Analisi base a una variabile
per la fisica
1 giugno 2017
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Indice
1 Numeri reali
1.1
1.2
1.3
1
Insiemi numerici N, Z, Q . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1
1.1.1
N
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1
1.1.2
Z
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2
1.1.3
Q
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3
L’insieme dei reali R . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6
1.2.1
Il problema della diagonale . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6
1.2.2
R
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7
Teorema di esistenza dell’estremo superiore . . . . . . . . . . . . .
7
2 Funzioni
9
3 Spazi Metrici
10
4 Successioni
11
4.1
Introduzione alle successioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
4.2
Limiti di successioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
4.3
Convergenza di successioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
4.4
Ordini e confronti di infiniti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
4.5
Successioni monotone
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
5 Serie
23
5.1
Serie numeriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
5.2
Convergenza di serie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
6 Fonti per testo e immagini; autori; licenze
30
6.1
Testo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
6.2
Immagini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
6.3
Licenza dell’opera
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
Capitolo 1. Numeri reali
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Capitolo 1
Numeri reali
1.1 Insiemi numerici N, Z, Q
La teoria dell’analisi reale parte da un concetto base della conoscenza umana: il
numero. La capacità di enumerare degli oggetti, darvi una misura, è stata una
delle prima necessità dell’umanità. In maniera naturale si è portati a definire un
oggetto campione, ovvero l’unità, e usarlo per contare.
1.1.1 N
L’insieme dei numeri naturali N contiene i numeri interi positivi, ovvero possiamo descriverlo in forma esplicita attraverso l’elencazione dei suoi elementi:
N = {0, 1, 2, 3 · · · }
L’insieme dei numeri naturali è il primo insieme numerico da cui partono tutte le
teorie matematiche e la conoscenza umana stessa: il numero, o meglio, il concetto
di numero, è strettamente legato al concetto di lettera. Perché un determinato
numero si scriva in un determinato modo, però, non è una discussione da poter
fare qui: entreremmo nella teoria della simbologia.
Una domanda da poterci porre è: perché le unità vanno da 0 a 9 e poi si ricomincia, seguendo lo stesso schema per decine, centinaia ecc..? La risposta non è
proprio banale, anzi, si può addirittura affermare di non saperla con certezza. Può
darsi che la causa sia legata al fatto che in totale siamo dotati di 10 dita, quindi la
base numerica più in uso comune sia proprio la base decimale. Ovviamente, ogni
numero può essere scritto in qualsiasi base, ma non tratteremo in questa sede.
I numeri naturali vi sembrano semplici? Ebbene, sono più complicati di quanto
sembrino. Ci sono molti teoremi e congetture aperte su questo insieme numerico,
e nessuno di questi è banale, a riprova del fatto che N , essendo il pilastro fondante
la matematica, non è certo una favoletta per bambini. Diamo qualche esempio.
Teorema (di Euclide):
∃ infiniti numeri primi.
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Com’è noto, per numero primo si intende un numero divisibile solo per sé stesso
e1.
Dimostrazione:
Dimostriamo per assurdo; supponiamo che l’insieme dei numeri primi sia finito,
ovvero:
P = {p1 , p2 , p3 , · · · pn } n ∈ N
Definiamo un nuovo numero:
p = p1 · p2 · p3 · · · pn + 1
∈N
Osserviamo che questo numero non divide nessuno dei numeri primi appartenenti
all’insieme P sopra definito, è cioè anch’esso primo. Quindi non appartiene all’insieme dei numeri primi e vi appartiene allo stesso tempo, per assurdo è impossibile
che i numeri primi siano finiti.
La dimostrazione del teorema precedente è stata, tuttavia, semplice, e il teorema
stesso era “auspicabile”. Ma i seguenti vi sorprenderanno.
Teorema (di Green-Tao):
Esistono progressioni aritmetiche di numeri primi arbitrariamente lunghe.
Questo teorema è stato dimostrato solo nel 2004, quindi pochi anni fa, e la
dimostrazione non è per nulla semplice, quindi non la forniremo.
La congettura di Goldbach invece è ancora aperta: grazie ai nuovi computer, è
stato calcolato che essa è effettivamente valida per numeri davvero molto grandi;
manca ancora, però, la dimostrazione matematica.
Congettura di Goldbach Ogni numero pari è somma di due numeri primi.
1.1.2 Z
L’insieme dei naturali non è ovviamente l’unico insieme numerico con cui abbiamo
mai avuto a che fare. N può essere ampliato, ottenendo l’insieme dei numeri interi
Z . Questo può essere descritto esplicitamente come:
Z = {0, ±1, ±2, · · · }
È immediato notare che N ⊂ Z .
La rappresentazione dell’insieme degli interi può essere fatta su una retta; scelto
il punto 0 e un verso di percorrenza positivo, si prende l’unità 1 di lunghezza a
piacere e si replica su di essa. I punti ottenuti sulla retta che vanno da 0 verso il
lato positivo saranno i positivi, mentre nel verso opposto ci saranno i negativi. È
quindi presente in Z un ordinamento.
In particolare, l’insieme Z ha due proprietà fondamentali:
• Esiste l’opposto;
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• Ha senso la somma.
Possiamo dare delle proprietà dei numeri interi. Dati m1 , m2 ∈ Z , avremo che:
• se m ≥ 0 ⇔ m ∈ N ;
• se m1 ≤ m2 ⇔ m2 − m1 ≥ 0 ;
• se m1 ≥ m2 ⇔ −m1 ≤ −m2 .
Proprietà della somma
Sono quattro in totale le proprietà dell’operazione somma.
1. ∀ n, m, z ∈ Z (n + m) + z = n + (m + z) associativa;
2. ∃ 0 ∈ Z :
0 + n = n + 0 = n esistenza elemento neutro;
3. ∀ n ∈ Z ∃(−n) ∈ Z :
4. ∀ n, m ∈ Z :
n + (−n) = 0 esistenza dell’opposto;
n + m = m + n commutativa.
L’operazione somma è un concetto che nasce nel cervello con la capacità di contare: prese due quantità distinte, posso sommarle e ottenerne una più grande.
Questo è ovviamente il caso della realtà, in cui non esistono grandezze negative.
Per esempio, se andassi dal panettiere a e chiedessi “Scusi, potrebbe darmi −2
kg di pane?” riceverei non poche occhiatacce (studi scientifici confermano). La
somma tra un numero positivo e un numero negativo sarà quindi una differenza,
e si otterrà un numero più piccolo del numero positivo di partenza, mentre la
somma di due numeri negativi coinciderà con la somma dei loro valori assoluti
ovviamente negativa.
