Sentirsi bene: l’equilibrio mente-corpo
Roberto Baruzzo
Psicologo psicoterapeuta
Università IUSVE – Venezia Mestre
Scuola di Spec. in Psicoterapia – Cisspat – Padova
Gli errori fondamentali e il loro superamento
Negli ultimi anni le varie scienze (medicina, psicologia, psichiatria, neuroscienze, biologia) stanno sempre
più riconoscendo che, per comprendere e spiegare cosa può favorire il benessere della persona, occorre
superare due errori fondamentali sulla natura umana: l’errore cartesiano (dualismo) di separare il corpo e
la mente, il riduzionismo aristotelico che fa coincidere il pensiero con l’elaborazione algoritmica delle
sensazioni fisiche.
Già Ippocrate di Cos (460-370 a.c. circa) sosteneva che il medico deve saper guardare non solo ai sintomi
fisici ma anche alle condizioni di vita della persona, all’ambiente, al contesto sociale (cfr.: Arie, acque e
luoghi). È il rapporto equilibrato fra uomo e ambiente a determinare il benessere o la malattia, qualora sia
in disequilibrio. Avvertiva inoltre che occorre essere attenti alla varietà dei casi individuali nel formulare
diagnosi e proporre terapie, senza cedere all’illusione filosofica che esista un’unica terapia ugualmente
valida per tutti gli infiniti casi possibili (cfr.: La medicina antica).
Ioannes Heinrich Schultz (1884-1970) aveva intuito, partendo dagli studi della biologia e dalle intuizioni
psicologiche del suo tempo, che “la biologia senza lo psichismo è incompleta, la medicina senza lo
psichismo è un rudimento” (Schultz, 2001). Pertanto diventa fondamentale per il benessere della persona
offrire la possibilità all’organismo nella sua interezza (psiche-soma) di seguire e sviluppare l’insieme delle
leggi della vita (bionomia), che consente all’individuo di svilupparsi in equilibrio, in armonia con se stesso e
con la realtà circostante. In questo modo si riconosce e si valorizza la “saggezza del corpo” che si fonda sulla
capacità dell’organismo di governarsi, regolarsi, essere autonomo.
Alcuni studi e ricerche degli ultimi anni dimostrano come questa unitarietà di mente e corpo non sia solo
una speculazione filosofica o l’opinione personale di qualche autore, ma sia dimostrabile anche con gli
strumenti della scienza. La dimostrazione scientifica dell’unità della persona umana porta con sé una
nuova definizione del concetto di benessere e di equilibrio.
Eric Richard Kandel, noto ricercatore della Columbia University di New York, premio Nobel per la medicina
nel 2000, a seguito delle ricerche realizzate dal Dipartimento di Neuroscienze da lui diretto, nel 1998
propone un quadro di riferimento biologico all’interno del quale inserire i processi psicologici e
psicoterapeutici e individua 5 principi.
1. Tutti i processi mentali normali e patologici derivano da operazioni del cervello;
2. I geni e le loro espressioni proteiche determinano i pattern (modelli) di interconnessione tra i
neuroni, quindi una componente della malattia è genetica;
3. Fattori relazionali e sociali esercitano un’azione sul cervello modificando stabilmente la funzione
dei geni, cioè la loro espressione proteica che interessa le sinapsi e quindi i circuiti neuronali. Ne
consegue che la “cultura” può esprimersi come “natura”;
4. Anomalie psichiche indotte da situazioni relazionali e sociali possono essere prodotte attraverso
modificazioni dell’espressione genica delle proteine;
5. La psicoterapia può produrre cambiamenti a lungo termine del comportamento, agendo sulla
espressione genica delle proteine che modificano la struttura e la potenza delle sinapsi neuronali.
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Claude Robert Cloninger (psichiatra, direttore del Centro di Psicologia della Personalità della Washington
University di S. Louis), sulla base delle sue recenti ricerche riguardanti la scienza del benessere, dimostra
che la salute fisica e mentale sono interconnesse, e sono collegate con la salute della società e l'ecologia del
pianeta; ogni essere umano è un tutto unico e i problemi nel nostro corpo, i pensieri, e la psiche sono
strettamente legati l'uno all'altro. Pertanto lo sviluppo e il mantenimento di un completo benessere
considerano come fattori inscindibili la dimensione biologica, sessuale, materiale, sociale, emotiva,
intellettuale, culturale, spirituale.
