19.0 L. FEUERBACH La critica della «filosofia teologizzante» La critica della religione Umanismo e filantropismo L'importanza storica di Feuerbach L. FEUERBACH Nel dibattito della Sinistra hegeliana la figura di maggiore spicco è Ludwig Andreas Feuerbach (1804-1872)1. La radicalità della sua posizione sulla religione impedisce a Feuerbach di entrare a fare parte del mondo universitario tedesco: la sua carriera accademica, iniziata con la libera docenza in filosofia presso l'Università di Erlangen, viene troncata a Idee pagate a caro prezzo seguito della pubblicazione dei Pensieri sulla morte e sull'immortalità, in cui Feuerbach nega l'immortalità personale e ogni forma di trascendenza. _______________ (Hegel) Sin dall'inizio della propria attività filosofica Feuerbach non condivide ctr l'impostazione logica e metafisica del pensiero hegeliano e mostra un vivo interesse per la corporeità e i rapporti intersoggettivi nella loro dimensione fisica; corporeità (______________________) interesse che lo induce a sottoporre la filosofia hegeliana a un'aspra critica. Tale critica costituisce un passaggio fondamentale di quella dissoluzione della filosofia hegeliana cui partecipano tutti i principali esponenti del pensiero dell'epoca. In realtà, però, resta chiaramente riconoscibile l'impronta della formazione hegeliana LE OPERE DI FEUERBACH Per la critica della filosofia hegeliana(1839) L'essenza del cristianesimo (1841) Principi della filosofia dell'avvenire (1843) L’essenza della religione (1845) La critica della «filosofia teologizzante» Esaminiamo innanzitutto le critiche che Feuerbach rivolge alla filosofia hegeliana nella quale vede il compimento della filosofia moderna e nella quale, quindi, ritrova anche i due tratti negativi di quest'ultima: la frattura del pensiero nei confronti della sensibilità e il significato essenzialmente teologico. Riguardo al primo punto, Feuerbach si riferisce alla prassi dei filosofi moderni di costruire il proprio sistema filosofico partendo da presupposti teorici: essi partono dai sistemi precedenti anziché dalla natura reale. Ciò rende la storia della filosofia moderna completamente avulsa dalla realtà. La filosofia hegeliana è per Feuerbach l'espressione emblematica di questo tradimento della sensibilità. Infatti, il «cominciamento» del sistema hegeliano, cioè l'Essere della prima triade logica, non è un essere sensibile, concreto: è un Essere astratto, lontanissimo dal reale. Altrettanto astratta e lontana dalla realtà è per Feuerbach la «certezza sensibile», che Hegel presenta come primo momento del percorso fenomenologico delineato nella Fenomenologia dello spirito. Il «qui e ora», il «questo» della certezza sensibile nel sistema hegeliano non sono 1 LA CRITICA DELLA «FILOSOFIA TEOLOGIZZANTE» Le critiche alla filosofia _______________: 1 - _______________________________ _________________________________ Per la certezza _________________ di Hegel il _______________ è astratto (_________________ e _________ _______________) Per la vita e le opere vedi pag. 29 1 un «questo» reale, bensì pure astrazioni: sono un questo logico, cioè un «questo» del pensiero espresso dalla parola. Esso può valere per tutti gli oggetti proprio perché è un mero pensiero, e il pensiero è la sfera dell'universale. Il questo reale è invece un'entità individuale, unica, che non può essere colta attraverso il pensiero, ma solo attraverso i sensi. A conferma di queste osservazioni, Feuerbach fa notare che quando qualcuno parla della propria casa adoperando l'aggettivo «questa», ciò non significa che sarebbe disposto cederla con qualsiasi altra casa, per quanto ogni casa possa essere definita con lo stesso aggettivo. Il disconoscimento del valore della sensibilità che caratterizza la filosofia moderna è da ricondurre all'influsso della religione e della teologia cristiane. Esse, secondo Feuerbach, hanno imposto alcuni temi alla filosofia dell'Età moderna e hanno contribuito a distogliere l’attenzione dai bisogni concreti dell'uomo. Il cristianesimo costituisce dunque uno spartiacque tra il pensiero moderno e il pensiero antico che, invece, aveva posto al centro della propria indagine l'uomo. Feuerbach riconosce che il rapporto tra la teologia e la filosofia moderna è, apparentemente, un rapporto di opposizione: nello sforzo di liberare la teologia cristiana dalle contraddizioni, il pensiero moderno attua una graduale dissoluzione della concezione di Dio come Ente personale e trascendente rispetto all'uomo. Questa dissoluzione culmina nell'identificazione hegeliana tra Dio e Lògos: essa fa di Dio un principio impersonale e immanente alla ragione umana. Tuttavia, la filosofia idealistica non supera l'orizzonte della teologia. Presentando il Pensiero come una Sostanza reale completamente immateriale, come il Dio tradizionale, essa non fa altro che proporre una nuova forma di teologia; questa nuova teologia è diversa di quella antica solo perché ha un carattere completamente razionale. Tale carattere segna un ulteriore allontanamento dalla natura sensibile. In altri termini, la filosofia moderna ha sì trasformato Dio in «ragione», ma ha conferito a quest'ultima lo stesso carattere astratto del Dio tradizionale: ha separato nettamente la ragione dalla sensibilità. Proprio perché è, in realtà, una teologia, Feuerbach definisce la filosofia moderna filosofia teologizzante. Infatti, l'astrazione dalla sensibilità è necessaria per la filosofia come lo è per la teologia, che è scienza di un essere immateriale, ossia Dio. Per Feuerbach la dialettica hegeliana è un procedimento rovesciato, perché capovolge i rapporti di predicazione realmente esistenti. Esso pone come Soggetto un Universale e un astratto, cioè l'Idea, e riduce gli individui concreti (il soggetto vero e proprio) ad attributi dell'Idea. Nella realtà, invece, è esattamente il contrario: il soggetto non può che essere un individuo che, tra i suoi possibili attributi, ha anche quello del pensiero. La restaurazione dei reali rapporti di predicazione richiede dunque un «rovesciamento del rovesciamento» attuato dalla filosofia hegeliana; grazie a esso l'individuo concreto verrà ricollocato nella sua posizione di soggetto. Peraltro, proprio in questo punto emerge come Feuerbach continui a servirsi degli strumenti teorici approntati da Hegel: il rovesciamento del rovesciamento non è altro che la «negazione della negazione», cuore della dialettica hegeliana. Infatti, se l'idealismo offre una visione rovesciata delle cose, in cui ciò che viene realmente prima (il concreto, la causa) figura come ciò che viene dopo, e ciò che viene realmente dopo (l'astratto, l'effetto) figura come ciò che viene prima: «il cammino che sinora ha percorso la filosofia speculativa dall'astratto al concreto, dall'ideale al reale, è un cammino alla rovescia. È una via per la quale non si giunge mai alla realtà vera». Da ciò il programma feuerbachiano di un'inversione radicale dei rapporti tra soggetto e predicato instaurati dalla religione e dall'idealismo: “La nuova filosofia, conformemente alla verità, ha trasformato l'attributo in sostantivo, il predicato in soggetto [ ] L'inizio della filosofia non è Dio, non è l'Assoluto, non è l'essere come predicato dell'assoluto o dell'idea: il __________________ reale è _________________________ e ______ ____________________ disconoscimento del ______________ causato da 2 - _____________________________ _________________________________ da Dio ______________________ e ______________________________ alla ____________________ (lògos) ___________________________ e ______ ________________________________ ma ragione come _________ = ___________ _____________ per cui separazione _________________________ quindi = filosofia ____________________ che rovescia i _______________________ per cui: Idea = _________________________ individui reali = ___________________ dell’Idea ma nella realtà: pensiero (idea) = possibile _____________ (predicato) dell’individuo è quindi necessario un ________________________________ ___________________________________ non dall’______________ al __________ ma dal______________ all’____________ l’inizio della filosofia non ______________ ma ____________________, non _______ ma il _________________ 2 l'inizio della filosofia è il finito, il determinato, il reale.” (Principi della filosofia dell'avvenire) LA CRITICA DELLA RELIGIONE La critica della religione Il rovesciamento del __________________: non Dio ____________________ l’uomo Applicando la propria metodologia materialistica alla religione, Feuerbach afferma che non è Dio (l'astratto) ad aver creato l'uomo (concreto), ma l'uomo ad aver creato Dio. Infatti Dio, secondo Feuerbach, non è altro che la proiezione illusoria, o l'oggettivazione fantastica, di alcune qualità umane, in particolare di quelle "perfezioni" caratteristiche della nostra specie che sono la ragione, la volontà e il cuore. In altri termini, il divino non è che l'umano in generale, proiettato in un mitico aldilà e adorato come tale. Scrive Feuerbach: “La religione è l'insieme dei rapporti dell'uomo con se stesso, o meglio con il proprio essere, riguardato però come un altro essere [...]. Tutte le qualificazioni dell'essere divino sono perciò qualificazioni dell'essere umano [...]. Tu credi che l'amore sia un attributo di Dio perché tu stesso ami, credi che Dio sia un essere sapiente e buono perché consideri bontà e intelligenza le migliori tue qualità .“(L'essenza del cristianesimo) Pertanto il mistero della teologia non è che l'antropologia. E la religione, in quanto antropologia «capovolta», costituisce «la prima, ma indiretta autocoscienza dell'uomo». Tant'è vero che essa “precede sempre la filosofia, nella storia dell'umanità così come nella storia dei singoli individui. L'uomo sposta il suo essere fuori da sé, prima di trovarlo in sé [...]. La religione è l'infanzia dell'umanità; il bambino vede il proprio essere, l'uomo, fuori da sé, ossia oggettiva il proprio essere in un altro uomo. Perciò il progresso storico delle religioni consiste appunto nel considerare in un secondo tempo come soggettivo e umano ciò che le prime religioni consideravano come oggettivo e adoravano come dio. Le prime religioni sono idolatrie per le religioni posteriori; queste riconoscono che l'uomo ha adorato il proprio essere senza saperlo [...J. Ma ogni religione particolare che definisce idolatrie le sue più antiche sorelle, esclude se stessa — ed invero necessariamente, altrimenti non sarebbe più religione — da questo destino, da questa natura universale della religione; soltanto alle altre religioni attribuisce ciò che rimane pur sempre [...] il vizio della religione in generale.” (L'essenza del cristianesimo) Appurato che Dio è l'essenza dell'uomo personificata e che l'antropologia costituisce la chiave interpretativa della teologia — e quindi di tutti i misteri del cristianesimo, dalla Trinità alla verginità di Maria —, rimane da vedere, in concreto, come nasca nell'uomo l'idea di Dio. A questo proposito Feuerbach si è variamente espresso. Nell'Essenza del Cristianesimo la riconduce allo squilibrio tra la finitezza dell'uomo, considerato come individuo fisico, e l'infinitezza della sua essenza. Tale essenza consiste nella «ragione», nella «volontà» e nel «cuore», le tre facoltà che determinano l'uomo come specie. La consapevolezza di questo squilibrio tra finitezza e infinitezza umane fa sorgere nell'uomo il desiderio di trascendere la propria finitezza spingendolo a proiettare la propria essenza fuori di sé in un'essenza indipendente. Un'ulteriore causa dell'alienazione religiosa è individuata da Feuerbach nella contraddizione tra l'infinitezza dell'uomo, in quanto essere desiderante, e la limitatezza delle sue capacità di ottenere ciò che desidera. Tale contraddizione viene risolta attraverso l'alienazione e l'oggettivazione dei propri desideri: essi vengono realizzati in un Ente esterno che è, appunto, Dio. Infine, nell'Essenza della religione, Feuerbach vede la genesi primordiale dell'idea di Dio nel sentimento di dipendenza che l'uomo prova di fronte alla natura. Tale sentimento ma l’uomo _____________________________ Dio = _____________________________ delle ____________________ dell’uomo: ___________________________________ ovvero teologia = ____________________ ___________________ = prima forma di __________________________________ per questo: 1 - le religione ______________ la filosofia 2 – storia delle religioni: religioni più _____________ considerano _____________________ come idolatrie poiché riconoscono come _____________ ciò che le _________________ adoravano come ______________ ______________________ della religione: 1 – contraddizione tra ________________ dell’individuo e _____________________ della sua essenza: ____________________, _________________,_________________ ________________________________ dell’individuo __________________ _________________________________ 2 – contraddizione tra ________________ ________ del desiderio e le ___________ _________________________________ alienazione e _____________________ dei propri _________________ in _______ 3 ha spinto l'uomo ad adorare quelle cose senza le quali egli non potrebbe esistere: la luce, l'aria, l'acqua e la terra (tant'è, ricorda Feuerbach, che alcuni popoli, ad esempio gli antichi abitanti dell'odierno Messico, avevano come divinità anche il sale). Qualunque sia l'origine della religione, è comunque certo, secondo Feuerbach, che essa costituisce una forma di "alienazione", dove con tale categoria (anch’essa tratta dalla filosofia di Hegel) il filosofo intende quello stato patologico per cui l'uomo, “scindendosi” proietta fuori di sé una potenza superiore (Dio) alla quale si sottomette, anche nei modi più umilianti e crudeli (si pensi ai sacrifici di vite umane di certi antichi rituali). Ma se la religione è il frutto di un'"oggettivazione" alienata e alienante, in virtù della quale l'uomo tanto più pone in Dio quanto più toglie a se stesso («la gloria di Dio si fonda esclusivamente sull'abbassamento dell'uomo, la beatitudine divina solo sulla miseria umana, la divina sapienza solo sull'umana follia, la potenza divina solo sulla debolezza umana»), l'ateismo si configura non solo come un atto di onestà filosofica, ma anche come un vero e proprio dovere morale. Infatti, secondo Feuerbach, è ormai venuto il tempo che l'uomo recuperi in sé i predicati positivi che ha proiettato fuori di sé in quello specchio illusorio e astratto della propria essenza che è Dio. Detto altrimenti, ciò che nella religione è soggetto deve ridiventare predicato. Quindi non più: Dio (soggetto) è sapienza, volontà e amore (predicato), ma, al contrario, la sapienza, la volontà e l'amore umano (soggetto) sono divini (predicato). Di conseguenza, il compito della vera filosofia non è più quello di porre il finito nell'infinito, ossia di risolvere l'uomo in Dio, ma quello di porre l'infinito nel finito, ossia di risolvere Dio nell'uomo. Ciò fa sì che l'ateismo di Feuerbach non abbia un carattere puramente negativo, ma si presenti anche, in positivo, come la proposta di una nuova divinità: l'uomo. Vedremo adesso le conseguenze etiche e pratiche di questo atteggiamento. Umanismo e filantropismo La nuova filosofia, la «filosofia dell'avvenire» delineata da Feuerbach nell'ultima fase del suo pensiero ha la forma di un umanismo naturalistico. Umanismo, perché fa dell'uomo l'oggetto e lo scopo del discorso filosofico; naturalistico, perché fa della natura la realtà primaria da cui tutto dipende, compreso l'uomo. “La nuova filosofia, scrive Feuerbach, fa dell'uomo l'oggetto unico, universale e supremo della filosofia, includendovi la natura considerata come fondamento dell'uomo. La nuova filosofia fa dell'antropologia, con inclusione della fisiologia, la scienza universale.” (Principi della filosofia dell'avvenire) Il nucleo di questo umanismo naturalistico è costituito dal rifiuto di considerare l'individuo come astratta spiritualità, o razionalità, per concepirlo piuttosto come essere che vive, che soffre, che gioisce e che avverte una serie di "bisogni" dai quali si sente dipendente. Un essere, insomma, «di carne e di sangue», che risulta condizionato dal corpo e dalla sensibilità. Per Feuerbach, dunque, solo mettendo al centro dei suoi interessi gli uomini reali la filosofia potrà superare la teologia e costruire una vera antropologia. Egli carica quest'ultima di una forte valenza emancipatrice: l'alienazione religiosa è, infatti, un processo attraverso il quale l'uomo si immiserisce, trasferendo su un altro Ente la parte migliore di sé. Cogliere la radice umana dell'idea di Dio significa, dunque, restituire all'umanità la sua piena dignità (vedi ateismo come dovere morale). Per Feuerbach la filosofia in grado di attuare questo compito deve essere 3 – dipendenza uomo nei confronti ______ _____________ adorazione di ______ __________________________ Religione come ______________________ scissione ________________ ____ _________ ______________________ allora ________________ = dovere ___________ perché consente di ____________________ __________________________________ di conseguenza occorre risolvere _______ nell’________________ umanesimo UMANISMO E FILANTROPISMO Umanismo = ______________________ ___________________________ naturalistico = ______________________ __________________ Filosofia = _______________________ Uomo non solo ___________________ e _________________ ma anche ________ ___________________________________ La sostituzione dell’________________ alla __________________________ restituire all’uomo _________________ __________________________________ 4 completamente diversa rispetto a quella del passato, che egli etichetta come «filosofia teologizzante», per denunciarne il residuo nucleo teologico. Un vero superamento della teologia è possibile per Feuerbach soltanto attraverso una filosofia nuova, che nasca cioè da un atto di rottura. Questo atto di rottura consiste nel prendere le mosse dalla sensibilità, cioè dall'elemento contro il quale ha peccato tutto il pensiero filosofico cristiano, contraddistinto dalla scissione tra pensiero e materia. Solo partendo dalla sensibilità e ponendo al centro l'uomo, inteso come individuo vivente anziché solo come soggetto pensante, è possibile dissolvere la teologia in antropologia. L'essenza dell'uomo non è il pensiero, ma il corpo e i sensi. In netta opposizione rispetto alla filosofia hegeliana - basata sull'identificazione tra realtà, razionalità e verità - la nuova filosofia assume la sensibilità come fondamento di ogni verità e realtà. Reale non è l'oggetto dato con il pensiero: la realtà può essere colta soltanto da un pensare che si interrompe con l'intuizione sensibile, invece di continuare a muoversi in se stesso. Scrive Feuerbach:”Il reale nella sua realtà, o il reale in quanto reale, è il reale in quanto è oggetto dei sensi, è ciò che è sensibile. Verità, realtà, senso, sono tutt'uno. Soltanto un essere sensibile è un essere vero, un essere reale.”