I disturbi di linguaggio

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I disturbi di linguaggio
Dott.ssa Paola Guglielmino
Logopedista Psicopedagogista Vicepresidente e Coordinatrice Corso di Laurea Logopedia
presso A.O. Città della Salute e della Scienza di TO
Lo sviluppo del linguaggio nel cucciolo d’uomo avviene “da piccolo” attraverso tappe regolari, tenendo conto delle differenze individuali e del contesto generale dello sviluppo senso-motorio, cognitivo, relazionale, ed emotivo-affettivo del bambino. Attraverso tappe di sviluppo
che cominciano alla nascita con il pianto, le grida e le prime vocalizzazioni, si giunge, tra i 27
ed i 38 mesi, al periodo di consolidamento e generalizzazione delle regole in strutture combinatorie complesse. In questo periodo le frasi diventano complete da un punto di vista morfologico, si stabilizza l’uso dei funtori (articoli, preposizioni semplici ed articolate, pronomi, ecc.)
e compaiono connettivi interfrasali di tipo temporale e causale (dopo, allora, invece, perché,
sennò, anche, però, ecc.) utilizzati in modo piuttosto stabile all'interno di frasi coordinate e
subordinate. Compaiono anche le frasi relative e a 4 anni circa il bambino può padroneggiare
tutte le strutture fondamentali del linguaggio. L’acquisizione continuerà nel tempo attraverso
un percorso di ampliamento del lessico, di miglioramento delle regole grammaticali e sintattiche, e di sviluppo della funzione pragmatica oltre che di potenziamento del linguaggio come
strumento di pensiero.
Il Disturbo di Linguaggio (DL) rappresenta una tra le più frequenti difficoltà che si può
riscontrare nello sviluppo dei bambini di età compresa tra i 2 e i 6 anni. Si stima che la diffusione di tale disturbo si aggiri intorno al 5% dei bambini dell’età sopra citata.
Le classificazioni in merito ai disturbi ed ai ritardi di linguaggio sono numerose e prendono
in considerazione i diversi aspetti del linguaggio verbale (comprensione, produzione, pragmatica, ecc.) per scendere poi più specificatamente nelle aree della fonologia, della semantica,
della morfologia e della sintassi.
Nell’ambito dei Disturbi del Linguaggio (DL) bisogna distinguere tra due macro categorie:
i disturbi di linguaggio “secondari”, che si presentano in associazione a un disturbo di origine
primaria quali deficit cognitivi, sensoriali, neuromotori, ecc., e i Disturbi Specifici di Linguaggio (DSL) che non dipendono da altri deficit e si presentano con una compromissione specifica dell’abilità di linguaggio in assenza di altre problematiche. I disordini più frequenti sono
quelli di tipo fonologico (organizzazione dei suoni nelle parole) e morfosintattico (organizzazione delle frasi complete di soggetto-verbo-oggetto-complementi) seguiti da problematiche
lessicali-sintattiche caratterizzate da difficolta di accesso lessicale e quindi di comprensione
della frase dal punto di vista del significato delle frasi e delle parole. I disturbi di linguaggio
sono normalmente diagnosticati in età prescolare o al massimo durante il primo ciclo di scuola primaria e trattati in ambito riabilitativo da un logopedista.
Studi longitudinali evidenziano tuttavia la persistenza di deficit linguistici ancora all’età di 10
anni in una percentuale non bassa di casi. Tipologie di DSL differenti, soprattutto se protratte
oltre il 4°anno di vita, danno luogo a disturbi di apprendimento scolastico diversi per tipo e
gravità che possono influire durante tutto il percorso scolastico.
L’apprendimento a scuola è possibile infatti grazie alle funzioni linguistiche, che permettono l’acquisizione di conoscenze e competenze anche in ambiti come ad esempio il calcolo.
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Sicuramente però, l’area in cui sono più influenti le abilità linguistiche è quella dell’apprendimento della lettura e della scrittura, che richiedono l’attivazione di numerose operazioni che
hanno come punto di partenza la conoscenza della struttura del linguaggio orale.
Anche quando, durante la scuola, i sintomi più evidenti diminuiscono (Leonard e Sabbadini,
1995), nei bambini con pregresso DSL spesso permangono deficit significativi nei compiti
legati alla lingua scritta, sia relativi alla decodifica, sia relativi alla comprensione e all’espressione (Cornoldi, 1999).
È quindi significativa la sovrapposizione tra bambini dislessici e bambini con DSL, tanto che
ritardi e/o atipie dello sviluppo linguistico vengono riscontrati con una frequenza che arriva
fino al 50% nei soggetti con dislessia evolutiva. Inoltre, in questi soggetti sembrano permanere difficoltà linguistiche sottili a livello di competenze metafonologiche (abilità di manipolazione dei suoni linguistici) della memoria verbale a breve termine e di altri aspetti di integrazione logico-cognitiva (Penge e Diomede, 1992).
Molti sono i settori del linguaggio compromessi nei bambini con DSA. Nei soggetti con disturbi specifici dell’apprendimento in cui si sono riscontrate difficoltà morfo-sintattiche (difficoltà a riconoscere le forme che una parola può assumere in relazione ad una frase), vi è
una difficoltà precoce nell’apprendimento di lettura e scrittura, a causa di un deficit sul piano
logico-linguistico che, in genere, permane anche in fasi scolastiche successive e compromette
la comprensione della lettura e la programmazione della frase scritta.