Cloninger (2006) descrive così i principi base del suo recente lavoro: "Credo sia importante dare una base
scientifica alla psichiatria e alla psicologia ad un livello che va al di là del livello di descrizione. Occorre
vedere la persona costituita da più elementi: corpo, mente e spirito. Ognuno di questi deve essere
attentamente definito e misurato, in modo che possiamo evitare di elaborare fantasie e speculazioni. Ciò
che le ricerche hanno reso più chiaro è che l'uomo ha una naturale tendenza integrativa che porta alla
salute, e che la malattia emerge ogni volta che c'è un blocco. I blocchi possono provenire da una
predisposizione genetica che interferisce con lo sviluppo naturale, da apprendimento sociale, o da
precedenti esperienze significative per l'individuo.”
Daniel J. Siegel (2010), psichiatra, Università della California, Los Angeles, è uno degli innovatori
rivoluzionari nell'integrazione delle neuroscienze nella psicoterapia. Egli dimostra come quasi tutti possono
imparare a concentrare la loro attenzione sul mondo interno della mente in un modo da cambiare
letteralmente il cablaggio e l'architettura del loro cervello.
Siegel (2010) classifica nove funzioni integrative che emergono dai circuiti di interconnessione profonda del
cervello (funzioni prefrontali mediali):
1. la regolazione corporea,
2. la comunicazione sintonizzata,
3. l'equilibrio emotivo,
4. la flessibilità di risposta,
5. l’empatia,
6. l'insight o consapevolezza cosciente di sé,
7. la modulazione della paura,
8. l’intuizione e
9. la moralità.
Dan Siegel (2009) afferma che uno stato di coscienza consapevole è indispensabile per raggiungere la salute
mentale e il benessere.
Tre esperienze umane sono state documentate come promozione del benessere: un attaccamento sicuro e
la conseguente sintonizzazione interpersonale, l’autoconsapevolezza o sintonizzazione interiore
(rilassamento e meditazione), una efficace psicoterapia.
Siegel dimostra con le sue ricerche che gli effetti di queste tre esperienze hanno un meccanismo neurale
simile alla funzione prefrontale mediale.
Pertanto è possibile insegnare come trasformare il cervello e promuovere il benessere.
Sviluppo cerebrale e interazioni affettive
Le ricerche di Allan N. Schore (2008), Università della California, Los Angeles, dimostrano che nei primi due
anni di vita si definisce il sistema di influenza reciproca tra figure parentali e bambino.
Successivamente al parto sono queste interazioni a dare l’avvio ai processi biochimici e neurobiologici
responsabili della maturazione delle strutture corticali e subcorticali del neonato.
Queste a loro volta sono alla base delle capacità di autoregolazione del Sé, indispensabile per lo sviluppo
sociale, cognitivo ed affettivo, nonché per l’identità del Sé.Tra i 3 e i 12 mesi l’interazione positiva
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bambino/figure parentali consente la produzione di sostanze neurochimiche responsabili di una precoce
capacità di regolazione degli affetti. Intorno ai 18 mesi, con l’aumento della curiosità e della
sperimentazione, il genitore comincia a imporre regole e vincoli che provocano nel bambino uno stato di
stress psicologico e fisiologico.
Schore (1999) dimostra che “queste esperienze condizionano la produzione di specifici ormoni e
neurotrasmettitori, determinando delle alterazioni della biochimica cerebrale, che agiscono sulla
maturazione della corteccia orbitofrontale”.
L’autorganizzazione del sistema nervoso centrale infantile si realizza nel contesto di relazione con un altro
Sé. Il legame di attaccamento è all’origine della maturazione delle connessioni strutturali tra aree corticali e
aree limbiche subcorticali, deputate alla mediazione delle funzioni socioaffettive. La qualità della sintonia
tra figure primarie svolge un ruolo cruciale nello sviluppo neuronale infantile, nonché nello sviluppo
psicologico. La relazione materna “non si limita a modulare gli stati affettivi del bambino, ma contribuisce
alla regolazione della produzione degli ormoni e neurormoni che influenzano l’attivazione dei sistemi, a base
genetica, responsabili della programmazione dello sviluppo strutturale di alcune regioni cerebrali (in
particolare, la corteccia orbitale pre-frontale dell’emisfero destro e il sistema limbico) essenziali per il futuro
sviluppo sociale ed emotivo del bambino” (Schore,1999).
