti di Dio”.
IMMAGINI E STORIE
Storia di Tamar raccontata in 2 Sam. 13, 1-17
Decamerone di G. Boccaccio
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Salomè di O.Wilde
Giustina o le sventure della virtù e Le 120 giornate di Sodoma di F. de Sade (1740-1814)
Tropico del Cancro di T. Miller (1934)
Taccuino di un vecchio sporcaccione (1963)- Donne (1978) –Musica per organi caldi (1983)
di C. Bukowski.
La figlia di Jorio di G. d’Annunzio ( 1904)
L’ultima donna film di M.Ferreri del 1976
Trilogia della vita (Decameron,I racconti di Canterbury e Il fiore delle mille e una notte)
di P.P. Pasolini.
Teorema film di P.P. Pasolini
ALCUNI ELEMENTI DI SINTOMATOLOGIA
Possiamo distinguere in sintomi comuni e sintomi cronici. Quelli più “comuni” possono essere
considerati:
- fornicazione (= unione sessuale fuori dal matrimonio)
- adulterio (= unione sessuale con un partner che non coincide con la propria moglie o il
proprio marito)
- incesto
- stupro
- ratto (= rapimento)
Il sintomo considerato “cronico” è quando una persona assume un atteggiamento di fondo che fa
dei piaceri sessuali il centro della vita attorno a cui ruota tutto il resto. A questo punto- secondo gli
antichi filosofi- i “sintomi” più evidenti sono:
- cecità della mente
- irriflessione
- incostanza
- precipitazione
- amore di sé
- odio di Dio
- attaccamento al mondo presente e disperazione del mondo futuro.
IL VIZIO DELLA LUSSURIA NELLO SVILUPPO PSICOLOGICO
Sezione 1.01 La psicologia suddivide la problematica legata alla sessualità in tre gruppi (una volta
erano quattro poi, il 17 maggio 1990, l'omosessualità viene tolta dall'Organizzazione Mondiale
della Sanità dall'elenco delle malattie mentali).
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1. Disturbi dell’identità sessuale .l’individuo si sente a disagio e in contrasto con il proprio
sesso anatomico, e mette in atto con costanza comportamenti generalmente caratteristici
dell’altro sesso. Tra questi disturbi ricordiamo il transessualismo laddove si ha un senso di
disagio e di contrasto nei confronti del proprio sesso anatomico al punto di desiderare di
sbarazzarsi dei propri organi genitali per vivere come un membro dell’altro sesso. Tali
manifestazioni devono durare per almeno due anni e non devono essere conseguenza di
deficit organico o di altro disturbo mentale (schizofrenia).
2. Parafilie: quando ai fini dell’eccitazione sessuale risultano necessarie fantasie o atti insoliti
oppure bizzarri (utilizzo di oggetti non umani ai fini della stimolazione sessuale,una ripetuta
attività sessuale con partners non consenzienti; ripetute attività sessuali comprendente
sofferenze o umiliazioni reali o simulate. Ricordiamo il feticismo, la zoofilia il travestitismo,
la pedofilia, l’esibizionismo, il voyeurismo,il masochismo sessuale e il sadismo sessuale.
3. Disfunzioni psicosessuali: la caratteristica principale è l’inibizione del desiderio o di
quelle modificazioni psicofisiologiche che caratterizzano il ciclo completo della reattività
sessuale.. Ricordiamone alcuni: inibizione dell’eccitazione sessuale,inibizione dell’orgasmo
femminile, inibizione dell’orgasmo maschile,eiaculazione precoce, dispareunia funzionale
(=persistente e ricorrente dolore ai genitali), vaginismo funzionale
RIMEDI AL VIZIO DELLA LUSSURIA
Possiamo iniziare indicando l’antico suggerimento dei saggi filosofi del passato che spronavano ad
affrontare il demone della lussuria affermando:
“Fuge semper, fuge longe, fuge cito” (stai lontano sempre dalle occasioni, rifuggi sempre il
pericolo, fuggi il più veloce possibile).
E’ necessario evitare tutte le “deviazioni” e “stravaganze” sessuali e soprattutto la pornografia.
Essendo la sessualità una pulsione molto primitiva (infatti viene spesso associato a quello della
gola) occorre impedire che la lussuria prenda possesso di uno dei cinque sensi e dunque la
padronanza di detti sensi è indispensabile.
I padri della Chiesa suggeriscono inoltre l’attivazione di atti di umiltà e di carità e, concordando
appieno con i concetti sostenuti da Jung, di non fidarsi di se stessi e dei propri pensieri ma di
affidarsi alla Provvidenza vivendo sobriamente. E’ lo stesso suggerimento indicato da Jung per
vivere una vita serena e armoniosa: lasciarsi andare, cioè dare più spazio all’inconscio e non alla
ragione soltanto.
“Mai sarà in grado di frenare gli ardenti stimoli della libidine chi non sia riuscito a frenare la
concupiscenza della gola “ sosteneva Giovanni Cassiano
Un suggerimento particolare viene indicato alle donne : partendo dall’idea che soprattutto gli
uomini sono stimolati da immagini provocanti, gli antichi esortavano le donne a vestirsi in modo
modesto e pudico.
OSSERVAZIONE CONCLUSIVA
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Numerosi studi di antropologia ed etnologia collegano l’idea di sacro con la sessualità. Lo scorso
anno abbiamo approfondito come Mircea Eliade ed altri autori ritengono che la sessualità non
profanata né svenduta può aiutare l’uomo a ritrovare la dimensione sacra della vita umana.Forse la mancanza del senso del sacro (che come abbiamo visto è strutturale dell’essere umano e
non deve essere confuso con le religioni) nella nostra epoca dipende dal fatto che la nostra vita
oggi è fatta di un continuo assorbire stimoli di lussuria. La mentalità odierna, che ha fatto della
libertà sessuale una delle sue conquiste, ci ha abituati a ridimensionare il pericolo della lussuria
così da non vedere i reali pericoli tra cui, appunto la perdita di questa dimensione che è
indispensabile per la salute mentale dell’uomo.
IL VIZIO DELL’IRA
Frasi di vari Autori che introducono il tema:
“Le conseguenze della collera sono sempre molto più gravi delle sue cause”
(Marco Aurelio,Colloqui con se stesso)
“Adirarsi è facile, ne sono tutti capaci ma non è assolutamente facile e soprattutto non è da tutti
adirarsi con la persona giusta, nel modo giusto,nel momento giusto e per la giusta causa”.
(Aristotele, Etica Nicomachea)
“La persona lenta alla collera,vale più di un eroe”
(Proverbi, 16,32)
“La collera è una malattia dell’anima”
(Cicerone,Tusculane)
“”Occorre avere la massima cura affinchè l’ira non prevalga sulla mente,né domini come
signora,ma affinchè,come serva,pronta ad obbedire,in nessun modo receda dal seguire la
ragione”.
(Gregorio Magno,Moralia in Hiob)
“L’ira è “initium insaniae”,un avvio verso la follia” (Testo medioevale)
“L’odio è un liquore prezioso,un veleno più caro di quello dei Borgia, perché è fatto con il nostro
sangue, la nostra salute,il nostro sonno e due terzi del nostro amore”.
(C.Baudelaire,l’arte romantica)
“Amantium irae,amoris integratio est”
(Terenzio)
“L’irato si rattrista dell’ingiuria che pensa di aver ricevuto e da tale tristezza è mosso a bramare la
vendetta”
(Tommaso d’Acquino, Summa)
“L’iracondo,anche se facesse risuscitare i morti,non sarebbe gradito a Dio” .
