FACOLTA’ DI FARMACIA
Corso di Laurea Specialistica in Chimica e Tecnologie
Farmaceutiche
Tesi di Laurea:
Studio dei potenziali effetti protettivi di H2S e H2S donors in
colture cellulari di cardiomioblasti di H9c2 esposti ad insulto da
ischemia riperfusione
Relatori:
Dott. Vincenzo Calderone
Dott.ssa Alma Martelli
Candidato:
Marta Barboni
Anno accademico 2010/2011
Indice
INDICE
Abstract
1
CAPITOLO 1
Introduzione
3
1.1
Proprietà chimiche e biosintesi di H2S
6
1.2
Catabolismo dell’H2S
12
1.3
Meccanismo dell’azione biologica del solfuro di idrogeno
14
1.3.1 Meccanismi non specifici dell’azione biologica del
solfuro di idrogeno
1.3.2 Effetti del solfuro di idrogeno sui canali ionici
1.4
15
16
Ruolo fisiologico del solfuro di idrogeno nei vari sistemi
dell’organismo
24
1.4.1 Sistema cardiovascolare
24
1.4.2 Sistema respiratorio
26
1.4.3 Sistema gastrointestinale
27
1.4.4 Sistema endocrino
28
1.4.5. Sistema nervoso centrare (SNC)
29
1.5
Ischemia miocardica
31
1.6
Pre- e Post- condizionamento ischemico
36
1.6.1. Precondizionamento ischemico (IPC)
36
1.7
1.8
a. Triggers recettore dipendente
37
b. Triggers recettore-indipendente
38
1.6.2. Postcondizionamento ischemico (IPostC)
38
Canali KATP a livello cardiaco
40
1.7.1 Canali sarc-KATP e loro ruolo nell’ IPC
40
1.7.2 Canali mito-KATP e loro ruolo nell’IPC
42
1.7.3 Meccanismo di protezione dei canali mito-KATP.
44
Attivatori e bloccanti dei canali KATP
47
1.9.1 Attivatori selettivi dei canali KATP
47
1.9.2. Bloccanti dei canali KATP
49
I
Indice
1.9.3 Attivatori selettivi dei canali mito- KATP
50
1.9
Ruolo fisiologico del solfuro di idrogeno nell’ischemia
52
1.10
Donatori di solfuro di idrogeno
54
CAPITOLO 2
Scopo della ricerca
58
CAPITOLO 3
Materiali e metodi
3.1
3.2
Materiali
61
3.1.1 Colture cellulari.
61
3.1.2 Mezzi di coltura
62
3.1.3 Sostanze utilizzate
62
3.1.4. Soluzioni delle sostanze utilizzate
63
Metodiche sperimentali
3.2.1 Preparazione all’esperimento
64
3.2.2 Scongelamento
65
3.2.3 Piastratura
65
3.2.4 Esperimento
67
3.2.5 Protocollo ischemico
68
3.2.6 WST-1
68
3.2.7 Analisi dei dati
69
CAPITOLO 4
Risultati e discussioni
70
BIBLIOGRAFIA
77
II
Capitolo 1 - Introduzione
CAPITOLO 1
Introduzione.
Negli ultimi anni un interessante campo di ricerca è stato rivolto verso
l’importanza patologica e fisiologica dei “gas trasmettitori”. Questi studi
hanno permesso di evidenziare che tali mediatori sono implicati in molti
sistemi biologici in cui svolgono azioni importanti; questo ha quindi fatto sì
che prosperasse un nuovo filone della ricerca rivolto allo sviluppo di farmaci
gas trasmettitori mimetici (Moore et al. 2003, Olson and Donald 2009).
Il primo gas trasmettitore ad essere stato investigato è stato l’NO (ossido
d’azoto); la scoperta del suo ruolo nella modulazione delle funzioni
cardiovascolari ha rappresentato una pietra miliare che ha profondamente
influenzato la ricerca farmacologica degli ultimi decenni. È prodotto a livello
endogeno dall’enzima NO sintasi il quale utilizza come precursore l’arginina
(Bredt and Snyder 1990, Bohme et al 1991).
In seguito la ricerca si è rivolta verso un altro gas trasmettitore: CO
(monossido di carbonio). Esso viene sintetizzato durante il catabolismo
dell’eme a bilirubina ad opera dell’enzima eme ossigenasi (Farrugia et al
2003, Verma et al 2003).
Questi due gas hanno un meccanismo d’azione comune: stimolano, infatti, la
forma solubile della guanilato ciclasi ed aumentano la concentrazione
intracellulare di cGMP (Guanosin Mono-Fosfato Ciclico) (Herman 1997,
Beltowski et al. 2004).
Attualmente gli studi sono concentrati su un terzo gas trasmettitore: H2S
(solfuro di idrogeno), un composto endogeno che in passato veniva
considerato unicamente come agente tossico; recentemente si è invece
scoperto che svolge una serie di ruoli molto importanti soprattutto a livello
del sistema cardiovascolare (Abe and Kimura 1996, Doeller et al 2005, Szabo
2007).
Le caratteristiche dei gas trasmettitori sono:
3|
Capitolo 1 - Introduzione
•
Capacità di diffusione attraverso le membrane biologiche;
•
Capacità di autoregolazione della produzione endogena;
•
Capacità di modulazione delle funzioni endogene alle concentrazioni
fisiologiche;
•
Presenza di specifici target biologici.
(Wang 2002)
Parallelamente presentano alcune caratteristiche negative:
•
Breve emivita;
•
Potenziale tossicità se presenti in elevate concentrazioni.
(Kasparek et al. 2009)
I tre gas sopracitati hanno tutti effetti potenzialmente tossici a concentrazioni
superiori a quelle fisiologiche. NO, infatti, se presente in elevate
concentrazioni, porta alla formazione di specie radicaliche che comportano
danni soprattutto a livello cardiovascolare e nervoso (Sarkela et al., 2001;
Calabrese et al., 2007). CO impedisce il legame tra l’emoglobina e l’ossigeno e
quindi porta a morte rapidamente. Per quanto riguarda H2S una sua eccessiva
concentrazione può portare ad effetti tossici in quanto va a compromettere la
respirazione mitocondriale (principale meccanismo della sua tossicità) oltre
ad essere coinvolto in altri stati patologici quali infiammazione, sepsi e ictus.
Essi sono tuttavia molto importanti in quanto sono coinvolti nella
regolazione di numerose funzioni fisiologiche. Le loro funzioni principali si
esplicano a livello:
•
Gastrointestinale ove inibiscono la contrazione della muscolatura
liscia; (Kasparek et al. 2009).
•
Cardiovascolare
ove
causano
vasodilatazione
e
promuovono
l’angiogenesi, oltre ad esercitare una funzione cardioprotettiva; (Li et
al. 2009)
•
In situazioni patologiche quali sespi o infiammazione ove sembra che
svolgano una funzione protettiva (Baugmart et al. 2009).
Di questi tre gas quello che è stato maggiormente studiato e caratterizzato è
stato l’NO: molti studi hanno permesso di chiarire i suoi numerosi effetti a
4|
Capitolo 1 - Introduzione
livello fisiologico e il suo meccanismo d’azione (Martelli et al. 2006, Martelli
et al. 2009). Al contrario il CO sembra avere poche attrattive per quanto
riguarda lo sviluppo farmacologico in quanto presenta una scarsa
maneggiabilità e risulta fortemente tossico. Per quello che concerne l’H2S
esso sembra riservare numerose promesse: infatti possiede quasi tutti gli
effetti benefici esercitati dall’NO a livello cardiovascolare ma, a differenza di
questo, non porta alla formazione delle specie reattive dell’ossigeno, le ROS,
le quali rappresentano la maggiore causa di tossicità dell’NO; al contrario
sembra che agisca come “scavenger” nei confronti di queste specie
radicaliche. (Whiteman et al. 2004, Whiteman et al. 2005)
NO
Via sintetica
Sintetizzato
dall’enzima NO
sintasi il quale
utilizza come
precursore
l’arginina.
Meccanismo
d’azione
Stimola la forma
solubile della
guanilato ciclasi ;
aumenta la
concentrazione
intracellulare di
cGMP
Sviluppo di
specie radicali
che (ROS); danni
a livello
cardiovascolare e
nervoso
Tossicità
Interesse per lo
sviluppo
farmacologico
Sì (sono già
esistenti molti
prodotti e la
ricerca è già ad
un buon punto)
NO-donors e NOibridi
CO
H2S
Sintetizzato
durante il
catabolismo
dell’eme a
bilirubina ad
opera
dell’enzima eme
ossigenasi
Stimola la forma
solubile della
guanilato ciclasi;
aumenta la
concentrazione
intracellulare di
cGMP
Inibizione del
legame tra
emoglobina e
ossigeno
Sintetizzato
mediante quattro
vie enzimatiche e
una non
enzimatica (vedi
par. 1.1)
No (troppo
tossico e poco
maneggevole)
Diverse
proposte. Ancora
da identificare i
reali meccanismi
di azione.
Inibizione
respirazione
mitocondriale;
coinvolgimento
in stati patologici
(infiammazione,
sepsi, ictus);
Sì (addirittura da
molti è definito il
nuovo NO)
H2S-donors e
H2S-ibridi
5|
Capitolo 1 - Introduzione
1.1 Proprietà chimiche e biosintesi di H2S
La struttura di H2S è molto simile a quella dell’acqua. Infatti sia l’atomo di
zolfo che quello dell’ossigeno sono elettronegativi, anche se nel caso dello
zolfo essa è minore rispetto all’ossigeno. Queste due molecole hanno dunque
caratteristiche polari anche se, come si può intuire da quanto sopra detto, H2S
avrà una polarità minore rispetto a quella dell’acqua e presenterà delle forze
intermolecolari più deboli.
4
.8
95
pm
H
O
104.45°
6
3.
13
H
pm
S
92.1°
H
H
Figura 1: Somiglianza nella struttura molecolare tra l’acqua e il solfuro di idrogeno
H2S è un acido debole e in soluzione acquosa si dissocia a dare H+ e l’anione
idrosolfuro HS-. Esso può a sua volta dissociarsi a dare H+ e l’anione solfuro
S2- secondo quanto predetto dalla reazione:
H2S
Ka1
H+ + HS-
Ka2
H+ + S2-
Alla temperatura fisiologica coesistono sia l’H2S che HS- ed in particolare il
primo è rappresentato in una percentuale del 20% mentre il secondo all’80
% (Dorman et al 2002, Dombowski et al 2004); entrambe queste specie
contribuiscono direttamente all’azione biologica di H2S. Al contrario i livelli
dell’S2- sono ridotti.
Grazie alla sua elevata lipofilicità il solfuro di idrogeno (così come gli altri due
gas trasmettitori) è libero di permeare le membrane biologiche cellulari ed è
rilevabile nel siero ed in molti tessuti biologici alla concentrazione di 50µM
(Lowicka and Beltowski 2007). Comunque a causa di una dissociazione
parziale del solfuro di idrogeno le membrane biologiche sono meno
permeabili a questo gas rispetto che a NO e CO (Li and Moore 2008). HS6|
Capitolo 1 - Introduzione
agisce da nucleofilo e si va a legare al centro metallico delle molecole
biologiche come ad esempio a livello dell’emoglobina sul suo sito per il
legame con l’ossigeno.
Il solfuro di idrogeno a livello endogeno è prodotto da una serie di reazione
enzimatiche, anche se nella sua biochimica sono comunque compresi
processi non enzimatici (la via non enzimatica rappresenta comunque quella
con valenza minore).
Per quanto riguarda la via non enzimatica, essa procede attraverso la
riduzione dello zolfo a solfuro di idrogeno, utilizzano gli equivalenti di
riduzione ottenuti dall’ossidazione del glucosio. Il lattato è il maggiore
prodotto ottenuto dal metabolismo del glucosio come riassunto nella
seguente reazione
2C6H12O6 + 6S0 + 3H2O
3C3H603 + 6H2S + 3CO2
Per quanto il glucosio sia la maggiore fonte mediante la quale si ottiene la
produzione di solfuro di idrogeno ci sono anche altri substrati che svolgono
questa azione, primi tra tutti NADH (nicotinammide adenina dinucleotide),
NADPH (nicotinammide adenina di nucleotide fosfato) e GSH (glutatione): è
stato infatti visto che essi sono in grado di stimolare la produzione del solfuro
di idrogeno nei lisati cellulari degli eritrociti umani. Questa reazione porta ad
una ossidazione del glutatione il quale viene poi nuovamente ridotto dal
NADPH e utilizzato nuovamente (Wang 2002, Searcy and Lee 1998).
Per quanto riguarda invece il processo enzimatico, L-cisteina rappresenta
l’unico substrato per la formazione enzimatica del solfuro di idrogeno. Gli
enzimi che ne promuovono il rilascio sono degli enzimi piridossale-5’-fosfato
dipendenti: cistationina-β-sintasi (CBS) e cistationina-γ-liasi (CSE) (Chen et
al, 2004). CBS e CSE sono entrambi espressi nei tessuti dei mammiferi ma la
loro distribuzione non è omogenea (Kamoun 2004): CBS è infatti espresso
prevalentemente a livello del sistema nervoso centrale ed è solitamente
assente a livello cardiovascolare, tranne che in particolari condizioni (Robert
et al. 2003). Al contrario CSE è l’enzima che genera maggiormente il solfuro
di idrogeno a livello cardiovascolare e la sua produzione è stimata in un
range di 3-6 nanomoli/min/g di tessuto (Ishii et al. 2004). Inizialmente si
7|
Capitolo 1 - Introduzione
pensava che CSE fosse espresso a livello delle cellule della muscolatura liscia
vascolare ma non delle cellule endoteliali (Zhao et al 2001, Wang 2003); studi
immunoistochimici più recenti hanno invece permesso di scoprire che è
prevalentemente localizzato a livello delle cellule endoteliali mentre sembra
espresso in modo molto ridotto in quelle della muscolatura liscia (Yang et al.
2008).
Se consideriamo il processo enzimatico che porta alla formazione del solfuro
di idrogeno si possono individuare quattro percorsi:
1. nella prima via biosintetica (figura 2) CBS idrolizza L-cisteina
(utilizzando come cofattore la vitamina B6) a dare quantità equimolari di
L-serina e solfuro di idrogeno;
CBS
L-Cisteina
Vit B6
L-Serina + H2S
Figura 2: Prima via biosintetica
2. nella seconda via biosintetica (figura 3) si hanno due molecole di Lcisteina che reagiscono a dare L-cistina (un dimero di L-cisteina). Questa,
attraverso una reazione mediata dalla CSE (anch’essa utilizza la vitamina
B6 come cofattore), porta alla formazione di: tiocisteina, piruvato e
ammoniaca. La tiocisteina che si forma può andare a sua volta incontro a
due processi
2.1. una reazione non enzimatica, che si risolve nella formazione di L–
cisteina e solfuro di idrogeno (Cavallini et al. 1962);
2.2. una reazione enzimatica operata nuovamente dalla CSE la quale
stavolta utilizza come cofattore un composto tiolico R-SH quale
glutatione o cisteina: questa reazione porta alla formazione di solfuro
di idrogeno e CysS-R ( Stipanuk and Beck 1982, Yamanishi and Tuboi
1981);
8|
Capitolo 1 - Introduzione
2L-Cisteina
dimerizzazione
L-Cistina
Ossidazione
Vit B6
CSE
Tiocisteina + Piruvato + NH3
Non enzimatica
+
R-SH
L-Cisteina + H2S
Vit B6
CSE
CysSR + H2S
Figura 3: Seconda via biosintetica
3. la terza via biosintetica (figura 4) prevede la partecipazione dell’enzima
cisteina aminotranferasi (CAT): tale enzima catalizza la reazione tra Lcisteina e α-chetoglutarato (utilizzando come cofattore la vitamina B6)
con formazione di 3-mercaptopiruvato e L-glutammato. Anche in questo
caso il mercaptopiruvato che si è formato può andare incontro a due
destini
3.1. subisce l’azione dell’enzima 3-mercaptopiruvato solfo transferasi
(MPST) con formazione di piruvato e solfuro di idrogeno (Kuo et al
1983, Shibuya et al. 2009);
3.2. in alternativa se sono presenti ioni solfito (SO32-) il 3mercaptopiruvato può venir convertito in piruvato e tiosolfato (S2O32) il quale può a sua volta andare a reagire con il glutatione ridotto a
dare solfuro di idrogeno, lo ione solfito e il glutatione ossidato;
9|
Capitolo 1 - Introduzione
CAT
L-Cisteina + α-chetoglutarato
Vit B6
3-mercaptopiruvato + L-glutammato
+ 2-
SO3
MPST
CAT
Zinc
Tiosolfato + Piruvato
Piruvato + H2S
GSH
H2S + H2SO3 + GSSG
Figura 4: Terza via biosintetica
4. la quarta via biosintetica (figura 5) necessita dell’intervento dell’enzima
cisteina liasi (sempre con l’ausilio della vitamina B6 come cofattore) la
quale converte L-cisteina e solfito in L-cisteato e solfuro di idrogeno (Li
and Moore 2009).
