v Embrione e tecniche procreative: problemi giuridici LUCIANO EUSE131 1. /problemi nuovi posti dalle tecniche procreative. - Il diritto si trova in questi anni a occuparsi per la prima volta della vita umana nella sua fase iniziale. Fino a pochi decenni orsono, infatti, su tale fase iniziale non era possibile intervenire: ciò si è reso tecnicamente realizzabile, in primo l uogo, proprio con la praticabilità della fecondazione artificiale e, dunque, con la disponibilità di embrioni in vitro; i n secondo luogo, col diffondersi di mezzi suscettibili di ostacolare lo sviluppo precoce dell'embrione e, in particolare, di impedirne l'annidamento nella parete uterina. Attraverso le tecniche procreative, peraltro, non solo si è resa disponibile, o se si vuole tangibile, la prima fase della vita umana, ma è venuta a proporsi la questione ulteriore relativa ai criteri di generazione della medesima. Si tratta, anche in questo caso, di un tema che nel passato l'ordinamento giuridico aveva potuto non affrontare (fatto salvo il divieto di rapporti sessuali violenti o troppo precoci), posto che la procreazione risultava inscindibilmente connessa, finché non si resero praticabili tecniche di i nseminazione artificiale e, successivamente, di fecondazione extracorporea, alla relazionalità sessuale, che rendeva automatico il sussistere di ben precise condizioni del procreare. Sorge dunque anche per il diritto, in rapporto all'estendersi dei contesti in cui, volendolo, risulta realizzabile l'inizio di una nuova vita individuale, l'interrogativo attinente ai requisiti di una generazione della vita che corrisponda alla dignità umana. Alla luce di questi rilievi preliminari, sarà proposta una riflessione in tre punti, attinenti allo statuto dell'embrione, al coinvolgimento di embrioni nelle tecniche di procreazione (con particolare riguardo alla tentazione eugenetica) e all'esigenza di definire regole le quali presiedano alla generazione umana I . 2. Lo statalo dell'embrione umano. - I dati concernenti l'inizio della vita di Lui nuovo individuo sono da tempo disponibili. Il sussistere di qualsiasi individuo vivente - non solo di un essere umano -- si ha quando risulta già e tuttora in allo una sequenza di sviluppo esistenziale continua: i n altre parole. quando risulta in atto un processo che si caratterizza per il suo procedere come sistema, una volta instauratosi, senza alcun bisogno di ulteriori impulsi dall'esterno, fino alla morte (purché si trovi, ovviamente, in un ambiente adatto). C'fr. altresì L. EUSI_13i, La tutela giuridica dell'embrione renano, i n S. ZANINELLI (a cura di), Scien_a, tecnica e rispetto dell'nomo. Il caso delle cellule staminali, Vita e Pensiero, Milano, 2001, pp. 161-177. 2 Si tratta, altresì, di una sequenza autogovernata, e dunque tale che il principio guida o, per così dire. il motore dello sviluppo è interno al sistema: secondo le peculiari caratteristiche genetiche di quel determinato individuo. Una simile sequenza di sviluppo esistenziale si concluderà col venir meno continua dell'organismo, cioè dell'esistenza di funzioni biologiche unitariamente coordinate: il che avviene con la morte cerebrale. Reciprocamente, il sussistere di tale sequenza, secondo le caratteristiche poco sopra esposte, è constatabile dalla fecondazione, e in particolare dal momento in cui con la penetrazione dello spermatozoo nell'ovulo la sequenza continua di sviluppo prende avvio (da tale momento essa può essere solo interrotta, posto che se le viene consentito di svolgersi in condizioni adatte procede spontaneamente, fin quando ha termine per ragioni naturali o patologiche)'. Simile sequenza può per sé instaurarsi anche in modo diverso rispetto alla fecondazione: in particolare a seguito del determinarsi nell'embrione in epoca molto precoce di un nuovo piano di sviluppo, che dà luogo a un gemello monozigote (per esempio, a seguito di una variazione genetica o cromosomica in una cellula dell'embrione medesimo, tale che le cellule da essa derivanti si separano dall'embrione dando avvio a una seconda e autonoma sequenza esistenziale); ma l 'instaurarsi di una sequenza esistenziale continua e autogovernata si verrebbe ad avere pure nel caso in cui - a parte l'inammissibilità etica e giuridica - dovesse essere realizzata una donazione, attraverso la sostituzione del nucleo aploide di un ovulo femminile maturo col nucleo diploide di una cellula somatica ovvero provocando la separazione di cellule ancor totipotenti da un embrione. La vita di un individuo, dunque, sussiste in quanto vi sia un sistema che svolge la sua sequenza esistenziale in modo continuo, e ciò si realizza, ordinariamente, dalla fecondazione: con essa null'altro prende avvio se non la sequenza di sviluppo, priva di qualsiasi soluzione di continuità, propria di un individuo, nel nostro caso, umano (il sussistere di tale sequenza di sviluppo implica l ' esistenza di un individuo umano). Non a caso, ogni vivente si ritrova, per così dire, in vita e non autoproduce, né all'inizio, né in qualsiasi momento successivo, la sua vita. Ne consegue, inoltre, l'unitarietà dello sviluppo individuale: abbiamo del resto abbandonato da secoli la prospettiva dualistica ai sensi della quale l'essere umano fu talora descritto secondo una dimensione tisica cui si affiancherebbe una dimensione per così dire superiore, da essa separata, che verrebbe inserita dall'esterno in un momento successivo all'inizio dello sviluppo fisico, momento di cui. ovviamente. manca qualsiasi indizio; l'essere umano è, m eftetti . una realtà unitaria. che svolge Per i riFerimenti alla letteratura scientifica ctì •. A. SERRA, L'uomo-embrione, Cantagalli, Siena, 2003, p. 29 ss. J l a sua parabola esistenziale (nella quale trovano espressione le diverse capacità a essa riferibili) dall'istante in cui la vita dell'individuo ha inizio. Che cosa dunque verrebbe davvero in gioco, anche dal punto di vista giuridico, ove si fosse disposti a riguardare l'embrione come puro materiale biologico, operando una sorta di cosifica:ione della vita umana nella sua fase iniziale? Verrebbe in gioco l'arretramento a una prospettiva di tutela non già riferita all'esistenza di una vita individuale (e, pertanto, di una sequenza di sviluppo esistenziale