matematica per economia

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Begg, Vernasca, Fischer, Dornbusch – Economia 5e
978-88-386-6835-7
© 2014 McGraw-Hill Education (Italy) srl
MATEMATICA PER ECONOMIA
di Angela Besana
La presente sezione di Economia 2014 è dedicata alla matematica, nelle sue parti generali ed
applicative ai contenuti specifici dei capitoli. In parte si è attinto dagli stessi approfondimenti (box)
che gli autori dell’edizione UK adottano. In parte si sono sviluppati approcci, esempi ed esercizi in
autonomia, in ragione dell’attività didattica tipica di un corso di Fondamenti di Economia.
Anche in questa parte tornano riferimenti alla crisi, soprattutto, negli esempi di
MACROECONOMIA.
1
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MICROECONOMIA
1. EQUILIBRIO DI MERCATO CON DOMANDA ED OFFERTA LINEARI
La domanda in funzione del prezzo del bene o servizio, a parità di tutto il resto (numero dei
consumatori, reddito degli stessi, prezzo del bene sostituto o complementare, ecc.), è la domanda
diretta e si può scrivere nel modo seguente:
QD = a – bP
(1)
QD indica la quantità domandata, P il prezzo mentre a e b sono due termini positivi. L’equazione
(1) descrive una relazione inversa tra quantità domandata e prezzo.
Simmetricamente si può scrivere l’offerta in funzione del prezzo, a parità di tutto il resto (numero
degli offerenti, costi di produzione, tecnologie, ecc.) nel modo seguente:
QS = c + dP
(2)
QS indica la quantità offerta, mentre c e d sono due termini positivi. d è, in particolare, una costante
positive. L’equazione implica una relazione positiva tra quantità offerta e prezzo. c può essere
positivo o negativo
Mettendo a sistema le due equazioni si eguaglia quantità domandata a quantità offerta, la
condizione di equilibrio del mercato:
QD = QS
Segue che:
a − bP = c + dP
(3)
Risolvendo la (3) per il prezzo P:
dP + bP = a − c
⇒ P (b + d ) = a − c
(a − c )
⇒ P* =
(b + d )
P* è il prezzo di equilibrio per una quantità domandata pari a quella offerta, cioè la quantità di
equilibrio.
Per trovare questa quantità, basta sostituire la soluzione letterale di P* nella funzione di domanda o
in quella di offerta. Qui, si sceglie la domanda:
(a − c )
QD = a − b
(b + d )
a ( b + d ) − b( a − c )
(b + d )
ba + da − ba − bc
⇒ QD =
(b + d )
bc + da
⇒ Q* =
(b + d )
La condizione di equilibrio del mercato si può quindi riassumere per P* e Q* come sopra calcolate:
⇒ QD =
2
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bc + da
(a − c )
and Q* =
(b + d )
(b + d )
Per la rappresentazione grafica di domanda ed offerta, in funzione del prezzo, misurabile sull’asse
verticale (o delle ordinate), la domanda può essere riscritta come:
a 1
P = − QD
(4)
b b
P* =
L’offerta può essere, altresì, riscritta come:
P* = −
c 1 S
+ Q
d d
(5)
Esempio 1. L’equilibrio di mercato delle innovazioni tecnologiche e gli spostamenti di domanda ed
offerta
The new maker rule
… 3D printing is hot. Some firms are already using the technology, which is also known
as additive manufacturing because it involves building up material layer by layer. It
can be used to make such things as prototype cars, hearing aids, customised dolls and
medical implants…
The Economist, November 24th 2012.
Nei mercati contemporanei i consumatori sono alla ricerca di prodotti e servizi personalizzati – dal
prodotto manifatturiero al servizio turistico – e il vantaggio competitivo appartiene alle imprese che
sanno sviluppare tecnologie innovative come il 3D printing, hardware e, soprattutto, software che
consentono di ‘stampare in tre dimensioni’ prodotti personalizzati come impianti/protesi medicali,
bambole coerenti con le culture e le tradizioni di diverse latitudini, autovetture di determinato
design e, insomma, tutto ciò che può rispondere a design on demand.
Se i grafici cartesiani sono uno strumento intuitivo che l’economista utilizza per interpretare i
fenomeni e le leggi economiche, il mercato del 3D printing si può allora simulare nel grafico
seguente:
Figura 1. L’equilibrio di mercato e lo spostamento della domanda
Prezzo del 3D
OO
DD’
DD
PE’
E’
PE
E
QE
QE’
Quantità domandata ed offerta di 3D
Inizialmente il mercato è in equilibrio in E, per la quantità domandata (DD) e per quella offerta
(OO) che si possono misurare sull’asse orizzontale, QE e per il prezzo che si può misurare sull’asse
verticale, PE. Condizione di equilibrio di mercato: consumatori e produttori scambiano la medesima
quantità ad un medesimo prezzo.
A seguito dell’aumento del numero dei consumatori che necessitano di prodotti personalizzati, la
domanda aumenta. Cioè, si sposta verso destra. A parità di offerta, l’equilibrio passa da E a E’
(QE’,PE’). Si assiste ad un sostanziale aumento sia della quantità che del prezzo di equilibrio del
mercato di 3D.
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…The old rules of manufacturing, such as ‘you must seek economies of scale’ and ‘you
must reduce unit-labour costs’ are being cast aside. New machines can print every item
differently.
The Economist, November 24th 2012.
La produzione, grazie al 3D printing, di beni personalizzati in ragione delle esigenze del
consumatore, non genera economie di scala – il costo medio di produzione dovrebbe diminuire
all’aumentare della produzione, ma così non è -.
L’aumento del costo di produzione per la personalizzazione del prodotto in base alle specifiche
esigenze del consumatore determina uno spostamento verso sinistra dell’offerta, OO’, a significare
un aumento dei costi.
Figura 2. Spostamenti di domanda ed offerta
OO’
OO
Prezzo del 3D
E’’
DD
Il primo equilibrio è in E.
Il secondo equilibrio è in E’, a causa di DD’
Il terzo equilibrio è in E’’, a causa di DD’ e OO’
DD’
E’
E
Quantità domandata ed offerta di 3D
In E’’ la quantità scambiata (di equilibrio) di 3D printing è inferiore a quella scambiata in E e E’. Il
prezzo di equilibrio in E’’ è superiore a quello che caratterizzava l’iniziale equilibrio di mercato E
ed il successivo E’.
Chi ci guadagna dalla tecnologia 3D??? Dipende da quanto sono ampi gli spostamenti di domanda e
di offerta.
Esempio 2. La domanda in funzione non solo del prezzo. La domanda per le applicazioni mobile
La domanda lineare è una semplificazione della realtà. Se si possono stimare le altre variabili da cui
può dipendere la quantità domandata, come ad esempio il prezzo dei beni sostituto o
complementare, si può stimare una funzione di domanda ben più complicata di quella in astratto
prima definita. Stimare relazioni complesse e complicate tra quantità domandata e ‘le altre variabili’
oltre al prezzo del bene o servizio è compito dell’econometria.
Qui si vuole solo fare un esempio!
La domanda per le applicazioni mobile, stimata in base ai dati di Apple App Store e Google
Android Market nel mercato sudcoreano per 23.145 osservazioni, si può di seguito scrivere:
Q = -2.334 − 0.282P + 0.339AppSize + 1.224AppAge – 1.425AppLenght(1)
Q è la quantità domandata di applicazione nel periodo di osservazione, P è il prezzo delle
applicazioni, AppSize è la dimensione delle applicazioni in mega bytes, AppAge è il tempo
trascorso dal lancio dell’applicazione e AppLength è il testo dell’applicazione.
Dal’equazione (1) si deduce che un aumento del prezzo delle applicazioni determina una riduzione,
ceteris paribus, della quantità domandata, confermando la relazione inverse di domanda. La
domanda aumenta all’aumentare della dimensione delle applicazioni e diminuisce all’aumentare
della lunghezza testuale dell’applicazione. Sempre, ceteris paribus.
L’equazione (1) può essere utile ai produttori di applicazioni anche se l’econometria è, prima di
tutto, statistica. Basandosi su osservazioni, campionatura e stime, l’affidabilità dell’equazione
dipende dall’affidabilità dei dati.
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Fonte: rielaborato da Ghose A. and S.P. Han (2012) “Estimating Demand for Mobile Applications”.
2. SURPLUS O RENDITA
Si consideri una funzione lineare di domanda. Il consumatore paga 10 (sterline o euro o dollari o
…) per la quantità 10. 10,10 è anche la condizione di equilibrio. È possibile che il consumatore
fosse disposto a pagare un’unità 19,50 e due unità, 19 ciascuna. Tre unità potevano essere acquistate
a 18 (sterline, …) ciascuna. La Figura 3. mostra la rappresentazione di questa domanda.
Figura 3. Il surplus o rendita del consumatore
Il consumatore sarebbe disposto a pagare 19,5 per la prima unità, ma per questa come per quelle
successive paga 10, prezzo di equilibrio.
Per la prima unità, il consumatore guadagna (non spende) 9,5 e, assieme a questo guadagno (spesa
risparmiata) si aggiungono tutte le cifre eccedenti i 10, prezzo di equilibrio, a rappresentazione del
surplus del consumatore, l’area evidenziata in azzurro nella Figura 3., A+B+C+…
Il surplus è l’area sottostante la domanda di mercato, esattamente tra la domanda di mercato ed il
(livello del) prezzo di equilibrio.
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Figura 4. Il surplus o rendita del produttore
Simmetricamente, si può ragionare per il surplus o rendita del produttore (offerente). Ad un prezzo
pari a 2, il produttore è disposto ad offrire una sola unità del bene. Ad un prezzo pari a 4, è disposto
ad offrire due unità, ciascuna ad un prezzo pari a 4. Il prezzo di equilibrio dalla prima alla decima
unità è, tuttavia, sempre 10.
Sulla prima unità, il venditore registra un surplus di 8=10-2 e sulle seconda di 6=10-4, aree A+B
nella Figura 4. L’area del surplus del produttore sta sopra l’offerta, tra l’offerta e il (livello del)
prezzo di equilibrio.
Esempio 3. Surplus infinito
Nel grafico seguente sono rappresentate la domanda (DD) e l’offerta (SS) dosi di un farmaco
salvavita. Il mercato dei farmaci è spesso amministrato dall’autorità pubblica che interviene
fissando prezzi massimi o tariffe agevolate che rendono accessibili farmaci relativi a patologie di
particolare gravità e diffusione. In questo caso si parte dal presupposto che il mercato sia libero,
senza regolamentazione (e possibili effetti distorsivi) da parte del Governo o dell’Autorità
(Ministero della Salute, Food and Drug Administration, ecc.):
Figura 5. Il mercato dei farmaci salvavita
P (euro per dose)
70
SS
DD
Pe=50
E
45
O
40 Qe=50 70
Q (milioni di
dosi)
Dal grafico si deduce che nella condizione di equilibrio il surplus (o rendita) dei produttori è pari a
Sp= 1250 cioè all’area PeEO.
Il surplus o rendita dei consumatori, che non possono fare a meno di un farmaco salvavita, è pari
all’area che è delimitata dal segmento PeE ma cresce infinitamente al di sopra di questo segmento,
tra l’asse verticale e la domanda DD.
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Pur di disporre delle 50 milioni di dosi, i consumatori sarebbero disposti a pagare prezzi di riserva
altissimi, infiniti.
Semmai l’Autorità imponesse un prezzo massimo (regolamentato) pari a 45 vi sarebbe un eccesso
di quantità domandata di 10 milioni di dosi.
Se si formasse, di conseguenza, un mercato nero del farmaco, i prezzi da mercato nero potrebbero
essere altissimi, teoricamente infiniti.
3. IL CALCOLO DELL’ELASTICITÀ DELLA DOMANDA E L’ELASTICITÀ ARCUALE
P = prezzo (euro)
Q = quantità domandata
1
2
3
4
5
6
10
8
6
4
2
1
Nelle righe della Tabella qua sopra sono riportate le quantità domandata relative ad una curva di
domanda, in ragione di prezzi crescenti da 1 a 6. Nella Tabella qua sotto, nelle colonne da A a E
vengono riportate le variazioni di quantità domandata in ragione di variazione unitarie del prezzo.