(S.Agostino, detti dei Padri)
“Una parola gentile calma la collera, una risposta pungente eccita l’ira”
(Prov.15,1)
IL vocabolario italiano utilizza diversi termini per indicare l’ira:
collera,furia,furore,rabbia,sdegno,indignazione,stizza,aggressività,fiele,bile,astio,violenza,odio,ven
detta,rancore…e aggettivi quali:
iroso,iracondo,irascibile,collerico,infuriato,furente,inferocito,astioso,isterico,alterato,ostile,violento,
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duro.
Ci sono poi molte espressioni tipiche di uso comune: “l’arrabbiato è come una belva”, “gli salta la
mosca al naso”, “digrigna i denti”,”si mangia il fegato”, “farsi il sangue marcio”, “è accecato dalla
rabbia”, si perdono le staffe”, “si getta olio sul fuoco”, “uscire dai gangheri”, “alzarsi col piede
sbagliato”, “avere un diavolo per capello”, “mi hai rotto le palle”,””mi hai fatto incazzare”…
Occorre distinguere tra ira ed aggressività: quest’ultima (al pari della sessualità) è una pulsione
necessaria per la conservazione dell’individuo e della specie. L’ira invece è un sentimento che ha
le radici nella razionalità ed è un conflitto con il mondo esterno o con se stessi che l’individuo non
riesce a controllare. Esiste inoltre una sotterranea parentela tra l’ira e la sessualità: in greco il
termine “orghè”, significa collera,ira.
Solitamente l’ira viene percepita come qualcosa d’altro da noi,che può impossessarsi di noi
facendoci perdere la capacità di controllo e l’uso della ragione.
Nell’antichità l’ira è stata anche vissuta positivamente: basta pensare all’”ira funesta del pelide
Achille”, raccontata da Omero nell’Iliade. Ma anche la Bibbia non scherza: basta pensare all’ira di
Dio che scaccia Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre o di quella narrata nell’Apocalisse o anche
di quando Gesù scaccia i dottori dal tempio. Qui si potrebbe riaprire un discorso interessante sul
mistero del Sacro…
Oggi quando si pensa all’ira, la si considera un vizio da bandire in ogni caso. Ciò avviene per
diversi motivi:
- motivi storici: le guerre,soprattutto le due guerre mondiali,hanno avuto effetti drammatici e
negativi sull’umanità;
- motivi culturali:un’interpretazione eccessivamente buonista del messaggio cristiano come il
“porgere l’altra guancia”…
- motivi psicologici: a causa di quella disposizione interiore che la psicologia chiama “essere
posseduti dall’archetipo della Grande Madre mediterranea” che porta ad assumere un
atteggiamento dolce e conciliante (di fusione/confusione) come quelli che si hanno con la
madre durante la gestazione, mentre non si è in grado di provare e gestire sentimenti
“maschili”, cioè di disaccordo e di opposizione all’altro.
Secondo numerose ricerche esiste poi una differenza nell’espressione dell’ira da parte delle
donne e da parte degli uomini: pensiamo ad es. alle espressioni utilizzate per descrivere una
donna arrabbiata: si dice che è un’arpia,una megera, una bisbetica,una strega,un’isterica, che
grida, che strilla, che sbraita..
Di un uomo arrabbiato invece si dice che lo è “per una giusta causa”; inoltre si afferma che è “uno
che non si fa mettere sotto i piedi” oppure “uno che ha le palle”.
Le donne, quando si arrabbiano interrompono il contatto oculare e il dialogo; possono piangere di
rabbia più spesso di un uomo ed inoltre sembrano preferire ricorrere ad attacchi psicologici come
la maldicenza e/o l’ostracismo sociale;ricorrono spesso anche al meccanismo difensivo detto
“spostamento” che consiste nello sfogare la propria rabbia su una persona differente da quella che
l’ha effettivamente provocata e che non si ha il coraggio di affrontare direttamente.
La reazione maschile è prevalentemente sul piano fisico con sopraffazioni e violenza che talvolta
neppure le mura di casa e le porte blindate riescono a contenere.
Si è visto statisticamente ad es. che nelle separazioni, le donne reagiscono sul versante
economico e sui figli, gli uomini con aggressività verbali o fisiche.
Come mai la violenza oggi dilaga?
Gli specialisti sono convinti che ciò è dovuto al fatto che sono scomparsi –soprattutto per i maschi
– i momenti e i luoghi di iniziazione all’ira
, cioè quelli in cui gli adulti insegnavano ai giovani a
combattere, ad andare a caccia, cioè a misurarsi con la propria energia maschile.
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Queste attività insegnavano ai giovani ad ottenere l’autocontrollo. Oggi una buona alternativa può
essere costituita dallo sport: dal calcio alla pallacanestro, dal Karatè allo scherma. Le statistiche
infatti confermano che i maestri di boxe e di arti marziali quasi mai sono coinvolti in risse.
Un suggerimento ci viene dal filosofo Umberto Galimberti il quale ci fa notare come tutti i grandi
filosofi – da Aristotele a Nietzsche- hanno sempre sostenuto e pensato che la salute del corpo e
l’equilibrio della mente non si mantengono con la repressione delle passioni o peggio con la loro
rimozione ma con la loro “misurata espressione”. Facciamoci carico dunque della nostra IRA e,
invece di comprimerla come il senso comune,l’ipocrisia e una cattiva scuola religiosa ci hanno
insegnato, diamo loro espressione nella “giusta misura”.
Quadro di Dosso Dossi, 1515, La zuffa
Storia biblica di Esaù e Giacobbe Gn.25
Storia biblica di Simone e Levi Gn.34
L’ira funesta del pelide Achille di Omero, Iliade
Mito greco di Eteocle e Polinice
Macbeth di Schakespeare, 1606
Il marchese di Roccaverdina di L. Capua, 1901
Delitto e Castigo di Dostojesky
Arancia meccanica (film)
ALCUNI ELEMENTI DI SINTOMATOLOGIA
Abbiamo tre categorie di sintomi che si manifestano attraverso emozioni, parole e azioni:
1. EMOZIONI: si manifestano come in successione: dapprima appare l’INDIGNAZIONE
sproporzionata che nasce dalla percezione di aver subito un’ingiustizia (tra l’altro dimostra
che la persona è permalosa,tipico dell’irascibile). All’indignazione segue la TRACOTANZA,
quando si inizia a pensare alla vendetta (“come si permette?”, “lei non sa chi sono io”).
2. PAROLE : possono essere indirizzate verso persone, verso Dio e il mondo in generale.
Abbiamo il CLAMORE che si manifesta con parole pronunciate ad alta voce verso
qualcuno (spesso sono domande vaghe del tipo “che c…vuoi”?. AL clamore segue
l’INSULTO cosciente, che si manifesta con espressioni variopinte e spesso colorite.
Vengono poi le BESTEMMIE contro Dio, la Madonna e i santi. Alla stessa categoria
appartengono anche le parolacce che esprimono la rabbia verso il mondo generale: contro
la “miseria”, “il mondo” e “Giuda”, quest’ultimo forse perché viene considerato come
l’essenza di tutto il male del mondo.
3. AZIONI: abbiamo le RISSE, le LESIONI e gli OMICIDI.
Resta altresì la possibilità che un iracondo sia nascosto anche dietro un atteggiamento da “acqua
cheta”, quella persona cioè che non sembra permaloso, non alza mai la voce,non usa parolacce,
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non gesticola e parla con calma studiata. Ma guardiamogli la gamba: secondo Desmond
Morris(studioso dei gesti umani) se balla nervosamente, quell’uomo è una bomba ad orologeria.