L-Cisteina +
Cisteina Liasi
2SO3
VitB6
L-Cisteato + H2S
Figura 5: Quarta via biosintetica
Questi enzimi hanno la caratteristica di essere modulabili ovvero possono
intervenire fattori sia esogeni che endogeni a modificarne l’attività. A livello
cerebrale l’attività di CBS (che ricordiamo è prevalentemente espresso in
questa regione) è regolata dalle concentrazioni di calcio e calmodulina; la
produzione di solfuro di idrogeno sarà dunque aumentata in presenza di
fattori che portano ad un incremento delle concentrazioni di calcio
intracellulari quali agonisti glutamminergici che attivano i recettori NMDA
(N-metil-D-aspartato)
e
AMPA
(α-ammino-3-idrossi-5-metil-4-
isossazolopropionato) (Dominy and Stipanuk 2004). Al contrario sembra che
l’NO
inattivi
il
CBS.
Quando
si
considera
invece
CSE,
espresso
10 |
Capitolo 1 - Introduzione
prevalentemente a livello cardiovascolare, la produzione di solfuro di
idrogeno è incrementata dai donatori di ossido di azoto in modo cGMP
dipendente. Parallelamente, è stato visto che la somministrazione di inibitori
della NO-sintasi riduce la produzione di solfuro di idrogeno in ratti trattati
cronicamente con queste sostanze (Zhao et al. 2003).
11 |
Capitolo 1 - Introduzione
1.2 Catabolismo dell’H2S
Per quello che riguarda la degradazione del solfuro di idrogeno è importante
ricordare che questa molecola è una specie riducente e dunque viene
facilmente consumata da una grande varietà di agenti ossidanti (Whiteman et
al. 2004, Whiteman et al. 2005, Chang et al. 2008, Geng et al. 2004).
Oltre a questo si identificano anche vie cataboliche che portano alla
degradazione di questo gas.
La più importante è senz’altro quella che si realizza a livello mitocondriale:
questo meccanismo ossidativo procede attraverso una serie di step ciascuno
dei quali è regolato da uno specifico enzima. Inizialmente il solfuro si ossida
rapidamente a tiosolfato mediante una reazione non enzimatica che è legata
al trasporto degli elettroni nella respirazione mitocondriale. Il tiosolfato così
formato viene convertito, ad opera dell’enzima rodanasi, in solfito; questa
reazione necessita della presenza di cianuro il quale viene convertito in
tiocianato. L’ultimo passaggio di questa via catabolica vede poi l’intervento
dell’enzima solfito ossidasi (SO) che converte il solfito precedentemente
formato in solfato (Goubern et al. 2007, Hildebrandt and Grieshaber 2008)
(figura 6).
2HS- + 2O2
2S2O3 +
Ossidazione
2-
S2O3 + H2O
Rodanasi
CN2-
SO3
2-
SCN- + SO3
SO
2-
SO4
Figura 6: Catabolismo di H2S nei mitocondri
Il solfuro di idrogeno è in grado di legare la metaemoglobina a dare la solfo
metaemoglobina la quale può essere considerata come un possibile
biomarker citoplasmatico delle concentrazioni del solfuro di idrogeno stesso
(figura 7).
12 |
Capitolo 1 - Introduzione
H2S + Metaemoglobina
Solfoemoglobina
Figura 7: Catabolismo di H2S nel citosol
Infine è conosciuto un meccanismo alternativo il quale opera esclusivamente
a livello del citosol e coinvolge ridotte quantità di solfuro di idrogeno. Esso è
caratterizzato dalla metilazione del solfuro di idrogeno che diviene così
metantiolo ad opera dell’enzima S-metiltransferasi (TSMS); il prodotto di
questa reazione viene attaccato dal medesimo enzima con formazione di
solfuro dimetile (Furne et al. 2001) (figura 8).
TSMT
H2S
TSMT
CH3SH
CH3-S-CH3
Figura 8: Catabolismo di H2S nel sangue
Infine nei neutrofili sono state scoperte vie ossidative minori che convertono
il solfuro di idrogeno a solfito (Mitsuhashi et al. 2005).
13 |
Capitolo 1 - Introduzione
1.3 Meccanismo dell’azione biologica del solfuro di idrogeno
Come già detto precedentemente, il solfuro di idrogeno è stato ritenuto per
molto tempo un gas con caratteristiche soltanto negative, che non
permettevano di ipotizzare un suo utilizzo nell’ambito farmacologico.
Le nuove ricerche hanno invece permesso di determinare che esso, a seconda
della concentrazione, ha la capacità intrinseca di discriminare tra effetti
benefici ed effetti citotossici i quali possono condurre la cellula a morte (Pun
et al. 2010). Molti esperimenti hanno dimostrato che concentrazioni
relativamente alte di solfuro di idrogeno (nell’ordine del 50µM) influenzano
l’attività della catena respiratoria, in quanto provocano una inibizione non
competitiva del complesso IV della citocromo ossidasi (Nicholls and Kim
1982, Volkel and Grieshaber 1996). Studi più recenti hanno invece
dimostrato che concentrazioni inferiori (minori di 20µM) possono
rappresentare un substrato in grado di donare elettroni a livello
dell’ubiquinone nella catena di trasporto e quindi comportano una
stimolazione della fosforilazione ossidativa e un aumento della sintesi di ATP
(Gaubern et al. 2007) (figura 9).
<20µM H2S
50µM H2S
Figura 9: Catena di trasporto degli elettroni: concentrazioni di H2S causano una
inibizione del complesso IV della catena; concentrazioni di H2S <20µM stimolano la
fosforilazione ossidativa agendo sull’ubiquinone
14 |
Capitolo 1 - Introduzione
Il solfuro di idrogeno agisce mediante differenti meccanismi tra i quali se ne
identificano alcuni non specifici mentre altri sono legati all’interazione con
determinati target.
1.3.1 Meccanismi non specifici dell’azione biologica del solfuro di idrogeno
Per quanto riguarda i meccanismi non specifici si identificano:
•
Interazione con i sistemi redox;
•
Soppressione della produzione delle ROS;
•
Riduzione dell’espressione della 3-caspasi (Chen et al.2009). Le
caspasi sono un gruppo di proteasi contenenti l’amminoacido cisteina
nel sito attivo; svolgono un ruolo fondamentale nell’induzione
dell’apoptosi;
•
Prevenzione della caduta del GSH (Chen et al. 2009). Il glutatione
(GSH) è un tripeptide (prodotto nel fegato) risultante dalla
combinazione di tre aminoacidi: cisteina, acido glutammico e glicina. È
un forte nucleofilo e un potente antiossidante che neutralizza molte
specie reattive; tuttavia in determinate condizioni, i suoi livelli nel
nostro organismo diminuiscono. Questa caduta di GSH determina una
maggiore vulnerabilità nei confronti di agenti nocivi;
•
Potenziale protezione nella perdita delle membrane da parte dei
mitocondri dei cardiomioblasti di ratto (Chen et al. 2009);
•
Riduzione di eventi rilevanti associati con lo stress sia ossidativo che
proteolitico quali nitrazione dei residui tirosinici e attivazione di
metalloproteine contenute all’interno della matrice miocardica
(Mishra et al. 2010).
•
Protezione, nelle colture cellulari di neuroblastomi, dallo stress
ossidativo mediante due meccanismi: aumenta la produzione di GSH
attraverso il potenziamento dei trasportatori cistina/cisteina e
ridistribuzione di GSH ai mitocondri (Kimura et al.)
15 |
Capitolo 1 - Introduzione
Per quanto riguarda l’interazione con i sistemi redox è stato dimostrato da
vari studi che il solfuro di idrogeno va ad interagire con quattro diverse
specie:
•
L’anione radicale superossido (Mitsuhashi et al. 2005);
•
Il perossido di idrogeno (Geng et al. 2004 b);
•
Il perossinitrito (Whiteman et al 2004);
•
L’ipoclorito (Whiteman et al. 2005).
Questi composti sono altamente reattivi e la loro neutralizzazione da parte
del solfuro di idrogeno si realizza in una protezione di lipidi e proteine dai
gravi danni provocati da tali molecole.
1.3.2 Effetti del solfuro di idrogeno sui canali ionici
Come anticipato precedentemente, il solfuro di idrogeno agisce anche
mediante l’interazione con specifici canali ionici. In particolare essi sono:
•
KATP: canali del potassio sensibili all’ATP;
•
KCa: canali del potassio calcio attivati;
•
Kv: canali del potassio voltaggio dipendenti;
•
Canali del calcio voltaggio dipendenti;
•
Canali del cloro;
•
TRPV1 e TRPA1: recettori canale che determinano variazioni
transitorie del potenziale;
16 |
Capitolo 1 - Introduzione
Canali KATP
Figura 10: Struttura dei canali KATP
Per quello che riguarda i canali KATP (canali del potassio sensibili all’ATP) gli
effetti esercitati dal solfuro di idrogeno sono vari ed è stato riscontrato che
sono mimati da agonisti e antagonizzati da bloccanti di questi stessi canali
(Zhao et al. 2001). I canali KATP sono espressi pressoché ubiquitariamente e
sono coinvolti nella regolazione di funzioni biologiche in molti tessuti e
sistemi; sono infatti espressi a livello delle cellule pancreatiche, neuronali, in
quelle della muscolatura liscia e di quella striata e in quelle miocardiche. La
caratteristica di questi canali è quella di possedere un efficiente meccanismo
biologico in grado di correlare lo stato metabolico della cellula con la sua
eccitabilità in quanto le concentrazioni di ATP e ADP rappresentano dei
fattori chiave per determinare l’attivazione o l’inibizione. In particolare, in
caso in cui ci siano condizioni soddisfacenti di fosforilazione ossidativa, gli
alti livelli di ATP che si formano determinano una inibizione del canale
stesso; viceversa, quando il metabolismo energetico è ridotto (stato che può
essere correlato con un aumento dei livelli di ADP e parallelamente una
17 |
Capitolo 1 - Introduzione
riduzione del rapporto ATP/ADP), allora si ha una attivazione del canale con
conseguente fuoriuscita degli ioni potassio e l’iperpolarizzazione della
membrana. Questi canali risultano quindi molto importanti per la regolazione
di molte funzioni biologiche quali: il tono muscolare, la secrezione di insulina,
il rilascio di trasmettitori e l’attività cardiaca (Nichols 2006).
Il canale KATP (figura 10) ha una struttura piuttosto complessa in quanto è
costituito da 96 domini transmembrana e 12 nucleotidi quali siti di legame in
grado di interagire con diverse classi di composti endogeni e farmaci.
Presenta una struttura etero-ottamerica costituita da due tipi di subunità
transmembrana:
•
Kir: sono le proteine che formano i pori e appartengono alla famiglia
dei canali del potassio “inward rectifier”;
•
SUR: sono delle proteine regolatrici le quali sono dei sensori per il
bilancio ATP/ADP e appartengono alla famiglia delle ABC-protein.
In particolare nei canali KATP si identificano quattro Kir appartenenti alla
sottofamiglia 6 (Kir6) e ognuna di esse è associata con una subunità SUR
(Miki and Seino 2005, Bryan et al. 2004).
Inoltre a seconda del tessuto o dell’organo in cui tali canali sono espressi, essi
saranno composti da particolari combinazioni di Kir6/SUR. In particolare:
•
Canali pancreatici: Kir6.2 e SUR1;
•
Canali della muscolatura liscia vascolare: Kir6.1 e SUR2B;
•
Canali della muscolatura liscia non vascolare: Kir6.2 e SUR2B;
•
Canali cardiaci: Kir6.2 e SUR2A.
Il meccanismo di azione del solfuro di idrogeno su tali canali non è ancora
stato completamente chiarito. Si presuppone l’implicazione di secondi
messaggeri quali cGMP, cAMP e PKC (protein kinasi C). Tuttavia sembra che
vi possa essere una azione legata alle subunità Kir6.1 e SUR1. Sono stati
infatti effettuati degli esperimenti di mutazione puntiforme sito-diretta su
cellule della linea HEK-293: si è visto che l’attivazione dei canali KATP, indotta
dal solfuro di idrogeno, richiede la coespressione di entrambe le subunità.
Parallelamente si è visto che il solfuro di idrogeno non provoca effetti se è
18 |
Capitolo 1 - Introduzione
espressa soltanto la subunità Kir6.1: dunque il sito di interazione tra il
solfuro di idrogeno e il canale è localizzato a livello della subunità SUR ed in
particolare a livello del suo segmento N-terminale (Jiang et al. 2010).
Canali Kca
Oltre che su quelli ATP dipendenti il solfuro di idrogeno esercita una attività
su un altro tipo di canali del potassio: i canali del potassio calcio attivati (Kca)
(figura 11). La sua azione su tali canali è stata dimostrata mediante
esperimenti su ratti a livello del colon distale. Sul lato serosale della
membrana sono state applicate due sostanze: la glibenclamide (che è un
bloccante dei canali ATP dipendenti) e tetrapentilammonio (che è un
bloccante dei canali calcio attivati). In entrambi i casi si osserva una
soppressione nella secrezione degli ioni cloro indotta dal solfuro di idrogeno;
questo quindi suggerisce che entrambi i tipi di canale vengano stimolati dal
solfuro di idrogeno stesso (Henning and Diener 2009).
In base alla conduttanza si vanno ad identificare tre tipi di canali del potassio
calcio attivati:
•
SK: a bassa conduttanza;
•
IK: a conduttanza intermedia;
•
BK: ad alta conduttanza (questi rappresentano quelli maggiormente
studiati e promettenti grazie all’influenza che esercitano sulla
membrana dovuta appunto alla loro alta conduttanza).
La caratteristica di questi recettori è di rispondere ad un duplice meccanismo
d’azione:
1. concentrazione di calcio intracellulare;
2. potenziale di membrana;
questi meccanismi agiscono in maniera indipendente l’uno dall’altro ma
hanno un effetto sinergico (Hoorigan and Aldrich 2002).
Tali recettori sono molto importanti in quanto sono coinvolti in una serie di
funzioni fisiologiche quali:
•
controllo del tono vascolare (Eichhorn and Dobrev 2007);
19 |
Capitolo 1 - Introduzione
•
secrezione ormonale (Brunton et al. 2007; Wang et al. 1992);
•
rilascio di trasmettitori e l’attività elettrica delle cellule (Calderone
2009; Salkoff et al. 2006).
Inoltre studi recenti hanno dimostrato che un effetto di precondizionamento
da parte del solfuro di idrogeno impedisce la disfunzione mitocondriale postischemica nell’intestino di ratto: anche questo meccanismo è stato attribuito
ad una azione del gas sui canali BK (Liu et al. 2009).
Sono stati effettuati anche altri studi basati sulle tecniche del patch clamp a
livello della ghiandola pituaria GH3 delle cellule tumorali di ratto i quali
hanno dimostrato che il solfuro di idrogeno rafforza le correnti esterne dei
canali BK aumentando l’apertura dei canali in maniera voltaggio dipendente
ma in modo indipendente dalle concentrazione di calcio (Sitdikova et al.
