Epifania del Signore Anno C 1 EPIFANIA DEL SIGNORE Lectio - Anno C PPrriim maa lleettttuurraa:: IIssaaiiaa 6600,,11--66 Alzati, rivèstiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore. ***Il brano è l'inizio di quell’insieme formato dai capitoli 60-62 che appartengono al terzo Isaia, ma per lo stile e le idee sono apparentati al secondo Isaia e hanno come scopo di sostenere la fede e la speranza della comunità del popolo eletto tornata dall'esilio. Il passo si compone di due parti, nella prima vi è la contrapposizione tra la luce di Dio e di Gerusalemme e le tenebre che invadono la terra, nella seconda è descritta la funzione unificante di Gerusalemme rispetto a tutti i popoli. Luce tenebre: «Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere» (Is 60,1 -3). Agli esuli, tornati dall'esilio e scoraggiati per la miseria in cui si trova la capitale, il profeta infonde coraggio descrivendo il destino glorioso di Sion. L'immagine personifica Gerusalemme come una sposa che va incontro allo sposo; la sposa si ammanta di luce perché il suo sposo, Dio, che viene a lei, è luce; la presenza della luce di Dio illumina Gerusalemme. A questa luce si oppongono le tenebre dell'incredulità e dell'ignoranza riguardo a Dio che avvolgono il resto della terra. Da Gerusalemme la luce di Dio si espande anche sugli altri popoli, li illumina attirandoli a sé. Funzione unificante di Gerusalemme: «Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlio sono portate in braccio. A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore» (Is 60,4-6). Epifania del Signore Anno C 2 L'immagine della sposa si trasforma in quella della madre; Gerusalemme come madre contempla i suoi figli e tutti i popoli che in una numerosa processione vengono a lei; si trovano insieme i popoli del mare e i popoli terrestri; tutti portano doni e proclamano la gloria di Dio cioè la sua onnipotenza salvante, la sua luce illuminante. La visione è profeticamente grandiosa. Gerusalemme è figura della chiesa. SSeeccoonnddaa lleettttuurraa:: E Effeessiinnii 33,,22--33aa,,55--66 Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio a me affidato a vostro beneficio: come per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che i Gentili cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo. ***Il brano si trova alla fine della prima parte, quella dottrinale, della lettera agli Efesini; Paolo ricorda la sua missione apostolica. Il passo si divide in due parti; nella prima si tratta del ministero apostolico, nella seconda viene precisato quale è il compito specifico della chiamata apostolica di Paolo, il compito cioè di manifestare che anche i pagani sono destinatari della salvezza. Il ministero apostolico: «Penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me, affidato a vostro beneficio: come per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero» (Ef 3,2-3 a). La grazia della vocazione apostolica affidata a Paolo è il ministero della predicazione tra i pagani: egli tocca qui un tema che gli è molto caro e che risalta lungo tutti i suoi scritti. Il mistero di cui è ministro gli è stato comunicato per speciale rivelazione che avvenne nella sua globalità sulla strada di Damasco e lo rese testimone per sempre del Signore. Il mistero di Dio: la salvezza dei pagani: «Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che i Gentili cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesse corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo» (Ef 3,5-6). Il termine «mistero» designa una realtà, un disegno, un piano divino, tenuto nascosto in Dio fino al momento stabilito e rivelato poi da Dio stesso nel tempo da lui fissato a quelli da lui scelti. L'umanità viene così divisa in due periodi, in due tempi e due categorie, quelli che non hanno ricevuto