(Principi della filosofia dell'avvenire) In particolare, nell'antropologia di Feuerbach ha un ruolo di primo piano l'amore che viene inteso non come sentimento spirituale, bensì come bisogno fisico. Tra le varie sensazioni l'amore è, infatti, quella che meglio ci permette di cogliere la differenza tra essere e non-essere. L'amore è la passione che ha il potere di aprirci verso il mondo: “l'amore è la vera prova ontologica dell'esistenza di un oggetto al di fuori della nostra testa [...]. Esiste soltanto ciò che — essendo — ti procura gioia, e — non essendo — dolore.”(Principi della filosofia dell'avvenire). Ammettere che l'uomo è bisogno, sensibilità e amore equivale ad ammettere la necessità degli altri, ossia il fatto che l’«io», per usare la caratteristica terminologia di Feuerbach, non può stare senza il «tu» (come testimonia anche il fatto biologico della necessità della donna per l'uomo e viceversa). Da ciò la dottrina dell'essenza sociale dell'uomo: “Le idee scaturiscono soltanto dalla comunicazione, solo dalla conversazione dell'uomo con l'uomo. L'uomo si eleva al concetto, alla ragione in generale, non da solo, ma insieme con l'altro. Due uomini occorrono per creare l'uomo, sia l'uomo spirituale sia quello fisico: la comunione dell'uomo con l'uomo è il primo principio e il primo criterio della verità e della validità universale. La certezza che esistano altre cose al di fuori di me è ottenuta attraverso la certezza che esiste al di fuori di me un altro uomo. Di quello che vedo da solo, non posso far a meno di dubitare: è certo soltanto quello che anche l'altro vede.” (Principi della filosofia dell'avvenire) Ciò fonda un'universale comunicazione reciproca di particolari (i vari «io»), che elimina ogni rischio di cadere nel soggettivismo. Infatti, benché i sensi abbiano un carattere individuale, ciò che è oggetto di sensazione è contemporaneamente per me e per gli altri. Ciò mi garantisce l'esistenza reale dell'oggetto al di fuori di me. Collegandosi l'uno con l'altro, tutti i «questi» individuali costituiscono la realtà. In questo modo, Feuerbach assegna alle sensazioni una centrale funzione ontologica. L'individuazione del carattere intersoggettivo delle sensazioni sfocia nella costruzione di una forma di umanesimo. La nuova filosofia approda all'umanesimo perché considera espressione dell'essenza umana non il singolo individuo, bensì la comunità e l'unità tra gli uomini. Questa unità non annulla, però, la particolarità sensibile che nasce proprio dai bisogni sensibili, dalla limitatezza, che fa del singolo un essere dipendente dai suoi simili. Ed è nell'unità di ogni uomo con gli altri uomini che ciascuno può superare i limiti della condizione umana. Così, solo attraverso l'unità con gli altri ciascuno può acquisire il potere che la religione attribuisce a Dio. La messa in luce dei condizionamenti naturali fa sì che in Feuerbach assuma l’atto di _____________________ con la filosofia del passato: __________________ _________________________________ la ____________________________ come ________________________________ (contro ______________) L’_____________ come ______________________________ come prova _________________________ esiste ciò essendo procura ______________ non essendo _________________________ l’io ________________________________ la comunione con l’altro ______________: a- criterio ___________________________ è certo solo ciò _____________________ _____________________________ b - il superamento del _________________ dei _________________ c – L’_____________________________ essenza umana non ___________________ ma _______________________________ che nasce ________________ del ______ _________ superando _________________ ____________________________ l’unione con gli altri fa l’uomo _______ 5 dignità etica e politica la teoria degli alimenti. Da ciò la tesi paradossale, contenuta anche nel titolo di un suo scritto del 1862, secondo cui «l'uomo è ciò che mangia». Questa tesi non implica, come ritengono frettolosamente alcuni studiosi, una forma di materialismo volgare (Feuerbach non è mai giunto a "ridurre" lo spirito alla materia, o la psiche al corpo), ma esprime piuttosto la lucida consapevolezza dell'unità psicofisica dell'individuo e del fatto che se si vogliono migliorare le condizioni spirituali di un popolo bisogna innanzitutto migliorare le sue condizioni materiali. “La fame e la sete, scrive Feuerbach, abbattono non solo il vigore fisico, ma anche quello spirituale e morale dell'uomo, lo privano della sua umanità, della sua intelligenza e della coscienza. La teoria degli alimenti è di grande importanza etica e politica. I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello; in materia di pensieri e di sentimenti. L'alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento. Se volete far migliore il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli un'alimentazione migliore. L'uomo è ciò che mangia.” Anche da queste parole traspare il grande amore per l'umanità che fu proprio di Feuerbach, la cui filosofia finisce per risolversi in una forma di filantropia. Dall'amore per Dio al filantropismo all'amore per l'uomo, dalla fede in Dio alla fede nell'uomo, dalla trascendenza all'immanenza: ecco l'esito più caratteristico dell'ateismo "positivo" di Feuerbach. Esito che nelle Lezioni sull'essenza della religione, tenute a Heidelberg nel 1848-1849, trova un'eloquente espressione: “Lo scopo dei miei scritti, come pure delle mie lezioni, è questo: trasformare gli uomini da teologi in antropologi, da teofili in filantropi, da candidati dell'aldilà in studenti dell'aldiquà, da camerieri religiosi e politici della monarchia e aristocrazia celeste e terrestre in autocoscienti cittadini della terra.” la teoria _______________________ l’uomo è _________________________ ovvero: a – l’uomo è un’unità ______________ ________________ b – per migliorare le condizioni _________ __________________ di un popolo bisogna migliorare le condizioni _______________ il _____________________________ dall’_______________ per __________ all’_______________ per ___________ lo scopo della filosofia trasformare gli uomini da ______________ dell’________ _____ a studenti _____________________ L'IMPORTANZA STORICA DI FEUERBACH L'importanza storica di Feuerbach La filosofia di Feuerbach ha esercitato una notevole influenza sul pensiero successivo. In primo luogo, il suo anti-hegelismo e la sua rivendicazione dell'uomo «in carne ed ossa» hanno rappresentato una delle matrici filosofiche del marxismo. Parlando dell'Essenza del cristianesimo, Engels scriverà: «bisogna aver provato direttamente l'azione liberatrice di questo libro per farsene un'idea. L'entusiasmo fu generale: per un momento fummo tutti feuerbachiani». Tanto che l'azione del suo pensiero è stata paragonata, nell'ambito della Sinistra hegeliana, a quella di un autentico Feuerbach, ossia, in tedesco, di un "torrente di fuoco'. In secondo luogo, Feuerbach è divenuto uno dei "luoghi" obbligati del dibattito moderno intorno all'ateismo ed è stato uno degli interlocutori di spicco della teologia protestante del Novecento (che per certi aspetti si configura come un tentativo di "risposta" all'autore dell'Essenza del cristianesimo). Infine, il suo riconoscimento dei "bisogni" e del condizionamento che la natura esercita sull'uomo ha finito per divenire (al di là delle specifiche implicazioni che esso riveste nel suo pensiero) uno dei punti fermi, e ormai universalmente acquisiti, della filosofia e della cultura contemporanee. A - _____________________________ _________________________________ B - _______________________________ __________________________________ C - ______________________________ __________________________________ 6 19. - K. MARX 1. Una valutazione del marxismo 2. Il distacco di Marx dalle teorie politiche ed economiche classiche 3. La concezione materialista 4. L’ideologia 27 - K. Marx – Materialismo storico e futura società comunista 1. Una valutazione del marxismo L’opera di Karl Marx (1818-1883)2 ha avuto una duplice valenza: politica e culturale e sotto entrambi gli aspetti ha esercitato un’importante influenza per il Novecento. Dal punto di vista politico il marxismo ha rappresentato per tutto il Novecento la fonte di ideologie politiche che hanno ispirato partiti politici, sindacati, stati e, tramite questi, ha contribuito alla creazione di buona parte dei movimenti collettivi del secolo scorso. Uno storico italiano, M. Salvadori, nel valutare il ruolo svolto dal marxismo sotto l’aspetto politico ha scritto, all’inizio degli anni novanta in contemporanea , dunque, con il disfacimento dell’impero sovietico, che: “Il pensiero di Marx che si può giudicare in molti modi ma a cui non si può certo negare di aver segnato una delle massime tappe del pensiero umano - costituì il tentativo di inglobare in un'unica sintesi, sottoponendole al tempo stesso ad una critica e distruttrice e purificatrice, tutte le grandi tendenze, tutti i grandi miti e tutte le grandi idee dell'epoca: l'idea di rivoluzione come produttrice di felicità ed eguaglianza (ricavata dalla Grande Rivoluzione e dalla critica dei suoi limiti); l'idea della possibilità di un progresso materiale illimitato (fondata sullo spettacolo mai visto della moltiplicazione dei beni prodotta dall'incipiente processo di industrializzazione e sulla convinzione di poterne annullare i difetti dovuti alla forma capitalistica); l'idea della potenziale definitiva fraternità del genere umano (radicata insieme nel cosmopolitismo illuministico e rivoluzionario, nell'esempio fornito dallo sviluppo incessante del mercato internazionale e nella fiducia nella capacità del proletariato di dare alla fraternità il suo definitivo mezzo di affermazione); l'idea che la violenza abbia un ruolo ineliminabile nel mutamento politico-sociale in corrispondenza sia della natura oppressiva dello Stato sia dell’incompatibilità degli interessi fra le classi fondamentali (basata su una lettura di tutte le lotte sociali del passato culminate nei conflitti emersi nel corso delle rivoluzioni borghesi in Inghilterra e Francia e prodotti dallo sviluppo capitalistico); l'idea che la rivoluzione proletaria moderna potesse essere opera soltanto delle masse proletarie, educate dai punti alti del progresso economico, politico e sociale, unite con le minoranze intellettuali radicali (fondata sugli insegnamenti, ancora una volta, delle rivoluzioni moderne e dei loro sviluppi in Inghilterra e in Francia); l'idea, infine, che l'incontro fra rivoluzione, masse proletarie ed intellettuali socialisti di tipo nuovo potesse condurre da ultimo l'umanità al raggiungimento di quella armonia fra individuo e collettività, Stato e Stato, nazione e nazione, razza e razza che aveva costituito il nobile sogno di tutti coloro che avevano desiderato la pace universale, la fine della miseria materiale, la felicità collettiva. La potenzialità «religiosa» di una 2 Per la vita e le opere vedi pag. 29 7 simile dottrina era immensa. [...] ... il progetto marxiano, coperto sotto il manto della scienza, si rivelò come una delle più gigantesche utopie della storia, non dissimile, nella sostanza, da quelle di Platone, Moro e Campanella. Ma questo stesso pensiero - e qui è una delle chiavi decisive per comprendere il marxismo -, se nella unitarietà dei suoi nessi costituiva una gigantesca utopia, conteneva in sé la capacità di produrre squarci di geniale intelligenza della storia passata e presente, che hanno avuto una enorme influenza sulla cultura contemporanea e hanno contribuito a rendere tanto importante la presenza del marxismo non solo come «religione» sociale, non solo come fonte di ideologie politiche ispiratrici di grandi movimenti collettivi, ma anche come componente decisiva della cultura contemporanea: e presenza quasi schiacciante. Insomma, se nella sua unitarietà ha svolto essenzialmente un ufficio religioso di grande efficacia pratica, utilizzato per singole parti il marxismo ha dato luogo da un lato alla fecondazione (per assimilazione o per rigetto) di gran parte della scienza economica e sociale contemporanea e dall'altro alla fondazione dei vari «marxismi». ... i vari marxisti finirono per dar luogo a un'ondata di successive «revisioni» del pensiero del loro grande maestro, producendo in tal modo diversi «marxismi». Orbene tutti questi revisionisti, con la sola eccezione di Bernstein, non soltanto continuarono a chiamarsi orgogliosamente marxisti, ma presentarono la loro opera revisionistica nei termini di restaurazione del «vero» marxismo o di aggiornamento necessario. D'altro canto mi sembra indubitabile che i revisionisti stessi erano i primi a credere nella verità «globale» di quel marxismo che pure essi vivisezionavano, a credere che il marxismo in quanto forza rivoluzionaria si sarebbe evirato se avesse messo da canto la sua promessa di totale palingenesi umana e sociale. Per questo suo carattere utopico il marxismo può o deve essere considerato quale un mito fuori dall'ambito della storia reale? In effetti, il progetto utopico marxiano, come tutti i grandi progetti utopici, non avrebbe potuto esercitare un così grande ruolo storico se non avesse realmente risposto alle aspirazioni di grandi masse e delle élites postesi a capo di esse. Sicché, se per un verso si può assimilare il marxismo alle grandi religioni, bisogna però subito sottolineare che esso è diventato tanto efficace nella nostra epoca perché, a differenza delle grandi religioni tradizionali, si è presentato come una «religione» in grado di confrontarsi con i problemi della modernità e di ancorare il proprio messaggio di salvezza a un orizzonte non oltremondano, ma mondano.... A un gran numero di vittime del capitalismo, del colonialismo, dell'imperialismo il marxismo è riuscito con una efficacia unica a trasmettere la convinzione che i mali di cui esse soffrivano costituivano non un prodotto naturale e inevitabile del destino, ma il prodotto di particolari modi storici dell'organizzazione della vita sociale, e quindi la convinzione che si potesse dare la scalata a quel cielo che per le religioni tradizionali restava una promessa legata alla morte. Il marxismo si è presentato come una promessa di vita in questa terra ed è riuscito a far leva sulla convinzione - che era anche la convinzione e la grande passione di Marx - che si potesse, con l'organizzazione politica e l'azione cosciente, prima combattere e poi rovesciare e cambiare le strutture costruite dalle classi dominanti per la difesa dei propri privilegi. Questa diffusa coscienza generata dal marxismo che l'uomo può dominare la costruzione del proprio ambiente anziché esserne dominato per legge di natura o legge della società, che i mali sociali non debbono più essere accettati dalla coscienza civile come una fatalità costituisce indubbiamente una delle grandi rivoluzioni del nostro tempo e il contributo non perituro che il marxismo ha dato alla civiltà universale.” (M.L. Salvadori “L’utopia