Amplificatori di Potenza - Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"

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Capitolo 4
Amplificatori di Potenza
4.1
Introduzione
La progettazione d’amplificatori di potenza riveste un ruolo importante nella realizzazione di sistemi a microonde, soprattutto per applicazioni nel campo delle telecomunicazioni, sia terrestri sia satellitari, ove continui sviluppi della tecnologia a stato solido hanno portato alla realizzazione di trasmettitori sempre più piccoli, con conseguenti
riduzioni di peso e costo, ma con requisiti più stringenti.
Le specifiche di progetto principalmente richieste allo stadio di potenza, riguardano
la riduzione del consumo di potenza e dei livelli di tensione necessari alla loro alimentazione, garantendo però sia un livello di potenza d’uscita che caratteristiche di linearità accettabili, secondo il tipo d’impiego cui sono destinati. Per esempio, nei sistemi di
telefonia cellulare, l’amplificatore di potenza consuma una porzione significativa della
potenza totale in continua preventivata, per cui s’intuisce la rilevanza dell’efficienza
di conversione, che si traduce essenzialmente in una riduzione delle dimensioni e del
peso sia del sistema di alimentazione in continua (esempio batterie), sia degli scambiatori di calore (heat-sinks), necessari appunto allo smaltimento del calore prodotto
dalla potenza dissipata sul dispositivo attivo stesso, e quindi in una riduzione delle
dimensione e del peso dell’intera unità.
Risulta allora evidente la necessità di metodologie di progetto per amplificatori di
potenza a microonde ad elevata efficienza di conversione. E’ ben noto, infatti, che alte
efficienze possono essere ottenute attraverso un’opportuna scelta del dispositivo, del
62
Amplificatori di Potenza
suo punto di lavoro (polarizzazione) e d’appropriate terminazioni armoniche; in altre
parole, tramite un’opportuna ingegnerizzazione delle forme d’onda di tensione e corrente. Tali tecniche nel corso degli anni hanno portato alla definizione di diverse classi
di funzionamento per gli amplificatori di potenza. Tuttavia, tali definizioni sono spesso ambigue e confusionarie: per esempio a volte sono riferite al tipo di polarizzazione
(angoli di circolazione della corrente di drain) e/o alle caratteristiche di linearità (Classi A, AB, etc.); altre volte sono invece riferite al tipo di terminazioni armoniche considerate (Class F, Tuned Load, etc.) oppure a particolari modi di funzionamento del
dispositivo (Class E, Class S, etc.).
4.2
Parametri di interesse nella progettazione di amplificatori di potenza a microonde
La struttura di un amplificatore di potenza a microonde a singolo dispositivo attivo, è
costituita essenzialmente dal dispositivo stesso e dalle due reti di adattamento, rispettivamente di ingresso (M1 ) e di uscita (M2 ), come riportato in figura 4.1. Per quanto
riguarda le reti M1 ed M2 , queste in genere sono realizzate mediante elementi passivi
non dissipativi, quali induttanze e capacità, sia a parametri concentrati che distribuiti,
a seconda della tecnologia a disposizione e della frequenza di lavoro.
Figura 4.1: Schema di principio di un amplificatore di potenza a singolo dispositivo
attivo.
Con riferimento alla figura 4.1, è possibile definire le grandezze utili per la valutazione delle prestazioni degli amplificatori di potenza. Di seguito si riportano brevemente le principali definizioni d’interesse.
63
Amplificatori di Potenza
Potenze
Per quanto riguarda le grandezze in potenza, si indicano con
- Pout
la potenza (attiva) d’uscita che effettivamente l’amplificatore cede al carico esterno ZL alla frequenza fondamentale di interesse;
o
1 n
∗
Pout = <e Vout,f · Iout,f
2
(4.1)
- Pin
la potenza di sorgente o potenza disponibile ossia la massima potenza attiva che
una sorgente esterna, con impedenza interna ZG , è in grado di erogare 1 .
- Pdc
la potenza fornita dall’alimentazione in continua:
Pdc = VDD · IDC
(4.2)
Le potenze vengono espresse in mW o in dBm, essendo
P[dBm] = 10 log10 P[mW ]
(4.3)
Guadagni di potenza
Sempre con riferimento alla fig. 4.1, si definisce il :
- guadagno di trasduzione G
definito come il rapporto tra la potenza ceduta al carico e quella erogata dalla
sorgente, che in condizioni lineari è esprimibile in forma chiusa in funzione dei
parametri S e dei coefficienti di riflessione delle impedenze esterne:
Pout
G = G S, ΓG , ΓL =
Pin
(4.4)
I guadagni vengono espressi in dB.