2010).
Da quanto detto finora emerge che il solfuro di idrogeno è un attivatore dei
canali BK. Tuttavia studi più recenti, che meritano una menzione, effettuati
su cellule HEK293, hanno dimostrato che i recettori BK espressi su tali cellule
sono inibiti dall’azione del solfuro di idrogeno e attivati dal CO (Telezhkin et
al. 2009).
Subunità alfa
Subunità beta
Figura 11: Struttura del canale ionico e la sua caratteristica conformazione composta
da due subunità (alfa e beta). La subunità alfa risulta composta da sei segmenti
transmembrana e quattro intracitoplasmatici.
20 |
Capitolo 1 - Introduzione
Canali Kv
Grazie a degli studi su Drosophila sono state identificate 9 sottofamiglie di
canali voltaggio dipendenti (Chandy and Gutman 1995). Sono sensibili a
variazioni del voltaggio di membrana. Sono costituiti da 4 subunità α ed un
numero variabile di subunità β.
I geni che codificano per questi recettori provengono da una famiglia di geni
che regolano il flusso degli ioni potassio dentro e fuori dalle cellule, giocando
così un ruolo fondamentale nella capacità delle cellule stesse di produrre un
segnale elettrico. Regolano inoltre: la fase di caduta del potenziale d’azione
nelle cellule eccitabili (quali cardiomiociti o neuroni) mentre in quelle non
eccitabili controllano la secrezione ormonale (Coghlan et al. 2001).
La specificità di questi canali dipende dalle proteine che li compongono e da
dove sono localizzati. Essi sono espressi a livello cerebrale, cardiaco,
dell’orecchio interno, del pancreas, della tiroide, della muscolatura, dello
stomaco e dell’intestino (Malievic et al. 2010). In particolare a livello cardiaco
il trasporto degli ioni potassio avviene verso l’esterno della cellula. Questi
canali svolgono un ruolo essenziale in quanto permettono al cuore di
“ricaricarsi” dopo ogni battito e di mantenere un ritmo regolare. Alterazioni
del gene che codifica per tale canale possono portare a condizioni patologiche
quali: allungamento o accorciamento del QT, fibrillazione atriale, oltre ad una
serie di altre alterazioni fisiopatologiche cardiache sia nell’adulto che nel
bambino le quali possono anche avere esiti letali (Peroz et al. 2008).
Canali Ca2+ voltaggio dipendenti
Tali canali regolano la concentrazione intracellulare del calcio contribuendo
in tal modo all’eccitabilità delle cellule. In base alle loro caratteristiche
elettrofisiologiche si possono andare ad indentificare diversi tipi di canali:
•
HVA: ad alto voltaggio, che comprendono i tipi L-, N-, P- e R-;
•
LVA: a basso voltaggio che sono i tipi T-.
21 |
Capitolo 1 - Introduzione
Attualmente è stato dimostrato che NaHS (il sale sodico del solfuro di
idrogeno) va ad inibire i canali di tipo L nei cardiomiociti (Sun et al. 2008).
Questi canali a livello cardiaco sono spesso associati a quelli KATP;
l’attivazione di questi canali e l’inibizione dei canali di tipi L, mediante
stimolazione con solfuro di idrogeno, esercita un effetto inotropo e
cronotropo negativo e quindi porta ad una cardioprotezione durante la
riperfusione ischemica (Gross annd Fryer 1999, Sun et al. 2008). Questa
azione opposta sui due canali sopracitati viene riscontrata anche a livello
delle cellule β-pancreatiche per quello che concerne la produzione insulinica
(Tang et al. 2010).
Canali del Cl-
Vengono attivati insieme ai KATP e proteggono i neuroni dalla neurotossicità
indotta da glutammato. Il solfuro di idrogeno migliora le correnti NMDAindotte e la sensibilità dei recettori NMDA al glutammato (Kimura 2000).
Questo rappresenta un fattore chiave per la plasticità sinaptica per i processi
di apprendimento e memoria (Kimura et al. 2005).
Canali TRPV1 e TRPA1
Questi recettori appartengono alla famiglia dei TRP (recettori canale che
determinano variazioni transitorie del potenziale). Hanno una struttura
simile ai canali del potassio e sono attivati dal calcio o altri metaboliti. Il
solfuro di idrogeno si comporta come un messaggero nocicettivo andando ad
attivarli: in tal modo regola la contrattilità della muscolatura liscia a livello
della vescica, delle vie aeree e del tratto gastrointestinale. Essi sono invece
assenti a livello della muscolatura liscia vascolare (Tang et al. 2010).
Come si evince da quanto detto finora, negli ultimi anni è stato scoperto che il
solfuro di idrogeno esercita importanti azioni biologiche su vari canali ionici,
22 |
Capitolo 1 - Introduzione
mediante l’interazione con target differenti. Per questo motivo si sono create
prospettive per lo sviluppo di nuovi farmaci (Tang et al. 2010) (figura 12).
L-tipo Ca2+
T-tipo Ca2+
KATP
[Ca2+]
L-Cisteina
CSE CBS
KCa
[Ca2+]i
H2S
KV
NMDA
Canali
ClTRP(V1,A1)
Figura 12: Gli effetti dell’H2S sui canali ionici. Gli effetti stimolatori sono indicati con le
frecce rosse e riguardano i canali KATP e KV, i canali T per il Ca2+ ed i recettori TRPV1 e
NMDA. Mentre gli effetti inibitori sono rappresentati con le frecce blu e si riferiscono ai
canali del Cl-, a quelli L per il Ca2+ ed ai canali KCa
23 |
Capitolo 1 - Introduzione
1.4 Ruolo fisiologico del solfuro di idrogeno nei vari sistemi
dell’organismo
1.4.1 Sistema cardiovascolare
Le crescenti conoscenze sul significato biologico del solfuro di idrogeno a
livello cardiaco e dei vasi sanguigni hanno permesso di determinare
l’importanza di questo gas trasmettitore nel controllo dell’omeostasi del
sistema cardiovascolare. In particolare, studi recenti hanno dimostrato che il
suo ruolo risulta particolarmente importante e critico quando il controllo
mediato da NO risulta compromesso (ad esempio in caso di disfunzioni
endoteliali).
Il solfuro di idrogeno causa una risposta rilasciante a livello della
muscolatura liscia vascolare. Questo effetto è stato osservato sia su vasi di
grande calibro, ad esempio l’aorta toracica e la vena porta (Hosoki et al.
1997), che su vasi periferici, i quali svolgono un ruolo altamente più
significativo delle grandi arterie nella regolazione della resistenza vascolare e
della pressione sanguigna (Cheng et al. 2004). Gli effetti vasomotori del
solfuro di idrogeno sono mimati dalla L-cisteina; parallelamente gli effetti di
tale sostanza sono bloccati da un inibitore di CSE (PAG o propargilglicina):
questo indica che L-cisteina agisce da fonte di solfuro di idrogeno. Inoltre la
delezione genetica della CSE nei topi provoca una considerevole diminuzione
delle concentrazioni di solfuro di idrogeno a livello del siero, del cuore e
dell’aorta: questi animali sviluppano quindi ipertensione e hanno un ridotto
effetto vasorilasciante endotelio-dipendente (Yang et al. 2008).
Come visto precedentemente il solfuro di idrogeno esercita la sua azione
vasorilasciante agendo sui recettori KATP ma anche su altri. Studi
elettrofisiologici hanno dimostrato che induce anche l’iperpolarizzazione
della membrana delle cellule muscolari lisce vascolari (Cheng et al. 2004,
Tang et al. 2005). Il potenziale coinvolgimento degli altri canali ionici è stato
ipotizzato ma ancora gli studi di questo tipo risultano insufficienti ai fini
24 |
Capitolo 1 - Introduzione
dell’identificazione di un possibile canale ionico quale target del solfuro di
idrogeno.
Per quanto riguarda il contributo dato da NO nei confronti della
vasodilatazione indotta da H2S, esperimenti dai risultati conflittuali
suggeriscono un cross-talk tra questi due importanti mediatori sia positivo
che negativo. Infatti è stato dimostrato che somministrando inibitori della
NO-sintasi o rimuovendo l’endotelio, si riduce l’effetto rilasciante indotto da
H2S: questo dunque suggerisce che NO apporti un parziale contributo (Zhao
et al. 2002, Zhao et al. 2003). Inoltre NO endogeno ha dimostrato di
possedere la capacità di promuovere la generazione di H2S da parte della CSE
(Zhao et al. 2003). Al contrario è stato dimostrato che H2S induce uno
scavenging non solo in situazioni infiammatorie, quando la produzione di NO
è aumentata (Whiteman et al. 2006), ma anche in condizioni fisiologiche (Ali
et al. 2006).
In accordo con questi effetti fisiologici una deficienza nella produzione
endogena di H2S contribuisce alla patogenesi dell’ipertensione.
Oltre a questa azione vasorilasciante H2S svolge molte altre funzioni
biologiche che risultano rilevanti per il controllo del sistema cardiovascolare.
Esso infatti:
•
Inibisce l’aggregazione piastrinica indotta da ADP, collagene,
epinefrina, acido arachidonico, trombina e un trombossano mimetico
(U46619). Questo effetto non sembra correlabile a: generazione di
cGMP/cAMP, rilascio di NO, apertura dei canali del potassio (Zagli et
al. 2007);
•
Sopprime in modo dose-dipendente la proliferazione delle cellule
muscolari lisce attraverso la via delle MAPK (Miogen-Activated
Protein Kinases) (Du et al. 2004);
Gli effetti di H2S sul sistema cardiovascolare non sono visibili soltanto a
livello fisiologico ma ci sono esperimenti che dimostrano il ruolo di questo
mediatore nella patologie cardiovascolari. La produzione di H2S è infatti
ridotta in condizioni di ipertensione: studi su ratti SHR (spontaneamente
ipertesi) hanno dimostrato che la somministrazione di H2S è in grado di
25 |
Capitolo 1 - Introduzione
ridurre la pressione in questi soggetti ma non nei soggetti normotesi (Yan et
al. 2004)
H2S può avere effetti diretti sulla parete vascolare e dunque può essere
utilizzato nella patologia dell’aterosclerosi (Wang et al. 2010).
Può inoltre influenzare la reazione infiammatoria vascolare, che gioca un
ruolo molto importante nella destabilizzazione e rottura della placca
aterosclerotica. In realtà questo punto non è ancora stato del tutto chiarito in
quanto sembra che H2S eserciti un ruolo antinfiammatorio sui macrofagi (Oh
et al. 2006) ma uno proinfiammatorio sulle cellule della muscolatura liscia
vascolare (Jeong et al. 2006).
Gioca inoltre un ruolo cruciale nell’ischemia miocardica in quanto esercita
una azione protettiva sia sul pre- che sul post- condizionamento ischemico
(vedi par. 1.6 e seguenti)
1.4.2 Sistema respiratorio
H2S è conosciuto quale composto tossico anche a livello respiratorio: esso
infatti (come visto precedentemente) va ad inibire l’azione del complesso IV
della catena di trasporto degli elettroni (vedi par. 1.3)
Sono stati effettuati degli esperimenti in cui animali da laboratorio venivano
posti in un ambiente ricco di Na2S per 30 minuti: si è osservata una
diminuzione
dell’ossigenazione
e
delle
frequenza
respiratoria.
A
concentrazioni inferiori si è riscontrata anche una riduzione dell’azione della
citocromo C ossidasi (Forgan and Forster 2010).
Tuttavia, a dispetto della sua “vecchia fama” di agente con azione
esclusivamente tossica, H2S ha dimostrato di avere alcuni effetti benefici
anche a livello respiratorio. Basandosi infatti sulla azione rilasciante a livello
vascolare, sono stati fatti alcuni studi atti a determinare se tale azione fosse
presente anche a livello bronchiale. Gli esperimenti sono stati effettuati su
due tipi di roditori con risultati piuttosto differenti: nei topi, infatti, H2S ha
dimostrato di avere una forte azione rilassante sugli anelli bronchiali mentre
26 |
Capitolo 1 - Introduzione
tale rilasciamento risulta molto meno marcato nelle cavie. Tale effetto
rilasciate è inoltre indipendente da quei fattori che caratterizzano il
rilasciamento vascolare (NO, cGMP) (Kubo et al. 2007).
Il percorso CSE/ H2S esercita un ruolo positivo a livello di alcune patologie
polmonari importanti quali:
•
PH (ipertensione polmonare): questo pathway risulta ridotto in tale
patologia con conseguente diminuzione della produzione di H2S da
parte del tessuto polmonare dovuto allo stress ossidativo (Zhang et al.
2003);
•
Asma;
•
BPCO (BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva).
(Wu et al. 2007, Wu et al. 2008, Chen et al. 2009).
1.4.3 Sistema gastrointestinale
H2S è stato indicato anche come possibile importante mediatore della
motilità gastrointestinale. Infatti sia CBS che CSE sono state localizzate nel
sistema gastrointestinale dei ratti. Vari esperimenti hanno confermato che la
somministrazione di H2S causa un rilasciamento dose-dipendente della
muscolatura liscia di ileo e colon (Fiorucci et al. 2006, Teague et al. 2002).
Questa azione è completamente antagonizzata dalla glibenclamide, la quale è
un bloccante dei canali KATP: questo suggerisce il loro coinvolgimento nel suo
meccanismo d’azione.
H2S sembra svolgere anche un effetto antinocicettivo come dimostrato dalla
riduzione del dolore indotto dalla distensione a livello del colon-retto sia in
ratti sani che in quelli con colite. Anche questi effetti sono inibiti da bloccanti
dei canali KATP ma sono indipendenti dall’azione rilasciante esercitata sulla
muscolatura liscia (Fiorucci et al. 2006, Teague et al. 2002).
Inoltre, la somministrazione di H2S esogeno stimola la secrezione gastrica sia
nelle cavie che nell’uomo (Schicho et al. 2006).
27 |
Capitolo 1 - Introduzione
H2S svolge un ruolo molto importante nella protezione della mucosa gastrica.
Sia CSE che CBS sono espressi a questo livello anche se sembra essere CSE a
mediare prevalentemente questa funzione. Questo perchè la produzione di
H2S a livello della mucosa gastrica non richiede la calmodulina (la quale è un
cofattore essenziale per CBS), inoltre tale produzione è inibita da PAG che,
come visto precedentemente, è un inibitore di CSE.
H2S va inoltre a regolare il flusso sanguigno a livello della mucosa gastrica: in
particolare la somministrazione di H2S porta ad un significativo aumento del
flusso. Tale aumento è inibito dalla glibenclamide dunque è chiaro
l’intervento in questa azione dei canali KATP.
1.4.4 Sistema endocrino
Il ruolo cruciale esercitato dai canali KATP nel controllo della secrezione
dell’insulina da parte delle cellule β-pancreatiche è ben noto. La risposta
ipoglicemica indotta dai bloccanti di questi canali è attualmente utilizzata nel
trattamento farmacologico del diabete di tipo 2: farmaci con questo tipo di
azione sono, infatti, le sulfaniluree. Recentemente è stato scoperto come
l’attivazione di questi stessi canali induca effetti sempre a questo livello: è
stato infatti ipotizzato che possano prevenire la sindrome metabolica
(Hansen et al. 2004). E’ stato ipotizzato il ruolo del solfuro di idrogeno a
questo livello in quanto si hanno quantità relativamente abbondanti sia di
CSE che CBS; in particolar modo esse risultano sovraespresse in pazienti
diabetici (Yusuf et al. 2005).
Altri studi riportano che la biosintesi enzimatica di solfuro di idrogeno è
compromessa in modelli di diabete di tipo 1 sui topi e che questa riduzione
nella biodisponibilità di questo gas è associabile con una alterazione della
reattività vascolare. Inoltre, a causa della stretta correlazione che intercorre
tra il diabete e le complicazioni cardiovascolari, e il ruolo centrale esercitato
dal solfuro di idrogeno a livello del sistema cardiovascolare stesso queste
scoperte suggeriscono che un deficit nella produzione tale gas possa essere
28 |
Capitolo 1 - Introduzione
uno step fondamentale nella progressione di rilevanti patologie vascolari
(Brancaleone et al. 2008).
