Ciclo di incontri
“Il Futuro
dell'apprendimento”
La Scimmia che Impara e Insegna
Tecnologie per
l'apprendimento
I sistemi educativi
Imparare nel futuro
Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
Tecnologie per l’apprendimento
La razza umana ha inventato nel corso dei millenni, almeno 6, degli
strumenti che facilitano l’apprendimento della singola persona e il trasferimento della conoscenza da una generazione all’altra.
La scrittura è stata la tecnologia principe per la maggior parte della
storia umana “recente” sia per facilitare l’apprendimento personale sia
per preservare la conoscenza.
Era, ed è stata per molti millenni, una tecnologia molto
costosa. Basti pensare che un
libro tascabile di oggi avrebbe
richiesto agli Assiri una stanza
intera per riporre le circa 2000
tavolette cuneiformi a questo
corrispondenti, e il peso di quel
“tascabile” sarebbe stato vicino
alla tonnellata!
I primi “libri di scuola” risalgono proprio agli Assiri e sono
tavolette cuneiformi con pro-
Figura 1 - Tavolette cuneiformi
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blemi di matematica che si suppone i ragazzi (pochissimi) dovevano
risolvere. Per la “scuola” si usavano tavolette ricoperte di cera in modo
da poter cancellare gli svarioni. Riusabili, quindi, ma poco durature. Un
millennio più tardi abbiamo testimonianze dall’Egitto con il primo testo
di medicina e chirurgia, in questo caso non tavolette ma papiri certo
più leggeri ma anche più complicati da produrre e quindi più costosi.
Occorre arrivare al 1456, con l’invenzione della stampa a caratteri
mobili, per avere un enorme abbattimento dei costi, che comunque
restavano enormemente elevati rispetto a quelli di oggi.
La scarsità di persone che possedevano la conoscenza e il lungo
tempo necessario per trasferire questa conoscenza portò alla creazione di una professione, quella dell’insegnante, e di una struttura, la
scuola. Nella scuola si viene ad aggregare la conoscenza e spesso
alla scuola veniva richiesto sia di trasmettere la conoscenza sia di
“preservarla”. Per millenni questa conoscenza è stata, in rapporto ad
oggi, molto scarsa, a punto che una singola persona era in grado di
“conoscere tutto” (o quasi).
Figura 2 - La pressa di Gutenberg
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Questa situazione si è mantenuta fino a tempi relativamente recenti, certo fino all’anno 1000. Dal Rinascimento in poi la quantità di informazioni e la loro aggregazione in conoscenza inizia a crescere e la
disponibilità di strumenti più efficienti nel trasferimento di informazioni
innesca un circuito virtuoso che porta a aumentare il numero di persone “istruite”, che a loro volta producono nuove informazioni e conoscenze.
Quello che è accaduto negli ultimi 100 anni, e che vedremo nel
prossimo eBook, è una moltiplicazione di informazioni e conoscenze
che non ha precedenti nella storia dell’umanità e negli ultimi 20 anni
abbiamo avuto un enorme incremento nella possibilità di accesso a
queste informazioni.
Come vedremo nel 4 eBook questo fa sorgere domande su cosa
voglia dire in termini di insegnamento, di apprendimento e di struttura
della Società. Ricordiamoci che abbiamo iniziato a chiamare la nostra
era “Società dell’Informazione” anche se, nei fatti, i processi che usiaFigura 3 - Produzione, Accesso, Comprensione, Apprendimento
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mo per imparare e insegnare non sono molto dissimili da quelli che
erano in voga 2.500 anni fa.
Come punto di partenza per un viaggio che ci porterà a speculare
su come potrebbe essere l’apprendimento nel futuro conviene osservare la tecnologia, quella di oggi (già disponibile anche se spesso
poco usata) e quella di domani (che esiste nei laboratori o in alcune
nicchie ma non è in genere disponibile al grande pubblico).
L’evoluzione del libro
Negli ultimi cinquant’anni i libri sono diventati a colori, hanno assunto vari formati e talvolta hanno incluso in alcune pagine dei meccanismi in grado di trasformare la pagina in un contesto a tre dimensioni.
Tutto questo è stato reso possibile dalla invenzione di nuovi processi
di stampa e di fascicolazione che nel contempo hanno anche abbattuto il costo della singola copia.
Dal punto di vista della
fruizione, certamente i
libri di oggi sono più piacevoli di quelli di ieri ma
se una persona dell’800
si risvegliasse ai giorni
nostri
riconoscerebbe
immediatamente il “libro”.
Figura 4 - Gli eBook Reader
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Lo stesso accadrebbe anche ad una persona vissuta nel 1500 e pure ad
una vissuta ai tempi di Giulio Cesare o del faraone Ramsete: prenderebbe in mano il libro, noterebbe i progressi fatti in termini di qualità della
carta e rilegatura ma non sarebbe certo stupito ne avrebbe problemi ad
utilizzarlo.
Diverso, credo, sarebbe se si trovasse in mano un eBook reader.
Certo, anche questo permette di visualizzare un testo e delle figure ma
l’interazione con il contenuto è molto diversa. In quel libro computerizzato vi sono caratteristiche completamente diverse rispetto ad un libro
cartaceo.
La digitalizzazione dei contenuti
Ormai tutti gli editori utilizzano libri in formato digitale. Infatti la
stampa avviene a partire da una descrizione digitale dei contenuti che
guida le rotative alla stampa delle pagine, con un processo che per i
libri a colori utilizza la quadricromia, cioè le immagini sono stampate
utilizzando quattro colori base.
Figura 5 - La stampa digitale
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Anche se le rotative industriali utilizzano tecnologie più raffinate per
la stampa il processo è concettualmente identico a quello cui siamo
ormai abituati quando stampiamo delle informazioni dal nostro computer sulla stampantina di casa. Il computer indica alla stampante cosa
deve stampare in un certo punto e le caratteristiche associate, ad
esempio il colore, e questa esegue.
Nel caso di fruizione del contenuto su di uno schermo il concetto è
simile, una applicazione che gestisce lo schermo indica cosa deve
essere visualizzato e le sue caratteristiche.
Nel caso dello schermo si pone però il problema di gestire al
momento la formattazione. Sia perchè possono esserci schermi di
Figura 6 - Il DRM
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dimensione diversa, basti pensare allo schermo di un telefonino rispetto a quello di un laptop o di un televisore, sia perchè una persona che
guarda le informazioni visualizzate potrebbe chiedere di vederle
ingrandite o rimpicciolite.
Inoltre, ad alcuni contenuti l’editore associa certe caratteristiche
che gli permettano di controllarne l’utilizzo. Ad esempio l’editore
potrebbe imporre la visione su di un solo terminale, per un certo periodo di tempo oppure solo per quei terminali associati a chi ha acquistato il libro. Il meccanismo tramite cui questo avviene si chiama DRM,
Digital Rights Management.
