NEW III-Capitolo 02_82-193 28-09-2006 17:54 Pagina 103 PROFILO luttabilità del destino, che contrasta il suo desiderio di felicità, mettendo in luce i limiti e la finitezza dell’individuo. Questi, allora, cerca di esprimere il proprio attivismo opponendo alle difficoltà e ai mali del mondo (il fanatismo, l’ottusità, la corruzione) la legge del cuore (allusione a tutte le filosofie che nel corso del Settecento hanno sviluppato il tema del sentimento) e la virtú, che Hegel intende come un ideale di bene coltivato dall’individuo nella fiducia di poter mutare il corso delle cose. Ma, dopo il fallimento del faustismo, né il sentimento riesce a eliminare tutti i conflitti, né la virtú riesce a plasmare il mondo secondo i propri princípi morali, a contrastare la realtà nel suo effettivo modo di essere. Tale scacco viene descritto da Hegel attraverso le altre due figure della ragione attiva – designate rispettivamente come «la legge del cuore e la follia della presunzione» e «la virtú e il corso del mondo» – attraverso le quali egli denuncia l’ingenuità di chi cre- Impostazione e temi della Fenomenologia dello spirito certezza sensibile 1) Coscienza. Condizione del soggetto che pone l’oggetto come altro e indipendente da sé percezione forza e intelletto 2) Autocoscienza. Condizione della coscienza che nel rapportarsi in maniera conflittuale ad altre coscienze diviene autocoscienza, in quanto viene riconosciuta da altri esseri pensanti – – – – 3) Ragione. Condizione della coscienza che, avendo compreso la razionalità della realtà, diviene consapevole di essere essa stessa l’intera realtà. L’idealismo è espressione di questa consapevolezza, è l’affermazione che l’intera realtà è l’idea, il pensiero – ragione osservatrice (la scienza della natura rinascimentale) – ragione attiva (faustismo, legge del cuore e virtú) – eticità (istituzioni dei popoli) 4) Spirito. Condizione della coscienza nella comunità civile, ovvero l’esperienza complessiva della comunità umana – – – – – 5) Religione. Condizione della coscienza che si ricongiunge all’infinito e si riconosce come spirito assoluto. Quest’ultimo viene rappresentato come trascendente e quindi altro dal soggetto – religione naturale – religione artistica – religione rivelata (incarnazione) 6) Sapere assoluto. La filosofia, in cui l’assoluto non è altro ma bensí identico al soggetto. Il soggetto quindi si autoriconosce come l’assoluto – tempo e memoria – storia – coscienza del proprio sviluppo dialettica servo-padrone stoicismo scetticismo coscienza infelice libertà bella del mondo greco uguaglianza formale del mondo romano stato di natura e stato sociale cultura e fede intellezione pura (illuminismo) 103 NEW III-Capitolo 02_82-193 28-09-2006 17:54 Pagina 119 PROFILO 119 parte dell’Enciclopedia, che come le precedenti si articola in una triade maggiore, a sua volta articolata in un sistema di triadi sottostanti. La triade fondamentale comprende: 1) lo spirito soggettivo, cioè la consapevolezza che lo spirito ha di sé in quanto singolo individuo, o lo spirito come si realizza nella coscienza individuale; 2) lo spirito oggettivo, cioè la consapevolezza che lo spirito ha di sé nei rapporti tra gli uomini all’interno della vita sociale; 3) lo spirito assoluto, cioè la consapevolezza che lo spirito ha di sé in quanto spirito, ovvero nell’ambito specifico di quelle che, anche a livello di linguaggio comune, vengono definite attività spirituali. Come la prima parte dell’Enciclopedia era stata precedentemente oggetto di un’opera autonoma, cosí una parte dello spirito soggettivo era già stata esposta nella Fenomenologia, mentre i temi affrontati nella sezione dello spirito oggettivo sarebbero poi stati ripresi nei Lineamenti di filosofia del diritto (1821) e quelli relativi allo spirito assoluto sarebbero stati trattati nelle lezioni tenute all’università di Berlino, poi raccolte dagli allievi. Lo spirito soggettivo L’analisi dello spirito soggettivo si collega all’ultima parte della filosofia della natura, in una continuità che riflette l’idea hegeliana dell’universo come un tutto unitario, dove – per quanto riguarda l’uomo – la componente corporea e quella spirituale sono strettamente collegate fra loro. Di qui il rifiuto del dualismo cartesiano, che separa il corpo-macchina dall’anima come puro principio