1.4.5. Sistema nervoso centrale (SNC)
Il solfuro di idrogeno è coinvolto nel controllo di una serie di importanti
funzioni a livello del SNC. CBS è largamente espressa a livello dell’ippocampo
e del cervelletto. Alcuni esperimenti hanno dimostrato che CBS-inibitori
riducono la concentrazione di solfuro di idrogeno nel cervello; inoltre tale
concentrazione è ridotta anche in topi deficienti della CBS (Eto and Kimura
2002).
A livello cerebrale il solfuro di idrogeno promuove la produzione di cAMP
migliorando così le correnti NMDA-indotte e la sensibilità dei recettori NMDA
al glutammato (Kimura 2000). Questa sensibilizzazione porta ad un processo
di plasticità sinaptica dell’ippocampo coinvolta nel meccanismo di
apprendimento e memorizzazione (Kimura et al. 2005). L’aumento della
produzione di cAMP attiva inoltre la proteina kinasi A che regola varie
funzioni cerebrali, tra cui la fosforilazione delle proteine intracellulari.
Questo non è l’unico segnale in cui è coinvolto il solfuro di idrogeno; esso
può, inoltre, proteggere i neuroni contro lo stress ossidativo mediante
l’attivazione di recettori tirosin-kinasici (Tan et al. 2010). Studi più recenti
riportano inoltre che esso, nelle cellule della microglia, inibisce la produzione
di NO indotta dal lipopolisaccaride (LPS) mediante l’inibizione della proteina
p38-MAPK (Hu et al. 2007). Tali MAPK sono coinvolte in attività cellulari
quali apoptosi, differenziazione, metabolismo, ... (Roux and Blenis 2004).
Recentemente è stata riportata la sua azione antinfiammatoria e neuro
protettiva quando prodotto a livello endogeno dalle CBS degli astrociti: questi
risultati suggeriscono un suo potenziale utilizzo in varie neuropatologie
degenerative quali il morbo di Parkinson e quello di Alzheimer (Lee et al.
2009). Tuttavia a livello del SNC può causare effetti tossici molto gravi: alle
concentrazioni letali e subletali esso infatti provoca una inibizione delle
29 |
Capitolo 1 - Introduzione
monoammino ossidasi che conduce ad un eccessivo aumento delle
concentrazioni di noradrenalina e adrenalina a livello di ippocampo e del
tronco encefalico, ma non a livello della corteccia e del cervelletto (Warenycia
et al. 1989)
30 |
Capitolo 1 - Introduzione
1.5 Ischemia miocardica
Le cardiopatie ischemiche sono legate ad una parziale o totale occlusione
delle arterie che portano quindi ad una ostruzione dei vasi, limitando così
l’afflusso di sangue ai vari organi o tessuti. Questo ridotto apporto sanguigno
causa una diminuzione nell’ossigenazione e dell’apporto nutritizio di tali
aree, questo flusso non è più sufficiente a rispondere alla domanda della
cellula, che va dunque incontro a morte. Sorprendentemente, il danno da
ischemia è incrementato anche nella fase della riperfusione, ovvero la fase
successiva in cui vengono ripristinate le condizioni pre-anossiche (normale
apporto di ossigeno e nutrienti). In questa seconda fase un ruolo cruciale
viene giocato dall’apertura di un canale non specifico, situato sulla membrana
mitocondriale interna detto MPTP (Mitochondrial Permeability Transition
Pore). Si va dunque a parlare di danno da “ischemia-riperfusione”.
Per quanto riguarda la fase ischemica vera e propria, la mancanza di ossigeno
e nutrienti causa nella cellula squilibri metabolici che portano ad alterazioni
biologiche, morfologiche e funzionali della stessa (quali variazioni del
potenziale di membrana, erronea distribuzione degli ioni, disorganizzazione
del citoscheletro) (Collard and Gelmans 2001). Induce inoltre ad un accumulo
di metaboliti che possono essere potenzialmente tossici per la cellula stessa.
Il ridotto apporto di ossigeno alle cellule miocardiche causa una riduzione
della quantità di ATP prodotta mediante la fosforilazione ossidativa. Se non
intervengono altri meccanismi compensatori, la concentrazione di ATP
decade rapidamente. Per compensare questa riduzione si ha l’attivazione di
una glicolisi anaerobica, la quale permette la conversione di una piccola
percentuale di ADP in ATP; parallelamente ad essa però si osserva un
accumulo di ioni idrogeno e lattato, i quali portano ad una ulteriore inibizione
della glicolisi aerobica (Allen and Orchard 1987). La quantità di ADP che non
viene convertita dà origine a prodotti quali adenosina, inosina e xantine che
31 |
Capitolo 1 - Introduzione
causano un aumento dell’osmolarità delle cellule e un rigonfiamento delle
stesse (Buja et al. 1988).
La riduzione della produzione di ATP porta ad una cessazione della
funzionalità della pompa Na+/K+-ATPasi; questo conduce ad un aumento di
ioni sodio all’interno della miociti, con conseguente riduzione del potenziale
di membrana.
Allo stesso tempo queste alterazioni portano ad una variazione del pH
cellulare. In condizioni normali, infatti, il pH viene mantenuto all’interno dei
valori fisiologici mediante due pompe: una Na+/H+, attiva soprattutto in
condizioni di acidosi, e una HCO3-/Cl-, attiva soprattutto in condizioni
alcaline. Il pH riflette nettamente la produzione e l’utilizzo di ioni H+ a livello
intracellulare. Molte reazioni portano alla formazione di tale ione (come
prodotto secondario) come la conversione di ATP in ADP e Pi (fosfato
inorganico) oppure quella del glucosio in lattato. Quando inizia la glicolisi
anaerobica si osserva dunque una marcata diminuzione del pH intercellulare
(quindi una condizione di acidosi) dovuta appunto alla conversione del
glucosio in lattato (Allen and Orchard 1987). Si ha dunque l’attivazione di una
ulteriore pompa situata sul sarcolemma dei miociti: l’antiporto Na+/H+. esso
si attiva, nel tentativo di ridurre l’acidosi: pompa verso l’esterno della cellula
gli ioni H+ e entrano ulteriormente ioni Na+, incrementandone ulteriormente
la concentrazione intracellulare. In tali condizioni, l’antiporto Ca++/Na+
funziona in modoo invertito: pompa Ca++ all’interno della cellula in modo da
estrudere gli ioni Na+ in eccesso. Parallelamente il calcio entra anche
attraverso i canali del calcio voltaggio dipendenti di tipo L, causando un
ulteriore
aumento
del
potenziale
di
membrana.
L’aumento
della
concentrazione intercellulare di tale ione attiva una pompa localizzata sul
reticolo sarcolemmatico (SERCA2), che poi lo rilascia mediante due canali
(RYR e IP3R), causando la contrazione cellulare (Zaugg et al. 2004)
L’aumento della concentrazione ionica intracellulare e l’accumulo dei
metaboliti derivati dalla glicolisi anaerobica, citata precedentemente, portano
all’attivazione di proteasi, endonucleasi e fosfolipasi che degradano la
membrana plasmatica.
32 |
Capitolo 1 - Introduzione
Figura 13: Cambiamenti del flusso di cationi a livello cardiaco e loro conseguenze nel
corso di un evento ischemico
Durante l’ischemia, inoltre, si osserva una degradazione
dei nucleotidi
contenenti adenina e il risultato è una diminuzione netta della
concentrazione di tali sostanze. Parallelamente, si registra un incremento di
ioni fosfato. Tali fattori provocano una sensibilizzazione dell’MPTP
all’apertura, dipendente dalla concentrazione
degli ioni calcio. Tuttavia,
poichè il pH rimane acido, l’MPTP durante tutto il periodo ischemico rimane
chiuso (esso infatti si apre in condizioni di neutralità) (Halestrap et al. 2003).
In ogni caso, se l’evento ischemico è di notevole entità e di durata prolungata,
il cuore sarà irreversibilmente danneggiato a causa dell’azione degradante di
enzimi quali fosfolipasi e proteasi (che vanno anche a compromettere la
funzionalità mitocondriale) (Halestrap et al. 2003).
33 |
Capitolo 1 - Introduzione
Come detto precedentemente, il danno cellulare non è legato soltanto alla
fase ischemica ma anche a quella successiva, quella cosiddetta di
riperfusione, in cui si ripristinano le condizioni pre-anossiche.
Durante la riperfusione, i mitocondri sono nuovamente capaci di respirare e
generare un potenziale di membrana in grado di guidare la sintesi di ATP;
questo, però, facilita anche un rapido accumulo di ioni calcio all’interno della
matrice mitocondriale, portando quindi ad un sovraccarico di tali ioni.
Inoltre, si ha una rapida ed elevata produzione di ROS quando la catena
respiratoria, che era inibita nella fase dell’anossia, ha nuovamente a
disposizione l’ossigeno. Tali specie radicaliche portano alla formazione di
perossidi e superossidi, che portano ad un aumento del danno tissutale in
quanto vanno ad indurre necrosi (Halestrap et al. 2003).
Queste condizioni, unite al fatto che il pH entro pochi minuti dall’inizio della
riossigenazione ritorna entro valori fisiologici, stimolano l’apertura dei canali
MPTP. In condizioni fisiologiche, la membrana mitocondriale interna è
impermeabile alla maggior parte degli ioni; l’apertura di questi canali fa sì
che essa divenga permeabile a qualsiasi molecola con PM minore di 1.5 kDa.
Questo passaggio di ioni e molecole causa un incremento della pressione
osmotica; la membrana interna, essendo caratterizzata da creste e dunque
dotata di una certa elasticità, si distende, ma quella esterna va incontro a
rottura. Questo comporta il rilascio, dallo spazio intermembrana al citosol, di
proteine quali il citocromo C e altri fattori, che giocano un ruolo chiave nel
processo apoptotico. (Halestrap et al. 2003).
Queste alterazioni portano quindi ad una progressiva degenerazione della
membrana plasmatica, uno sconvolgimento elettrolitico della cellula ed un
esaurimento dell’ATP. Come evento finale si ha la rottura del sarcolemma dei
miociti e la morte della cellula (Buja 2005).
34 |
Capitolo 1 - Introduzione
Figura 14: Schema riassuntivo di quanto si realizza durante l’ischemia-riperfusione
35 |
Capitolo 1 - Introduzione
1.6 Pre- e Post- condizionamento ischemico
Diversi studi hanno permesso di evidenziare che due processi giocano un
ruolo fondamentale nella cardioprotezione. Essi sono:
•
Precondizionamento ischemico o IPC;
• Postcondizionamento ischemico o IPostC.
1.6 1 Precondizionamento ischemico (IPC)
Brevi periodi di occlusione coronaria inducono nel miocardio una aumentata
resistenza nei confronti del danno causato da una fase seguente e prolungata
di ischemia; conferisce, inoltre ai miocardiociti una aumentata resistenza nei
confronti del danno cellulare indotta dall’ischemia stessa. Questo si traduce
in una marcata riduzione dell’entità dell’infarto. Questo fenomeno biologico è
conosciuto come “precondizionamento ischemico” (Murry et al. 1986). È
stato dimostrato, innanzitutto, sui cani ma risultati equivalenti sono stati
osservati anche su ratti, conigli, maiali e sull’uomo, sia su miociti isolati che in
vivo (Liu et al. 1991). La protezione indotta da questa fase di
precondizionamento è caratterizzata da:
•
Marcata riduzione delle aritmie nel periodo di riperfusione (Shiki and
Hearse 1987);
•
Riduzione del metabolismo energetico durante le prime fasi
dell’ischemia (Murry et al. 1990);
•
Aumento del recupero post-ischemico (Cave and Hearse 1992);
•
Protezione dell’endotelio coronarico (Richard et al. 1994).
Lo sviluppo dell’IPC consta di due fasi: una prima, che viene detta fase iniziale
o IPC classico, che dura da 1 a 3 ore dopo lo stimolo precondizionante e una
ritardata, o seconda finestra dell’IPC, che dura dalla 24 alle 96 ore.
36 |
Capitolo 1 - Introduzione
Benchè l’intero processo dell’IPC non sia stato ancora completamente
chiarificato, è noto che alcuni fattori sono coivolti in entrambe le fasi ma il
meccanismo con cui agiscono in esse è abbastanza differente.
Il meccanismo dell’IPC prevede inizialmente il coinvolgimento di triggers i
quali, mediante meccanismi differenti porteranno alla cardioprotezione della
cellula.
Si identificano due tipi di triggers:
a. recettore
dipendente
quali
bradichinina,
adenosina,
oppioidi,
prostaglandine: sono quelle sostanze che agiscono mediante
l’interazione con specifici recettori;
b. sostanze endogene (quali ossido di azoto o solfuro di idrogeno ma
anche ioni calcio o radicali liberi) che non necessitano di un legame
con uno specifico recettore per espletare la propria azione.
a. Triggers recettore dipendente
Vanno a legarsi a specifici recettori accoppiati a proteine G; questo legame
provoca l’attivazione della fosfolipasi C (PLC) (Liu et al. 1991, Thornton J.D. et
al. 1993, Simkhovick et al. 1998): questa catalizza a sua volta l’idrolisi del
fosfatidilinositolo 4,5-difosfato (PIP2), generando il secondo messaggero
inositolo 1,3,4-trifosfato (IP3) e diacilglicerolo (DAG), i quali stimolano la
proteina kinasi C (PKC) che si pensa essere un mediatore centrale dell’IPC.
PKC infatti può fosforilare le proteine effettrici coinvolte nell’IPC (tra cui i
canali del potassio sensibili all’ATP, KATP) o dirottarsi verso la cascata delle
kinasi.
Il primo attivatore identificato nel processo di IPC è stata l’adenosina; è stato
infatti visto che i livelli di questa sostanza aumentano durante brevi periodi
di ischemia (Kuzmin et al. 2000, Lasley et al. 1995, Miura 1996, Mei et al.
1998, Schulz et al. 1998). Essa induce la riduzione dell’inotropismo cardiaco e
la dilatazione delle resistenze periferiche; la conseguenza è un bilanciamento
della richiesta/domanda di ossigeno.
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Capitolo 1 - Introduzione
A livello cardiaco sono anche presenti i recettori oppioidi (Zhang et al. 1996);
è stato osservato essi che sono in grado di produrre oppioidi i quali
sembrano essere responsabili di una riduzione dell’entità dell’infarto (Weil et
al. 1998). Vi si identificano due recettori: δ e κ anche se solo i primi (ed in
particolare quelli di tipo 1) sembrano svolgere una azione cardioprotettiva
(Freyer et al. 1999, Wang et al. 2001).
Un potenziale coinvolgimento di altre sostanze quali: prostaglandine,
norepinefrina e angiotensina è stato ipotizzato ma ancora non chiarito
(Bugee and Ytrehus 1995, Moolman et al. 1996, Tanno et al. 2000,Liu et val.
1995, Wang et al. 1996).
b. Triggers recettore indipendente
Il più studiato è sicuramente NO. È stato dimostrato che i livelli di questo gas
trasmettitore aumentano durante l’ischemia e questo ha permesso di
indicare NO come un fattore endogeno coinvolto nella cardioprotezione;
infatti una inbizione della NO-sintasi riduce la protezione indotta da IPC nei
ratti (Lochner et al.2000). In particolare NO gioca un ruolo chiave nella fase
ritardata dell’IPC mentre il suo coinvolgimento nella prima fase è ancora
controverso (Bolli 2001). Attualmente esistono evidenze che anche la
somministrazione di NO endogeno sia in grado di ridurre il danno miocardico
indotto da ischemia in varie specie animali.