Proprietà dell’ordinamento
1. ∀ m ∈ Z m ≤ m riflessiva;
2. ∀ n, m, z ∈ Z n ≤ m e m ≤ z ⇒ n ≤ z transitiva;
3. ∀ n, m ∈ Z n ≤ m e m ≤ n ⇒ n = m antisimmetrica;
4. ∀ n, m ∈ Z n ≤ m oppure m ≤ m una delle due vera dicotomia (o totalità) dell’ordinamento.
1.1.3 Q
L’insieme numerico dei razionali, Q , contiene al suo interno gli insiemi N e Z .
Possiamo definirlo come:
Q=
{m}
n
m ∈ Z, n ∈ N − {0}
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Questa definizione è valida a meno di doppie scritture, ovvero identificando
frazioni equivalenti.
Su Q hanno senso somma, prodotto e ordinamento. Le proprietà di somma e
ordinamento sono le stesse dell’insieme Z , mentre il prodotto è una nuova
operazione.
Proprietà del prodotto
1. ∀ q1 , _2, _3 ∈ Q
(q1 q2 )q3 = q1 (q2 q3 ) associativa;
2. ∃ 1 ∈ Q : ∀q ∈ Q
1 · q = q · 1 = q esistenza elemento neutro;
3. ∀q ̸= 0 ∈ Q ∃ q −1 :
4. ∀ q1 , q2 ∈ Q
q · q −1 = 1 esistenza dell’inverso;
q1 q2 = q2 q1 commutativa.
Oltre alle proprietà di somma, prodotto e ordinamento sono presenti le proprietà
di una rispetto all’altra, ovvero:
Somma rispetto all’ordinamento
∀ q1 , q 2 , q 3 ∈ Q q1 ≤ q2 ⇒ q1 + q3 ≤ q2 + q3 a
Somma rispetto al prodotto
∀ q1 , q2 , q3 ∈ Q (q1 + q2 )q3 = q1 q3 + q2 q3
Prodotto rispetto all’ordinamento
∀ q1 , q2 , q3 ∈ Q, q3 ≥ 0
q1 ≤ q2 ⇒ q1 q3 ≤ q2 q3
Metodi di scrittura dei razionali
Scrivere un numero razionale è abbastanza semplice: basta scrivere la frazione
che lo rappresenta. Eppure, ci sono due modi particolari che risultano utili per
diversi aspetti: il primo è utilizzato in molti sistemi e studi particolari (per la
programmazione in linguaggio C è molto usata la parte intera), mentre il secondo
è utile per sfruttare le proprietà dell’ordinamento.
Parte intera Ogni numero razionale si compone di una parte intera e di una
parte decimale. Per fare un esempio:
33
3
=3+
10
10
I vantaggi della scrittura in parte intera sono differenti a seconda dei casi. L’esperienza e la praticità nella semplificazione di frazioni aiuta in questo tipo di
scrittura.
Capitolo 1. Numeri reali
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Scrittura decimale Un altro modo di scrivere i numeri razionali è rappresentarli
in scrittura decimale, ovvero per somma di potenze di 10 prendendo tutte le 10
cifre che compongono la base 10 . Il 10 è ovunque ma non siamo illuminati.
Si può scrivere un numero in base decimale come segue:
abc.defg
:=
|{z}
102 a + 101 b + 100 c + 10−1 d + 10−2 e + 10−3 f + 10−4 g
per definizione
Riprendendo l’esempio di
33
10
:
33
= 3.3
10
Quando si passa alle potenze negative del 10 viene messo un punto, per indicare che iniziano le cifre decimali. La parte intera è facilmente individuabile, si
trova prima del punto. Quando alcuni numeri dopo la virgola si ripetono periodicamente, si è solito indicare le prime cifre con una sbarra in alto, come
segue:
12.454545454... = 12.45
E leggeremo questo numero come dodici virgola quarantacinque periodico. Però,
questa scrittura rappresenta un problema. Ci sono due modi diversi di scrivere il
numero 1 , in particolare:
0.9̄ = 1
Come posso immaginare sulla retta il numero 0.9̄ ? Per intuizione posso dividere
l’unità in 10 parti uguali, prendere solo l’ultima parte e iterare il processo all’infinito. Non faccio altro che faticare molto per scrivere il numero 1 , che è quindi
la stessa cosa. È quindi preferibile la scrittura in parte intera o per frazione alla
scrittura decimale. Un ultimo esempio di scrittura decimale:
726.660666
Principio di Archimede
Una buona teoria che si rispetti deve basarsi su dei principi o assiomi. Uno di
quelli su cui si fonda la teoria dell’analisi è il famoso assioma di Archimede,
che tratteremo più attentamente quando analizzeremo i numeri reali; una diretta
conseguenza di quell’assioma è questo principio, che afferma che:
Se q ∈ Q, q > 0, ∃ n ∈ N :
1
<q
n
Ovvero, preso un qualsiasi razionale positivo, esisterà sempre un naturale tale che
il suo reciproco è minore del razionale preso. Questo principio dimostra che Q
è un insieme discreto e non continuo, ovvero che, per dirla in parole troppo
semplici, Q è bucato.
Capitolo 1. Numeri reali
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Cardinalità degli insiemi
1.2 L’insieme dei reali R
1.2.1 Il problema della diagonale
Abbiamo visto come, a partire dai numeri naturali, quelli che spontaneamente
siamo portati a conoscere, si possano creare ulteriori insiemi numerici che ampliano gli elementi di N e hanno operazioni con rispettive proprietà, come somma,
prodotto e ordinamento. Tuttavia, l’insieme dei razionali Q non può rispondere a tutti i problemi geometrici esistenti. Partiamo da un esempio semplice
quanto fondamentale.
Prendiamo un quadrato di lato l = 1 ; vogliamo misurarne la diagonale, ma
vogliamo che la misura della diagonali sia un razionale. Ebbene, faticheremo
molto, ma non riusciremo a risolvere questo problema. Analizzando più a fondo,
possiamo ricavare geometricamente che la misura della diagonale, d , è tale che
d2 = 2 . Vediamo come fare.
Prendiamo il quadrato di lato unitario e calcoliamone l’area; sappiamo che essa
è pari a:
l·l =1·1=1
Ora, analizziamo uno dei due triangoli rettangoli ottenuti tracciando la diagonale.