Se nel corso dei primi due anni di vita non si verificano gli scambi socioaffettivi positivi che garantiscono
uno sviluppo neuronale ottimale, ne risulteranno gravi deficit funzionali e conseguenti patologie
dell’attaccamento e del Sé, che si manifesteranno con fallimenti dell’autoregolazione e/o della regolazione
interazionale.
Emozioni e corpo
Il collegamento tra emozioni e corpo, tra sistema nervoso centrale e comportamento emotivo hanno visto
contributi importanti negli ultimi anni: Gardener (2000), Goleman (2002), Le Doux (2002), Moffitt (2003),
il gruppo di ricerca dell’Università di Parma sui neuroni specchio (Rizzolati e altri 1995, 2006, 2009).
Queste ricerche dimostrano che le emozioni si esprimono sul corpo ma influenzano anche le modalità di
funzionamento dei numerosi circuiti cerebrali.
Possiamo fare una semplice suddivisione delle emozioni (Grecchi, 2007):
- emozioni primarie o universali: gioia, tristezza, paura, rabbia, sorpresa, disgusto
- emozioni secondarie o sociali: imbarazzo, gelosia, orgoglio, senso di colpa
- emozioni di fondo: benessere, malessere, calma, tensione
- emozioni in senso lato: impulsi, motivazioni, stati di dolore, stati di piacere.
I neurologi dell’Università del Michigan (2006) hanno scoperto l’area del cervello che si accende quando
capiamo di aver commesso un errore. Si chiama “corteccia rostrale cingolata anteriore” ed è collegata alle
emozioni. Se non è debitamente sviluppata, sorgono delle patologie rispetto al recriminare sui propri sbagli
(es.: disturbo ossessivo compulsivo) o alla corretta valutazione del proprio comportamento.
Sempre all’Università del Michigan (maggio 2010), un gruppo di lavoro guidato da Monica Uddin ha
scoperto un dato biologico fondamentale che porta al disturbo post traumatico da stress - PTSD.
Le malattie in generale, e malattie psichiatriche, in particolare, comportano un'interazione tra fattori sociali
e biologici.
Nel caso del disturbo post traumatico da stress - PTSD, eventi traumatici possono cambiare la biologia
dell’organismo, con notevoli conseguenze fisiche e mentali.
L’esposizione ad un evento traumatico cambia espressione del DNA (metilazione epigenetica), che a sua
volta altera l'attività del sistema immunitario, che porta alla malattia.
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Mente e autocontrollo
Antonio Damasio (2007), University of Southern California – USC, ha dimostrato che, se la corteccia
prefrontale viene danneggiata in giovane età, il cervello non sa più controllare gli impulsi in base alle regole
sociali.
Camillo Padoa-Schioppa, Washington University di S. Louis, ha scoperto che nella corteccia orbitofrontale
ci sono dei neuroni deputati a guidarci nelle scelte (Harvard Medical School, aprile 2006).
La ricerca ha individuato una popolazione di neuroni situati nella corteccia orbitofrontale (OFC) che assegna
valori ad oggetti diversi su una scala di valori comuni. Assegnare valori su una scala comune permette di
confrontare oggetti che, altrimenti, mancano di una base naturale per il confronto.
Creatività tra mente e corpo
Già negli anni ‘60 e ‘70 si affermava che l’esperienza di un momento creativo poteva essere il correlato
fenomenologico di un cambiamento critico nella struttura molecolare delle proteine del cervello associate
con l’apprendimento (Gaito, 1972; Rossi, 1973) o della creazione di nuove catene di cellule e di sequenze in
fase (Hebb, 1963)
La possibilità della neurogenesi nell’encefalo di adulti è stata studiata e dimostrata da una ampia mole di
ricerche, tra le quali: Joseph Altman (1962): neurogenesi nell’ippocampo, confermata da Michael Kaplan
nel 1979 e nel 1983; Fernando Nottebohm, Rockefeller University New York, negli anni ‘80 accerta la
produzione di nuovi neuroni nel sistema centrale, a partire dagli studi sui canarini.
Per la prima volta in assoluto, nel maggio 2007, Adi Mizrahi, un ricercatore dell’Università di Gerusalemme,
è riuscito ad osservare in vivo la generazione dei neuroni nel cervello di un mammifero. Usando speciali
tecniche microscopiche di imaging, combinate con tecnologia dei geni virali, Mizrahi è riuscito a sviluppare
un modello sperimentale per studiare lo sviluppo dei dendriti neuronici in vivo. Mizrahi ha osservato anche
che “ci sono solo alcune piccole aree del cervello capaci di neurogenesi”.