intellettivo, per una visione avvicinabile a quella aristotelica. Non è casuale che Hegel citi il De anima di Aristotele, in cui la psicologia costituisce il punto culminante di una biologia filosofica, come l’opera migliore su questi temi, forse l’unica di interesse filosofico. La vita organica, che abbiamo visto emergere dal fondo disperso della natura, è alla base della prima manifestazione dello spirito soggettivo, l’anima, intesa appunto come principio della vita. All’inizio l’anima agisce a livello inconscio (come anima naturale), poi si risveglia sviluppando la sensazione e alimentando quel complesso di fattori che costituiscono la vita psichica dell’uomo: il carattere, il temperamento, le attitudini psico-fisiche determinate dall’età e dal sesso, le abitudini che danno all’uomo una specie di seconda natura. Sono questi i temi propri della prima sezione dello spirito soggettivo, l’antropologia. Essa tratta quindi di quelle manifestazioni della psichicità che piú si connettono e dipendono dalla struttura naturale (materiale) dell’uomo e quindi dalla caratterizzazione in senso spazio-temporale di ogni singolo individuo. All’antropologia segue la fenomenologia, che ha per oggetto la seconda manifestazione dello spirito soggettivo, la coscienza. Qui Hegel riprende i tre momenti che nella Fenomenologia dello spirito costituiscono la coscienza, cioè la coscienza propriamente detta, l’autocoscienza e la ragione. È evidente che ora il punto di vista hegeliano sul ruolo della fenomenologia è diverso, nel senso che, collocandola all’interno del sistema filosofico come sua parte, Hegel non la intende piú come introduzione al sistema stesso. Possiamo spiegare questo mutamento considerando che il cammino della coscienza, come cammino dal sapere apparente al sapere assoluto, è parte della realtà e dunque deve entrare nel sistema che descrive la realtà nella sua interezza. L’esposizione fenomenologica, allora, non avviene piú dal punto di vista della coscienza finita, ma dal punto di vista della coscienza dell’assoluto e dunque si colloca all’interno di questo. La terza manifestazione dello spirito soggettivo è lo spirito vero e proprio, che a questo livello rappresenta la coscienza individuale che ha acquistato consapevolezza della propria identità con l’oggetto. Dello spirito si occupa la psicologia, intesa in senso filosofico. Lo spirito è in primo luogo spirito teoretico, cioè spirito che conosce e che nel conoscere viene determinato dall’oggetto; quindi è spirito pratico, volontà, che si impone di fatto al- Ingres, Contessa d’Haussonville, 1845, particolare NEW III-Capitolo 02_82-193 28-09-2006 17:54 Pagina 120 2. HEGEL 120 l’oggetto; infine è spirito libero, cioè – secondo il principio dialettico della sintesi – la volontà razionale, un volere orientato dalla conoscenza. Solo in questa che, secondo Hegel, rappresenta la forma piú alta dello spirito soggettivo, affiora un’autentica esigenza di libertà, quella stessa esigenza che orienta lo spirito soggettivo in direzione di un rapporto con gli altri spiriti, cioè a farsi spirito oggettivo. ➔TESTO 7 (p. 168) «La razionalità del reale e il compito della filosofia» Lo spirito oggettivo: il reale è razionale L’assoluto che realizza la propria libertà nei rapporti tra i diversi individui all’interno della società (nel linguaggio di Hegel: «nell’aspetto esteriormente oggettivo») è lo spirito oggettivo, che si realizza in un mondo diverso da quello della natura: il mondo delle consuetudini, delle leggi, delle istituzioni, visibile nelle sue manifestazioni concrete che si sviluppano nella storia; ovvero, lo spirito oggettivo è ciò di cui si fa storia, l’oggetto della storia comunemente intesa. Alla filosofia spetta il compito di cogliere – dispiegata nella realtà storica – la razionalità che è propria dello spirito oggettivo in quanto espressione dell’assoluto. Ciò vale anche per il presente, anzi è compito specifico della filosofia comprendere il proprio tempo mettendone in luce la razionalità, ossia mostrando che ciò che è, è come deve essere. Se si ammette un principio di razionalità nella natura, a maggior ragione si deve ammettere la stessa cosa per il mondo dello spirito; non riconoscere o negare che nel mondo dello spirito e della storia tutto è come dovrebbe essere significherebbe negare