Nella colonna A, un aumento del 100% del prezzo da 1 a 2 euro, determina una diminuzione del
20% della quantità domandata, per un’elasticità del prezzo pari a (−20/100) = −0,2 o 0,2 in valore
assoluto. Nella colonna C, una riduzione del 50% da 2 a 1 euro, determina un aumento del 25%
della quantità domandata, per un’elasticità della domanda pari a (25)/(−50) = −0,5 e se si prescinde
dal segno ‘-‘ poiché la legge inversa di domanda determinerà sempre un risultato negativo, 0,5.
A
B
C
D
E
(1) P e Q iniziali
P=1
Q = 10
P=2
Q=8
P=2
Q=8
P=4
Q=4
P=5
Q=2
(2) P e Q finali
P=2
Q=8
P=3
Q=6
P=1
Q = 10
P=3
Q=6
P=6
Q=1
(3) % variazione del P
100 * (2 − 1)/1 = 100
100 * (1 − 2)/2 = − 50
(4) % variazione della Q
100 * (8 − 10)/10 = − 20
100 * (10 − 8)/8 = 25
(5) Elasticità = (4)/(3)
− 0.2
− 0.5
Si consideri l’asimmetria nei calcoli dell’elasticità finora svolti. Se si considera l’aumento del
prezzo da 1 a 2 euro, si ottiene un’elasticità pari a -0,2 o 0,2. Se si considera il caso opposto, la
diminuzione del prezzo da 2 a 1 euro, si ottiene un coefficiente pari a -0,5 o 0,5. Per evitare questa
asimmetria si può calcolare l’elasticità arcuale, usando la formula seguente:
(Q1 − Q0 )
( P1 − P0 )
PEDarc =
(Q1 + Q0 )/2 ( P1 + P0 )/2
Dove Q1 e P1 sono quantità e prezzo finali, mentre Q0 e P0 sono i valori iniziali. Esprimendo le
variazione in funzione della media delle quantità e della media dei prezzi, il valore dell’elasticità è
lo stesso che il prezzo diminuisca o aumenti.
Per la colonna A: P0 = 1, Q0 = 10, P1 = 2, Q1 = 8. L’elasticità arcuale è pari a:
PEDarc =
(8 − 10)
(8 + 10)/2
(2 − 1)
= − 0.148
(2 + 1)/2
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Per la colonna C: P0 = 2, Q0 = 8, P1 = 1, Q1 = 10. L’elasticità arcuale è pari a:
PEDarc =
(10 − 8)
(10 + 8)/2
(1 − 2)
= − 0.148
(1 + 2)/2
L’elasticità arcuale permette quindi di prescindere dalla diminuzione o dall’aumento del prezzo,
cioè dal senso della variazione. Questo sia che la domanda sia lineare sia che la domanda non sia
lineare.
Ne consegue che se non è nota la forma della domanda ed il suo andamento nel piano, è preferibile
calcolare l’elasticità arcuale.
4. L’ELASTICITA’ PUNTUALE
Si può definire l’elasticità come:
%ΔQ D
PED =
%ΔP
(1)
dove Δ sta per variazione e %ΔQD indica la variazione percentuale della quantità domandata mentre
%ΔP indica la variazione percentuale del prezzo. Matematicamente, la variazione percentuale della
quantità può essere scritta come:
ΔQ D
%ΔQ D =D × 100
Δ
E la variazione del prezzo può essere scritta come:
ΔP
%ΔP = × 100
P
Le variazioni percentuali inserite nella formula generale dell’elasticità (1), dopo qualche
semplificazione, portano al calcolo seguente:
ΔQ D P
(2)
PED =
ΔP Q D
Questa formula è un altro modo di calcolare l’elasticità. Se il coefficiente arcuale consente di
calcolare l’elasticità tra due punti, questa formula consente il calcolo in uno specifico punto della
domanda.
Ad esempio per la domanda lineare:
QD = 100 − 2P
(3)
dove QD è la quantità domandata e P è il prezzo, quando il prezzo è pari a 10, la quantità domandata
è pari a 80. La domanda è elastica o inelastica. Per il punto, cioè la combinazione 80,10 si utilizza
l’elasticità puntuale:
dQ D P
(4)
PED =
dP Q D
dove dP è ora una variazione del prezzo marginale e dQD è la corrispondente variazione della
quantità. Allora dQD/dP è la derivata della quantità domandata rispetto al prezzo, cioè la pendenza
della retta o domanda lineare. In questo caso, dQD/dP = −2.
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Sostituendo nella (4), per P = 10 e QD = 80, l’elasticità puntuale è:
10
PED = − 2 =
− 0.25
80
A P = 10 la domanda è inelastica, di coefficiente di elasticità pari a -0,25 o 0,25.
Dalla (4) si può dedurre come l’elasticità di una domanda lineare sia sempre variabile. Mentre la
pendenza è costante, P/Q varia lungo la domanda.
Esempio 4. Elasticità costante e unitaria e ricavi massimi
La (4) consente di calcolare l’elasticità sia la domanda lineare o non lineare. Esistono casi nei quali
l’elasticità è costante. Ad esempio, per una domanda come la seguente:
100
(5)
QD =
P
La (5) non è una domanda lineare, bensì un’iperbole equilatera. Per ogni punto sotteso alla
domanda, i ricavi del produttori sono sempre i ricavi massimi ottenibili da questa domanda, cioè
100. La derivata di questa domanda è:
dQ D
100
=− 2
dP
P
Se si vuole calcolare l’elasticità di questa domanda per P = 5, la quantità domandata, calcolabile da
(5), è QD = 20. Per dQD/dp = −[100/(5)2] = −4, utilizzando (4) si ha:
5
=
−1
PED = − 4
20
La domanda è cioè di elasticità unitaria. Per P = 10? La quantità domandata è QD = 100/10 = 10 e
dQD/dp = −[100/(10)2] = −1. L’elasticità è:
10
PED = −1 =
−1
10
Per una domanda QD = A/P, dove A è una costante, l’elasticità è costante e pari a 1 lungo la curva di
domanda.
Si noti che sulla retta o funzione lineare di domanda, a elasticità pari a 1, nel punto medio della
domanda, corrisponde il ricavo massimo dei produttori. A sinistra di 1, per aumenti di prezzo, il
ricavo diminuisce poiché la domanda è elastica. A destra di 1 per diminuzioni di prezzo, il ricavo
diminuisce perché la domanda è inelastica.
Attorno ad un’elasticità unitaria i ricavi sono massimi ed il produttore non ha convenienza, qualora
price-leader, a variare il prezzo perché i ricavi diminuirebbero.
Per la domanda (5) i ricavi sono sempre gli stessi, i massimi ottenibili dal mercato, cioè pari a A, la
costante positiva che, in questo caso, è pari a 100.
5. L’ONERE DELLE IMPOSTE
L’introduzione di un’imposta in un mercato perfettamente concorrenziale determina un onere che
dipende dalla quantità venduta e non dal suo prezzo. Se la domanda di mercato è lineare QD = a −
bP e l’offerta è, altrettanto lineare, QS = c + dP, senza intervento impositivo (di tassazione),
l’equilibrio di mercato è in:
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P* =
(a − c)
(bc + da )
& Q* =
(b + d )
(b + d )
Ora si suppone che il Governo, lo Stato o l’Autorità introduca un’imposta sulla produzione, che
cioè deve essere pagata dai produttori. L’imposta genera un divario tra il prezzo pagato dai
consumatori e quanto viene incassato dai produttori. Nell’ipotesi:
PS = PD − t
dove t è l’imposta, PS è il prezzo incassato dai produttori e PD è il prezzo pagato dai consumatori.
La relazione sopra-scritta modifica le funzioni nel seguente modo:
QD = a − bPD
&
QS = c + dPS
Esattamente, in ragione di PS = PD − t la funzione di offerta può essere riscritta come: QS = c +
d(PD − t).
L’introduzione dell’imposta sposta l’offerta verso sinistra dell’ammontare t.
Se la condizione di equilibrio è sempre QD = QS, si può scrivere che:
a − bPD = c + d(PD − t).
Risolvendo per PD:
dt
(a − c )
(1)
P *D =
+
(b + d ) b + d
Questo è il prezzo che pagano i consumatori, nella condizione di equilibrio, a seguito
dell’introduzione dell’imposta. Il prezzo incassato dai produttori è PS = pD − t ⇒ [(a − c) + dt]/(d +
b) − t. Con qualche semplificazione:
(a − c )
bt
(2)
P *S =
−
d +b b+d
Per calcolare la quantità di equilibrio, si può sostituire (1) nella funzione di domanda o nella
funzione di offerta:
ad + cb
bdt
Q *D =
−
b+d
b+d
Quali sono gli effetti dell’imposta? Si possono confrontare i due equilibri, quello in assenza di
tassazione e quella con la tassazione:
Si noti che:
dt
b+d
bt
P *S = P * −
b+d
bdt
Q *D = Q * −
b+d
P *D = P * +
dove P* e Q* erano le coordinate dell’equilibrio prima dell’introduzione dell’imposta.
L’imposta ha, riassumendo, i seguenti effetti:
(1) Aumenta il prezzo pagato dai consumatori.
(2) Diminuisce il prezzo incassato dai produttori.
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(3) Riduce la quantità di equilibrio del mercato.
Non è rilevante chi il governo intenda tassare. L’imposta t si compensa nelle due soluzioni PS = PD
− t e PD = PS + t e verrà, probabilmente, incassata dallo Stato tramite il sostituto di imposta, cioè il
venditore. Il gettito tributario è pari a tQ * D .
6. VINCOLO DI BILANCIO E LINEA DI BILANCIO
Un consumatore può spendere il suo reddito per combinazioni di due beni X e Y. Il consumatore
considera dati i prezzi dei due beni ed esattamente pX è il prezzo di X e pY è il prezzo di Y. Se x èla
quantità variabile di X e y è la quantità variabile di Y, M è il reddito disponibile, il vincolo di
bilancio si può scrivere come:
pXx + pYy = M
(1)
La parte a sinistra dell’uguale di questa espressione è la spesa del consumatore che deve essere pari
al reddito disponibile M.
Dal vincolo di bilancio (1) si può esprimere la corrispondente linea di bilancio, esprimendola in
funzione di uno dei due beni:
y=
p
M
− X x
pY
pY
(2)
La pendenza della linea di bilancio è −pX/pY, cioè il prezzo relativo.
Figura 6. La linea di bilancio e la sua pendenza
La linea di bilancio è retta e, quindi, la sua pendenza è costante. M/pY è l’intercetta sull’asse
verticale. È la stima di quanto il consumatore può spendere di Y quando spende tutto il reddito
disponibile per Y.
M/pX è l’intercetta sull’asse orizzontale: corrisponde al valore massimo di X che il consumatore si
assicura quando spende tutto il suo reddito in X. La combinazione a corrisponde ad un valore xa di
X e ad un valore ya di Y. Spostandosi da a a b, il consumatore aumenta la quantità consumata di X,
da xa a xb, ma ciò significa ridurre la quantità consumata di Y da ya a yb. Questo è il costoopportunità o il saggio del sacrificio monetario misurabile sulla linea di bilancio.
Si ricordi che
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ya =
M pX
−
xa
pY
pY
(3)
e
M pX
−
xb
pY
pY
Facendo la differenza tra (4) e (3), si ottiene:
yb =
yb − ya =
(4)
p
M M pX
xb + X xa
−
−
pY
pY
pY
pY
(5)
Δy = yb − ya è la variazione di Y tra la combinazione b e la combinazione a.
Simmetricamente, per X, Δ x = xb − xa. La (5) può essere riscritta come:
p
∆y =
− X ∆x
pY
o:
p
∆y
= − X
∆x
pY
Il saggio di sacrificio monetario o il costo opportunità tra i due beni è pari a prezzo relative che è la
pendenza della linea di bilancio.