IL VIZIO DELL’IRA NELLO SVILUPPO PSICOLOGICO
Per la psicologia, l’AGGRESSIVITA’ è una pulsione che si sviluppa parallelamente
all’EMOTIVITA’. L’origine di detta pulsione è fatto risalire alla seconda fase dello sviluppo affettivo,
quella “anale”, che si svolge lungo il secondo anno di vita.
L’aggressività è quella componente della nostra affettività che si spinge ad assumere
comportamenti, atteggiamenti e fantasie diretti:
- all’auto distruzione
- all’etero distruzione
- all’auto affermazione (= dal latino “adgredior”, cioè “mi muovo in avanti”)
Il comportamento aggressivo è strettamente collegato con una frustrazione.
Infatti:
1. Ogni frustrazione tende a produrre un’aggressione contro l’agente che l’ha provocata. La sua
intensità dipende dalla forza della motivazione, dalle interferenze che incontra sul cammino e
dal numero delle condotte frustrate.
2. L’aggressività può venire inibita. L’inibizione è più forte di fronte alla punizione prospettata o
che si teme di ricevere.
3. L’aggressività può essere “spostata” su persone od oggetti che sembrano non avere rapporti
con la fonte della frustrazione. Ciò accade soprattutto quando la fonte della frustrazione non è
attaccabile.
4. L’auto aggressività
sopravviene quando l’individuo si considera agente frustrante e
l’aggressione esterna viene inibita dallo stesso individuo a causa di timori, paure o per effetto
di una educazione moraleggiante ricevuta.
5. Ogni atto aggressivo produce una catarsi che riduce la probabilità di nuovi atti aggressivi
Nel Manuale Diagnostico si parla di “collera persistente” come disturbo psichico che appare
nell’età evolutiva. Viene definito come “DISTURBO DELLA CONDOTTA” che si manifesta
attraverso una persistente modalità di condotta in cui i diritti fondamentali degli altri e le principali
regole e norme sociali vengono violati. Ciò avviene a casa, a scuola, con coetanei e nella società
in genere. Possono manifestarsi come singolo individuo o in gruppo.
Esiste anche il DISTURBO OPPOSITIVO-PROVOCATORIO che, a differenza del primo,si associa
a manifestazioni che comprendono : bassa auto-stima,labilità d’umore,bassa tolleranza alla
frustrazione ed esplosioni di collera. Questo disturbo può aver inizio già agli otto anni d’età.
Vengono altresì segnalate manifestazioni di collera nel Disturbo borderline di personalità e in
quello di Dipendenza da sostanze.
RIMEDI AL VIZIO DELL’IRA
Dagli antichi ci vengono i seguenti suggerimenti:
• “Inizio della via che conduce alla vittoria sull’ira è il silenzio delle labbra, pur nel turbamento
del cuore”. Infatti gli antichi ritengono che la medicina perfetta è essere convinti che è meglio
non adirarci mai e in nessun modo, né per cause giuste né per cause ingiuste.
• La musica e il canto: qui gli antichi filosofi sembrano essere i precursori dell’attuale disciplina
della “musicoterapia”. Sembra infatti che melodie pacate e letificanti (soprattutto se
accompagnate da parole che ispirano pace,amore e tenerezza) riescano a moderare i fumi
dell’ira e della collera (cfr. Davide e Saul 1 Sam.16,14-23).
• La compassione: esercitarsi a sviluppare sentimenti e parole di dolcezza e mitezza verso tutti,
anche verso chi ti molesta.
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Riconoscere l’ira per quello che è e non negarla (ci ricorda il consiglio di Jung riguardo
l’Ombra…).
Vincere l’ira significa poi vincere le altre passioni perché non c’è chi sia turbato se non è in lite
per motivi di cibo, ricchezze, onore o altri desideri e attaccamenti.
Evitare tutto ciò che contribuisce ad alimentare l’ira e l’aggressività: musiche frenetiche e
agitate,film e spettacoli violenti ed aggressivi,la compagnia di persone iraconde ed impulsive,
gli ambienti rumorosi ed oppressivi che generano agitazione,terrore ed aggressività.
IL VIZIO DELL’INVIDIA
“L’invidia è quella disposizione d’animo che induce l’uomo a godere del male altrui e a rattristarsi,
al contrario, dell’altrui bene”.
(B.Spinoza,Etica)
“Tutti sono capaci di condividere le sofferenze di un amico. Ci vuole,invece,un’ anima veramente
bella per godere del successo di un amico” (O.Wilde)
“L’invidia è un’afflizione dello spirito e, a differenza di altri peccati della carne non provoca piacere
a nessuno. E’ un’emozione dolorosa per chi la prova che ha effetti ugualmente dolorosi negli altri”.
(Muriel Spark, Invidia,2004)
“L’invidia è un verme roditore dell’anima e del corpo,radice di mali infiniti”.
(Cervantes, Don Chisciotte,1610).
“L’invidia è una carie per le ossa”. (Prov.14,30)
“Mi illudevo che ‘lo impetuoso vento e ardente dell’invidia non dovesse percuotere se non l’alte
torri o le levate cime degli alberi. Ma io mi trovo nella mia estimazione, ingannato”.
(Boccaccio,Decameron,1353)
“L’invidia è simile a una palla di gomma che più la spingi sotto e più ritorna a galla”.
(A.Moravia,Nuovi racconti romani,1959)
“Non augurate all’invidioso di avere figli:sarebbe geloso di loro perché non può più avere la loro
età”.
(Nietzsche,Gaia scienza,1882)
“Quando al mondo appare un genio, potete riconoscerlo da un segno inequivocabile:tutti si
coalizzano contro di lui”.
(J.Swift, U viaggi di Gulliver,1726)
“La virtù è sempre perseguitata: gli invidiosi muoiono, l’invidia mai”. (Moliere, Il Tartufo,1664)
“Ci vogliono il tuo nemico e il tuo amico insieme per colpirti al cuore: il primo per calunniarti, il
secondo per venirtelo a dire”.
(M.Twain, Seguendo l’equatore,1897)
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Il termine “INVIDIA” viene dal latino “INVIDEO”, cioè “guardare storto”, “guardare con ostilità”.
Questo vizio esprime dunque rabbia, ostilità, odio. E’ un vizio che colpisce gli altri e che ,secondo
S.Tommaso è un peccato contro la carità. L’invidia desidera il male degli altri e brama per sé il
bene altrui. Tutti gli autori concordano nel ritenere l’invidia frutto e conseguenza degli altri vizi:
dell’Ira (= diventa invidioso chi ha il cuore pieno di risentimento e di negatività), della Gola, della
Lussuria e dell’Avarizia (= se l’invidioso ha odio verso gli altri è perché sono in gioco i “beni” dei
piaceri carnali e del denaro).
L’invidia è uno dei vizi in cui la componente relazionale e sociale è più forte e radicata, proprio
perché è egocentrismo ,incapacità di desiderare il bene per gli altri e dunque incapacità di amare.
La nostra società stimola e incoraggia molto l’invidia perché alimenta in continuazione
l’ambizione,l’avidità e la curiosità per le cose degli altri e presenta tutto ciò come “sana
competitività”.