la presenza di Dio, del logos, della ragione, nel mondo dello spirito. I termini del rapporto tra essere e dover-essere sono chiaramente definiti nei Lineamenti di filosofia del diritto, l’opera in cui Hegel approfondisce i temi dello spirito oggettivo. Nella prefazione ai Lineamenti, con la formula sintetica «ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale», egli esprime la tesi secondo cui la filosofia non deve solo cogliere il significato del proprio mondo, ma anche comprenderne la razionalità, dunque spiegarlo, giustificarlo, secondo un atteggiamento di “riconciliazione” con la realtà. Con tali parole Hegel non intende affermare, in maniera banale, che tutto ciò che esiste è razionale, bensí che la realtà nei suoi aspetti piú significativi – come sono per la società le istituzioni e lo Stato – ha una propria ragion d’essere (questo significa essere razionale) e che la razionalità autentica (per esempio la razionalità che si realizza nel diritto) non può essere solo un ideale cui tendere, ma qualcosa che si realizza effettivamente. L’ideale irrealizzato e indefinitamente inseguito non ha valore; ciò che non si realizza (non può realizzarsi) è per cosí dire incompatibile con la razionalità. Possiamo allora dire che con la formula citata Hegel intende affermare che la razionalità non è una pura astrazione, ma ciò che dà forma e ordine all’esistente (il razionale è reale) e che la realtà non è un insieme caotico e casuale di eventi, ma il dispiegarsi di una struttura dotata di razionalità (il reale è razionale). La filosofia deve prendere atto della realtà, «comprendere ciò che è», e metterne in rilievo le strutture razionali, «perché ciò che è, è la ragione»; non è suo compito dire come deve essere o come deve andare il mondo, dato che a comprendere il proprio tempo essa arriva sempre tardi, quando la realtà ha ormai portato a compimento il suo processo di formazione (potremmo dire: è diventata un intero, dunque è compiuta). Con una celebre immagine Hegel paragona la filosofia alla nottola di Minerva (cioè la civetta, uccello sacro alla dea), che inizia il suo volo al crepuscolo, quando la realtà è ormai compiuta. Ciò significa che la filosofia non può pretendere di dare direttive alla realtà, insegnandole come dovrebbe essere; ma può anche voler dire che un’epoca, compiutamente compresa dalla filosofia, è ormai arrivata al tramonto, ovvero ha esaurito le sue capacità di perfezionamento. Tuttavia, il tramonto può essere lungo; le istituzioni, i modi di essere, la cultura e NEW III-Capitolo 02_82-193 28-09-2006 17:54 Pagina 124 124 2. HEGEL La filosofia dello spirito antropologia soggettivo fenomenologia psicologia diritto Spirito oggettivo moralità eticità arte assoluto – anima naturale – anima senziente – anima reale – coscienza – autocoscienza – ragione – spirito teoretico – spirito pratico – spirito libero – proprietà – contratto – illecito e pena – proponimento e responsabilità – intenzione e benessere – bene e coscienza morale – famiglia – società civile – Stato – arte simbolica – arte classica – arte romantica religione – naturale – dell’individualità personale – rivelata e assoluta (cristianesimo) filosofia – identità immediata di certezza e verità – opposizione di certezza e verità – affermazione consapevole dell’identità di certezza e verità ciazione o somma di parti preesistenti e indipendenti fra loro, bensí un organismo vivente, un tutto unitario che precede e supera dal punto di vista del valore le sue parti. Ovvero: l’unità dello Stato prevale sulla libertà degli individui, il pubblico sul privato. Hegel concepisce dunque lo Stato come lo scopo dell’individuo (non viceversa) e nella forma di Stato che può realizzarsi in Europa dopo la fine del vecchio mondo delle ingiustizie e dei privilegi sotto i colpi della rivoluzione francese, in particolare nello stato prussiano assunto a modello, egli non vede una semplice costruzione umana, ma la stessa presenza dell’assoluto. Nei Lineamenti, con una frase a effetto, si afferma che lo Stato costituisce «l’ingresso di Dio nel mondo», ovvero lo Stato, sul piano dello spirito oggettivo, rappresenta il valore assoluto, perciò esso, in quanto assoluto, è sciolto dalle regole e dai princípi morali o da qualsiasi altro principio che possa limitarne l’azione. È come se l’alo-