Esempio 5. Linea di bilancio, soluzione di ottimo e gratuità di uno dei due beni
Vanessa ha la seguente mappa di curve di indifferenza (isoutilità o utilità) weekend-benessere (WB)
e weekend-palestra (WP) all’anno:
Figura 7. Weekend utile e weekend indifferente per Vanessa
WB
25
U4
20
15
10
U3
U2
U1
0
WP
Dalla mappa si deduce che Vanessa considera i weekend-benessere WB un bene utile ed i weekendpalestra WP un bene indifferente. Che consumi 0 o una quantità infinita di WP, per lei è essenziale
stare su una delle curve di indifferenza U che le garantiscono 10 o 15 o 20 o … di WB.
Il vincolo di bilancio di Vanessa è dato da:
Reddito disponibile, Yd= 5000 euro
Prezzo del weekend-benessere WB = 250 euro
Prezzo del weekend-palestra WP = 100 euro.
Quindi, la sua scelta ottima, tracciando la linea di bilancio 5000= 250WB+100WP nella mappa
delle curve di indifferenza si può agevolmente individuare:
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Figura 8. La scelta ottima di Vanessa
WB
25
O*
20
15
10
U4
U3
U2
U1
Linea di bilancio
0
50
WP
Visto e considerato che WP è indifferente, Vanessa acquisterà solo di WB, spendendo tutto il suo
reddito per 20 weekend benessere in un anno, soluzione di angolo in O*.
Si supponga che, in occasione del suo compleanno Vanessa riceva in regalo un abbonamento
annuale alla palestra che diviene per lei gratuita. La linea di bilancio diviene 5000=250WB. La
soluzione di ottimo malgrado la gratuità degli ingressi in palestra, non cambia. Cambia la forma
della linea di bilancio.
Figura 9. Scelta ottima e gratuità
WB
25
O*
20 Linea di bilancio’
15
10
0
U4
U3
U2
U1
WP
7. UTILITA’, UTILITA’ MARGINALE E TASSO MARGINALE DI SOSTITUZIONE
Se la funzione di utilità del consumatore è la seguente U = xy , si può calcolare l’utilità marginale
che lo stesso trae da ciascun bene. Per la combinazione x=5,y=5, l’utilità totale è 5. Se il
consumatore aumenta x di un’unità da 5 a 6, a quanto è pari la variazione dell’utilità? Dalla
combinazione x=6,y=5, l’utilità totale è U = 30 approssimativamente 5.5. La variazione
dell’utilità è dunque ∆U = 5.5 − 5 = 0.5 . Questa è l’utilità marginale derivante dal consumo di
un’unità in più di x dalla combinazione x=5,y=5 alla combinazione x=6,y=5.
Nel calcolare l’utilità marginale di un bene si tiene fissa la quantità dell’altro bene. L’utilità
marginale di un bene è la pendenza della funzione di utilità, tenendo fissa la quantità dell’altro bene
L’utilità marginale di x può essere dunque scritta come:
∂U
MU x =
∂x
L’utilità marginale di x ( MU x ) è la derivate parziale di U rispetto a x. La derivate parziale consente
di calcolare la variazione di U ( ∂U ) quando x varia marginalmente (di una variazione prossima allo
zero) ∂x , tenendo costante y. Non si tratta di una variazione unitaria, bensì inferiore, prossima alla
zero. La derivazione è utile in tutti i calcoli marginalistici tipici dell’economia.
Per la funzione di utilità data all’inizio del paragrafo, l’utilità marginale di x è dunque, pari a:
∂U 1 y
. Per uno specifico paniere (una specifica combinazione) come x=5,y=5,
MU x =
=
∂x 2 x
13
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l’utilità marginale di x è, allora, MU x =
1 5
= 0.5 . Lo stesso calcolo si può applicare per
2 5
calcolare l’utilità marginale di y.
Ora si supponga che il consumatore decida di muoversi lungo la curva di indifferenza da una
combinazione ad un’altra come nella Figura 10:
Figura 10. L’utilità marginale passando da a a b
y
ya
a
∆y
yb
b
I
xa
xb
x
∆x
Passando dal paniere a al paniere b, il consumatore consuma di più di x, ∆x = xb − x a riducendo il
consumo di y di ∆y = y b − y a . A quanto ammonta la variazione di utilità da a a b? zero. Questo
perché sulla curva di indifferenza, il livello di utilità è costante. Se MU X è l’utilità marginale di x e
MU y è l’utilità marginale di y, consumare l’extra ∆x determina un aumento di utilità MU X ∆x .
Consumare di meno di y determina una riduzione dell’utilità di MU y ∆y . Lungo una curva di
indifferenza questi due effetti hanno somma zero. MU X ∆x + MU y ∆y = 0 . Questo assunto può
essere riscritto nel modo seguente:
MU X
∆y
(A.2)
=−
∆x
MU y
A sinistra il tasso marginale di sostituzione. Se la variazione in x è sufficientemente modesta, il
dy
tasso marginale di sostituzione si può scrivere, per il calcolo di derivazione,
che è la pendenza
dx
della curva di indifferenza in un punto della stessa. (A.2) consente di affermare che il tasso
marginale di sostituzione è pari al rapporto negative tra le utilità marginali dei due beni, x e y.
8. RICAVO TOTALE, RICAVO MARGINALE E DOMANDA LINEARE
Un’impresa caratterizzata da una domanda lineare P = a − bQ, con a e b entrambi positivi, ha un
ricavo totale pari a:
TR(Q) = P × Q
(1)
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Il ricavo totale TR(Q) dipende dalla quantità prodotta e venduta Q. Sostituendo per la funzione
inversa di domanda, in funzione del prezzo P , il ricavo totale può essere riscritto come:
TR(Q) ≡ (a − bQ) × Q = −bQ2 + aQ
(2)
Dalla (2) si deduce che il ricavo totale è pari a zero quando la quantità è pari a zero (Q = 0) e
quando la quantità è pari a Q = a/b. Q = a/b è il valore dell’intercetta sull’asse orizzontale. Per
questa quantità, il prezzo è pari a zero e il ricavo totale è, di conseguenza, zero. Tra Q = 0 e Q = a/b
il ricavo aumenta e poi diminuisce al crescere di Q.
Ora, data la funzione del ricavo totale, derivare la funzione del ricavo marginale è intuitivo.
Il ricavo marginale è la variazione del ricavo totale per un’unità in più prodotta e venduta. La
variazione può intendersi anche come modesta, minima, prossima allo zero … insomma marginale.
Derivando il ricavo totale rispetto a Q si calcola allora il ricavo marginale:
dTR(Q )
(3)
MR( R ) =
dQ
(3) si riferisce ad una variazione infinitesima dQ.
Rispetto al ricavo totale prima descritto TR(Q) ≡ −bQ2 + aQ:
MR(Q) = a − 2bQ
(4)
(4) è lineare e di pendenza doppia rispetto alla domanda. Ricavo totale, domanda e ricavo
marginale, così come descritti dalle equazioni finora calcolate, sono rappresentati nella Figura 11.
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Figura 11. Domanda come funzione inversa, ricavo marginale e ricavo totale
Ricavo marginale e domanda hanno la stessa intercetta verticale ma il ricavo marginale ha doppia
pendenza. Il ricavo totale è massimo quando il ricavo marginale diviene zero, per la quantità Q*. Da
Q*, il ricavo totale decresce e diviene zero per Q = a/b. Tra Q* a Q = a/b, TR decresce
all’aumentare di Q e MR diviene negativo. Il ricavo marginale è sempre inferiore al prezzo e
diminuisce al crescere della quantità.
Esempio 6. Il monopolista produce con ricavo marginale negativo?
Un monopolista che offre l’accesso ad un club sul web, è caratterizzato dai seguenti domanda DD,
ricavo marginale MR, costo marginale e costo medio di lungo periodo, LMC e LAC:
Figura 12. Il monopolio sul web
P, LMC, LAC
90
P*
45
DD
MR
10
LAC=LMC
90 Q
Q* 45
Il costo di produzione dell’accesso all’e-club ha un costo modesto – c.d. mercato delle reti – e
omogeneo per tutti i nuovi associati, tanto che il costo medio e marginale sono identici e pari a
16
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LAC=LMC=10. Nel mercato delle reti (del web) è il costo di produzione (dei nodi) della rete è fisso
e può essere elevato ma il costo di diffusione (di produzione dell’accesso) della rete è variabile e
sostanzialmente modesto o nullo.
Il ricavo totale del monopolista è massimo per una quantità pari a 45 ma la quantità o volume
ottimo di produzione è inferiore a 45 e solo da Q=45 il ricavo marginale diviene zero e poi
negativo.
Il monopolista produce fintanto che il ricavo marginale è positivo.
Nell’ipotesi, MR=-2Q+90 eguaglia MC=10
-2Q+90=10
80=2Q
Q*=40. Sostituendo la Q* nella funzione della domanda,
P*= -Q+90= -40+90= 50.
Solo se il costo marginale coincidesse con l’asse orizzontale, fosse cioè pari a zero, il monopolista
massimizzerebbe contemporaneamente il ricavo totale ed il profitto … ma si legga il prossimo
paragrafo per tutto quanto c’è da sapere sulla matematica della massimizzazione del profitto.
9. LA MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO
Si è studiato che un’impresa massimizza il suo profitto quando il ricavo marginale è pari al costo
marginale. Il profitto può essere scritto come:
π (Q) = TR (Q) − TC (Q)
dove π indica la differenza tra ricavi totali TR e costi totali TC . Scrivendo π (Q) si indica che il
profitto dipende da Q . L’obiettivo dell’impresa è trovare quella Q per la quale il profitto π (Q)
raggiunge il suo massimo.
Si tenga presente che la funzione del profitto cresce, raggiunge un massimo e poi decresce proprio
come esemplificato per il ricavo totale nella Figura 11.
Bisogna allora calcolare dove la pendenza di π (Q) è pari a zero. La pendenza è la derivate di π (Q)
dπ (Q)
rispetto a Q :
dQ
dπ (Q)
Necessita trovare quella Q per la quale
=0
dQ
Questa è la condizione di primo ordine per la massimizzazione del profitto.
Poichè π (Q) = TR (Q) − TC (Q) , si ha che:
dπ (Q) dTR (Q) dTC (Q)
=
−
dQ
dQ
dQ
dTC (Q)
dTR (Q)
è il ricavo marginale della quantità Q .
è il costo marginale per una piccolo
dQ
dQ
dTR (Q)
dTC (Q)
variazione dQ . Cioè, si può scrivere che
= MR(Q) e
= MC (Q) , quindi la
dQ
dQ
condizione di primo ordine implica:
dπ (Q)
5)
= MR(Q) − MC (Q) = 0
dQ
Ecco ribadita la condizione enunciate all’inizio del paragrafo MR(Q) = MC (Q) .
Per verificare che la 5) è un massimo bisogna verificare che la funzione del profitto sta decrescendo
attorno al massimo, cioè che la pendenza della pendenza deve essere negativa per il massimo. La
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d 2π (Q)
derivata seconda o derivata della derivata è si può scrivere come:
.
dQ 2
d 2π (Q)
dπ (Q)
è la derivata rispetto alla quantità di
.
2
dQ
dQ
Deve essere che per la quantità che assicura il massimo profitto:
d 2π (Q)
6)
<0
dQ 2
L’equazione 6) è detta condizione di secondo ordine e può essere scritta come:
d 2π (Q) d 2TR (Q) d 2TC (Q)
=
−
<0
dQ 2
dQ 2
dQ 2
Significa che la differenza ‘pendenza del ricavo marginale meno pendenza del costo marginale’
deve essere negativa, cioè il costo marginale crescente interseca dal basso il ricavo marginale
decrescente per la quantità di massimo profitto.
Esempio 7. Massimizzazione del profitto in monopolio, costo sociale e discriminazione
(Si legga il paragrafo 13 e si confronti con l’esempio successivo al paragrafo 13)
La Carrey Ltd è leader del mercato statunitense dei prodotti cosmetici per il settore cinematografico
e per il settore teatrale. Sono, di seguito, rappresentate la domanda DD, il ricavo marginale MR ed il
costo marginale LMC della Carrey Ltd.