la conoscenza del mistero, gli uomini dell'Antico Testamento, che avevano avuto una percezione soltanto oscura e figurata e quelli ai quali il mistero è stato rivelato. Tale mistero consiste nella decisione divina di chiamare anche i pagani alla salvezza, di inserirli nel corpo di Cristo nel quale avviene l'unione di tutti. In questo modo si realizza la pienezza di Cristo. Epifania del Signore Anno C 3 V Vaannggeelloo:: M Maatttteeoo 22,,11--1122 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”. All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele””. Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: “Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”. Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. E Esseeggeessii Il brano della lettura evangelica si trova nella sezione iniziale del vangelo di Matteo. Dopo avere presentato la persona di Gesù figlio di Davide e Figlio di Dio, l'evangelista caratterizza nel presente episodio il compito salvifico di Gesù verso i pagani che egli attira alla sua luce. L'episodio è un blocco unico; possiamo considerarlo per parti, per chiarezza e utilità di insegnamento; troviamo anzitutto la notizia dei Magi che giungono a Gerusalemme e suscitano l'indagine sul messia; poi il viaggio dei Magi da Gerusalemme a Betlemme; infine l'incontro del Signore con i Magi. Nell'insieme questa pericope presenta un esempio di catechesi sul tema della chiamata dei pagani alla fede. I Magi a Gerusalemme: «Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano: Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo. All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capo luogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele» (Mt 2,1-6). In questa narrazione echeggiano reminiscenze di personaggi e di eventi dell'antica Epifania del Signore Anno C 4 storia biblica; ricordiamo la venuta della regina di Saba da Salomone (1 Re 10,1 -13); l'oracolo di Balaam sulla stella di Giacobbe (Nm 24,17), e la profezia di Michea, esplicitamente citata, su Betlemme (Mi 5,1). L'evangelista racconta i fatti ma insieme manifesta la sua intenzione di illuminarli con la loro portata salvifica e il loro significato e valore teologico, attraverso la profezia dell'Antico Testamento. La nascita di Gesù, sullo sfondo dei testi biblici veterotestamentari, pur spoglia di ogni potenza esteriore, non è priva di importanza politica; i Magi vengono a cercare il Re dei Giudei, e tale ricerca mette in movimento il mondo religioso e politico di Gerusalemme, cioè il re, i sacerdoti e gli scribi presenti a Gerusalemme. La città, descritta come emozionata e agitata insieme a Erode, appare quasi come una personificazione. Viaggio dei Magi a Betlemme: «Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo. Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella essi provarono una grandissima gioia» (Mt 2, 7-9). Il comportamento di Erode qui descritto mostra in lui quella mescolanza di terrore e di furore, di ambiguità e di menzogna che secondo lo storico Giuseppe Flavio caratterizzarono gli ultimi anni di quel re. I Magi, ricevuta la notizia e l'indicazione a cui erano interessati, ripreso il cammino, tornano a vedere la stella; si tratta di un segno prodigioso, di cui è inutile cercare una spiegazione nelle leggi della natura e nella scienza astronomica. Al vederlo essi gioiscono; questa gioia è l'esultanza delle nazioni pagane, di cui i Magi sono i rappresentanti, che finalmente trovano la salvezza che attendevano. La gioia dei Magi appare più evidente per contrasto con i sentimenti di Erode e con l'indifferenza dei personaggi del mondo religioso di Gerusalemme, i quali data la notizia richiesta dai Magi, non manifestano più alcun interesse per l'evento. L'incontro di Gesù con i Magi: «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese» (Mt 2,10-12). L'incontro dei Magi con Gesù è atto di fede e di culto. I doni che essi offrono richiamano la profezia di Isaia contenuta nella prima lettura che considereremo. In questi doni i santi Padri hanno visto dei simboli: l'oro simboleggia la regalità, l'incenso simboleggia la divinità, la mirra simboleggia la passione di Gesù. L'adorazione dei Magi è il compimento degli oracoli che annunciavano l'omaggio di tutte le nazioni al Dio di Israele. I capi del popolo, nella persona di Erode, rifiutano Gesù; i responsabili religiosi restano indifferenti; lo riconoscono invece e lo adorano degli stranieri, degli idolatri orientali. Il loro atto di culto segna la conversione delle nazioni pagane al bambino re, al Signore Gesù. Gesù viene alla luce in un mondo che gli è ostile, ma qualcuno più potente dei suoi nemici veglia sul destino del fanciullo e manda a vuoto i progetti omicidi degli avversari. Tutto l'insieme è trattato con grande sobrietà e arte. I Magi astrologi sono chiamati alla fede attraverso il segno di una stella. Erode e i capi del popolo e i sacerdoti sono anch'essi chiamati alla fede attraverso la sacra Scrittura e attraverso la testimonianza dei Magi. Quanto diversa è la reazione e l'effetto di salvezza. Epifania del Signore Anno C 5 Alcune osservazioni generali. Nel racconto, tra i personaggi: i Magi, Erode, i sacerdoti e gli scribi, il protagonista è Gesù; egli è menzionato volte: con il nome proprio Gesù (v. 1), con i titoli: Re dei Giudei (v. 2), Cristo (v. 4); capo (v. 6), bambino (vv. 8.10.11) e con il pronome altre otto volte. Tema importante è la luce, tema che viene espresso dalla stella, vista nel suo sorgere dai Magi e loro guida nel viaggio verso Betlemme al luogo dove si trovava il bambino. Connesso con il tema della luce è quello della visione; i Magi vedono la stella (vv. 2.9.10) vedono il bambino (v. 11). Ricorre inoltre il tema del camminare: i Magi vengono da Oriente a Gerusalemme, compiono cioè un lungo viaggio disagiato come poteva essere il viaggiare allora (vv. 1.2), vanno poi da Gerusalemme a Betlemme (vv. 8.9), vanno nella casa del bambino (v. 9). Vi è ancora il tema della adorazione compiuta mediante la prostrazione; i Magi dichiarano che il loro scopo è adorare il Re dei Giudei (v. 2); Erode dichiara, falsamente, la stessa intenzione (v. 8), i Magi giunti alla presenza del bambino compiono l'atto di culto prostrandosi (v. 11) e offrendo i doni simbolici della sua dignità. Il tema del turbamento e dello spavento: Erode e Gerusalemme si turbano (v. 3). Troviamo ancora il tema della missione e dell'annuncio; Erode manda i Magi a Betlemme con il compito di annunciargli le notizie sul bambino (v. 8). Il tema della luce, proveniente dalla stella, che appartiene alla manifestazione divina, è il simbolo di Gesù, a cui si applicano le parole di Balaam incentrate nella sua profezia sulla stella: «una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele» (Nm 24,17). L'oracolo riguarda l'ascesa della monarchia davidica, la stella e lo scettro designano il re Davide. Il testo fu inteso come venuta del messia simboleggiato dallo splendore della stella. Il tema della luce della stella che guida i Magi da Gerusalemme a Betlemme richiama anche il passo dell'Esodo: «Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube per guidarli sulla via da percorrere e di notte con una colonna di fuoco per far loro luce così che potessero viaggiare giorno e notte» (Es 13,21). Luce e gioia stanno insieme nell'esperienza dei Magi: «Ecco la stella che avevano visto nel suo sorgere li precedeva; vedendo la stella essi provarono una grandissima gioia» (2,9-10). La gioia, descritta nel suo grado più intenso, ha come contenuto la visione della stella e conseguentemente