umana in allo), bensì aIl'espressione attuale di determinate capacità da parte dell'individuo di volta in volta interessato'. Ma si noti bene: il superamento di quest'ultima prospettiva ha costituito una delle più grandi conquiste del diritto moderno; se si vuole, del diritto laico moderno, attraverso un percorso di molti secoli. Ciò si è manifestato mediante l'ancoramento dei diritti dell'uomo, come si evince dall'art. 1 della Dichiarazione universale, alla pura e semplice esistenza di un individuo in vita, in tal modo rifiutandosi qualsivoglia rilievo ai fini della tutela di giudizi ulteriori riferiti alle capacità, alle qualità o all'epoca di sviluppo della vita di un essere umano. f1 che ha consentito di dare un fondamento sostanziale alla democrazia, sottraendo la titolarità dei diritti dell'uomo a valutazioni esterne, concernenti le caratteristiche con cui la vita di un i ndividuo attualmente si manifesti. Del resto. è l'esistenza di un individuo che esige dagli altri un comportamento nei suoi confronti conforme alla sua dignità, posto che quest'ultima certamente non può dipendere - come taluno sembra sostenere - dalla maggiore o minore disponibilità degli altri individui a stabilire relazioni positive con lui (salvo considerare carenti di dignità personale tutti gli emarginati della terra). La sequenza di sviluppo della vita di ciascun individuo descrive - ovviamente - una parabola che conduce all'acquisizione graduale, ma anche al deterioramento, di certe capacità fisiche e i ntellettive. capacità le quali senza dubbio non sono identiche nell'embrione di pochi giorni, nel feto di alcune settimane. nel neonato, nel fanciullo, nell'adulto, nell'anziano (si noti che talune capacità, come quelle di apprendimento, sono particolarmente sviluppate proprio in fase precoce): tua ciò non incide per nulla sulla costante ed equipollente dignità di quell'individuo nell'intero arco della sua vita. Oggi nessuno riterrebbe che l'infante, il fanciullo o il malato siano portatori di una dignità umana infi'riore rispetto a quella dell'adulto sano, poiché non attualmente in grado di esprimerne Si noti che una tale ottica finirebbe per precludere un riconoscimento dell'individuo - anche adulto - che perduri al di l à del fatto empirico contingente rappresentato dall'esercizio di certe capacità. 4 tutte le abilità. E ciò vale anche per l'anziano, per il disabile, nonché, sotto altri profili, per chi sia povero o privo di istruzione. Anzi. è consolidato l'assunto che simili condizioni personali, inidonee secondo gli artt. 2 e 3 della Costituzione italiana a giustificare qualsiasi atto discriminatorio, costituiscano il diritto a una I ulela mci,-Iiorc: preambolo il preambolo della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, citando il della Dichiarazione approvata dall'ONU sui diritti (lei fanciullo, afferma significativamente, per esempio, che quest'ultimo, «a causa della sua mancanza di maturità fisica e i ntellettuale necessita di una protezione e di cure particolari, i vi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita» 4 . Non proteggere l'embrione umano vorrebbe dire, pertanto, introdurre logiche le quali subordinano la tutela dei diritti fondamentali a un giudizio sul livello di prestazioni che un individuo in vita è attualmente e contingentemente in grado di esprimere, in tal modo contraddicendo il percorso laico di elaborazione del diritto moderno, con una serie di implicazioni della massima gravità. Non è d'altra parte un caso che lo stesso articolo 1, spesso trascurato, della legge italiana in materia di aborto dichiari senza altre specificazioni che lo Stato «tutela la vita umana clal suo irti_io». dati Dunque, non si vede quale argomento razionale possa giustificare, alla luce della riflessione sui scientifici e nel quadro dei principi giuridici costituzionali, l'assunto secondo cui l'essere in atto una sequenza di sviluppo esistenziale umana non implicherebbe che ad essa vada riconosciuto il diritto di poter procedere senza subire interventi lesivi (in altre parole, che debba essere tutelata la vita individuale che in tale sequenza di sviluppo si esprime). Secondo una regola consolidata, del resto, quando sussistesse anche soltanto un dubbio circa la compromissione di un bene fondamentale qual è la vita umana dovrebbe operare la logica cautelativa espressa dal principio di precauzione, o tuzioristico; ma perfino nel caso in cui - i naccettabilmente - si volesse dare rilievo alla manifestazione contingente di determinate capacità psichiche o intellettive, non è dato comprendere perché mai chi non le potesse più esprimere, poniamo a seguito di un grave incidente, e avesse solo qualche possibilità di recuperarle, andrebbe curato, mentre l'embrione, che lasciato vivere porterebbe certamente a espressione tali capacità, sarebbe addirittura suscettibile, secondo taluni, di essere eliminato. Nel medesimo senso si veda già, peraltro. l'art. 25, 2° comma, della stessa Dichiara-ione Univcrsalc. Si considerino anche Part. 24, l° comma, del Pollo interncr_ionale sili diritti civili e politici e il quarto alinea della parte introduttiva alla Col re/cione internazionale sui diritti del/'infilo:in, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 20 novembre 1 989 (di cui inoltre si valuti l'art. 23, sui diritti del fanciullo fisicamente o mentalmente disabile). 