C’è un altro termine con il quale viene definito questo vizio ed è la GELOSIA: questa è una
particolare forma di invidia che si manifesta nell’ambito dei rapporti affettivi. E’ un vizio talmente
passionale da essere stato utilizzato da poeti e letterati per creare tragedie,commedie ed opere
musicali che coinvolgono gli spettatori. La gelosia si nutre di sospetti,inganni,dubbi,diffidenza e
menzogne. Non è l’amore ad essere cieco,come dice un proverbio, bensì la gelosia. Questo
termine viene persino messo sulla bocca di Dio nella Bibbia: “Io, il Signore,sono il tuo Dio,un Dio
geloso” (Es.20,5) e in passo successivo viene rincarata la dose: “Tu non devi prostrarti ad altro
Dio, perché il Signore si chiama Geloso:egli è un Dio geloso” (Es.34,14).
Secondo i filosofi e gli studiosi di questa materia,il vizio dell’invidia/gelosia è scaturito dall’avvento
del cristianesimo e,successivamente,è stato riportato in auge dal marxismo che, per Galimberti, “è
l’estrema radicalizzazione del cristianesimo”.
Infatti, secondo gli antichi greci e romani le virtù e i successi personali non venivano mai attribuiti ai
singoli individui ma erano interpretati come doni degli dei. Invidiare chi aveva un successo
equivaleva perciò ad offendere la divinità e ciò veniva considerato un atto di empietà.
Per S. Natoli “in questo modo la grandezza veniva venerata e questa capacità di venerazione è
tutt’altro che passività e asservimento,ma scaturisce dal riconoscimento di ciò che è grande”.
Ma poi, al mondo antico greco-romano,che apprezzava la virtù dell’altro per “venerare gli
dei”,succede il cristianesimo che diffonde il principio di uguaglianza fra tutti gli uomini. Questo
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principio, da un lato è alla base del riconoscimento della dignità dell’uomo al di là della classe di
appartenenza e delle sue capacità( intellettive,economiche ecc…),dall’altro ha scatenato fra gli
uomini la nascita dell’invidia. Questo accade perché, secondo Nietzsche,:
“dove
realmente
l’uguaglianza
è
penetrata
ed
è
durevolmente
fondata,nasce
quell’inclinazione,considerata in complesso immorale,che nello stato di natura sarebbe
difficilmente comprensibile: l’invidia. L’invidioso,quando avverte ogni innalzamento sociale di un
altro al di sopra della misura comune,lo vuole riabbassare fino ad essa…egli pretende
quell’uguaglianza che l’uomo riconosce,venga poi anche riconosciuta dalla natura e dal caso. E
per ciò si adira che agli uguali le cose non vadano in modo uguale” (Umano troppo umano. Un
libro per spiriti liberi in Opere,Adelphi, Mi,1979,vol.IV)
Il marxismo aggiungeva poi che il semplice concetto di uguaglianza non basta a garantire una vera
giustizia,perché è solo l’uguaglianza economica che rende non solo formale ma sostanziale la
giustizia.
Secondo un altro studioso, Helmut Schoeck, che nel 1966 ha scritto il saggio “L’invidia e la
società” (ed.Rusconi MI), l’invidia è invece uno tra i più importanti motori sociali sia nelle società
comuniste sia in quelle capitaliste. Nelle prime si utilizza l’invidia proletaria in funzione
rivoluzionaria per instaurare una uguaglianza in cui si svuotano le ragioni stesse dell’invidia; nelle
seconde si “produce” e si “vende” invidia per stimolare l’emulazione e quindi lo sviluppo del
mercato.
Possiamo dunque concludere questa nostra riflessione recuperando il pensiero iniziale quando
abbiamo rilevato come questo vizio abbia le sue radici nella “relazione sociale”. Inoltre occorre
ricordare che le analisi filosofiche sopra riportate appaiono riduttive quando affermano che il
cristianesimo ha fomentato questo vizio: non appare credibile che, a differenza del marxismo, il
cristianesimo si sia limitato ad una giustizia di tipo formale. Prova ne è tutta la dottrina socioeconomica della Chiesa che sostiene la necessità che una vera uguaglianza tra individui esiste
solo laddove c’è equa distribuzione delle ricchezze.
IMMAGINI E STORIE
Caino e Abele Genesi, 4
Sara e Agar
Genesi, 16
Cenerentola
Fratelli Grimm
Biancaneve
Fratelli Grimm
Otello
W.Shakespeare, 1604
G. Rossini, 1816
G.Verdi, 1887
Tela di Giovanni Bellini “Allegoria della maldicenza” Accademia di Venezia, 1490.
Tela di Sandro Botticelli “Calunnia di Apelle” Galleria degli Uffizi Firenze, 1495.
Don Carlos
Filippo
opera letteraria di Thomas Otway, 1676
opera letteraria di Schiller, 1787
Opera Musicale di G. Verdi , 1867.
opera letteraria di V.Alfieri, 1783
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ALCUNI ELEMENTI DI SINTOMATOLOGIA
Esiste come una progressione nei sintomi attraverso i quali possiamo cogliere la presenza del vizio
dell’invidia.
Ci può essere MALDICENZA, in latino “sussuratio”, cioè dire male di qualcuno al fine di impedirne
il successo,ritenuto di impedimento al proprio. La maldicenza, solitamente, avviene in privato.
Quando il parlar male diventa “pubblico” ecco che si trasforma in DIFFAMAZIONE che può
avvenire in un gruppo di persone oppure via stampa, internet ecc…
Altro sintomo è l’ODIO che appare quando oltre a desiderare l’insuccesso dell’altro, si vuole anche
il suo male fisico.
Per quanto concerne i sentimenti, l’invidioso assume di solito due atteggiamenti che sono opposti
e speculari:
- la gioia per le avversità altrui;
- la tristezza per la loro prosperità.
Altro sintomo inquietante è la CURIOSITA’. L’invidia infatti è ininterrottamente affamata di
informazioni sugli altri e in particolare su averi e beni materiali e naturali (= figli,successi scolastici
o professionali…).
Sintomo certo della presenza dell’invidia è il PETTEGOLEZZO: l’invidioso parla spesso e volentieri
male degli altri e, appena se ne va, anche di noi stessi che l’abbiamo ascoltato.
Emergono altresì altre tre caratteristiche legate all’invidioso:
- uno stato di permanente frustrazione: la frustrazione è la sensazione di chi si sente
ingiustamente privato di qualcosa che ritiene gli spetti;
- la paralisi delle energie vitali: le reali capacità del soggetto non vengono minimamente
tenute da lui in considerazione;
- mancanza di un progetto reale: perché l’invidioso vive come “alienato” (= altro) in un
progetto che non è il suo.
IL VIZIO DELL’INVIDIA NELLO SVILUPPO PSICOLOGICO
Troviamo il primo riferimento all’invidia nel pensiero di Freud che le assegna una funzione basilare
nella costruzione di un sistema psichico riguardante la femminilità. Infatti Freud parla di “invidia del
pene” come elemento che sta alla base della gelosia e dell’invidia che vengono pertanto
considerate caratteristiche peculiarmente femminili. Leggiamo cosa scrive nella sua opera
“Introduzione alla psicanalisi”, 1932:
“il complesso di evirazione della bambina è messo in moto dalla vista del genitale maschile. Essa
subito nota la differenza e si sente gravemente danneggiata. Dichiara spesso che anche lei
vorrebbe avere qualcosa di simile e cade quindi in balia dell’invidia del pene,che lascerà tracce
incancellabili nel suo sviluppo e nella formazione del suo carattere”.
Gli studi successivi si sono allontanati da questa interpretazione dal momento che la stessa nasce
da una visione “fallocentrica” della realtà psichica in cui l’unità di misura rimane il maschio e la
femmina viene letta come un maschio mancato.