Questi triangoli sono uguali tra loro, e la loro area è la metà del quadrato unitario,
ovvero:
Atriangolo =
1
l2
=
2
2
Possiamo ottenere la misura di quest’area moltiplicando tra loro i cateti, che
sarebbero poi i lati del quadrato unitario, e dividere il prodotto per 2 , ma non
otterremo alcuna informazione. Se invece prendiamo come base l’ipotenusa, ovvero la diagonale del quadrato, e come altezza la metà dell’altra ipotenuse, possiamo
calcolare l’area avendo come incognite la diagonale, ovvero:
Atriangolo = d ·
d2
1
d 1
· =
=
2 2
4
2
Uguagliando le due aree calcolate in questi due modi:
d2
l2
=
4
2
d2 = 2 l 2 = 2
Quindi la diagonale deve essere tale che d2 = 2 . Ma noi vogliamo che questo
valore sia un razionale; cerchiamo di dimostrarlo nella seguente proposizione.
Proposizione
Capitolo 1. Numeri reali
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Esiste un numero razionale il cui quadrato faccia due, ovvero:
∃ q ∈ Q : q2 = 2
Dimostrazione:
n
Diciamo che q = m
, con n, m ∈ Z . Supponiamo che n e m siano primi fra loro,
ovvero q sia già ridotto. Avremo che:
q2 = 2
⇒
n2
=2
m2
⇒ n2 = 2m?2
Quindi si ha che n2 è un numero pari, per definizione di numero pari; poiché la
radice di un numero pari è essa stessa un numero pari, possiamo quindi scrivere:
n = 2k
Poniamo i due quadrati uguali tra loro:
n2 = 4k 2 = 2m2
⇒ m2 = 2k 2
Quindi anche m2 è un numero pari, da cui anche m risulta essere pari.
Concludiamo che n e m sono due numeri pari; ma noi abbiamo supposto che essi
fossero primi tra loro, quindi risulta impossibile questa dimostrazione.
La sintesi di tutto ciò è che non esiste alcun razionale in cui quadrato sia 2 .
Questo problema causò la crisi della scuola pitagorica (assieme al rapporto di una
circonferenza con il suo diametro), ponendo fine a tutte le certezze matematiche
della dottrina di Pitagora. Il problema che apre questo semplice problema geometrico è ben più grande di quanto gli stessi pitagorici immaginavo: una buona
definizione dell’insieme dei reali la si ha solo in epoca moderna: il grande lavoro
fatto da Cauchy nello sviluppo dell’analisi matematica ha portato alla definizione
rigorosa dell’insieme R solo verso la fine del secolo XIX.
1.2.2 R
1.3 Teorema di esistenza dell’estremo superiore
Per costruire la teoria dei numeri reali, abbiamo posto due assiomi, il primo è
il famoso assioma di Archimede, il secondo è l’ assioma degli intervalli
incapsulati. Da questi due assiomi si costruisce tutta la teoria dei reali e, in
particolare, si può dimostrare l’esistenza dell’estremo superiore. Ci sono diverse
teorie che, tuttavia, pongono l’esistenza dell’estremo superiore come assioma e
dimostrano gli assiomi di Archimede e degli intervalli incapsulati come teoremi.
Poiché abbiamo costruito la teoria come il primo caso, assiomatizzando Archimede
e gli intervalli, manca da dimostrare l’esistenza dell’estremo superiore. Colmiamo
questo buco dimostrandolo qui di seguito.
Capitolo 1. Numeri reali
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Teorema (Esistenza dell’estremo superiore):
Sia E ⊂ R ; allora esiste l’estremo superiore:
∃ sup E = Γ ∈ R
Dimostrazione:
Sia a0 ∈ E ; sia b0 un maggiorante di E . Osservo l’intervallo [a0 , b0 ] : esso contiene
elementi nell’insieme E ed altri fuori da esso. Trovo il punto medio dell’intervallo
0
[a0 , b0 ] , ovvero a0 +b
. A questo punto ho due opportunità:
2
{
{
0
a1 = a0
a1 = a0 +b
a0 + b0
a0 + b0
2
se
∈
̸
E
se
∈E
a0 +b0
2
2
b1 = 2
b1 = b0
In entrambi casi, avrò che a1 ∈ E e b1 è un maggiorante di E . Itero il processo
n volte:
an ∈ E
bn é maggiorante di E
⇒ bn − an =
a0 + b0
2
Quindi, in definitiva:
an ≤ an+1 ≤ bn+1 ≤ bn
Dall’assioma degli intervalli incapsulati e dalla sua proprietà dimostrata nel capitolo precedente sappiamo che:
∃!Γ ∈
∩
degli intervalli
an ,bn
Inoltre:
lim an = Γ = lim bn
n
n
Per definizione di bn , sappiamo che b≥ x ∀x ∈ E, ∀n ; passando al limite:
bn ≥ x n → +∞ ⇒ Γ ≥ x
Ma osservo che anche an → Γ ; quindi, sia ϵ > 0 , definitivamente è valida:
an ≥ (Γ − ϵ)
Poiché an ∈ E tende a Γ , ma anche bn maggiorante tende ad esso, concludo che:
Γ = sup E
Capitolo 2. Funzioni
Capitolo 2
Funzioni
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Capitolo 3. Spazi Metrici
Capitolo 3
Spazi Metrici
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Capitolo 4. Successioni
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Capitolo 4
Successioni
4.1 Introduzione alle successioni
Iniziamo a trattare un nuovo argomento: le successioni numeriche di reali. Intuitivamente, un elenco numerato di numeri reali è già un’ottima definizione per la
successione, ma definiamola matematicamente.
Definizione (Successione di reali):
Chiameremo successione di numeri reali l’immagine di una funzione f : N →
R e che associa ad ogni numero naturale un elemento dell’insieme dei reali:
{f (1), f (2), f (3) · · · } = {a1 , a2 , a3 · · · }
Un esempio banale: an = n è una successione di numeri naturali (e quindi reali)
che associa ad ogni naturale se stesso. il termine n-simo della funzione non lo
indicheremo con f (n) bensì con la più pratica scrittura an per differenziare le
successioni dalle funzioni.
Ci sono vari modi per definire una successione. Il modo più intuitivo è quello di
elencare gli elementi uno ad uno, in un insieme ordinato. La cosa risulta essere
pratica per successioni di numeri non infinite e con non molti elementi, ma quando
si ha a che fare con successioni con infiniti numeri potrebbe risultare leggermente
scomodo scriverli uno ad uno. Leggermente.
C’è un modo più pratico per definire una successione, ed è per ricorrenza;
sia chiaro ora e per sempre: non tutte le successioni possono essere definite per
ricorrenza.