5 3. Embrione e tecniche procreative (in particolare, il problema eugenetico) - dell'embrione rispetto alla fecondazione in vitro va evidenziato innanzitutto il problema preliminare derivante dal fatto che tale tecnica rende in sé possibile la generazione di embrioni fine, Circa il ruolo per qualsiasi e dunque anche per fini estranei alla prospettiva di consentire lo svolgimento dell'intera parabola esistenziale dell'individuo che si genera. Risulta in altre parole praticabile una procreazione finalizzata a utilizzare strumentalmente gli embrioni prodotti, così da provocare o mettere in conto la fine precoce, o precocissima, della loro vita. I l t enia. più sopra segnalato, avente per oggetto i requisiti di una generazione della vita che corrisponda alla dignità umana non riguarda, pertanto, solo le modalità intese alla generazione di quello che resti percepito come Lui figlio (cioè desiderando l'intero svolgimento della parabola esistenziale possibile a un nuovo individuo), ma investe, altresì, i fini stessi del procreare. Tutto questo rende ancor più evidente la responsabilità che compete al diritto in rapporto alle tecniche procreative o di intervento precoce sull'esistenza individuale, date anche le pressioni, spesso palesi, intese a una vera e propria cosifìcazione dell'embrione umano (nonostante il parallelo processo giuridico di clecusifìcaiione della vita animale). I n particolare, quanto s'è detto implica la non accettabilità della utilizzazione di embrioni umani come materiale biologico e, cr . jortiori, della loro produzione a tale scopo, conce avverrebbe anche nel caso in cui essi fossero generati mediante procedure di donazione (impropriamente definita terapeutica). li che costituisce applicazione del principio generale ai sensi del quale non è accettabile un'attività medica (per esempio di sperimentazione farmacologica, ricerca, prelievo d'organi) dannosa rispetto all'individuo sulla quale venga svolta. Ciò premesso, rispetto alle tecniche di fecondazione in vitro con finalità di cmb 'o-lrunsfer (livet), emergono, come è noto, tre nuclei problematici che investono la tutela giuridica dell'embrione. II primo nodo riguarda la eventuale produzione di embrioni cosiddetti soprannumerari, vale a dire eccedenti rispetto al numero degli embrioni che s'intendano trasferire ininiediatamente in utero. ( )ve risulti davvero evitata la produzione di embrioni in soprannumero, facendo sì che il numero degli embrioni generati in vitro non possa essere superiore al numero degli embrioni che saranno trasferiti (fermo il rispetto del limite quantitativo normativamente definito), viene ordinariamente pieno la problematica relativa al congelamento - o crioconservazione - di embrioni (i quali, conio è noto. non risultano più trasferibili se superano una certa fase dello sviluppo): condizione, quella del congelamento. Implicante - nella fase dello scongelamento - la perdita di un notevole numero di :m[-)rioni (la crioconservazione resta peraltro l'unico strumento con cui evitare la morte degli 6 embrioni- e consentire un loro possibile trasferimento successivo, nel caso 1n Cui sopravvenga dopo l a fecondazione l'imprevista impraticabilità di un loro trasferimento immediato, ad esempio per una patologia impeditiva intervenuta nella donna); e condizione tale da configurare, in assenza della richiesta di impianto da parte della donna coinvolta nella fecondazione, problemi etici assai delicati circa il miglior atteggiamento a tutela dei medesimi. Evitando la programmata produzione di embrioni soprannumerari, successivamente congelati, verrebbe altresì escluso il rimando alla fivet per giustificare l'esistenza di embrioni dei quali non sia più richiesto il trasferimento in utero e per proporne l'utilizzazione distruttiva a fini di ricerca. Peraltro, l'impossibilità stessa della sopravvivenza, oltre una certa fase, di determinati embrioni, non può in alcun modo legittimare, trattandosi di esseri umani, interventi (quale ne sia il fine) a loro danno. II secondo problema relativo al ruolo degli embrioni nella fivet è da riferirsi alla possibilità di operare una valutazione degli embrioni in vitro nella fase anteriore al trasferimento in utero (che potrebbe giungere al prelievo di cellule embrionali - procedura invasiva della quale, fra l'altro, non ptiò escludersi la dannosità - con effettuazione di una c.d. diagnosi genetica preimpiantatoria), e ' Cli. i lavori contenuti in S. ZANINELLI (a cura di), cit., e, nel medesimo volume, il documento dell'Università Cattolica dell'uomo. di Milano su Sviluppo .scientifico e rispetto A proposito dell'utilizzo degli embrioni uncini nella ricerca sulle cellule staminali, pp. 213-214. Si veda anche il Parere su ricerche utilizzanti erubrioni umani e cellule sterminali approvato il 14 aprile 2003 dal Comitato Nazionale per la Bioetica, di cui si riporta il passaggio centrale: «Considerando: ci) che gli embrioni umani sono vite umane a pieno titolo; h) che esiste quindi il dovere morale di sempre rispettarli e sempre proteggerli nel loro diritto alla vita, inclipend(!nteniente dalle modalità con cui siano stati procreati e indipendentemente dal fatto che alcuni di essi possano ascia c ualifìccrti - con una espressione discutibile, perché priva di valenza ontologica - soprannunnerari; (.secondo c) che, il detcito della c. cl Convenzione di Oviedo) la sperimentazione a loro carico è giustificata uniccnnente Sc praticalo nel loro specifico interesse e non possa essere giuslifìcata dal pur rilevante interesse generale della società e clellu scienza e che quindi non possa in alcun modo sostanziarsi nella loro distruzione; cl) che la Carta dei dirilli fondamentali dell'Unione europea, proclamata ci Nizza, riconosce la ali/ nità di tutti gli esseri i mmani e l'esis/eriza di chnilli fóndcrmerntali quali il diritto ci/l'integrità fisica e psichica di ogni indivia/no nei confronti delle applicazioni della medicina e della biologici; c) che I'evenluale finanziamento pubblico zilla ricerca sugli embrioni non pair che ruffìnznrc e avallare ingiustifìcatomente l'erronea opinione che gli embrioni siano un mero insieme di cellule, prive di valore intrinseco, e quindi conseguentemente l'idea dell'irrilevanza bioetica anello vita unncunu nella fase embrionale; sperimentazione cigli embrioni soprannumerari, oltre ci non avere motivazione logica, nru P che lo limitazione della prodi solo occasionale e pr • u s,mi ci/ica,.fcn'orirebbe surreltciamenle la pratica ali ione di embrioni in vino ci soli scopi di assistila ricerca, inclipenclcnlemente cioè da specifìche,fìnalilà inerenti crlla,feconcla_ione e in violazione quindi ali runsnliduti principi hioelici; ;,) che il prelievo di cellule stcrmincrli umane da enmbrioni, comportando /ci distrurzzione di aleresti ultimi, deve essere cr pani titolo svigniatizzalo, anche per l'ulteriore effetto eticamente inaccetabi/e di non orìenlare la ricerca verso la sempre più promettente ed eticamente innpeccahile utilizzazione di cellule stanrinali prelevale ala cordone ombelicale o da fivi spurntaneunienle aborliti o di cellule svaminali «adulte»,lo che le precedermi consiclerccioni trovano conferma nelle valutazioni espresse da alcuni membri del C'NB, sc,~nunrmcmte nel docioncnto Identità e statulo dell'embrione ramano (del 22.6. /996) c' nel parere dal C'N!R sull'innpicgo terapeutico delle cellule stcunincili (del 27. /0.2000) . . . su ciascuno dei ... quesiti [relativi alla possibilità della utilizzazione o donazione di embrioni umani per tini ali ricerca o sperimentazione], il CNB, nella seduta plenaria dell' 1 1 . 