1
Si ha nel caso in cui la sorgente esterna è adattata in modo complesso coniugato, ossia terminata su
∗
un’impedenza di carico pari a ZG
(coniugato di ZG )
64
Amplificatori di Potenza
Efficienze
Sono definiti due diversi tipi di efficienza:
- efficienza di conversione o di drain η
spesso indicata anche solo come efficienza e definita in base alla relazione
η=
Pout
Pdc
(4.5)
- efficienza aggiunta di conversione ηadd
spesso indicata anche come power added efficiency (PAE), definita in base alla
relazione
ηadd =
Pout − Pin
Pdc
(4.6)
Alcune volte si trova definita anche nella forma
ηadd =
Pout
Pdc + Pin
(4.7)
in quanto in questo secondo caso si evita di avere possibili valori negativi, che
potrebbero essere fonte di equivoci. Nel seguito però faremo sempre riferimento alla definizione (4.6). Si osservi che è possibile esprimere l’efficienza di
conversione aggiunta in funzione dell’efficienza e del guadagno, ossia
!
!
Pout
1
1
ηadd =
· 1−
=η· 1−
Pdc
G
G
(4.8)
Se due stadi amplificatori sono connessi in cascata, come riportato in figura 4.2,
si dimostra che l’efficienza di conversione dell’intero stadio può essere espressa nella
forma:
η=
η2
1+
Pdc,1
Pdc,2
=
η2
1 + η1ηG2 1
(4.9)
dove ηi , Gi e Pdc,i con i = 1, 2, sono rispettivamente le efficienze di conversione, i
guadagni di potenza e le potenze in continua dei singoli stadi.
Adattamenti
Per quantificare l’adattamento di un amplificatore, oltre ai parametri Si,i si usano
spesso anche le seguenti quantità:
65
Amplificatori di Potenza
Figura 4.2: Esempio di due stadi connessi in cascata.
- perdite per riflessione (o return loss) RL
definita in base alla relazione:
2
as RL = 2
bs (4.10)
spesso espressa anche in dB:
RL[dB] = 10 · log10
2
as 2
bs esprime quindi il rapporto tra la potenza incidente e quella riflessa:
Pinc
RL[dB] = 10 · log10
= −20 · log10 ΓL Pref l
(4.11)
(4.12)
- rapporto d’onda stazionaria in tension (o Voltage Standing Wave Ratio, VSWR
definito in base alla relazione:
V ΓL 1
+
V SW R = max =
1 − ΓL V min
(4.13)
E’ valida poi la relazione inversa
V SW R − 1
ΓL =
V SW R + 1
(4.14)
Gli andamenti tipici delle tre grandezze di uscita fondamentali Pout , G e P AE in
funzione della potenza del segnale di ingresso Pin , sono riportati in figura 4.3, per uno
stadio amplificatore tipico.
Dalla fig. 4.3 si nota che l’andamento di Pout varia inizialmente in modo lineare
per poi saturare; in particolare, nella zona di funzionamento lineare il guadagno G può
essere considerato costante ed il valore che esso assume è generalmente indicato con
il termine di guadagno lineare a piccolo segnale (o small-signal gain) ed indicato con
il simbolo Glin .
66
Amplificatori di Potenza
Figura 4.3: Esempio di andamento di Pout , P AE e G.
Nella stessa figura è stato evidenziato un altro punto di interesse per gli amplificatori di potenza, ovvero il cosiddetto punto ad 1 dB di compressione (1dB Gain
compression point o 1dBGc); tale punto rappresenta il valore di Pin in corrispondenza del quale il guadagno di potenza G è diminuito di 1 dB rispetto al valore Glin
che aveva a piccolo segnale. In corrispondenza di tale punto, i fenomeni di distorsione non lineare prodotti dall’amplificatore sono ancora d’entità accettabile ed inoltre
l’efficienza di conversione raggiunge il suo valore massimo generalmente in corrispondenza di circa 2dB di compressione del guadagno; il punto ad 1dB di compressione
rappresenta quindi un buon compromesso tra un’elevata efficienza di conversione ed
un comportamento lineare accettabile.
Distorsione
Le definizioni sin qui introdotte, possono essere riferite a qualsiasi tipo d’amplificatore, sia lineare che non, indipendentemente dal loro interesse pratico (per gli amplificatori di segnale, operanti in regime lineare, interessano più i parametri di guadagno e
d’adattamento che non le efficienze).