A questo proposito le reazioni degli utilizzatori sono varie: da chi
trova ovvio che esista questo vincolo a chi si chiede perchè mai
dovrebbe esistere visto che se si acquista un libro di carta lo si può poi
dare a chi si vuole, e spesso questo accade, per cui un singolo libro
viene letto da più persone. Il problema è che la facilità dell’effettuare
una copia digitale di un contenuto che risulta essere identica all’originale (il libro digitale è sempre “fresco di stampa”) abbatte il valore del
libro stesso per cui al limite l’editore potrebbe venderne una sola copia
per poi vedere che questa è duplicata in milioni di esemplari.
Oggi tutti i libri digitali (chiamati eBook) forniti da case editrici sono
protetti tramite un DRM. Esistono però centinaia di migliaia di libri che
non sono protetti (in quanto “vecchi”) e che possono essere liberamente fruiti. Questo vale anche per i contenuti generati da noi: potremmo decidere di renderli fruibili senza alcun vincolo oppure di proteggerli tramite un DRM. Notiamo anche che la protezione di per sè non
implica che occorra “pagare”. Vi sono molti libri protetti che possono
essere fruiti gratuitamente in quanto chi li mette a disposizione recupera i costi in maniera diversa (i costi ci sono sempre, da quelli per la
impaginazione, a quelli per la memorizzazione e per la trasmissione).
Ad esempio inserendo della pubblicità nel libro oppure sul sito da cui
posso scaricarlo.
Sono molti i siti da cui è possibile scaricare libri digitali, ad esempio
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Figura 7 - Libri elettronici
www.free-eBooks.net oltre ovviamente ad Amazon, Borders, Apple
iTunes e iBooks.
La varietà di libri disponibili è immensa, oltre 500.000 titoli sono
offerti da Amazon in inglese e anche in Italia i principali editori si sono
attrezzati per rendere fruibile in digitale il loro catalogo.
Google ha in progetto di rendere disponibili in digitale tutti i libri che
sono contenuti nelle più grandi biblioteche del mondo. Ne sono già disponibili centinaia di migliaia e ve ne saranno sempre di più. È ovvio
che questo aumenta in modo smisurato la possibilità di accesso alle
informazioni. Chi avrebbe immaginato, cinquanta anni fa, che l’intera
biblioteca del Congresso degli Stati Uniti sarebbe stata disponibile nel
nostro salotto!
Ovviamente un libro elettronico è fatto di bit, 0 ed 1, e per poter
essere letto ha bisogno di un terminale che li trasformi in caratteri e
figure, ha bisogno di quello che viene chiamato eBook Reader.
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Diversi tipi di eBook reader
La lettura del libro digitale può essere fatta con un qualunque dispositivo dotato di schermo e di una applicazione in grado di leggere il
formato in cui il libro è stato codificato. Certamente un computer va
benissimo ma oggi esistono degli eBook reader che anche nel formato ricordano il libro.
Tutti gli eBook Reader hanno una capacità di memorizzazione che
consente loro di contenere centinaia, a volte anche migliaia di libri elettronici. Diventa possibile portare con noi intere biblioteche. Inoltre, un
sempre maggior numero di modelli di Reader ha la possibilità di connettersi ad Internet, sia via WiFi (praticamente tutti) sia tramite sistema radiomobile. Diventa possibile consultare in qualsiasi momento la
“biblioteca” Internet che già oggi contiene milioni di libri e trovato quello che interessa scaricarlo in meno di un minuto.
Dal primo eBook Reader di successo, Kindle di Amazon, si è passati ad una varietà di modelli che si stanno man mano arricchendo di
applicazioni consentendo di fruire di una varietà di servizi associati alla
lettura, come ad esempio prendere note, archiviarle, scambiarle con
altri lettori e effettuare delle ricerche sia sul testo sia sulle note.
Gli eBook Reader sono dotati
di schermi basati su due tipi di
paradigmi: carta e televisore. Nel
primo la luce che batte sulla
superficie dello schermo viene
riflessa, nell’altro in cui, la luce
proviene dallo schermo stesso.
Figura 8 - Kindle, il primo eBook Reader di successo
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Lo schermo a luce riflessa
Il primo schermo a luce riflessa che si è reso commercialmente disponibile è quello basato sulla tecnologia eInk (inchiostro elettronico).
Questa è una tecnologia nata in questo secolo che è ancora in fase
di affinamento per cui nei prossimi anni possiamo attenderci un miglioramento delle sue caratteristiche, in primis la possibilità di visualizzare il colore, mentre oggi è in grado di visualizzare solo in bianco e nero
e 16 toni di grigio.
Uno schermo eInk è formato da due sottilissimi fogli di “plastica”
che racchiudono al loro interno 480.000 sferette trasparenti1, ciascuna contenente sferette ancora più piccole aventi una parte bianca ed
una nera. Applicando un opportuno voltaggio a ciascuna sfera (in
modo individuale, cioè indipendente da quello applicato alle altre) è
possibile far orientare le piccole sfere interne in modo tale che tutte, o
una parte, espongano il lato nero verso i nostri occhi (in una variante
tecnologica le sferette interne sono alcune nere ed altre bianche; in
questo caso vengono fatte emergere le nere o le bianche a seconda
di cosa si vuole ottenere).
[1] Il numero si riferisce a
Kindle che ha uno schermo
con una risoluzione di
600x800 pixel
Figura 9 La tecnologia eInk
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La luce ambientale si riflette sulle sferette e arriva ai nostri occhi
portando l’informazione: colore bianco o nero. Se il numero di sferette
che hanno il lato nero rivolto verso di noi è inferiore a quello totale delle
sferette presenti in una data sfera ve ne saranno alcune con il colore
nero ed altre con il colore bianco e questo sarà percepito dai nostri
occhi come colore grigio, tanto più scuro quante più sono le sferette
che ci mostrano la parte nera.
La tecnologia attuale impiega un tempo relativamente “lungo” per
effettuare la “commutazione” delle sferette. Questo impedisce di visualizzare immagini in movimento, dei filmati.
I progressi attesi nei prossimi anni dovrebbero consentire di rimpicciolire le sferette trasparenti (e quelle al loro interno). Questo permetterà di utilizzare i colori base (giallo, magenta e cyan) per visualizzare testi e immagini a colori. Notiamo come a parità di risoluzione
(capacità di mostrare un certo dettaglio) occorra avere il triplo di sferette, per una immagine a colori, di quante ne sono necessarie per una
immagine in bianco e nero. Verso il 2012 dovrebbe essere disponibile
lo schermo eInk in grado di visualizzare i colori. La varietà di tonalità
di colore sarà tuttavia notevolmente inferiore a quella a cui ci hanno
abituato gli schermi LCD.
L’aumento della velocità di commutazione, necessaria per la visualizzazione di filmati, è più critica e occorrerà vedere se arriveranno
prima i miglioramenti tecnologici che la consentiranno o se altre tecnologie prenderanno il sopravvento.
L’interessante della tecnologia eInk è la sua somiglianza alla carta.
Come la carta, infatti, l’immagine diventa visibile a seguito della riflessione della luce che colpisce lo schermo. Quanta più luce è disponibile tanto
migliore sarà la nostra percezione della immagine. Ideale quindi per una
lettura su una sdraio in spiaggia (dove invece la tecnologia LCD dovendo competere con la luce solare non porta ad una buona visibilità).