04.2003, dopo votazione per appello nominale, ha espresso parere negativo». 7 dunque alla possibilità di realizzare nei loro confronti una selezione - uno screening - di tipo eucgenetico. Portando alle estreme conseguenze le problematiche ben note concernenti la diagnosi prenatale, tutto questo pone un quesito complessivo di enorme spessore, sia dal punto di vista culturale che bioetico. per la nostra epoca: se si vorrà utilizzare il patrimonio di conoscenze genetiche che siamo i n grado ali ottenere, e sempre più lo saremo in futuro, nei confronti di ciascun individuo secondo modalità ali alto profilo, cioè per fare in senso ampio terapia. oppure secondo modalità applicative di spessore molto basso e indifferenti alla dignità del soggetto sul quale si acquisiscono conoscenze, cioè per fare selezione a esistenza già iniziata. La problematica è di grande rilievo umano oltre che teorico, come attesta efficacemente un documento - Le persone con disabilitut discutono della nuova genetica - diffuso dall'associazione Disuhlecl People '.s International - Europe per contrastare il diffondersi di prassi eugenetiche precoci, documento del quale si riportano in nota alcune richieste di sintesi 6 (tali prassi, infatti, si pongono in radicale contrasto col riconoscimento della piena dignità umana degli individui a qualunque titolo disabili, i quali non a caso, oggi, si vorrebbero meglio definiti - proprio per significare che la loro condizione non incide sul valore del loro vissuto umano - come «diversamente abili»: si rammenti, in proposito, l'art. 11 della Convenzione di Oviedo su Diritti «Le persone con disabilità discutono della nuova genetica (versione italiana tratta dal sito vr~ •r i-r.c/pieuropeor,~). Disabled Peoplc 's Internalional (DPI) è un'organizzazione per i Diritti Umani impegnata in difesa dei diritti dei disabili e per la promozione della loro piena e pari partecipazione alla vita sociale. Fondata nel 1981, DPI è rappresentata grazie all'adesione attiva di Organizzazioni nazionali di disabili in più di 130 Paesi, di cui 29 della regione Europea (DPI Europa). DPI Europa è molto preoccupata per la minaccia ai nostri Diritti Umani determinata dagli sviluppi di ricerca e pratica della genetica umana. Allo stesso tempo la nostra voce combatte per farsi sentire nel dibattito scientifico e bioetico. Riconoscendo che i progressi nella genetica umana e la definizione di qualità della vita basata su convinzioni mediche suscitano seri problemi etici, non solo per i disabili, e che tali problemi debbano essere considerati nel quadro della "dil'lèrenza ••. essenziale e perenne, della e nell'umanità, chiediamo che l. L'lrso (./elle nuove scoperte (Iella genetica umana, della tecnica e della pratica sia rigidainenle nego/arnenlato per trita/ e disc rimino:inni e proteggere pienannenle, ed in ogni circostanza, i Diritti Unioni delle persone con disabilitò, ?. La c• o nSllen_a genetica sia «non orientata», basala sui diritti, cunpianiente e lilleramenle disponibile e rifletta la ,formalmente rade es•p el• l en:a cella clisahilitù • ~. 1 genllori non llbl.vcano pressioni, o infornlatlìrnente, per sottoporsi c1 lesi prenatali o ad interrrr_ioni tcrapeuliche di gravida,:a, .1. Tuoi i han ibini e banlhine siano benvenuti al monco e . forniti degli appropriati livelli di sostegno sociale, pratico e /ìnun_iario, >. La eliversliù,"di/ferenza tunana sia valori_:ala e non eliminata da disc •rin7inatorie vallttazioni sulla qucllilà della vita cchc /10S.YYn70 condurre sili'euta nasia, a/I 'irtfmn1icic/io e alla morte per la1 nlan7carca ali interventi, 6. Le organl__aaoni delle per.vone con cllsabilitù siano incluse in 1utt1 quei sonatali consultivi e r •egolator •1 che trattano della nuora gc'nelica umana. La lc'gisla:ione sia e'lnendala per porre fine alla aliscl in1i17azione forxlutcr sulla disabililù quelle eccezionale terreno l ,grle per l'ahorlo. 1 m,1 1m prnw •ul amcl globale ali forma:ione per tatti gli operatori della scn711ù. fondato s11 ul1 approccvu pco'/i irln a lla dlsahihla • ). Voli sia e •once.s.so alcun brevetto sul materiale genetico, poiché il gennaio umano è palrnnalliio co1111me clc//'uma/1itù, 10. Non siano violati, con interventi medici, i diritti di quelle persone con disabilitò che non Sono in ,erralo ali esprimere e 017 enl'ol. 8 umani e hiornedicina, ai sensi del quale «è vietata qualsiasi forma di discriminazione nei confronti di una persona a causa del suo patrimonio genetico»). La prospettiva eugenetica potrebbe condurre a un mutamento dello stesso approccio di fondo alla fivet: da tecnica utilizzata in rapporto a situazioni di infertilità o sterilità in senso proprio (secondo la prospettiva ora accolta dalla normativa italiana), a tecnica utilizzabile per consentire lo screening precoce circa le caratteristiche del generato, o meglio della pluralità di embrioni generati (con eliminazione di quelli con caratteristiche indesiderate e trasferimento in utero di quelli soltanto che rispondano a certi requisiti, secondo una gamma dei medesimi potenzialmente amplissima). Non va tra l'altro dimenticato che l'eventuale prelievo dall'embrione, ai fini dell'indagine genetica. di cellule ancor capaci di totipotenzialità potrebbe implicare la distruzione non già di mere cellule quanto di un vero e proprio nuovo individuo, essendo tali cellule teoricamente in grado di dar luogo a un'autonoma sequenza esistenziale, costituente un gemello monozigote (si realizzerebbe, in pratica, una donazione impropria o splitting). Neppure va dimenticato come l'ottica eugenetica incida sui rapporti intersoggettivi anche con riguardo ai soggetti nei cui confronti la diagnosi non conduca a esiti di selezione: in tal caso, infatti, resta pur sempre all'origine del rapporto