2. PROPRIETÀ COGNITIVE DEL SISTEMA MOTORIO NELLA CORTECCIA CEREBRALE Leonardo Fogassi doi: 10.7359/746-2015-foga 2.1.Il ruolo primario dell’azione nella cognizione Il filosofo e psicologo americano William James scriveva: «Ogni rappresentazione mentale di un movimento risveglia a qualche livello l’effettivo movimento che ne costituisce l’oggetto» (1890). Nelle ultime tre decadi la ricerca neuroscientifica ha gettato le basi per comprendere a fondo il modo in cui il cervello elabora e controlla le rappresentazioni di movimenti e azioni, portando anche ad un superamento della dicotomia classica tra processi percettivi, cognitivi e motori. Credo che i nuovi concetti che emergono da questi studi creino anche vaste possibilità di interazione con varie discipline non neurologiche, e in particolare con il mondo della pedagogia e dello sport, e ritengo che l’indagine scientifica ci aiuti a riflettere su svariati aspetti presenti in questi ambiti. Il punto centrale di questo manoscritto è, come credo sia evidente dalle premesse, il fatto che il sistema motorio è fondamentale per la nostra vita e la nostra comprensione del mondo. È probabilmente più immediato e ovvio pensare che siano le informazioni sensoriali a costruire la nostra conoscenza del mondo, o che comunque esse siano essenziali per tale conoscenza. Questa idea era massimamente presente nel pensiero degli empiristi del XVII secolo, ma in realtà anche i neurofisiologi e gli psicologi della seconda metà del secolo scorso avevano una visione simile. L’idea prevalente era che il cervello di un individuo prima di tutto eseguirebbe un processo di elaborazione sensoriale sempre più elevato, per giungere a ciò che chia79 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Leonardo Fogassi miamo percezione. Il frutto di questa elaborazione sarebbe poi utilizzato dal lobo frontale, che si incaricherebbe di eseguire un’azione sulla base di quanto è stato percepito. Ad esempio, quando osserviamo un oggetto, il nostro sistema visivo capta tutte le informazioni da esso provenienti e ci restituisce, a livello cerebrale, una rappresentazione di quell’oggetto, che si associa ad una semantica e ad una sua descrizione verbale. Tutto questo avviene nella porzione posteriore della corteccia cerebrale, che costituirebbe perciò, sempre secondo la concezione classica, il «cervello che sa», mentre la parte anteriore, quella motoria, sarebbe il «cervello che fa». È chiaro che questa visione si basa soprattutto su un flusso unidirezionale dell’informazione. Tuttavia tutta una serie di studi, da trent’anni a questa parte, ci dicono che le cose non stanno esattamente così. Si tratta di studi neuroanatomici, neurofisiologici e comportamentali. La conclusione a cui si giunge in base ad essi è che il compito principale del nostro sistema motorio non è quello di comandare l’esecuzione dei movimenti. Certamente, quando io voglio muovermi, la porzione motoria della mia corteccia celebrale fa partire un comando e attraverso vari passaggi questo viene eseguito e si trasforma in un movimento; ma ciò non vuol dire che questo sia il compito principale del nostro sistema motorio. Il primo punto importante riguarda gli aspetti neuroanatomici. Ormai da molti anni le tecniche neuroanatomiche permettono, negli animali, di tracciare delle precise connessioni tra strutture cerebrali, tra cui anche quelle tra aree differenti della corteccia cerebrale (proiezioni corticocorticali). Tramite queste metodiche si è dimostrato che ogni suddivisione della corteccia frontale motoria ha connessioni reciproche con specifiche aree appartenenti alla corteccia parietale posteriore (Rizzolatti & Luppino, 2001). Queste connessioni permettono la costituzione di altrettanti circuiti parieto-frontali, coinvolti in importanti funzioni di integrazione sensorimotoria, cioè quei processi fondamentali che permettono di trasformare le informazioni sensoriali in atti motori appropriati. Ad esempio uno di questi circuiti permette di trasformare le informazioni visive riguardanti gli oggetti in corrispondenti atti di prensione specifici per quegli oggetti, in modo da guidare visivamente la prensione. L’aspetto della reciprocità anatomica presente in questi circuiti è importante, perché mette in discussione la vecchia concezione seriale riportata precedentemente: se le connessioni sono reciproche, il flusso di informazioni viaggia nei due sensi. Ciò ha fatto pensare che la distinzione netta tra aree posteriori responsabili della percezione e aree anteriori per l’azione può essere considerata artificiale. In altre parole si può ipotizzare, sulla base di questi dati, che azione e percezione siano di fatto ampiamente integrate, e che questa integrazione avvenga sia nella corteccia parietale che in quella frontale. 