la visione del bambino: «Videro il bambino» (v. 11). La stella e il bambino, il simbolo e la realtà: luce che produce la gioia: gioire della luce è gioire del Signore. M Meeddiittaazziioonnee L'Epifania ci porta a contemplare la manifestazione di Gesù Cristo alle genti, dunque la destinazione universale dell’evento dell’incarnazione: «I Magi sono i rappresentanti di tutta l'umanità. Ciò che essi trovano lo ottengono per tutta l'umanità» (Leone Magno). L'Epifania rende svelato e manifesto ciò che era nascosto (II lettura), rende luminoso ciò che era avvolto da oscurità e tenebra (I lettura), rende splendente ciò che si trovava nel buio notturno (Vangelo): che cioè, in Cristo, l'Emmanuele, il Dio-con-noi, tutte le genti, insieme al popolo santo d'Israele, sono destinatarie della salvezza di Dio. L'Epifania presenta il mistero della forza comunionale della kenosi di Dio, della potenza di attrazione insita nella debolezza assunta per amore da Dio nel Figlio nato nella carne: sono così prefigurate l'attrazione universale che l'Innalzato sulla croce eserciterà («Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me»: Gv 12,32) e la lode che tutte le lingue e le Epifania del Signore Anno C 6 genti (di cui i Magi rappresentano una primizia) daranno al Figlio di Dio che svuotò se stesso e si fece obbediente fino alla morte in croce (cfr. Fil 2,6-11). Cristo è l'umanità di Dio, Colui che, nella debolezza della sua carne umana, consente a ogni uomo di trovare Dio. Per il credente si tratta di narrare l'umanità di Dio, e di consentire agli altri uomini di incontrarla, con e nella propria umanità, con e nelle proprie debolezze assunte e innestate in Cristo. Se nella visitazione lucana la profezia veterotestamentaria nascosta rappresentata da Giovanni Battista nel seno della madre Elisabetta riconosce il Messia grazie a Maria (cfr. Lc 1,39-45), così nell'Epifania siamo di fronte a una visitazione in cui la profezia straniera rappresentata dai Magi riconosce il Messia grazie alla mediazione delle Scritture ascoltate a Gerusalemme. Nell'Epifania è insito anche un aspetto di giudizio, di svelamento dei cuori. La nascita del Messia a Betlemme suscita il riconoscimento e l'adorazione degli uni (i Magi) e il turbamento e il rigetto degli altri (Erode). Da un lato, appunto, turbamento, gelosia, volontà di soffocare la vita del neonato, menzogna, doppiezza; dall'altro, gioia, riconoscimento, adorazione, dono, sincerità. Il dono di Dio non è mai neutrale e svela la qualità del cuore. O c'è accoglienza che diviene partecipazione alla logica del dono (I Magi «offrirono in dono oro, incenso e mirra»: Mt 2,11), o c'è rifiuto che diviene volontà mortifera (cfr. Mt 2,16). Nell'incarnazione Gesù appare come luogo di Dio e dell'uomo, ma anche come spazio di accoglienza di Israele e delle genti, ambito dell'incontro tra il popolo di Dio e i popoli. In Cristo può avvenire lo scambio dei doni tra Israele e le genti, può verificarsi l'ascolto reciproco dei racconti, delle storie, delle parole proprie a ciascuno. Come la prima lettura sottolinea che anche le genti hanno una ricchezza spirituale, una luce e una gloria da portare a Gerusalemme, così il passo di Matteo rivela che i Magi, che a Gerusalemme hanno incontrato la ricchezza delle Scritture ebraiche, offrono al Messia «oro, incenso e mirra». Ora, questi doni - l'oro con il suo splendore e la sua lucentezza e i profumi con il loro ascendere al cielo e il loro manifestare una presenza invisibile ma reale (captabile con l'olfatto) – hanno una valenza simbolica che li eleva al rango di realtà spirituali, di sostanze che stanno fra cielo e terra, di realtà che indicano un Altro e puntano verso un Oltre. Nell’umanità dell’ebreo Gesù avviene anche l'incontro fra diversi linguaggi e livelli rivelativi: se