Figura 13. L’equilibrio di monopolio nel mercato dei prodotto cosmetici per la cinematografia
P, MR, LMC (centinaia di dollari)
10
Equilibrio di monopolio
DD, AR, P= -Q+18
Equilibrio di concorrenza perfetta
LMC=2=LAC=SSconc.perf.
MR= -2Q+18
8
16
Migliaia di trousse/pacchetti di cosmetici
Equilibrio di monopolio
Il volume ottimo di produzione si ottiene eguagliando MR a LMC. Quindi:
-2Q+18=2
-2Q= -18+2
2Q=16
Q*=8 (8.000 trousse)
Il prezzo di equilibrio di monopolio è stimabile in DD, la funzione della domanda che consente,
appunto, di calcolare quale prezzo i consumatori sono disposti a pagare per le trousse …
DD: AR=P*= -Q+18= -8+18= 10 (centinaia di dollari. 1000 è il prezzo di ogni trousse.)
TR*= Q*•P*= 8•10= 80 (8.000.000 dollari)
TC*= LAC*•Q*=2•8=16 (1.600.000 dollari)
π*= TR*-TC*=80-16= 64 (6.400.000 dollari)
Rispetto al volume ottimo di produzione, l’indice di Lerner o Indice del Potere Monopolistico
(IPM) è:
18
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IPM= (P*-MC*) / P*= (10-2) / 10 = 0,8. Più è ampia la distanza tra il prezzo di equilibrio di
monopolio P* ed il costo marginale del volume ottimo di produzione, in questo caso pari a 2,
maggiore è il potere monopolistico.
Il costo sociale di monopolio, supponendo che LMC=2 sia anche la curva di offerta delle potenziali
imprese di concorrenza perfetta, si può calcolare dopo aver stimato l’equilibrio di concorrenza
perfetta:
SS=DD
2= -Q+18
Q*conc. perf.= 16
L’area del costo sociale, pari a al triangolo rosso, è: (8•8)/2=32. (Le distanze pari ai lati del
triangolo sono evidenziati dalle parentesi graffa, 10-2=8 e tonda, 16-8=8 ).
La Carrey Ltd si rende conto che molteplici sono i segmenti di domanda per i suoi prodotti: teatro di
prosa, teatro musicale, cinema, organizzazione di luxury events. trucchi (semi)permanenti successivi
a interventi di chirurgia estetica di particolare rilevanza e, persino, l’industria dei funerali (dalla
composizione all’abbellimento della salma!!!), ….
(Questa è l’ipotesi della discriminazione perfetta). Se la Carrey Ltd riuscisse a far pagare a ciascun
potenziale consumatore esattamente il suo prezzo di riserva, fino a quale quantità venderebbe? con
quale ricavo totale TR?
La quantità vendibile in ipotesi di perfetta discriminazione – cioè facendo pagare ad ogni
consumatore il suo prezzo di riserva misurabile sulla domanda – sarebbe in P=LMC. A destra di
questa quantità, il monopolista non avrebbe, infatti, convenienza a produrre poiché LMC>P.
(Tale quantità corrisponde a quella di equilibrio del mercato di concorrenza perfetta)
P=LMC
-Q+18=2
Q**Discriminazione perfetta= 16
I ricavi totali estraggono tutto il surplus dei consumatori e sono pari all’area (del trapezio) di
seguito evidenziata in rosso:
Figura 14. Ricavi del monopolista in ipotesi di perfetta discriminazione
18
10
Equilibrio di monopolio
DD, AR, P= -Q+18
Equilibrio di monopolio in perfetta discriminazione
LMC=2=LAC
MR= -2Q+18
8
16
18
Migliaia di trousse/pacchetti di cosmetici
La figura geometrica il cui perimetro è evidenziato in rosso è un trapezio.
TR**= [(basemaggiore+ basemimone)•Altezza]/2 = [(18+2)•16]/2= 160
10.
FUNZIONE
DI
PRODUZIONE DI BREVE
PERIODO:
(PRODUTTIVITA’) MARGINALE E MEDIO DEL LAVORO
La funzione di produzione di breve periodo può essere scritta come:
Q = f(K0, L)
19
PRODOTTO
(1)
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dove Q è il prodotto o output totale, K0 è il capitale fisso di breve periodo e L è il numero dei
lavoratori impiegati. (1) spiega che due fattori produttivi, l’uno fisso e l’altro variabile, sono
impiegati per la produzione di Q, per quella che è la tecnologia di produzione conosciuta e
disponibile.
Se il prodotto medio del lavoro AP è il prodotto ottenuto dall’impiego di ciascun lavoratore, si può
scrivere che:
Q f ( K 0 , L)
APL ≡ =
(2)
L
L
Il prodotto marginale è, invece, per derivazione dalla funzione del prodotto totale (1):
dQ df ( K 0 , L)
MPL ≡
=
(3)
dL
dL
Per ipotesi, se la funzione di produzione di breve periodo è:
Q = K0(L)0.5
(4)
K0 = 10 e L = 4, ciò significa che l’output prodotto da 4 lavoratori e 10 ‘unità’ di capitale è pari a
20.
Per (4) il prodotto medio è dato da:
K 0 L0.5 K 0
(5)
=
APL =
L
L0.5
Per K0 = 10 e L = 4, il prodotto medio (5) è 5. Ogni produttore produce 5 unità di output. Il
medesimo risultato si ottiene dividendo il prodotto totale per L = 4, 20/4 = 5.
Se il capitale aumenta a K0 = 20 e L = 4, il prodotto medio è pari a 10. I lavoratori sono più
produttivi e ogni lavoratori assicura 10 unità di output.
Per (4) il prodotto marginale del lavoro è pari a:
d ( K 0 , L0.5 )
K
(6)
MPL =
= 0.5 0.50
L
L
All’aumentare del fattore lavoro impiegato, dato l’ammontare di capitale, il prodotto marginale
decresce come suggerisce la legge dei rendimenti decrescenti dei fattori variabili.
La (4) è un esempio di funzione di produzione caratterizzate da rendimenti decrescenti.
Per la funzione Q = K0L il prodotto marginale del lavoro è costante e pari al prodotto medio del
lavoro.
11. LE FUNZIONI DI COSTO DI BREVE PERIODO
Nel costo di breve periodo un fattore produttivo risulta sempre un vincolo perchè fisso, cioè non
variabile. Un esempio di costo totale di breve periodo può essere:
STC = F + cQ + dQ2
(1)
F è il costo fisso che non dipende dalla Q e si sostiene anche quando non si produce.
cQ + dQ2 è il costo variabile di breve periodo che varia al variare di Q.
Dalla (1) si può separare: SFC = F e SVC = cQ + dQ2
Il costo marginale di breve periodo è misurabile derivando STC rispetto alla quantità. Quindi:
dSTC
(2)
SMC ≡
= c + 2dQ
dQ
20
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Il costo medio fisso è dato da:
SAFC ≡
SFC F
=
Q
Q
(3)
E decresce al crescere della quantità prodotta.
Il costo medio variabile è dato da:
SVC
(4)
SAVC ≡
= c + dQ
Q
Il costo medio di breve periodo, per somma della componente fissa e di quella variabile è dato da:
STC F
(5)
SATC ≡
= + c + dQ
Q
Q
12. FUNZIONE DI PRODUZIONE DI LUNGO PERIODO E RENDIMENTI DI SCALA
I rendimenti di scala riguardano la relazione tra costo medio di lungo periodo e prodotto. Gli stessi
si possono definire approfondendo la relazione tra input ed output nella funzione di produzione di
lungo periodo.
Una funzione di produzione di lungo periodo può essere caratterizzata da:
(a) rendimenti di scala crescenti ed economie di scala: tutti i fattori produttivi aumentano della
medesima proporzione e l’output cresce più che proporzionalmente.
(b) rendimenti di scala costanti: tutti i fattori produttivi aumentano della medesima proporzione e
così come l’output.
(c) rendimenti di scala decrescenti: tutti i fattori produttivi aumentano della medesima proporzione
e l’output cresce meno che proporzionalmente..
Si consideri una funzione di produzione come la seguente, detta Cobb-Douglas:
Q = KαLβ
(1)
Con α > 0 e β > 0.
Se tutti gli input sono aumentati di λ > 0, cosa succede all’output?
La (1) diviene:
Q1 = (λK)α(λL)β
Che si può riscrivere come:
(2)
Q1 = λαKαλβLβ = λα+βKαLβ
Ricordando che Q = KαLβ, ancora si può riscrivere come:
Q1 = λα+βQ
La (3) chiarisce che aumentando i fattori di λ > 0, l’output aumenta di λα+β.
Con le ulteriori implicazioni:
(1) Se α + β > 1, i rendimenti di scala sono crescenti.
(2) Se α + β = 1, i rendimenti di scala sono costanti.
(3) Se α + β < 1, i rendimenti di scala sono decrescenti.
21
(3)
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13. MASSIMIZZAZIONE
MONOPOLISTICO
DEL
PROFITTO
IN
MONOPOLIO
E
POTERE
Un monopolista intende soddisfare la domanda di mercato P = a − bQ, per a e b positivi. Il
monopolista sopporta costi totali pari a TC(Q) = cQ + dQ2, per c e d positivi. Il profitto del
monopolista è pari alla differenza tra ricavi e costi totali. Se il ricavo è, in generale, TR(Q) = P × Q,
per la funzione di domanda prima scritta, il ricavo totale può essere calcolato come:
TR(Q) = (a − bQ)Q = −bQ2 = aQ.
La funzione del profitto è di conseguenza:
π(Q) = −bQ2 + aQ − cQ − dQ2
(1)
(1) mette in relazione il profitto del monopolista con Q. Il monopolista deve scegliere quella
quantità che gli consente di massimizzare (1). Per quella quantità deve essere soddisfatta
l’uguaglianza MR = MC. Per le funzioni prima descritte:
dTR(Q )
dTC (Q )
MR(Q ) ≡
=
− 2bQ + a and MC (Q ) ≡
=
c + 2dQ
TR
dQ
Eguagliando MR = MC:
−2bQ + a = c + 2dQ
Risolvendo (2) per Q:
Q* =
a−c
2(b + d )
(2)
(3)
Per la quantità o l’output che assicura il massimo profitto, si deve assumere che a > c.
A questo punto, sostituendo (3) nella funzione di domanda, si ottiene il prezzo di equilibrio di
monopolio:
 a−c 
P *= a − b 
(4)

 2(b + d ) 
Che si può semplificare in:
b(a + c ) + 2ad
P*=
2(b + d )
Il potere monopolistico misura la capacità del monopolista di imporre un prezzo superiore al costo
marginale. Questo potere dipende dall’elasticità della domanda. Per comprendere questa relazione,
si consideri come il ricavo marginale sia collegato all’elasticità (diretta) della domanda.
Per una generica domanda espressa in funzione della quantità, P(Q), il ricavo totale è TR = P(Q) ×
Q. Derivando TR rispetto a Q, si può scrivere il ricavo marginale come:
dP
(5)
(Q )
MR
=
Q+P
dQ
Dove dP/dQ è la derivate rispetto a Q.
Si può riscrivere la (5) raccogliendo a fattor comune il prezzo P:
 dP Q

=
+ 1
MR(Q ) P 
 dQ P

(6)
Il termine (dP/dQ)(Q/P) non dovrebbe essere sconosciuto. Se l’elasticità puntuale è PED =
22
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(dQ/dP)(P/Q), allora 1/PED = (dP/dQ)(Q/P) è l’inverso dell’elasticità della domanda.
Semplificando nella (6):
1 

MR(=
Q ) P 1 +
PED 

Per l’elasticità che è sempre negative, si può considerare il valore assoluto:

1 
MR(=
Q ) P 1 −

 | PED | 
(8) spiega la relazione tra ricavo marginale ed elasticità.
Ma allora la condizione marginalistica MR = MC può essere riscritta come:

1 
P 1 −
MC (Q )
=
 | PED | 
(7)
(8)
(9)
Se la domanda è inelastica, cioè con |PED| tra 0 a 1, il termine in parentesi è negativo. Il primo
membro dell’equazione non sarà mai pari al secondo membro che è positivo, per la natura di costo
di produzione. Ecco la spiegazione matematica per la quale il monopolista non produce mai nella
parte inelastica (tratto inelastico) della domanda.