caduta”, Laterza, 1991). Scindere la coscienza generata dal marxismo della necessità di giungere a controllare “il potere sociale” per poterlo volgere alla realizzazione dell’uomo 8 “onnilaterale”, di cui parla Marx, dalla promessa utopica di una società nuova, o meglio ancora, di una strategia per la sua realizzazione con i suoi dogmi (la guida infallibile del partito) o i suoi culti (il culto dei capi), alimentata soprattutto dai diversi marxismi, sembra oggi inevitabile, dopo che essa è stata usata per imporre immensi sacrifici per la sua realizzazione, anche se per la verità tale strada era già stata intrapresa da non pochi marxisti non ortodossi. “La capacità di produrre squarci di geniale intelligenza della storia passata e presente”, di cui parlava Salvadori è, invece, legata alla valenza culturale dell’opera di Marx che è stata fondamentale non solo per elaborare il nostro modo di vedere la storia, ma anche per quanto riguarda il nostro modo di comprendere la società e l’uomo. L’importanza dell’opera di Marx da questo punto di vista è stata riconosciuta nel Novecento da molti autori che non si possono affatto considerare marxisti. Tra le interpretazioni più suggestive del ruolo avuto dal pensiero marxiano vi sono sicuramente quelle di Freud e Ricoeur. S. Freud (1856-1939) ha visto nella cultura moderna una progressiva liberazione “dall’illusione narcisistica” che, fondata sull'amore infantile che A – ______________________ __________________________ del marxismo ______________________________________ ______________________________________ promessa ________________________________________________ ______________________________________ A differenza _____________________________: ______________________________________________________________________ Aspetti negativi: _________________________+___________________________ (vedi ______________________________ - Storia) Aspetti positivi: 1 - ________________________________________________________________________________________________ 2 - ________________________________________________________________________________________________ B – ______________________ __________________________ del marxismo ________________________________________________________________________________________________________________ Freud: __________________________________________________________________________________________________________ 1 - ______________________________________________________________________________________________________ 2 - ______________________________________________________________________________________________________ 3 - ______________________________________________________________________________________________________ 4 - ______________________________________________________________________________________________________ ________________: _______________________________________________________________________________________________ 1 - ______________________________________________________________________________________________________ 2 - ______________________________________________________________________________________________________ 3 - ______________________________________________________________________________________________________ l'uomo nutre per sé, si è espressa in tutte quelle concezioni che ponevano l’uomo al centro dell’universo e/o finalizzavano quest’ultimo all’uomo. Si tratta di una scorretta valutazione dell’uomo che si esprime, ad esempio, nel 9 pensiero religioso nel ritenere l’uomo un essere perfetto, perchè immagine di Dio o re del creato, perchè il mondo è stato creato per lui, e nelle visioni idealistiche nel ritenere l’uomo, in quanto dotato di coscienza, un essere non condizionato dalla natura. Tale processo, iniziato da Copernico, che ha inflitto la prima grande “umiliazione” universale alla nostra specie, scalzando la terra dal suo ruolo centrale nell’universo, è stato proseguito da Darwin, che ha “accorciato” le distanze fra l'uomo e il mondo animale, mentre Marx con il suo materialismo storico ha svelato, al di là dei paraventi ideali, i moventi economici della storia. L’ultima, la quarta, delle “umiliazioni” del narcisismo è quella della psicoanalisi freudiana stessa, che ha mostrato come l'io dell'uomo non sia affatto il sovrano incontrastato della psiche, essendo per lo più manovrato da forze emotive ed inconsce. P. Ricoeur (1913-2005), invece, ha visto in Marx, insieme a Nietzsche e Freud, uno dei “maestri del sospetto”. Maestri del sospetto in quanto condividono un atteggiamento che li porta a scorgere al di sotto della superficie delle giustificazioni e delle razionalizzazioni via via elaborate una dimensione della realtà non indagata, anzi tenuta nascosta, finendo in questo modo per insinuare un sospetto su alcuni degli atteggiamenti prima condivisi da tutta la cultura europea. Così, mentre Nietzsche ha messo in dubbio che la morale rappresenti qualcosa di eterno, universale ed assoluto, svelando la sua funzione di asservimento del singolo al gruppo sociale, e Freud che il nostro comportamento sia diretto da motivazione razionali ritenendolo, invece, condizionato da impulsi inconsci, Marx ha, invece, messo in dubbio che le idee, i valori, la cultura siano qualcosa di indipendente dalle condizioni storico-sociale in cui si manifestano, insinuando il sospetto che la storia spirituale (la cultura, i valori, i modi di vedere il mondo) sia condizionata dalla vita materiale, ovvero dal modo in cui la società si organizza. Ecco allora che mentre con Marx scopriamo che per comprendere e determinare l'essere del soggetto dobbiamo partire dalle condizioni materiali e dai rapporti sociali e produttivi, e con Nietzsche che il soggetto altro non è che la maschera dietro la quale si nasconde la profonda illusione del pensiero metafisico, che induce l'uomo a credere nell'esistenza di verità immutabili, con il pensiero di Freud che la vita psichica dell'io non è contenuta e non si esaurisce nella coscienza, perché al di là di questa si nasconde un autentico abisso, l’inconscio un luogo psichico, sede di desideri inappagati e inibiti, rimossi dalla coscienza, che rende l’io sconosciuto a se stesso. Scrive Ricoeur: “Il filosofo educato alla scuola di Descartes sa che le cose sono dubbie, che non sono come appaiono; ma non dubita che la coscienza non sia così come appare a se stessa; in essa, senso e coscienza del senso coincidono; di questo, dopo Marx, Nietzsche e Freud, noi dubitiamo. Dopo il dubbio sulla cosa, è la volta per noi del dubbio sulla coscienza.” (Della interpretazione. Saggio su Freud) LE OPERE DI MARX Manoscritti economico-filosofici (postumo, 1932) Ideologia tedesca (postumo, 1932) Manifesto del partito comunista (1848) Lineamenti fondamentali di critica dell'economia politica, cosiddetti Grundrisse (postumo, 1939) Capitale (I Vol. 186,7 il secondo e il terzo uscirono postumi, a cura di Engels, rispettivamente nel 1885 e nel 1894) La guerra civile in Francia (1871) Critica del Programma di Gotha (1875) 10 2. Il distacco di Marx dalle teorie politiche ed economiche classiche 2.1 La critica della politica 2.2 La critica dell'economia borghese e la problematica dell'alienazione I primi scritti di Marx, anche quelli pubblicati postumi3, sono di grande importanza per capire la genesi della sua filosofia e il quadro concettuale da cui egli prende le mosse. Il periodo che va dalla tesi di dottorato fino all'elaborazione della concezione materialistica della storia - nell'Ideologia tedesca - è un periodo di grande fermento, durante il quale Marx si sofferma sui temi che rimarranno importanti nella sua concezione della società e della storia. Rientrano in questa prospettiva il rapporto tra Stato e società civile; il primo confronto con l'economia politica, ossia la scienza che studia il modo di produzione della ricchezza e i suoi legami con la vita sociale e politica; la focalizzazione della questione del lavoro salariato; la delineazione del comunismo come soluzione delle contraddizioni sociali. Alla base della teoria di Marx e della sua adesione al comunismo, esplicitata nel 1844, vi è la critica globale della civiltà moderna e dello Stato liberale, che rappresenta uno dei nuclei teorici più importanti del marxismo. Il punto di partenza del discorso di Marx —sviluppato in modo rigoroso negli "Annali franco-tedeschi" del 1844 — è la convinzione, mutuata da Hegel, che la categoria del moderno si identifichi con quella della "scissione", che prende corpo, innanzitutto, nella frattura tra società civile e Stato. Mentre nella pólis greca l'individuo si trovava in una "unità sostanziale" con la comunità di cui faceva parte e non conosceva antitesi tra ego privato ed ego pubblico, tra sfera individuale e sfera sociale, tra società e Stato, nel mondo moderno l'uomo è costretto a vivere due vite: una «in terra» come «borghese», cioè nell'ambito dell'egoismo e degli interessi particolari della società civile, e l'altra «in cielo» come «cittadino», ovvero nella sfera superiore dello Stato e dell'interesse comune. Tuttavia il «cielo» dello Stato, secondo Marx, è puramente illusorio, poiché la sua pretesa di porsi come organo che persegue l'interesse comune, ossia come universale che media gli interessi particolari della società, è verificabilmente falsa. Infatti, anziché essere lo Stato che imbriglia la società civile, "innalzandola" al bene comune, è piuttosto la società civile che imbriglia lo Stato, "abbassandolo" a semplice strumento degli interessi particolari delle classi più forti. In altre parole: ben lontano dal perseguire mete generali, lo Stato non fa che riflettere e sancire gli interessi particolari dei gruppi e delle classi. Tant'è vero che la stessa proclamazione dell'uguaglianza formale dei cittadini di fronte alla legge, che è la grande conquista della Rivoluzione francese, non fa che presupporre e ratificare la loro disuguaglianza sostanziale. In sintesi, la civiltà moderna rappresenta nel contempo la società dell'egoismo e delle particolarità I primi temi della _____________ ____________________ LA CRITICA DELLA POLITICA La modernità come caratterizzata dalla ___________________(vedi _________) la _______________________________ tra società _____________ e ___________ dall’___________________ tra _________ _________________ e ________________ alla scissione tra ___________________ (________________________________) e__________________ (______________ __________________) la non ____________________ dello Stato non stato = ___________________ società civile = __________________ ma società __________________ Stato = ___________________________ 3 Marx è uno dei pensatori per i quali la pubblicazione delle opere avverrà in buona parte dopo la morte, certo per una sua ritrosia a rendere pubblici testi che non ritenesse compiuti anche dal punto di vista formale. Questa caratteristica fa sì che l'immagine di Marx che hanno i suoi contemporanei sia ben diversa da quella che si è avuta nel corso dei decenni successivi, fino ai nostri giorni. Testi che oggi riteniamo essenziali per capire le sue teorie sono stati pubblicati postumi, come gran parte del Capitale (in vita, Marx riuscì a pubblicare soltanto il primo libro). Postumi anche: gli scritti giovanili come i Manoscritti economico-filosofici, stesi a Parigi ed essenziali per la nozione di alienazione; l'Ideologia tedesca, che contiene la prima e più ampia formulazione della concezione materialistica della storia; o la gran mole di manoscritti stesi tra il 1857 e il 1859 e poi intitolati Lineamenti fondamentali di critica dell'economia politica, i cosiddetti Grundrisse. 11 "reali" e della fratellanza e delle universalità "illusorie". Di conseguenza, commenta ironicamente Marx, così come i cristiani, pur essendo tutti disuguali in terra, si consolano pensando di essere tutti uguali in cielo, allo stesso modo gli individui dell'epoca borghese, pur essendo tutti disuguali nella società civile, si consolano pensando di essere tutti uguali di fronte allo Stato, il quale, nel capitalismo, non può che assumere le sembianze di un'evanescente democrazia "cristiana". Secondo Marx la falsa universalità dello Stato deriva dunque dal tipo di società che si è formata nel mondo moderno. Rifacendosi ancora una volta a Hegel, che aveva descritto il sistema borghese come la società del bellum omnium contra omnes, Marx scorge i tratti essenziali della civiltà moderna nell'individualismo e nell'atomismo, ossia nella separazione del singolo dal tessuto comunitario. Per quanto concerne la critica dell'individualismo e, in generale, di una certa rappresentazione dell'individuo moderno, si tratta dello stesso errore che Marx rimprovererà negli anni successivi agli economisti politici come Smith o Ricardo: l'individuo viene rappresentato da questi come individuo isolato, dimenticando, da un lato, che questo isolamento è l'astrazione dalla sua condizione reale, che è invece una condizione sociale, dall'altro, che l'individuo appare isolato perché l'individualismo è la caratteristica della società civile come universo economico separato dallo Stato, ovvero della moderna società borghese, quindi esso è un prodotto storico. In entrambi i casi non si considera la vera natura dell'uomo. E siccome lo Stato post-rivoluzionario aveva legalizzato questa situazione, riconoscendo tra i diritti dell'uomo la libertà individuale (che la Costituzione del '93 intendeva come l'esercizio di tutto ciò che non nuoce ad altri) e la proprietà privata (identificata dalla medesima Costituzione con il diritto di godere arbitrariamente dei propri beni), esso non è altro che la proiezione politica di una società strutturalmente a-sociale, o contro-sociale. Marx pensa, dopo l'adesione al comunismo, che non sia sufficiente dare a tutti i diritti politici. Questo apparente carattere universale di ogni singolo cittadino (citoyen), come membro della comunità politica, è comunque in conflitto con la sua dimensione sociale, concreta, di uomo della società civile, fondata sui rapporti economici, cioè con la sua dimensione di uomo che vive in condizioni sociali specifiche: commerciante o salariato, individuo concretamente vivente nella società, borghese (bourgeois). L'universalità del cittadino dello Stato moderno è dunque un'universalità immaginaria, al contrario di quanto pensava Hegel, perché questa universalità non coincide con la realtà privatistica, egoistica e atomizzata della società civile. Il cittadino dello Stato è astrattamente uguale a tutti gli altri cittadini, come membri della medesima comunità, mentre nella vita concreta vige la disuguaglianza e il conflitto di individui che cercano ciascuno il proprio tornaconto. L'uguaglianza politica si scontra con il carattere strumentale della relazione tra gli uomini come soggetti dell'attività economica: ciascun individuo non solo considera gli altri come semplici mezzi attraverso cui realizzare e soddisfare i propri bisogni, ma vede al medesimo modo anche se stesso, come semplice strumento di altri. Dimensione privata, cioè particolare, e dimensione pubblica, cioè universale, sono quindi contrapposte: è questo lo sfondo sul quale Marx - nella Questione ebraica - muove la sua critica alla tradizione liberale e, in particolare, alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, nata dalle rivoluzioni americana e francese. Nella Dichiarazione apparentemente si parla dell'uomo in generale, ma in realtà si pensa all'uomo come membro della società civile, come soggetto della vita economica, la cui libertà è innanzitutto diritto alla proprietà privata, diritto a gli uomini _____________________nella _____________________ si consolano pensando di essere __________________ davanti allo _____________________ Le critiche all’______________________ e all’____________________ (separazione _____________ dalla ________________) 1 – l’individuo è ____________________ _________________________________ 2 – l’individualismo è un prodotto _______ ___________ della __________________ _____________________ per cui la società _________________________ è una società _______________________ diritti _____________:________________ uguaglianza __________________ VS dimensione sociale: ___________________ __________________ __________________ nell’attività economica ciascuno considera _____________ e gli __________ come ___________________ Le critiche alla _____________________ ___________________________ Il diritto alla _______________________ e gli altri come _________________ alla _________________________________ 12 poterla utilizzare senza tenere alcun conto degli altri uomini. Questi ultimi costituiscono quindi un limite della libertà così intesa. Per Marx ogni uomo è visto, nella Dichiarazione dei diritti come anche nei testi che ad essa si ispirano, semplicemente come una monade, un individuo isolato e chiuso in sé il cui principale carattere non può essere che l'egoismo. Si perde così la dimensione comune di appartenenza alla