la Scrittura è sacramento della rivelazione divina, tracce della rivelazione di Dio sono presenti anche nella creazione (la stella che guida i Magi; cfr. Sal 19). E il Verbo, che in Israele si è fatto carne, ha lasciato tracce di sé anche nelle culture e nelle ricerche di Dio delle genti. Semi del Verbo sono presenti tra le genti e sono l'appello a un dialogo e a un incontro che può avvenire in Cristo, Verbo di Dio annunciato dai Profeti e fatto carne e Sapienza divina disseminata tra i popoli. P Prreegghhiieerree ee rraaccccoonnttii I re magi La notte era senza luna; ma tutta la campagna risplendeva di una luce bianca e uguale come il plenilunio, poiché il Divino era nato; dalla campagna lontana i raggi si diffondevano... Il Bambino Gesù rideva teneramente, tenendo le braccia aperte verso Epifania del Signore Anno C 7 l'alto, come in atto di adorazione; e l'asino e il bue lo riscaldavano col loro fiato, che fumava nell'aria gelida. La Madonna e San Giuseppe di tratto in tratto si scuotevano dalla contemplazione, e si chinavano per baciare il figliolo. Vennero i pastori, dal piano e dal monte, portando i doni e vennero anche i Re Magi. Erano tre: il Re Vecchio, il Re Giovane e il Re Moro. Come giunse la lieta novella della natività di Gesù si adunarono. E uno disse:- È nato un altro Re. Vogliamo andare a visitarlo ?- Andiamo- risposero gli altri due.- Ma con quali doni?- Con oro, incenso e mirra. Nel viaggio i Re Magi discutevano animatamente, perché non potevano ancora stabilire chi, per primo, dovesse offrire il dono. Primo voleva essere chi portava l'oro. E diceva:- L'oro è più prezioso dell'incenso e della mirra; dunque io debbo essere il primo donatore. Gli altri due alla fine cedettero. Quando entrarono nella capanna, il primo a farsi innanzi fu dunque il Re con l'oro. Si inginocchiò ai piedi del bambino; e accanto a lui si inginocchiarono i due con l'incensi e la mirra. Gesù mise la sua piccoletta mano sul capo del Re che gli offerse l'oro, quasi volesse abbassarne la superbia. Rifiutò l'oro; soltanto prese l'incenso e la mirra, dicendo: L'oro non è per me! (Gabriele D'Annunzio) Il quarto re Quanti furono i Re magi? Dai tre doni portati al bambino Gesù, si deduce che furono tre. Una pia leggenda, che mi piace ricordare, ci informa che furono quattro. Mentre i primi tre arrivarono come abbiamo visto, uno si era perso. O meglio… egli fece un percorso diverso, che lo condusse anche lui dal Signore e Salvatore dei popoli, Luce delle genti. La leggenda narra che egli si trovò impelagato in tante vicende, nelle quali si dimostrò sempre generoso. Aveva con sé delle perle preziose. Le diede via tutte. Gli servirono per soccorrere un povero; liberare un bambino prigioniero della furia omicida di Erode e dei suoi soldati; dare da mangiare ad una povera vedova e liberare una ragazza dalla schiavitù. Il suo fu un girovagare per il mondo, ma sempre con il chiodo fisso di trovare prima o poi il Re della Giudea, la cui stella aveva veduto risplendere tanti anni prima. Era rimasto nella Palestina, dove ai suoi orecchi giunsero le voci di un certo Gesù di Nazareth, dei suoi miracoli, delle folle che lo seguivano e delle persone che lo avevano incontrato. Anche questa volta tutto sembrava svanire dietro la notizia tremenda della sua condanna a morte. Fu sorpreso nel sapere il motivo della condanna: Re dei Giudei. Perciò la sua curiosità lo spinse ad andare a vederlo. E come lo vide, successe quello che era capitato tanto tempo prima ai suoi amici. Egli vide “la gloria del suo volto”. Eppure si trattava di uno, di fronte al quale ci si vergognava, perché umiliato e trafitto, inchiodato alla croce… Ecco l’uomo… “Tu sei il Re di Israele?” - così aveva chiesto Pilato. “Sei davvero tu quel Re, che tanto ho cercato?” Sì … tu ora lo