80 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale 2. Proprietà cognitive del sistema motorio nella corteccia cerebrale Il secondo punto riguarda lo studio elettrofisiologico dei singoli neuroni. Esso permette di vedere come ogni singolo neurone risponde in correlazione con un particolare evento, sia esso sensoriale o motorio. In particolare lo studio dei neuroni della corteccia parietale e frontale ci ha permesso di arrivare ad una nuova concettualizzazione delle funzioni del sistema motorio. Ad esempio, nella corteccia premotoria della scimmia la maggior parte dei neuroni si attiva in relazione agli scopi dei nostri atti motori (Rizzolatti et al., 2004). Per esempio, vi sono neuroni che rispondono quando una scimmia prende un pezzetto di cibo con la mano destra, con la sinistra o con la bocca, cioè con tre parti corporee (effettori) molto diverse tra loro. Per quanto questi effettori siano diversi, agiscono con lo stesso scopo: afferrare. Cioè il cervello contiene il concetto generale di afferramento, indipendentemente dal modo in cui esso poi esso verrà eseguito. Quindi i neuroni della corteccia motoria ci dicono gli scopi del nostro agire, che consistono nell’afferramento, ma anche nella manipolazione, nello spezza­ mento di un oggetto, nel tenerlo in mano. Questi neuroni non servono direttamente per muovere, ma per rappresentare qualcosa di più astratto del movimento, cioè lo scopo. Il fatto che esistano nella corteccia cerebrale queste rappresentazioni degli scopi degli atti motori è importante perché di fatto costituisce un’attività mentale. Infatti è stato osservato, mediante esperimenti di neuroimmagine sull’uomo, che quando immaginiamo di fare un atto motorio, senza però realmente eseguirlo, si attivano comunque le nostre aree premotorie (Roland et al., 1980). Il fatto che ci siano dei neuroni che rappresentano degli scopi motori è importante innanzitutto per l’organizzazione motoria. Infatti è molto più economico codificare gli scopi che non le combinazioni di movimenti. I primi, infatti, sono in numero limitato, le seconde sono potenzialmente infinite. Ma la scoperta di questi neuroni porta anche ad una rivoluzione nella concettualizzazione del modo in cui l’attività cerebrale è organizzata. In un certo senso si potrebbe dire che il sistema motorio è più originario di quello sensoriale, rappresenta la nostra conoscenza in «prima persona». Da questo punto di vista è molto interessante ciò che viene evidenziato da studi ecografici ad alta definizione che sono andati ad esaminare i movimenti fetali durante varie settimane di gravidanza (Zoia et al., 2007). Essi dimostrano che un feto di 22 settimane ha già un vasto repertorio di movimenti; per esempio le due mani interagiscono tra loro o la mano viene portata verso il viso o la bocca, ecc. Inoltre gli autori di questi studi hanno registrato la cinematica di questi movimenti, scoprendo che hanno delle caratteristiche molto simili a quelle dell’adulto. Ciò vuol dire che quando nasciamo abbiamo già una conoscenza motoria. Tale previa conoscenza ci permette, appena nati, di esplorare lo spazio, di afferrare gli oggetti che ci vengono messi a disposizione, e così via. In altre 81 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Leonardo Fogassi parole il nostro patrimonio motorio ci permette di interpretare il mondo, e questo aspetto ha molte implicazioni per il modo in cui apprendiamo. Pensiamo alla scuola: noi impariamo agendo ed è il primo modo in cui apprendiamo in prima persona; altri modi di conoscenza sono delle strategie differenti per apprendere. Riassumendo gli studi neurofisiologici degli ultimi trent’anni sui neuroni motori, potrei usare una metafora: nel nostro sistema