Definizione (per ricorrenza):
Possiamo definire una successione di reali per ricorrenza: si mette in evidenza
il primo termine della successione, che viene di solito chiamato a0 (attenzione alle
successioni che non ammettono lo 0) e poi si mette in evidenza il termine an+1
in funzione del termine n-simo an . La forma canonica è:
Capitolo 4. Successioni
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{
a0 = x
an+1 = f (an )
f :R→R
Per fare un esempio di successione per ricorrenza, mostriamo quello che viene
chiamato albero di Feienbaum (o mappa logistica), che descrive l’incremento della
densità di popolazione:
{
a0 = x
an+1 −an
an
=R
an+1 = (1 + R)an = (i + R)n a0
Dove R è un valore generico dipendente da vari fattori.
4.2 Limiti di successioni
La definizione del limite di derivata la si deve a Cauchy, che la pubblicò per la
prima volta nel XIX secolo. Il concetto di limite è nuovo per noi, quindi oltre
a definirlo è bene che venga chiarito al meglio. Intuitivamente, passare al limite
per una successione vuol dire che il termine della successione n deve tendere
all’infinito, espressione che in matematica si indica con:
n → +∞ n che tende a infinito
Una volta passati al limite, si studia il termine n-esimo della successione: se il
termine è un valore reale, vuol dire che gli elementi della successione, più andiamo
avanti di indice, più si avvicinano a quel valore particolare. La definizione rigorosa
è la seguente.
Definizione (Limite di successione):
Sia {an }n∈N ⊂ R una successione di reali; sia l ∈ R . Diremo che il limite per n
che tende a +∞ è l , e scriveremo questa espressione come segue:
lim an := l
n→+∞
Se, preso un generico ϵ > 0 esiste un numero naturale Nϵ grande a piacere tale
che, per ogni n > Nϵ la distanza di an dal limite è minore di ϵ . In simboli:
∀ϵ > 0 ∃Nϵ ∈ N tale che, preso n > Nϵ ⇒ |an − l| < ϵ
La scrittura può sembrare complessa, ma è importante che diventi familiare,
perché, come vedremo presto, il concetto di limite verrà esteso alle funzioni e
potrà essere sfruttato in vari modi nel calcolo integrale e differenziale. Per avere
familiarità con la definizione, utilizziamola nel seguente esempio.
Esempio
Capitolo 4. Successioni
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lim
n→+∞
1
=0
n
Sia ϵ > 0 ; calcoliamo la distanza del termine n-simo dal limite, ovvero:
|an − l| < ϵ
1
− 0 < ϵ
n
1
<ϵ
n
1
n>
ϵ
[ ]
Prendo a questo punto Nϵ = 1ϵ , ovvero la parte intera di 1ϵ . Per il principio
di Archimede esiste un naturale maggiore di Nϵ , che chiamo n , per cui:
n=
[ ]
1
+1
ϵ
vera la tesi
Per come è definito, il limite deve essere un valore finito. È intuitivo dire che non
tutte le successioni ammettono limite; per esempio an è una di queste: invitiamo
a dimostrarlo utilizzando la definizione, e come suggerimento ricordiamo sempre
che il principio di Archimede deve essere verificato.
La domanda cruciale è: “E la successione ammette non uno, bensì due limiti?”
Teorema (Unicità del limite):
Sia {an }n∈N ⊂ R una successione di reali; se:
lim an = l1
⇒ l1 = l2
lim an = l2
Ovvero se il limite esiste deve necessariamente essere unico.
Breve notazione: poiché per le successioni l’unico limite possibile è quando n → ∞
, possiamo ometterlo o abbreviarlo; le tre notazioni seguenti sono identiche per i
limiti di successioni:
lim an = lim an = lim an
n→∞
n
Dimostrazione:
Fissiamo ϵ > 0 ϵ =
ϵ
2
. Applichiamo la definizione di limite:
an → l 1
∃Nϵ1 : n > Nϵ1
an → l 2
∃Nϵ2 : n > Nϵ2
⇔ n > max{Nϵ1 , Nϵ2 }
ϵ
2
ϵ
⇒ |an − l2 | >
2
⇒ |an − l1 | >
Capitolo 4. Successioni
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Studiamo il caso |l1 − l2 | :
|l1 − an + a− l2 | ≤ |an − l1 | + |an − l2 |
ϵ
|l1 − l2 | < 2
2
Ovvero i due limiti coincidono.
In matematica spesso, per dimostrare che due punti sono coincidenti, si dimostra
che la loro distanza è piccola a piacere, ovvero è minore di qualsiasi ϵ > 0 , ed è
la tecnica usata nella precedente dimostrazione.
Proposizione
Se una successione ammette limite, allora è limitata.
Ma cosa vuol dire che una successione è limitata?
Definizione (Successione limitata):
Sia an ⊂ R una successione; diremo che an è limitata se:
∃M ∈ R tale che |an | < M ∀n ∈ N
Procediamo con la dimostrazione.
Dimostrazione:
Se an → l , allora ∃n > Nϵ tale che !an − l| < ϵ ; ponendo ϵ = l :
l − ϵ < an < l + ϵ
0 < an < 2l
Pongo M = 2l
|an | < M ∀n ∈ N
Definiamo la sottosuccessione per poter poi enunciare e dimostrare il prossimo
teorema.
Definizione (Sottosuccessione):
Sia {an }n∈N ⊂ R ; sia k : N → N una funzione STRETTAMENTE crescente.
{ak(n) }n∈N = {ank }n∈N
È detta sottosuccessione di an ”
Esempio La funzione k(n) = 2n è la funzione dei numeri pari naturali; la
sottosuccessione associata sarà:
a2n = {a0 , a2 , a4 · · · }
Capitolo 4. Successioni
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Teorema
Sia an ⊂ R una successione e sia l ∈ R . Se an → l , allora ’ogni sottosuccessione
ank è tale che; ank → l
Dimostrazione:
Sia ϵ > 0 . La tesi è |ank − l| < ϵ , mentre l’ipotesi è |an − l| < ϵ ∀n > Nϵ .
Osserviamo che, per definizione, k(n) è strettamente crescente, ovvero k(n) ≥
n ∀n ∈ N ; allora:
k(n) > n
,n > Nϵ
→ |ank − l| < ϵ ∀k(n) > Nϵ
Il capitolo è ancora lungo, e tratterà vari argomenti. Diamo altre due definizioni
e un teorema, prima di passare a quel che davvero ci importa: compiere calcoli
con i limiti.
Definizione (Infinitesimo):
Si chiama infinitesimo qualunque cosa tenda a 0.