vedi…. Quella corona di spine, quel trono regale, ossia il patibolo della croce, quella corte, quei vestiti divenuti gioco dei soldati, erano gli stessi segni di chi era entrato per la porta stretta e lo vide insieme alla madre. Anche lì, accanto a lui, c’era la Madre e il discepolo prediletto. Artabano (tale era il nome del quarto re magio) non ebbe dubbi: Epifania del Signore Anno C 8 “…Vedendolo disse: Veramente quest’uomo è il Figlio di Dio, il Re…” E allora …? tanto tempo…? E le perle, i doni regali per il Re dell’universo? Egli non le aveva più… le aveva date a….. Sussurrò tremante: “Ti offro me stesso…Eccomi…” Dio penetrò il suo cuore e gli disse: “Quando hai dato le tue perle a quel povero, a quella ragazza, per quel bambino, per quella vedova e per liberare gli schiavi, tu le hai date a ME… Non sai che qualunque cosa hai fatto a uno dei miei fratelli più piccoli lo hai fatto a me…? (Mt 25,40). La mia regalità, tu l’hai incontrata. Tutte le volte che io sono presente negli uomini e nelle loro vicende, là mi hai “adorato” e là “hai offerto il tuo dono, facendoti, come me, dono per loro”… Egli sentì una gioia profonda nel suo cuore, intervallata non più dal vagito del bambinello di Betlemme, ma dall’urlo del condannato a morte, lo stesso Dio e Signore: Padre nelle tue mani consegno il mio spirito. Egli capì che Colui che moriva per tutti gli uomini, stava vincendo la morte e perpetuava la sua presenza nel mondo sino alla fine, nel volto e nell’esistenza dei fratelli. La stella più luminosa Una stella brillò in cielo oltre ogni stella in quella notte; la sua luce fu oltre ogni parola e la sua novità destò stupore. Tutte le altre stelle insieme col sole e con la luna, formarono un coro attorno a quella stella che tutte sovrastava in splendore. (S. Ignazio di Antiochia) Preghiera Verso la grotta di Betlemme, guidati dalla stella cometa apparsa nel lontano cielo, sono diretti i sapienti del tempo per incontrare il Messia atteso dalle genti. Lungo è il cammino che porta a Gesù Bambino, un cammino che i santi Re Magi ricoprono in tempi stretti per non disperdersi in altri pensieri. Giungono, per vie misteriose, alla Grotta del Signore e depongono ai piedi del Salvatore, oro, incenso e mirra, simboli del divino. E' l'atto di sottomissione della scienza alla fonte della vera ed unica sapienza. Ripartono da quel luogo benedetto carichi di meriti e di propositi di bene, per ritornare ai paesi di origine e narrare in termini nuovi la buona notizia della nascita del Redentore. O Gesù, che nella tua manifestazione ai popoli e alla cultura di altra provenienza ti sei fatto fratello a tali sapienti d'Oriente che furono spinti dal profondo desiderio di Epifania del Signore Anno C 9 incontrarti, aiutaci a capire da quale parte è la verità e dove è la luce che guida i nostri passi verso nuove ed autentiche conquiste per l'umanità. Illumina quanti operano nel campo della ricerca e della sperimentazione perché alla scuola dei Re Magi possano anch'essi accostarsi al mistero dell'uomo con grande rispetto e venerazione. Tu che sei l'onnisciente e l'onnipotente fa che questa umanità, pervasa dalla presunzione di volare sempre più in alto per sentirsi grande, possa recuperare il valore dell'umiltà, quello che aiuta a sognare e a costruire il domani ripartendo da Te che sei l'unica e certa verità. Amen (Padre Antonio Rungi) * Per l’elaborazione della «lectio» di questa domenica, oltre al nostro materiale di archivio, ci siamo serviti di: - E. SCOGNAMIGLIO, Esegesi, in Temi di predicazione. Omelie. Ciclo C, Napoli, Editrice domenicana italiana, 2003-2004. - E. BIANCHI – G. BOELLI – L. CREMASCHI – L. MANICARDI (edd.), Eucaristia e Parola. Testi per le celebrazioni eucaristiche di Avvento e Natale, in «Rivista del Clero Italiano. Inserto» (2006).