Un gruppo di lavoro della Columbia University di New York, guidato da Scott A. Small, ha studiato il
processo di formazione di nuovi neuroni nel giro dentato dell’ippocampo in uomini adulti, con effetti
sull’attività mnemonica, sulle prestazioni cognitive e sulle funzioni cardiopolmonari (A.C. Pereira, 2007 e
Diane Richmond, 2007).
Con una ricerca del National Institutes of Health (Bethesda, US) nel 2009, utilizzando una tecnica di imaging
chiamata spettroscopia a risonanza magnetica (MRS), si è notato che in specifiche regioni cerebrali le
cellule progenitrici neurali (NPC) sono presenti fino all'età adulta e possono dare origine a nuovi neuroni.
La neurogenesi, cioè lo sviluppo di nuovi neuroni a partire dalle NPC, potrebbe essere deficitaria in un gran
numero di patologie ed ora vi è modo di monitorarla nel cervello umano.
Walter J. Koroshetz, del National Institutes of Health (Bethesda, US), www.nih.gov, ha spiegato: "I recenti
risultati che hanno individuato le cellule progenitrici neurali negli adulti hanno aperto la strada a un nuovo
campo di ricerca nelle neuroscienze. La capacità di tracciare queste cellule in soggetti viventi consente ora
nuovi sviluppi nella comprensione dello sviluppo cerebrale nei bambini e della maturazione continua nel
cervello adulto. Potrebbe anche essere uno strumento utile per la ricerca che ha come obiettivo di
ripristinare o di mantenere la salute del cervello. Grazie a questo studio si potrebbe avere un
miglioramento delle diagnosi e del trattamento di molti disturbi tra cui la depressione, il morbo di
Parkinson, e i tumori del cervello” (2009).
Biologia e pensiero: le convinzioni contano
Vincent C. Giampapa, Università di Newark, New Jersey – US, a partire dalle sue ricerche
sull’invecchiamento (2008), sostiene che “La conoscenza cambia il nostro modo di pensare, il nostro modo
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di pensare cambia le nostre abitudini, le abitudini cambiano il nostro stile di vita, lo stile di vita cambia il
modo in cui funzionano i geni.”
Secondo Giampapa (2008) il nostro modo di pensare può influenzare la nostra salute a due livelli:
gli effetti superficiali e tangibili del nostro modo di pensare, cioè le nostre convinzioni influenzano le nostre
azioni; gli effetti profondi e intangibili del nostro modo di pensare, cioè gli effetti dei pensieri sulla materia
e in particolare sul DNA.
Le ricerche in campo genetico dimostrano che le informazioni che influenzano il DNA, l’RNA e le proteine
derivano originariamente dall’ambiente, e le proteine che vengono prodotte sono, a loro volta, responsabili
delle informazioni che tornano al DNA e all’RNA. Il flusso delle informazioni non è quindi a senso unico,
bensì a doppio senso. Quindi ci porta a dire che noi stessi con il nostro stile di vita possiamo influenzare
l’espressione dei nostri geni.
Robert Maurice Sapolsky (2007), Stanford University, ha studiato la reazione allo stress, cioè la risposta del
nostro organismo ad uno stimolo percepito come pericolo che mette a repentaglio il nostro equilibrio
psicofisico.Lo stress psicofisico di breve durata e moderata intensità (“eustress”) si rivela salutare per
l’organismo. È caratterizzato dal fenomeno dell’ormesi (dal greco “ormesis” = stimolazione), in cui piccole
dosi (limitate increzioni di cortisolo e adrenalina) svolgono effetti benefici. Tra gli effetti benefici
dell’eustress vanno segnalati: l’induzione dei sistemi di riparazione del DNA, la stimolazione del sistema
immunitario, la stimolazione dell’efficienza mentale, il potenziamento delle capacità di fronteggiare le
situazioni stressanti, di adattarsi o resistere.
I problemi sorgono quando quotidianamente siamo bersagliati da migliaia di eventi stressanti nuovi,
imprevedibili e spesso occulti che rendono estremamente difficile l’adattamento e il fronteggiamento delle
nuove situazioni, generando una condizione di stress cronico. A volte le nostre reazioni sono
eccessivamente intense rispetto all’entità dell’evento stressante. In tutti questi casi si parla di “distress”.
Lo stress cronico e lo stress intenso ripetuto mantengono l’organismo in uno stato di costante allerta,
consumando l’energia vitale necessaria a promuovere la salute.