1.6.2 Postcondizionamento ischemico (IPostC)
Come detto, anche nella fase della riperfusione il cuore subisce un danno
notevole che conduce alla necrosi e all’apoptosi. Tale danno può essere
ridotto mediante il fenomeno del postcondizionamento ovvero una serie di
rapide ed intermittenti interruzioni del flusso nella prima fase della
riperfusione. Questo meccanismo coivolge ligandi quali adenosina ed oppiodi,
che sono necessari per innescare i processi cardioprotettivi mediati
38 |
Capitolo 1 - Introduzione
dall’apertura dei canali mito-KATP e dall’attivazione della PKC. In aggiunta,
inibisce la via delle MAPK e, dunque, attenua il danno cellulare provocato
dalla liberazione di proteasi e agenti ossidanti. L’effetto sui canali mito-KATP
porta, come visto precedentemente, ad una riduzione del sovraccarico di ioni
calcio a livello della matrice mitocondriale e impedisce l’apertura
permanente di MPTP (che sarebbe indotta da elevate concentrazioni di tale
ione) ma ne favorisce invece una apertura transitoria (per maggiori
chiarimenti vedere par.1.7 e seguenti).
Studi clinici su pazienti con infarto acuto del miocardio hanno dimostrato che
questa fase è altrettanto importante quanto quella dell’IPC (Zhao and VintenJohansen 2006). A livello teorico essa può avere maggiori applicazioni in
quanto la terapia non necessita di una somministrazione prima dell’evento
ischemico, ma direttamente nella fase della riperfusione. Anche il periodo in
cui viene effettuato il postcondizionamento risulta un fattore critico: Kin et al,
nel 2004, hanno dimostrato che questi cicli di interruzione del flusso devono
essere fatti subito all’inizio della riperfusione, già agendo dopo un minuto si
annulla l’effetto cardioprotettivo.
Altri studi sono andati poi a valutare se questi due processi dell’IPC e del
IPostC fossero in qualche modo legati e se quest’ultimo potesse andare in
qualche modo ad incrementare la cardioprotezione indotta da IPC. Sono stati
dunque combinati questi protocolli in un modello di infarto acuto su cane; i
risultati ottenuti sono però contrastanti. Taluni autori sostengono che
l’effetto protettivo derivante dalla combinazione non è additivo, altri hanno
dimostrato il contrario (però su modelli in vivo di coniglio) (Halkos et al
2004, Yang et al. 2004).
Non è inoltre ancora chiaro se l’effetto cardioprotettivo persista per lunghi
periodi o se, semplicemente, provochi un ritardo del danno: anche in questo
caso infatti i dati sperimentali sono discordanti. Alcuni esperimenti
suggeriscono che il IPostC riesca ad attenuare il danno nella prima fase della
riperfusione ma non in quella ritardata; altri fanno pensare che si ottenga un
risultato a partire da 24-72 ore dall’insulto ischemico (Arguad et al. 2005).
39 |
Capitolo 1 - Introduzione
1.7 Canali KATP a livello cardiaco
Nei cardiomiociti questi canali ionici sono stati riscontrati a due livelli:
•
Della membrana sarcolemmatica e prendono il nome di sarc-KATP;
•
Della membrana mitocondriale interna e prendono il nome di mitoKATP.
Questi canali presentano una struttura leggermente diversa (per la struttura
dei canali KATP si veda par. 1.3). I canali sarc- sono formati da SUR2A e Kir6.2;
la struttura di quelli mito- non è ancora stata completamente chiarifita ma
recenti pubblicazioni suggeriscono che possa essere costituita da una
combinazione di Kir6.1 e 6.2 e SUR2.
1.7.1 Canali sarc-KATP e loro ruolo nell’ IPC
Il coinvolgimento dei canali KATP è stato dimostrato in alcuni esperimenti
somministrando sostanze che provocano l’apertura di tale canale ionico
(aprikalim) e sostanze che invece lo inibiscono (glibenclamide); il risultato di
tale esperimento è una significativa riduzione dell’entità dell’infarto dopo la
somministrazione dell’aprikalim, effetto cardioprotettivo che viene rimosso
in seguito alla somministrazione di glibenclamide. Il coinvolgimento dei
canali sarc-KATP è stato prima suggerito e poi dimostrato mediante
esperimenti che utilizzavano un bloccante selettivo di questo canale (HMR
1883): il risultato di questa somministrazione è una riduzione della
protezione indotta dal diazossido (Rodrigo et al. 2004). Il coinvolgimento di
tali canali nella cardioprotezione è stato inoltre dimostrato mediante
esperimenti su topi knockout per il gene della subunità Kir6.2: l’effetto
cardioprotettivo indotto dal diazossido era infatti assente in tali animali
mentre in quelli wild type la sua azione era prevenuta da un bloccante
selettivo dei canali sarc-KATP (HMR 1098) ma non da uno selettivo per i canali
mito-KATP (5-HD) (Suzuki et al. 2002, Suzuki et al. 2003). Parallelamente
40 |
Capitolo 1 - Introduzione
cellule COS-7 (deficienti per il canale KATP) sono state transfettate mediante il
gene per Kir6.2 e SUR2A (la composizione molecolare del canale sarc): tali
cellule trattate con un agonista del recettore ionico hanno dimostrato una
maggiore resistenza nei confronti del danno da ischemia-riperfusione,
rafforzando l’ipotesi di un coinvolgimento importante del canale di tipo sarc
nella cardioprotezione (Jovanivic A. et al. 1998).
Il modo in cui l’attivazione di questo canale durante l’IPC promuova la
cardioprotezione è ancora in fase di dibattito. È stato osservato che l’apertura
di tale canale è dovuta ad un effetto sinergico tra l’attivazione del recettore
dell’adenosina (in particolare quelli dei sottotipi A1 e A3) e la fosforilazionee
della PKC (Liu et al. 1996). La loro attivazione porta ad un aumento della
corrente attraverso i canali KATP durante l’inibizione metabolica. È stato
dimostrato che anche NO è in grado di attivare questi canali in condizioni sia
di normossia che di ipossia (Baker et al. 1999). Tuttavia esso sembra non
svolgere alcun ruolo nella prima fase dell’IPC la quale, inaspettatamente,
viene proprio innescata dalla somministrazione di NO endogeno (Rakhit et al.
1999). Anche la pompa Na+-K+-ATPasi sembra essere coinvolta nella
regolazione di questi canali; infatti l’inibizione di questa pompa, mediante
digossina, previene la loro apertura durante l’IPC. Tuttavia questa sostanza
non influenza l’azione cardioprotettiva esercitata dagli attivatori dei canali
sarc-KATP perchè essi agiscono direttamente sul canale (Haruna et al. 1998).
Per quanto riguarda un possibile cross-talk tra il canale sarc- e quello mitoKATP è possibile che l’iperpolarizzazione, causata dall’apertura del canale sarc,
possa a sua volta indurre l’apertura anche del canale mito. In queste
condizioni, infatti, l’iperpolarizzazione aumenta l’attivazione della fosfolipasi
D, la quale a sua volta causa l’attivazione e la traslocazione della PCK, la
diretta responsabile dell’apertura di entrambi i tipi di canale (Waring et al.
1999). Altre teorie suggeriscono che ciascuno dei due canali sia in grado di
attivare l’altro.
Sono stati effettuati poi esperimenti utilizzando bloccanti selettivi per i due
canali: HMR 1098 (per i sarc) e 5-HD (per i mito). Soltanto se somministrati
41 |
Capitolo 1 - Introduzione
in associazione questi bloccanti sono in grado di inibire completamente la
protezione nei confronti del danno ischemico (Kong et al. 2001). Studi più
recenti hanno dimostrato che l’IPC è solo parzialmente antagonizzato da 5HD mentre è completamente inibito dalla glibenclamide, un bloccante non
selettivo dei canali KATP (Sanada et al. 2001).
1.7.2 Canali mito-KATP e loro ruolo nell’IPC
La prima dimostrazione di una azione cardioprotettiva esercitata dai canali
mito-KATP è stata fatta negli anni 80 quando è stato visto che il nicorandil (un
attivatore non selettivo dei canali KATP) esercitava una azione protettiva nei
confronti del danno da ischemia (Lamping et al. 1984). Successivamente
l’esperimento è stato ripetuto utilizzando un altro attivatore non selettivo
(bimakalin): questo esperimento ha permesso di determinare che esiste un
sito intracellulare responsabile della azione cardioprotettiva (Yao and Gross
1994). La prima evidenza del coinvolgimento dei canali mito è stata provata
mediante esperimenti sui mitocondri di cuore bovino: è stato visto che il
diazossido induce l’apertura dei canali mito ad una concentrazione inferiore
rispetto a quella necessaria per provocare l’apertura dei canali sarc. Questo
effetto è stato successivamente riscontrato anche in esperimenti su cuore
isolato di ratto. Esso viene inibito non solo dalla glibenclamide ma anche da
5-HD, dimostrando così il coinvolgimento dei canali mito-KATP in questa
cardioprotezione (Garlid et al. 1997).
Essenziale per l’apertura di tale canale risulta l’attivazione e la traslocazione
di specifiche isoforme di PKC. Infatti, la protezione indotta mediante
l’apertura dei mito-KATP risulta abolita da agonisti di PKC; al tempo stesso
quella mediata dall’attivazione di PCK risulta inibita mediante l’utilizzo di
bloccanti dei canali mito-KATP. Quindi PCK e mito-KATP sono entrambi
necessari e dipendenti l’uno dall’altro per l’effetto protettivo (Gaudette et al.
2000). Studi seguenti hanno rivelato che PCK è situata a monte
dell’attivazione dei canali mito-KATP, dato che sia la glibenclamide che 5-HD
42 |
Capitolo 1 - Introduzione
riducono il precondizionamento mediato da PKC (Liang 2000). Oltre a
questo, il pretrattamento con diazossido porta ad una riduzione dell’entità
dell’infarto ma senza influenzare la velocità di traslocazione di PKC ed
inoltre, 5-HD abolisce il precondizionamento senza bloccare la stessa
traslocazione di PKC (Ohnuma et al. 2002, Nozawa et al. 2003). Per quanto
riguarda l’interazione tra mito-KATP e p38MAPK a tutt’ora si hanno risultati
controversi: taluni esperimenti sembrano suggerire che l’attivazione dei
canali mito-KATP possa ridurre l’attivazione di p38MAPK; altri studi
dimostrano l’esatto contrario (Carrol and Yellon 2000, Samavati et al. 2002).
Per l’interazione tra questi canali e NO è invece ormai chiaro che tale gas
incrementa l’apertura dei mito-KATP; l’inibizione della NO-sintasi provoca un
blocco dell’effetto cardioprotettivo esercitato dal diazossido e nei topi
knockout per il gene che codifica per questo enzima il diazossido non esercita
alcuna protezione (Wang and Ashraf 1999, Sarre et al. 2004). Dati
controversi si registrano anche sul ruolo delle ROS. Da una parte, evidenze
sperimentali dimostrano che la formazione delle ROS è essenziale per la
cardioprotezione in quanto essi attivato la cascata delle PKC e questo
incrementa la probabilità di apertura dei canali mito-KATP. Tuttavia la
formazione delle ROS favorisce l’apertura di MPTP durante la riperfusione
(come detto precedentemente l’attivazione di tali canali rappresenta una
delle maggiori cause di morte cellulare) (Vanden Hoek et al. 1998). Tuttavia il
rilascio di queste specie radicaliche ed una transitoria apertura di MPTP,
come visto, inducono un certo effetto cardioprotettivo durante la prima fase
dell’IPC. Altri autori hanno poi suggerito che la generazione delle ROS porti
all’attivazione, nel giro di un paio di ore, di una risposta adattativa che porta
ad una diminuzione di tali specie radicaliche (Juhaszova et al. 2004).
Considerati nel loro insieme, questi risultati suggeriscono l’idea che mitoKATP siano entrambi coinvolti nel meccanismo della cardioprotezione; la loro
apertura depolarizza la membrana mitocondriale interna e riduce la forza
che dirige gli ioni calcio verso la matrice mitocondriale (Testai et al. 2007).
43 |
Capitolo 1 - Introduzione
1.7.3 Meccanismo di protezione dei canali mito-KATP.
Il flusso degli ioni potassio all’interno della matrice mitocondriale è regolato
dal potenziale di membrana. I mito-KATP, come detto in precedenza, sono
localizzati sulla membrana mitocondriale interna e la loro apertura causa un
flusso di ioni netto verso la matrice mitocondriale. Gli effetti di questi
ingresso sono differenti e dipendono dallo stato bioenergetico della cellula. In
condizioni fisiologiche l’entrata di potassio è molto bassa e dunque influenza
scarsamente il potenziale di membrana
mentre aumenta in modo
significativo il volume della matrice mitocondriale. In queste condizioni,
l’apertura di tali canali media anche un controllo sull’uptake degli ioni calcio.
Risultati controversi sono invece riportati sul loro ruolo riguardo alla
regolazione della produzione delle ROS. Alcuni autori riportano che la loro
apertura porta ad una alcalinizzazione della matrice ed un aumento della
produzione mitocondriale di tali specie reattive; questo porta ad una
attivazione di proteine kinasi che portano, mediante un meccanismo a
feedback positivo, ad un incremento dell’apertura dei canali stessi (Garlid et
al. 2003). Altri autori invece sostengono che il rilascio delle ROS è diminuito
in cardiomiociti trattati con agonisti di questi canali (Carreira et al. 2005).
In condizioni ischemiche l’apertura dei canali mito-KATP provvede al
mantenimento dell’omeostasi della matrice, preserva la normale vicinanza
tra le due membrane, necessaria per regolare la permeabilità ai nucleotidi
ATP e ADP. Infatti la permeabilità delle membrane ad essi è piuttosto ridotta,
in condizioni di normossia, in quanto i trasferimenti energetici tra il
mitocondrio e il citosol sono regolati dalla creatina e dalla creatina fosfato.
Invece, in condizioni di ipossia, aumenta la permeabilità della membrana
esterna: si osserva così una contrazione della matrice ed una espansione
dello spazio intermembrana. Questi cambiamenti causano la dissociazione
della creatina kinasi dal canale ed un ulteriore incremento della permeabilità
della membrana esterna (Rostovtseva and Colombini 1997, Schlattner et al.
2001). In queste condizioni, l’apertura dei canali induce un flusso verso
l’interno di ioni potassio addizionale che è accompagnato dalla diffusione di
44 |
Capitolo 1 - Introduzione
acqua e dall’uptake di altri ioni che portano ad un ingrossamento della
matrice. Questo effetto preserva la ridotta permeabilità della membrana
esterna ai nucleotidi, riduce l’idrolisi di ATP, crea un gradiente favorevole per
la sintesi dell’ATP stesso e induce un trasferimento di energia efficace tra il
mitocondrio e l’ATPasi cellulare cosicchè da ottenere un migliore recupero
funzionale (Garlid 2000). L’apertura di questi canali inibisce inoltre un
aumento della concentrazione intramitocondriale di calcio perchè il
potenziale di membrana diminuisce, riducendo così anche il gradiente
elettrochimico di tale ione (Holmuhamedov et al. 1998, Holmuhamedov et al.
1999). Studi più recenti sono poi andati a determinare quanto fosse
necessario che variasse il potenziale di membrana al fine di ridurre, fino ad
annullare, l’uptake degli ioni calcio all’interno della matrice mitocondriale. Da
tali studi è emerso che tra questi due fattori esiste una proporzionalità di tipo
diretto. Hanno inoltre permesso di determinare che piccole varizioni nel
potenziale di membrana (stimabili intorno ai 20 mV) inducono una elevata
limitazione dell’uptake degli ioni calcio (Calderone et al. 2010).