motorio cerebrale esiste un vocabolario di atti motori. Vuol dire che abbiamo una memoria all’interno del nostro cervello: un magazzino di conoscenze che ci permette di conoscere lo spazio intorno a noi e gli oggetti. Vedremo successivamente come questo stesso concetto si può applicare alla conoscenza del mondo biologico. A questo punto del ragionamento sembra quasi che l’informazione sensoriale sia diventata secondaria. In realtà questo non è vero, ma durante l’ontogenesi tale informazione, soprattutto quella visiva, serve per validare ciò che abbiamo conosciuto secondo delle categorie motorie. In altre parole il sistema visivo, che nel bambino alla nascita deve ancora svilupparsi completamente, una volta completato, ci permette di collegare e confrontare gli elementi del mondo visivo con quello che già sa su base motoria. 2.2. Comprendere le azioni degli altri: il sistema specchio Il sistema di rappresentazioni motorie contenuto nella nostra corteccia cerebrale non serve solo per l’interpretazione degli oggetti e dello spazio, ma viene applicato anche al riconoscimento del comportamento degli altri. Sappiamo bene che chiunque guarda uno sport è capace di immedesimarsi in ciò che sta vedendo, anzi a volte si nota che gli osservatori di gare sportive (p. es. calcio e pugilato) si muovono, utilizzando probabilmente gli stessi muscoli degli atleti che stanno guardando. È interessante ricordare che osservazioni simili sono riportate da Adams Smith più di due secoli fa, parlando ad esempio dei movimenti degli astanti durante l’osservazione della performance dei funamboli (Smith, 1976). Adesso queste osservazioni trovano un riscontro a livello neuronale. Un altro esempio, appartenente ad un altro dominio, della nostra capacità di riconoscere il comportamento altrui, è quello del riconoscimento delle emozioni: quando osserviamo una espressione emotiva di un altro siamo capaci di comprendere lo stato d’animo che l’altro sta provando. Qual è il meccanismo che ci permette di capire, in maniera automatica e rapida, ciò che fanno gli altri? Esso è rappresentato dal sistema dei 82 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale 2. Proprietà cognitive del sistema motorio nella corteccia cerebrale neuroni specchio, che si trovano all’interno del sistema motorio. I neuroni specchio sono neuroni, scoperti nella corteccia della scimmia (Gallese et al., 1996), che si attivano quando essa compie un atto finalizzato (p. es. afferrare un oggetto) e quando osserva un altro individuo (un’altra scimmia o un uomo) compiere lo stesso atto. Questi neuroni non rispondono né alla presentazione del solo oggetto, né quando l’atto motorio viene mimato dallo sperimentatore. Quindi per attivarli è necessaria l’osservazione dell’interazione tra un effettore biologico (mano o anche bocca) e un oggetto, in altre parole di un atto finalizzato. Che questi neuroni riconoscano lo scopo di ciò che viene osservato lo si è dimostrato studiandoli in una condizione in cui parte dell’atto osservato è nascosto dietro uno schermo (Umiltà et al., 2001). In questa condizione alla scimmia da cui si sta registrando l’attività neuronale si fa vedere un oggetto posto su un tavolino. Poi viene introdotto uno schermo che copre l’oggetto e, immediatamente dopo, uno sperimentatore, anch’egli di fronte alla scimmia, va ad afferrare l’oggetto, ma la scimmia vede solo l’inizio dell’atto, perché l’afferramento vero e proprio si compie dietro lo schermo. La sorpresa di questo esperimento è che il neurone specchio si attiva anche dopo che la mano è scomparsa dietro lo schermo, cioè quando la scimmia può solo immaginare che l’afferramento avvenga. Questa risposta non è magica, anzi corrisponde proprio a quello che noi penseremmo se ci trovassimo in quella situazione, e cioè che l’individuo osservato sta andando a prendere l’oggetto nascosto. Si tratta di una operazione mentale, perché per capire ciò che accade bisogna mantenere la memoria dell’oggetto che non si vede più e ricostruire internamente quella parte del gesto che viene oscurata. Come riusciamo a operare questa ricostruzione? Lo possiamo fare in quanto utilizziamo la rappresentazione mentale dell’afferramento, che fa parte di quel magazzino motorio precedentemente