specie umana, ciò per cui ogni uomo è un ente che appartiene alla specie. Questa critica filosofico-politica allo Stato è così radicale da far sì che Marx rifiuti tutti gli aspetti della civiltà liberale, comprese quelle che vengono ritenute le due conquiste più preziose della rivoluzione antifeudale: il principio della rappresentanza (che presuppone già, per definizione, la scissione tra individuo e Stato) e quello della libertà individuale (espressione, come si è già detto, dell’atomismo" borghese). La critica di Marx allo Stato moderno e l'abisso da essa scavato tra il marxismo ortodosso e il liberalismo si comprendono adeguatamente solo in rapporto all'ideale di società che il filosofo ha in mente, ovvero a un modello di democrazia «sostanziale», o «totale», in cui esiste una sorta di compenetrazione perfetta tra singolo e genere, tra individuo e comunità, e nella quale «ciascuno è realmente solo un momento dell'intero démos», che rappresenta al medesimo tempo se stesso e la società. Mentre Hegel pensava che tale società organica, simile alla pólis greca, si potesse ottenere con una serie di strumenti politici, quali la corporazione, la burocrazia e lo Stato, Marx ritiene che tutto ciò sia una «mistificazione» (come si può pensare, ad esempio, che la burocrazia, essendo espressione dei particolarismi della società civile, persegua veramente fini universali?) e che l'unico modo per realizzare un modello di comunità solidale sia l'eliminazione delle disuguaglianze reali tra gli uomini, e in particolare del principio stesso di ogni diseguaglianza: la proprietà privata. Ma come tradurre nel concreto questa "vera" democrazia, che coincide con il "comunismo" stesso. Mentre nella Critica del 1843 Marx propone il ricorso al suffragio universale, negli "Annali franco-tedeschi" e nei Manoscritti economico filosofici del 1844 l'arma alla quale fa appello è la rivoluzione sociale, di cui il filosofo ha ormai individuato anche il soggetto esecutore: il proletariato. Per il giovane Marx, infatti, è proprio la classe priva di proprietà, ovvero la classe che soffre maggiormente dell'alienazione prodotta dalla società borghese egoistica, e a realizzare la democrazia comunista. All'ideale dell'emancipazione politica, che mira alla democrazia e all'uguaglianza formale, Marx contrappone così l'ideale dell'emancipazione umana, che mira alla democrazia e all'uguaglianza sostanziali, ovvero al recupero autentico dell'«essenza sociale dell'uomo». atomismo e _________________________ I Manoscritti economico filosofici, composti a Parigi nel 1844, segnano il primo decisivo approccio di Marx all'economia politica e rappresentano l'applicazione in sede economica degli schemi critico-dialettici precedentemente utilizzati dal filosofo in campo politico. Nei confronti dell'economia «borghese», Marx ha un duplice atteggiamento: se da un lato la considera come l'espressione teorica della società capitalistica, e quindi come una sorta di "sezione anatomica" di essa, dall'altro lato le muove l'accusa di fornire un'immagine globalmente mistificata, cioè falsa, del mondo borghese. Marx è convinto che ciò sia dovuto all'incapacità di pensare in modo "dialettico": anziché collocarsi in una prospettiva storicoprocessuale, l'economia borghese "eternizza" il sistema capitalistico, considerandolo non come un sistema economico tra i tanti della storia, ma come il modo naturale, immutabile e razionale di produrre e di distribuire la ricchezza, e considerando la stessa proprietà privata come un "fatto" da cui muovere, cioè come un "dato" metastorico che funge da postulato per ogni ricerca di economia Le critiche all’_____________________ il rifiuto del principio di _______________ ______________ e della ______________ _____________________ Il modello: __________________________ l’armonia tra ______________ e ________ _______________ ottenuta eliminando la _____________ privata e _________________________ e non attraverso lo ___________________ di _________________ comunismo = _____________________ + ____________________________ attraverso prima: _____________________________ dopo: _____________________________ dall’emancipazione ___________________ all’emancipazione ________________: ___ ________________________________ LA CRITICA DELL'ECONOMIA BORGHESE E LA PROBLEMATICA DELL'ALIENAZIONE 1 - ___ _______________________ dell’ __________________ capitalista perché rifiuta il metodo ______________ ________________ considerando il capitalismo come l’ ______________, ____ ______, ____________________ sistema economico e non come ________________ _________________ 13 "scientifica". Secondo Marx, inoltre, l'economia borghese non scorge la struttura contraddittoria del proprio oggetto, ossia quella conflittualità che caratterizza il sistema capitalistico e che si incarna soprattutto nell'opposizione reale tra capitale e lavoro salariato, tra borghesia e proletariato, ovvero in ciò che nei Manoscritti viene definito «alienazione». Il concetto di "alienazione" affonda le proprie radici nella filosofia tedesca precedente a Marx. Per Hegel l'alienazione è il movimento stesso dello Spirito, che si fa "altro" da se, nella natura e nell'oggetto, per potersi poi ri-appropriare di sé in modo arricchito: l'alienazione riveste dunque in Hegel un significato negativo e positivo al tempo stesso. In Feuerbach è invece qualcosa di puramente negativo, poiché si identifica con la situazione dell'uomo religioso, che, "scindendosi", si sottomette a una potenza estranea (Dio) che egli stesso ha posto, "estraniandosi" in tal modo dalla propria realtà. Marx si rifà soprattutto a Feuerbach, dal quale accoglie la struttura formale del meccanismo dell'alienazione, intesa appunto come condizione patologica di scissione, di dipendenza e di autoestraniazione. Tuttavia, a differenza di Feuerbach, per il quale l'alienazione era un fatto prevalentemente coscienziale, derivante da un'errata interpretazione di sé, Marx la considera un fatto reale, di natura socio-economica, in quanto si identifica con la condizione storica del salariato nell'ambito della società capitalistica. 2 – non evidenzia la _________________ __________________________________ del sistema _______________________: l’alienazione del __________________ L’ALIENAZIONE Hegel: Spirito _______________________ nella natura + ri-appropriare di sé ___________________ significato negativo e _______ Feuerbach uomo religioso___________________ si sottomette a _________ estraniandosi _____________ negativo Marx: estraneazione = perdita di _____________________ come in _______________________ ma Feuerbach: alienazione = errata ______________________ (fatto _________________) Marx: ___________________ = fatto di natura _____________________ Per quel che riguarda l’analisi dell’economia capitalista essa verrà approfondita da Marx soprattutto nel Capitale, che abbiamo esaminato nel capitolo relativo alle ideologie politiche nella seconda metà dell’Ottocento del corso di Storia, mentre per quanto riguarda l’analisi delle condizioni di alienazione del lavoro operaio vedi la sezione “L’uomo: uomo alienato e uomo onnilaterale” analisi economica: vedi ______________ alienazione: vedi ________________ LA CONCEZIONE MATERIALISTA 3. La concezione materialista 3.1 La critica alla visione idealistico-religiosa e naturalistica dell’uomo 3.2 La società: struttura e sovrastruttura 3.3 La storia: la concezione dialettica della storia 3.4 L’uomo: uomo alienato e uomo onnilaterale LA CRITICA ALLA VISIONE IDEALISTICO- RELIGIOSA E NATURALISTICA DELL’UOMO Marx rifiuta le prospettive: L’originalità della prospettiva marxiana è forse rimarcabile sottolineando come Marx rifiuti sia la prospettiva idealistico-religiosa, per cui nell’uomo e nella storia agiscono forze spirituali come tali non riconducibili al solo uomo materiale o alla natura, sia alla prospettiva naturalista che vede nell’uomo il frutto della sola evoluzione naturale. In effetti, la visione della storia, della società e dell’uomo di Marx si è venuta elaborando con il suo progressivo distacco da Hegel (1770-1831) e da Feuerbach (1804-1872), in quanto A - ________________________________ (Hegel) Uomo = frutto di _____________________ B - ________________________________ (______________________) 14 rappresentanti della prospettiva idealista4 l’uno e naturalista l’altro5. La critica al metodo idealistico avviene sulla base delle argomentazioni già Uomo = frutto _______________________ elaborate dalla sinistra hegeliana e in particolare da Feuerbach; per Feuerbach la maniera idealistico-religiosa di rapportarsi al mondo consiste sostanzialmente in uno stravolgimento dei rapporti reali per cui ciò che è originario diventa derivato e viceversa. Tale capovolgimento avviene nella religione che fa dell’uomo un prodotto di Dio, mentre nella realtà è l’uomo che ha prodotto Dio, ma anche nell’idealismo hegeliano che pone come originaria l’Idea, ciò che consente al nostro pensiero di conoscere la realtà, riducendo la realtà a una sua manifestazione. Allo stesso modo secondo Marx il metodo hegeliano consiste nel costruirsi il concetto astratto di Spirito partendo dall’analisi delle istituzioni, della cultura della morale reali, finendo per fare di esse una manifestazione dello Spirito, una personificazione di una realtà spirituale che se ne sta occultamente dietro di loro. In questo modo i concetti, ad esempio quello di stato, invece di essere utilizzati come semplici strumenti per l’esame dei fatti, delle istituzioni, A - ___________________________________ LE CRITICHE DI MARX ALLE CONCEZIONI Critiche: 1_______________________________________________________________________________________________________ religione: _______________________________________________________________________________________ Hegel: __________________________________________________________________________________________ 2 ______________________________________________________________________________________________________ Superamento: _____________________________________________________________________________________________________ B - ______________________________________ Critica: __________________________________________________________________________________________________________ Superamento: ____________________________________________________________________________________________________- degli uomini concreti diventano enti reali, i veri soggetti della storia. 4 In filosofia si parla di «idealismo», in senso lato, a proposito di quelle visioni del mondo, come ad esempio il platonismo e il cristianesimo, che privilegiano la dimensione «ideale» su quella «materiale» e che affermano il carattere «spirituale» della realtà «vera». Inoltre l'idealismo costituisce, come abbiamo visto, il nome di una corrente filosofica post-kantiana che si originò in Germania nel periodo romantico e che ha tra i suoi protagonisti Fichte, Schelling e Hegel. In quest’ultimo, che è l’incarnazione più tipica dell’idealismo tedesco, esso emerge nella tesi per cui l’Idea rappresenta il momento iniziale del processo che, attraverso la sua negazione nella natura, conduce allo Spirito assoluto in cui l’Idea, nella cultura umana, prende piena coscienza di sé. Secondo l’idealismo, quindi, lo Spirito è il principio unico di tutto e al fuori di esso non c'è nulla. 5 La formazione filosofica di Marx è avvenuta all’interno della cosiddetta “sinistra hegeliana” di cui Feuerbach costituisce il filosofo più rappresentativo. L’espressione “destra e sinistra hegeliana” indica la spaccatura che si venne a creare tra i giovani intellettuali tedeschi seguaci di Hegel alla scomparsa del maestro. Mentre la destra hegeliana accentuava gli aspetti conservatori e religiosi del pensiero di Hegel, mettendo in secondo piano gli aspetti immanentistici dell’hegelismo per cercare di armonizzarlo con il cristianesimo, la sinistra, invece, vedeva nei testi di Hegel un invito alla critica della religione e dell’esistente fondato sul presupposto che la realtà più che coincidere con la razionalità, come voleva Hegel, coincida con un processo in cui è chiamata a farsi razionale. 15 Il superamento dell’idealismo deve avvenire per Marx, come già per Feuerbach, ri-capovolgendo ciò che l’idealismo ha capovolto, ovvero ponendo come originaria la realtà e non ciò che le nostre indagini su di essa scoprono, l’uomo concreto, reale e non lo Spirito. All’interno di questa prospettiva, che era comune alla sinistra hegeliana, si affermava un atteggiamento materialista volto a mettere al centro dell’attenzione non tanto ciò che è razionale ma ciò che è reale, non tanto le idee ma gli interessi e i bisogni degli uomini reali. Il naturalismo di Feuerbach appare a Marx una prima forma di superamento dell’idealismo. Secondo Feuerbach, rinunciando a ricorrere ad elementi sopranaturali e a identificare l’uomo in un’astratta razionalità, occorre identificare la realtà primaria dell’uomo nella natura. L’uomo, che deve diventare l’oggetto della filosofia, è l’uomo reale che si presenta come un’entità psico-fisica condizionata dal corpo e dalla necessità di entrare in rapporto con il mondo e con gli altri per soddisfare i propri bisogni. Per Marx l’equazione uomo = natura operata da Feuerbach va però superata in quanto continua a considerare, come l’antropologia tradizionale, l’uomo come un’entità atemporale, fornita di proprietà immutabili. Il principale merito di Feuerbach consiste, agli occhi di Marx, nella rivendicazione della naturalità e concretezza degli individui umani viventi e nel rifiuto dell'idealismo teologizzante di Hegel, che ha ridotto l'uomo ad autocoscienza e a manifestazione di un soggetto spirituale infinito. Pur avendo sottolineato la naturalità dell'uomo (e questo è il passo in avanti rispetto ad Hegel), Feuerbach (e questo è il passo indietro rispetto a lui) ha perso di vista la sua storicità, non rendendosi debitamente conto che l'uomo, più che natura è società, e quindi storia, in quanto «l'essere umano non è un'astrazione immanente all'individuo singolo», bensì «l'insieme dei rapporti sociali» (“Tesi su Feuerbach”,1845). Marx sostiene che l'individuo è reso tale dalla società storica in cui egli vive, per cui non esiste 1'«Uomo» in astratto, l’uomo naturale, ma l'uomo figlio e prodotto di una determinata società e di uno specifico mondo storico. MATERIALISMO STORICO = l’uomo frutto di Marx qualifica il suo materialismo come materialismo storico il quale consiste nell’affermazione che l’uomo è il frutto di un processo storico-sociale. Già Feuerbach aveva sostenuto l’origine relazionale dell’uomo affermando che “l’io non si dà senza il tu”, dal momento che l’uomo singolo non ha in sé l’essenza totale dell’uomo che gli è data solo dalla comunione con l’altro. La relazione dell’io con l’altro è per Feuerbach a fondamento sia della vita che del pensiero, poiché, scrive Feuerbach “Le idee scaturiscono soltanto dalla comunicazione, solo dalla conversazione dell'uomo con l'uomo. L'uomo si eleva al concetto, alla ragione in generale, non da solo, ma insieme con l'altro. Due uomini occorrono per creare l'uomo, sia l'uomo spirituale sia quello fisico: la comunione dell'uomo con l'uomo è il primo principio e il primo criterio della verità e della validità universale. La certezza che esistano altre cose al di fuori di me è ottenuta attraverso la certezza che esiste al di fuori di me un altro uomo. Di quello che vedo da solo, non posso far a meno di dubitare: è certo soltanto quello che anche l'altro vede” (“Principi della filosofia dell’avvenire” 1844) . Anche questa dimensione relazionale va, per Marx, superata affermando l’essenza sociale dell’uomo che ne costituisce con la storicità la caratteristica principale. Il m a t e rialismo storico intende, infatti, riferirsi a quel profondo carattere storico e sociale dell'uomo per il quale i suoi bisogni, la sua cultura, la società da cui il singolo trae il proprio carattere, sono condizionati dal processo storico. Capovolgendo l'idealismo in materialismo, si deve capovolgere la tesi hegeliana per la quale il vero soggetto storico non è l'uomo, ma lo Spirito che in lui si esprime acquisendo coscienza di sé. Si avrebbe tuttavia torto se si indicasse (come fa Feuerbach) nell'individuo il vero soggetto storico, ___________________________________ Feuerbach: l’origine _________________________ (Io _____) dell’uomo Marx: l’origine ___________________________ dell’uomo Spirito, _______________________ e _______________________________ 16 in opposizione alla astrattezza dello Spirito. Il singolo uomo, infatti, è a sua volta influenzato dal movimento storico, non lo domina e non ne esprime compiutamente il carattere. La storia ha una dimensione più ampia. E necessario riconoscere che il soggetto più autentico della storia è l'insieme collettivo dei singoli uomini, al cui interno ciascuno vive ed acquista coscienza di sé. Lo studio dell'uomo non può dunque arrestarsi all'antropologia feuerbachiana, perché