io-tu un giudizio volto a stabilire se l'altro abbia caratteristiche che si ritengano adeguate all'instaurarsi di quel rapporto con lui, giudizio il quale incide protòndamente sul modo di intendere le stesse relazioni personali fondamentali, rendendole sempre più estranee a logiche di gratuità. L; dunque di grande rilievo il fatto che venga normativamente vietata qualsiasi forma di selezione eugenetica degli embrioni. Come pure è importante, sebbene ciò non attenga alla tutela di embrioni già esistenti, che siano vietate indagini sui gameti rispondenti a logiche di predeterminazione dei caratteri non motivate da ragioni mediche. Il terzo punto da considerare concerne gli stessi embrioni che vengono trasferiti in utero, cui dunque è data (a differenza di quelli non trasferiti) la possibilità statistica cli annidarsi nella parete uterina e di procedere in tal modo nello sviluppo. Per venire a trovarsi in condizioni non i ncompatibili con la sopravvivenza gli embrioni in vitro necessitano infatti di una condotta umana, i l trasferimento (enmhiyo-transfer), a ciò finalizzata: diversamente da quanto vale rispetto agli embrioni concepiti nel corpo femminile, in altre parole, l'essere generati non li inserisce per ciò solo lungo il percorso che corrisponde al loro finalismo intrinseco. Tuttavia la probabilità del singolo embrione trasferito in utero di annidarsi e di procedere nello sviluppo resta bassa. A quest'ultimo proposito si osserva, sovente, che una certa perdita di embrioni consegue pure al concepimento nel corpo femminile: ma la situazione è diversa, perché a seguito (il concepimento la 9 perdita costituisce pur sempre un'eventualità accidentale di natura, fivet mette in conto ex crnle, lato sensu, patologica, mentre la nell'ambito di una tecnica istituita dall'uomo, la perdita pressoché certa di embrioni trasferiti, tanto è vero che si trasferiscono più embrioni (ora, per la legge italiana, non più di tre) onde aumentare la possibilità di un annidamento, proprio perché non tutti. di regola, riusciranno ad annidarsi e anzi, facilmente, nessuno vi riuscirà (il che conduce alla reiterazione dei ( entativi). L per la medesima ragione che in alcuni paesi si estende talora anche di molto il numero degli embrioni trasferiti, aumentando con ciò pure la probabilità statistica ciell'inmpianto in utero cli più embrioni e giungendo a programmare, in tal caso, un successivo aborto selettivo (la c.d. riduzione fetale, che si pone in clamoroso contrasto con qualsivoglia finalità procreativa) nei confronti degli eventuali feti non desiderati. Complessivamente si deve constatare, anche ai fini della riflessione giuridica, come attraverso la fivet l'intento di far sì che una vita si sviluppi fino alla fase adulta risulti perseguito (in misura più o meno estesa a seconda di determinati limiti) generando embrioni che, salvo quello (o raramente quelli) per cui 1'annidamento riesca a realizzarsi, sono destinati a soccombere dopo le prime fasi dell'esistenza; destino che risulterebbe, in particolare, deliberatamente voluto rispetto a ciascun embrione escluso dal trasferimento in utero. 4. 1 criteri della generazione umana. - Come già accennavamo, le tecniche di procreazione pongono altresì al diritto l'interrogativo, fondamentale ma forse meno chiaramente percepito, circa i requisiti di una generazione della vita conforme all'essere dell'uomo. A ben vedere tale interrogativo emerge sovente in modo implicito anche in chi sembrerebbe orientato a eluderlo. Mi si consenta, in proposito, il riferimento a un dibattito televisivo nel quale una persona che si diceva disposta ad accettare qualsivoglia tecnica procreativa dichiarò con forza, a una precisa domanda dell'intervistatore, che non avrebbe però ammesso - nel caso in cui si rendesse praticabile - il ricorso programmato alla gravidanza artificiale (ectogenesi), in quanto i mpeditivo del particolare legame intercorrente, nella gravidanza, tra la madre e il figlio. Tale persona dava in effetti per scontato che quel legame fosse tipico di una generazione umana e altresì essenziale a ciò che definisce l'identità femminile, per cui non ne avrebbe approvato la pianificata esclusione. I )un(Iue riconosceva che vi sono criteri dai quali dipende la dignità della generazione umana, vale a dire che quest'ultima è un atto relazionale (o p)er.concrle), e non un mero atto produttivo la cui realizzabilità dipende solo dal fatto che siano disponibili gli elementi a ciò tecnicanmente necessari: come accade. invece, con riguardo ai beni materiali e, non senza alcuni limiti, nell'ambito della biologia animale. 10 Consideriamo in proposito un altro problema estremo, quello della donazione. Simile tecnica comporta una procreazione che prescinde, addirittura, dall'apporto genetico di due individui o, in altre parole, non genitoriale. Clonando, infatti, è il contenuto stesso dell'atto generativo, non più posto in essere attraverso la fecondazione, che viene modificato: non realizzandosi simile atto attraverso l'unione di due gameti - cioè di due cellule eterosessuali aploidi, derivanti come tali da meiosi - l'embrione che ne ha origine si caratterizza sia per la provenienza del suo genoma (salvo quanto concerne i geni mitocondriali) da un unico essere umano, sia per l'azzeramento della casualità inerente alla formazione dei suoi caratteri genetici, dato che la sua informazione genetica è sovrapponibile a quella dell'individuo di cui costituisce, biologicamente, un clone. Il problema in gioco, dunque, non è se il soggetto in ipotesi generato per donazione sia o meno una copia dell'individuo di cui riproduce l'informazione genetica, ovvero se risulti o meno rispetto ad esso un Miro individuo: è ovvio che l'identità del genoma di due individui non implica che si abbia a che fare con la stessa persona o che tali individui non possano avere, ciascuno, una specifica vicenda esistenziale. Il problema, piuttosto, è che non corrisponde all'essere dell'uomo il procreare senza l'apporto genetico di due individui di sesso diverso ed escludendo il «rimescolamento» genetico connesso, nei gameti, alla meiosi: realtà da cui derivano gli stessi effetti negativi destinati a incidere sulla vita dell'individuo generato (si pensi alla deliberata