Melania Klein (1882 - 1960), discepola di Freud e successivamente staccatasi dal maestro, legge il
fenomeno dell’invidia e della gelosia da un altro punto di vista. Nella sua opera “Invidia e
gratitudine” del 1957, cerca di risalire alla nascita e ai primi contatti del bambino in particolare con
il seno materno. Le diverse esperienze fatte dal bambino a questo riguardo tra vissuti di invidia e di
gratitudine portano alla creazione di personalità invidiose o, al contrario,di persone positive. Se
prevale l’invidia, per la Klein, si configura uno stato patologico. Perché il bambino cresca privo di
manie di persecuzione che potrebbero poi sfociare in comportamenti aggressivi, è necessario che
la relazione primaria (= quella con la madre) sia sviluppata senza eccessi di invidia. La gratitudine
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è da concepire come amore ed è la via privilegiata per vincere l’invidia devastante e far ritornare
armonia e serenità.
Secondo altri studiosi la presenza del sentimento dell’invidia in una persona è indice di una
radicale frustrazione del proprio IO che si sente inferiore rispetto agli altri e fatica ad accettare
questa realtà o a porvi rimedio: nasce dunque nel nucleo profondo dell’identità ,che, per costituirsi
correttamente necessita del RICONOSCIMENTO. Se manca il RICONOSCIMENTO (= l’essere
visti), la nostra identità si fa incerta,sbiadisce,si atrofizza e subentra l’invidia.
Quest’ultima diventa simile ad un meccanismo di difesa,un tentativo disperato di salvaguardare la
propria identità. Tende cioè a contenere l’espansione degli altri per l’incapacità di espandere se
stessi. Nel tentativo di salvaguardare la propria identità, finisce per creare una situazione
patologica.
Nel Manuale Diagnostico Internazionale (DSM) l’invidia/gelosia viene segnalata come possibile
manifestazione tipica del DISTURBO DELIRANTE: tale disturbo si manifesta quando non è
collegato ad altre patologie soprattutto di natura organica.
La persona affetta da tale disturbo è convinta, senza causa fondante, che il coniuge o l’amante gli
sia infedele. Fatti insignificanti come gli abiti in disordine o macchie sul lenzuolo vengono lette
come “prove” per avvalorare il delirio. Il soggetto delirante può mettere in atto misure che limitano
l’autonomia del coniuge o arrivare persino ad attacchi fisici. Tale disturbo, statisticamente è più
diffuso tra le donne che tra gli uomini.
RIMEDI AL VIZIO DELL’INVIDIA
Essendo conseguenza di altri vizi, l’invidia muore quando muoiono le altre passioni di cui essa si
nutre: quando non si è più attaccati ai piaceri,ai soldi,alle comodità materiali viene a mancare ciò
per cui si litiga e si prova invidia e gelosia.
Un riconoscimento ed una valorizzazione delle “diversità” aiuta a creare un rapporto corretto con
gli altri e quindi a non provare verso gli altri il sentimento dell’invidia.
Pensare spesso che ,per essere “riuscita” una persona non deve diventare come i migliori,ma
raggiungere il massimo delle proprie possibilità (= accettare le proprie capacità e i propri limiti).
Compiere gesti di altruismo.
Assumere un atteggiamento “bene-dicente” nei confronti di coloro che “odiamo” o “invidiamo”.
Tenere con sé un quaderno dove segnare pensieri,parole ed azioni che ci accorgiamo siano dettati
esclusivamente dallo spirito di invidia.
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IL VIZIO DELL’ACCIDIA
“E’ la malattia dello spirito contemporaneo”
(C.Noica, filosofo rumeno)
“Il lavoro mi piace, mi affascina:Potrei stare seduto per ore a guardarlo”
(J.Klapka Jerome,Tre uomini in barca)
“Il burocrate,col giornale dispiegato a protezione, lo sguardo catatonico,ascolta il progetto per lo
snellimento della burocrazia: Ringrazia vivamente. Deplora l’assenza del modulo H. Conclude che
passerà il progetto,per il sollecito esame,all’ufficio competente, che si sta creando.”
(E.Flaiano,Diario notturno)
“La pigrizia è madre. Ha un figlio:il furto, e una figlia, la fame.
(V.Hugo, I miserabili)
“A non fare niente s’impara a fare il male”
(Catone, II sec.a.C.)
“Chi vuol fare qualcosa trova sempre un mezzo per farlo;chi non vuol far niente trova sempre una
scusa” .
(Proverbio arabo)
“La porta gira sui cardini,così il pigro si volta sul suo letto”
(Prv. 26,14)
“Va dalla formica, o pigro,esamina le sue abitudini e diventa saggio. Essa,pur non avendo un
capo,un sorvegliante o un padrone, si provvede lo stesso il vitto d’estate, accumulando cibo al
tempo della mietitura. Fino a quando pigro te ne starai a dormire? Quando ti scuoterai dal sonno?”
(Prv:6,6-9)
“E noi faremo come la Russia: chi non lavora, non mangerà”.
(Bandiera rossa, inno del P.C.I)
“La pigrizia è l’orecchio del diavolo”
(Proverbio medioevale)
“Non la noia passeggera,non quella per la fatica o la noia di cui si conoscono genere e confini,ma
quella noia perfetta,quella noia pura,quella noia che non ha altra sostanza che la vita stessa”
(C.Pavese,L’anima e la danza, 1923.)
“Tutti lavoriamo per arrivare al riposo: è quindi la pigrizia a renderci laboriosi”
(J.J. Rousseau, Saggio sull’origine delle lingue)
Questo è un vizio difficile da definire. Nell’antichità si utilizzava il termine greco “Akedìa”, che
significa: torpore,pigrizia,abbattimento, inquietudine.
Nella nostra lingua questo vizio trova riscontro in numerosi sostantivi: ignavia,
indolenza,neghittosità,ozio,inerzia,svogliatezza,torpore,lentezza,fiacchezza,mollezza,apatia,abulia.
Troviamo anche aggettivi, come:
addormentato,lazzarone,infingardo,scansafatiche,sfaticato,fannullone, poltrone,scioperato,lavativo
perdigiorno,bighellone,pelandrone…
Tra i modi di dire troviamo invece: dolce far niente,stare con le mani in mano,stare a guardare il
soffitto…
Chiariamo subito che l’accidia non corrisponde all’OTIUM che può, invece,rimandare alla
riflessione,allo studio pacato e sereno,alla quiete meditativa,alla riscoperta del’equilibrio interiore.
Qui si parla del riposo che ha nel sabato biblico la sua rappresentazione più alta come segno di
armonia con il ritmo del creato.
Pascal,nei suoi “PENSIERI”,scrive che “la felicità vera sta solo nel riposo e on nel tumulto. E’
indispensabile avere almeno un’ora in tutta la giornata in cui poter pensare a se stessi” (n.139).
L’accidia non equivale, dunque,al dolce far niente. Corrisponde piuttosto all’incapacità di prendere
sul serio le cose: nasce e si alimenta con una radicale noia di vivere. E’ quella “noia di vivere” di
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cui scriveva Cesare Pavese. Siamo di fronte ad un uomo che non si scuote,non ingaggia battaglie,
ma si lascia cullare, abbracciare dal vuoto e dalla noia.
Secondo gli studiosi dell’animo umano, questo vizio è molto diffuso nella società
contemporanea,sostenuto dalla stessa cultura che ha perso non solo il contatto con il sacro,la
trascendenza e il mistero,ma anche l’incanto/meraviglia di vivere nel mondo (reso, a sua volta,
disincantato dall’eccessiva razionalità) ridotto a “pura materia” da utilizzare in chiave economica.