non si dà un uomo universale, ma esistono solo singoli uomini appartenenti a un certo contesto storico-sociale che ne orienta il carattere e ne determina i rapporti. L'uomo non è un essere semplicemente naturale, esclusivamente figlio di un ordine oggettivo e biologico: la sua più profonda natura è storico-sociale, nel senso che il mondo autenticamente umano nasce in risposta agli impulsi che il singolo subisce nelle relazioni con gli altri uomini, ma all'interno di una società storicamente determinata, dotata di una precisa cultura e di un suo sistema di bisogni e di valori che finiscono per determinare le stesse relazioni. Infatti, l'uomo è sì un ente naturale, perché appartiene al grande regno della natura e soggiace alle sue leggi, ma allo stesso tempo la natura stessa in qualche modo è sua manifestazione, è "natura umanizzata", perché l'uomo la trasforma incessantemente con il suo lavoro, la inserisce nella rete delle relazioni sociali, trasformando le cose in merce, il terreno in proprietà privata, e così via. Comprendere l'uomo significa studiare la società in cui egli vive per comprendere quale dinamica sociale ne determina le caratteristiche e quale influsso ha sul singolo. Marx mostrerà che la radice ultima di questa dinamica è di natura economica. La vita degli uomini è influenzata tanto dal rapporto con la natura (le basi naturali della vita: clima, condizioni ambientali, disponibilità in natura di determinati beni, e così via), quanto dall'organizzazione sociale, ed i due aspetti sono inscindibilmente connessi. Critiche all’_________________________ di Feuerbach: 1 ________________________________ 2 _________________________________ HEGEL, FEUERBACH, MARX A CONFRONTO Hegel: __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ Feuerbach: ______________________________________________________________ __________________________________________________________________ Marx: __________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ - Spirito = _________________________ _________________________________ _________________________________ - Natura = _________________________ _________________________________ _________________________________ - _______________________________ (materiali ) = ______________________ _________________________________ che organizza un sistema per soddisfare i suoi bisogni (______________________) LA SOCIETÀ: STRUTTURA E SOVRASTRUTTURA In un’ottica materialista l’uomo deve essere visto, secondo Marx, come un’entità corporea dotata di un apparato percettivo-intellettivo che gli consente, attraverso la capacità d’agire, di rapportarsi con il mondo esterno. Costitutiva dell’uomo è Capacità _______________________ e questa capacità di agire, di istituire una prassi volta a modificare il mondo esterno e con esso anche se stesso. Infatti, attraverso l’azione l’uomo instaura rapporti _______________________ sociale con gli altri, modifica la natura e costruisce se stesso. L’attività dell’uomo si 17 presenta sempre come un’attività sociale, in quanto inserita nell’insieme delle attività degli altri individui, ed è volta prima di tutto a organizzare un sistema di mezzi per soddisfare i suoi bisogni. Bisogni cha appartengono dapprima alla sfera naturale (mangiare, bere, coprirsi,....) ma che presto tendono a denaturalizzarsi, in quanto vengono creati dal nuovo ambiente sociale determinato dall’utilizzo di quei mezzi, per cui Marx può affermare che “tale produzione di nuovi bisogni è la prima azione storica”. Infatti, questi bisogni e l’attività che essi promuovono non possono essere considerati come istintuali, naturali, biologici quanto invece come elaborati dalla società umana nella sua storia e da essa trasmessa agli individui umanizzandoli. Così, ad esempio, la comparsa dell’attività cosciente, non determinata da finalità direttamente biologiche, del linguaggio e, quindi, delle “facoltà superiori” dell’uomo può essere rintracciata nel lavoro sociale della costruzione degli strumenti (vedi A. R. Lurija “L’attività cosciente dell’uomo e le sue radici storiche”) . Poichè l’attività dell’uomo è volta innanzitutto all’organizzazione di un sistema di mezzi per soddisfare i suoi bisogni, attraverso la produzione di beni materiali e intellettuali, tale sistema rappresenta anche l’elemento attorno a cui ruota l’intera organizzazione sociale. Infatti, secondo Marx, all’interno di una società occorre distinguere tra struttura e sovrastruttura. La struttura di una società è di tipo economico ed è costituita dalla forma assunta dall’organizzazione del lavoro sociale in un determinato periodo storico. Tale organizzazione dipende da due elementi: il livello raggiunto dalle forze produttive che sono rappresentate dalla forza lavoro, gli uomini che producono, i mezzi di produzione, i mezzi utilizzati nel corso del processo produttivo, e, infine, dalle conoscenze tecnico-scientifiche necessarie; inoltre essa dipende dai rapporti di produzione, ovvero dai rapporti che si instaurano nel processo di produzione che determinano la proprietà dei mezzi di produzione e la ripartizione di ciò che viene prodotto. I rapporti di produzione che storicamente si sono instaurati hanno dato luogo a delle società classiste che hanno diviso gli uomini in due classi contrapposte: la classe dominante, che possedendo i mezzi di produzione impone la ripartizione di ciò che viene prodotto, e una classe sottomessa che provvede alla produzione (mondo antico: liberi/schiavi; società feudale: nobili/servi della gleba; società borghese: capitalisti/operai). Se la struttura di un società è costituita da ciò che Marx definisce come “le condizioni materiali”, ovvero le condizioni economiche e i rapporti sociali, la sua sovrastruttura è rappresentata da ciò che egli indica come “le condizioni spirituali” o anche “forme ideologiche” identificate nella politica (leggi e istituzioni), nella cultura (intesa come l’elaborazione delle idee sul mondo da parte della religione, dell’arte, della filosofia), infine la morale (valori e norme che regolano il comportamento). Con il termine sovrastruttura Marx intende chiaramente sottolineare la dipendenza di questi elementi dalla struttura, dalle condizioni economiche-sociali. Infatti, secondo Marx la politica, la cultura, la morale e con loro la coscienza degli uomini mutano al mutare della struttura economico-sociale. Marx nel descrivere i rapporti tra struttura e sovrastruttura utilizza due termini quali, determinare e condizionare. Termini che indicano una dipendenza (della sovrastruttura nei confronti della struttura), nel primo caso più immediata, nel secondo più indiretta. In ogni caso Marx non sembra pensare a un rapporto meccanico, di completa subordinazione della sovrastruttura, tant’è che definisce la produzione di idee come “direttamente intrecciata” con le condizioni materiali e quindi non passivamente determinata. (Per tali rapporti vedi la lettura Marx “Materialismo storico e futura società marxista” e il cap. relativo all’ideologia, sul ruolo delle idee nei mutamenti storici). Se confrontiamo, ad esempio, le idee sulla morale o sulla funzione della famiglia _____________________ e ___________ _____________ per soddisfarli __________________ e _______________ non naturali ( ________________): __________________________________ dell’uomo La struttura _____________________: 1 - ________________________________ a - ________________________________ b - ________________________________ c - ________________________________ 2 - ________________________________ ___________________________________ le società ___________________________ La sovrastruttura 1 _________________________________ 2 - ________________________________ 3 - ________________________________ I ___________________________tra struttura e sovrastruttura la struttura _________________________ __________________________________ __________________________________ un esempio: ________________________ 18 che gli uomini hanno avuto nel corso dei secoli, ci accorgiamo che quest'analisi marxiana presenta elementi di verità indiscutibili. Un tempo, quando l'economia era legata alla terra e al lavoro dei campi, la famiglia aveva una struttura patriarcale e considerava l'elevato numero dei figli come una risorsa importante, in quanto si trattava di braccia in più da impiegare nel faticoso lavoro agricolo. Oggi, in una economia sempre più complessa e tecnologizzata, la famiglia patriarcale è stata sostituita da forme differenti di convivenza, in cui è dato rilevare l'abbassamento della natalità e la maggiore libertà nelle relazioni parentali, con grandi livelli di autonomia dei figli rispetto ai genitori. Cambiano le condizioni storiche di vita e cambiano anche i nostri modi di valutare le cose e i nostri comportamenti privati e sociali. La sovrastruttura non ha una propria autonomia, ma dipende dalla struttura materiale della particolare epoca storica. Da questo punto di vista, il capovolgimento dell'idealismo in materialismo è completo. Mentre per il primo la storia è essenzialmente "storia spirituale" e le manifestazioni culturali dell'uomo hanno una loro vita autonoma e una loro ragione interna (si dà quindi un'autonoma storia dell'arte, delle religioni, della filosofia, della politica e della morale), per il materialismo marxiano le manifestazioni spirituali dell'uomo dipendono strettamente dall'evoluzione socioeconomica della realtà umana. Il compito dello studioso delle discipline che riguardano la sfera spirituale dell'uomo è quello di studiare la radice sociale delle idee, perché non le idee hanno una storia autonoma, ma solo l'uomo nella dinamica della relazione sociali. Questa visione marxiana ha influenzato in modo amplissimo la storiografia del novecento sia nel campo della storia politica, sociale ed economica, sia nel campo della storia delle idee e dei prodotti dello spirito umano. Da quanto si è detto emerge chiaramente come il termine materialismo, usato da Marx per denominare la propria dottrina, non alluda, come nel linguaggio filosofico tradizionale, alla tesi metafisica secondo cui la materia è la sostanza e la causa delle cose. Ma al convincimento secondo cui le vere forze motrici della storia non sono di natura spirituale, come pensavano per lo più i filosofi precedenti, bensì di natura socio-economica. In altri termini, quello di Marx è un materialismo storico che si contrappone polemicamente all'idealismo storico. Soltanto con Engels troviamo il materialismo inteso come dottrina complessiva dell'universo6. Forze produttive e rapporti di produzione, oltreché rappresentare la struttura della società, si configurano anche come lo strumento interpretativo della storia. Marx ritiene, infatti, che ad un determinato grado di sviluppo delle forze produttive tendano a corrispondere determinati rapporti di produzione e di proprietà (ad esempio, rapporti di produzione di tipo feudale corrispondono a forze produttive di tipo agricolo). Tuttavia i rapporti di produzione si mantengono soltanto sino a quando favoriscono le forze produttive e vengono distrutti quando si convertono in ostacoli o catene per le medesime. Ora, poiché le forze produttive, in connessione con il progresso tecnico, si sviluppano più rapidamente dei rapporti di produzione, che esprimendo delle relazioni di proprietà tendono a Il _______________________________ dell’Idealismo Le radici ___________________________ delle _________________________ Materialismo ____________________ e materialismo _______________________ LA STORIA: LA CONCEZIONE DIALETTICA DELLA STORIA Storia come superamento delle __________ _______________________ dialettiche che generano periodi di ________________ ___________________________________ contraddizioni che si esprimono: 1 sul piano economico come contraddizioni 6 F. Engels (1820 -1895) fu legato a Marx da un lungo rapporto di amicizia, di collaborazione intellettuale (hanno scritto insieme alcuni testi) e di militanza politica (alla guida delle prime organizzazioni operai) (vedi vita e opere). Per Engels, e sulle sue orme per il marxismo sovietico, il materialismo e in particolare il metodo dialettico che esso utilizza (vedi par. successivo), deve essere inteso come un principio esplicativo non solo della realtà umana, ma anche della totalità della natura. Durante lo stalinismo il materialismo dialettico divenne il modello di razionalità a cui tutte le scienze dovevano adeguarsi, conseguentemente la sua non accettazione bollata come “irrazionalità”, cioè follia, e come tale curata nei manicomi. 19 rimanere statici, ne segue periodicamente una situazione di frizione o di contraddizione dialettica fra i due elementi, che genera «un'epoca di rivoluzione sociale». Infatti, le nuove forze produttive sono sempre incarnate da una classe in ascesa, mentre i vecchi rapporti di proprietà sono sempre incarnati da una classe dominante al tramonto. Di conseguenza, risulta inevitabile lo scontro fra di esse, che si gioca non solo a livello sociale, ma anche politico e culturale (sotto forma, in quest'ultimo caso, di «battaglia delle idee»). Alla fine finisce quasi sempre per trionfare la classe che risulta espressione delle nuove forze produttive, che in tal modo riesce ad imporre la propria maniera di produrre e di distribuire la ricchezza, nonché la sua specifica visione del mondo, poiché «le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante» (Marx-Engels “L’ideologia tedesca”, 1845-46). Proprio perchè le forze produttive e i rapporti produttivi sono sempre legate a determinati gruppi sociali Marx può affermare che il soggetto autentico della storia è la lotta di classe. Come scrive nel “Manifesto del partito comunista” (1848):” La storia di ogni società, esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta”. Così, ad esempio, il passaggio dalla società feudale alla società borghese avvenne quando la borghesia riuscì a imporre il proprio modo di produrre, non più fondato sull’agricoltura, superando i vecchi rapporti produttivi che garantivano il dominio sociale dell’aristocrazia e del clero, grazie al loro controllo della proprietà della terra. Con l’industrializzazione la borghesia impose un nuovo modello produttivo e nuovi rapporti produttivi che grazie al suo controllo dei mezzi produttivi le garantirono il dominio sociale. Il dominio sociale borghese si espresse in un cambiamento della sovrastruttura con l’affermazione di un nuovo modello di stato (lo stato liberale), una nuova cultura (laica in opposizione alla visione religiosa tipica delle società preindustriali), una nuova morale (fondata sulla laboriosità, sulla competizione, ecc... (Per questi aspetti vedi E. Fromm “Il significato psicosociale delle dottrine di Lutero e Calvino”). Analogamente, secondo Marx, nel capitalismo moderno si sta delineando una contraddizione sempre più «esplosiva» fra forze produttive sociali e rapporti di produzione privatistici. Infatti la fabbrica moderna, pur essendo proprietà di un capitalista (o di un gruppo di azionisti), produce soltanto grazie al lavoro collettivo di operai, tecnici, impiegati, dirigenti ecc. Ma se sociale è la produzione della ricchezza, sociale deve essere, secondo Marx, la distribuzione di essa. Ma questo significa che il capitalismo porta in sé, come esigenza dialettica, il socialismo. Infatti, Marx afferma che il capitalismo pone le basi del socialismo, in quanto genera, per la prima volta nella storia, le «condizioni oggettive» favorevoli ad una rivoluzione comunista mondiale. La legge della «corrispondenza» e della «contraddizione» tra forze produttive e rapporti di produzione permette, dunque, a Marx di delineare un quadro generale della storia passata e presente, e di scandire il cammino dell'umanità nel tempo secondo alcune grandi formazioni economico-sociali qualificate da determinati modi di produrre, da specifici rapporti di proprietà, da peculiari istituzioni giuridico-politiche e da corrispondenti forme di coscienza. Marx distingue quattro «epoche» della formazione economica della società: quella asiatica (fondata su forme comunitarie di proprietà), quella tra ________________________________ e ________________________________ 2 sui piani _________________________ ____________________ come __________ _____________________ La storia come _______________________ Esempio _____ Esempio ______ Le formazioni _______________________ __________________________________ 1 _________________________________ 2 _________________________________ 20 antica di tipo schiavistico, quella feudale e quella borghese. Tuttavia, poiché sia Marx che Engels accennano talora ad una «comunità primitiva» di stampo comunista (sia intesa alla stregua di un tipo generale di cui la società asiatica sarebbe un sottotipo, sia intesa come tipo distinto e a sé stante) si può dire che le grandi formazioni economico-sociali individuate dai «classici del marxismo» siano la comunismo primitiva, la società asiatica, la società antica, la società feudale, la società borghese e la futura