Questo NON vuol dire che davvero qualsiasi cosa tenda a 0 sia un infinitesimo; se
su un tavolo non ci sono fette di pane, NON diremo che ci sono infinitesime fette
di pane. Quando usiamo il termine qualunque, ci riferiamo ovviamente a oggetti
matematici.
Definizione (Condizione di Cauchy):
an è una successione di Cauchy se:
∀ϵ > 0 ∃Nϵ ∈ N : n, m > Nϵ ⇒ |an − am | < ϵ
Ovvero: se, preso un qualunque ϵ positivo, esiste un Nϵ tale che, presi n, m maggiori di esso, si ha che |an − am | < ϵ .
Dalla definizione passiamo al diretto teorema.
Teorema
{an }n∈N è una successione di Cauchy ⇔ ∃l ∈ R : an → l
Dimostrazione:
L’implicazione ⇒ è banale (si ponga l = am e si proceda a dimostrare per
esercizio). Dimostriamo quindi ⇐ .
Se an → l , allora
∃n > Nϵ : |an − l| < ϵ
∃m > Nϵ : |am − l| < ϵ
Prendo ϵ > 0, ϵ =
ϵ
2
e studio la distanza |an − am | :
Capitolo 4. Successioni
16 / 31
|an − l − am + l| < |an − l| + |am − l|
|an − am | < 2ϵ
|an − am | < ϵ
Gli spazi che soddisfano questo teorema si chiamano spazi metrici completi.
Da come è data la definizione, può sembrare complicato calcolare un limite; ci
sono alcune operazioni valide, che riassumiamo nella seguente proposizione (non
forniremo la dimostrazione, ma basterà applicare la definizione; si consiglia di
farla per esercizio).
Proposizione
Siano an , bn due successioni reali. Supponiamo che:
an → a ∈ R b n → b ∈ R
Allora:
• (an ± bn ) → (a ± b) ;
• (an · bn ) → (a · b)
• Se b ̸= 0 ,
an
bn
→
a
b
Le precedenti espressioni sono valide definitivamente, ovvero per valori di n sufficientemente grandi.
4.3 Convergenza di successioni
Nel precedente capitolo abbiamo discusso i limiti di successioni, definendoli ed
elencando alcune proprietà, tra cui le operazioni fondamentali con i limiti. In questo capitolo parleremo di convergenza e divergenza di successioni. Non è zuppa,
le definiamo subito.
Definizione (Convergenza e divergenza):
Sia an una successione:
lim an = l ∈ R
n
lim an = ±∞
n
diremo che an converge a l
diremo che an diverge a ± ∞
Studiare convergenza o divergenza di successioni null’altro vuol dire che studiarne
il comportamento al limite. Ci sono tanti teoremi carini, tra cui il famoso teorema
dei carabinieri, che non vediamo l’ora di dimostrare.
Capitolo 4. Successioni
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Proposizione
Siano an , bn due successioni e supponiamo che an < bn definitivamente. Supponiamo inoltre che:
an → a ∈ R b n → b ∈ R
Allora a ≤ b è la tesi.
Dimostrazione:
Fissiamo ϵ > 0 . Definitivamente:
a − ϵ ≤ a n < bn ≤ b + ϵ
a−ϵ<b+ϵ
a − b < 2ϵ
Come volevasi dimostrare.
Questa proposizione ha conseguenza dirette molto importanti; siano valide le
ipotesi, abbiamo i seguenti casi:
• Se an → +∞ , allora necessariamente anche bn → +∞ ;
• Se |an | < M , allora: an < bn < M , ovvero bn < M ;
• Se bn → −∞ , allora necessariamente an → −∞ ;
• Se b> − M , allora: bn > an > −M , ovvero an > −M .
È arrivato il momento.
Teorema (dei carabinieri):
Siano an , bn , cn tre successioni reali. Supponiamo che an < bn < cn definitivamente, e che:
an → l ∈ R
cn → l ∈ R
Allora anche bn → l
Dimostrazione:
Fissato ϵ > 0 , si ha che:
l − ϵ ≤ a n < b n < cn ≤ l + ϵ
l − ϵ < bn < l + ϵ
Che osserviamo essere la definizione di limite e, quindi, è valida la tesi.
Capitolo 4. Successioni
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Andremo adesso a dimostrare una proposizione molto importante per tutto il
nostro avvenire.
Proposizione
Sia 0 < x < 1 , con x ∈ R . Allora:
xn → 0
Dimostrazione:
Per ipotesi, x ∈ [0, 1) ; ciò vuol dire che:
∃y ∈ R, y > 1 : x =
1
y
1
∃h >: x =
1+h
)n
(
1
1
n
=
⇒x =
1+h
(1 + h)n
Osserviamo che (+h)n > 1+nh (dallo sviluppo della potenza n-sima del binomio),
quindi:
1
1
<
(1 + h)n
1 + nh
1
1
0<
<
(1 + 1h)n
1
+
| {znh}
→0
(Abbiamo dimostra nello scorso capitolo che
all’infinito
xn → 0
1
n
→0)
Allo stesso modo si può dimostrare (per esercizio) che:
• Se x > 1, xn → +∞ ;
• Se −1 < x < 0, xn → 0 ;
• Se x < −1, x?n → −∞ .
Terminiamo il capitolo con lo strumento chiave per studiare la convergenza o
divergenza di una successione.
Teorema (Criterio del rapporto per successioni):
Sia xn ⊂ R, xn > 0 una successione reale positiva al termine n-simo; sia inoltre:
lim
xn+1
= λ, λ ∈ [0, 1)
xn
Capitolo 4. Successioni
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Allora la tesi è che xn → 0
Dimostrazione:
Sia ϵ > 0 ; definitivamente è valido:
xn+1
<λ+ϵ
xn
Per una sorta di insanità mentale, chiamo σ = λ + ϵ ; osservando che σ < 1 per
cui:
xn+1
<σ
xn
xn+1 < xn σ
osserviamo una definizione per ricorrenza
xn+1 < σ n+1 x0
Poiché σ n+1 → 0 , abbiamo che:
xn+1 → 0
⇒ xn+1 > xn
xn → 0
Il criterio del rapporto è lo strumento chiave per lo studio di successioni; abbiamo
dimostrato che n1 → 0 e i comportanti di xn al variare di x . Utilizzando queste successioni chiave, si può determinare il comportamento di altre successioni
sfruttando il criterio di convergenza.