Questa fase è caratterizzata da una serie di problematiche, tipiche delle patologie da stress:
- disturbi dell’umore
- disturbi d’ansia
- disturbi della sfera cognitiva
- disturbi del comportamento alimentare
- disturbi della sessualità
- squilibrio delle funzioni immunologiche e digestive
- ridotta sensibilità all’insulina (diabete di tipo 2) e alla leptina (regolazione dell’appetito e delle
mestruazioni),
- obesità spesso localizzata nella zona addominale
Un nuovo stile di vita
Il modo migliore per proteggere i nostri geni è di combattere lo stress.
Proviamo ad elencare alcune semplici tecniche:
entrare in sintonia con il proprio corpo: ascoltare le varie sensazioni che provengono dal nostro corpo e
prenderne consapevolezza; respirare profondamente e lentamente (respirazioni diaframmatiche); praticare
la meditazione, che riduce la frequenza delle onde elettriche cerebrali del lobo parietale superiore
posteriore (livello conscio) e fa aumentare le onde alfa e theta, che contribuiscono ad abbassare il livello di
cortisolo; praticare il rilassamento che stimola la naturale capacità di autoregolazione delle cellule.
Riducendo le tensioni, il rilassamento profondo migliora la circolazione e l’equilibrio ormonale stimolando i
processi di guarigione.
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La consapevolezza intenzionale (la mindfulness)
Il rapporto tra il nostro organismo (mente e corpo) e l’ambiente esterno avviene tramite le sensazioni
corporee, psicologiche e spirituali. Dirigendo intenzionalmente la nostra attenzione all’esperienza possiamo
essere consapevoli di ciò che ci accade, eliminando automatismi e una vita distratta. La persona
“consapevole” riesce ad osservare queste reazioni senza esserne travolta. Così la vita diviene più vibrante,
creativa e chiara.
Le informazioni provenienti dal mondo esterno vengono registrate attraverso i nostri otto sensi (D. Siegel,
2009):
- i primi cinque (vista, udito, olfatto, tatto e gusto) ci mantengono in contatto con l’ambiente
circostante
- il sesto, la propriocezione, ci informa sullo stato interno del nostro corpo,
- il settimo, la vista della mente, ci permette di dirigere l’attenzione sui pensieri,
- l’ottavo senso, la risonanza emotiva, ci permette di relazionarci con gli altri (vicinanza emotiva e
sentimento di sicurezza) e di sentirci parte di un tutto più grande.
Gli esercizi di respirazione diaframmatica, di meditazione, di rilassamento ci permettono di avere una
visione più chiara di noi stessi, della nostra identità, di consentire un riequilibrio fisiologico della
funzionalità dei vari organi somatici, di riequilibrare la reattività emotiva, di creare le condizioni per un
ripristino dell’attività “bionomica” dell’unità psiche-soma.
Le tecniche di rilassamento, e in particolare il Training Autogeno, contribuiscono al recupero del benessere,
attraverso una normalizzazione delle funzioni somatiche, un alleggerimento dei pensieri disturbanti, una
modulazione positiva degli stati emotivi, una visione di sé rispondente al proprio progetto esistenziale, una
recuperata fiducia e sicurezza interiore, una facilitazione della regolazione dell’ansia e della riparazione di
aspetti patologici del Sé.
I benefici del Training Autogeno in patologie gravi
“Studio pilota quantitativo e qualitativo sugli effetti del Training Autogeno in un gruppo di pazienti di
cancro” S. WRIGHT – U. COURTNEY – D. CROWTHER, ARC Cancer Support Centre, Dublino, Irlanda, 2002,
pubblicato in European Journal of Cancer Care (Engl) 2002 Jun; 86 (16).
Lo studio ha l’intento di validare, in un contesto irlandese, l’efficacia del Training Autogeno come terapia
complementare in pazienti oncologici. Una riduzione di arousal (reattività ad uno stimolo) e dell’ansia può
aiutare gli individui a percepire la loro realtà circostante come meno ostile e minacciosa, con
miglioramento della percezione dell’abilità di fronteggiamento.
I risultati hanno indicato una significativa riduzione dell’ansia e un aumento dello “spirito di
combattimento” dopo un confronto con la situazione precedente al Training Autogeno, con un migliorato
senso di coping (capacità di reazione) e un miglioramento dello stato di rilassamento con la pratica del
Training Autogeno.