menzionato. Un altro chiaro esempio di come i neuroni specchio ci permettono di interpretare lo scopo degli atti degli altri è rappresentato dai neuroni specchio audiovisivi. Infatti, alcuni atti motori (p. es. spezzare un oggetto, manipolare degli oggetti, stappare una bottiglia) provocano un rumore. Si è visto che una categoria particolare di neuroni specchio si attiva sia quando la scimmia osserva l’atto motorio e ne sente il rumore, sia quando può solo sentirne il rumore, perché la vista è occlusa (Kohler et al., 2002). Questi neuroni quindi sono capaci di attivare la rappresentazione motoria di un atto anche solo su base acustica. Naturalmente perché questa rappresentazione si attivi è necessario che connessioni anatomiche intracorticali permettano all’informazione acustica di raggiungere il sistema motorio. Dopo i primi studi eseguiti sulla corteccia premotoria frontale della scimmia, si è visto che i neuroni specchio esistono anche nel lobo parietale 83 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Leonardo Fogassi (Fogassi et al., 2005; Rozzi et al., 2008), per cui adesso si può parlare di un sistema specchio parieto-frontale. In tempi recenti (circa due decadi) sono state introdotte delle tecniche (per esempio la risonanza magnetica funzionale) che ci hanno permesso di dimostrare l’esistenza di un sistema specchio anche nell’uomo. Ormai molti studi di neuroimmagine mostrano che anche nel cervello umano esiste questo tipo di circuito parieto-frontale, verosimilmente omologo a quello della scimmia, che ci permette di capire, nella vita quotidiana, quello che stanno facendo gli altri (Caspers et al., 2008; Cattaneo & Rizzolatti, 2009; Molenberghs, Cunnington, & Mattingley, 2012). Nell’uomo non abbiamo, in condizioni normali, la possibilità di registrare l’attività di singoli neuroni, ma piuttosto quella di popolazioni neuronali. Tuttavia la conoscenza del meccanismo «specchio» che ci deriva dallo studio di singoli neuroni nella scimmia, ci indica che l’attività neuronale inizia contemporaneamente all’osservazione degli atti altrui, facendo quindi ipotizzare che la comprensione che ne deriva sia immediata. Non abbiamo quindi bisogno di inferenze (che normalmente richiedono più tempo) per capire il significato di ciò che gli altri fanno. Anche se già la scoperta del meccanismo specchio nella scimmia faceva intuire che esso potesse essere alla base di svariate capacità sociali, a maggior ragione questo è valido anche nell’uomo. Le ricerche successive a quelle che hanno dimostrato l’attivazione cerebrale durante l’osservazione di azioni, hanno investigato proprietà cognitive sociali come l’imitazione, la comprensione delle intenzioni altrui e quella delle emozioni. Le ricerche sull’imitazione hanno mostrato che il sistema specchio si attiva anche e maggiormente durante l’imitazione di azioni nuove (Buccino et al., 2004). Quelle sulla comprensione intenzionale hanno evidenziato che il sistema specchio è in grado di rivelare non solo lo scopo dell’atto motorio osservato, ma anche lo scopo finale di azioni complesse eseguite da altri (Fogassi et al., 2005; Iacoboni et al., 2005; Bonini et al., 2010). Lo studio della comprensione delle emozioni è particolarmente interessante perché conferma la concettualizzazione proposta, riguardante il ruolo centrale del sistema motorio, estendendo questo concetto anche al circuito emozionale che, di per sé, si estrinseca non solo come azioni, ma anche come effetti viscerali (p. es. variazione del battito cardiaco, della respirazione, liberazione di adrenalina, ecc.). Anche qui lo studio comportamentale ci dice che noi comprendiamo le emozioni, gli stati d’animo altrui dalle espressioni facciali (Ekman, 1992). Il risultato più interessante degli studi sull’osservazione di stati emotivi è che quando proviamo un’emozione, per esempio di disgusto, e quando osserviamo l’espressione disgustata di un altro, c’è una sovrapposizione delle aree attivate nelle due condizioni (Wicker et al., 2003). La stessa cosa accade se ad esempio proviamo dolore 84 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale 2. Proprietà cognitive del sistema motorio nella corteccia cerebrale o sappiamo che un altro sta provando lo stesso dolore (Singer et al., 