4.4 Ordini e confronti di infiniti
In questo capitolo confronteremo tra loro successioni che divergono a +∞ , determinando un ordine di infiniti, ovvero ordineremo le successioni divergenti in base
alla rapidità con cui queste tendono all’infinito. Questo passaggio sarà cruciale nel
calcolo differenziale per quanto riguarda le funzioni reali di variabile reale: come
vedremo, grazie agli sviluppi di Taylor, alcune funzioni potranno essere scritte
come serie. Ma procediamo con ordine.
Proposizione
Sia p ∈ R x > 1 fissato ; allora possiamo dire che:
np
→0
xn
Ovvero xn è più veloce di np .
Dimostrazione:
Sfruttiamo il criterio del rapporto dimostrato nel precedente capitolo:
(
)
(
)
an+1
(n + 1)p xn
n+1 p 1
1 p 1
=
· p =
· = 1+
· → λ ∈ [0, 1)
an
xn+1
n
n
x
n
x
Capitolo 4. Successioni
Poiché
1
x
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(
)p
< 1 e 1 + n1 → 1 , è valida la conclusione e il criterio del rapporto.
Passiamo adesso ad un’altra relazione, che sfrutta il fattoriale.
Definizione (Fattoriale):
Si definisce fattoriale il prodotto:
n! := n(n − 1)(n − 2) · · · 3 · 2 · 1
Proposizione
xn
→0
n!
per x > 1
Dimostrazione:
Sfruttiamo il criterio del rapporto:
an+1
xn+1
n!
x
=
· n =
→ 0 ∈ [0, 1)
an
(n + 1)! x
n+1
Possiamo dire che il fattore cresce di molto più rapidamente della potenza, visto
che il rapporto tende direttamente a 0.
Procediamo trovando una successione più rapida del fattoriale.
Proposizione
n!
→0
nn
Dimostrazione:
Questa volta non serve neanche sfruttare il criterio del rapporto, ma basta scrivere
l’espressione in forma esplicita per dimostrare la relazione:
(
) (
)
n(n − 1)(n − 2) · · ·
n (n − 1) (n − 2)
1
1
1
2
1
n!
= ·
·
· · · = 1· 1 −
=
· 1−
··· ≤
n
n
n · n · n···
n
n
n
n
n
n
n
n
| {z } | {z }
→1
Quindi possiamo dire che
n!
nn
→ 0 come
1
n
→1
→0
Chiudiamo il capitolo parlando di forme indeterminate e forme infinite.
Siano date due successioni an , bn > 0 , entrambi infinitesime. Allora:
• an bn → 0 ;
•
an
bn
→ ? (forma indeterminata
Sia an → l > 0, bn → 0 . Allora:
0
0
).
Capitolo 4. Successioni
•
an
bn
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→ +∞ .
Sia an → +∞, bn → 0 . Allora:
•
an
bn
= ? (forma indeterminata
∞
0
);
• an bn → ? (forma indeterminata 0 · ∞ ).
Sia an → +∞, bn → −∞ . Allora:
• an + bn → ? (forma indeterminata +∞ − ∞ ).
Abbiamo quindi trovato 4 forme indeterminate, non calcolabili:
1.
0
0
2.
∞
0
;
;
3. 0 · ∞ ;
4. +∞ − ∞ .
4.5 Successioni monotone
Chiudiamo la sezione sulle successioni reali trattando un particolare gruppo di
successioni, ovvero le successioni monotone.
Definizione (Successione monotona):
Sia an una successione; allora:
an ≤ an+1
crescente
an < an+1
strettamente crescente
an ≥ an+1
decrescente
an > an+1
strettamente decrescente
Le relazioni si intendono valide ∀n ∈ N
Trattiamo ora le proprietà delle successioni monotone.
Proposizione
an è monotona ⇒ an è regolare (ovvero ammette limite). In particolare:
an crescente
lim an → sup{an }
an decrescente
lim an → inf{an }
n
n
Capitolo 4. Successioni
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Dimostrazione:
Studiamo prima il caso in cui la successione sia crescente. Preso l := sup{an } ,
avremo che:
∀ϵ > 0 l − ϵ < an < l + ϵ vale definitivamente
Ma, se an < l + ϵ ∀n ∈ N , appena scendo sotto il limite l − ϵ deve esserci un
n ∈ N tale che an > l − ϵ , quindi è vera la conclusione.
Il caso decrescente è analogo e invitiamo a dimostrarlo per esercizio.
Parliamo adesso di relazioni tra funzioni monotone. Siano date due successioni
an , bn crescenti. Cosa possiamo dire riguardo le relazioni tra di loro?
1. (an + bn ) è anch’essa crescente.
2. −an è decrescente;
3. an · bn è crescente ⇔ an e bn sono concordi.
In generale, la successione an − bn non si può definire monotona (in realtà non
possiamo dire proprio nulla).
Capitolo 5. Serie
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Capitolo 5
Serie
5.1 Serie numeriche
Abbiamo visto come le successioni siano funzioni che associano un reale ad un
naturale, creando un insieme ordinato per indice di numeri reali. Per qualche
motivo che potrebbe sfuggire a qualsiasi logica, si potrebbero anche sommare
tutti gli elementi di una successione, ottenendo un nuovo oggetto matematico, le
serie numeriche.
Definizione (Somme parziali):
Sia {an }n∈N ⊂ R una successione di reali. Definisco somma parziale:
Sn := a0 + a1 + a2 + · · · + an =
n
∑
ak
k=0
E, date le possibili somme parziali di una successione, definisco:
{Sn }n∈N ⊂ R
successione delle somme parziali
Definizione (Serie numerica):
Chiamo serie di ak :
+∞
∑
k=0
:= lim Sn
n→∞
Se esiste!
In realtà, il concetto di somma di insiemi numerici non è solo uno dei tanti trucchetti matematici per complicare la teoria. In realtà, le serie numeriche risolvono
un grandissimo numero di problemi, tra cui il famoso paradosso di Achille e la
tartaruga: ciò che sviò Zenone verso l’errore fu proprio la mancanza, nella matematica e nella filosofia greca, del concetto di serie e di numeri infiniti; in Grecia,
non aveva senso l’espressione “infiniti numeri”, e tanto meno “somma di infiniti
numeri”, per cui Zenone concluse il suo paradosso ammettendo l’impossibilità di
Capitolo 5. Serie
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Achille di raggiungere la tartaruga, cosa che, come vedremo, è in realtà errata:
grazie alla teoria delle successioni, Cauchy riuscì a dare al famoso problema una
dimostrazione matematica del fatto che fosse risolvibile.