Per gli amplificatori di potenza però, è necessario considerare anche altri parametri,
derivanti dalla caratteristica di funzionamento non lineare del dispositivo attivo utilizzato. Infatti, a differenza dei circuiti lineari, per i quali è possibile definire il principio
67
Amplificatori di Potenza
di sovrapposizione degli effetti, per gli amplificatori di potenza, come in genere per
tutti i circuiti non lineari, è necessario tener conto anche della presenza di fenomeni
non lineari, i quali danno luogo alla generazione di segnali indesiderati, di cui bisogna
tener conto sia in fase d’analisi che di sintesi. Tali segnali, generati direttamente o
per effetto di fenomeni di mescolamento, possono essere genericamente distinti in tre
categorie:
- armoniche del segnale in ingresso prodotti dalle non linearità del dispositivo
attivo;
- prodotti d’intermodulazione presenti se il segnale d’ingresso è costituito da
più di un tono;
- prodotti spuri generati da fenomeni di mescolamento fra segnali indesiderati in
ingresso (fuori banda) ed armoniche prodotte.
Figura 4.4: Segnali di uscita di un amplificatore a RF nel caso di due segnali di ingresso
a frequenze fc ± fm .
Nella figura 4.4 sono riportate graficamente le relazioni tra questi segnali indesiderati
e quelli invece di interesse, che in questo caso sono supposti pari a due toni di uguale
ampiezza alle frequenze fc ± fm . I prodotti d’intermodulazione dispari (IM D3 ,
IM D5 , IM D7 , etc.) sono i più dannosi in quanto sono i più vicini alla frequenza portante (fc ) e causano distorsione nei segnali ricevuti o interferenze fra canali adiacenti.
A differenza dei segnali armonici o spuri, che possono in genere essere facilmente rimossi per filtraggio, i prodotti d’intermodulazione possono solo essere ridotti ad un
limite accettabile con opportune tecniche di bilanciamento e di linearizzazione.
68
Amplificatori di Potenza
Per quanto riguarda i prodotti d’intermodulazione, in genere ci si limita a considerare il termine del terzo ordine IM D3 dandone una misura in termini di rapporto C/I
(carrier power / IMD power). Per la misura di tale parametro, si iniettano in ingresso
al dispositivo due toni di pari ampiezza alle frequenze f1 e f2 , abbastanza vicine tra
loro (generalmente 50 MHz o inferiori), e si misura il rapporto tra la potenza del segnale d’uscita a frequenza f1 (o f2 ) e quella prodotta alla frequenza di mescolamento
2f1 − f2 (o 2f2 − f1 ):
−1
Pout 2f1 − f2
IM D3 =
= C/I3
Pout f1
(4.15)
misurata in dBc (dB/carrier).
Per valutare i fenomeni di generazione di armoniche e prodotti di intermodulazione
in modo semplice, possiamo fare riferimento al seguente approccio semplificato. Si
consideri la non linearità del dispositivo attivo rappresentabile genericamente mediante
una serie di potenze, ovvero che il segnale d’uscita y possa essere espresso in funzione
del segnale di ingresso x nel seguente modo:
h
i
y = A · x + k2 x2 + k3 x3
dove sia x che y sono segnali le cui unità di misura sono
(4.16)
√
W . E’ evidente che questo
considerato è un modello istantaneo, valido per segnali x relativamente piccoli.
Si consideri poi il caso di ingresso a singolo tono
X jωt
x t = X cos ωt =
e + e−jωt
2
Allora l’uscita, in base alla (4.16) sarà:
h X2
3
y t = A · X 1 + k3 X 2 cos ωt + k2
+
4
2
i
X3
X2
+ k2
cos 2ωt + k3
cos 3ωt
2
4
(4.17)
(4.18)
Per quanto riguarda le potenze, considerando carichi unitari, si otterranno le potenze
normalizzate di ingresso e di uscita, rispettivamente date da:
X2
2
( " #)2
1
3
= · A · X 1 + k3 X 2
2
4
P in =
Pout
69
(4.19)
(4.20)
Amplificatori di Potenza
Per quanto riguarda la potenza d’uscita, sfruttando la relazione (4.19) si può scrivere:
Pout
"
#2
2
2
X
3
X
= A2
· 1 + k3
2
2
2
"
#2
3
2
= A · Pin · 1 + k3 Pin
2
(4.21)
dove 32 k3 Pin è un termine di compressione del guadagno se k3 < 0 ovvero di espansione del guadagno se k3 > 0. In fig. 4.5 è riportato a titolo di esempio l’andamento
di Pout in funzione di Pin per valori di k3 positivi o negativi.
Figura 4.5: Esempio di andamento di Pout in funzione di Pin per valori di k3 positivi
o negativi.