Dalla (9) si può anche dedurre che più elevata è l’elasticità, più vicino a 1 è il termine in parentesi.
In questo caso, il monopolista vende ad un prezzo che è prossimo al costo marginale. Il suo potere
monopolistico è bassissimo se non nullo e, come si evince dalla condizione P=MC, si è prossimi
alla concorrenza perfetta.
Esempio 8. Il monopolio con LAC crescente
La Carrey Ltd è leader del mercato statunitense dei prodotti cosmetici per il settore cinematografico
e per il settore teatrale.
Sono, di seguito, rappresentate la domanda DD, il ricavo marginale MR, il costo marginale LMC ed
il costo medio LAC della Carrey Ltd.
Figura 15. La Carrey Ltd con costi crescenti
P, MR, LMC (centinaia di dollari)
LMC=2Q=SSi
LAC=Q
P*
Em
Ec
C
DD, AR, P= -Q+20
MR= -2Q+20
Q*
Migliaia di trousse/pacchetti di cosmetici
Il volume ottimo di produzione ed il relativo prezzo di monopolio, calcolando altresì il ricavo totale
TR, il costo totale LTC ed il profitto della Carrey Ltd, sono:
MC=MR
2Q=-2Q+20
4Q=20
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Q*= 20/4=5
P*= -Q*+20=-5+20=15
TR*= Q*•P*=5•15=75
TC*= LACQ*•Q*=5•5=25 (area dal perimetro rosso)
π*= TR-TC=75-25=50 (area dal perimetro blu)
Rispetto al volume ottimo di produzione, l’indice di Lerner o Indice del Potere Monopolistico
(IPM) è:
IPM= (P*-MC*)/P*= (15-10)/15=0,33
Il costo sociale di monopolio si evince supponendo che LMC=2Q sia anche la curva di offerta delle
potenziali imprese di concorrenza perfetta (SSi).
DD=SSi
-Q+20=2Q
20=3Q
Qc*=6,6
P*=-6,6+20=13,4
Area del costo sociale= EmCEc= [(15-10)•(6,6-5)]/2=4
Con la monopolizzazione del mercato, si assiste ad una perdita di solo surplus dei consumatori?
NO! L’area del costo sociale è sia di surplus dei consumatori sia di surplus dei produttori (ipotetici)
di concorrenza perfetta.
Nella Figura 16 sono state aggiunte le aree di surplus di consumatori (perimetro verde) e produttori
(perimetro viola) nell’ipotetico mercato di concorrenza perfetta.
Si può constatare come il costo sociale di monopolio sia in parte di consumatori e in parte di
produttori entro il perimetro EmCEc.
Figura 16. Il costo sociale della Carrey Ltd con costi crescenti
P, MR, LMC (centinaia di dollari)
LMC=2Q=SSi
LAC=Q
P*
Em
Ec
C
DD, AR, P= -Q+20
MR= -2Q+20
Q*
Migliaia di trousse/pacchetti di cosmetici
La Carrey Ltd si rende conto che molteplici sono i segmenti di domanda per i suoi prodotti. Se la
Carrey Ltd riuscisse a far pagare a ciascun potenziale consumatore esattamente il suo prezzo di
riserva, fino a quale quantità venderebbe? con quale ricavo totale TR?
Venderebbe fino a quella quantità che le garantisce P=MC, quindi fino alla quantità che corrisponde
al volume di equilibrio del mercato di concorrenza perfetta, 6,6.
Ogni unità venduta al prezzo misurabile sulla domanda comporta un ricavo totale esattamente pari
al trapezio che sta tra il prezzo di riserva ed il prezzo di equilibrio di concorrenza perfetta.
Q**Discriminazione perfetta=6,6
TR**= [(20+13,4)•6,6]/2=110,22
(LA MATEMATICA DEI MODELLI DI OLIGOPOLIO DI COURNOT, BERTRAND E
STACKELBERG È DISPONIBILE NELL’APPENDICE AL CAPITOLO 10 PRESENTE SU
WWW.ATENEONLINE.IT/BEGG)
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14. DOMANDA DI INPUT E MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO
(Si legga anche l’Appendice al Capitolo 11)
Si consideri un’impresa che opera in un mercato di concorrenza perfetta sia per output che per
input, capitale e lavoro. Questa impresa è caratterizzata dalla funzione di produzione:
Q = f (K, L)
dove K è il capitale e L è il lavoro.
Se il prezzo del capitale è r e w è il prezzo del lavoro, entrambi dati per l’impresa, il profitto della
stessa si può scrivere come:
π = pf(K, L) − wL − rK
dove p è il prezzo al quale l’impresa vende Q.
L’impresa sceglie la quantità di input che le consente di massimizzare il profitto, cioè quando il
valore marginale del prodotto dei due fattori produttivi eguaglia il loro prezzo:
∂f ( K , L )
∂f ( K , L )
p
=r p
=w
∂K
∂L
(∂f (K, L))/∂L è la derivata parziale della funzione di produzione rispetto al lavoro, tenendo costante
la quantità di capitale. A parità di capitale, se il lavoro aumenta di un’unità, il prodotto marginale
del lavoro è (∂f (K, L))/∂L. Per il prezzo p, p((∂f (K, L))/∂L) è il prodotto marginale in valore del
lavoro. Interpretazione simile si può adottare per p((∂f (K, L))/∂K), che è il prodotto marginale in
valore del capitale.
15. OFFERTA INDIVIDUALE DI LAVORO E CURVE DI INDIFFERENZA
La curva di offerta di lavoro si può tracciare partendo dall’approccio della teoria dell’utilità. In un
dato giorno un individuo trascorre h ore lavorando e  ore divertendosi (o facendo altro). Il tempo è
una risorsa scarsa, per un massimo di 24 ore disponibili.
Il vincolo di tempo può essere scritto come:
1)
24 =  + h
L’individuo trae utilità dal consumo e dal divertimento. Il lavoro genera disutilità. Tuttavia, se
l’individuo non lavora, il suo reddito è pari a zero e non può permettersi di consumare. Se w è il
salario orario reale, il reddito è pari a I = wh cioè il salario orario moltiplicato per le ore di lavoro.
Se C è la spesa in consumo, è anche vero che C = wh .
C
Riscrivendo h =
si può sostituire in 1) ed il vincolo di bilancio individuale diviene:
w
2)
C = 24 w − w
2) consente di calcolare il consumo ed il divertimento che l’individuo si può permettere con un
salario w . Il vincolo è inclinato negativamente ( − w ) per il trade-off tra consumo e divertimento.
Se vuole consumare di più, l’individuo deve lavorare di più. Il salario rappresenta il costo
opportunità del divertimento. Per divertirsi un’ora in più, l’individuo deve rinunciare ad un’ora di
lavoro il cui compenso è w .
Le curve di indifferenza tra consumo e divertimento possono essere rappresentate secondo il
tradizionale andamento degli imperfetti sostituti e la soluzione di ottimo si può individuare nella
tangenza tra la linea di bilancio e la curva di indifferenza più alta. Nella Figura 17 la soluzione di
ottimo è in A.
Nel punto A il tasso marginale di sostituzione tra consumo e divertimento, pendenza della curva di
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indifferenza è pari al saggio salariale orario reale, pendenza della linea di bilancio. L’individuo
sceglierà  * ore di divertimento e ore di lavoro h * = 24 −  * così potendo consumare C * = wh* .
Qualora il salario reale aumentasse a w1 > w , la linea di bilancio ruota e le sue nuove intercette sono
 = 24 and C = 24w1 . La nuova soluzione di ottimo è ora B sulla curva di indifferenza I2.
Nel punto B l’individuo sceglie 1 ore di divertimento e lavora h1 = 24 − 1 ore, così consumando
per C 1 = w1h1 .
Si possono distinguere effetto sostituzione ed effetto reddito.
Dopo l’aumento del salario orario reale, l’individuo aumenta le ore lavorate ( h1 > h* ). Ciò significa
che l’effetto sostituzione prevale. Aumenta anche il consumo (C 1 > C * ) .
Si supponga che il salario reale aumenti a w2 . La nuova soluzione di ottimo è ora in D, per  2 ore
di divertimento, h 2 = 24 −  2 ore di lavoro, così consumando per C 2 = w2 h 2 . Confrontando con B il
numero di ore di lavoro diminuisce ( h 2 < h1 ) ed il consumo aumenta. Da B a D prevale l’effetto
reddito. Il salario è così elevato che l’individuo può permettersi, ancora, un elevato reddito e elevati
consumi, pur lavorando di meno.
Figura 17. Le possibili soluzioni di ottimo nella scelta consumo-divertimento
C
24w2
24w1
D
C2
B
C1
I3
24w
I2
A
C*
I1
0
1
*  2
24

Di conseguenza l’offerta di lavoro è di inclinazione diversa a seconda delle soluzioni di ottimo
prima evidenziate:
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Figura 18. L’offerta individuale di lavoro
salario
D
Offerta di lavoro
Real wage
w2
B
w1
A
w
h2
h*
h1
Ore di lavoro
L’offerta di lavoro si piega all’indietro. Da un salario basso, il lavoratore aumenta le ore al crescere
del salario. Oltre w1, il lavoratore decide di lavorare di meno.
16. VALORE ATTUALE E SCONTO
Si supponga di prestare, oggi, £K ad un tasso di interesse annuale i. Dopo un anno il capitale cresce
a £K(1 + i). Per K = 100 e i = 0,1, il capitale dopo un anno risulta £110, Se si ripete il prestito per un
altro anno, il capitale assomma a £{K(1 + i)} (1 + i) alla fine del secondo anno. Dopo N anni, il
capitale è, dunque, £K(1 + i)N. Questa formula consente di calcolare la capitalizzazione composta
per più anni.
Al contrario, il valore atteso di £X da incassare tra N è £X/(1 + i)N, e 1/(1 + i)N è il fattore di sconto.
Poichè i è positivo, il fattore di sconto è positivo. Più è alto il tasso di interesse, più è basso il fattore
di sconto. La tabella mostra il valore attuale di £1 N anni da oggi, per un tasso di interesse del 10%
all’anno (i = 0,1).
Valore attuale (PV) di £1 N anni da oggi, al tasso 10%
N
1
5
10
20
30
40
PV
£0.91
£0.62
£0.39
£0.15
£0.06
£0.02
Ad un tasso di interesse costante, il flusso di ricavi di un’azienda può essere scontato ad oggi,
tramite il seguente calcolo:
N
Rt
PV = ∑
t
t = 1 (1 + i )
Dove Rt è il ricavo nell’anno t, i è il tasso di interesse e ∑ indica la sommatoria dei ricavi dei diversi
anni per il periodo complessivo di calcolo.
Se un’impresa desidera acquistare oggi un impianto per £8000 e questo impianto consente di
generare un ricavo di £2000 all’anno per quattro anni, al termine del quarto anno, con anche la
vendita dell’impianto a £3000, per un tasso di interesse del 10%, il valore attuale è pari a:
2000
2000
2000
5000
PV =
+
+
+
= £8388.7
2
3
(1 + 0.1) (1 + 0.1)
(1 + 0.1)
(1 + 0.1) 4
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Poichè il valore attuale del flusso di ricavi supera il costo, all’impresa conviene investire
nell’impianto.
Il valore attuale netto (cioè al netto del costo) è, per questo investimento, NPV = 8388.7 − 8000 =
£388.7.
17. LA SCELTA IN CONDIZIONI DI INCERTEZZA: UTILITA’ ATTESA E
ATTEGGIAMENTO AL RISCHIO
Si può associare l’atteggiamento al rischio di un individuo all’utilità totale che lo stesso trae da un
determinato reddito.
Si supponga che un consumatore disponga di un reddito iniziale di £5. Può investire in un titolo
finanziario e la quotazione del titolo può aumentare o diminuire. Ad esempio, può aumentare il
reddito a £7.50. Altrimenti, può diminuire a of £2.50. Il consumatore stima che la possibilità di
crescita della quotazione sia al 50%. Il valore atteso dell’investimento è, di conseguenza: EV =
0.5(£7.50) + 0.5(£2.50) = £5. Si tratta di una scommessa equa, poichè il consumatore non guadagna
né perde dall’investimento.