2004). Anche in questo caso si attivano aree corticali simili. In genere queste aree comprendono la corteccia del cingolo, che è sempre stata inclusa nei circui­ ti emozionali, e la corteccia dell’insula, già ritenuta importante in relazione agli stati affettivi. In aggiunta si sa che l’insula può controllare numerose reazioni visceromotorie, quali l’accelerazione cardiaca, il ritmo pressorio, le dinamiche dell’apparato gastroenterico. Quindi si possono trarre due conclusioni da questi dati. Primo, per comprendere ciò che provano emotivamente gli altri attiviamo le stesse aree cerebrali che si attivano quando siamo noi a provare quelle stesse emozioni: si tratta cioè di un meccanismo specchio. Secondo, anche in questo caso la rappresentazione su cui mappiamo il comportamento altrui è motoria, cioè visceromotoria. Quindi, anche nel caso del riconoscimento delle emozioni viene confermata la regola che una conoscenza di tipo motorio viene utilizzata per interpretare il comportamento dell’altro. 2.3. La plasticità cerebrale e la sua rilevanza applicativa È ormai ben noto che il nostro cervello è plastico, cioè possiede un’elevata capacità di modificarsi con l’apprendimento e con l’esperienza. Tale capacità non è solo del bambino, dove peraltro i cambiamenti sono più veloci e più ampi, ma persiste anche nell’individuo adulto. Numerosissimi studi hanno dimostrato la plasticità del sistema nervoso in relazione all’apprendimento direttamente a livello biochimico, studiando gli invertebrati (vd. Hawkins, Kandel, & Siegelbaum, 1993) e poi i vertebrati (Malinow & Tsien, 1990). Questi studi ci forniscono informazioni fondamentali sui meccanismi funzionali e sulle modificazioni anatomiche che intervengono quando un organismo vivente apprende e memorizza l’apprendimento. Dato che, da una parte, le modalità di apprendimento degli animali (abitudine, sensibilizzazione, condizionamento, insight) sono le stesse che avvengono anche nell’uomo e, dall’altra, il macchinario neuronale che viene utilizzato è anch’esso comune a tutte le specie, si può ipotizzare che la plasticità del cervello umano possa derivare da questi meccanismi. Queste considerazioni sono molto importanti, a mio parere, se le mettiamo in relazione alla ricchezza dei fenomeni di apprendimento che avvengono in campo educativo e in campo sportivo. La plasticità nell’uomo si può studiare all’interno di vari sistemi, sia sensoriali che motori. Nella scimmia sono famosi gli esempi di plasticità dimostrabili nello sviluppo del sistema visivo (Hubel, Wiesel, & LeVay, 1977) o nel sistema somatosensoriale (Buonomano & Merzenich, 1998). Nell’uomo 85 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Leonardo Fogassi vi sono diversi studi che mostrano come il sistema motorio possa modificare le sue rappresentazioni a seguito dell’apprendimento. Per esempio, un semplice esercizio consistente in sequenze di opposizioni delle dita per un tempo breve (anche pochi minuti) modifica in modo molto rapido la rappresentazione della mano della corteccia motoria (Karni et al., 1998). Si può immaginare quindi come l’acquisizione di un’abilità sportiva vada di pari passo con una modifica delle rappresentazioni motorie. A sua volta questo determina anche delle modifiche nelle nostre capacità di comprendere il comportamento altrui. Infatti si è visto che la plasticità è resa evidente anche nel sistema specchio, come è dimostrato da interessanti studi sull’attività cerebrale di ballerini esperti durante l’osservazione. In un primo studio di neuroimmagine (Calvo-Merino et al., 2005) era stato arruolato un gruppo di ballerini di danza classica, uno di danza latino-americana e un gruppo di controllo che non aveva esperienza di entrambe le danze. I soggetti di tutti e tre questi gruppi dovevano osservare due tipi di video: uno di questi mostrava dei passi di danza classica, l’altro dei passi di capoeira. È emerso che, innanzitutto, il sistema specchio parieto-frontale si attivava in tutti e tre i gruppi, ma l’attivazione era maggiore nei due gruppi di esperti. Ancora più interessante era il fatto che sia nei ballerini di danza classica che nei ballerini di danza latino-americana l’attivazione delle aree del sistema specchio era maggiore quando osservavano