Se ora si considera un segnale di ingresso a due toni, ovvero:
x t = X1 cos ω1 t + X2 cos ω2 t
70
(4.22)
Amplificatori di Potenza
l’uscita, sempre in base alla equazione (4.16), sarà:
k2 2 k2 2
y t =A ·
X + X2 +
2 1
2
3
3
2
2
+ AX1 · 1 + k3 X1 + k3 X2 cos ω1 t +
4
2
3
3
2
2
+ AX2 · 1 + k3 X2 + k3 X1 cos ω2 t +
4
2
k
k2
2
+ AX12 cos 2ω1 t + AX22 cos 2ω2 t +
2
2
+ AX1 X2 k2 · cos ω2 − ω1 t + cos ω2 + ω1 t +
(4.23)
k3
k3
cos 3ω1 t + AX23 cos 3ω2 t +
4
4
3
2
+ k3 AX1 X2 · cos 2ω1 + ω2 t + cos 2ω1 − ω2 t +
4
3
2
+ k3 AX1 X2 · cos 2ω2 + ω1 t + cos 2ω2 − ω1 t +
4
+ AX13
In tabella 4.1 sono riportate le freqeunze generate.
ω1 + ω1 − ω1 = ω1
AX1 43 k3 X12
ω2 + ω2 − ω2 = ω2
AX2 34 k3 X22
ω1 + ω2 − ω2 = ω1
AX1 32 k3 X22
ω2 + ω1 − ω1 = ω2
AX2 32 k3 X12
ω1 + ω2
Ak2 X1 X2
intermodulazione del 2◦ ordine
2ω1 + ω2 , 2ω1 − ω2
3
2
4 Ak3 X1 X2
intermodulazione del 3◦ ordine
2ω2 + ω1 , 2ω2 − ω1
3
2
4 Ak3 X1 X2
compressione
cattura
ω2 − ω1
Tabella 4.1: Frequenze generate
In generale vale la relazione:
n+1
!
n !
n
n+1
n + 2m − 1
y t =
kn An ·
2n−1
2
2
m=1
n−dispari
( )
· cos mω1 − m − 1 ω2 t + cos mω2 − m − 1 ω1 t+
X
1
2
X
(4.24)
In figura 4.6 è riportato in forma grafica un esempio di andamenti tipici di Pout
in presenza di 1 o 2 toni di ingresso e di IM D3 . In tale figura è anche evidenziato il
71
Amplificatori di Potenza
punto IP3 , denominato 3rd order intercept point o punto di intercetta del terzo ordine.
Figura 4.6: Esempio di andamento di Pout (f ) in presenza di 1 o 2 toni di ingresso.
E’ possibile valutare grossolanamente quanto il punto IP3 si discosti dal punto
1dBcp a singolo tono, sfruttando il modello (4.16), che ricordiamo vale per piccoli
segnali. Infatti, nel caso a singolo tono si può scrivere
3
y1T = Ax1T + A k3 x31T
4
(4.25)
1 2
Pout,1T = y1T
2
(4.26)
Per la potenza d’uscita si ha
mentra la potenza di ingresso è data da:
1
Pin = x21T
2
(4.27)
Nel punto ad 1dB di compressione si dovrà avere che la Pout differisce di 1dB dal
valore lineare, ovvero:
Pout,1T,1dBcp = 10 log10
2
1 2
1
y
= 10 log10
Ax1T
−1
2 1T
2
(4.28)
Osservando ora che
0.1
1 = 10 log10 10
72
(4.29)
Amplificatori di Potenza
si può scrivere
da cui
2 2 1
3
1 Ax1T
3
10 log10
Ax1T + A k3 x1T
= 10 log10
2
4
2 100.1
(4.30)
√
3
x1T + k3 x31T = x · 10−0.1
4
(4.31)
3
1 − 10−0.05 = − k3 x21T
4
(4.32)
e quindi
Nel caso invece di 2 toni in ingresso, per la potenza d’uscita si avrà (cfr. tabella
4.1):
- potenza d’uscita a fondamentale, generata dal termine lineare
1
Pout,2T f = A2 x22T
2
(4.33)
- potenza d’uscita a frequenza 2f1 − f2
Pout,2T 2f1 − f2
1
3
= A2
k3 x32T
2
4
!2
da cui è possibile estrapolare il punto IP3 (fig. 4.6) dalla relazione
!2
Pout,2T f = Pout,2T 2f1 − f2
ossia
x22T
=
3
k3 x32T
4
(4.34)
(4.35)
!2
(4.36)
Assumendo k3 negativo, si ricava
x22T = −
4
3k3
Confrontando ora le espressioni (4.32) e (4.37), si ricava
x 1
2T
=
≈ 9.2
⇒
x1T
1 − 10−0.05
(4.37)
≈ 9.6dB
(4.38)
Un’altra grandezza che spesso si incontra nelle specifiche di progetto, soprattutto
nei sistemi in cui sono coinvolti segnali con modulazioni ad inviluppo non costante
(es. QPSK) è l’ACP R o Adjacent Channel Power Ratio definito in base alla seguente
relazione:
Pout f df
=R
C1 Pout f df
R
ACP RdBc
C2
dove in fig. 4.7 sono riportate le grandezze coinvolte nella definizione.
73
(4.39)
Amplificatori di Potenza
Figura 4.7: Grandezze coinvolte nella definizione di ACP R.