Una nuova tecnologia, disponibile in laboratorio oggi e attesa entro
il 2013 nelle nostre mani, sfrutta i principi di riflessione della luce in
presenza di nanoparticelle. Non è nuova, viene utilizzata da migliaia di
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Tecnologie per l’apprendimento
Figura 10 - Dalle ali delle
farfalle agli schermi riflettenti
a colori
anni dalle farfalle che devono i colori sgargianti delle loro ali proprio a
questo. Nel caso delle farfalle le ali sono ricoperte da scaglie che a
seconda dell’incidenza dei raggi luminosi creano la riflessione di certe
lunghezze d’onda, quello che i nostri occhi percepiscono come colori.
Nel caso degli schermi che i ricercatori stanno mettendo a punto (si
tratta di realizzare un processo di produzione industriale a basso
costo) ogni scaglia rappresenta un pixel, un elemento di visualizzazione, e variando la sua inclinazione applicando una opportuna tensione
diventa possibile visualizzare una varietà praticamente infinita di colori (purchè presenti nella luce incidente in quanto viene riflessa una frequenza specifica e se questa non è presente nel raggio che illumina lo
schermo ovviamente non viene riflesso nulla). La luce bianca, e la luce
solare, presentano tutto il ventaglio di frequenze e quindi di colori, pur
avendo normalmente delle dominanti (la luce di mezzogiorno ha una
dominante gialla, la luce filtrata dalle nubi presenta una dominante blu,
quella del tramonto, ovviamente, presenta una dominante rossa.
I nostri occhi, o meglio, il nostro cervello, compensano la dominante per cui se non si presta particolare attenzione una mela verde ci
sembra dello stesso colore sia che la si veda a pranzo o al tramonto,
in una giornata di sole o nuvolosa.
Schermi non riflettenti
Esistono svariate tecnologie per visualizzare testi e immagini tramite emissione di luce. Dagli ormai praticamente estinti schermi CRT
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Figura 11 - Schermo a emissione di luce, luminosità e contrasto
(tubo catodico) agli omnipresenti LCD. La famiglia degli schermi LCD
(Liquid Crystal Display) è molto variegata e in generale si basa su
microcristalli in forma liquida, che cioè possono facilmente variare le
loro caratteristiche. Alcune tipologie sono in grado di bloccare o meno
tutte o certe lunghezze d’onda per cui appaiono neri oppure di un certo
colore. In questi casi viene posto dietro allo schermo un generatore di
luce bianca per creare la luce che filtrerà attraverso i cristalli in modo
opportuno: i cristalli sono pilotati da un apposito computer che indica
loro se far passare o meno la luce. Ogni cristallo ha sovrapposto un filtro con caratteristiche chimiche specifiche che farà passare luce di una
certa lunghezza d’onda, ad esempio quella corrispondente alla luce
che chiamiamo “verde” (il che accade quando il nostro occhio è colpito da una luce alla lunghezza d’onda di 510 nm).
Non è quindi possibile dire al cristallo liquido: “fai passare questa
lunghezza d’onda” ma solo “blocca la luce” oppure “fai passare la
luce”. È per questo motivo che occorre affiancare triplette di cristalli
liquidi ciascuno con uno specifico filtro, per selezionare le lunghezze
d’onda del rosso, del verde e del blu attraverso cui il nostro occhio
vede una composizione tale da portare alla percezione di un dato colore. Queste triplette devono essere sufficientemente piccole e vicine in
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modo tale che il nostro occhio percepisca la composizione dei colori e
non veda tre punti distinti, uno rosso, uno verde ed uno blu.
La qualità da noi percepita di uno schermo è in funzione del numero di triplette di cui dispone (2 milioni corrisponde allo standard televisivo HD), della sua luminosità e del contrasto (cioè la capacità di essere effettivamente nero quando non vi sono elementi da visualizzare (il
che comporta che i cristalli riescano a bloccare tutta la luce che è
generata dalla lampada sotto lo schermo).
Il contrasto è un fattore importante per il nostro occhio. Lo aiuta a
vedere i confini tra gli oggetti e rende più facile riconoscere le scritte.
La luminosità, invece, oltre un certo livello, necessario per “vedere”
affatica l’occhio. Nel caso degli schermi a luce riflessa il problema non
si pone (a meno di essere in spiaggia a ferragosto, ma in quel caso
avremo probabilmente messo gli occhiali da sole per attenuare la forte
luminosità ambientale). La luminosità percepita dall’occhio, infatti, è
uniforme sia per quanto riguarda lo schermo (che riflette la luce
ambientale) sia per quanto riguarda l’ambiente attorno allo schermo.
L’occhio restringe la pupilla fino al punto da far entrare la corretta
quantità di luce. Questo non avviene con uno schermo che emette
luce. Infatti, in questo caso, l’occhio restringe la pupilla sulla base della
luce complessiva e possono aversi due situazioni: nella prima, ad
esempio in spiaggia, la luce ambientale è talmente forte che la pupilla
si restringe molto e non riesce più a vedere quanto presenta lo schermo (la cui luminosità è decisamente molto inferiore a quella ambientale). Per contro, se l’ambiente circostante ha una bassa luminosità, in
casa ad esempio, la pupilla si apre e la luminosità dello schermo ci
appare sì “bella” ma nel giro di una decina di minuti inizia a stancare
l’occhio che nei passaggi continui dallo schermo all’ambiente deve
aprire e chiudere la pupilla. Mal di testa assicurato.
Con gli schermi che emettono luce, occorre quindi prestare attenzione a che la luminosità impostata non ecceda quella ambientale per
evitare un affaticamento dell’occhio. Chiaro come questo problema si
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amplifica quando utilizziamo uno schermo per leggere visto l’attenzione che questo comporta.
Catturare l’attenzione
Abbiamo visto, osservando il cervello in fase di “apprendimento”
come l’attenzione sia un elemento importante. L’attenzione deriva da
una azione volontaria, mediata dal lobo frontale, “Devo stare attento”,
o da meccanismi involontari, mediati dal talamo, sistema reticolare,
collicolo superiore e lobi parietali (dove si trovano i processi auditivi,
del linguaggio e a cui arrivano i collegamenti dalla zona visiva).
Abbiamo anche visto che il lobo frontale più di tanto non riesce a fare
e dopo un numero di minuti che varia da 3 a 15 (aumenta al crescere
dell’età) l’attenzione si perde. Questa perdita di attenzione è percepita
come “noia”; diverso è il caso in cui la perdita di attenzione sia il risultato di uno stimolo diverso che “sposta” l’attenzione. A questo pensa il
meccanismo involontario di cui abbiamo parlato.
Occorre però che il sistema deputato allo spostamento dell’attenzione riporti l’attenzione dove serve dal punto di vista dell’apprendimento.
A questo scopo strumenti che consentano di fornire stimoli variegati
nel tempo possono essere di grande utilità. È anche ovvio che occorre pianificare questi stimoli in modo che siano
funzionali all’apprendimento e non si traducano
in una distrazione.