“Studio randomizzato sugli effetti del Training Autogeno in pazienti di cancro allo stadio iniziale in relazione
allo stato psicologico e alle risposte del sistema immunitario” M. HIDDERLEY e M. HOLT presso Southern
Derbyshire Acute Hospitals NHS Trust, Regno Unito, 2004, pubblicato in European Journal of Oncology
Nursing (Eur J Oncol Nurs), 2004 Mar; 8(1).
Furono studiate 31 donne con cancro allo stadio iniziale sottoposte ad intervento chirurgico di asportazione
della massa tumorale (lumpectomy) e a radioterapia. Le donne furono suddivise in due gruppi. Il Gruppo 1
ricevette solo una visita domiciliare. Il Gruppo 2 ricevette una visita domiciliare e un trattamento
settimanale di Training Autogeno per due mesi.
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L’incidenza dei marcatori tumorali rimasero invariati nelle donne che non furono sottoposte a Training
Autogeno. Le donne che hanno praticato il TA mostrarono una forte differenza statistica per un
miglioramento dei loro risultati rispetto all’ansia e alla depressione. Nelle donne che ottennero uno stato
meditativo come effetto del rilassamento fu scoperto un aumento delle risposte immunitarie (T e B cell
markers).
“Ricerca sugli effetti dell’ipnosi sul sistema immunitario in pazienti con cancro al seno” KD HUDACEK,
School of Medicine University of Pennsylvania, Philadelphia, USA, 2007, pubblicato in International Journal
of Clinical and Experimental Hypnosis (Int J Clin Exp Hypn.) 2007 Oct; 55(4).
Sono stati effettuati due studi per stimare gli effetti dell’ipnosi e del Training Autogeno sul sistema
immunitario in pazienti con cancro al seno in stadio iniziale. Furono valutati:
un esperimento che propose alle pazienti una terapia con visualizzazioni guidate in stato ipnotico
un esperimento che propose alle partecipanti visite domiciliari e Training Autogeno.
Entrambi gli studi mostrarono un miglioramento nella depressione e un incremento delle cellule killer
naturali (natural killer – NK) dopo due mesi di trattamento.
Sistemi di vita e benessere
Tutta la vita si sviluppa ed evolve nell’ambito di una unità universale dell’essere che include una gerarchia
intrinseca di sistemi adattivi complessi: il genoma umano opera nel contesto della cellula, la cellula nel
contesto dell’organismo, l’organismo nel contesto del Sé, il Sé nel contesto della società, la società nel
contesto del cosmo.
In accordo con le più attuali ricerche neuroscientifiche dobbiamo considerare che nel nuovo paradigma di
riferimento natura e cultura non sono più in antitesi, ma si armonizzano in un rapporto circolare e
integrato.
“Ogni persona è un insieme unificato composto da corpo, mente e spirito e ogni persona è una parte
inseparabile di un ordine cosmico onnicomprensivo. Ogni persona è una parte definita ma inseparabile di
un insieme infinito e comprensivo all’interno del quale essa cresce nella consapevolezza. Da questa
prospettiva, la vita può essere riconosciuta come una esplorazione di infinite possibilità. Lo scopo della vita
può essere descritto come l’apprendimento di ciò che è maggiormente adattivo mediante l’esplorazione
approfondita di tutte le possibilità” (Cloninger, 2006).
Bibliografia
Daniel J. Siegel, The mindful therapist: a clinician's guide to mindsight and neural integration, W.W. Norton
& Company, New York, 2010. www.drdansiegel.com
Daniel J. Siegel, Mindfulness e cervello, Raffaello Cortina Ed., 2009
Michael S. Gazzaniga, Human. Quel che ci rende unici, Raffaello Cortina Editore, 2009
Allan N. Schore, La regolazione degli affetti e la riparazione del Sé, Astrolabio, Roma, 2008.
www.allanschore.com
Vincent C. Giampapa-Ascanio Polimeni, Il fattore genetico, Sperling & Kupfer, Milano, 2008.
www.dnaresearch.it
Vittorio Grecchi, Psicoterapia e neuroscienze, 2° ed., Ed. Guerini e Ass., Milano, 2007
Roberto Baruzzo, L’autoregolazione del Sé: la possibile integrazione tra le neuroscienze e la Psicoterapia
Autogena, in Psyche Nuova, Cisspat, Padova, 2007. www.studiobaruzzo.it
C. Robert Cloninger, Sentirsi bene. La scienza del benessere, CIC Edizioni Internazionali, Roma, 2006.
www.wuphysicians.wustl.edu e www.anthropediafoundation.org
www.studiobaruzzo.it
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