Ma allora investirà?
Dipende dall’attitudine al rischio del consumatore e, prima di tutto dall’andamento dell’utilità
totale.
Si supponga che il consumatore tragga 120 utili (unità di misura dell’utilità) da un reddito pari a £5,
mentre trae 150 utili da un reddito di £7.50 e un’utilità di 50 utili se il reddito è £2.50, la sua
funzione di utilità si può scrivere: U(£5) = 120, U(£7.50) = 150 and U(£2.50) = 50. A quanto è pari
l’utilità attesa per i diversi livelli di reddito? L’utilità attesa pesa l’utilità in ragione della probabilità
di incassare i redditi alternativi prima indicati. L’utilità attesa dall’investire nel titolo finanziario è
allora:
EU = 0.5[U(£7.50)] + 0.5[U(£2.50)] = 0.5(150) + 0.5(50) = 100
dove EU sta ad indicare l’utilità attesa. Per il consumatore in questa ipotesi, l’utilità attesa di 100 è
inferiore all’utilità certa di 120 per un reddito di £5, senza investire. Il consumatore preferisce la
certezza di £5. Non è propenso al rischio come rappresentabile in Figura 19.
Figura 19. L’avversione al rischio
Utilità
Utilità totale
U(£7.50)=150
a
U(£5)=120
EU=100
c
e
d
U(£2.50)=50
b
£2.50
£4
£5
£7.50
Reddito
Premio al rischio
Onde evitare il rischio, il consumatore potrebbe pagare un premio al rischio. Ad esempio di £1=£5–
£4, perchè l’utilità attesa di questa somma eguagli l’utilità certa.
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Un consumatore neutrale al rischio ha una funzione dell’utilità totale retta, inclinata positivamente
Figura 20. La neutralità al rischio
Per ogni punto della retta, l’utilità attesa è pari all’utilità certa.
Il consumatore propenso al rischio ha una funzione di utilità rappresentata in Figura 21.
Figura 21. La propensione al rischio
18. INTERNALIZZARE
PROPRIETA’
UN’ESTERNALITA’
NEGATIVA
CON
I
DIRITTI
DI
Si supponga che l’impresa A inquini un lago producendo un determinato bene. L’impresa B si
occupa di pesca nel medesimo lago.
Il costo totale dell’impresa A è pari a:
TCA = TCA(QA, PA)
funzione della quantità prodotta (QA) e del livello di inquinamento (PA).
Il costo totale di A aumenta all’aumentare della produzione. Come a dire:
∂TC A
>0
∂Q A
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Il costo di A diminuisce inquinando: ∂TCA/∂PA ≤ 0.
Cioè, più inquinamento implica minori costi. Difatti, ridurre l’inquinamento comporta adottare
tecnologie più pulite ma anche più dispendiose.
Se l’impresa A vende il bene al prezzo p, la sua funzione del profitto si può scrivere come πA = pQA
− TCA(QA, PA).
L’impresa A sceglie quella quantità per la quale il ricavo marginale è pari al costo marginale di
produzione: p = ∂TCA/∂QA.
Così come sceglie quel livello di inquinamento che assicura che il ricavo marginale dall’inquinare
(in questo caso, zero) è pari al costo marginale:
∂TC A
=0
−
∂PA
Poiché più alto è il livello di inquinamento, minore è il costo di produzione, il livello di
inquinamento che risolve per la condizione precedente, potrebbe essere molto alto.
L’impresa B è caratterizzata da una funzione del costo totale del tipo TCB(QB, PA), dalle seguenti
proprietà: ∂TCB/∂QB > 0 and ∂TCB/∂PA > 0.
Il costo di B aumenta all’aumentare della quantità prodotta ma anche all’aumentare
dell’inquinamento causato da A.
L’esternalità sta nel fatto che A decide quanto inquinare prescindendo da ogni valutazione di
impatto sulla produzione di B. Il prezzo del pescato è per B, f e la sua funzione del profitto è data
da: πB = fQB − TCB(QB, PA).
Si supponga che ad A venga concesso il diritto di inquinare.
La funzione del profitto di A diviene πA = pQA − TCA(QA, PA) + qPA, dove q è il prezzo che
l’impresa A può incassare dalla vendita del suo diritto ad inquinare a B. Per l’impresa B la funzione
del profitto diviene πB = fQB − TCB(QB, PA) − qPA.
Per A il livello ottimale di inquinamento diviene:
∂TC A
∂TC A
−
+ q=0⇒
=q
∂PA
∂PA
Il costo marginale è pari al ricavo marginale, pari a q.
Per B il livello ottimale di inquinamento diviene:
∂TC B
∂TC A
=q
−
− q=0⇒
∂PB
∂PA
(1)
(2)
(1) e (2) comportano che il prezzo q soddisfi: −∂TCA/∂PA = ∂TCB/∂PA.
Nel decidere PA, l’impresa A tiene ora conto dell’impatto sull’impresa B. In particolare che il suo
(dell’impresa A) costo marginale dell’inquinamento (−∂TCA/∂PA) sia pari al costo sociale dello
stesso (−∂TCB/∂PA).
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MACROECONOMIA
1. IL MODELLO SPESA AGGREGATA-REDDITO
In equilibrio, il reddito è pari alla spesa, quindi:
Y = AD = C + I = [A + cY] + I = [A + I] + cY
Sommando tutte le componenti autonome o esogene, cioè che non dipendono dal reddito, il reddito
di equilibrio è pari a:
Y* = [A + I]/(1 − c)
(1)
Un aumento di A o I comporta un aumento di Y* di [1/(1 − c)] volte. Poiché c è positive ma
inferiore a 1, [1/(1 − c)] è sempre superiore a 1. L’incremento unitario del consumo autonomo o
dell’investimento, determina, di conseguenza un aumento del reddito di equilibrio superiore a 1.
Considerando l’approccio immissioni-prelievi o entrate-uscite, se il risparmio è pari a S = Y − C = Y
− [A + cY] = −A + (1 − c)Y, la (1) può essere riscritta come:
I = Y*(1 − c) − A
(2)
In equilibrio, I = S. L’investimento programmato è pari al risparmio programmato.
Se nel sistema economico intervengono lo Stato (Governo) e il Resto del mondo (commercio
estero), il reddito è pari ad una spesa che integra spesa pubblica, effetto delle tasse per un’aliquota
proporzionale al reddito t, esportazioni e importazioni, che dipendono dal reddito per una
propensione marginale z.
Cioè,
Y=C+I+G+X−Z
dove C = A + c(1 − t)Y e Z = zY. Sommando le componenti autonome, che non dipendono dal
reddito Y = [A + G + X + I] + c(1 − t)Y − zY, e di conseguenza:
Y* = [A + I + G + X] / [1 − c(1 − t) + z]
(1)
Il moltiplicatore che include l’effetto della tassazione e del commercio è estero è {1/[1 − c(1 − t) +
z]}.
Teoricamente se l’aliquota fiscale e la propensione marginale alle importazioni sono
particolarmente elevate, il moltiplicatore potrebbe anche essere inferiore a uno. Si pensi alle strette
fiscali nella crisi recente ed all’involuzione (arresto, stasi e/o declino) della spesa per consumi
e investimenti.
Si immagini che per uscire dalla crisi sia importante la leva delle esportazioni. Le esportazioni
di un sistema economico dipendono anche da quanto stia bene l’economia mondiale, benessere che
influisce anche sulle importazioni del sistema economico stesso e sul suo reddito.
L’interdipendenza tra sistemi economici nell’attuale congiuntura in cui le esportazioni sopperiscono
alla carenza della domanda (spesa) interna possono essere interpretate da esportazioni del tipo X =
X*+ fY , dove X* è la componente autonoma delle esportazioni e f misura quanto un incremento
del reddito di un sistema economico è generato da esportazioni, stimola questo sistema economico
alla crescita e quindi incrementa le importazioni da parte del resto del mondo.
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Allora la condizione di equilibrio potrebbe essere riscritta come:
Y = [ A + I +G +X* ] / [1-f-c(1-t)+z]
Esempio 1. Il modello reddito spesa con intervento dello Stato e commercio estero
Un sistema economico è caratterizzato dalle seguenti funzioni: C(consumo)= 200 + 0,4 Yd;
T(tassazione)=0,2Y; I(investimenti)= 250; X(esportazioni)=200; Z(importazioni)=0,2Y.
Yd= Y-0,2Y
La spesa aggregata del sistema economico, per somma delle componenti, è:
AD= Spesa aggregata= C+I+X-Z= 200+0,4(Y-0,2Y) + 250 + 200 -0,2Y
= 650 + 0,32Y -0,2Y= 650+0,12Y
AD=Y
650+0,12Y=Y
650=0,88Y
Y*= 650/0,88= 738,63
Figura 1. Il modello reddito-spesa
AD
AD=Y
AD=650+0,12Y
650=200+
+250+
+200
Y*=738,63
Y
Il moltiplicatore del reddito è, in questo caso, completo per effetto della tassazione e delle
importazioni: 1/ 1-c(1-t)+z.
Esempio 2 Strette fiscali in tempo di crisi
Durante la recente (ed attuale) crisi internazionale, i Governi hanno avuto un ruolo determinante nel
salvare gli istituti di credito c.d. too big too fail, cioè cresciuti troppo ed esposti troppo (nei
confronti, ad esempio, di ignari e fiduciosi risparmiatori) perché si potesse ammettere un loro
fallimento.
Anche l’indebitamento di taluni Stati europei è cresciuto a dismisura, ma anche gli Stati sono too
big too fail. Si è quindi, attivata, tutta una serie di rescue loans che ha esposto tanti altri Stati, quelli
i cui istituti e meccanismi di credito sono o sarebbero ancora solidi.
Le strette fiscali si sono diffuse in molti Stati sovrani i cui livelli di indebitamento erano cresciuti a
dismisura e sopra i livelli consentiti da patti come quello europeo di stabilità.
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Si parte dal considerare la spesa aggregata AD1 di un sistema economico. L’ipotesi presentata
potrebbe essere riferibile a un’economia europea che, in un secondo momento, caratterizzato da una
spesa pubblica finanziata dall’emissione di titoli del debito pubblico, si impone in un terzo momento
una stretta fiscale che deprime il reddito di equilibrio.
Figura 2. Spesa aggregata-reddito: diverse ipotesi
Spesa aggregata, AD (e tutte le sue componenti)
AD=Y (retta a 45°)
AD2= 160+0,4Y
AD1= 120+0,4Y
AD3= 160+0,28Y
AD*
A=C0=100
Y’
Y*
Y**
Y, reddito
AD1 è, inizialmente, la somma di C e I.
a) Se I=20, a cosa è pari la retta qui sopra tratteggiata? 100 sono i consumi autonomi, cioè che
non dipendono dal reddito
b) Il reddito di equilibrio è inizialmente, Y*:
AD=Y
120+0,4Y=Y
120= 0,6Y
200=Y*
c) Cosa succede se, in un secondo momento, AD1 aumenta di G= 40? AD2= 120+40+0,4Y=
160+0,4Y
160+0,4Y=Y
160= 0,6Y
266,6=Y**
d) Cosa succede se, in un terzo momento, AD1 aumenta di G= 40 e il Governo impone Tasse=
0,3Y?
AD3= 160+0,4(Y-0,3Y)= 160 + 0,28Y
160 + 0,28Y = Y
160= 0,72Y
222,2=Y’
Esempio 3 Quando i prelievi sono eccessivi
Supponete che la spesa aggregata di un sistema economico, non privo di uno Stato esattore e
fortemente dipendente dalle importazioni sia pari a:
AD= C+
I + G + NX=
100 + 0,8Yd + 20 + 50 + 70 – 0,8Y
(Yd= reddito disponibile= Y-0,2Y).
La spesa aggregata è data da:
AD= 240+0,8 (Y-0,2Y) – 0,8Y
AD= 240 + 0,64Y – 0,8Y
AD= 240 – 0,16Y
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La spesa aggregata ha pendenza negativa!