il proprio tipo di danza, mentre nei non esperti l’attivazione cerebrale non differiva nelle due condizioni. Questo significa che se abbiamo esperienza motoria di una determinata disciplina (che ha già determinato una modificazione plastica del nostro cervello) essa guida anche la nostra migliore comprensione del comportamento degli altri, quando eseguono lo stesso tipo di disciplina. Noi quindi comprendiamo le azioni degli altri attraverso il nostro repertorio motorio di base. A livello di studi comportamentali si è potuto dimostrare che la conoscenza motoria acquisita da uno sportivo nella sua disciplina gli permette di comprendere meglio e prima del non esperto cosa sta per fare un suo collega. In uno studio sono stati arruolati esperti giocatori di basket, giornalisti sportivi specializzati nel basket e non esperti (Aglioti et al., 2008). Come si può prevedere, queste conoscenze aprono immediatamente anche all’ambito applicativo. Ci si può chiedere ad esempio se attività didattiche che coinvolgano l’aspetto motorio possano costituire un nuovo punto di partenza per un percorso educativo. Ugualmente, nell’ambito sportivo, l’approfondimento di quali siano i meccanismi che intervengono nell’apprendimento per osservazione possono essere di valido aiuto per impostare determinati allenamenti. In questi anni si è cominciato a dimostrare che le capacità plastiche del nostro sistema cerebrale motorio possono essere sfruttate mediante terapie 86 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale 2. Proprietà cognitive del sistema motorio nella corteccia cerebrale basate sull’osservazione dell’azione e volte a riabilitare pazienti colpiti da ictus, che presentano un deficit motorio. Sono stati condotti ad esempio studi pre- e post-terapia con protocolli della durata di tre settimane, dove pazienti con paresi dovevano guardare e ripetere azioni di vita quotidiana; si è visto che le loro performances motorie miglioravano molto dopo la terapia, e le indagini cerebrali hanno dimostrato che le aree del sistema specchio si attivavano di più dopo la terapia (Ertelt et al., 2007). Questa dimostrazione ci conferma che il miglioramento, osservabile a livello comportamentale e quantificabile mediante riconosciute scale funzionali, si accompagna a processi di plasticità cerebrale. Recentemente, uno studio italiano multicentrico ha mostrato che questo tipo di riabilitazione si può avere anche in bambini con paralisi cerebrale infantile anch’essi sottoposti alla osservazione e riproduzione di azioni di complessità crescente per tre settimane (Sgandurra et al., 2013). 2.4.Un esempio di utilizzazione del meccanismo specchio in un altro dominio: la comprensione del linguaggio Il linguaggio è un tema enorme e complesso, e si potrebbe pensare che non abbia nulla a che fare con il meccanismo specchio, anche perché una scuola di pensiero molto influente ha sostenuto che non vi possano essere elementi di continuità tra linguaggio umano e altri comportamenti appartenenti ai nostri antenati primateschi. Nella sua versione modificata (Hauser, Chomski, & Fitch, 2002) è stato proposto che nel linguaggio c’è un nocciolo duro non riconducibile ad altri domini animali, la cosiddetta funzione linguistica in senso stretto, in cui il principio di recursività costituisce il principio fondamentale. Tuttavia, se confrontiamo le aree del sistema motorio della scimmia e dell’uomo notiamo molte omologie, sia anatomiche che funzionali. Una di queste è l’omologia tra una parte della corteccia premotoria ventrale della scimmia (dove si trovano i neuroni specchio) e l’area di Broca nell’uomo, che è implicata nella produzione linguistica (vd. Fogassi & Ferrari, 2007). Come prima menzionato, l’area di Broca si attiva quando osserviamo atti fatti dagli altri, non solo con la bocca, ma anche con la mano, e anche quando questi atti vengono eseguiti da noi stessi (Buccino et al., 2001; Iacoboni et al., 1999). Una serie di esperimenti sul linguaggio ci dicono che quando ascoltiamo gli altri che stanno parlando è come se tutto il nostro sistema motorio entrasse in risonanza. In altre parole, quando ascoltiamo parole e frasi dette da altri, entriamo in risonanza attivando quella parte del sistema motorio che ci serve per produrre quelle stesse parole e frasi. 