Anche un deficit di memoria a breve termine specifico per il materiale verbale e soprattutto
per l’elaborazione delle informazioni fonologiche, sembra strettamente connesso con le difficoltà di lettura e scrittura. Sono soprattutto lo sviluppo lessicale e la comprensione verbale ad
essere compromessi da deficit di memoria fonologica a breve termine.
Nei soggetti con DSA (con pregresso DSL) possono essere presenti anche problemi di tipo
lessicale-semantico che sono connessi alla decodifica del linguaggio scritto e all’estrazione
del significato (comprensione del linguaggio).
Da quanto riportato finora si può dedurre che i bambini con DSA hanno spesso problemi
specifici e significativi in molti settori del linguaggio orale e tali deficit influiscono in maniera
diversa nella varie fasi di apprendimento della lettura e della scrittura. Infatti le competenze
fonologiche sono più determinanti per la decodifica e la trascrizione delle parole, mentre le
competenze semantiche e morfo-sintattiche sono più coinvolte nell’estrazione del significato
e nella programmazione del linguaggio scritto. La gravità è maggiore comunque nei bambini/
ragazzi con disturbo prevalentemente morfo-sintattico e/o con compromissione della comprensione verbale (Penge e Diomede, 1992).
Per esempio, a livello semantico, possono avere un repertorio lessicale più ristretto rispetto ai
coetanei e tale limitatezza porta spesso a problemi di anomia in età scolare che si ripercuote
su tutti gli aspetti scolastici, ovviamente in modo più marcato per esempio durante le interrogazioni orali.
Da quanto esposto è logico supporre che una adeguata competenza semantico/lessicale
(il numero di parole conosciute e il relativo significato) e morfosintattica (l’insieme delle regole che danno le combinazioni possibili fra le parole per produrre le frasi di una lingua) siano
requisiti necessari per apprendere a scuola e migliorare le abilità di lettura e scrittura.
Difficoltà in questo ambito possono rendere difficoltosa la comprensione del significato delle
parole, soprattutto di parole a bassa frequenza d’uso e, in tal caso, il ragazzo tenderà a utilizzare solo parole di uso comune e non incorporerà nel proprio vocabolario le nuove parole
apprese a scuola e i termini meno consueti, come i lessici specifici di storia, geografia, scienze,
ecc. Potrà, inoltre, avere difficoltà nel recupero della parola dal magazzino del lessico fonolo6
gico e/o ortografico (dizionario uditivo o visivo). Sul versante morfosintattico potrà avere problemi nell’interpretare e comprendere il significato delle frasi più complesse all’interno di un
brano. Infine, un problema nella competenza testuale (la capacità di distinguere il testo i cui
singoli elementi sono organizzati in maniera coerente e assumono un significato compiuto,
rivolto a uno scopo ben preciso) potrà portare il ragazzo ad avere difficoltà a cogliere aspetti
di organizzazione testuale, quali la gerarchia del testo, le inferenze testuali, ecc.
Non bisogna dimenticare che l’acquisizione della lingua verbale è notevolmente condizionata
da fattori socio-culturali ed emotivo-relazionali. Un ambiente poco stimolante o una scarsa
motivazione alla comunicazione non sono situazioni da sottovalutare soprattutto nella scuola
secondaria di primo grado ed è importante cercare di definire se la scarsa motivazione alla
comunicazione è un fattore temporaneo o se può nascondere disagi più profondi o stimolazioni insufficienti.
Infine, le difficoltà che possono incontrare gli studenti stranieri in ambito linguistico sono numerose e possono comprendere la capacità di discriminare o di produrre i suoni specifici della
lingua italiana, l’acquisizione del lessico, il recupero lessicale, la produzione scritta, l’applicazione delle regole grammaticali così come la capacità di prendere appunti in modo autonomo.
È fuori discussione che anche l’ambiente può sostenere oppure ostacolare il superamento di
una difficoltà e allo stesso modo, l'esperienza educativa può costituire una risorsa importante
per fronteggiare la difficoltà e portare lo studente a sperimentare o meno una situazione di
effettivo bisogno educativo speciale. Poiché però, ciascuno risponde in modo diversificato
alle difficoltà che incontra, sia per le caratteristiche personali, sia per il contesto in cui vive, la
strada da percorrere per l’interpretazione dei bisogni dello studente comincia sicuramente da
una attenta e sistematica osservazione dello studente e della persona.
Nell’ambito dei problemi di linguaggio e di comunicazione l’osservazione sistematica così
come l’interazione costante sono elementi necessari per cercare di cogliere la vera natura del
problema o quanto meno riuscire ad inquadrarlo nei reali “bisogni” dell’alunno.
Indubbiamente, attività quali laboratori di lettura, comunicazione attraverso la drammatizzazione, peer tutoring con ragazzi con differenti competenze linguistiche possono facilitare
e contribuire all’evoluzione di un linguaggio “povero” e non ben strutturato anche e ancora
nella scuola secondaria di primo grado.
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