società socialista. Sebbene queste epoche non costituiscano, a rigore, delle tappe necessarie, in quanto molte società hanno saltato l'una o l'altra fase, è indubbio che esse costituiscano, dal punto di vista di Marx, altrettanti gradini di una sequenza che procede dal1'inferiore al superiore. Altrettanto indubbio è che la storia, secondo i classici del marxismo, proceda dal comunismo primitivo (comunque inteso o prospettato) al comunismo futuro, attraverso, il momento intermedio della società di classe la quale si basa sulla divisione del lavoro e sulla proprietà privata. Parimenti indubbio è che questo diagramma storico dello sviluppo della civiltà poggi sulla tesi-convinzione del socialismo come sbocco inevitabile della dialettica storica: «II comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un i deale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti» (“L’ideologia tedesca”). Il carattere «dialettico» del materialismo storico di Marx ed il suo persistente legame con Hegel risulta dunque evidente. Infatti, anche per Marx, come per Hegel, la storia si configura - formalmente - come una totalità, processuale dominata dalla forza della contraddizione e mettente capo ad un risultato finale. Però con questa notevole differenza di contenuto: che Marx ritiene di aver fatto camminare la dialettica di Hegel «sui piedi», anziché sulla «testa», in quanto il soggetto della dialettica storica non è più lo Spirito, ma la struttura economica e le classi sociali 7. Se possiamo considerare il materialismo storico, inteso come l’ottica che presuppone l’origine storico-sociali delle attività umane e dà vita a una critica fondata sull’analisi delle contraddizioni, alla base del contributo culturale del marxismo, la concezione della storia, che Marx stesso ha definito materialismo dialettico, può essere considerata ciò che ha consentito al marxismo di trasformarsi in una grande “religione sociale”, come osservava Salvadori nel testo citato all’inizio. Infatti, su questa concezione dialettica della storia (comunismo primitivo società classiste comunismo finale), che fonda la “fede” nella necessità storica del socialismo e la conseguente convinzione della missione storica affidata al proletariato che lo deve realizzare, si è innestata la concezione del partito-chiesa in quanto sola fonte di verità poiché rappresenta l’autentica coscienza del proletariato. In nome di questa fede che affidava loro una missione storica il partito-chiesa ha chiesto e imposto a milioni di uomini il sacrificio della loro vita. 3 _________________________________ 4 _________________________________ 5 _________________________________ La visione dialettica della storia: 1 _________________________________ 2 _________________________________ Marx - ______________ e la concezione della ____________________________ in comune: _________________________ ___________________________________ in contrasto: ________________________ ___________________________________ rapporto Marx - ______________ (vedi nota 7) Materialismo _______________ = ______ ___________________________________ valenza _________________ del marxismo Materialismo _______________ = _______ ___________________________________ valenza _________________ del marxismo 7 Il rapporto di Marx con Hegel appare sicuramente alquanto complesso. In maniera schematica possiamo dire che Marx rifiuta il sistema hegeliano e il suo metodo idealista ma utilizza, adattandoli al proprio metodo materialista, molti dei concetti e delle categorie introdotte da Hegel, quali, ad esempio, appunto la dialettica. Egli riconosce ad Hegel una serie di meriti: 1) per aver concepito l'uomo in un'ottica storica e come risultato della propria attività, ossia come «processo di autogenerazione»; 2) per aver compreso l’importanza delle contraddizioni all’interno dello sviluppo storico; 3) per aver intuito l'importanza del lavoro all’interno del processo auto-formativo. Inoltre Hegel e Marx condividono, con gran parte della cultura ottocentesca (vedi il positivismo) l’idea che la storia abbia una sua razionalità, una sua direzione progressiva, nonché entrambi concordano nell’assegnare un primato alla dimensione collettiva che per Hegel coincide con la sfera etico-culturale, mentre per Marx con la sfera socio-economica. 21 Il lavoro, per Marx, non rappresenta soltanto ciò attorno a cui si organizza la società e da cui dipende la sua evoluzione storica, ma anche ciò che caratterizza l’uomo, ne costituisce l’essenza. Scrive Marx:: ”La libera attività consapevole è il carattere specifico dell’uomo”, identificando tale attività nelle attività produttive definite le “attività vitali dell’uomo”. Il lavoro rappresenta per Marx, innanzitutto, ciò che differenzia l’uomo dall’animale, dal momento che le attività vitali dell’animale appaiono inconsapevoli, prive di intenzionalità, mentre il lavoro umano essendo diretto da un’idea, uno scopo si caratterizza come un’attività consapevole. Inoltre, il lavoro è ciò che consente all’uomo di stabilire un rapporto con le cose del mondo, trasformando la natura. Nell’intervenire sulla natura forgiandola secondo un proprio scopo prefissato, l’uomo “umanizza” la natura, poiché la rende parte della sua vita, e, viceversa la natura modifica l’uomo, lo “umanizza”, ne estende i confini della conoscenza e ne soddisfa i bisogni. Il lavoro oltre a essere ciò che consente di entrare in rapporto con il mondo è anche ciò che consente all’uomo di oggettivizzare se stesso, le proprie capacità e, infine, ciò che lo mette in relazione con gli altri. Nelle società classiste il lavoro perdendo la caratteristica di libera e creativa attività consapevole invece di essere ciò che valorizza l’uomo, la realizzazione dell’essenza stessa dell’uomo, è diventato la causa della sua alienazione, ovvero della perdita di se stesso, dell’abbrutimento del lavoratore. Alienazione che trova la sua più evidente manifestazione nelle condizioni di lavoro degli operai dell’industria capitalista. Infatti, l’alienazione dell’operaio riguarda in primo luogo il prodotto della sua attività, di cui viene espropriato, finendo per produrre un oggetto (il capitale) che non gli appartiene e che si costituisce come una potenza dominatrice, invece di essere ciò che ne oggettivizza le qualità. In secondo luogo il lavoratore è alienato rispetto alla sua stessa attività, che non è più un momento di realizzazione dell’uomo, in quanto l’uomo non è più il fine, ma un semplice mezzo, uno strumento di fini estranei (il profitto). Inoltre, in quanto il lavoro dell’operaio non è il frutto di un’attività libera, diretta consapevolmente a uno scopo esso rappresenta anche una alienazione dal genere umano, in quanto si perde in questo modo la caratteristica più propria dell’essenza dell’uomo. L’alienazione rispetto alla propria attività e quindi alla propria essenza finiscono per comportare la reificazione, la trasformazione in cosa, dell’operaio stesso. Infatti, nell’organizzazione di fabbrica l’operaio è costretto a divenire macchina egli stesso, deve disumanizzarsi: deve divenire una cosa per lavorare bene, deve ridursi ad essere, da uomo che è, pura forza lavoro. È questo il processo di disumanizzazione che Marx descrive come reificazione, come un divenir cosa. E che si tratti davvero di una cosa, lo si può osservare anche da questo, che le stesse ore di lavoro sono una merce, che viene scambiata sul mercato del lavoro come qualsiasi altra, sottoposta alle stesse leggi economiche. Infine, in quarto luogo il lavoratore è alienato anche rispetto agli altri, perché 1'altro per lui, è soprattutto il capitalista, ossia un individuo che lo tratta come un mezzo e lo espropria del frutto della sua fatica, facendo sì che il suo rapporto con lui, e con l'umanità in genere, sia per forza conflittuale. Alienato in tutta la sua attività lavorativa - quell'attività che dovrebbe invece configurarsi come la realizzazione dell'uomo - l'uomo si sente libero «soltanto nelle sue funzioni animali, come il mangiare, il bere, il procreare [...]. E invece si sente nulla più che una bestia nelle sue funzioni umane. Ciò che è animale diventa umano, e ciò che è umano diventa animale» (“Manoscritti economici-filosofici del 44”). Infatti, sebbene queste ultime, puntualizza Marx, siano «anche funzioni schiettamente umane», esse, in quell'astrazione che le separa dalla restante cerchia de1l'attività umana e le fa diventare scopi ultimi e unici, sono funzioni animali. Tutto ciò stravolge il giusto essere, la giusta collocazione L’UOMO: UOMO ALIENATO E UOMO ONNILATERALE 22 dell'individuo. Anzi, nel corso della sua crescente alienazione, l'individuo è reso estraneo perfino al proprio io, al proprio corpo, al proprio prossimo: ogni uomo «è reso estraneo all'altro uomo e [...] ciascuno di essi è reso estraneo all'essere dell'uomo». Per Marx il processo di oggettivazione del soggetto, che si realizza nel rapporto con gli altri e, soprattutto, nell'attività lavorativa, è dunque importante per l'autoriconoscersi del singolo e per la stessa costruzione della personalità. È attraverso i rapporti sociali e i rapporti di produzione che si forma l'essenza stessa dell'uomo. Ma perché tale processo sia positivo è necessario il concorso di due fattori: 1. l'attività e i rapporti umani nei quali il soggetto si oggettiva devono essere espressione della sua umanità, devono essere umanizzanti; 2. il processo deve chiudersi con la riappropriazione, da parte del soggetto, degli aspetti che aveva in precedenza proiettato nell'oggetto. Nella società capitalistica, nessuna di queste condizioni si realizza, sia perché il lavoro IL LAVORO UMANO - Il lavoro ___________________________________________________________________________________________________ 1 _____________________________________________________________________________________________ 2 _____________________________________________________________________________________________ 3 _____________________________________________________________________________________________ 4 _____________________________________________________________________________________________ Fattori che rendono il lavoro un processo di oggettivazione del soggetto: 1 _____________________________________________________________________________________________ 2 _____________________________________________________________________________________________ - ___________________________________________________________________________________________________________ 1 _________________________________________________perchè __________________________________________________ 2 _________________________________________________perchè __________________________________________________ 3 _________________________________________________perchè __________________________________________________ 4 _________________________________________________ perché __________________________________________________ - Conseguenze _____________________________________________________________________________ 1 _________________________________________________________________________________________ precondizione 2 _________________________________________________________________________________________ ___________ 3 _________________________________________________________________________________________ ___________ 4 _____________________________________________________________________________________________ parcellizzato non consente all'operaio di riconoscersi nella propria attività, sia perché il prodotto del suo lavoro gli viene sottratto dal capitalista, sia infine perché i rapporti sociali sono reificati, diventano rapporti tra merci (feticismo delle merci). Nelle analisi di Marx, il concetto di «alienazione» assume quindi una connotazione negativa, diventando sinonimo di estraniazione da sé e di 23 impoverimento della personalità. Il termine, con questo significato e in congiunzione con quelli di reificazione e feticismo, conoscerà una larga applicazione nella filosofia marxista del Novecento, in particolare nella Scuola di Francoforte. L’alienazione del lavoro umano ha, secondo Marx, la sua origine nella divisione del lavoro che rappresenta anche il cardine attorno a cui si strutturano i primi rapporti sociali complessi. Concretizzatasi anzitutto in divisione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, la divisione del lavoro ha costituito la precondizione di una frattura sociale tra due classi diverse. Ha permesso, in effetti, che «l'attività spirituale e l'attività materiale, il godimento e il lavoro, la produzione e il consumo tocchino a individui diversi» (“L’ideologia tedesca”). La divisione del lavoro ha inoltre finito col determinare la «ripartizione ineguale, sia per quantità che per qualità, del lavoro e dei suoi prodotti», nonché col generare la stessa proprietà privata. Da quest'ultimo punto di vista, la divisione del lavoro è anche la prima responsabile dell'alienazione dell'uomo. L'ancoramento della maggior parte degli individui a lavori manuali, non produttivi di frutti adeguati per chi lavora ha creato un mondo nel quale troppi esseri umani sono schiavi di un'attività vissuta come sofferenza e generante prodotti che accrescono il potere altrui. Dal momento che ciò che consente di perpetuare tale condizione è, secondo Marx, la proprietà privata dei mezzi di produzione, in virtù della quale il possessore ( ad esempio il capitalista) può utilizzare il lavoro di una certa categoria di individui (i salariati) per accrescere la propria ricchezza, secondo una dinamica che Marx, nel Capitale, descriverà in termini di «sfruttamento» e «logica del profitto», la dis-alienazione dell'uomo si identifica, dunque, con il superamento del regime della proprietà privata e con l'avvento del comunismo. Di conseguenza, per Marx, la storia si configura come il luogo della perdita e della riconquista, da parte dell'uomo, della propria essenza e il comunismo diviene il luogo dove ritrova se medesimo, con una dialettizzazione del corso storico che rivela, come abbiamo già notato, un evidente influsso hegeliano. Proprietà privata dei __________________ __________________________________ Alienazione dell’uomo Disalienazione = _____________________ ___________________________________ ________________________ e uomo Ora qual’e il compito che Marx affida al comunismo per quel che riguarda il superamento dell’alienazione? Marx ha affermato che “se l'uomo è plasmato dalle circostanze, è necessario plasmare umanamente le circostanze” ( “La sacra famiglia”, 1845) ; ed è proprio questo il compito che egli affida alla futura società comunista 8. Infatti, il comunismo appare a Marx come quella situazione in cui l'uomo, controllando il potere sociale che sinora lo ha schiacciato, darà vita a una società veramente umana. Verrà allora superato completamente l'orizzonte sociale ed antropologico della proprietà, l’uomo cesserà di intrattenere con il futuro Società ________________________ plasmare _______________________ la società Il controllo _________________________ 8 Marx, che non apprezzava le astratte descrizioni di comunità utopistiche (magari comuniste) circolanti in gran numero nell'Ottocento, ha affrontato solo episodicamente il problema di come sarà la futura società comunista. Ha parlato naturalmente dell'abolizione delle classi, dello stato e della proprietà privata. E ha sottolineato l'emancipazione dell'individuo da qualsiasi forma di obbligo a svolgere una certa attività invece che un'altra. Coerentemente però coi suoi principi, realistici ed antiidealistici, egli riteneva che sarebbe stata la realtà stessa a suggerire al momento opportuno i modi e le forme specifiche di una nuova convivenza comunista. Infatti, se non esistono valori e principi eterni e se la realtà si trasforma perennemente, allora il comunismo non può essere la realizzazione di valori dati una volta per sempre, ma deve esso stesso configurarsi come processo. Abbiamo già ricordato la definizione di comunismo data da Marx ed Engels: «Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». Tale atteggiamento è stato interpretato da molti suoi critici come un grave vuoto teorico. 