Figura 12 - Catturare l’attenzione
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Tecnologie per l’apprendimento
Multimedialità
Il nostro è un mondo multimediale, e non lo è solo da quando abbiamo coniato questa parola ma da sempre. Siamo quello che siamo perchè le migliaia di generazioni precedenti si sono evolute in un contesto
fatto di immagini, movimento, suoni, profumi, temperature.
Il cervello si è sviluppato sotto l’impulso di tutti questi stimoli sensoriali. Il fatto che la tecnologia abbia portato ad inventare il libro è
stato un incidente di percorso, che ha a sua volta costretto ad un processo di insegnamento basato su lettura e scrittura. E questo in tempi
relativamente recenti, tanto recenti che il cervello non ha avuto il
tempo necessario per evolvere nella direzione di sfruttare questo
approccio. Certo, impariamo ormai da generazioni sui libri e da generazioni siamo distratti dalle immagini e suoni che ci arrivano dalle finestre e dal mondo esterno alla classe o al posto di lavoro. Ricordiamoci
che essere distratti è una ben precisa strategia di sopravvivenza. Non
ci saremmo qui oggi se i nostri bisavoli non fossero stati capaci di distrarsi dalla raccolta di bacche per percepire l’arrivo di un leone.
Figura 13 - Viviamo in un mondo
multimediale
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Tecnologie per l’apprendimento
In questi ultimi anni la tecnologia ha iniziato a offrire la multimedialità, immagini, suoni, sensazioni proprio (o quasi) come avviene nel
mondo.
Con il libro elettronico è diventato possibile inserire filmati e suoni.
Questi, se usati in modo opportuno, forniscono una distrazione
“costruttiva”, non bloccano il cervello su di un unico versante sensoriale (cosa peraltro impossibile per più di una decina di minuti) ma gli
portano degli stimoli che rafforzano i concetti appena visionati.
La multimedialità può essere fruita anche attraverso una multicanalità, utilizzando cioè strumenti diversi in contemporanea.
La LIM
Un esempio di multicanalità è la LIM, Lavagna Interattiva
Multimediale. Spesso questa è costituita da un proiettore e da una
telecamera/sensori. Il primo proietta immagini (fornite da un computer)
su di una lavagna (superficie bianca) mentre i secondi sono in grado
di rilevare quello che “accade” sulla lavagna, ad esempio che cosa
viene scritto. La scrittura avviene tramite un pennarello particolare che
non ha inchiostro ma una connessione radio verso un computer.
Questo intercetta la sua posizione e fa scorrere l’inchiostro in forma di
immagine.
Il tratto assume diversi colori, a seconda di dove il pennarello venga
“intinto”. Inoltre, quello stesso pennarello funziona anche da mouse
per cliccare su qualunque punto della lavagna. Se in quel punto è presente una immagine di un oggetto con cui è possibile interagire il click
del pennarello porta alla attivazione della interazione.
Lo stesso computer che fornisce le immagini e che interagisce con
il pennarello può anche emettere dei suoni fornendo quindi una pluralità di stimoli.
Una lezione può essere preparata al computer dall’insegnante e poi
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
Figura 14 - La Lavagna Interattiva Multimediale
inviata alla LIM per la sua erogazione in aula. A quello stesso computer possono ovviamente anche essere inviate le ricerche e i compiti
che gli studenti hanno preparato.
Sistemi più recenti prevedono la scomparsa del proiettore e del
computer, entrambi inglobati nella lavagna stessa che diventa uno
schermo sottilissimo (1 cm) ricoperto da una pellicola sensibile al tatto
(ne parliamo tra poco).
Le LIM stanno entrando nelle scuole, l’investimento richiesto è relativamente modesto in termini di equipaggiamento (intorno ai 4.000
euro) ma richiedono un investimento significativo in termini di didattica
per essere sfruttate al meglio.
Le lavagne interattive sono presenti ormai da una decina di anni in
alcuni uffici e vengono utilizzate nel corso di riunioni. In alcuni casi la
lavagna è costituita da fogli di carta su cui si disegna, si scrive, si tracciano schemi. Questi tracciati sono “fotografati” e memorizzati da un
computer che potrà mandarli in eMail ai partecipanti alla riunione e
stamparli.
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Tecnologie per l’apprendimento
Figura 15 - Telefonino con proiettore incorporato
Un altro tipo di lavagna interattiva, anche se ancora non diffusa e
un po’ particolare, è realizzabile tramite alcuni tipi di cellulari che inglobano un miniproiettore.
Questi possono essere appoggiati al banco ed è possibile interagire con l’immagine proiettata tramite la stessa telecamera del telefonino che cattura i movimenti e li passa ad una apposita applicazione. In
un futuro neppure troppo remoto il prof potrebbe mandare il compito
da svolgere ai telefonini dei ragazzi (magari tramite il WiFi presente
nell’aula) e questi potrebbero interagire con il compito, ad esempio un
problema di fisica, in modo manuale, toccando gli oggetti proiettati.
Figura 16 - Fare sperimentazioni di fisica con il telefonino
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
Esistono già delle applicazione per insegnare la fisica proprio in questo modo2.
Anche in casa, tramite l’utilizzo di IPTV o di particolari canali di
insegnamento via PC diventa possibile utilizzare lavagne interattive,
usando lo schermo del computer magari associato ad una tavoletta,
piuttosto che lo schermo televisivo associato ad un sistema di interazione, magari una Playstation o una Wii.
Gran parte della tecnologia necessaria è disponibile e a costi sopportabili da buona parte delle famiglie (che potrebbero anche diventare tutte tramite un contributo dello stato). Quello che occorre è inserirle in modo appropriato nel processo educativo.
Realtà Virtuale
Il computer che invia immagini ad una LIM crea degli artefatti. Può
ovviamente proiettare delle foto di oggetti e ambienti reali ma può
anche crearli ex-novo o modificarli anche in modo radicale.
Questa creazione di oggetti e ambienti in modo talmente accurato
da poter essere percepiti come elementi reali è in genere chiamato
“Realtà Virtuale” o VR. Il vantaggio del VR è quello di abbattere i costi
e di visualizzare situazioni che in vivo potrebbero essere pericolose o
comunque molto difficili da realizzare.
Si può, ad esempio progettare un ponte, visualizzarlo, sottoporlo a
una vera e propria tempesta, o ad un alluvione, e vedere che cosa succede. L’applicazione che realizza questo si basa su algoritmi di simulazione e questi creano dei dati che sono visualizzati in modo da far
percepire l’effetto che si ottiene.
Diventa possibile ricreare sullo schermo di un computer, ma anche
in modo tridimensionale in un laboratorio, una molecola con la sua
[2] Per vederne una che funziona su iPhone: TouchPhysics, scaricabile da iTunes.
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Tecnologie per l’apprendimento
Figura 17 - Simulatore di volo per piloti
struttura e quindi vedere come questa si lega ad un’altra molecola,
cambiando la struttura di entrambe e assorbendo o rilasciando energia.