4.3
Amplificatori di potenza multistadio
Prima di entrare nel dettaglio delle tecniche di progettazione, è utile considerare un
esempio di sistema per la realizzazione di una catena d’amplificazione, analizzandone
la struttura topologica e la scelta dei dispositivi attivi da utilizzare (power budget).
4.3.1
Tecnologia
La prima scelta che si pone al progettista d’amplificatori di potenza, riguarda la selezione della tecnologia da utilizzare. Questa, ovviamente, dipende da diversi fattori:
disponibilità in commercio, tempi di realizzo, affidabilità, costi, possibilità d’intervento sul prodotto finito (tuning), etc. Sono possibili due diversi approcci:
ibrido
L’approccio con tecnologia ibrida prevede la realizzazione delle strutture passive
(reti d’adattamento o di combinazione) su substrati generalmente diversi da quelli utilizzati per i dispositivi attivi, al fine di diminuire le perdite. Le reti realizzate ed i
dispositivi attivi sono poi assemblati in un’unica struttura meccanica. In figura 4.8 è
riportato un esempio di amplificatore di potenza a 5GHz le cui reti di adattamento di
ingresso e di uscita sono state realizzate su Allumina.
monolitico
In questo caso sia le strutture passive che i dispositivi attivi sono realizzati sullo
74
Amplificatori di Potenza
Figura 4.8: Esempio di circuito ibrido
stesso substrato (GaAs, InP, etc.). In figura 4.9 è riportato un esempio di circuito
realizzato in tecnologia monolitica.
Figura 4.9: Esempio di circuito monolitico: amplificatore di potenza in banda X.
La tecnologia ibrida ha il vantaggio di avere una fabbricazione più semplice, con
costi e tempi di realizzazione più bassi di quella monolitica; permette inoltre di poter selezionare in fase di assemblaggio i dispositivi attivi con le prestazioni migliori,
garantendo così rese più elevate. Infine, permette la possibilità di intervenire sullo
stadio realizzato (a prodotto finito) con operazioni di accordo (tuning). Gli stadi realizzati hanno però lo svantaggio d’avere dimensioni superiori, rispetto a quelli realizzati
in tecnologia monolitica, ed inoltre la ripetibilità del processo non sempre è garantita
75
Amplificatori di Potenza
con sufficiente cura, poiché troppi sono i fattori che possono influenzarla (ad esempio
la realizzazione dei fili di collegamento, l’assemblaggio meccanico delle varie parti,
etc.). Viceversa, l’alta ripetibilità e l’elevato numero di realizzazioni contemporanee
possibili con la tecnologia monolitica, fanno preferire quest’ultima per le realizzazioni
di tipo commerciale, in cui il progetto dello stadio è già sufficientemente assestato.
Nel caso di circuito monolitico un altro aspetto importante riguarda il packaging,
ossia la necessità di inserire il circuito realizzato in un opportuno contenitore, accessibile dall’esterno in modo agevole e tenendo in conto eventuali problematiche connesse
allo smaltimento del calore, soprattutto per applicazioni di potenza. In figura 4.10 è
riportato a titolo di esempio il processo di packaging di un circuito monolitico.
(a)
(b)
Figura 4.10: Esempio di processo di packaging: (a) le diverse fasi di realizzazione del
package ceramico con supporto metallico per garantire un adeguato smaltimento del
calore prodotto dal chip; (b)metalizzazioni (bonding wire) utilizzate per connettere i
pad del chip con i terminali esterni del package.
Il secondo problema che si pone al progettista è ovviamente la scelta del dispositivo attivo, intesa sia dal punto di vista della struttura fisica (MESFET, HEMT, ecc.)
e del substrato da utilizzare (GaAs, InP, ecc.), sia dal punto di vista del numero degli
stessi da utilizzare. Per quanto riguarda la prima scelta, questa è ancora una volta dettata dalle disponibilità in commercio. Allo stato dell’arte, per la realizzazione degli
amplificatori di potenza, la tecnologia a MESFET (MEtal Semiconductor Field Effect Transistor) su Arseniuro di Gallio (GaAs) ha raggiunto un grado di maturazione
ed affidabilità tale per cui risulta essere la più diffusa ed utilizzata, almeno per fre-
76
Amplificatori di Potenza
quenze di lavoro inferiori ai 20-30GHz. Per frequenze più elevate nuove tecnologie
basate anche su Fosfuro di Indio (InP) e su strutture H-FET (Heterojunction Field Effect Transistor) o P-HFET (Pseudomorphic Heterojunction Field Effect Transistor) si
stanno rapidamente evolvendo.
