Neuroni-mirror ed attività motoria

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Neuroni-mirror ed attività motoria
Scritto da Lanfranco Rosati
Si assiste, pressoché quotidianamente, a prese di posizione talora rigide talaltra dialoganti tra
scienze naturali e scienze umane. Le prime, ovviamente, insistono sulla natura biologica di certi
processi di conoscenza che connotano lo sviluppo umano, collegando in maniera reciproca
percezione, cognizione e azione. Le seconde, per converso, attribuiscono ogni processo
intellettuale, di qui il nome di scienze cognitive, al funzionamento della mente che, di fatto,
illumina il mondo della vita del quale facciamo costantemente esperienza e che diviene tale
proprio in quanto rischiarata dall’idea.
C’è, nella seconda accezione qui accreditata, né peraltro facilmente smentibile, il peso della
tradizione cartesiana che appellandosi al dualismo classico media e integra le due dimensioni
della nostra natura, quella cioè immediatamente palpabile e concreta, appunto l’esperienza, e
quella astratta e concettuale che è il pensiero, tanto è vero che si è andata radicalizzando la
dialettica tra neuroscienze e filosofia, entrambe impegnate, sul piano antropologico a
legittimarsi per definire i grandi temi della coscienza e dell’anima.
La querelle, tutto sommato, può essere accettata senza essere risolta in un modo o nell’altro,
perché non è assolutamente necessario pervenire ad una combinazione unitaria. Tuttavia è su
questo terreno che la ricerca scientifica finisce per scardinare ogni concezione pacifica,
assegnando alle neuroscienze una parte di rilievo, sul piano dell’antropologia pedagogica, che
lascia emergere con la solidarietà totale dei processi di conoscenza, una parte di rilievo giocata
dalla attività motoria che è poi quella che determina l’azione. Così percezione, cognizione,
motricità appaiono funzionali nel comportamento umano e generano quelle relazioni
interpersonali che chiamiamo socialità.
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Scritto da Lanfranco Rosati
Il problema nasce dalla controversia tra intersoggettività e sviluppo cognitivo. Si comprende
come fin dalla più tenera età la relazione, fondata sulla consonanza affettiva, faccia dipendere il
bambino dalla madre, o dall’adulto in genere, per poi gradatamente allentare il vincolo di
dipendenza e giungere alla piena autonomia. Va ricordato, al riguardo, che alla base di questa
relazione, la cui componente emozionale è rafforzata dagli studi sull’intelligenza emozionale di
D. Goleman, Pestalozzi aveva posto la fiducia, sentimento emergente nel bambino all’atto di
vivere in simbiosi con la madre, comunque indispensabile per la conquistata autonomia
personale, alimentata dal sentimento religioso. Ad ogni modo quello che oggi si deve dire è che
gli studi sul cervello hanno aperto altri orizzonti alla ricerca facendo sì che acquisti
un’importanza fondamentale il sistema motorio, fino a ieri relegato a mero strumento per
tradurre in movimenti le risposte che il sistema cognitivo andava elaborando. Quantunque sia
vero che i sistemi sensoriali registrano i dati che poi i sistemi cognitivi interpretano, è altrettanto
vero, ed è rivoluzionaria questa scoperta, che i neuroni mirror permettono di riconoscere
l’azione compiuta dal cervello e stabiliscono un nuovo e più fecondo rapporto con la percezione
e gli stessi processi cognitivi. Insomma essi fungono da meccanismi neurofisiologici che
autorizzano la comprensione dell’altro e addirittura permettono di imitare ed afferrare le
intenzioni che animano gli altri. “L’osservazione di un’azione induce in chi osserva l’attivazione
dello stesso circuito nervoso che ne controlla l’esecuzione”.
Chiaramente l’apertura all’altro inaugura una nuova stagione di rapporti che diventano più
autentici, di reciprocità, di rispetto e di condivisione, di collaborazione e di tolleranza, insomma
una nuova forma di socializzazione che si regge sulla intersoggettività. Alla base di questo va
posto l’ embodied cognitiv e il sistema sensomotorio appare rinvigorito per il ruolo che svolge
nello strutturare il pensiero come anche i concetti. Alla conoscenza dell’azione, l’
embodied cognitiv
fornisce la spiegazione del perché l’azione si compie, cioè fornisce l’intenzionalità.
Questa capacità che rovescia convinzioni consolidate, perché autorizza a intuire motivazioni ed
emozioni è resa possibile da quelli che Rizzolatti e Sinigaglia chiamano neuroni specchio. Così
le aree motorie della corteccia cerebrale assicurano una valenza oltre che esecutiva anche
percettiva del sistema motorio. Il cervello difatti opera una selezione delle informazioni che
coglie dall’esterno e le integra con le rappresentazioni mentali generate al suo interno. Allora il
movimento quantunque sia un atto meccanico, consente l’esecuzione dei compiti attraverso le
fasi della percezione che precede, quindi della cognizione ed infine del movimento vero e
proprio.
Gli atti motori come il prendere, il manipolare, il trattenere sono sicuramente in stretta relazione
con gli oggetti, ma anche con la semplice loro osservazione e sono autorizzati ad agire tramite i
neuroni che comunque connettono le aree frontali e parietali e quelle visive, uditive e tattili. In
buona sostanza non sono i singoli movimenti che a livello corticale mettono in azione il sistema
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Scritto da Lanfranco Rosati
motorio, ma sono le stesse azioni le quali si svolgono in un contesto ambientale, in momenti
prestabiliti andando ben oltre i processi cognitivi percettivi e motori. Quando il cervello agisce,
comprende ciò che cade sotto l’esperienza individuale e questa comprensione si riflette
nell’attuazione dei neuroni specchio che sono stati scoperti all’inizio degli anni Novanta.
In sostanza quello che possiamo sottoscrivere oggi, per la carica innovativa nei processi
cerebrali, è la funzione preziosa che può svolgere il nostro patrimonio motorio il quale permette
il riconoscimento degli altri, delle loro azioni e delle loro intenzioni.
La funzione dei neuroni specchio non è limitata al sistema motorio, ma aiuta a comprendere ed
intuire le emozioni, le motivazioni, il modo di sentire degli altri e addirittura incide notevolmente
sull’arte, sull’etica e sull’economia.
Certamente l’indagine portata sulle produzioni creative dell’uomo, sui suoi sistemi di fede e di
ragione apre nuove ulteriori prospettive culturali, anzi, secondo alcuni neurologi contemporanei,
D. Freedberg, V. Ramachandran, J. Elster e il filosofo D. Dennett , è proprio il caso di parlare di
elementi di una “terza cultura” che si aggiunge a quelle esaminate sul piano letterario da C. P.
Snow, nel secolo scorso, cioè quella umanistica e quella tecnica.
L. Rosati, Le ragioni del comportamento, Aracne, Roma 2011
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