87 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale Leonardo Fogassi Vi faccio due esempi che confermano tale attivazione. Il primo è uno studio di stimolazione magnetica transcranica (TMS) (Fadiga et al., 2002). Brevemente, la TMS consiste in uno stimolo magnetico dato sullo scalpo di un soggetto in condizioni di riposo o mentre quest’ultimo sta svolgendo un compito. Ad esempio, dando uno stimolo magnetico a livello della corteccia motoria di una persona, si vede comparire un brusco movimento di una parte del corpo, nel lato opposto a quello di stimolazione. Più specificamente, se dò uno stimolo sopra la zona di rappresentazione motoria della lingua, posso evocarne il movimento. Se lo stimolo è applicato alla stessa zona, ma in modo subliminale, non si osserva nessuna contrazione della lingua. Cosa accade, in quest’ultima condizione, se il soggetto stimolato sta ascoltando una parola contenente una sillaba che, se pronunciata, determinerebbe una forte attivazione dei muscoli della lingua? Accade che lo stimolo subliminale questa volta evoca il movimento della lingua specifico per quella sillaba, verosimilmente perché l’effetto subliminale dello stimolo si è sommato a quello fisiologico determinato dall’ascolto di un fonema che il soggetto sarebbe in grado di pronunciare. Questo stesso studio, oltre a dimostrare che durante l’ascolto di parole avviene nel nostro sistema motorio una risonanza fonologica, ha anche rivelato un’attivazione correlata alla semantica. Infatti l’ascolto di parole provoca un’attivazione dei muscoli della lingua maggiore dell’ascolto di pseudoparole. Il secondo esempio è tratto da uno studio di risonanza magnetica funzionale. Quando dei soggetti ascoltano frasi con verbi di azione, ad esempio «afferra la palla», «mangia la mela», «premi il pedale», fatti con la mano, la bocca e il piede, rispettivamente, si «accendono» regioni motorie della corteccia cerebrale che si riferiscono alle diverse parti del corpo implicate nelle frasi d’azione ascoltate (Tettamanti et al., 2005). Cioè quando noi ascoltiamo del materiale verbale che attiene ad aspetti che richiamano l’azione si attivano quelle zone che usiamo quando intraprendiamo queste azioni: è una risonanza diretta. Noi pensiamo che parte della comprensione del linguaggio avvenga perché le informazioni di tipo acustico vengono confrontate con quelle parti del nostro sistema motorio che ci permettono di produrre questo stesso materiale verbale. In conclusione, credo che gli studi neuroscientifici qui descritti possano far intuire che il sistema motorio cerebrale, lungi dall’essere un sistema semplicemente esecutivo, è anche un sistema cognitivo, che ci permette di conoscere vari aspetti del mondo, tra cui quelli sociali. Questo tipo di comprensione, molto più rapida di quella basata sul ragionamento e sull’inferenza, si può rivelare, se incentivata, di estrema importanza come mezzo pedagogico, di allenamento e di riabilitazione. 88 La bussola della mente funzionale. Dal corpo intelligente al sé operativo - A cura di M. Bonali, L. Stefanini e A. Antonietti - Milano, LED, 2015 http://www.ledonline.it/ledonline/746-bussola-mente-funzionale 2. Proprietà cognitive del sistema motorio nella corteccia cerebrale 2.5.Riferimenti bibliografici Aglioti, S.M., Cesari, P., Romani, M., & Urgesi, C. (2008). Action anticipation and motor resonance in elite basketball players. Nature Neuroscience, 11, 11091116. Bonini, L., Rozzi, S., Ugolotti Serventi, F., Simone, L., Ferrari, P.F., & Fogassi, L. (2010). Ventral premotor and inferior parietal cortices make distinct contribution to action organization and intention understanding. Cerebral Cortex, 20, 1372-1385. Buccino, G., Binkofski, F., Fink, G.R., Fadiga, L., Fogassi, L., Gallese, V., Seitz, R.J., Zilles, K., Rizzolatti, G., & Freund, H.J. (2001). Action observation activates premotor and parietal areas in a somatotopic manner: An fMRI study. European Journal of Neuroscience, 13, 400-404. Buccino, G., Vogt, S., Ritzl, A., Fink, G.R., Zilles, K., Freund, H.J., & Rizzolatti, G. (2004). Neural circuits underlying imitation of hand actions: An event related fMRI study. 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