A. APOLLONIO. I diritti dell’uomo, dichiarati il 10 dicembre del 1948 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, costituiscono, secondo il professor Francesco Viola, uno dei pochi punti che gli individui e i popoli sembrano avere in comune in quest’epoca di frammentazione. I diritti umani dunque rappresenterebbero l’ultima manifestazione di un’etica universale, ed è lecito allora affermare che essi possano essere intesi come un tentativo di unire un discorso etico fra etnie morali diverse. Viola sostiene inoltre che l’etica dei diritti umani deve oggi affrontare numerose accuse, tra cui quella che ritiene le dichiarazioni universali dei diritti dell’uomo un modo per giustificare le mire espansionistiche delle democrazie liberali. Oggi il pensiero politico liberale nega questa accusa, affermando che quanto più si espande la coscienza dei diritti dell’uomo, tanto più il liberalismo cerca di allontanarsene nel timore di diventare un pensiero totalitario. A questo punto Viola cerca di mostrare come si rapportino i diritti dell’uomo alle particolari concezioni della morale e della politica. Ritenere che la dignità e la libertà umana debba essere rispettata o che tutti gli uomini abbiano uguali diritti non dice nulla su come ci di debba comportare in particolari situazioni; essi dunque hanno bisogno d’integrazione sostanziale, proveniente in particolare dalle visioni dell’etica e della politica. Dunque i diritti umani non sono solo una lista di valori fondamentali: essi sono soprattutto valori imprescindibili di ogni etica e politica giusta e accettabile, un modo di organizzare la scelta, di individuare e di perseguire i propri scopi nei contesti sociali più diversi. E dunque l’etica dei diritti dell’uomo è la fonte originaria di tali diritti: non è solo una morale del dovere o della legge, è una morale dell’aspirazione e della realizzazione personale, che si esprime nella forma di principi. Un altro aspetto interessante evidenziato da Viola è rappresentato dall’evoluzione della pratica dei diritti dell’uomo. Essi appaiono come realizzazione della soggettività in tutta la sua pienezza: nel corso della storia, infatti, l’individuo titolare dei diritti si è auto compreso, correggendo progressivamente se stesso, al fine di non commettere i medesimi errori. Nel corso dell’evoluzione, inoltre, i diritti dell’uomo sono diventati potere del soggetto umano sulle cose, potere in cui egli ha trovato la propria realizzazione ed è stato riconosciuto dalla società. L’etica dei diritti umani è costantemente concentrata sulla soggettività, perché si occupa del singolo individuo e del suo sviluppo e non di una comunità: i progetti di vita sono soggettivi, il bene è fondato anch’esso su preferenze soggettive; ma la società, per essere giusta, deve reinterpretare completamente ogni concezione del bene: deve avere regole oggettive, in quanto solo l’oggettività può porre giustizia. Viola afferma inoltre che l’universalità è un obiettivo da raggiungere, un qualcosa da realizzare e da conquistare, in quanto essa è la capacità comunicativa che le varie culture etniche possiedono. Tuttavia secondo Viola, queste ultime, per interagire adeguatamente e comunicare con gli altri, devono rivedere la loro strutturazione interna, in particolare la modalità del ragionamento e della scelta morale.