AD=Y
240-0,16Y= Y
240= 1,16Y
206,89= Y*
Figura 3. Quando si esagera con i prelievi
AD
AD=Y
AD= 240 – 0,16Y
AD’= 190-0,16Y
Y*’
Y*
Y
Cosa succederebbe se le esportazioni calassero ulteriormente a X’= 20?
La situazione potrebbe soltanto peggiorare.
AD’= 190 – 0,16Y
AD=Y
190 – 0,16Y= Y
Y*’= 163,79
2. SPOSTAMENTI DELLA DOMANDA DI MONETA
Se l’offerta reale di moneta è LS, la domanda reale di moneta è, in funzione del reddito Y:
LD = α + βY –γ (r-rd)
α > 0, β > 0, γ> 0
La domanda di moneta aumenta, cioè, all’aumentare del reddito Y, ma diminuisce con il costo
opportunità del denaro (r-rd), differenza tra il tasso di interesse r che si può guadagnare da un
investimento finanziario ed il più basso rd che si può guadagnare sul deposito a vista (in conto
corrente, spesso prossimo allo zero). Nella condizione di equilibrio, LS = LD. Variazioni del reddito
Y determinano spostamenti lungo la domanda come sopra descritta, ma variazioni nella domanda
autonoma α o nel costo opportunità (r-rd) determinano spostamenti della domanda.
Per dati LS, Y, e rd, esiste un solo livello di r che assicura:
LS = LD = α + βY –γ (r-rd)
Un aumento esogeno di LS comporta una diminuzione di r ed un maggiore quantità scambiata di
moneta (liquidità) in ragione dello spostamento di LS.
Un aumento esogeno di rd, riducendo il costo opportunità della moneta, determina un aumento della
domanda di moneta. Tuttavia, se l’offerta rimane invariata, la domanda non aumenta se non
consentendo un incremento di r rendimento delle attività finanziarie, così che (r-rd) ritorni al livello
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originario. Un aumento del rendimento dei depositi a vista è compensato da un aumento del
rendimento delle attività finanziarie.
Sono gli aggiustamenti simultanei dei tassi di interesse che garantiscono l’equilibrio nel mercato
monetario.
Esempio 4. Politiche monetarie
Quali sono le conseguenze sull’equilibrio del mercato monetario di una diminuzione del
coefficiente di riserva obbligatoria?
Se la domanda dipende dal tasso di interesse, costo opportunità del denaro mentre l’offerta è
determinata esogenamente dalla Banca centrale, l’equilibrio è inizialmente in r, LL.
Figura 4. L’equilibrio del mercato monetario
r
LLs
LLs’
r
r’
LLd
LL
LL’
LLd,s
Una diminuzione del coefficiente di riserva obbligatoria implica che le banche ordinarie possono
restituire al sistema economico, sotto forma di moneta bancaria, una maggiore quantità di
circolante. L’offerta di moneta si sposta verso destra ed il tasso di interesse di equilibrio diminuisce.
3. IL MODELLO IS-LM
Si consideri il modello:
Y = A − br
IS
A, b > 0
(1a)
Y = D + er
LM
e > 0, 0 < D < A
(1b)
Quindi, Y = A − br = D + er, la condizione di equilibrio è data da:
r = (A − D) / (b + e)
Y = (Ae + bD) / (b + e)
(2)
Per esempio, un aumento della spesa aggregate determina un aumento sia del reddito di equilibrio
che del tasso di interesse.
Nel dettaglio di LM, si può approfondire come nel mercato monetario:
M = fY − hr domanda di moneta f, h > 0
M = mR
moltiplicatore dei depositi m > 0
Quindi,
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Y = [mR + hr] / f = [mR/f ] + (h/f ) r
(3)
Ritornando alla (1b), si può constatate come la costante D in LM che determina quanto LM si possa
spostare nel piano, è pari a [mR/f] e aumenta se la banca centrale decide di aumentare le riserve del
sistema R, se le banche aumentano il moltiplicatore m, o se la domanda diviene più sensibile al
reddito in ragione di f. La pendenza che dipende da e in (1b), dipende dai parametri h e f.
Esempio 5. Il modello IS-LM
Il mercato reale di un sistema economico è caratterizzato dalle seguenti funzioni:
Consumi
C=A+c(Y-T)-dR
Investimenti
I=B-iR
Imposte
T=tY
In equilibrio
Y=AD=C+I+G
Il mercato monetario è caratterizzato dalle seguenti funzioni:
Offerta di moneta
Ms=M’
Domanda di moneta Md=kPY+N-mR
In equilibrio
Ms=Md.
R= tasso di interesse (%) , P= livello generale dei prezzi, M= moneta reale.
Per i seguenti dati: A=700, B=400, c=0,8 , d=5, G=649,6 , i=15, k=0,25 , M=1200, m=10, N=200,
P=1, t=0,2 si calcoli l’equilibrio del sistema economico.
Per IS si può prima di tutto considerare che Y=A+c(1-t)Y-dR+B-iR+G
d +i
A+ B+G
Raccogliendo i fattori per Y e R: Y =
× R.
−
{1 − c(1 − t )} {1 − c(1 − t )}
N − M ' kPY
Per LM, si può calcolare: R =
.
+
m
m
Quindi, sostituendo per i valori dati precedentemente:
IS:
Y=4860-55,556R
LM:
R=-100+0,025Y
Mettendo a sistema, l’equilibrio è caratterizzato da R*=9 (9%) e Y*=4360.
Che vi sia contemporaneo equilibrio nel mercato reale e nel mercato monetario si può agevolmente
calcolare.
1. Per il mercato reale:
C=700+0,8(1-0,2)4360-(5×9)=3445,4
I=400-(15×9)=265
C+I+G= 3445,4+265+649,6=4360
2. Per il mercato monetario, se l’offerta di moneta è M’=1200,
Md=(0,25×1×4360)+200-(10×9)=1200.
Si osservi come nel sistema economico considerato esiste un surplus del bilancio pubblico:
T= 0,2×4360=872
Se la spesa pubblica è pari a 649,6, l’avanzo o surplus pubblico è dato da 872-649,6=222,4.
Esempio 6. Rigidità e politiche monetarie inutili
È di seguito rappresentata la funzione IS di un sistema economico:
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Figura 5. La piena occupazione o la rigidità del sistema
Tassodi interesse
IS
Y
Y’
Data la funzione IS prima rappresentata:
a) il reddito di equilibrio non può/può essere superiore a Y’ ?
Non può essere superiore a Y’. La funzione data è perpendicolare all’asse orizzontale. Il sistema
economico è in piena occupazione o non riesce a innovare in maniera tale da raggiungere una
combinazione produttiva al di sopra della frontiera delle possibilità produttive. (Si ritorni al capitolo
primo di Economia).
b) una politica monetaria espansiva aumenta/riduce/lascia invariato il tasso di interesse ?
Una politica monetaria espansiva può ridurre il tasso di interesse ma risulta inutile o inefficace in un
sistema con questa IS. Si pensi a famiglie ormai sature e che non potrebbero consumare oltre.
c) una politica monetaria espansiva aumenta/riduce/lascia invariati gli investimenti ?
Per questa IS, gli investimenti rimarrebbero invariati.
Fatta salva sempre l’ipotesi che la politica monetaria espansiva non stimoli quelle invenzioni e
quelle innovazioni che generano nuovi investimenti e trainano la domanda a nuovi consumi … Ma
allora IS varia ….
4. CURVA DI PHILLIPS DI BREVE E LUNGO PERIODO
Si consideri la curva di Phillips di breve periodo:
π = πe − b(U − U*)
b>0
(1)
dove U e U* sono, rispettivamente, la disoccupazione attuale e quella nella condizione di equilibrio,
π è l’inflazione e πe è l’inflazione attesa. Se disoccupazione attuale e di equilibrio coincidono,
l’inflazione è determinata dal livello di quella attesa che determina, a sua volta, l’altezza della curva
di Phillips di equilibrio di breve periodo. Quando l’inflazione attesa è elevata, la curva di Phillips è
alta nel piano. Il parametro b determina la pendenza della curva. Maggiore b, maggiore la pendenza
della curva nel piano.
Nel lungo periodo, un qualsiasi livello di inflazione attesa coesiste con U e U* che coincidono.
Inflazione attuale e attesa coincidono lungo la curva di Phillips di lungo periodo che è
perpendicolare all’asse orizzontale.
Se la banca centrale cerca di stabilizzare l’inflazione al 2%, ci si aspetta:
πe = 0.02 − a(U − U*)
a>0
(2)
Quando la disoccupazione eccede U*, ci si aspetta un’inflazione inferiore a quella normale. Quando
la disoccupazione è al di sotto di U*, ci si aspetta un boom oltre il livello normale di inflazione.
Combinando (1) e (2):
π = 0.02 − (a + b)(U − U*)
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(3)
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Esattamente, come l’inflazione attesa condizioni il mondo reale è oggetto di continuo dibattito.
5. IL MERCATO DEL LAVORO E LE POLITICHE PER IL LAVORO
Si supponga che la forza lavoro sia L, l’accettazione delle offerte disponibili sia A, la domanda di
lavoro sia D e le relative equazioni corrispondono alle seguenti:
L = a+ bw
A = (b+ c)w
D = e –f (w+t)
a,b,c,e,f > 0
t>0
(1)
dove a,b,c,e e f sono positive e t è l’imposta sul reddito da lavoro. I lavoratori aspirano a incassare
il salario (o stipendo) w, mentre le imprese sostengono un costo lordo (w+t) per lavoratore.
Nel mercato del lavoro, A eguaglia D. Ne consegue la soluzione:
w = (e-ft) / (b+c+f)
A = (e-ft)(b+c)/ (b+c+f)
(2)
Nell’equilibrio la disoccupazione (L – A), semplicemente (a – cw) può essere scritta come:
u* = { a( b+c+f ) – c(e-ft)} / ( b+c+f )
(3)
Un incremento delle imposte sul lavoro, in particolare dell’aliquota t aumenta la disoccupazione di
equilibrio? Sì, se si pensa che un aumento unitario di t aumenta u* di cf / (b+c+f). Tutto ciò che
riduce quanto possano incassare i lavoratori aumenta il gap tra coloro che intendono lavorare e
coloro che accettano di lavorare. (2) conferma che aliquote fiscali maggiori riducono il numero
delle accettazioni degli impieghi disponibili, poiché si riduce la componente (e-ft). La domanda si
riduce della medesima quantità se si considera che il costo lordo del lavoro (w+t) aumenta
malgrado il calo di w,
w + t = [e + (b+c)t ] / [b+c+f ]
poichè aumenta t.
In termini di politiche per il lavoro, la questione chiave è quanto sia più reattiva la funzione A
rispetto alla funzione L. Se entrambe hanno la medesima pendenza (c= 0) l’equazione (3) comporta
che l’aliquota di imposta non avrebbe effetto sulla disoccupazione di equilibrio. Se le due funzioni
LF e AJ sono parallele, variazioni della quantità di equilibrio, per qualsiasi ragione, non incidono
sulla distanza orizzontale che corrisponde alla disoccupazione nella condizione di equilibrio.
Tuttavia, se la AJ è più reattiva (maggiore c) più elevate è la riduzione dell’occupazione in
equilibrio, più ampio è il divario tra impieghi accettati e forza lavoro, con maggiore disoccupazione
di equilibrio.
6. A PARITA’ DI TASSO DI INTERESSE
Se r è il tasso di interesse nazionale, r* è il tasso di interesse straniero (sul mercato estero), s è il
tasso di cambio nominale, ds/dt è il saggio di variazione del cambio, (1/s)ds/dt è il capital gain (in
percentuale) che un investitore straniero realizza dal trattenere la valuta nazionale, la parità dei tassi
di interesse comporta:
r* + (1/s)ds/dt = r
(1)
Il tasso di cambio reale v è dato da:
v = sp/p*
(2)
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dove p è il livello generale dei prezzi nazionale e p* è quello straniero. Il tasso di cambio reale
comporta:
(1/v)dv/dt = (1/s)ds/dt + (1/p)dp/dt − (1/p*)dp*/dt = (1/s)ds/dt + π − π*
(3)
L’apprezzamento del tasso di cambio reale riflette l’apprezzamento del tasso di cambio nominale
con un’inflazione nazionale (π) o una deflazione estera (− π*).