Le giovani generazioni sono particolarmente esposte a questo vizio: i giovani appaiono indolenti
verso ogni discorso spirituale o culturale, che essi ritengono noiosi (a dire il vero utilizzano
terminologie ben più crude…) e manifestano mancanza di fervore per ogni tipo di lavoro manuale o
intellettuale.
Inebetiti dagli schermi (TV,Internet,display vari..) non mostrano ormai neppure quelle passioni
ideologiche,magari anche sbagliate, che rendevano “vivi” i giovani negli anni 60/70.
L’ACCIDIA pervade molte manifestazioni del vivere nelle società occidentali. Per gli antichi
l’ACCIDIA è “simile a un demone che ci rende la mente insensibile e ottusa, come atrofizzata e
inebetita”. Ci toglie energia fisica,psichica e spirituale per impedirci di lottare contro gli altri vizi e ci
induce a cedere al pessimismo e alla negatività appunto per debolezza o per indolenza.
L’ACCIDIA diviene anche causa e origine di ignoranza: invece di darsi alla conoscenza accurata
delle cose, l’accidioso è un curioso che si interessa delle cose e delle persone in modo “distratto”
così da non averne nessun vantaggio intellettuale.
C’è un brano biblico che mi ha sempre dato motivo di riflessione, dalla prima volta che l’ho letto. Si
tratta di un versetto tratto dal libro dell’Apocalisse (3,15-16): sono delle parole che Cristo pronuncia
contro la Chiesa di Laodicea,una comunità cristiana dell’Asia Minore che si era lasciata andare nel
benessere e nella superficialità: “Tu non sei né freddo, né caldo. Magari fossi freddo o caldo! Ma
perché sei tiepido,non sei né freddo né caldo,io sto per vomitarti dalla mia bocca”.
Ho ricordato questo versetto mentre leggevo “Conversazioni notturne a Gerusalemme”
(Mondadori) di C.M.Martini quando, alla domanda che viene posta al cardinale: “Non ha mai avuto
paura di prendere una decisione sbagliata?”, egli ha risposto: “Ritengo che una scelta sbagliata sia
preferibile a non scegliere affatto…penso alle nuove generazioni:si tratta di buttarsi,tanto più che
molti godono dei migliori presupposti. Siamo ricchi,siamo protetti, molti giovani possiedono una
valida formazione. Per paura delle decisioni ci si può lasciare sfuggire la vita: Chi ha deciso
qualcosa in modo troppo avventato o incauto sarà aiutato da Dio a correggersi…mi angustiano le
persone che non pensano, che sono in balia degli eventi. Vorrei individui pensanti” (pag.64).
IMMAGINI E STORIE
Oblomov
romanzo del 1859 di Ivan Aleksandrovic Gongarov
La coscienza di Zeno
romanzo del 1923 di Italo Svevo
La nausea
del 1938 di J.P.Sartre
La noia
del 1960 di A. Moravia
Melancholia
dipinto del 1513 di Durer
Il sogno del dottore
dipinto del 1498 di Durer
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ALCUNI ELEMENTI DI SINTOMATOLOGIA
I sintomi di questo vizio sono difficili da definire perché assomigliano a quelli di una patologia della
psiche: la depressione. Nell’accidioso è presente una certa DISPERAZIONE di fondo, una
mancanza di speranza. Su questo atteggiamento si innesta l’INERZIA VERSO I DOVERI (perché
sforzarmi di seguire regole e compiere doveri se la vita non ha senso e non ricompensa chi lo
meriterebbecioè
l’accidiosoe
solo
gli
altri?).
Ciò porta a divenire PUSILLANIMI. La pusillanimità è la mancanza di coraggio nell’agire, nel
compiere anche le azioni del vivere quotidiano.
Tommaso d’Aquino aggiunge che, se l’accidioso viene “costretto” contro la sua volontà a lavorare
o a compiere determinate azioni, allora nasce in lui anche il RANCORE.
IL VIZIO DELL’ACCIDIA NELLO SVILUPPO PSICOLOGICO
Come abbiamo già accennato,a livello psicologico ci sono alcuni disturbi che “assomigliano” al
vizio dell’accidia .Essi vengono denominati DISTURBI DELL’UMORE. All’interno di tale definizione
possiamo trovare:
• EPISODI MANIACALI (quando l’umore è troppo elevato, espansivo o irritabile e c’è
un’ipertrofia dell’IO con agitazione psicomotoria e aumento esagerato di ogni tipo di attività);
• EPISODIO DEPRESSIVO MAGGIORE: l’individuo deve presentare,per due settimane di
seguito, i seguenti sintomi: umore depresso (nei bambini e adolescenti invece diventa forte
irritabilità…), diminuzione di interesse e piacere per tutte le cose;perdita/aumento di peso non
dovuto a diete;insonnia o ipersonnia;svalutazione di sé;pensieri ricorrenti di morire e/o di
suicidio;
• DISTURBO BIPOLARE: quando in un individuo si presentano uno o più episodi depressivi
maggiori o episodi maniacali;
• CICLOTIMIA: quando il disturbo dell’umore diviene cronico (sussiste da più di due anni);
• DISTIMIA: quando, per almeno due anni, sussiste alterazione cronica dell’umore depresso
con associato scarso appetito o iperfagia,insonnia o ipersonnia,scarsa energia,bassa
autostima e difficoltà nel prendere qualsiasi tipo di decisione.
Possiamo affermare che l’accidia è una debolezza dell’anima,mentre la depressione è un
abbattimento dell’anima.
E ancora: tra accidia e depressione esiste una differenza che si può scoprire facilmente. A un
accidioso/depresso che non vuole alzarsi dal letto proponete qualcosa che gli piace da morire: se
è veramente depresso non si alzerà,se è solo accidioso ritroverà miracolosamente le forze.
RIMEDI AL VIZIO DELL’ACCIDIA
Combattere questo vizio appare molto difficoltoso perche esso consiste proprio nel non aver voglia
di combattere, di darsi da fare. Qualsiasi suggerimento dato all’accidioso egli, in quanto tale, non
avrebbe né la forza né la voglia di eseguirlo.
Gli antichi filosofi suggerivano,in questo caso, di affidarsi ad una “guida” esterna,che possa
fungere da “pungolo” e stimoli senza dargli tregua, l’accidioso.
E’ importante che l’accidioso obbedisca totalmente a quanto la guida gli ordina di compiere.
Oltre a ciò sembrano dare qualche risultato:
- il lavoro manuale: esso libera il corpo dalla pigrizia e la mente dal divagare ozioso;
- evitare gli alimenti che appesantiscono il corpo e la mente;
- leggere libri che raccontanino la vita di personaggi che hanno realizzato azioni ed opere
importanti nella loro vita;
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-
fare volontariato nel settore della sofferenza perché tale attività genera sensazioni ed
emozioni molto forti che spesso riescono a smuovere l’accidia;
imporsi atti concreti da compiere tipo orari precisi da rispettare (es. alzarsi alla mattina ad
un certo orario… stabilire che ad un certo orario si deve eseguire qualcosa…).
IL VIZIO DELLA SUPERBIA
La superbia è il più frequentemente punito e il più difficilmente sanabile di tutti i vizi.
(Nicolò Tommaseo)
L'uomo superbo si pone sopra gli altri, e crede che gli si debba ogni cosa; gli altri, per lo contrario,
(Confucio)
lo mettono nell'ultimo grado, né gli concedono nulla.
La superbia è il cavallo dei ricchi: la povera gente va a piedi.
(Emilio De Marchi)
Tutti i vizi sono conditi dalla superbia, si come le virtù sono condite e ricevono vita dalla carità.
