La mobilità sociale: un fenomeno positivo o negativo? a cura di Alice Chiusano (classe VA) Nelle società odierne la mobilità sociale è un fattore caratteristico della società ed è molto sentito dai soggetti. Per mobilità sociale si intende un movimento ascendente o discendente lungo un continuum di posizioni sociali. Oggi le posizioni sociali hanno confini molto più flessibili rispetto al passato e per un soggetto è molto più facile passare da uno strato sociale all’altro e ciò può avvenire in modo repentino. Esistono diversi tipi di mobilità sociale: la mobilità verticale ascendente o discendente, la mobilità orizzontale, la mobilità a lungo raggio o a breve raggio, la mobilità intergenerazionale, la mobilità intragenerazionale e la mobilità individuale o collettiva. Quando si parla di mobilità verticale si intende un movimento di salita o di discesa che un soggetto compie all’interno della stratificazione sociale; ad esempio avviene quando un soggetto che prima lavorava come insegnante di una scuola, passa a diventare il preside di tale scuola (movimento verticale ascendente). La mobilità orizzontale è, invece, un cambiamento di posizione rimanendo nel medesimo strato sociale; un esempio è il medico che lavora come chirurgo e decide di passare a lavorare come medico di base. La mobilità a lungo raggio o a breve raggio sono movimenti lunghi o corti che un soggetto compie all’interno della stratificazione sociale; ad esempio un giornalista passa dallo scrivere articoli di rilevante importanza per un giornale ad essere il direttore del medesimo giornale (movimento a lungo raggio). La mobilità intergenerazionale è un movimento che un soggetto compie all’interno della stratificazione arrivando ad una determinata posizione sociale che si differenzia dalla posizione sociale della famiglia d’origine; ad esempio la famiglia di un soggetto ha lavorato in una fabbrica, il soggetto ha studiato medicina e ora lavora come dottore. La mobilità intragenerazionale è invece il cambiamento occupazionale che interviene nella vita adulta di un soggetto; ad esempio un soggetto passa a lavorare da spazzino a cuoco. La mobilità individuale o collettiva sono tutti quei movimenti che riguardano la vita di un singolo o di una collettività; se ad esempio un’azienda va in fallimento tutti i dipendenti divengono disoccupati (mobilità collettiva). Inoltre i sociologi Berger e Berger individuano un’ulteriore mobilità: la mobilità territoriale, ovvero tutti i movimenti delle persone attraverso lo spazio fisico. Essa non implica particolari relazioni con la mobilità sociale; ad esempio un giovane laureato italiano che in Italia non trova lavoro decide di trasferirsi in Germania dove esistono più opportunità per il giovane di trovare un lavoro. Esistono diversi fattori che influenzano la mobilità sociale e quindi danno vita a tali tipi di mobilità. La mobilità è influenzata innanzitutto dalle risorse principali della società, ossia: la ricchezza, che è il patrimonio posseduto da un soggetto; il prestigio, che rappresenta la famiglia d’origine del soggetto; il potere, che è la capacità che ha un soggetto di dare comandi e ricevere obbedienza e l’istruzione o le risorse culturali. Tutti questi elementi servono ad un soggetto per raggiungere una determinata posizione sociale. La mobilità è causata soprattutto dalla cultura della società, ciò determina la flessibilità dei confini delle classi; nelle società occidentali è presente una mobilità maggiore rispetto alle classi orientali. In particolare in India i confini delle classi sono molto rigidi in quanto sono presenti le caste: un indiano nel corso della propria vita non può cambiare casta da quella della famiglia d’origine e per questo motivo è presente l’endogamia che è la possibilità di sposarsi unicamente con soggetti della propria casta. In particolare è il sociologo economista P.Sylos Labini che ci parla di confini labili delle posizioni sociali: oltre alla flessibilità, vi sono la frammentazione delle classi tradizionali, che consiste in un ulteriore divisione delle classi che vengono considerate tradizionali e le appartenenze multiple che rappresentano la molteplicità dei ruoli che un individuo ricopre (come delinea A. Sen). Grazie a queste caratteristiche la mobilità ha creato degli effetti sulla stabilità sociale, sui conflitti di classe e sui sistemi politici. A causa della mobilità la stabilità sociale viene meno: la società è in continuo movimento e tutti possono raggiungere uno stato sociale diverso da quello di appartenenza. Essa, inoltre, può produrre conflitti sociali. I conflitti di classe sono meno marcati rispetto ai conflitti tra capitalisti e proletari di cui ci parla Marx, che nascevano con l’industrializzazione, però ai giorni d’oggi quando un soggetto cambia classe sociale può accadere più frequentemente che venga emarginato o isolato dal gruppo di appartenenza. Inoltre la mobilità sociale ha creato degli effetti anche sui sistemi politici; di questo ce ne parla il sociologo Weber attraverso gli idealtipi riguardanti la stratificazione sociale. Nello specifico l’autore sostiene che l’individuo possa muoversi socialmente in diverse posizioni politiche: al vertice troviamo coloro che detengono una carica ufficiale; al grandino inferiore troviamo coloro che fanno parte di un partito; più in basso vengono collocati che si interessano di temi politici; alla base sono situati coloro che si limitano unicamente all’esercizio del voto. Weber afferma inoltre che per qualsiasi soggetto è molto facile riuscire a raggiungere una di queste posizioni. Anche se la mobilità è un fenomeno molto diffuso, essa in Italia è tra le più basse ed è ancora troppo legata alla famiglia d’origine. La politica italiana dovrebbe intervenire maggiormente per cambiare questo aspetto, ma soprattutto dovrebbe intervenire per cercare di aiutare gli italiani che non hanno un lavoro. In particolare devono essere aiutati i giovani che senza un lavoro sono costretti a rimanere in famiglia fino a 30 anni, se non di più; secondo i dati dell’ISTAT nel 2013 più del 20% dei giovani è disoccupato. Da ultimo, un fattore negativo della mobilità sociale è la precarietà, soprattutto nel campo lavorativo. I giovani dopo aver conseguito una laurea, se riescono a trovare un lavoro rischiano di cadere nel precariato; questo è il motivo principale della “fuga dei cervelli” che sta avvenendo in questo periodo in Italia: i laureati hanno più possibilità di trovare lavoro e un guadagno maggiore in uno stato estero piuttosto che in Italia. In questo caso la mobilità sociale influenza anche quella territoriale, in quanto a causa della precarietà gli italiani stanno cercando opportunità migliori in altri paesi del mondo; gli italiano sono quindi disposti a questo pur di trovare un lavoro dignitoso e dare un futuro migliore ai propri figli. Secondo i dati dell’istat del 2012 il 50% degli italiani è disposto a trasferirsi all’estero. Il compito della politica a riguardo è quello di potere garantire un futuro migliore; in particolare la politica italiana dovrebbe cercare di valorizzare maggiormente i giovani, soprattutto i laureati. Invece il compito della sociologia è quello di comprendere i motivi per cui la mobilità sociale italiana non è alta come in altri paesi, ma deve soprattutto capire quali sono i motivi che la stanno bloccando.