Definizione (Serie a termini positivi):
Sia an una successione positiva, ovvero tale che ab n ≥ 0 ∀n ∈ N ; avremo che la
serie sarà a termini positivi, infatti:
ak ≥ 0 Sn+1 − Sn = an+1 ≥ 0
⇒ Sn ≤ Sn+1
Le serie a termini positivi possono solo convergere o divergere, quindi ammettono
limite finito o infinito.
Teorema (Criterio di confronto per serie):
Siano an , bn due successioni
numeriche positive, tali che an ≤ bn definitivamente.
∑
Supponiamo che
bn < ∞ , allora:
∑
bn < ∞
∑
⇒
an < ∞
L’importanza di questo teorema è fondamentale: avendo due successioni, di cui
una si conosce la convergenza della serie, si possono confrontare per sapere la
convergenza o divergenza dell’altra.
Dimostrazione:
Osserviamo che bn è regolare, ovvero ammette limite. Studiamo i tre casi: diverge
a −∞ , diverge a +∞ , converge ad un limite finito.
1. Definitivamente, bn → −∞ . Quindi, ricordando le ipotesi:
an < bn < −M M sufficientemente grande
⇒ an < −M
1. Definitivamente, bn → +∞ . Quindi:
an < bn < M M sufficientemente grande
⇒ an < M
1. Definitivamente, bn → l ∈ R . Quindi:
an < b n < l + ϵ
⇒ an < l + ϵ
Concludiamo questo primo capitolo enunciando la serie geometrica, che può
essere usata per confronto con altre serie.
Definizione (Serie geometrica):
n
∑
k=0
qk =
1
1−q
se |q| < 1
Capitolo 5. Serie
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5.2 Convergenza di serie
Parliamo adesso di convergenza di serie; rispetto alle successioni, spesso risulta più
complicato studiare la convergenza di una serie. Per questo, esistono vari criteri
di convergenza che elencheremo in questo capitolo; daremo inoltre la definizione
di serie armonica e armonica generalizzata, convergenza assoluta e definiremo
alcune funzioni reali di variabile reale come serie: per la dimostrazione rigorosa
di queste, si consiglia di studiare il capitolo del calcolo differenziale relativo al
polinomio di Taylor.
Iniziamo dimostrando la condizione necessaria di convergenza di serie; sia ben
chiaro che l’implicazione è valida solo nel senso enunciato, quindi non è sempre
vero il contrario.
Teorema (Condizione necessaria di convergenza di serie):
Se la serie di una successione converge, allora la successione è infinitesima:
∑
an < ∞
⇒ an → 0 infinitesima
Dimostrazione:
Poiché an = Sn − Sn−1 :
∑
∑
Sn →
an < ∞Sn−1 →
an < ∞
⇒ an → 0
Ora parliamo finalmente dei criteri di convergenza; in generale, il criterio di Cauchy è già di per sé sufficiente, ma, nel caso in cui risulti difficile applicarlo, si può
ricorrere agli altri due.
Teorema (Confronto asintotico (Criterio di Cauchy)):
Siano an , bn ≥ 0 due successioni positive e supponiamo:
∃ lim
n
Supponiamo inoltre che
∑
an
=l∈R
bn
bn < +∞ , allora:
⇒
∑
an < +∞
Dimostrazione:
Sia ϵ > 0 , deduciamo che, definitivamente:
an
→l
bn
Siccome
∑
bn < +∞ , allora
⇒ an < (l + ϵ)bn
⇒ a n < bn
∑
∑
(l + ϵ)bn = (l + ϵ)
bn < +∞ . Ma:
Capitolo 5. Serie
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∑
an < (l + ϵ)
∑
∑
⇒
bn < +∞
an < +∞
Facciamo alcuni esempi di come utilizzare questo criterio.
Esempio:
∞
∑
xn
∀x ∈ R
n=0
n!
< +∞
Dimostrazione:
∀x > 0, lim
n
xn
=0
n!
Come abbiamo dimostrazione nella sezione dedicata alle successioni; sia 0 < y < 1
, analizziamo il seguente caso:
{
( )n
n
an = xn!
bn = y n
x
y
⇒
n!
→0
Possiamo quindi dire che
xn
finita
n!
E poiché è una serie che converge, possiamo battezzarla con nome e cognome e,
magia delle magie, la chiamo funzione esponenziale.
∑ xn
n!
:= ex
∀x ∈ R
Ovviamente, è lecito non credere al fatto che quella serie sia esattamente uguale
alla funzione esponenziale, ma con una calcolatrice alla mano potrete verificare
che è così. Ovviamente c’è dietro tutta una teoria, chiamata approssimazione
polinomiale, che verifica tutto ciò: per gli impazienti, nella sezione del calcolo
differenziale troverete tutte le dimostrazioni necessarie a confermarlo.
Definizione
∞
∑
1
:= e
n!
n=0
Definizione
∞
∑
(−1)k
K=0
x2k+1
:= sin x
(2k + 1)!
∀x ∈ R
Sorpresi? Potete dimostrare facilmente che le due serie qui sopra definite sono
convergenti e verificare, sempre con la calcolatrice alla mano, che le definizioni
sono valide.
Capitolo 5. Serie
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Passiamo adesso ad altri due criteri di convergenza, utilizzabili qualora non è
immediata l’applicazione del criterio di Cauchy. Però si consiglia vivamente di
cercare di dimostrare la convergenza di serie proprio col confronto asintotico,
prendendo
∑ 1 come cavie la serie armonica o, adesso che l’abbiamo enunciata, la
serie
n! = e .
Teorema (Criterio della radice):
1
Sia an ≥ 0 una successione positiva. Supponiamo che (an ) n → l ∈ R :
Se l < 1 ⇒
∑
an < +∞ Se l > 2 ⇒
∑
an → +∞
Dimostrazione:
Partiamo dal caso l < 1 ; confrontiamo con la serie geometrica:
√
n
an → l < 1
Preso ϵ > 0, ∃ l + ϵ < 1 , quindi:
√
n
an < l + ϵ definitivamente ⇔ an < (l + ϵ)n
∑
∑
Ma (l + ϵ) < 1 ⇒
(l + ϵ)n < +∞ ⇒
an < +∞
Analizziamo ora il caso l > 2 ; preso ϵ > 0 , come prima avremo che l − ϵ > 1 ,
quindi:
√
n
an > l − ϵ ⇒ an > (l − ϵ)n
∑
∑
(l − ϵ)n → +∞ ⇒
an → +∞
Teorema (Criterio del rapporto):
Sia an ≥ 0 una successione positiva, e supponiamo
Se l < 1 ⇒
Se l > 1 ⇒
∑
∑
an+
an
→ l ∈ R . Allora:
an < +∞
an → +∞
Dimostrazione:
Partiamo dal caso l < 1 ; preso ϵ > 0 , avremo che l + ϵ , quindi:
an+1
→ l ⇒ an+ < (l + ϵ)en definitivamente
an
⇒ an+ < (l + ϵ)(n−N +1) an ⇒ an+ < +∞
Per l’ultimo passaggio si ricorre, come nel criterio della radice, all’utilizzo della
serie geometrica, che converge e quindi la conclusione.