Ogni processo realizzativo è caratterizzato dal valore della densità di potenza per
unità di periferia di gate; scelto allora il processo da utilizzare (in genere MESFET
su GaAs), e noto il livello di potenza richiesto dalle specifiche di progetto, una prima
analisi di sistema consiste nella determinazione sia delle dimensioni fisiche del dispositivo, intese come dimensioni della periferia di gate, sia del numero degli stessi
che eventualmente è necessario combinare. Spesso, infatti, i livelli di potenza d’uscita richiesti sono tali da non poter essere ottenuti con l’impiego di un solo dispositivo
attivo; all’aumentare della periferia di gate la potenza d’uscita aumenta fino a saturare ad un valore massimo, ed i guadagni di potenza ottenibili (e quindi le efficienze)
diminuiscono, per cui esiste un primo compromesso sulla dimensione massima della
periferia di gate che conviene utilizzare per ogni processo a disposizione. A titolo di
esempio, in fig. 4.11 sono riportati i dati forniti dalla fonderia Rayteon relativi al processo di realizzazione di P-HEMT con fingers (dita) di gate di 0.15µm di larghezza
. Nel grafico, sono riportati i valori di potenza, guadagno ed efficienza aggiunta, per
dispositivi con finger di dimensioni fisse (larghi 0.15µm e lunghi 100µm), al variare
del numero di questi e quindi della periferia totale di gate. Si noti come la potenza
d’uscita tenda a saturare e risulti abbastanza indipendente dalla frequenza di misura
(14 o 18 GHz). Questa seconda caratteristica è una proprietà su cui torneremo più
approfonditamente in seguito.
L’aver fissato la periferia totale di gate però, non conclude ancora la fase di dimensionamento del dispositivo attivo, in quanto le stesse periferie possono essere ottenute
variando numero e lunghezza dei fingers di gate. Quest’ulteriore scelta dipende dai
dati di fonderia disponibili. Sempre con riferimento alla Rayteon, in fig. 4.12 sono
riportate le prestazioni di dispositivi con periferia totale di gate fissa (1.2mm), ma con
numero di fingers (e lunghezza) variabili.
77
Amplificatori di Potenza
Figura 4.11: Prestazioni misurate su un wafer prodotto dalla fonderia Rayteon, al
variare del numero di finger (e quindi della periferia totale di gate) di P-HEMT da
0.15µm.
Figura 4.12: Prestazioni misurate su un wafer prodotto dalla fonderia Rayteon, del processo P-HEMT 0.15µm, al variare del numero di finger (e quindi della loro lunghezza),
per periferie totali di gate costanti di 1.2mm.
78
Amplificatori di Potenza
4.3.2
Strutture di combinazione e power budget
Finita questa prima fase di analisi della tecnologia a disposizione, ed ipotizzando la
necessità di ricorrere alla combinazione di più dispositivi attivi (amplificatori multistadio), si passa ad una successiva analisi di sistema, ossia s’inizia a progettare, a livello
di sistema, la struttura dell’amplificatore di potenza a multistadio. In figura 4.13 è
riportato un tipico esempio di amplificatore di canale, in cui un amplificatore multistadio di guadagno ‘pilota’ un amplificatore di potenza, realizzato in configurazione
bilanciata .
Figura 4.13: Esempio di schema a blocchi per un sistema di amplificazione.
Con riferimento alla fig. 4.13, gli ultimi due stadi sono quelli di potenza veri e
propri; vengono infatti dimensionati e progettati per operare in condizioni di massima
potenza di uscita e massima efficienza di conversione, tipicamente ottenibile intorno
ai 2dB di compressione.
Per quanto riguarda lo stadio pilota, questo è progettato per avere il massimo
guadagno di potenza possibile operando in condizioni di linearità. A volte, l’ultimo amplificatore di quest stadio (indicato con PD3 in fig. 4.13) è realizzato per operare in condizioni di saturazione, in modo tale da permettere una certa tolleranza
sulla variazione della potenza di ingresso all’intera catena; infatti, in compressione la
Pout è meno sensibile alle variazioni di Pin di quanto ovviamente non sia in zona lineare, a fronte però di una riduzione del guadagno stesso (fig. 4.3). Le impedenze di
adattamento in ingresso ed uscita dei singoli stadi dovranno allora essere progettate
per soddisfare requisiti diversi: adattamento a piccolo segnale (e generalmente di tipo
complesso coniugato) per gli stadi lineari di guadagno ovvero adattamento in potenza
79
Amplificatori di Potenza
(e si chiarirà meglio in seguito cosa si intende) per gli stadi di potenza.
Per quanto riguarda il dimensionamento dei singoli stadi amplificanti, occorre
analizzare l’intera struttura a ritroso. Al fine di esemplificare la metodologia, si farà
riferimento alla struttura riportata in fig. 4.13.