L’apprendimento che ne consegue è molto più efficace che non una
lettura su di un libro di quello che potrebbe capitare.
È possibile realizzare dei sistemi immersivi, in cui cioè la persona
percepisce quelle stesse sensazioni che proverebbe se fosse nell’ambiente che viene simulato. Molto utilizzati sono i simulatori di volo in cui
i piloti si addestrano a rispondere alle situazioni più disparate. In questi casi quanto più la simulazione multisensoriale è fedele al caso reale
tanto più efficace sarà l’apprendimento e l’attivazione della risposta nel
momento in cui se ne dovesse presentare la necessità. Questi sistemi
di realtà virtuale possono costare qualche milione di euro (forniscono
le sensazioni di accelerazione e di movimento sui tre assi) ma esistono anche sistemi meno sofisticati che possono essere altrettanto validi in settori diversi.
Gli sciatori, e atleti di varie discipline, hanno iniziato ad allenarsi tramite dei sistemi di realtà virtuale, ad esempio per studiare quale può
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Il Futuro dell’apprendimento
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essere la migliore traiettoria in una discesa libera, ripetendola molte
volte, molte di più di quanto non potranno fare in pista, fino a che non
acquisiscono gli automatismi indispensabili per una prestazione ottimale.
Nei prossimi anni vedremo un notevole progresso nelle tecnologie
VR anche in termini di diminuzione di costi per cui potranno essere utilizzate anche in ambiente scolastico e domestico.
Figura 18 - Caschi immersivi per Realtà Virtuale
Realtà Aumentata
Parente stretto delle tecnologie VR sono quelle di realtà aumentata, AR. In questo caso si parte dalla realtà... reale e su questa si
aggiungono elementi artificiale che consentono di fornire informazioni
complementari.
Le tecnologie utilizzate sono diverse e spesso più di una viene
coinvolta. In genere si hanno dei sistemi di visualizzazione e proiezione di immagini associati a sistemi di riconoscimento (GPS, riconosci-
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Tecnologie per l’apprendimento
Figura 19 - Operazione al cervello tramite realtà aumentata
mento di immagini, RFID – etichette elettroniche) e a sistemi di comunicazione che permettono da un lato il trasferimento dell’identificativo
di un oggetto/situazione e dall’altra la raccolta di informazioni relative.
Un tipico esempio di realtà aumentata lo troviamo nelle operazioni
al cervello. In questo caso un sistema computerizzato analizza la zona
operatoria e proietta su questa l’immagine conseguente agli esami
effettuati (in genere tramite PET e MRI). Questa immagine è frutto di
una rielaborazione che tiene conto di come il cervello si è modificato
dal punto di vista geometrico a seguito dell’apertura della scatola cranica.
La AR può essere utilizzata anche per migliorare l’apprendimento,
ad esempio andando a proiettare su di un oggetto un insieme di informazioni che lo riguardano. Tipico in questo senso l’utilizzo che ne
viene fatto dalla Boeing. Quando un aereo ha bisogno di riparazioni (e
questo può avvenire in qualunque aeroporto del mondo) il tecnico che
effettua la riparazione indossa un casco con telecamera e proiettore
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
Figura 20 - Realtà Aumentata
su iPhone
che consente ad un esperto della Boeing da Seattle di vedere cosa sta
facendo il tecnico e di proiettargli sul pezzo che ha di fronte le informazioni sulle azioni che devono essere fatte.
Possiamo immaginare questo tipo di tecnologie applicate anche in
una gita scolastica, con una proiezione sulla immagine catturata da un
cellulare di informazioni relative ad una battaglia con relative animazioni, piuttosto che all’artista che ha scolpito quella statua.
Il tutto abilitando anche un certo livello di interattività.
Interattività
Ricordiamo che il pensiero è un “accidente di percorso” e che il cervello si è sviluppato dal punto di vista dell’evoluzione per rispondere in
modo efficace alle interazioni con l’ambiente circostante.
Gran parte di queste interazioni coinvolgono, sia a monte sia a
valle, l’apparato motorio. Questo è fortemente connesso all’interno del
cervello con le zone visive, con quelle auditive e con quelle del linguaggio. Uno stimolo motorio crea una ulteriore associazione che consolida l’apprendimento.
Non per niente si consiglia ai ragazzi di “sottolineare” un certo pas-
25
Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
saggio, di prendere un foglio e riscrivere usando altre parole quello che
si è appena letto, di provare a costruire quello che è stato descritto.
La tecnologia in questi ultimi dieci anni ha fatto notevoli progressi
rendendo possibili, a costi contenuti, vari tipi di interazione.
Schermi multitouch
I touch screen, cioè schermi che sono in grado di rilevare che qualcosa li sta toccando, sono diventati comuni, grazie anche ai prodotti
Apple, iTouch e iPhone e ora anche iPad, subito imitati da molti altri.
Negli ultimi due anni sono diventati in grado di accorgersi se vengono
contemporaneamente toccati in più punti (multi touch) e anche di che
cosa li stia toccando. È grazie a questo che solo se si tocca lo schermo con un dito l’iPad risponde, mentre se lo si tocca con una penna
non risponde.
Il multi touch è interessante in quanto noi siamo... multi touch: sia
rispetto ad accorgerci che siamo in contatto con varie parti del nostro
corpo sia nel toccare (con più dita) un oggetto.
Il contatto viene rilevato utilizzando vari sistemi, principalmente tre:
resistivo, capacitivo e rilevazione di onde acustiche. Nel sistema resistivo vengono sovrapposti due strati (trasparenti) allo schermo, uno
utilizzato per portare il
segnale elettrico, l’altro,
sottostante, per modularlo.
Questo secondo strato è in
pratica una resistenza il
cui valore varia a seconda
Figura 21 - Tecnologie per
schermi “touch”
26
Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
della posizione. Quando tocchiamo lo schermo, con un dito o una pennina, i due strati fanno contatto e il segnale viene modulato in funzione del punto in cui abbiamo toccato. Questo permette ad un computer
di calcolare le coordinate del punto che sono utilizzate come se fossero state rilevate da un mouse.
Il sistema capacitivo si basa su di un unico strato sovrapposto allo
schermo che accumula cariche elettriche. Quando lo tocchiamo con
un dito (con una pennina in plastica non funziona) parte delle cariche
passano nel nostro dito e quattro rilevatori posti agli angoli dello schermo inviano la segnalazione ad un computer che calcola le coordinate
del punto di contatto.
Nel caso del sistema acustico si collegano allo schermo (in modo
invisibile) un generatore di onde acustiche ed un rilevatore oltre a dei
riflettori lungo i bordi. Toccando lo schermo l’onda viene disturbata e
questo “disturbo” permette di calcolare il punto in cui abbiamo toccato
lo schermo.
Questo sistema non funziona se
Figura 22 - Il touch screen di un
si usano oggetti rigidi come una
iPhone
penna per toccare lo schermo in
quanto questi non disturbano l’onda
acustica.
Dei tre sistemi quello resistivo è
il più economico (su schermi di
dimensioni normali), quello acustico
si presta bene per grandi superfici,
come ad esempio una vetrina, e
quello capacitivo è il più preciso (e
più costoso).