24 mondo rapporti di puro possesso e consumo: «la proprietà privata ci ha resi così ottusi ed unilaterali che un oggetto è considerato nostro soltanto quando lo abbiamo, e quindi quando esso esiste per noi come capitale o è da noi immediatamente posseduto, mangiato, bevuto, portato sul nostro corpo, abitato ecc., in breve quando viene da noi usato» (“Manoscritti economico-filosofici” 1844). All'uomo della civiltà proprietaria, all'homo oeconomicus, ossessionato dall'avere, Marx contrappone invece un uomo nuovo, considerato come un essere “onnilaterale” e “totale”, che esercita in modo creativo l'insieme delle sue potenzialità, intrattenendo un rapporto poliedrico con la realtà e con gli altri uomini. Un uomo ricco, non per il suo capitale, ma perchè “bisognoso di una totalità di manifestazioni di vita umana” e perchè ricco di relazioni, dal momento che “la ricchezza spirituale reale dell’individuo dipende interamente dalla ricchezza delle sue relazioni reali”. Un uomo che sarà “messo in condizione di acquisire la capacità di godere di questa produzione universale di tutta la terra (creazione degli uomini)”. Un uomo che va oltre l’ateismo, poichè non ha più bisogno, per affermare l’autonomia umana, di negare l’alienazione religiosa, ma è consapevole di essere “debitore a se stesso della propria esistenza”. In questa situazione, scrive Marx , “la dipendenza universale, questa forma della cooperazione degli individui sul piano storico universale, è trasformata da questa rivoluzione comunista nel controllo e nel dominio cosciente di queste forze le quali, prodotte dal reciproco agire degli uomini, finora si sono imposte ad essi e li hanno dominati come forze assolutamente estranee” (“L’ideologia tedesca”). Marx ritiene che il comunismo porterà in questo modo alla realizzazione compiuta dell’umanismo, ovvero alla completa realizzazione dell’uomo. 4. L’ideologia l’orizzonte umano dell’uomo _________ __________________: ________________ l’orizzonte umano dell’uomo _________ __________________: ________________ ___________________________________ ___________________________________ ___________________________________ ___________________________________ ___________________________________ Marx e la futura società comunista (vedi nota 8) L’IDEOLOGIA All’interno del materialismo storico teorizzato da Marx ha assunto una particolare rilevanza, nel corso del dibattito novecentesco, il concetto di ideologia che si ricollega alla distinzione da lui operata tra struttura e sovrastruttura. Infatti, il termine ideologia è usato polemicamente da Marx per indicare la funzioni che le idee politiche, etiche, e le produzioni culturali in genere (filosofiche, artistiche, letterarie, religiose,...) – ovvero i componenti della sovrastruttura – svolgono nelle società classiste. Ideologia è ogni forma di rappresentazione teorica inconsapevole della propria condizionatezza storico-materiale; l'ideologo lavora separando le "idee" dalle loro radici storiche, autonomizzandole e, al contempo, universalizzando arbitrariamente valori, concezioni del mondo, teorie, che nascono invece dall'intreccio con una situazione storicamente determinata. Questo atteggiamento teorico assolve a funzioni ben precise: esso corrisponde all'esigenza della classe in ogni epoca dominante di presentarsi come classe universale, e dunque di presentare come universali i valori che le sono propri: «le idee della classe dominante - scrivono Marx ed Engels - sono in ogni epoca le idee dominanti; la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante» (“L’ideologia tedesca”). L'ideologia è dunque quella forma di pensiero che ha la pretesa di fondare in modo assoluto dei valori o delle verità che, invece, sono funzionali a un particolare momento storico-sociale. Le idee svolgono, quindi, una funzione ideologica quando mascherano, consapevolmente o per lo più inconsapevolmente, questa loro origine. Tale mascheramento può avvenire presentando come eterno, e dotato di validità assoluta ciò che invece è solo frutto di determinate condizioni storico-sociali, 25 oppure presentando come espressione degli interessi di tutti, della comunità ciò che in realtà risponde innanzitutto agli interessi particolari della classe dominante. Si prenda il caso di Hegel. Nella filosofia dello Spirito oggettivo Hegel ha elevato a carattere necessario dello Spirito oggettivo il diritto alla proprietà privata, come fondamento della libertà dell'uomo. In realtà, il diritto di proprietà è proprio di un particolare tipo di società, la società borghese dominata da precisi rapporti di produzione tra gli uomini. La proprietà privata è funzionale al potere della borghesia. Hegel dunque non ha fatto altro che riflettere nel concetto un carattere necessario della struttura economica del suo FUNZIONI IDEOLOGIA 1 – Funzionale al mantenimento _____________________________________________________________________ Ideologia = rappresentazione teorica inconsapevole della ________________________________________________________ compie 2 errori considerando i valori e le idee: a – Autonomi rispetto ______________________________ b - ______________________________________________ cosa maschera ___________________ come lo maschera _______________________ ___________________ _______________________ ___________________ ________________________ ___________________ ________________________ ignora che _____________________________________________________________________________________________ 2 – Funzionale al mutamento ______________________________________________________________________________________ Ideologia = rappresentazione teorica che: coglie le ____________________________ del presente che ______________________________ per creare nuove condizioni storico-sociali consentendo di concepire il _____________________ che porta alle nuove condizioni storico-sociali tra: a - __________________________ funzionali al dominio della vecchia _____________________________________ ___________________________ b – nuove ideologie funzionali _________________________________________________ tempo, fornendo una giustificazione teorica assoluta a quello che a tutti gli effetti è uno strumento di potere necessario all'egemonia borghese. Hegel ha così fornito una giustificazione ideologica alla classe dominante, scambiando ciò che è proprio di una determinata fase storica per un diritto fondato sul carattere proprio ed eterno dello Spirito. Questa funzione di mascheramento, di falsificazione della realtà è resa possibile dall’accettazione della convinzione, altrettanto falsa, che la sovrastruttura non dipenda dalla struttura e che quindi le idee siano un prodotto autonomo, indipendente dal contesto sociale in cui sono state prodotte. Marx riconosce però all’ideologia non solo una funzione di razionalizzazione del dominio di classe, o se vogliamo del dominio sociale, ma anche un ruolo nei mutamenti socio-culturali, dal momento che l'ideologia contiene anche aspetti autenticamente critici e svolge un ruolo nel superamento delle contraddizioni legate a tale dominio. La storia è percorsa da una 26 conflittualità, la quale genera le premesse per il superamento del vecchio ordine. Le contraddizioni che si generano all'interno di un sistema sociale ne producono alla fine la scomparsa e fanno intravedere il nuovo tipo di ordinamento che nascerà dalla crisi del vecchio ordine. Questo carattere intimamente dialettico della realtà storica spiega come sia possibile per la coscienza - e in generale per la teoria -anticipare criticamente gli sviluppi successivi. Essa è bensì espressione del proprio tempo, ma nella misura in cui ne coglie le contraddizioni è anche in grado di prevederne gli sviluppi. Infatti, da un lato le forme artistiche, giuridiche, filosofiche, religiose, ossia le forme ideologiche sono condizionate dai rapporti di produzione e dal conflitto in essi esistente; dall'altro, sono queste stesse forme ideologiche «che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo» (“Per la critica dell’economia politica”, 1859) . In questo modo Marx non nega che le idee possano influire sugli avvenimenti storici, anche se ciò, dal suo punto di vista, può accadere soltanto perchè le nuove idee trovano un gruppo sociale in ascesa disposto a farle proprie9. Se l’ideologia, per quanto inconsapevolmente, è una falsificazione, un inganno il compito della filosofia diventa, per Marx, quello di criticare l’ideologia col mostrare la sua vera radice nella struttura economica della società, smascherando la deformazione della realtà che essa attua per poter legittimare lo stato di cose esistenti e quindi gli interessi della classe dominante. Concepire la filosofia come critica delle ideologie accosta, come abbiamo visto, il pensiero di Marx a quello di Nietzsche e, sotto a questo aspetto, anche a quello di Freud. Per questo motivo la filosofia del nostro tempo accomuna questi autori indicandoli come i grandi maestri del sospetto (vedi pag. 10). È da sottolineare che mentre nell’analisi marxiana il dominio sociale era prerogativa di una precisa classe sociale (la borghesia, i capitalisti), coloro che nel Novecento hanno ripreso tale tipo di atteggiamento critico hanno identificato il soggetto di questo dominio nello stesso sistema socio-economico. Spostamento di soggetto legato anche al mutamento di condizioni sociali determinato dal passaggio dalla società classista dell’Ottocento alla società di massa del Novecento (per questo aspetto vedi la Scuola di Francoforte, ma anche Eco “Superman”). Un esempio di critica dell’ideologia è costituito dall’analisi marxiana della religione. La religione in quanto costituisce una visione del mondo elaborata dagli uomini, una loro produzione culturale (“spirituale”) è uno degli elementi della sovrastruttura. Essa, come le altre produzioni culturali, svolge una funzione ideologica in quanto deforma la realtà per legittimare l’egemonia sociale della classe dominante. Infatti, da un lato la religione è l'espressione della volontà di dominio della classe egemone, che si serve di questo strumento per mantenere un controllo sociale fondato su valori che si pretende siano assoluti. (Si pensi, per comprendere il punto di vista marxiano, alla concezione che vuole che il potere dei sovrani derivi da Dio). Questa "verità" è stata posta al servizio degli interessi delle classi che detengono il potere: esse hanno così potuto legittimare il loro dominio in modo assoluto, fondandolo su Dio, cioè su un principio eterno, del tutto svincolato dal controllo sociale, dalla dinamica della storia e dai rapporti di forze). D'altro lato la religione è l'espressione della "protesta contro la miseria reale", è la risposta delle masse al bisogno di uscire dallo stato di miseria, materiale e morale, a cui le costringono i rapporti di forze tra le classi nella società. Compito della filosofia = ______________ ___________________________________ (vedi ______________________________) da dominio sociale della _______________ __________________________ al dominio del _______________________________ La critica ________________________ come critica _______________________ funzione 1: la religione come ____________________ __________________________________ funzione 2: la religione come ____________________ 9 Il termine ideologia viene usato spesso, anche in ambito marxista, in modo generico come sinonimo di “sistema di idee”, perdendo quindi, almeno, in parte la prevalente connotazione negativa che ha in Marx. 27 In questo contesto Marx definisce la religione come “oppio del popolo”, in quanto promette un’illusoria felicità nell’al di là per far accettare la miseria reale dell’al di quà. Attraverso le acquisizioni della critica filosofica, le masse devono acquistare la coscienza dell'inganno implicito nel messaggio religioso e della illusione di cui sono vittime quando pongono in Dio la soluzione dei loro problemi. Ma il reale superamento della religione avverrà, secondo Marx coerentemente con il suo materialismo storico, solo quando si affermerà “l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni”, ovvero quando il “mondo capovolto”, di cui la religione è la “coscienza capovolta”, sarà rimesso in piede poiché l’uomo tornerà a essere un fine e non un mezzo10. Così scrive Marx in “Per la critica della filosofia del diritto di Hegel” (1844): "La critica della religione disinganna l'uomo affinché egli pensi, operi, configuri la sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e, perciò, intorno al suo sole reale. [...] E dunque compito della storia, una volta scomparso l'al di là della verità, quello di ristabilire la verità dell'al di qua. È innanzi tutto compito della filosofia, la quale sta al servizio della storia, una volta smascherata la figura sacra dell'autoestraneazione umana, quello di smascherare l'autoestraneazione nelle sue figure profane. La critica del cielo si trasforma così nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica. ... La critica della religione finisce con la dottrina per cui l'uomo è per l’uomo l'essenza suprema, dunque con l'imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti nei quali l'uomo è un essere degradato, assoggettato, abbandonato, spregevole, rapporti che non si possono meglio raffigurare che con l'esclamazione di un francese di fronte ad una progettata tassa sui cani: poveri cani! Vi si vuole trattare come uomini!”. Emerge qui una delle caratteristiche fondamentali del pensiero di Marx e cioè il suo legame con la prassi, ovvero la tendenza a fornire un'interpretazione dell'uomo e del suo mondo che sia anche impegno di trasformazione rivoluzionaria. Nel discorso pronunciato sulla tomba dell'amico, Engels afferma che « lo scienziato non era neppure la meta di Marx... Perché Marx era prima di tutto un rivoluzionario». Marx ha scritto: « I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo». ___________________________________ Il _____________________________ della religione: ___________________________ ___________________________________ Il ______________________________ e la critica _____________________ Feuerbach–Marx e la religione (vedi nota 10) Filosofia e _________________________ 10 La critica alla religione illustra bene la diversità delle posizioni di Marx (materialismo storico) e Feuerbach (naturalismo). Pur avendo «scoperto» il meccanismo generale dell'alienazione religiosa - per cui non è Dio a creare l'uomo, ma l'uomo a «proiettare» Dio sulla base dei propri bisogni - Feuerbach, in virtù della sua concezione prevalentemente «naturalistica» dell'uomo, non è stato in grado, secondo Marx, di cogliere le cause reali del fenomeno religioso, né di offrire dei validi mezzi per il suo superamento. Infatti, a Feuerbach è sfuggito che chi produce la religione non è un soggetto astratto, avulso dalla storia ed immutabilmente uguale a se stesso, ma un individuo che è un prodotto sociale. Per Marx, risulta ovvio che le radici del fenomeno religioso non vanno cercate nell'uomo in quanto tale, ma in un tipo storico di società. Allora se la religione è il sintomo di una condizione umana e sociale alienata, l'unico modo per eliminarla non è la critica filosofica (come pensava ancora Feuerbach, nella sua astrattezza di intellettuale), ma la trasformazione rivoluzionaria della società. In altri termini, se la religione è il frutto malato di una società malata, l'unico modo per sradicarla è quello di distruggere le strutture sociali che la p r o d u c o n o . (Un esempio di critica alla religione di stampo marxista può essere costituito da E. Fromm” “Il significato psico-sociale delle dottrine di Lutero e Calvino”). 