privazione dell'unicità genetica e ai connessi riflessi psicologici), come pure il fatto che quest'ultimo venga alla luce secondo caratteristiche genetiche del tutto predefinite e, di conseguenza, del tutto pianificate. Questi casi limite rendono palese che non può tacciarsi, banalmente, di biologismo il riflettere sul significato antropologico dei modi in cui la natura ha configurato la generazione umana. Sarebbe infatti biologismo considerare automaticamente positivo tutto ciò che esiste in natura: anche, per esempio, le malattie. Mentre da sempre, di fronte alla natura, si distingue tra ciò che ne rappresenti le dinamiche da rispettarsi, anche con riguardo all'intervento dell'uomo, e gli aspetti per così dire patologici. Del resto sarebbe strano che proprio in un'epoca nella quale come non mai si dà rilievo al valore della conoscenza scientifica, che è merci lettura delle realtà esistente e delle sue leggi, non istituite da scelte umane (sarebbe ridicolo solo porre l'interrogativo se possa essersi cl 'accordo, poniamo, col sussistere della legge di gravità), si giunga a ritenere che, invece, sul piano etico o antropologico non vi sia proprio nulla da riconoscere come corrispondente all'essere dell'uomo. Il che non può non valere anche con riguardo al procreare. I n quest'ottica anche la fecondazione in nitro c.d. eterologa appare non conforme a caratteristiche fondamentali della generazione umana: a differenza del concepimento naturale (e a differenza. per questi aspetti, della stessa fvet c.d. omologa), con la fivet eterologa viene meno, 11 infatti. il configurarsi della procreazione quale evento interno alla relazionalità fra due individui di sesso diverso, dipendendo in essa la procreazione dall'apporto genetico di un soggetto terzo che biologicamente è genitore, pur restando estraneo a qualsivoglia relazionalità con l'altro genitore hiolo`gico (e ( li trae gameti dal suo corpo rendendoli utilizzabili senza essere coinvolto in alcuna relazione). Tale apporto, in altre parole, realizza un'ingerenza in un aspetto tipico del matrimonio o comunque della relazione di coppia. così che l'atto generativo, nell'ipotesi di cui discutiamo, viene per sé a prescindere dal matrimonio medesimo o dalla suddetta relazione (non a caso la fivet eterologa è tecnicamente utilizzabile anche in assenza di una coppia). Una situazione, quella della fivet eterologa, che ovviamente non è affatto assimilabile all'adozione, posto che l'adozione non ha alcun rapporto col pregresso atto generativo, bensì offre rimedio a una frattura dei legami familiari naturali (i genitori biologici non hanno affatto agito come donatori rispetto ai futuri genitori adottivi, ma hanno generato nell'ambito di una loro relazionalità). A ciò ovviamente si aggiungono i problemi già considerati, che sussistono anche nei confronti della fivet omologa, riguardanti gli embrioni coinvolti. Come resta altresì il fatto di fondo pur non in discussione nel dibattito legislativo, e che ugualmente rimanda ai requisiti di una generazione conforme all'essere dell'uomo, per cui in qualsiasi versione della fecondazione in vitro l a modalità generativa non è comunque realizzata dalla coppia, bensì dall'atto di un terzo, nel solco di una sessualità tendente a risultare sempre più ricuria/a, senza che di ciò si considerino, ordinariamente, le molteplici ripercussioni (ad esempio, sulla stessa dimensione relazionale). Infine, ci si deve porre l'interrogativo sul tipo di relazione e di impegni che l'ordinamento giuridico sia tenuto a esigere nel momento in cui offra accesso, e cooperazione istituzionale, a una tecnica procreativa: non si dimentichi che la configurazione, in Italia, di un avanzato diritto di Famiglia, fondato sul matrimonio, rappresentò pochi decenni orsono una rilevante conquista civile finalizzata alla tutela delle posizioni più deboli. ~. S'lillu nilicle_:a tiell 'infnrnmurione. - Un aspetto importante di qualsiasi normativa sulle tecniche procreative è dato dalla nitidezza dell'informazione: troppo spesso infatti si è avuta [impressione che il consenso informato della coppia sia stato essenzialmente riferito, in tale contesto, all'esito desiderato della procedura ed eventualmente ai suoi tassi di probabilità, piuttosto che ai modi della procedura medesima e con ciò ai problemi etici che essa, anche nell'ambito di Una sua regolamentazione legale, comunque solleva. È fuorviante, in altre parole, focalizzare l ' attenzione sulla prospettiva del «bambino in braccio», senza rendere chiari i passaggi procedurali 12 miranti a ottenere quel risultato e le questioni etiche a essi riferibili; come pure, per altro verso, è necessario riflettere sui problemi psicologici e relazionali derivanti dal ricorso alle tecniche suddette. nonché sull'assunzione di responsabilità che l'accesso alle medesime comunque richiede. I noltre, non può essere trascurata l'informazione sui dati fino a oggi disponibili circa le condizioni e in genere il f)lloi,v up dei nati da fivet (si noti come nel settore in oggetto la sperimentazione avvenga direttamente, in pratica, sui nuovi nati): oltre che riscontri sui problemi connessi al basso peso alla nascita e alla più elevata incidenza delle gemellarità, vi sono studi, per esempio, che indicherebbero per i nati da fivet un rischio aumentato di sviluppare problemi cerebrali; risulta altresì un maggior rischio di difetti alla nascita connesso alla fecondazione realizzata mediante iniezione intracitoplasmatica di un singolo spermatozoo nell'ovulo femminile (ICSI, per la quale vi è stata una richiesta di moratoria del garante francese per l'infanzia) 7 . Si tratta di dati rilevanti ai fini della valutazione etica e giuridica, che devono essere accuratamente raccolti e messi a disposizione. Un particolare esempio di mancata nitidezza informativa, sempre con riguardo alla fase iniziale della vita umana, attiene all'epoca in cui nell'estate dell'anno 2000 venne in considerazione la messa in commercio della c.d. pillola del giorno dopo. Quest'ultima, infatti, può agire dopo la fecondazione, impedendo l'annidamento dell'embrione, ove la fecondazione stessa sia avvenuta, e, dunque, provocando in tal caso la sua morte. Tuttavia, della pillola del giorno dopo s'è