Gli schermi multitouch si basano
sul sistema capacitivo (e quindi non
funzionano se toccati con una
penna). Il sistema è ovviamente più
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
complesso rispetto ad un normale sistema capacitivo. In questo caso
si utilizza una griglia nei cui punti di intersezione sono presenti le cariche elettriche. Quando si tocca queste cariche sono trasferite al dito e
viene inviata l’ìinformazione al computer che deve elaborare l’informazione. Se si tocca in più punti il computer riceverà da ciascuno di questi l’informazione del contatto. L’iPhone utilizza questa tecnologia.
Interfacce aptiche
Quando solleviamo un oggetto, spingiamo una porta per aprirla
“sentiamo” una certa resistenza. Inoltre passando la mano su di una
superficie sappiamo dire se questa è liscia o ruvida, secca o umida.
Invece, quando utilizziamo un mouse per spostare un oggetto sullo
schermo, sia questo pesante o leggero, liscio o ruvido non percepiamo alcuna differenza. Per riuscire a ricreare queste sensazioni i ricercatori hanno inventato le interfaccie aptiche. Queste in genere contengono dei micromotori collegati ad un computer che li aziona in modo
tale che questi imprimano una resistenza all’oggetto con cui stiamo
interagendo, sia questo un joystick o un... bisturi. Inoltre producono
delle microvibrazioni che sono percepite in termini di liscio, ruvido.
I sistemi più recenti riescono persino a trasferire sensazioni come
secco o umido/bagnato.
Figura 23 - Interfacce aptiche
per operazioni virtuali
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
In questo settore l’avvento degli smart materials (materiali intelligenti) e delle nanotecnologie permetterà di ricreare sensazioni estremamente verosimili.
Ho citato il bisturi e non a caso. Infatti, le interfacce aptiche sono
utilizzate in chirurgia per trasferire alla mano la sensazione che questa
proverebbe se stesse impugnando effettivamente il bisturi. Questo
sistema è utilizzato per effettuare operazioni a distanza in cui il chirurgo vede il campo operatorio su di uno schermo e opera tenendo il
bisturi e gli altri ferri in remoto e trasmettendo le informazioni su quanto sta facendo (e deve essere fatto) ad un robot che effettua l’operazione.
Mentre il robot “taglia” la sensazione del taglio è ricreata nella mano
del chirurgo in remoto che può quindi operare come se fosse sul posto.
La sensibilità tattile è molto importante in quanto su questa base il chirurgo si rende conto del tipo di tessuto (malato, sano) che sta incidendo.
È anche utilizzato per consentire a studenti di avere la sensazione
che proverebbero se fossero loro ad incidere i tessuti. In questo caso
l’operazione è fatta dal chirurgo esperto e le forze subite dal bisturi
durante l’esecuzione del taglio sono riportate a distanza su tutti i bisturi che gli studenti impugnano. Questo permette un efficace apprendimento della tecnica operatoria.
Aiutare la memoria
Abbiamo visto nel primo capitolo come il cervello abbia una capacità enorme di memorizzare informazioni. Tuttavia, ed è opportuno
“ricordarlo”, il cervello non ricorda informazioni come un computer che
acquisisce dati, li mette in una certa area e li va a riprendere quando
servono. Invece il cervello viene stimolato da nuove informazioni e
questo stimolo lo cambia. Non è più il cervello di prima. Qualsiasi informazione produce un cambiamento ed è questo cambiamento che per-
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
mette di ricordare. Questo non accade sempre. Addirittura alcuni cambiamenti (in genere traumatici) nascondono l’informazioni che li ha
causati, come aveva notato Freud anche se all’epoca non era chiaro il
meccanismo fisiologico alla base della memoria.
Abbiamo anche visto che da un lato il processo di consolidamento
della memoria richiede la presenza di certi “circuiti” e molecole che
sollecitano le parti che sono state coinvolte nella analisi dell’informazione a ripercorrere quell’evento e così facendo a stabilire dei ponti
proteici “stabili” che chiamiamo “memoria” mentre dall’altro richiede
che questa memoria possa essere attivata in presenza di un evento,
come ad esempio una domanda.
Entrambi questi processi possono essere più o meno efficienti a
seconda delle persone ed a seconda dell’età ma anche a seconda del
tipo di informazione.
Alcune persone possono avere dei tempi di apprendimento, e
spesso anche abbisognare di modalità di apprendimento, diversi dalla
media. Per queste persone la tecnologia può essere di aiuto
Xyberkid3
Con l’avvento dei computer portatili e di una sensoristica a costi
abbordabili si sono sviluppati dei sistemi che consentono l’interazione
con ragazzini che hanno problemi ad apprendere in classe alla stessa
velocità dei loro compagni. Molti di questi casi hanno bisogno di un
insegnante di sostegno che possa personalizzare la modalità dell’insegnamento ma ovviamente l’insegnante può essere disponibile solo
per un tempo limitato e prestabilito.
Qui interviene il computer. Una realizzazione specifica è Xyberkid,
uno zainetto al cui interno anzichè esserci i libri c’è un laptop con un
programma collegato a dei sensori che permettono di percepire quan-
[3] http://www.wcu.edu/ceap/houghton/EDELCompEduc/Ch11/ch11overview.html
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
do sia il momento giusto per riproporre una lezione e come riproporla.
La grande disponibilità di materiale didattico permette, infatti, di
proporre lo stesso concetto da apprendere in modi diversi, evitando sia
la noia sia rafforzando l’apprendimento.
Inoltre diventa possibile misurare giorno per giorno quello che è
stato effettivamente appreso e quindi rafforzare la memoria generando ulteriori collegamenti tra quanto appreso. Ciascuno di questi collegamenti rafforza l’apprendimento e la memoria. In questo senso le
ricerche che vengono oggi proposte ai ragazzi di tipo “trasversale” collegando cioè vari aspetti delle diverse materie vanno in questa direzione.
Si potrebbe fare molto, molto di più, arrivando a creare una connessione continua tra tutte le materie, facendo fare esercizi di matematica su dati che vengono imparati in geografia, collegando la storia
non ad un percorso lineare nel tempo ma ad un percorso nello spaziotempo, trattando la lingua straniera insieme a storia e geografia, collegando l’economia e l’arte a matematica, storia, geografia e diritto e
così via. Se i professori sapessero ciò che gli altri stanno insegnando
e facessero della loro ora una “ripetizione” dei concetti presentati nelle
ore e giorni precedenti in altre materie vedremmo un miglioramento
significativo dell’apprendimento.
Teniamo presente che non solo il nostro cervello è connesso ma
anche il nostro mondo.
Purtroppo gli insegnanti sono
molto spesso “settoriali”, chi
insegna italiano probabilmente “odia” la matematica...
Figura 24 - Xyberkid
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
I computer offrono la possibilità di facilitare questi collegamenti e di
creare un continuo tra le varie materie e i milioni di documenti che
sono disponibili sul Web.