(
S.Caterina da Siena) .
Chi nega la superbia in sé la possiede di solito in maniera così brutale da chiudere istintivamente
(Nietzsche,Umano troppo umano)
gli occhi di fronte ad essa, per non doversi disprezzare.
Dovunque egli arrivi, il superbo si mette a sedere e tira fuori dalla valigia la sua superiorità.
(E.Canetti, Un regno di matite).
La superbia andò a cavallo e torno a piedi
(M. Marchesi)
Il superbo assomiglia a un gallo che pensa che il sole sorga per sentirlo cantare.
(G.Eliot,Middlemarch,1872).
Rimproveriamo spesso alla gente di parlare di sé,ma è l’argomento che sa trattare meglio.
(A.France, la vie letterarie,1888)
Lucifero cade per la superbia,ma si danna per l’invidia
(S. Natoli).
Ez. 28,2 ss:
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, parla al principe di Tiro: Così dice il Signore
Dio:
Poiché il tuo cuore si è insuperbito e hai detto:
“Io sono un dio,
siedo su un trono divino in mezzo ai mari”,
mentre tu sei un uomo e non un dio,
hai reso il tuo cuore come quello di Dio,
….. Perciò così dice il Signore Dio:
Poiché hai reso il tuo cuore come quello di Dio,
ecco, io manderò contro di te
i più feroci popoli stranieri;
snuderanno le spade contro la tua bella saggezza,
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profaneranno il tuo splendore.
Ti precipiteranno nella fossa
e morirai della morte degli uccisi in mare.
Isaia 14,13-14:
Eppure tu pensavi nel tuo cuore:
“Salirò in cielo, sopra le stelle di Dio
innalzerò il mio trono,
dimorerò sul monte dell’assemblea,
nella vera dimora divina.
Salirò sulle regioni superiori delle nubi,
mi farò uguale all’Altissimo”.
E invece sei stato precipitato negli inferi,
nelle profondità dell’abisso!
PROVERBI:
La superbia digiuna con l'abbondanza, pranza con la povertà e cena con l'infamia.
La superbia è la madre dell'ignoranza.
La superbia insozza ogni virtù.
La superbia mette in mostra l'ignoranza
La superbia non ama nessuno e non è amata da nessuno.
Quando la superbia sale, l'amicizia scende.
Se la superbia fosse arte, quanti dottori avremmo!
Superbia e pazzia sono sempre in compagnia.
Abbiamo lasciato per ultimo il vizio della Superbia anche se,nell’elenco dei vizi capitali stilato sia
dalla filosofia Morale, sia dalla teologia Scolastica, la Superbia viene considerato il primo dei vizi
capitali,quello che sta all’origine di tutti gli altri. Noi lo esaminiamo come ultimo perché questo vizio
è sia il punto di partenza sia il punto di arrivo di tutti i vizi. Infatti per tutti gli studiosi, la Superbia
affonda le sue radici nel nucleo più profondo della natura umana, cioè alle radici della sua identità
personale. Infatti l’uomo è sempre teso alla ricerca e all’affermazione della sua identità.
Il filosofo Hegel, fine ottocento, sosteneva che il bisogno di riconoscimento è così forte nell’essere
umano da spingerlo spesso a rischiare la vita in una lotta mortale, non come fanno gli animali per il
cibo e la sicurezza, ma solamente perché gli altri lo riconoscano.
Questo bisogno di riconoscimento non viene sottolineato solo da Hegel ma da tutta la filosofia
occidentale da Platone ai nostri giorni.
Occorre però compiere alcune distinzioni: innanzitutto tra Superbia e Orgoglio. La prima viene
considerata un vizio, la seconda invece –spesso – è considerata una virtù perché l’Orgoglio (che in
italiano viene considerato sinonimo di Superbia) viene riportato all’autostima, che è un valore.
Si tratta della consapevolezza delle proprie capacità, delle facoltà che una persona possiede,delle
doti ricevute ed acquisite, dalle competenze.
La seconda distinzione riguarda il termine Vanagloria che possiamo considerare come
l’anticamera della Superbia: la Vanagloria è l’atteggiamento della persona costantemente
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proiettata ad ottenere la lode e l’approvazione della gente: il modo di parlare,di vestire, i consigli
che si danno, ciò che si scrive, tutto è compiuto solo ed esclusivamente in funzione di ciò che la
gente pensa.
E’ la situazione di chi è totalmente dipendente dal giudizio degli altri. Spesso anche un attivismo
dedicato al “fare per gli altri”, nasconde la Vanagloria di chi aspira al potere e alla fama e alla
realizzazione esclusiva del proprio Ego. Spesso poi la Vanagloria viene trasferita sui figli: ciò
avviene quando i genitori si aspettano che essi conseguano a tutti i costi quei sogni che loro non
sono riusciti a realizzare.
Nella
nostra
lingua
questo
vizio
viene
anche
denominato:
ambizione,sussiego,immodestia,vanità,vanto, esser tronfio…anche gli aggettivi non mancano:
sufficienza,
presunzione,ostentazione,alterigia,
sicumera,
spocchia,saccentezza,arroganza,tracotanza,sopraffazione,iattanza,prevaricazione,ostinazione,prot
ervia… tra le espressioni e modi di dire ricordiamo “avere la puzza sotto il naso”, “arricciare il
naso”…
Tommaso d’Aquino definisce la Superbia una “ inordinata praesumpio alios superandi”, cioè una
smodata disordinata presunzione della propria superiorità ed eccellenza rispetto agli altri. Il
superbo si eleva sopra se stesso in una continua sfida agli altri e a Dio. E’ come se la Superbia
infettasse l’uomo nel suo Io profondo ed intimo facendolo degenerare.
La vera natura del primo peccato, quello denominato “originale”, è infatti la grande illusione
diabolica di sostituirsi a Dio.
Nell’antichità infatti la Superbia veniva anche denominata “Hybris”, cioè SFIDA violenta nei
confronti della divinità.
Siamo tutti preda della Superbia: è un vizio che infetta tutti gli uomini,nessuno ne è immune: il
desiderio di gloria,del successo,del trionfo è, infatti, l’ultima aspirazione da cui riescono a liberarsi
anche i saggi e i santi. La superbia genera l’egoismo proprio perché il superbo si disinteressa degli
altri o li utilizza per raggiungere i propri obiettivi.
L’antidoto alla Superbia è l’UMILTA’. L’uomo umile,conosce i propri limiti e le proprie possibilità e
non si tira indietro di fronte alle necessità altrui. Giova qui ricordare che la vera umiltà non è –come
scriveva il filosofo inglese Hume (1757) – quella che si predica dai pulpiti e che porta le persone
anche all’autodenigrazione, ma quella che frena “quegli impulsi che spingono l’uomo a perseguire
cose che non sono alla sua portata, rimuovendo completamente i propri limiti”. Questa
consapevolezza del limite è la grande virtù celebrata dagli antichi Greci ( e dimenticata spesso
dall’uomo moderno…) perché fa si che ciascuno sia orgoglioso di sé,senza doversi sottomettere
ad un altro, al punto tale di umiliarsi.