annunciato, da parte dello stesso Ministero della Sanità, il carattere non abortivo, facendo leva sulla disquisizione terminologica relativa alla ricomprensibilità o meno nel vocabolo gravidanza della fase vissuta dall'embrione entro il corpo femminile prima del l'annidamento nella parete uterina, così da negare - per escludere l'applicabilità delle procedure di cui alla legge n. 194/1978 - che l'azione di tale pillola sia comunque in grado di interessare una gruvidu liti (essendosi qualificata come tale solo fa fase successiva all'annidamento medesimo, sebbene nell'interpretazione di tale legge - per esempio con riguardo al computo del novantesimo giorno - mai la gravidanza sia stata fatta decorrere dall'impianto dell'embrione nell'utero della donna). Si è trasgredita, così, la prima regola di un atteggiamento liberale, cioè quella riguardante, per l ' appunto. la nitidezza dell'informazione (nonostante tutta la letteratura sul consenso informato): posto che la qualifica di non abortività è senza dubbio percepita nel contesto sociale come i ndicativa di un intervento non idoneo a interrompere lo sviluppo - anche in epoca embrionale e Rilcrimenti circa queste problematiche, per esempio, in C. V. BELLIENI, L'alba dell'«io». Dolore, desideri, sogno. nx'moriu del Jcm, Società Editrice Fiorentina, Firenze, 2004, p. 30 s. 13 dunque anche in epoca anteriore all'annidamento - di una vita umana (in altre parole, di un i ntervento solo contraccettivo). In proposito va ricordato che con una nota approvata il 28 maggio 2004 il Comitato Nazionale per la 13ioetica ha riconosciuto la possibilità, per il medico, di rifiutare per ragioni di coscienza la prescrizione o la somministrazione dei prodotti in esame. Un ambito ulteriore sul quale necessiterebbe maggiore nitidezza informativa attiene agli effetti elci contraccettivi estroprogestinici, sia per la donna, sia in merito ai tassi dell'eventuale possibilità che la fecondazione, nondimeno, si realizzi e, pertanto, alle conseguenze, in quel caso, per l ' embrione. 6. ('enni sulla legge n. 40/2004 e sui referendum abrogativi ammessi nei suoi confionti. - La l egge n. 40/2004 fissa alcuni principi importanti con riguardo ai temi che abbiamo preso in esame. Essa rappresenta un punto d'incontro sul quale s'è potuta formare, al momento del voto, una maggioranza composta da parlamentari appartenenti sia alla maggioranza che all'opposizione. D'altra parte, il testo ricalca proposte risalenti a precedenti legislature e, dunque, non nate nell'ambito del governo in carica all'atto della sua approvazione. Si tratta di una normativa che ha molti elementi di analogia con altre legislazioni europee sulla medesima materia e risulta assai simile, in particolare, a quella tedesca. Ciò premesso, appare necessario fare chiarezza circa i nodi di fondo in gioco con i referendum ammessi dalla Corte Costituzionale nel gennaio 2005: nodi nient'affatto riconducibili ad alternative dipendenti dall'atteggiamento religioso, bensì tali da investire aspetti cardine dello stesso concetto moderno di democrazia. II «sì» all'insieme dei referendum comporterebbe, fra l'altro, ti) la «liberalizzazione» dei motivi per cui può accedersi alla procreazione c.d. assistita (la stessa necessità che la fecondazione avvenga, quantomeno, secondo finalità procreative non sarebbe scontata e potrebbe essere desunta solo per via interpretativa); li) la producibilità - senza, altresì, che ne siano precisati i limiti - di embrioni c.d. soprannumerari (destinati al congelamento), cioè eccedenti rispetto a quelli che si hrcveda di trasferire in utero non appena possibile; c) il venir meno del divieto di effettuare «donazione. mediante trasferimento di nucleo» (c.d.. ma impropriamente, terapeutica): attendendosi, (la parte di chi sostiene i referendum, che le vite - in realtà embrioni umani - in tal modo prodotte e successivamente distrutte onde prelevare, per fini di ricerca, cellule staminali verranno ritenute non coperte dal divieto di soppressione di embrioni (art. 14. e. 1). come pure che i l caso in esame verrà ritenuto (sebbene inaccettabilmente) non compreso nel divieto di ottenere. per donazione. Un «essere umano identico» (art. 12, c. 7); d) la possibilità di fare ricerca per fini 14 diagnostici e terapeutici sugli embrioni, senza il vincolo che essa sia finalizzata alla tutela della salute e dello sviluppo dell'embrione coinvolto; e) l'abrogazione del ricorso, nell'art. 1, al termine «concepito», con il che, da un lato, si tende a introdurre l'idea, biologicamente insostenibile, di una fase post-fecondativa che possa essere distinta dall'esistenza dell'embrione e, dall'altro lato, si mira a negare al concepito la titolarità dei diritti umani. "Lutto questo implica, in sintesi, l'orientamento alla «cosificazione» della prima fase della vita umana. fase nella quale essa verrebbe considerata, in pratica, come mero materiale biologico (og`getto di diritti altrui, e non titolare di diritti propri). Il che va ben oltre le stesse argomentazioni giuridicamente utilizzate con riguardo ai casi di non punibilità legale dell'aborto, le quali non si sono mai fondate (anche se ciò ha scarsamente inciso nella prassi) sul non riconoscimento del concepito come soggetto giuridico. Che il concepito non sia una cosa deriva peraltro, come più sopra s'è precisato, (la ben precise considerazioni razionali: la vita di un qualsiasi essere vivente sussiste, infatti, in quanto risulti in atto una sequenza di sviluppo esistenziale continua e autogovernata, cioè tale che per procedere non ha bisogno, purché sia alimentata e si trovi in un ambiente idoneo, di alcun ulteriore impulso dall'esterno. E tale sequenza continua, non lo contesta nessuno, sussiste dalla fecondazione. Certamente il nuovo individuo porterà a piena espressione le diverse capacità proprie della sua natura (nel nostro caso, umana) a diverse epoche del suo sviluppo. Ma ciò non incide per nulla sul suo essere individuo (umano) in tutto l'arco della sua parabola esistenziale ed è dunque irrilevante ai tni della sua tutela. Rappresenta, infatti, caposaldo del diritto moderno, il cui venir meno minerebbe in radice il concetto stesso di democrazia, l'affermazione secondo cui il riconoscimento dei diritti dell'uomo non dipende delle capacità contingentemente espresse in un dato momento da un individuo, o da un giudizio sulle qualità attuali della sua vita, bensì dalla sola circostanza che la sua vita sia in atto (si confronti Part. 