Memoria assistita
Non bisogna pensare che abbiano problemi con la memoria solo
chi soffre di particolari patologie. Ricordiamo che riusciamo ad imparare proprio perchè il cervello è in grado di dimenticare e questa sua
caratteristica, preziosa, a volte diventa controproducente e se si potessero avere delle tecnologie che possono aiutare... non sarebbe poi
male.
In effetti, alcuni scienziati stanno pensando che con la tecnologia si
può dare un aiutino al cervello. Quella parola che “hai sulla punta della
lingua ma proprio non ti viene” potrebbe essere suggerita da un computer ai tuoi occhi o alle tue orecchie.
Gli esperimenti in questo settore sono già molto avanzati e nei
prossimi anni vedremo sistemi sempre più sofisticati e meno costosi al
punto che alcuni di questi diventeranno normali.
In fondo, alcuni lo sono già! Quante volte capita di dover fare una
moltiplicazione e anzichè mettersi a “farla a mente” ricorriamo ad una
calcolatrice, magari quella che sta nel telefonino?
Questo settore di ricerca è spesso chiamato realtà aumentata o
realtà “assistita”. Un sistema4 realizzato al Media Lab cattura nel
tempo tutti i visi delle persone che incontriamo e associa a ciascuno il
suo nome. Quando capita di re-incontrare quella persona magari ci
siamo scordati il nome. Niente paura. Questo ci viene sussurrato all’orecchio dal computer che tramite microtelecamera posta negli occhiali o nel colletto della camicia ha prontamente riconosciuto il viso.
[4] http://alumni.media.mit.edu/~rhodes/Papers/wear-ra.html
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
Figura 25 - Memoria assistita
Se serve, il computer ci ricorda anche la situazione in cui lo abbiamo conosciuto e le cose che ci eravamo dette. Teniamo presente che
basta pochissimo per farci tornare in mente quello che ci serve.
Anche questo è barare? Certo, se lo facessero i nostri figli a scuola sarebbe barare, ma se invece, in modo da passare completamente inosservato ci venisse sussurrato all’orecchio quello che ci serve
ricordare in quell’istante... beh, sarebbe diverso! O no?
Sistemi associativi
Negli ultimi dieci anni sono state sviluppate delle applicazioni che
in qualche modo imitano il cervello nell’associare vari stimoli e creare
dei concetti. L’idea alla base di queste applicazioni è di creare delle
strutture che proprio perchè simili a quelle del cervello ci aiutino a comprendere meglio informazioni, processi, attività.
Mind Maps
Un primo esempio è costituito dalle Mappe Mentali proposte dal
cognitivista inglese Tony Buzan e mirato a migliorare il sistema di prendere appunti. Non sono quindi dei meccanismi per esprimere concetti
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
(mappe concettuali): questi infatti partono da una elaborazione delle
informazioni per arrivare ai concetti e quindi li descrivono. Nel caso
della mappe mentali i concetti possono essere derivati dalla rappresentazione ma non sono il punto di partenza.
Le mappe mentali sono composte da elementi collegati da linee
chiamate rami se il collegamento avviene tra elementi in un ordine
gerarchico (precedente successivo) o associazioni se il collegamento
avviene tra elementi posti in linee gerarchiche differenti.
Il valore di una Mappa Mentale non sta tanto nel guardarla quanto
nel costruirla. La manualità necessaria nella costruzione associata ad
elementi visivi (si suggerisce di usare colori diversi e tratti diversi nelle
varie parti) aiuta il cervello a creare associazioni. La rappresentazione
di ciascun elemento dovrebbe essere effettuata tramite una grafica
suggestiva che rimane impressa. Ad ogni elemento dovrebbe essere
associato un nome, piuttosto che una frase. Questo per permettere
una certa latitudine di interpretazione all’elemento stesso che ne renda
possibile l’associazione con altri.
Le vedremo all’opera nel prossimo eBook.
In generale una mappa mentale, essendo fondamentalmente
gerarchica ha un punto di inizio, la radice, che viene collocato al cen-
Figura 26 - Mappe
Mentali – Mind Maps
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
tro e da questo punto si dipartono i vari “pensieri” collegati a quella
radice.
Questa tecnica delle Mappe Mentali viene utilizzata in alcuni gruppi di lavoro in cui una persona, in genere brava a disegnare (ottimi i
caricaturisti) segue la discussione e man mano cattura alcuni elementi e li associa l’un l’altro man mano che la discussione evolve. Alla fine
della riunione si fa una copia della “mappa” per ciascuno che rimane
come traccia del modo in cui la discussione si è evoluta. Non riporta
quindi le conclusioni ma il percorso dei ragionamenti. Non si ritorna su
di un punto per cancellarlo in quanto vi è stata una decisione che quel
punto non è valido. Rimane agli atti così come rimane nel nostro cervello.
Sono disponibili varie applicazioni per realizzare delle mappe mentali attraverso un computer, come ad esempio Xmind, FreeMind,
Bubbl.us. Uno da provare è Cayra, http://www.download.com/Cayra/
3000-2076_4-10777905.html, in quanto segue da vicino l’idea originaria delle Mappe Mentali proposta da Buzan. Tutti questi programmi
sono gratuiti e facilmente scaricabili da Internet.
Non gratuiti ma interessanti (è possibile provarli gratuitamente per
un certo periodo) sono MyThoughs, http://www.mythoughts
formac.com/, iMindMap, http://www.imindmap.com/, e MindManager,
http://www.mindjet.com/eu/ che ha funzioni più sofisticate adatte a
ambienti industriali in quanto consente la connessione a DataBase.
The Brain
“Il Cervello” è una tecnologia creata da Ray Kurzweil, uno dei guru
dell’intelligenza artificiale e futurologo che predica, tra l’altro, la possibilità di prolungare a piacere la vita.
È simile ad una mappa mentale ma nasce con l’idea di essere una
struttura in continua crescita che ci segue nella vita di ogni giorno e
raccoglie, per ora in modo manuale ma a tendere in modo automatico,
tutti gli eventi, riflessioni che fanno parte della nostra vita.
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Il Futuro dell’apprendimento
2
Tecnologie per l’apprendimento
Figura 27 - The Brain
A differenza di una mappa mentale, proprio in quanto non è imperniato su di un singolo elemento, non ha una struttura a raggiera ma pur
nascendo come un albero via via cresce creando una struttura fortemente magliata (ricca quindi di associazioni che in questa tecnologia
sono più importanti delle connessioni gerarchiche) che nel tempo
assume una caratterizzazione tipo Small World5.
The Brain è una tecnologia interessante per l’apprendimento in
quanto consente di seguire passo passo le azioni che effettuiamo per
apprendere mantenendole nel tempo e consentendo quindi di arricchirle man mano con nuove associazioni che vanno a rafforzare la
nostra conoscenza e memoria.
Vedremo anche questo all’opera nel prossimo capitolo.
Un cervello bio-elettronico?
Chi oggi è adulto non può non ricordare quando da ragazzo la
mamma gli somministrava vitamine di vario genere, alimenti speciali e
quant’altro... perchè lo avrebbero aiutato nello studio.