Si considera il livello di potenza d’uscita richiesto dalle specifiche, che nell’esempio si suppone essere pari a 39dBm (5W). Poiché in genere, per quanto precedentemente detto, difficilmente un solo dispositivo attivo è in grado di fornire i livelli di
Pout richiesti, è necessario ricorrere a strutture di combinazione, come ad esempio
riportato in fig. 4.14. In questi casi è allora necessario tenere conto delle perdite in-
Figura 4.14: Amplificatore di potenza 32-45GHz con dispositivi HEMT realizzato con
tecniche di combinazione.
trodotte da tali strutture combinanti. Senza entrare in dettaglio sulle varie tecniche di
combinazione, si supporrà per semplicità che le strutture di combinazione e di divisione utilizzate abbiano perdite di circa 0.3dB alla frequenza di lavoro. In tal caso,
all’ingresso della struttura combinante saranno richiesti
39 − (3 − 0.3) = 36.3dB(≈ 4.3W )
Si supponga allora di avere a disposizione dei dispositivi attivi in grado di erogare
solo fino ad un massimo di 0.4W/mm, ossia 0.4W per mm di periferia di gate, con un
guadagno di 8dB. Se ne deduce allora che saranno necessari dei dispositivi con una
80
Amplificatori di Potenza
periferia di gate che può essere calcolata mediante la relazione
4.3W
= 10.75mm
W
0.4 mm
Tale numero ovviamente andrà arrotondato per eccesso verso i valori realizzabili praticamente. Dal valore del guadagno si risale poi al valore della potenza d’ingresso
necessaria per pilotare tale dispositivo, che sarà pari a
36.3 − 8 = 28.3dBm(≈ 680mW )
Per quanto riguarda la periferia di gate di PA1, questa sarà determinata dalla relazione
0.68/0.4=1.7 mm, mentre la potenza d’ingresso di tutto lo stadio di potenza sarà pari a
28.3-8=20.3 dBm (≈ 110mW).
Per quanto riguarda lo stadio pilota, tenendo conto degli 0.3dB di perdita della
struttura di divisione, dovrà essere in grado di fornire una potenza pari a
20.3 + 3.3 = 23.6dBm(≈ 230mW )
Per il dimensionamento dei vari dispositivi dello stadio di guadagno si procede in modo
analogo. In fig. 4.15 sono riportate le potenze d’uscita dei singoli stadi (tra parentesi
sono riportati i guadagni ipotizzati per i vari blocchi).
Figura 4.15: Esempio di dimensionamento di uno stadio di potenza.
4.4
Power Match Condition
Uno degli aspetti principali della progettazione degli amplificatori di potenza, riguarda
il concetto di adattamento e di carico ottimo. E’ ben noto infatti che per garantire il
massimo trasferimento da una sorgente ad un utilizzatore (carico), è necessario che
81
Amplificatori di Potenza
quest’ultimo soddisfi la condizione di adattamento complesso coniugato con l’impedenza interna della sorgente. In particolare, con riferimento alla figura 1.3, deve essere
soddisfatta la relazione
ZL = ZS∗
(4.40)
definita come conjugate match conditions.
Tale relazione viene adottata anche nella progettazione degli amplificatori lineari,
nell’ambito del trasferimento di segnale (e quindi di potenza) dal dispositivo attivo verso il carico. In questo caso infatti si dimostra che il carico ottimo è il complesso coniugato della impedenza che si vede guardando dal drain verso l’interno del dispositivo.
Indicheremo il carico ottimo per il guadagno come ZGopt .
Nella determinazione del carico ottimo per il guadagno non si tiene però conto
dei limiti fisici del dispositivo attivo, in quanto si lavora in regime di piccoli segnali e
quello che interessa è il massimo guadagno ottenibile nel trasferimento di segnale dalla
sorgente fino al carico (tramite il dispositivo attivo). Negli amplificatori di potenza
invece quello che interessa è la massima potenza ottenibile dal dispositivo attivo in
condizioni di linearità (o quasi). In questo caso il carico ottimo Zopt è quello che
permette la massima escursione contemporanea di corrente e di tensione, garantendo
la massima potenza d’uscita erogabile dal dispositivo attivo. Tale condizione viene
definita power match condition.
Supponendo per semplicità che i carichi siano reali, ZGopt darà luogo ad una retta
di carico2 con pendenza opposta a quella delle caratteristiche, mentre Zopt o ad una
retta di carico corrispondente alla massima escursione di tensione e corrente, come
riportato in figura 4.16, in altre parole si ha
ZGopt > Zopt (4.41)
In realtà, poiché i carichi presentano anche una parte reattiva, anziché delle rette si
avranno delle ellissi di carico.