Il crosstalk tra l’attivazione di questi canali e quelli MPTP non è stata ancora
chiarita. Come visto, infatti, sostanze quali NO e PCK (talunti autori
ipotizzano anche ROS) favoriscono l’apertura dei canali mito-KATP e BKCa
prevenendo il sovraccumulo di ioni calcio
all’interno della matrice
mitocondriale, inducendo così una inibizione di MPTP, il quale rimane nella
sua conformazione chiusa. Vale la pena notare, tuttavia, che l’apertura dei
canali mito determina la conseguente apertura anche di quelli MPTP in
mitocondri già esposti ad un sovraccumulo di Ca++, portando ad un release di
tale ione dalla matrice
Come è ormai ampiamente accettato una significativa parte della
cardioprotezione esercitata dagli agonisti dei canali mito-KATP è dovuta ad
una loro azione indiretta che garantisce la chiusura di MPTP. Durante la fase
ischemica, infatti, questi attivatori portano, attraverso una depolarizzazione
della
membrana
mitocondriale
interna,
ad
una
riduzione
della
concentrazione intracellulare degli ioni calcio (ricordiamo che un trigger
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Capitolo 1 - Introduzione
fondamentale per l’apertura di MPTP è proprio un’altra concentrazione di
tale ione); in questo modo inibiscono indirettamente l’apertura di MPTP
durante la fase di riperfusione. Quindi, anche se indirettamente, gli attivatori
mito-KATP esercitano la loro azione sugli MPTP impedendone l’apertura e
questo rappresenta il modo in cui essi esercitano principalmente la loro
azione cardioprotettiva (Holmuhamedov et al. 1998, Holmuhamedov et al.
1999).
È stato suggerito inoltre che gli attivatori dei mito-KATP possano proteggere
dal
danno
ischemico
anche
mediante
un’altra
via:
mediante
il
disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa. Questo fenomeno infatti
proteggerebbe mediante una prevenzione del rilascio delle ROS (Brand et al.
2004).
Figura 15: Schema sul meccanismo di apertura dei canali mito-KATP. Le linee rosse
indicano una attivazione, le verdi una inbizione e quelle grigie il flusso di ioni.
46 |
Capitolo 1 - Introduzione
1.8 Attivatori e bloccanti dei canali KATP
Lo strumento più importante per identificare la funzione dei canali KATP e per
esplorare il ruolo dei mito- e dei sarc- nell’IPC è rappresentato dall’utilizzo di
agonisti e antagonisti selettivi per questi canali; tuttavia, i farmaci che vanno
ad attivare i canali mito-, vanno ad attivare anche quelli di tipo sarc nei
cardiomiociti e nelle cellule della muscolatura liscia, causando così una
vasodilatazione periferica ed una riduzione dei livelli di APD (durata del
potenziale d’azione). Dato che molti studi hanno dimostrato che l’effetto
cardioprotettivo è indipendente da una azione vasodilatatoria, l’obiettivo dei
ricercatori è stato quello di realizzare composti selettivi per i due sottotipi
recettoriali e, in particolare, che fossero attivi sui canali di tipo mito- ma che
non esercitassero una azione su quelli di tipo sarc- (Testai et al. 2007).
1.8.1 Attivatori selettivi dei canali KATP
I farmaci appartenenti a questa categoria appartengono a diverse classi
chimiche. Il primo ad essere stato utilizzato è il cromakalim, un composto con
struttura benzopiranica. Esso è totalmente privo di qualsiasi selettività sui
canali mito- KATP e viene utilizzato soltanto in ambito sperimentale
(Mannhold 2004).
Il pinacidil appartiene alla classe delle cianoguanidine e, da esso, si è
sviluppata una serie N-alchil-N’-piridiltiouree con proprietà antipertensive
(Peterson et al. 1978). In particolare, ne è stata sintetizzata una (P-1075) con
potente attività; essa, infatti, si lega con elevata affinità alle subunità SUR2A e
SUR2B e, di conseguenza, è stata proposta come agonista selettivo dei canali
di tipo sarc- KATP. Viene quindi utilizzata anch’essa nell’ambito della ricerca
per chiarire il contributo dei sarc- e dei mito- KATP nell’IPC. Gli effetti benefici
esercitati da questa sostanza sono antagonizzati da un bloccante selettivo dei
canali sarc- KATP (HMR 1098) rafforzando così l’ipotesi che essa agisca
proprio su questo sottotipo recettoriale (Backzo et al. 2005).
47 |
Capitolo 1 - Introduzione
Il nicorandil è un nitrato piridinico, presenta anche una azione
vasodilatatoria dovuta alle sue proprietà di NO-donatore (Peterson et al.
1978).
Il diazossido è un prototipo della classe delle benzotiazine: attiva, con buona
selettività, i canali mito- KATP, senza agire, in condizioni normali, su quelli di
tipo sarc- (Yao and Gross 1994). Esso rappresenta l’unico farmaco in grado di
legarsi con affinità paragonabile sia alla subunità SUR1 che a quella SUR2B e
dunque causa anche vasodilatazione e una inibizione della secrezione di
insulina: di conseguenza, l’utilizzo di questa benzotiazina è correlabile con un
effetto iperglicemico (Antoine et al. 1992, Pirotte et al. 1993).
H
N
N
O
N
NC
t-Bu
NH
NC
OH
N
Pinacidil
O
Cromakalim
H
N
N
HN
N
CN
P-1075
H
N
O
ONO2
N
H
N
Cl
N
S
O
Nicorandil
O
Diazossido
Figura 16: Struttura degli agonisti dei canali KATP
48 |
Capitolo 1 - Introduzione
1.8.2. Bloccanti dei canali KATP
Nella pratica sperimentale si vanno ad utilizzare essenzialmente tre
bloccanti.
Il primo è la glibenclamide, una sulfanilurea, la quale va ad agire sui canali
KATP ma non ha selettività nei confronti dei due sottotipi recettoriali sarc- e
mito KATP -. Il suo utilizzo è dunque limitato a dimostrare una selettività verso
il canale KATP ma non verso i sottotipi recettoriali.
5-HD (Sodio 5-idrossidecanoato) è considerato un inibitore selettivo dei
canali mito- KATP e viene dunque utilizzato in ambito sperimentale per
valutare il potenziale coinvolgimento di tale sottotipo recettoriale. La prima
evidenza della sua attività è stata ottenuta mediante esperimenti su
mitocondri cardiaci isolati di ratto sui quali sono state fatte misurazioni del
flusso degli ioni potassio: somministrando questo bloccante il flusso, indotto
dalla somministrazione di diazossido, era inibito. Tuttavia alcuni autori
suggeriscono che possa svolgere anche una azione indipendente da quella
esercitata sui canali e correlabile con una azione sul metabolismo energetico
mitocondriale (Jauburek et al. 1998).
Infine HMR 1098, una sulfoniltiourea, viene utilizzata coma antagonista
selettivo verso i canali sarc- KATP. Essa è ottenuta da modificazioni della
struttura della glibenclamide. Viene solitamente utilizzata in associazione con
bloccanti non selettivi in esperimenti sull’IPC (Gogelein et al. 2001).
O
O
O
S
OMe
O
N
H
N
H
N
H
Cl
Glibenclamide
49 |
Capitolo 1 - Introduzione
OMe
O
H
N
N
H
H
N
S
O
O
O
HMR-1098
Me
MeOOC
5-HD
Figura 17: Struttura degli antagonisti dei canali KATP
1.8.3 Attivatori selettivi dei canali mito-KATP
Per cercare di migliorare la cardioselettività degli agonisti dei canali KATP
sono stati creati degli ibridi tra l’anello benzopiranico e la catena
cianoguanidinica. Il primo composto interessante di questa serie è stato BMS
180448 il quale esercita una bassa potenza vasoldilatatoria ma mantiene una
elevata attività cardioprotettiva (Atwal et al. 1993). Questo composto infatti
aumenta gli indici di attività anti ischemica in maniera simile al cromakalim,
aumentando la ripresa della funzionalità contrattile a seguito di riperfusione,
un aumento del tempo di contrattura e riduce il rilascio di lattato
deidrogenasi (LDH). Inoltre non causa gli effetti negativi tipici del
cromakalim ovvero una riduzione di APD e dell’intervallo QT. Gli effetti cardi
protettivi di questa sostanza sono inibiti dalla gliburide (Grover et al. 1995,
Grover et al. 1996).
Da questo composto si sono poi sviluppati ulteriori derivati sintetici, volti a
ridurre ulteriormente la residua attività vasodilatatoria di esso. Tali sostanze
sono dei derivati benzopiranici 4-(N-aril) sostituiti: di essi, quello che ha
riportato la maggiore potenza anti ischemica, nonché la maggiore selettività
verso il muscolo cardiaco è BMS 191095 (presenta una selettivià maggiore
del primo di 30 volte ) (Grover et al. 2001). Tuttavia, a causa della sua elevata
tossicità neuronale, tale composto non può essere utilizzato in terapia;
50 |
Capitolo 1 - Introduzione
rimane comunque un valido strumento nel campo della ricerca e dello
sviluppo di nuovi farmaci (Grover et al. 2002).
Un comportamento singolare è stato riscontrato in un farmaco, noto per la
sua azione antiaritmica: bepridil. Esso infatti è un noto bloccante dei canali di
tipo sarc-. Alcuni studi però hanno dimostrato che esso è in grado di
esercitare una funzione anti ischemica su modelli di cuore di cavia; tale
effetto risulta antagonizzato mediante l’utilizzo di 5-HD. Tale composto ha
dunque una azione bloccante sui canali di tipo sarc- ma attiva quelli di tipo
mito- (Sato et al. 2006).
Recentemente sono stati sviluppati anche derivati benzopiranici i quali
hanno dimostrato una azione cardioprotettiva con un modesto effetto
cardiovascolare. In particolare un composto altamente attivo è F163.
O
O
OH
NC
OH
H
N
N
N
HN
CN
Cl
NH
Cl
BMS 180448
BMS 191095
O
i-BuO
N
N
O
N
NHAc
O
Bepridil
F163
Figura 18: Struttura degli attivatori selettivi dei canali mito-KATP
51 |
Capitolo 1 - Introduzione
1.9 Ruolo fisiologico del solfuro di idrogeno nell’ischemia
Da quanto detto finora è stato possibile ipotizzare il coinvolgimento del
solfuro di idrogeno nella cardioprotezione.
Come
esposto
precedentemente
è
ormai
noto
che
la
fase
di
precondizionamento (o IPC ovvero una serie di piccoli eventi ischemici)
promuove un effetto protettivo nei confronti di un evento ischemico
successivo di maggiore entità. Questa azione, come detto precedentemente, è
mediata dall’attivazione dei canali mito-KATP e l’azione che essi stessi
esercitano, nella successiva fase della riperfusione, sui canali MPTP.
Evidenze sperimentali hanno dimostrato che il blocco della produzione
endogena di solfuro di idrogeno, ad opera di PAG, riduce l’effetto
cardioprotettivo esercitato da IPC (Bian et al. 2006).
Quindi, la produzione endogena di questo gas trasmettitore gioca un ruolo
quale mediatore del processo di IPC e, coerentemente, gli effetti protettivi
esercitati dalla somministrazione esogena del solfuro di idrogeno contro il
danno da ischemia-riperfusione sono stati riscontrati sia nel cuore di ratto
isolato e perfuso che in modelli sperimentali di infarto acuto (Johansen et al.
2006, Zhu et al. 2007).
Oltre a queste considerazione sull’IPC, è necessario andare anche a valutare il
ruolo del solfuro di idrogeno nel post-condizionamente ischemico (o IPostC
ovvero una serie di rapide interruzioni del flusso di sangue nella prima fase
della riperfusione): anch’esso infatti gioca un ruolo importante nella
cardioprotezione e dunque la ricerca farmacologica si è concentrata anche su
questa fase per identificare nuovi target farmacologici contro il danno da
ischemia-riperfusione. É stato recentemente riportato che IPostC causa una
significativa stimolazione della biosintesi del solfuro di idrogeno nelle prime
fase della riperfusione, indicando così che tale gas esercita un ruolo
fondamentale anche nel meccanismo cardioprotettivo dell’IPostC. Oltre a
questo è stato anche dimostrato che la somministrazione esogena di NaHS
nella fase della riossigenazione incrementa la performance postischemica nel
52 |
Capitolo 1 - Introduzione
cuore di ratto sottosposto ad una fase di ischemia-riperfusione (Yong et al.
2008). Gli effetti benefici di questa somministrazione sono inibiti dalla
somministrazione dei bloccanti dei canali mito-KATP, confermando così che
l’attivazione di questi canali ionici è profondamente coinvolta nell’azione
cardioprotettiva esercitata dal solfuro di idrogeno anche in questo secondo
meccanismo (Ji et al. 2008).
Tutte queste azioni benefiche sono dovute ad una ridotta concentrazione di
solfuro di idrogeno; concentrazioni superiori portano ad un “avvelenamento”
cardiaco e il danno che ne deriva non è legato soltanto ad una anossia locale,
ma anche ad una tossicità selettiva sul miocardio (Amino et al. 2009).
53 |
Capitolo 1 - Introduzione
1.10 Donatori di solfuro di idrogeno
Da quanto detto finora appare chiaro che un importante campo verso cui si
sta orientano attualmente la ricerca farmacologica riguarda la possibilità di
trovare sostanze in grado di rilasciare solfuro di idrogeno.
La somministrazione di tale gas è infatti altamente limitata in quanto è
difficile garantire un accurato controllo della posologia e dunque è reale il
rischi di andare incontro ad overdose (con le drammatiche conseguenze
legate alla tossicità di H2S viste in precedenza). Per queste ragioni, l’utilizzo
di composti in grado di rilasciare H2S sembra rappresentare la strategia più
conveniente ed avvincente (Martelli et al 2010).
I primi tentativi di utilizzare il solfuro di idrogeno quale agente farmacologico
hanno visto l’impiego di sali; infatti i sali di HS- e S2- possono essere
considerati agenti in grado di generare H2S in soluzione acquosa. NaHS
rappresenta il tipico esempio di questi agenti; in soluzione acquosa è in grado
di garantire un rapido rilascio di H2S e dunque trova largo impiego nella
pratica sperimentale. Tuttavia, anche i sali non sono utilizzabili nella pratica
clinica in quanto il rapido rilascio di H2S può causare effetti avversi, come una
riduzione pronunciata della pressione sanguigna. Si è provato ad utilizzare
un altro sale CaS, quale possibile alternativa di NaHS; tuttavia la quantità e il
meccanismo con cui viene rilasciato H2S dai due sali è più o meno il
medesimo (Li et al. 2009).
A livello ideale, un ottimo donatore di H2S utilizzabile in terapia, dovrebbe
poter liberare questo gas con un lento rilascio (Caliendo et al. 2010). Questa
caratteristica farmacologica sembra essere esibita da alcuni derivati naturali
contenuti nell’aglio. Gli effetti benefici che tale sostanza esercita a livello
cardiovascolare sono noti già da tempo; benché infatti il meccanismo di
azione fosse ancora da chiarire, la consumazione di aglio era associata a una
significativa riduzione dei fattori di rischio quali ipercolesterolemia, stress
ossidativo, ipertensione, iperaggregazione piastrinica (Banerjee and Maulik
2002). Articoli recenti hanno fatto sì che gli effetti positivi che questa
sostanza esercita sul sistema cardiovascolare vengono ricondotti alle
54 |
Capitolo 1 - Introduzione
proprietà biofarmacolgiche di H2S. Uno dei costituenti dell’aglio è alliina, un
amminoacido contenente un gruppo solfossido, da cui si formano i polisolfuri
allilici. Andando a schiacciare uno spicchio d’aglio, si ha l’attivazione
dell’enzima alliinasi che converte l’alliina in allicina. Questa a sua volta si
decompone spontaneamente a dare composti più stabili quali disolfuro e
trisolfuro di allile (Amagase 2006). Affinchè tali composti possano liberare
H2S è necessario l’intervento di tioli endogeni: uno tra essi è il glutatione
(GSH). Risulta quindi chiaro come questo meccanismo di rilascio di H2S
necessiti la presenza di un quantitativo adeguato di GSH ridotto. Esso dunque
necessita di un efficiente percorso metabolico in grado di assicurare livelli
sufficienti di tale sostanza (Benavides et al. 2007).