[5] Si vede eBook su Ecosistemi
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
Era una specie di “doping”, un aiuto al cervello perchè aumentasse
le sue prestazioni.
Abbiamo visto esplorando il cervello e i processi che portano all’apprendimento come in effetti questi processi dipendano dalla presenza
di certe sostanze, come la serotonina e la dopamina e quindi si potrebbe sospettare che un meccanismo che porti ad alterare in senso funzionalmente positivo la presenza di queste sostanze potrebbe in effetti contribuire a migliorare l’efficienza del processo di apprendimento.
Il fatto è che il cervello è un sistema estremamente complesso in
termini di interrelazioni tra le sue parti ed un aumento indiscriminato di
serotonina, ad esempio, non è detto che aiuti, anzi, è più probabile che
faccia male. Un esempio evidente sono le droghe che influiscono proprio sulla presenza di serotonina e dopamina, ad esempio bloccandone il riassorbimento. Questo provoca un senso di euforia, aumenta, o
perlomeno chi la subisce ne è convinto, la lucidità, la capacità di mantenere l’attenzione, evita il sonno... ma al tempo stesso crea gravi
danni e in ultima analisi quelle cose che sembrava di aver capito in
modo chiaro dopo poco scompaiono.
Il cervello, come abbiamo visto, ha i suoi tempi per imparare.
Abbiamo anche visto che l’essere di buon umore aiuta, anche se in
realtà siamo di buon umore perchè è aumentata la serotonina e questa a sua volta facilita alcune fasi del processo di apprendimento.
L’aumento è avvenuto però in certe aree del cervello e non in altre.
Non è quindi possibile generalizzare.
Alcune sostanze hanno la capacità di attivare i centri del piacere,
ad esempio il cioccolato. Questa attivazione porta alla generazione di
serotonina e anche alla creazione di legami forti tra l’esperienza del
cioccolato e quello che si sta facendo, magari studiando matematica.
Da un lato, quindi, migliora il processo di apprendimento, dall’altro
quella formula matematica risulta legata, inconsciamente al cioccolato.
Se al momento di svolgere il compito in classe mangiamo un cioccolatino si riattivano quei circuiti e il cervello ricorda la situazione, cioè
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
cioccolato e formula. Questo è stato dimostrato in vari esperimenti.
Non è quindi così sbagliata quella pubblicità di un noto cioccolatino
che aiuterebbe nel compito in classe. Occorre però mangiarlo anche
quando si studia... Buona notizia per l’azienda che lo vende, visto che
raddoppiano gli acquisti!
Un’altra situazione che ci è capitata è che se ci si sente stanchi e
si va a fare una passeggiata in un giardino ci si rilassa e in qualche
modo ci si sente ricaricati e pronti ad apprendere nuovamente. Anche
qui molti ricordano la mamma che diceva. Ora basta studiare, vai a
farti un giro nel parco e poi ricominci. Questo consiglio in genere funziona. Di nuovo si mette in campo un meccanismo di liberazione di
serotonina e dopamina (la prima ci rimette di buon umore, la seconda
ci dà energia).
Recentemente6 gli scienziati
hanno scoperto che un batterio che
si trova nei prati, mycobacterium
vaccae, se inalato da un topo lo
rende molto più efficiente ad imparare. Il motivo è che questo batterio
porta ad una stimolazione di produzione di serotonina. Potrebbe quindi
essere questo il motivo per cui una
passeggiata in un prato mette di
Figura 28 - Mycobacterium vaccae buon umore.
Detto questo è normale chiedersi se con i progressi della tecnologia non diventi possibile rilasciare le
molecole adatte nei punti adatti nel cervello, a comando.
Ebbene, alcuni ricercatori hanno dimostrato che inviando opportuni segnali elettrici alla zona frontale del cervello nel momento in cui un
atleta compie una azione che richiede tempi rapidi di risposta (tiro a
[6] http://www.scientificamerican.com/podcast/episode.cfm?id=soil-bacteria-might-increaselearni-10-05-24
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
Figura 29 - Elettrodi per la stimolazione della
corteccia cerebrale
segno, salto in alto o in lungo...) è possibile interrompere il dialogo tra
la parte frontale e il resto del cervello e questo aumenta l’efficienza
della risposta.
La tecnologia sta proponendo dei micro robot che possono andarsi a posizionare in punti specifici del corpo, compreso il cervello, e rilasciare a comando certe sostanze. La compatibilità di questi “impianti”
è resa possibile dai progressi della bio-elettronica che mette insieme
cellule e silicio. Al momento sono usati per colpire cellule cancerogene senza danneggiare le cellule sane ma in futuro potrebbero essere
utilizzate proprio nel cervello per bloccare crisi epilettiche, curare la
depressione e anche, perchè no, per aumentare l’efficienza del processo di apprendimento.
Certo, sia in questo caso che in quello della stimolazione elettrica
dei lobi frontali viene da chiedersi se non si stia barando... Cosa dirà
la federazione sportiva a quegli atleti che scenderanno in campo con
elettrodi sulla fronte? Il confine tra ciò che è naturale e ciò che non lo
è si fa sempre più sbiadito.
È indubbio, comunque, che la tecnologia nei prossimi anni aiuterà
ad affinare a livello cerebrale i processi di apprendimento. In fondo
ripetendo fino alla noia un determinato movimento non faccio altro che
addestrare il cervello a reagire in un certo modo. Se questo stimolo
anziché arrivare dal movimento arrivasse direttamente ai neuroni interessati tramite un chip per il cervello sarebbe lo stesso...
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Il Futuro dell’apprendimento
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Tecnologie per l’apprendimento
Questo tipo di ragionamento non può che portare a domandarci se
non sarà possibile in futuro collegare una bella memoria in silicio al
nostro cervello per fare il back up delle cose che abbiamo imparato e
per acquisire nuove conoscenze, ad esempio prememorizzando sulla
memoria “esterna” tutta l’enciclopedia. Vuoi sapere le provincie lombarde? Il cervello lo chiede alla memoria flash che ha collegata.
Magari tramite una bella porta USB!
Per quanto riguarda il back up... beh, oggi non è certamente possibile ma in futuro non è detto che non si riesca ad arrivare a qualcosa
di simile7. Sul versante di utilizzare informazioni presenti su una
memoria esterna “scaricandole” nel nostro cervello come alternativa
alla fatica di imparare... possiamo tranquillamente metterci una pietra
sopra. Questa “estensione” non sarà mai possibile, in questi termini, in
quanto il cervello non ha un punto in cui viene memorizzata la conoscenza e a cui si potrebbe collegare una ipotetica memoria esterna. La
conoscenza è il cervello, non è memorizzata nel cervello. È la continua
evoluzione delle connessioni tra i neuroni e il loro condizionamento
reciproco che rende il cervello quello che è.
Tuttavia, abbiamo imparato che
chi fosse interessato ad approfondiin materia tecnologica non si può [7] rePerquesto
aspetto consiglio il libro: “L’Io
della Mente” di Douglas Hofstadter
mai... dire mai.
Figura 30 - Espansione di...
cervello tramite porta USB?
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