Passiamo al caso l > 1 ; come prima esisterà un ϵ > 0 tale che l − ϵ > 1 , quindi:
Capitolo 5. Serie
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an+1
→l
an
an+1 > (l − ϵ)an
an+1 > (l − ϵ)(n−N +1) an
an+1 → +∞
Nell’ultimo passaggio si è ricorso, come prima, alla serie geometrica.
Questi sono tutti gli strumenti per lo studio della convergenza di serie; adesso passiamo a parlare di serie armoniche, ovvero quelle serie che descrivono
comportamenti tipici di sistemi oscillanti (esempio: onde armoniche).
Definizione (Serie armonica):
Chiameremo serie armonica:
∞
∑
1
= +∞
n
n=0
(La serie armonica diverge)
È lasciata per esercizio la dimostrazione della divergenza della serie armonica
(suggerimento: sfruttate le sottosuccessioni pari e dispari).
Definizione (Serie armonica generalizzata):
Sia γ ∈ R :
∑ 1
→
nγ
{
= +∞
< +∞
se γ ≤ 1
se γ > 1
Parliamo adesso di convergenza assoluta, che aiuterà spesso a determinare la
convergenza o meno di serie numeriche.
Definizione (Convergenza assoluta):
Sia an una successione di numeri reali. Diremo che converge assolutamente
se:
∑
|an | < +∞
Proposizione
∑
Se
an converge assolutamente ⇒ an converge semplicemente.
Dimostrazione:
Moralmente:
∑ ∑
an ≤
|an |
Capitolo 5. Serie
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Poiché successione di reali, sappiamo che an ∈ R ; definiamo due termini che,
suggeriamo, vanno definiti ogni volta che si studia la convergenza assoluta:
a+
n := max{0, an } ≥ 0
a−
n := min{0, −an } ≥ 0
Abbiamo quindi che:
−
|an | = a+
n + an
−
an = a+
n − an
Quindi:
∑
∑
|an | < +∞
−
(a+
n + an ) < +∞
∑
∑
⇔
a+
a−
n +
n < +∞
⇔
L’ultimo passaggio è vero perché, come sono definiti gli elementi a±
n , le due serie
sono convergenti.
Capitolo 6. Fonti per testo e immagini; autori; licenze
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Capitolo 6
Fonti per testo e immagini;
autori; licenze
6.1 Testo
• Corso:Analisi base a una variabile per la fisica/Numeri reali/Insiemi numerici N, Z, Q Fonte: https://it.wikitolearn.org/Corso%3AAnalisi_base_a_una_variabile_
per_la_fisica/Numeri_reali/Insiemi_numerici_N%2C_Z%2C_Q?oldid=38836 Contributori: Dan, WikiToBot, Move page script e Paulette
• Corso:Analisi base a una variabile per la fisica/Numeri reali/L’insieme dei reali R Fonte: https://it.wikitolearn.org/Corso%3AAnalisi_base_a_una_variabile_per_la_
fisica/Numeri_reali/L’insieme_dei_reali_R?oldid=27838 Contributori: Dan, WikiToBot e
Move page script
• Corso:Analisi base a una variabile per la fisica/Numeri reali/Teorema di esistenza dell’estremo superiore Fonte: https://it.wikitolearn.org/Corso%3AAnalisi_base_a_
una_variabile_per_la_fisica/Numeri_reali/Teorema_di_esistenza_dell’estremo_superiore?
oldid=27840 Contributori: Dan, WikiToBot e Move page script
• Corso:Analisi base a una variabile per la fisica/Successioni/Introduzione alle
successioni Fonte: https://it.wikitolearn.org/Corso%3AAnalisi_base_a_una_variabile_
per_la_fisica/Successioni/Introduzione_alle_successioni?oldid=27854 Contributori: Valsdav,
Hypnos, Dan, WikiToBot, Albe.casse e Move page script
• Corso:Analisi base a una variabile per la fisica/Successioni/Limiti di successioni
Fonte: https://it.wikitolearn.org/Corso%3AAnalisi_base_a_una_variabile_per_la_fisica/
Successioni/Limiti_di_successioni?oldid=27856 Contributori: Dan, WikiToBot, Albe.casse
e Move page script
• Corso:Analisi base a una variabile per la fisica/Successioni/Convergenza di
successioni Fonte: https://it.wikitolearn.org/Corso%3AAnalisi_base_a_una_variabile_
per_la_fisica/Successioni/Convergenza_di_successioni?oldid=27852 Contributori: Toma.luca95,
Dan, WikiToBot, Albe.casse e Move page script
• Corso:Analisi base a una variabile per la fisica/Successioni/Ordini e confronti di
infiniti Fonte: https://it.wikitolearn.org/Corso%3AAnalisi_base_a_una_variabile_per_
la_fisica/Successioni/Ordini_e_confronti_di_infiniti?oldid=27858 Contributori: Dan, WikiToBot, Albe.casse e Move page script
• Corso:Analisi base a una variabile per la fisica/Successioni/Successioni monotone Fonte: https://it.wikitolearn.org/Corso%3AAnalisi_base_a_una_variabile_per_
la_fisica/Successioni/Successioni_monotone?oldid=27860 Contributori: Dan, WikiToBot,
Albe.casse e Move page script
• Corso:Analisi base a una variabile per la fisica/Serie/Serie numeriche Fonte:
https://it.wikitolearn.org/Corso%3AAnalisi_base_a_una_variabile_per_la_fisica/Serie/
Serie_numeriche?oldid=27846 Contributori: Dan, WikiToBot, Albe.casse e Move page script
Capitolo 6. Fonti per testo e immagini; autori; licenze
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• Corso:Analisi base a una variabile per la fisica/Serie/Convergenza di serie Fonte:
https://it.wikitolearn.org/Corso%3AAnalisi_base_a_una_variabile_per_la_fisica/Serie/
Convergenza_di_serie?oldid=27844 Contributori: Dan, WikiToBot, Albe.casse e Move page script
6.2 Immagini
6.3 Licenza dell’opera
• [Project:Copyright Creative Commons Attribution Share Alike 3.0 & GNU FDL]
• Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0