O
COOH
S
S
NH2
S
Alliina
S
Trisolfuro di allile
Alliinasi
O
Disolfuro di allile
S
S
S
S
Allicina
GSH
Spontaneo
GSH
G
+ H2S
S
S
HS
S
Figura 19: Struttura del costituente dell’aglio aliina; formazione del suo derivato
alliicina mediante l’enzima alliinasi e conversione spontanea di questo prodotto nei
polisolfuri allilici più stabili
Oltre a questi composti naturali, ne sono stati sintetizzati altri in grado di
rilasciare H2S con le caratteristiche sopracitate. Uno di questi è GYY 4137 un
55 |
Capitolo 1 - Introduzione
ditiofosfino derivato della morfolina. Questo composto si comporta come un
lento donatore di H2S, in grado di rilasciare questo gas spontaneamente in
soluzione acquosa a livelli fisiologici di pH e di temperatura. In particolare, se
incubato in buffer ad un pH 7.4 e alla temperatura di 37°C, produce un
costante e lento rilascio di H2S. per quanto riguarda la sua farmacodinamica,
esso induce un rilassamento quasi totale della muscolatura liscia vascolare in
anelli di aorta di ratto precontratti con fenilefrina (Li et al. 2008).
Oltre a GYY, anche un altro derivato organosforico solforato viene utilizzato
in alcuni protocolli sperimentali sui donatori di H2S: il reagente di Lawesson.
È stato dimostrato che questo composto accelera la guarigione di ulcera
gastrica indotta da acido acetico nei ratti (Wallace et al. 2007) e protegge la
mucosa gastrica dal danno indotto da etanolo. Entrambi questi meccanismi
sono strettamente correlati con una attivazone dei canali KATP (Medeiros er
al. 2009).
S
S-
P
+
H2N
O
N
MeO
O
GYY 4137
S
P
S
MeO
S
OMe
P
S
Reagente di Lawesson
Figura 20: Struttura chimica dei due composti di sintesi donatori di H2S
Attualmente la ricerca sta dirigendosi verso la creazione di farmaci ibridi
ovvero farmaci contenenti gruppi farmacoforici diversi, coniugati all’interno
56 |
Capitolo 1 - Introduzione
della stessa molecola. Farmaci di questo tipo, in grado di rilasciare NO, sono
già presenti e vengono utilizzati in associazione con altri farmaci
convenzionali (Martelli et al. 2009).
H2S ha un meccanismo d’azione differente rispetto a NO, ma possiede anche
effetto patofisiologici che lo accomunano (quali vasodilatazione, attività
antipiastrinica
e
la
cardioprotezione
nell’IPC).
Di
conseguenza
la
progettazione di farmaci ibridi in grado di rilasciare H2S rappresenta un
interessante campo di ricerca (Martelli et al. 2010).
57 |
Capitolo 2 - Scopo della ricerca
CAPITOLO 2
Scopo della ricerca
Questo lavoro di tesi è stato finalizzato allo studio degli effetti di potenziali
donatori di H2S sul danno da anossia-riperfusione (A/R) subito da
cardiomioblasti. Inoltre, sono stati valutati gli effetti esercitati da una fonte
esogena di tale gas (NaHS) in presenza di bloccanti di canali KATP, Kv (più o
meno selettivi) ed hERG, al fine di individuare se, ed eventualmente in che
misura, siano coinvolti nella cardioprotezione indotta da H2S.
Gli esperimenti sono stati condotti su colture cellulari di H9c2
(cardiomioblasti di ratto, le quali sono state sottoposte ad un insulto da
ischemia/riperfusione (mimate sottoponendo la piastra prima ad un flusso di
diazocarb per 16 ore, quindi ad un periodo in cui venivano ripristinate le
condizioni di coltura pre-anossiche per due ore).
Per quanto riguarda le sostanze testate, come riferimento è stato utilizzato
NaHS: esso non rappresenta un vero e proprio donatore di H2S, in quanto è
esso stesso H2S nella sua forma salificata. È in grado di garantire un rilascio
ampio (circa il 20% della concentrazione somministrata) e rapido del gas alle
condizioni di temperatura e pH fisiologiche. Pertanto il meccanismo di
rilascio è legato al pH e risulta indipendente dal substrato.
Per quello che concerne i bloccanti, sono stati utilizzati antagonisti di diversi
canali tra i quali:
•
mito-KATP. Il coinvolgimento dei canali KATP è noto fin dagli anni ’80
quando si è visto che un attivatore degli stessi induceva un effetto
cardioprotettivo. Attualmente in letteratura sono riportati studi che
suggeriscono l’ipotesi che possa essere un tipo particolare di tali
canali ad essere coinvolto in tale meccanismo: i canali mito-KATP. Sono
stati utilizzati quindi bloccanti di questi canali in modo da identificare
in che misura essi siano coinvolti in un meccanismo cardioprotettivo
correlabile con la somministrazione di una fonte esogena di H2S. In
58 |
Capitolo 2 - Scopo della ricerca
particolare è stato utilizzato un bloccante selettivo di tali canali: 5-HD
(sale sodico dell’acido 5-idrossidecanoico) alla concentrazione di 10
µM.
Me
MeOOC
Figura 21: Struttura di 5-HD
•
Kv. Da esperimenti condotti in questo laboratorio su altre linee
cellulari (HASMC), si è visto che questi canali, ed in particolar modo la
sottofamiglia 7, sono coinvolti nel meccanismo di iperpolarizzazione e
vasorilasciamento indotto dalla somministrazione esogena di una
fonte di H2S. Da qui si è resa opportuna un ulteriore studio che
tendesse a valutare se essi potessero intervenire anche nella
cardioprotezione indotta da questa stessa sostanza. Sono stati dunque
testati due bloccanti:
1. Linopirdina;
2. XE-991 (10,10-bis (4-piridinilmetil) – 9(10H) - antracenone
dicloridrato) , un bloccante altamente selettivo e potente di
questi canali.
Entrambi sono stati testati alla concentrazione di 10 µM.
O
N
O
N
N
N
N
Linopirdina
XE-991
Figura 22: struttura di Linopridina e XE-991
59 |
Capitolo 2 - Scopo della ricerca
•
hERG. Sono un altro tipo di canali del potassio voltaggio dipendenti,
già noti per la loro implicazione nella regolazione dell’attività elettrica
cardiaca. Per valutare il loro possibile coinvolgimento è stata
somministrata una fonte esogena di H2S con un bloccante di tali
canali: E-4031 (N-[4-[1-[2-(6-Methylpyridin-2-yl)ethyl]piperidine–4carbonyl] phenyl]), alla concentrazione di 10 µM.
O
O
O
N
S
N
N
H
Figura 23: Struttura di E-4031
Al fine inoltre di poter disporre di una cinetica di rilascio di H2S
maggiormente controllata, auspicabile per un futuro impiego terapeutico,
sono stati testati sia prodotti commerciali (in particolare DADS vedi par.
1.10) che di nuova sintesi (i quali sono stati sintetizzati presso il
Laboratorio di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Pisa). Queste
ultime sostanze fanno parte di un progetto di ricerca della regione
toscana “Programma per la ricerca regionale in materia di salute 2009”
per la quale è necessaria la riservatezza della formula. Tali composti sono
indicati in questa tesi sperimentale con le sigle : SM24, SM30, SM39, IS176.
60 |
Capitolo 3 – Materiali e metodi
CAPITOLO 3
Materiali e metodi.
3.1 Materiali
3.1.1 Colture cellulari.
La linea cellulare utilizzata in queste procedure sperimentali è quella dei
cardiomioblasti di ratto H9c2 (American Type Culture Collection, Rockville,
MA, USA); esse crescono in adesione cioè aderendo al fondo della fiasca,
assumono un aspetto allungato cosiddetto “ad occhio di pernice” ed hanno un
tempo di replicazione di 24-36 ore. Queste cellule vengono conservate in
dewar, contenenti azoto liquido, all’interno di criotubi. Il mezzo di
congelamento risulta costituito dal mezzo base di coltura e da DMSO
(dimetilsolfossido) al 10% quale criopreservante: esso infatti riduce la
dimensione dei cristalli che si formano tra le cellule nel congelamento.
Figura 24: Immagine delle cellule H9c2.
61 |
Capitolo 3 – Materiali e metodi
3.1.2 Mezzi di coltura
Per questo esperimento si vanno ad utilizzare due tipi di mezzo di coltura, i
quali differiscono per la concentrazione di glucosio. Infatti le cellule vengono
mantenute in coltura utilizzando un terreno caratterizzato da DMEM
(Dulbecco’s Modified Eagle Medium) ad alta concentrazione di glucosio
(4500 mg/l) contenente L-glutammina (2mM), sodio piruvato e sodio
bicarbonato. A tale mezzo si vanno poi ad aggiungere:
•
FBS (Fetal Bovine Serum) al 10% ovvero un fattore di crescita
cellulare;
•
Una miscela costituita da Penicillina (50 UI/mL) e Streptomicina (50
µg/mL) all’1% per impedire la contaminazione batterica del mezzo
stesso.
Tutti questi composti provengono da Sigma Aldrich.
Per quanto riguarda il mezzo utilizzato durante l’insulto anossico si tratta
sempre di DMEM ma a bassa concentrazione di glucosio (1000 mg/l) al quale
si va ad addizionare soltanto la miscela dei due antibiotici. Questo
procedimento è necessario per mimare al meglio le condizioni dell’evento
ischemico durante il quale si ha non solo un ridotto apporto di ossigeno alle
cellule miocardiche ma anche, in virtù di un minore apporto sanguigno, una
riduzione delle sostanze nutritive che raggiungono queste cellule.
3.1.3 Sostanze utilizzate
I composti utilizzati per la valutazione dell’attività cardioprotettiva antiischemica possono essere suddivisi in sostanze originali di nuova sintesi e
prodotti di origine commerciale.
Come sostanze di riferimento sono stati utilizzati prima il Diazossido, quale
attivatore dei canali mito-KATP, e poi NaHS (idrosolfuro di sodio) (SigmaAldrich), quale donatore di H2S e potenziale attivatore di canali ionici del K+.
62 |
Capitolo 3 – Materiali e metodi
Sono stati poi utilizzati dei bloccanti più o meno selettivi in associazione a
NaHS stesso:
•
5-HD (sale sodico dell’acido 5-idrossidecanoico) (Sigma-Aldrich) il
quale è un bloccante selettivo dei canali mito-KATP.
•
Linopirdine cloridrato (Tocris), un bloccante dei canali Kv7;
•
XE-991 cloridrato (Tocris), un bloccante altamente selettivo e potente
dei canali di tipo Kv7;
•
E-4031, un bloccante dei canali del potassio del tipo hERG.
Un polisolfuro derivante dall’aglio (vedi par. 1.10):
DADS (disolfuro di allile)
Per quello che riguarda le sostanze di nuova sintesi si hanno sostanze
sintetizzate presso il dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università
di Pisa
IS 176
SM24
SM30
SM39
3.1.4. Soluzioni delle sostanze utilizzate
Le soluzioni delle sostanze utilizzate sono state ottenute come segue: NaHS
madre in DMSO 200 mM e successiva diluizione sia nel mezzo di coltura che
in quello anossico, al fine di ottenere un mezzo medicato composto da mezzo
di coltura contenente una concentrazione di NaHS pari a 100 µM.
DADS: madre in DMSO 2M, dalla quale si ricavano due diluizioni 1:10 e 1:100
in DMSO. La madre iniziale e queste due successive aliquote vengono poi
diluite in mezzo di coltura e mezzo anossico al fine di ottenere un mezzo
medicato contenente una concentrazione di tali sostanze di 1 mM, 100 µM e
10 µM. Inoltre si è realizzata una madre in DMSO 600 mM; diluita 1:3 con
63 |
Capitolo 3 – Materiali e metodi
DMSO e successiva diluizione in mezzo di coltura e mezzo anossico medicati
per raggiungere la concentrazione finale di 300 µM. Come visto nel par. 1.10,
per la formazione di solfuro di idrogeno a partire dal DADS è necessario
l’intervento di gruppi tiolici, ad esempio il GSH. Tuttavia, affinchè esso possa
agire, deve trovarsi nella sua forma ridotta; è quindi chiaro che i meccanismi
red-ox dell’organismo devono essere efficienti. Durante l’evento ischemico
questo non è assicurato. Si è dunque andati a somministrare, insieme al
DADS, un eccesso di cisteina, che potesse andare a svolgere la medesima
azione del GSH. Questa sostanza è quindi stata sperimentata alle
concentrazioni sovracitate in associazione con un eccesso (4mM) di cys.
Per quello che riguarda IS-176 il procedimento è analogo a quanto detto per
DADS.
Derivati tiofenici (SM24, SM30, SM39) madre in DMSO 2 M dalla quale si
ricavano due diluizioni 1:10 e 1:100 in DMSO. La madre iniziale e queste due
successive aliquote vengono poi diluite nel mezzo di coltura e nel mezzo
anossico al fine di ottenere un mezzo medicato contenente un concentrazione
di tali sostanze 1mM, 100 µM e 10 µM.
3.2 Metodiche sperimentali
3.2.1 Preparazione all’esperimento
Affinchè gli esperimenti siano il più possibile riproducibili è necessario
attenersi a delle metodiche sperimentali validate e ripetibili. Inoltre tutte le
fasi dell’esperimento devono essere svolte sotto cappe a flusso laminare che
garantiscono la sterilità dell’ambiente in modo da ridurre al minimo il rischio
di contaminazione; si devono inoltre utilizzare degli strumenti monouso
oppure strumenti asettici i quali hanno subito un processo di sterilizzazione e
vengono poi mantenuti sotto cappa.
L’esperimento si compone di tre fasi principali.
64 |
Capitolo 3 – Materiali e metodi
La prima fase è quella dello scongelamento durante la quale le cellule
vengono prelevate dall’azoto liquido e poste in delle fiasche ove possono
replicarsi. La seconda fase ha inizio quando le cellule hanno raggiunto nella
fiasca la semiconfluenza (significa che almeno l’80 % del fondo della fiasca è
ricoperto dalla cellule che vi hanno aderito). Questa fase prende il nome di
piastratura. Una volta che le cellule sono state messe nella piastra è
necessario aspettare 24 ore affinchè queste possano aderire al fondo dei
pozzetti. Al termine di queste 24 ore è possibile iniziare l’esperimento vero e
proprio.
3.2.2.Scongelamento
Lo scongelamento deve essere un processo rapido perchè il DMSO contenuto
nel mezzo di congelamento è un ottimo criopreservante mentre a
temperatura ambiente danneggia le cellule. Il criotubo viene rimosso dal
dewar ed immesso in ghiaccio; quindi viene riscaldato a bagnomaria a 37°
fintanto che il suo contenuto non è completamente liquido. Quindi il
contenuto del criotubo viene immesso in una falcon ed addizionato con 5-6
mL di mezzo di coltura, preventivamente riscaldato a bagnomaria,
mantenendo la falcon in continua agitazione. Quindi si va a centrifugare la
falcon a 1100 rpm per 5 minuti. Si va ad eliminare il surnatante e si disperde
il pellet in 3-4 mL di mezzo di coltura fresco. Si aspira quindi il contenuto
della falcon e si immette in una fiasca T75. Questa viene poi posta all’interno
di un incubatore e mantenuta ad una temperatura di 37° e in aria contenente
CO2 al 5%.
3.2.3 Piastratura
La piastratura è un processo che ci permette di ottenere un numero stabilito
di cellule all’interno di vari pozzetti di una piastra. Ciascuno di questi pozzetti
65 |
Capitolo 3 – Materiali e metodi
verrà trattato con delle sostanze farmacologiche e dunque potremo andare a
fare dei confronti sulla vitalità delle cellule contenute nei vari pozzetti.
Per questo tipo di esperimento si utilizzano delle multiwell da 96 pozzetti in
plastica trasparente.