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo): non a caso, già lo ricordavamo, la Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia evidenzia che (Iuest'ultimo non è certo meno essere Limano - anche prima della nascita - dell'adulto, come il malato (anche terminale) non lo è meno del sano o il disabile non lo è meno del non disabile. ll secondo nodo cruciale sollevato dai referendum attiene a una delle prospettive più dirompenti per la nostra civiltà, come ha sottolineato fra gli altri il filosofo Jiirgen Habermas: quella che concerne la possibilità di un uso essenzialmente selettivo delle conoscenze genetiche acquisibili nella fase precoce di una vita già iniziata. Il venir meno del rapporto fra fecondazione c.d. assistita e i nfertilità biologica, unitamente all'ammissione della ricerca diagnostica sugli embrioni e alla producibilità di embrioni soprannumerari consentirebbe, per la prima volta, che vite umane vengano generate sili) connc/icione, in vista, cioè, di un'analisi genetica - tra l'altro estremamente invasiva - 15 orientata alla scelta degli embrioni cui dare la possibilità, mediante il trasferimento in utero, dello sviluppo ulteriore, con esclusione di quelli riscontrati portatori di caratteristiche sfavorevoli (il divieto eli selezione a scopo eugenetico degli embrioni previsto all'art. 14, c. 3b, sarebbe a quel punto eludibile attraverso le decisioni della donna sul trasferimento in utero degli embrioni e di esso. comun(Iue. verrebbero probabilmente formulate interpretazioni riduttive). Il desiderio di avere figli sani è, ovviamente, cosa buona, ma non può giustificare qualsivoglia modalità di risposta, né può essere utilizzato per avallare l'assunto, mai in precedenza accolto dall'ordinamento giuridico, secondo cui il riconoscimento dei diritti fondamentali di un individuo sarebbe suscettibile di dipendere dal giudizio sulle sue caratteristiche fisiche. Il terzo nodo rimanda all'esigenza, resa necessaria dalla praticabilità della fecondazione in vitro, di riflettere anche dal punto di vista giuridico sui criteri che debbano ritenersi ineludibili per una Lenerazione umana, quale atto personale-relazionale e non puramente tecnico, consistente nell'unione di gameti (in futuro, lo si è già evidenziato, potrebbe aversi addirittura una gestione t otalmente impersonale della generazione medesima, ove si rendesse praticabile la gravidanza artificiale, vietata, peraltro, dalla legge n. 40). In particolare, il contestato divieto della fecondazione in riero c.d. eterologa deriva, come più sopra s'è visto, dal fatto che in essa la procreazione non è un fatto interno alla coppia, ma dipende dall'apporto genetico di un soggetto terzo. Inoltre, nella «eteroloi, a» la coppia che vuole generare viene a trovarsi in una posizione non paritaria: solo uno dei due soggetti, infatti, è genitore anche biologico. Proprio per questo, probabilmente, la percentuale delle fecondazioni eterologhe, anche nei paesi ove è ammessa (in altri, come in Svezia, si è assunto un atteggiamento recente più restrittivo), risulta minima. Da ultimo va segnalata l'esigenza di un'informazione che non faccia leva su puri aspetti emotivi: va correttamente detto, per esempio, che i risultati ottenuti nelle sperimentazioni terapeutiche concernenti cellule staminali riguardano cellule staminali adulte, e non cellule staminali embrionali: se si tentasse una sperimentazione consistente nel trasferimento di c.d. cellule s(aminali embrionali si determinerebbe nel destinatario (secondo quanto emerge dalla s)crinlcntazione animale) un tumore, posto che le cellule della blastocisti embrionale sono staminali solo in un certo senso e hanno una dinamica riproduttiva loro propria; esse, infatti, risultano deputate non già alla rigenerazione, durante la vita intera, delle cellule somatiche dell'organismo, bensì alla strutturazione dell'intero organismo (non appare dunque corretto prospettare applicazioni t erapeutiche eli ricerche le quali implichino la distruzione di embrioni umani; ricerche su c.d. cellule staminali embrionali umane potrebbero del resto essere condotte attraverso tecniche di regressione di cellule non embrionali; inoltre, resta aperto l'intero ambito della ricerca. finora solo mar-inalnlente percorso. della ricerca SU Cellule embrionali non untane). 16 Come pure è utile precisare che se la legge n. 40 ha recepito alcune fra le esigenze proposte alla riflessione sociale anche dalla Chiesa cattolica, essa non è una legge «cattolica»: è noto, infatti, che l a riflessione etica di quest'ultima non considera conforme alle caratteristiche proprie della generazione umana qualsiasi modalità che si configuri non come un aiuto alla relazione sessuale, nia la sostituisca (oltre che qualsiasi modalità la quale comporti la deliberata soppressione di embrioni). hmerge. anche sotto questo profilo, ciò che caratterizza la produzione di norme nell'ambito della società democratica: siamo tutti corresponsabili affinché l'accordo di maggioranza necessario per approvare una legge si collochi al miglior livello possibile, fermo restando il fatto, poi, che la coscienza individuale è chiamata a interrogarsi al di là di quanto sia consentito dalla legge. S'è dunque cercato di chiarificare, col presente contributo, una serie di nodi etici cardine in tenia di tecniche procreative, rilevanti anche ai fini delle scelte giuridiche. I temi considerati, concernenti l a procreazione e la fase precoce della vita umana, attengono in maniera del tutto peculiare alle condizioni fondamentali della convivenza civile, posto che con essi vengono in gioco, da un lato, le modalità stesse di riproduzione della compagine sociale (che investono anche il ruolo della famiglia) e, dall'altro, la relazione verso nuovi individui, ovviamente incapaci di autotutela e come tali rientranti fra i destinatari privilegiati della protezione giuridica. Luciano Eusebi ordinario di Diritto penale nella Università Cattolica - membro del Comitato Nazionale per la Bioetica