Combinando (1) e (3):
r* − π* = r − π + (1/s)ds/dt + π − π*
⇒ [r* − π*] = [r − π] + [(1/v)dv/dt]
(4)
La parità degli interessi espresso in termini nominali nell’equazione (1) – una differenza nei tassi di
interesse nominali deve essere compensata da capital gains o losses nei tassi di cambio nominali per
conservare il pari rendimento in valute differenti in un regime di perfetta mobilità dei capitali –
comporta un gap similare nei tassi di interesse reali, con i medesimi effetti sui tassi di cambio reali.
7. DOMANDA AGGREGATA E REGIME DI CAMBI FISSI
Si assume che la domanda aggregate dipende negativamente dal tasso di interesse reale e che la
politica monetaria può aumentare il tasso di interesse reale nel momento in cui inflazione e reddito
(output) sono troppo elevati:
Y = A – b (r-π )
r - π = fπ
A > 0 , b > 0,
f>0
(1)
Combinando le due equazioni si ottiene:
Y = A – aπ
a = bf
(2)
dove A riguarda tutto ciò che influenza la domanda dalle aspettative di investimento, alla spesa
pubblica o alle esportazioni mentre il secondo termine mostra che un’inflazione elevata π riduce la
domanda aggregata, inducendo la banca centrale ad aumentare i tassi di interesse.
In un regime di cambi fissi, tassi di interesse nominali fissi e politica monetaria dedita a mantenere i
tassi a quei determinati livelli, qualsiasi siano le variazioni della domanda, quali sono i possibili
effetti sulla domanda considerando il commercio estero ed i tassi di cambio reali?
La domanda aggregata può essere riscritta come:
Y = A’ – b (r-π ) - h( EP/P*)
A’> 0, h > 0
(3)
dove il terzo termine mostra l’effetto di un tasso di cambio reale più elevato sulla domanda per il
PIL interno. Il tasso nominale E è fissato in un intervallo di cambio e il livello generale dei prezzi
straniero P* è esogeno.
Prima di tutto, un aumento dell’inflazione nazionale aumenta la domanda aggregata, riducendo il
tasso di interesse reale quando il tasso di interesse nominale deve essere adeguato all’intervallo (ma
intervallo contenuto) di oscillazioni del tasso di cambio.
Questo è detto effetto Walters dal consigliere di Margaret Thatcher, nel periodo in cui il Regno
Unito manifestò scetticismo all’idea dell’adesione al club europeo del cambio fisso, per questo
fenomeno abbastanza perverso: un paese con inflazione è caratterizzato da un basso tasso di
interesse reale. Ciò stimola la domanda causando maggiore inflazione e… il tutto può rivelarsi una
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spirale perversa.
Se tutto fosse così ovvio, l’eurozona sarebbe fallita molto tempo fa! Ma si consideri l’effetto
stabilizzante nell’ultimo termine della (3). Con un tasso di cambio nominale confinato ad un
intervallo ben preciso di oscillazioni (e non oltre), un paese con alta inflazione diviene sempre meno
competitivo, poichè il tasso di cambio reale si apprezza. Minore competitività implica una riduzione
della domanda aggregata.
Se il secondo effetto è più ampio del primo, una maggiore inflazione riduce la domanda aggregate.
È allora possibile rappresentare una domanda aggregata di inclinazione negativa in ragione
dell’inflazione, persino con un tasso di cambio nominale ‘costretto’ ad una banda di oscillazione (e
non oltre).
Che il tasso di cambio reale abbia effetti sulla competitività, è tipico di piccole economie il cui
commercio è rilevante. La pressione a creare un’unione monetaria in Europa è in parte dovuta
all’incremento delle relazioni commerciali ed alle pressioni sul tasso di cambio reale.
I padri dell’unione monetaria intendevano creare una stabilità nella competitività del Sistema
Europa ed ad impedire ‘guerre valutarie’ tra gli Stati membri.
π
Figure 6 e 7. Effetto normale ed effetto perverso
π
AD
AD
Y
Y
Perverso (Effetto Walters)
Normale
8. UN MODELLO DI BILANCIA DEI PAGAMENTI IN CRISI E LA CRISI
CONTEMPORANEA
Il Professor Paul Krugman ha vinto il Premio Nobel per il suo lavoro pionieristico sul commercio
internazionale. Tuttavia un suo primo lavoro scientifico riguarda la bilancia dei pagamenti in crisi.
Il modello potrebbe essere riadattato facendo riferimento alla recente crisi, nella quale gli Stati
soffrono di un costante deficit, sostanzialmente finanziato dall’emissione di moneta (quantitative
easing).
Si supponga che in un sistema economico vi sia assoluta flessibilità dei prezzi. Il PIL sia pressoché
al livello potenziale. La politica fiscale sia fuori controllo ed i deficit pubblici vengano finanziati
con politiche monetarie espansive.
Inizialmente il tasso di cambio è fisso e pari a E. Se P è il livello generale dei prezzi nazionale e P*
è quello straniero e il tasso di cambio reale di equilibrio è S, allora EP/ P* = S. Derivando rispetto
al tempo ed assumendo che il livello dei prezzi straniero sia costante, si ha che:
de/dt = - dp/dt = - π
(1)
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e e p sono i logaritmi di E e P, d/dt è il tasso di cambio e π è la variazione percentuale dei prezzi. Il
tasso di cambio nominale si deprezza al tasso di inflazione così che il tasso di cambio reale rimanga
costante.
M è la passività della banca centrale bilanciata dalle due componenti attive, quote del debito
pubblico nazionale D e riserve (di valuta nazionale ed estera) R.
M = D+R
(2)
Se il debito cresce ad un tasso esogeno in ragione della continua (ed incontrollata crescita dei deficit
pubblici), con un intervallo di oscillazione del tasso di cambio, (1) comporta che l’inflazione
nazionale è prossima allo zero per mantenere in equilibrio il tasso di cambio reale. Per livelli
generali dei prezzi costanti e PIL potenziale, la domanda reale di moneta è costante. In assenza di
inflazione anche l’offerta nominale di moneta M è costante. Se il debito pubblico continua a salire,
l’equazione (2) implica che le riserve R debbano calare.
Se si passa ad un regime di cambi flessibili, l’inflazione sale come il tasso di interesse nominale. La
domanda reale di moneta sale. Se le riserve R sono zero e D cresce ‘modestamente’, non ci sarà un
aumento della moneta nominale M.
Tutto si aggiusterà per oscillazioni dei livelli generali dei prezzi.
Il tasso di cambio nominale si abbasserà così da mantenere il tasso di cambio reale in equilibrio.
Se l’aumento di M/P non è attivabile attraverso aumenti di P ed E, allora bisogna operare su M.
Ricordando (2), l’aumento dell’offerta di moneta si ottiene agendo sulle riserve.
Fonte: P. Krugman (1979). ‘ A model of balance of payments crises,’ Journal of Money, Credit and
Banking’, August, pages 311-325.
9. IL MODELLO DEL MOLTIPLICATORE E DELL’ACCELERATORE
I sono gli investimenti attuali, I− 1 sono gli investimenti di ieri, Y è il PIL o output e ΔY indica (Y −
Y− 1), cioè l’aumento di prodotto tra ieri ed oggi. Y è correlate a I dal moltiplicatore Y = I/(1 − c),
dove c è la propensione marginale al consumo. L’investimento dipende dalla possibilità che il
prodotto cresca, così che I = a ΔY. Quindi,
I = a ΔY = [a/(1 − c)][I − I−1]
I = − {a/[1 − c − a]}I−1
In forma generale, I = bI−1. Se b è una frazione positiva, I diminuisce col trascorrere del tempo e
diviene zero. Se b è superiore a uno, I cresce continuamente.
Si supponga ora che il consumo non dipenda dal reddito di oggi ma da quello di ieri, cioè C = A +
cY−1 e si supponga che l’investimento dipenda dalla crescita di ieri I = a[Y−1 − Y−2]. Se l’economia è
caratterizzata dalla semplice relazione Y = C + I,
Y = A + cY−1 + a[Y−1 − Y−2]
(1)
nel lungo periodo, a prodotto costante, il termine finale è zero e il PIL di equilibrio è Y* dato da Y*
= A/(1 − c). Indicando con y la Y − Y*, deviazione del PIL dal livello di lungo periodo, si può
sottrarre Y* da entrambi i membri di (1) e si ottiene:
y = cy−1 + a[y−1 − y−2]
(2)
In ragione dei valori di c e a, (2) può comportare cicli stabili, con forti accelerazioni o
decelerazioni. Se c = a,
(y − y−1) = −(y−1 − y−2)
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così che la crescita, positiva o negativa che sia, si alterna ed è della medesima ampiezza.
10. LA TEORIA NEOCLASSICA DELLA CRESCITA
Il prodotto o output pro-capite è pari a f(k). Per una propensione media e marginale costante pari a s,
il risparmio pro-capite è sf(k).
In un’economia priva degli attori Stato e Resto del Mondo, il risparmio eguaglia l’investimento
.
(pro-capite), l’investimento con un tasso di ricapitalizzazione pro-capite (per addetto) pari a nk e k
tasso di variazione,
.
k + nk = sf(k) (1)
Nello stato stazionario con k*, la variazione di k è zero, così nk* = sf(k*). Quindi,
.
k = sf(k) − nk
.
k >0
if
f(k)/k > n/s
and
.
k <0
(2)
if f(k)/k < n/s
Per rendimenti decrescenti, f(k) cresce meno velocemente di k. Per k > k* deve essere che f(k)/k è
inferiore a n/s. Per k < k*, f(k)/k è superiore a n/s.
Nello stato stazionario, nk* = sf (k*). Dato n, un esogeno aumento di s, aumenta k*/f(k*). Poichè la
funzione f(k) è caratterizzata da rendimenti decrescenti al crescere di k, k* deve essere maggiore per
determinare un aumento di k*/f(k*) al crescere di s. Un maggiore risparmio induce un innalzamento
dello stato stazionario e del relativo capitale pro-capite (per addetto).
11. IL VANTAGGIO COMPARATO
Ci sono due beni X e Y e due paesi A e B. Il paese A ha una dotazione di 120 di risorsa allocabile ad
una delle due produzioni. La frontiera delle possibilità produttive di A è data da:
120 = YA + 2XA
YA = 120 - 2XA
(1)
(1), in entrambe le versioni, mostra la quantità massima di Y che A può produrre dato il livello di X.
Per il paese B, più piccolo e con una disponibilità di risorse che non supera 40, la frontiera delle
possibilità produttive p data da:
40 = YB + XB
YB = 40 – XB
(2)
In ogni paese i consumatori desiderano consumare la medesima quantità di X e Y. Ma allora;
YA = XA = 40
YB = XB = 20
(3)
Se il commercio internazionale è possibile, quale dei due paesi ha un vantaggio comparato? Nel
paese A, sacrificare un’unità di X comporta ottenere 2 unità in più di Y. In B, sacrificare un’unità di
X comporta un’unità in più di Y. Il paese A ha un vantaggio nel produrre Y e B ha un vantaggio
nella produzione di X.
Se B si specializza nella produzione di X:
YB = 0
XB = 40
(4)
A produrrà allora una maggiore quantità di Y ma, ricordandosi che i consumatori chiedono di
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entrambi i beni, A produrrà anche X.
120 = YA + 2XA
80 =
2XB
e
e per somma
200 = Y + 2 X, dove Y e X indicano la produzione mondiale.
Se i consumatori desiderano equivalente quantità dell’uno e del’altro bene, allora la distribuzione
avviene nelle seguenti proporzioni:
X = Y = 66.7
(5)
A produce 66.67 del bene Y e (66.67-40 = 26.67) del bene X.
Prima del commercio internazionale, A produceva 40 di ciascun bene e B produceva 20 di ciascun
bene così che il prodotto mondiale era di 60. (5) conferma che il commercio internazionale genera
un vantaggio. Specializzarsi in una produzione nella quale si ha un vantaggio comparato stimola la
produzione ed il consumo di entrambi i beni.
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