Come già anticipato, la piastratura ha inizio quando le cellule nella fiasca
hanno raggiunto la semiconfluenza. Le cellule vengono staccate dal fondo
della fisca mediante l’aggiunta di una soluzione di tripsina/EDTA. La tripsina
è un enzima in grado di degradare le membrane e fa sì che le cellule si
possano staccare dal fondo della piastra. Immesso tale enzima la fiasca viene
riposta in incubatore per 1 minuto. Quindi si vanno ad aggiungere 7-8 mL di
mezzo di coltura per neutralizzare l’azione della tripsina che andrà quindi ad
attaccare le proteine del mezzo in modo da impedire la degradazione delle
membrane cellulari. Se la tripsina viene mantenuta per troppo tempo c’è il
rischio che si abbia la formazione di “cluster”, ovvero degli agglomerati
cellulari in cui si ha la parziale fusione delle membrane. A questo punto si
procede con la conta cellulare; un quantitativo minimo della sospensione
cellulare verrà posto all’interno della camera di Burker, ove verrà effettuata
la conta cellulare.
Ogni quadratino della camera di Burke contiene un volume di 0.1 µl; il
numero di cellule contate in tale quadratino viene moltiplicato per il volume
della sospensione cellulare e si ottiene il numero totale di cellule. Si imposta
poi una proporzione tra il numero delle cellule totali e quelle che
desideriamo piastrare, che ci permetterà di definire il quantitativo
volumetrico di sospensione cellulare da prelevare; tale volume viene poi
diluito in un quantitativo definito di mezzo di coltura (dipendente dal
numero di pozzetti che si vogliono piastrare), in modo che in ogni pozzetto
siano contenuti 100 µl. Quindi, alla fine, ogni pozzetto conterrà un volume di
100 µl nel quale saranno contenute circa 4000 cellule.
66 |
Capitolo 3 – Materiali e metodi
3.2.4 Esperimento
Per l’esperimento si utilizzano due piastre: una piastra non sottoposta
all’insulto ischemico, e una piastra chiamata N2 sottoposta ad anossia. In
entrambe le piastre vengono posti sia la stessa quantità di cellule che lo
stesso tipo di trattamenti farmacologici: questo ci permetterà di determinare
la vitalità delle cellule sottoposte ad ischemia rispetto alle altre e anche di
vedere se, ed eventualmente in che misura, i trattamenti farmacologici vanno
ad influire anche sulla vitalità delle cellule non ischemiche.
A tal fine quindi, si vanno a sciogliere i composti di interesse nel mezzo (che
sarà mezzo di coltura per la piastra normossica e mezzo anossico per la
piastra sottoposta ad anossia), dopodichè si pongono 100µL di questi mezzi
medicati nei pozzetti e si rimettono ad incubare entrambe le piastre in
ambiente ossigenato e termostato per un’ora. Nel caso in cui invece si
volessero testare dei bloccanti dei canali allora il bloccante viene incubato
preventivamente per 20 minuti nel mezzo di coltura, dopodichè si rimuove
tale mezzo e si immette nuovamente il bloccante e quindi il mezzo medicato
contenente la sostanza in esame.
Dopo un’ora di incubazione si preleva la piastra sottoposta ad insulto
anossico e la si sottopone ad ischemia per 16 ore.
Al termine di questo periodo si rimuove il mezzo medicato sia dalla piastra
sottoposta ad ischemia che da quella sottoposta a normossia e si immettono
100 µl di mezzo di coltura in entrambe le piastre le quali vengono poi rimesse
ad incubare in ambiente ossigenato e termostatato per 2 ore. Al termine di
questo periodo definito di riossigenazione (che va a mimare il danno da
riperfusione) si va ad immettere il reagente WST-1 (Water Solubile
Tetrazolium, Roche, Mannheim,Germay) in ogni pozzetto in rapporto
volumetrico 1:11 (10 µl di WST-1 in 100 µl di mezzo di coltura). Si vanno
quindi ad effettuare due letture in assorbanza 450 nm 1.0 sec dopo 30 minuti
e dopo 1 ora (vedi par. 3.2.6)
67 |
Capitolo 3 – Materiali e metodi
3.2.5 Protocollo ischemico
Durante questa tesi è stato migliorato il protocollo ischemico in modo da
renderlo maggiormente riproducibile. Per realizzare le condizioni di anossia
la piastra viene posta all’interno di un essiccatore collegato, mediante un
rubinetto a doppia entrata, con:
•
Una pompa a vuoto;
•
Una pompa che insuffla una miscela di diazocarb (formata al 95% da
N2 e al 5% da O2)
In questa tesi all’interno dell’essiccatore è stato posto anche un barometro:
questo permette di valutare la pressione all’interno dell’essiccatore stesso.
Sono stati realizzati quindi 10 cicli ripetuti di vuoto/diazocarb in modo da
raggiungere sempre determinate pressioni (450 mmHg/ 100 mmHg). La
ripetizione di questi cicli permette di avere una riduzione costante
dell’ossigeno contenuto all’interno dell’essiccatore ed è ragionevole supporre
che alla fine di tale processo la quantità di ossigeno ancora presente non sia
significativamente rilevante. Aggiungere il barometro permette di realizzare
condizioni sperimentali estremamente ripetibili.
3.2.6 WST-1
WST-1 è un sale di tetrazolio di colore rosa pallido che viene convertito da
parte delle cellule vitali in sale di formazano solubile colorato in rosso
intenso. Questa formazione avviene ad opera di un complesso meccanismo a
livello della superficie cellulare che è strettamente dipendente dalla
formazione glicolitica di NADH e NADPH nelle cellule vitali ad opera delle
deidrogenasi mitocondriali. Pertanto la quantità di sale di formazano che si
forma
è
direttamente
proporzionale
alla
quantità
delle
cellule
metabolicamente attive.
68 |
Capitolo 3 – Materiali e metodi
Riduzione ad opera
della deidrogenasi
cellulare
Figura 25: Conversione del substrato WST-1 in sale di formazano solubile
3.2.7 Analisi dei dati
L’assorbanza è stata misurata ad una lunghezza d’onda di 450 nm mediante
un lettore di micropiastre (Wallac3, PerkinElmer, Wellesley, USA). La vitalità
cellulare è stata calcolata come percentuale di assorbanza esibita dalle cellule
sottoposte ad insulto anossico rispetto alle cellule di controllo in condizioni
di normossia (a ciascun dato è stato precedentemente sottratto il proprio
bianco ovvero l’assorbanza data dalla reazione del WST-1 con il mezzo). I
valori sono poi stati espressi come media ± errore standard (GraphPad Prism
4.0, San Diego, CA, USA). Per la successiva analisi statistica si è utilizzato
ANOVA a una via, seguito da post-test di Dunnet. Un livello di p<0.05 è stato
assunto come limite di significatività statistica.
69 |
Capitolo 4 – Risultati e discussioni
CAPITOLO 4
Risultati e discussione
H2S rappresenta un mediatore importante a livello cardiovascolare; esso è,
infatti, ampiamente descritto in letteratura come uno degli attori principali
dei processi cardioprotettivi endogeni. Conseguentemente, agenti in grado di
rilasciarlo possono risultare potenziali farmaci per il trattamento di
alterazioni associabili ad una patologia legata ad ischemia miocardica.
Il lavoro di tesi intrapreso è stato dunque finalizzato ad una valutazione di
una possibile azione protettiva di H2S esogeno in un modello sperimentale di
cardiomioblasti di ratto H9c2.
La somministrazione di NaHS (“donatore” rapido di H2S) alle concentrazioni
di 10µM e 30µM non ha prodotto effetti protettivi sui cardiomioblasti dal
successivo insulto da A/R. Viceversa, la concentrazione di 100µM ha portato
ad una pressoché totale preservazione delle cellule H9c2 da tale insulto.
70 |
Capitolo 4 – Risultati e discussioni
Vitalità cellulare %
150
100
50
VE
IC
O
LO
O
2
VE
IC
O
LO
N
2
N
aH
S
10
0µ
M
N
aH
S
30
µM
N
aH
S
10
µM
0
Grafico 1: Effetti sulla vitalità cellulare di diverse concentrazioni di NaHS.
La evidente mancanza di correlazione tra concentrazione e risposta, peraltro
già osservata in altri modelli sperimentali non relativi a questa tesi, potrebbe
essere spiegata mediante diverse ipotesi:
• Una prima spiegazione potrebbe essere riconducibile alle proprietà di
H2S donor di NaHS stesso. Tale sostanza è infatti ampiamente
utilizzata in letteratura in questa ottica. Tuttavia è improprio
considerarla un H2S-donors in quanto HS- è una forma dissociata di
H2S e la formazione della specie indissociata è pressoché istantanea
una volta in soluzione; essa è infatti legata ad un processo di
protonazione ed è dunque strettamente correlata a pH e temperatura.
• Una seconda ipotesi potrebbe, invece, essere correlata con un aspetto
farmacodinamico. È infatti possibile che la modalità di azione
farmacologica di H2S veda la presenza di una soglia del tipo “tutto o
nulla” per cui al superamento di tale soglia si osserva già un effetto
massimale mentre al di sotto della stessa non si evidenzia alcuna
azione della sostanza.
71 |
Capitolo 4 – Risultati e discussioni
Lo studio è stato poi esteso ad altri donatori di H2S che possono più
propriamente essere definiti come tali in quanto presentano una cinetica
di rilascio più lenta, controllata nel tempo. Tra questi una delle molecole
di riferimento è il DADS. Esso è un polisolfuro allilico che si forma a
partire dall’aglio e che, in presenza di gruppi tiolici, è in grado di rilasciare
H2S (Benavides et al. 2007).
Vitalità cellulare %
100
50
µM
S
A
D
D
S
A
D
D
10
10
0
µM
1m
M
D
A
D
S
LO
IC
O
VE
VE
IC
O
LO
O
2
N
2
0
Grafico 2: Effetti delle concentrazioni di DADS sulla vitalità cellulare.
Le concentrazioni 10µM e 100µM non hanno prodotto alcun effetto
protettivo
sui
cardiomioblasti
esposti
all’insulto
da
A/R.
La
concentrazione massima testata, 1mM, ha addirittura apportato un
decremento della vitalità (che comunque non raggiunge i limiti di
significatività statistica). Tale effetto potrebbe essere spiegato con il
manifestarsi di possibili effetti citotossici, improbabilmente correlati a
H2S (infatti anche la concentrazione di DADS 1mM libera un quantitativo
di H2S nell’ordine del basso micro molare), ma piuttosto sono imputabili,
probabilmente, ad un meccanismo d’azione H2S-indipendente. In effetti, la
72 |
Capitolo 4 – Risultati e discussioni
presenza di meccanismi farmacodinamici del DADS indipendenti da H2S è
stato osservata anche in altri modelli sperimentali.
La valutazione dell’attività protettiva è stata quindi estesa a molecole di
nuova sintesi, disegnate e progettate come H2S-donors con lenta cinetica
di rilascio: IS-176, SM24, SM30 e SM39.
Vitalità cellulare %
100
50
6
µM
24
10
0
µM
10
1m
M
IS
SM
-1
7
IS
-1
VE
VE
76
N
IC
O
LO
O
LO
IC
2
O
2
0
Vitalità cellulare %
100
50
10
µ
M
µ
M
SM
39
10
SM
30
30
10
0
µ
M
1m
M
SM
SM
30
O
IC
VE
VE
IC
O
LO
LO
O
N
2
2
0
Grafici 3 e 4: Effetti sulla vitalità cellulare delle sostanze di nuova sintesi a diverse
concentrazioni.
73 |
Capitolo 4 – Risultati e discussioni
Nessuna di queste molecole ha prodotto una significativa attività
protettiva, sebbene in certi casi si possa osservare una certa tendenza
all’incremento di vitalità cellulare. Tale risultato sembra suggerire che, al
fine di conferire ai miocardiociti una protezione nei confronti del danno
da A/R, sia preferibile agli H2S donors “lenti” un agente farmacologico in
grado di fornire rapidamente e massivamente H2S, come NaHS.
Per quanto riguarda i dati protettivi esercitati da NaHS, essi forniscono
una importante indicazione meccanicistica. Esistono infatti convincenti
evidenze sperimentali che testimoniano gli effetti anti ischemici di H2S in
diversi modelli sperimentali di A/R, condotti in vivo (ad esempio ischemia
acuta miocardica mediante legatura coronarica) e su organo isolato (ad
esempio cuore perfuso con metodica Langendorff, sottoposti a cicli di
ischemia/riperfusione). È importante tuttavia notare che, in tali metodi
sperimentali, gli effetti protettivi possono risultare dalla concomitanza di
effetti esercitati da H2S a più livelli, e quindi anche a livello extracardiaco.
Ad esempio, i noti effetti vascolari diretti di H2S, e la sua capacità di
innescare e/o potenziare meccanismi nitrergici correlati alla liberazione
di NO endoteliale possono chiaramente contribuire alla promozione di
effetti cardioprotettivi. Il riscontro di effetti protettivi sul modello
cellulare utilizzato in questo lavoro sperimentale ovviamente non esclude
la pur probabile presenza di meccanismi extracardiaci, ma dimostra
inequivocabilmente che l’azione protettiva di H2S deve fondarsi anche su
meccanismi d’azione che transitano attraverso target molecolari
intrinseci a livello del cardiomiocita.
Pertanto, gli effetti protettivi osservati per NaHS sono stati oggetto di
ulteriore indagine farmacodinamica, finalizzata alla identificazione del
target molecolare responsabile dell’effetto.
Il bloccante selettivo dei canali mito-KATP, 5-HD, ha ridotto in modo
modestissimo e non significativo gli effetti protettivi di NaHS. Pertanto, il
ruolo di attivatore di tali canali diffusamente attribuito a H2S non è
74 |
Capitolo 4 – Risultati e discussioni
responsabile (o non è il solo responsabile) dell’azione protettiva, che deve
essere quindi ricondotta ad altre cause.
Recenti acquisizioni sperimentali emerse nel nostro laboratorio, hanno
permesso di dimostrare che H2S agisce come attivatore di una classe di
canali del potassio di fondamentale importanza nel mantenimento
dell’omeostasi cardiocircolatoria: i canali voltaggio operati Kv7 (Martelli
et al. 2011b). Alla luce di tale dato, la valutazione del possibile
coinvolgimento di tali canali nell’azione di H2S sulle cellule H9c2 è stata
valutata mediante l’impiego di bloccanti specifici:
•
XE-991;
•
Linopirdina.
La somministrazione di XE-991, analogamente da quanto mostrato da 5-HD,
ha causato una trascurabile e non significativa riduzione degli effetti di H2S.
Invece, Linopirdina ha mostrato un profilo assolutamente imprevedibile,
portando ad un modesto potenziamento dell’azione di NaHS, probabilmente
riconducibile a meccanismi ancillari, indipendenti dalla sua azione bloccante
dei Kv7..
Trascurabile è stato anche l’effetto di E-4031, un bloccante di un altro tipo di
importanti canali del potassio cardiaci, i canali hERG, indicando dunque una
estraneità di questi canali.
La co-somministrazione di 5-HD/XE-991 ha portato, invece, ad una più
marcata riduzione degli effetti protettivi di NaHS. Tale dato suggerisce
pertanto che la azione protettiva di NaHS stesso sul danno da A/R nei
cardiomioblasti di H9c2 sia probabilmente da attribuire ad una concomitante
influenza legata all’attivazione sia di canali KATP espressi a livello
mitocondriale, che di canali Kv7, la cui collocazione è tutt’ora oggetto di
studio.
75 |
O
VE LO
aH
O
IC
2
O
S
LO
10
N
N
N
a
0µ
aH aH
H
N
S
2
S
M
S
+ 5 10
10 10
0
-H
0µ 0 µ
N
D µM
M
M
aH
+
10
+
X
S1
LI
N
E
a
N
-9 0 µ M
00
H
O
P I 91
µM S 1
10
R
0
+5
D
0µ
µM
IN
-H
M
A
D
+
10
1
E
0 µ - 40 0 µ M
3
M
+X 1 1
E9 0 µ
91 M
10
µM
N
VE
IC
Vitalità Cellulare %
Capitolo 4 – Risultati e discussioni
150
100
50
0
Grafico 5: Effetti sulla vitalità cellulare della somministrazione di NaHS e bloccanti di
vari tipi di canali del potassio.
76 |
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