28 Vita e opere Ludwig Feuerbach, nato nel 1804 a Landshut, in Baviera, Feuerbach studiò teologia a Heidelberg, ma nel 1824 si recò a Berlino, dove subì l'influenza di Hegel, sicché nel 1825 abbandonò la teologia per la filosofia. L'anno successivo andò a completare gli studi a Erlangen, dove nel 1828 ottenne la laurea e la libera docenza in Filosofia. Dal 1829 al 1836 tenne saltuariamente corsi presso l'università di Erlangen, ma non ebbe successo il suo tentativo di esservi nominato professore straordinario. Già nel 1830, infatti, egli aveva pubblicato anonimi i Pensieri sulla morte e l'immortalità , che lo avevano reso sospetto alle autorità accademiche e religiose del regno di Baviera. Nel 1837 egli si ritirò pertanto a Bruckberg, dove visse fino al 1860 grazie soprattutto ai proventi di una fabbrica di porcellane, di cui la moglie era comproprietaria. In quello stesso anno Feuerbach, che già aveva pubblicato tra l'altro una Storia della filosofia moderna da Bacone di Verulamio a Spinoza (1833), alla quale facevano seguito volumi su Leibniz (1837) e su Bayle (1838), fu invitato da Ruge a collaborare agli "Annali di Halle". Nel 1839 Feuerbach, pubblica il saggio Per la critica della filosofia hegeliana , che dà inizio alla serie dei suoi scritti più noti, comparsi nell'arco di pochi anni: L'essenza del Cristianesimo (1841), Tesi provvisorie per la riforma della filosofia (1843), Princìpi della filosofia dell'avvenire (1843), L'essenza della religione (1845). Nell'anno della rivoluzione, il 1848, gli studenti lo chiamano a tenere un corso a Heidelberg, ma nel 1849 egli torna a Bruckberg; di qui egli si trasferisce nel 1860, dopo un dissesto finanziario, a Rechenberg, presso Norimberga dove vive in miseria i suoi ultimi anni sino alla morte avvenuta nel 1872. Karl Marx nacque a Treviri, in Germania, nel 1818. Il padre era un agiato avvocato di famiglia ebraica, poi battezzato. Studiò diritto a Bonn e a Berlino, ma il suo interesse per la filosofia divenne sempre più vivo, tanto che si laureò a Iena nel 1841 con una tesi sulla Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro. Iniziò presto l'attività di giornalista. Collaborò alla «Gazzetta renana», di cui divenne direttore. Costretto a emigrare a Parigi per motivi politici, vi fondò gli «Annali franco-tedeschi». Espulso da Parigi nel 1845 su richiesta del governo prussiano, si rifugiò a Bruxelles. Qui entrò nella Lega dei comunisti. Espulso anche da Bruxelles, nel 1848 tornò in Germania, dove partecipò attivamente agli avvenimenti rivoluzionari di quell'anno. A Colonia fondò la «Nuova gazzetta renana». Fallita la rivoluzione, fu nuovamente espulso dalla Germania. Alla fine del 1849 si stabilì a Londra, dove, salvo brevi viaggi in Francia, Germania e Austria, visse in precarie condizioni economiche fino alla morte, avvenuta nel 1883. Nelle sue frequenti difficoltà economiche Marx fu aiutato sovente dall’amico Friedrich Engels che aveva conosciuto a Parigi nel 1844 e con cui strinse un rapporto di amicizia e collaborazione di studio durato tutta la vita. Le opere di Marx, nel periodo giovanile, sono strettamente filosofiche, e rivolte in particolare alla critica dell'eredità hegeliana (Per la critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, 1843); avvenimento capitale fu l'incontro con l'opera di Feurbach È a questa fase "feuerbachiana" che appartengono i Manoscritti economico-filosofici del '44. Nel biennio 1844-45 Marx e Engels procedono insieme ad un lavoro di "resa dei conti" con la propria anteriore coscienza filosofica (come Marx dirà): ne nascono La sacra famiglia e L'ideologia tedesca, opere entrambe di grande e puntiglioso impegno polemico, che segnano la rottura definitiva con l'ambiente "giovane-hegeliano" e il superamento dell'influenza di Feuerbach. Da questo momento in poi, si avvia l'attività politica di organizzazione e coordinamento del movimento comunista (a partire dall'ingresso nella "Lega dei comunisti") che culminerà, nel 1864, con la fondazione a Londra della Prima Internazionale, sciolta nel 1876, a cui seguirà, dopo la morte di Marx, la Seconda Internazionale, che Engels contribuirà a fondare e, da lontano, a dirigere. È dunque ormai in veste di dirigenti autorevoli del movimento socialista che Marx e Engels prenderanno parte a tutte le discussioni e agli avvenimenti politici: le lotte tra le varie correnti (particolarmente importante quella contro gli anarchici, in seno alla Prima Internazionale), la fitta trama di scambi epistolari che accompagna la formazione e l'orientamento dei gruppi dirigenti dei nascenti partiti nazionali, il continuo commento giornalistico (Marx sarà anche corrispondente di giornali americani) di un'attualità ricca di guerre e di rivoluzioni. Parallelamente Marx, stabilitosi a Londra, persegue il suo studio sistematico dell'economia, del "modo di produzione" capitalistico. Il capitale è letteralmente, l'opera di tutta una vita. II primo volume fu pubblicato nel 1867 (e in nuova edizione nel 1873, con un importante "poscritto" metodologico); il secondo e il terzo uscirono postumi, a cura di Engels, rispettivamente nel 1885 e nel 1894. Ma la composizione dell'opera diede luogo a differenti stesure e abbozzi: se Marx pubblicò, nel 1859, una sorta di anticipazione di alcuni temi del primo libro (il Per la critica dell'economia politica, con una importante Prefazione), i manoscritti preparatori del 1857-58 furono pubblicati solamente nel 1939, con il titolo Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica. 29 27 - K. MARX – MATERIALISMO STORICO E FUTURA SOCIETÀ COMUNISTA La concezione materialistica della storia. Attività materiale e produzioni spirituali. II comunismo come riappropriazione delle forze estraniate dell'umanità. Distinzione di una prima e seconda fase della società comunista. La concezione materialistica della storia. II risultato generale al quale arrivai e che, una volta acquisito, mi servì da filo conduttore nei miei studi, può essere brevemente formulato così: nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono ad un determinato grado di sviluppo delle forze produttive materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. II modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. Ad un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi s'erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene e allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le norme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente fra le forze produttive della società e i rapporti di produzione. Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l'umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione. A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno possono essere designati come epoche che marcano il progresso della formazione economica della società. I rapporti di produzione borghesi sono l'ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale; antagonistica non nel senso di un antagonismo individuale, ma di un antagonismo che sorga dalle condizioni di vita sociali degli individui. Ma le forze produttive che si sviluppano nel seno della società borghese creano in pari tempo le condizioni materiali per la soluzione di questo antagonismo. Con questa formazione sociale si chiude dunque la preistoria della società umana. (Per la critica dell'economia politica, "Prefazione") 30 Attività materiale e produzioni spirituali. Il fatto è dunque il seguente: individui determinati che svolgono un'attività produttiva secondo un modo determinato entrano in questi determinati rapporti sociali e politici. In ogni singolo caso l'osservazione empirica deve mostrare empiricamente e senza alcuna mistificazione e speculazione il legame fra l'organizzazione sociale e politica e la produzione. L'organizzazione sociale e lo Stato risultano costantemente dal processo della vita di individui determinati; ma di questi individui, non quali possono apparire nella rappresentazione propria o altrui, bensì quali sono realmente, cioè come operano e producono materialmente, e dunque agiscono fra limiti, presupposti e condizioni materiali determinate e indipendenti dal loro arbitrio. La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata all'attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini, linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui ancora come emanazione diretta del loro comportamento materiale. Ciò vale allo stesso modo per la produzione spirituale, quale essa si manifesti, nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione, della metafisica, ecc… di un popolo. Sono gli uomini i produttori delle loro rappresentazioni, idee, ecc., ma gli uomini reali, operanti, così come sono condizionati da un determinato sviluppo delle loro forze produttive e dalle relazioni che vi corrispondono fino alle loro formazioni più estese. La coscienza non può mai essere qualche cosa di diverso dall'essere cosciente e l'essere degli uomini è il processo reale della loro vita. Se nell'intera ideologia gli uomini e i loro rapporti appaiono capovolti come in una camera oscura, questo fenomeno deriva dal processo storico della loro vita, proprio come il capovolgimento degli oggetti sulla retina deriva dal loro immediato processo fisico. Esattamente all'opposto di quanto accade nella filosofia tedesca, che discende dal cielo sulla terra, qui si sale dalla terra al cielo. Cioè non si parte da ciò che gli uomini dicono, si immaginano, si rappresentano, né da ciò che si dice, si pensa, si immagina, si rappresenta che siano, per arrivare da qui agli uomini vivi; ma si parte dagli uomini realmente operanti e sulla base del processo reale della loro vita si spiega anche lo sviluppo dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita. Anche le immagini nebulose che si formano nel cervello dell'uomo sono necessarie sublimazioni del processo materiale della loro vita, empiricamente constatabile e legato a presupposti materiali. Di conseguenza la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che ad esse corrispondono, non conservano oltre la parvenza dell'autonomia. Esse non hanno storia, non hanno sviluppo, ma gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero. Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza. Nel primo modo di giudicare si parte dalla coscienza come individuo vivente, nel secondo modo, che corrisponde alla vita reale, si parte dagli stessi individui reali viventi e si considera la coscienza soltanto come la loro coscienza. Questo modo di giudicare non è privo di presupposti. Esso muove dai presupposti reali e non se ne scosta per un solo istante. I suoi presupposti sono gli uomini, non in qualche modo isolati e fissati fantasticamente, ma nel loro processo di sviluppo, reale ed empiricamente constatabile, sotto condizioni determinate. Non appena viene rappresentato questo processo di vita attivo, la storia cessa di essere una raccolta di fatti morti, come negli empiristi che sono anch'essi astratti, o un'azione immaginaria di soggetti immaginari, come negli idealisti. L'ideologia tedesca. I, 1) 31 II comunismo come riappropriazione delle forze estraniate dell'umanità. Questo fissarsi dell'attività sociale, questo consolidarsi del nostro proprio prodotto in un potere obiettivo che ci sovrasta, che cresce fino a sfuggire al nostro controllo, che contraddice le nostre aspettative, che annienta i nostri calcoli, è stato fino ad oggi uno dei momenti principali dello sviluppo storico. Il potere sociale, cioè la forza produttiva moltiplicata che ha origine attraverso la cooperazione dei diversi individui, determinata nella divisione del lavoro, appare a questi individui, poiché la cooperazione stessa non è volontaria ma naturale, non come il loro proprio potere unificato, ma come una potenza estranea, posta al di fuori di essi, della quale essi non sanno donde viene e dove va, che quindi non possono più dominare e che al contrario segue una sua propria successione di fasi e di gradi di sviluppo la quale è indipendente dal volere e dall'agire degli uomini e anzi dirige questo volere e agire. [...] Nella storia fino ad oggi trascorsa è certo un fatto empirico che i singoli individui, con l'allargarsi dell'attività sul piano storico universale, sono stati sempre asserviti a un potere a loro estraneo (oppressione che essi si sono rappresentati come un dispetto del cosiddetto spirito del mondo ecc..), a un potere che è diventato sempre più smisurato e che in ultima istanza si rivela come mercato mondiale. Ma è altrettanto empiricamente dimostrato che col rovesciamento dello stato attuale della società, attraverso la rivoluzione comunista (di cui parleremo più avanti) e l'abolizione della proprietà privata che con essa si identifica, questo potere così misterioso per i teorici tedeschi verrà liquidato, e allora verrà attuata la liberazione di ogni singolo individuo nella stessa misura in cui la storia si trasforma completamente in storia universale. Che la ricchezza spirituale reale dell'individuo dipenda interamente dalla ricchezza delle sue relazioni reali è chiaro dopo quanto si è detto. Soltanto attraverso quel passo i singoli individui vengono liberati dai vari limiti nazionali e locali, posti in relazione pratica con la produzione (anche spirituale) di tutto il mondo e messi in condizione di acquistare la capacità di godere di questa produzione universale di tutta la terra (creazioni degli uomini). La dipendenza universale, questa forma spontanea della cooperazione degli individui sul piano storico universale, è trasformata da questa rivoluzione comunista nel controllo e nel dominio cosciente di queste forze le quali, prodotte dal reciproco agire degli uomini, finora si sono imposte ad essi e li hanno dominati come forze assolutamente estranee. (L'ideologia tedesca, I,2) Distinzione di una prima e seconda fase della società comunista. All'interno della società collettivista, fondata sulla proprietà comune dei mezzi di produzione, i produttori non scambiano i loro prodotti; tanto meno il lavoro trasformato in prodotti appare qui come valore di questi prodotti, come una proprietà oggettiva da essi posseduta, poiché ora, in contrapposto alla società capitalistica, i lavori individuali non esistono più come parti costitutive del lavoro complessivo attraverso un processo indiretto, ma in modo diretto. L'espressione «reddito del lavoro», che anche oggi è da respingere a causa della sua ambiguità, perde così ogni senso. Quella con cui abbiamo da far qui, è una società comunista, non come si è sviluppata sulla sua propria base, ma viceversa, come emerge dalla società capitalistica; che porta quindi ancora sotto ogni rapporto, economico, morale, spirituale, le «macchie» della vecchia società dal cui seno essa è uscita. Perciò il produttore singolo riceve - dopo le detrazioni - esattamente ciò che le dà. Ciò che egli ha dato alla società è la sua quantità individuale di lavoro. Per esempio: la giornata di lavoro sociale consta della somma delle ore di lavoro 32 individuale; il tempo di lavoro individuale del singolo produttore è la parte della giornata di lavoro sociale fornita da lui, la sua partecipazione alla giornata di lavoro sociale. Egli riceve dalla società uno scontrino da cui risulta che egli ha prestato tanto lavoro (dopo la detrazione del suo lavoro per i fondi comuni), e con questo scontrino egli ritira dal fondo sociale tanti mezzi di consumo quanto costa il lavoro corrispondente. La stessa quantità di lavoro che egli ha dato alla società in una forma, la riceve in un'altra. Domina qui evidentemente lo stesso principio che regola lo scambio delle merci in quanto è scambio di cose di valore uguale. Contenuto e forma sono mutati, perché, cambiate le circostanze, nessuno può dare niente all'infuori del suo lavoro, e perché d'altra parte niente può passare in proprietà del singolo all'infuori dei mezzi di consumo individuali. Ma per ciò che riguarda la ripartizione di questi ultimi tra i singoli produttori, domina lo stesso principio che nello scambio di equivalenti di merci: si scambia una quantità di lavoro in una forma contro una uguale quantità in un'altra. L'uguale diritto è qui perciò ancora sempre, secondo il principio, il diritto borghese, benché principio e pratica non si azzuffino più, mentre lo scambio di equivalenti, nello scambio di merci, esiste solo nella media, non per il caso singolo. Nonostante questo progresso, questo ugual diritto reca ancor sempre un limite borghese. Il diritto dei produttori è proporzionale alle loro prestazioni di lavoro, l'uguaglianza consiste nel fatto che esso viene misurato con una misura uguale al lavoro. Ma l'uno è fisicamente o moralmente superiore all'altro, e fornisce quindi nello stesso tempo più lavoro, oppure può lavorare durante un tempo più lungo; e il lavoro, per servire come misura, dev'essere determinato secondo la durata o l'intensità, altrimenti cesserebbe di essere misura. Questo diritto uguale è un diritto disuguale per lavoro disuguale. Esso non riconosce nessuna distinzione di classe, perché ognuno è soltanto operaio come tutti gli altri, ma riconosce tacitamente la ineguale attitudine individuale, e quindi capacità di rendimento, come privilegi naturali. Esso è perciò, per il suo contenuto, un diritto della disuguaglianza, come ogni diritto. II diritto può consistere soltanto, per sua natura, nell'applicazione di una uguale misura; ma gli individui disuguali (e non sarebbero individui diversi se non fossero disuguali) sono misurabili con uguale misura solo in quanto vengono sottomessi a un uguale punto di vista, in quanto vengono considerati soltanto secondo un lato determinato: per esempio, nel caso dato, soltanto come operai, e si vede in loro soltanto questo, prescindendo da ogni altra cosa. Inoltre: un operaio è ammogliato, l'altro no; uno ha più figli dell'altro, ecc. ecc. Supposti uguali il rendimento e quindi la partecipazione al fondo di consumo sociale, l'uno riceve dunque più dell'altro, l'uno è più ricco dell'altro e così via. Per evitare tutti questi inconvenienti, il diritto, invece di essere uguale, dovrebbe essere disuguale. Ma questi inconvenienti sono inevitabili nella prima fase della società comunista, quale è uscita, dopo i lunghi travagli del parto, dalla società capitalistica. Il diritto non può essere mai più elevato della configurazione economica e dello sviluppo culturale, da essa condizionato, della società. In una fase più elevata della società comunista, dopo che è scomparsa la subordinazione asservitrice degli individui alla divisione del lavoro, e quindi anche il contrasto fra lavoro intellettuale e fisico; dopo che il lavoro non è divenuto soltanto mezzo di vita, ma anche il primo bisogno della vita; dopo che con lo sviluppo onnilaterale degli individui sono cresciute anche le forze produttive e tutte le sorgenti della ricchezza collettiva scorrono in tutta la loro pienezza, solo allora l'angusto orizzonte giuridico borghese può essere superato, e la società può scrivere sulle sue bandiere: Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni! (Critica del Programma di Gotha, 3) da "Il pensiero di Karl Marx" a cura di C. Pianciola, Loescher 33