IMMAGINI E STORIE
Il buono e il cattivo governo
di Ambrogio Lorenzetti tela del 1340
Superbia
di Hieronymus Bosch tela del 1480
Allegoria della Vanità
di Giulio Campi tela del 1521
Vanità
di Bernardo Strozzi
Adamo ed Eva
Genesi 3
Il fariseo e il pubblicano
Luca 18,9-14
La rana e il bove
La Fontaine, 1600
Prometeo Incatenato
Eschilo, V sec. a.C.
tela del 1635
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Il Golem
romanzo di G. Meyrink
Faust
poema di Goethe
Mito di Icaro
Mito di Fetonte
ALCUNI ELEMENTI DI SINTOMATOLOGIA
Primo sintomo della Superbia è la presenza di MILLANTERIA che è l’ostentazione di se stessi con
parole e discorsi. Il secondo è la PRESUNZIONE DI NOVITA’ che si presenta attraverso il
racconto di fatti veramente accaduti ma comuni che vengono però ostentati con il solo scopo di
attirare l’ammirazione degli altri. Terzo sintomo è l’IPOCRISIA quando si raccontano dei fatti
inventati sempre solo per suscitare ammirazione in chi ascolta.
A seguito di questi primi tre sintomi fa la sua apparizione la CAPARBIETA’ che nasce quando una
persona si fissa sul proprio parere senza accettare i consigli/suggerimenti di persone più sagge ed
esperte.
A questo punto può emergere la DISCORDIA che si sviluppa quando ci si fissa sulla propria
volontà, senza cercare di rispettare e armonizzarla con quella degli altri: Può esserci anche
CONTESA VERBALE e soprattutto DISUBBIDIENZA, perché il superbo non accetta di
sottomettersi al comando di nessuna autorità.
IL VIZIO DELLA SUPERBIA NELLO SVILUPPO PSICOLOGICO
Nel Manuale Diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali (DSM), viene segnalato il DISTURBO
NARCISISTICO DI PERSONALITA’: la sua caratteristica principale è l’atteggiamento di fondo che
mira alla grandiosità, sia a livello di fantasia che di comportamento. Si tratta di un individuo con un
elevato senso di autostima che tende ad esagerare le proprie capacità e si aspetta di essere
notato come “speciale”, anche senza una motivazione adeguata.
Sfrutta gli altri per raggiungere i propri scopi, ha un senso grandioso di importanza,crede che i suoi
problemi siano particolari e che solo persone speciali li possano capire.
E’
una
persona
costantemente
assorbita
da
fantasie
di
successo
illimitato,potere,fascino,bellezza,amore ideale. Ha sempre la sensazione che tutto gli sia dovuto e
richiede costantemente attenzione e/o ammirazione da parte degli altri. Non riesce ad entrare in
contatto empatico perché non sa riconoscere e sentire i sentimenti degli altri. Spesso è pervaso da
sentimenti di invidia.
Se vogliamo poi riprendere uno dei concetti cari a Jung, possiamo altresì affermare che il superbo
è colui che esalta il proprio Io, disconoscendo la presenza dell’Inconscio e, in particolare, del Sé.
RIMEDI AL VIZIO DELLA SUPERBIA
Arma potentissima per vincere questo vizio è la conoscenza di se stessi che si acquisisce con
un paziente lavoro interiore su di sé.
Può inoltre essere d’aiuto:
• abituarsi a non esprimere mai giudizi e critiche verso gli altri;
• concentrare la propria attenzione su tutto ciò che di buono e di bello fanno gli altri e sulla loro
bontà,dolcezza e umanità;
• esercitarsi ad accogliere le critiche e i rimproveri che si ricevono con umiltà e ringraziando;
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esercitarsi a chiedere “consiglio” e aiuto;
mostrarsi agli altri come si è veramente:esprimere le proprie emozioni senza paura, sapere
dire “non so” quando non si sa qualcosa.
•
•
CONCLUSIONI
Abbiamo cercato di esaminare dal punto di vista antropologico – cioè nel modo più globale
possibile interrogando le varie scienze che si sono interessate di questi argomenti quali la filosofia
morale,l’epistemologia, la sociologia, la psicologia e la teologia – prendendo coscienza che, nel
corso dei secoli i vizi sono stati oggetto veramente di approfondimento a tutti i livelli: l’arte, il
cinema, la letteratura hanno dedicato ampi spazi ad esaminare le dinamiche profonde sottese ai
“vizi” dell’essere umano.
Jung ci ha aiutati a scoprire come i vizi possono originarsi dalle nostre “ombre” non integrate lungo
il nostro percorso di crescita psicoaffettiva. Rimangono aperte le domande che ci siamo posti
all’inizio. Domande che desidero lasciare aperte perché ciascuno di noi possa interrogarsi e dare
le sue risposte.
L’augurio è che l’approfondimento di questo argomento possa essere di aiuto alla conoscenza di
noi stessi e possa offrire allo scrivente docente e ai frequentanti, che lo hanno seguito con
pazienza e costanza. uno strumento di crescita psicoaffettiva.
RIPRENDIAMO LE DOMANDE CHE CI SIAMO POSTI ALL’INIZIO DEI NOSTRI INCONTRI:
•
I vizi portano al disturbo psichico?
•
Sono i disturbi psichici che possono portare a diventare viziosi?
•
Abbiamo forse sottovalutato il fatto che se non curiamo lo “spirito”, cominciano ad apparire
disturbi che prima non esistevano, come quelli psicologici?
•
E’ corretto pensare che quando c’è consapevolezza e volontà siamo di fronte a un vizio,
mentre quando non c’è piena consapevolezza, allora siamo di fronte a un disturbo
psichico?
E ancora…la domanda che ci siamo posti come obiettivo del corso :
i vizi capitali:
• Superbia
• Avarizia
• Lussuria
• Ira
• Gola
• Invidia
• Accidia
sono “abiti del male” ? (Aristotile) o “malattie della psiche”? (Freud)
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CORSO ANTROPOLOGIA : I 7 vizi capitali: abiti del male(Aristotele) o malattie della psiche (Freud)?
Giuseppe Fojeni
BIBLIOGRAFIA
•
Tommaso d’Aquino, I sette peccati capitali,Bur.
•
Umberto Galimberti, I vizi capitali e i nuovi vizi,Feltrinelli
•
Giuseppe Moretti, Parliamo di vizi e di virtù, Dehoniane.
•
Salvatore Natoli,Dizionario dei vizi e delle virtù, Feltrinelli.
•
Evagrio Pontico, A Eulogio, I vizi opposti alle virtù,San Paolo.
•
Gianfranco Ravasi, Le porte del peccato,Mondadori.
•
Dag tessore, I vizi capitali, Città Nuova.
•
Giovanni Ventimiglia, Vizi.Esercizi per casa, Apogeo.
•
A. Gelardi, Vizi,Vezzi,Virtu, EDB.
•
E.Bianchi,Una lotta per la vita, San Paolo
•
Il Mulino Intersezioni editori:
-
Elena Pulcini, Invidia.
Remo Bodei,Ira.
Giulio Giorello Lussuria.
Stefano Zamagni,Avarizia.
Sergio Benvenuto,Accidia.
Francesca Rigotti,Gola.
Laura Bazzicalupo, Superbia.
PER APPROFONDIRE il tema dell’OMBRA:
•
Claudio Risè, Diventa te stesso, RED.
•
C.G.Jung, Ricordi,sogni,riflessioni,BUR.
•
Francoise O’Kane, L’Ombra di Dio, Red.
•
Trevi M.Romano A., Studi sull’Ombra, Raffaello Cortina
•
Neri Nadia,Oltre l'ombra. Donne intorno a Jung, Borla.
•
C.G. Jung ,Sui sentimenti e sull'ombra ed. Magi.
•
B. Callieri, Quando vince l'ombra, Roma, Città Nuova, 1982.
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CORSO ANTROPOLOGIA : I 7 vizi capitali: abiti del male(Aristotele) o malattie della psiche (Freud)?
Giuseppe Fojeni
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