Si noti che per Zload = ZGopt sono sufficienti piccoli valori di Pin per pilotare il
dispositivo in zone di funzionamento fortemente non lineare, rappresentate soprattutto dalle limitazioni fisiche del dispositivo (regione ohmica e di breakdown); il punto
2
La retta di carico o più in generale la curva di carico rappresenta sulle caratteristiche d’uscita del
dispositivo attivo la curva id (t) in funzione di vds (t).
82
Amplificatori di Potenza
Figura 4.16: Esempio di rette di carico corrispondenti alle condizioni di massimo
guadagno ZGopt o massima potenza di uscita Zout
1dBGc si ottiene per valori relativamente più bassi di potenza di ingresso Pin , rispetto
al caso in cui Zload = Zopt .
4.5
Classificazione degli amplificatori di potenza
La classificazione degli amplificatori di potenza, a prima vista semplice, è in realtà
un argomento abbastanza confusionario ed a volte ambiguo, se non addirittura conflittuale; infatti, con il termine di classe di funzionamento, spesso si possono intendere
diversi aspetti, che vanno dalla scelta della polarizzazione o dell’angolo di circolazione
della corrente di drain (Classi A, AB, etc.), alla scelta delle terminazioni da utilizzare
(Class F, Tuned Load o carico accordato, etc.) oppure che possono riguardare un modo
di funzionamento particolare del dispositivo stesso (Class E, Class S, etc.).
Per evitare possibili equivoci, si è ritenuto opportuno usare nel seguito il termine
classe di funzionamento per indicare l’angolo di circolazione φ della corrente d’uscita
(di drain) del dispositivo attivo, indipendentemente dal tipo di terminazione armonica
considerata, ma supponendo che il dispositivo attivo sia pilotato con un segnale sinusoidale. E’ evidente che nel caso di funzionamento del dispositivo attivo assimilabile
ad un interruttore (switching mode), di cui si parlerà in seguito), tale classificazione
perde ovviamente di validità. Si parla allora di Classe A quando l’angolo di circolazione è φ = 2π, per cui il dispositivo è in conduzione per tutto il periodo del segnale
83
Amplificatori di Potenza
di ingresso; si parla invece di Classe B quando φ = π, ossia il dispositivo conduce
solo per metà periodo (50%), con conseguente aumento dell’efficienza; si hanno poi
le classi intermedie, quali la Classe AB quando π < φ < 2π e la Classe C quando
φ < π.
Chiarito il concetto di classe di funzionamento, possiamo ora introdurre una prima
generica classificazione degli amplificatori di potenza, basata sulle caratteristiche di
funzionamento del dispositivo attivo e sulle prestazioni ottenibili in termini di ‘purezza
spettrale’ del segnale in uscita. Si individuano quindi essenzialmente due categorie di
funzionamento: gli amplificatori di potenza lineari e quelli ad elevata efficienza di
conversione.
Si parla di amplificatori lineari di potenza quando in uscita è riprodotta una replica
fedele del segnale d’ingresso, aumentata nel livello di potenza. Tali amplificatori sono
generalmente utilizzati nei sistemi di trasmissione SSB o multimodo, nei quali è richiesta una riproduzione accurata sia dell’inviluppo che della fase del segnale d’ingresso.
In questo tipo d’amplificatori, il dispositivo attivo è terminato in uscita con un particolare carico (quasi sempre un filtro passa basso), che sopprima le eventuali armoniche
indesiderate generate in uscita dalle non linearità del dispositivo stesso. Si parla in
questo caso di configurazioni di tipo a carico accordato o Tuned Load.
Per quanto riguarda la categoria degli amplificatori di potenza ad elevata efficienza
(di conversione), si intendono quelli in cui si fa ricorso a particolari reti d’adattamento
che, come si vedrà meglio in seguito, tendono a ridurre il prodotto tensione x corrente d’uscita del dispositivo attivo, ossia a ridurre la potenza dissipata sullo stesso,
aumentandone contemporaneamente anche l’affidabilità.
Nel caso di amplificatori di potenza ad elevata efficienza possono essere adottate
tecniche di due tipi: quelle che si basano su un funzionamento del dispositivo analogo al comportamento di un interruttore (switching-mode), e quelle che ricorrono a
particolari chiusure armoniche (harmonic-tuned).
Gli approcci del primo tipo si basano sull’osservazione che un interruttore ideale
ha sempre o tensione o corrente nulla ai suoi capi, per cui non dissipa potenza. Nei
casi reali ovviamente ciò non sarà più vero, ma continuerà ad essere minima la potenza dissipata. Le classi di funzionamento che fanno riferimento a tale principio sono
84
Amplificatori di Potenza
indicate come Classe D, Classe E e Classe S.
Per quanto riguarda le classi che invece fanno ricorso a particolari terminazioni
armoniche, indubbiamente la più famosa e diffusa è la cosiddetta Classe F, anche se
per applicazioni a microonde approcci nuovi sono stati proposti e verranno visti nel
seguito.
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