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INTRODUZIONE ALLA
BIOLOGIA MARINA
A cura di Marco Torcello
INTRODUZIONE
PREMESSA
La Biologia è definita come “scienza che studia la vita e gli esseri viventi”.
Ma che cos'è la “vita”? O cosa sono gli “esseri viventi”?
I Biologi definiscono un essere vivente come “ciò che nasce, cresce, si riproduce e muore”, con
l'accento posto sul “si riproduce”. Questa lezione si prefigge lo scopo di dare una serie di nozioni di
base sulla vita e sugli esseri viventi, particolarmente, ma non esclusivamente, su quelli che popolano
il mondo acquatico. Parleremo quindi di vita, in tutte le sue stupefacenti forme e varietà. Per farlo,
però, sono necessari alcuni concetti di base, che andremo ad esplorare tra poco.
LA CELLULA
La cellula è, ancora una volta secondo la definizione dei biologi, “la più piccola entità singola che
può essere considerata viva”. Parafrasando possiamo anche considerarla la più piccola forma che
un essere vivente può assumere. Esistono due tipi molto distinti di cellula:
•
•
Cellula procariote: sostanzialmente un sacchettino che delimita un anello di DNA e pochi
organuli, delimitato da una membrana e una parete.
Cellula eucariote: più grossa, evoluta e organizzata della precedente, comprende al suo
interno diversi organuli, vere e proprie unità funzionali con scopi specifici, tra cui il nucleo,
entro cui è contenuto il DNA. Ha sempre una membrana e può avere una parete cellulare.
Cellula procariote
Cellula eucariote
A questo discorso possiamo aggiungere un'eccezione: i virus. Questi non sono vere e proprie cellule
e non si riproducono autonomamente. Infatti il loro status di “esseri viventi” è tuttora in discussione.
La membrana cellulare è un organo importantissimo per tutte le cellule: si tratta di un involucro che
avvolge completamente la cellula e la delimita, isolandola dall'ambiente esterno: è composta da un
doppio strato di lipidi, entro cui galleggiano delle proteine, con funzioni diverse. Esistono proteine
messaggere, canali per l'ingresso e l'uscita di sostanze, mezzi di scambio genetico, mezzi di attacco,
di aggressione, di movimento... Una varietà pressoché infinita di soluzioni per migliorare le
possibilità di sopravvivenza dell'individuo e della specie.
La parete cellulare, invece, è un involucro rigido di composizione differente, con funzione di
protezione meccanica e sostegno. Avvolge la cellula al di fuori della membrana, e può permettere il
passaggio di sostanze nutritizie, acqua ed altro.
LIVELLI DI ORGANIZZAZIONE
L'unione fa la forza: questo concetto, apparentemente molto semplice da comprendere, risulta
essere una strategia molto utilizzata anche nel campo della biologia. Quello che può fare una cellula,
due cellule lo fanno in meno tempo. E, in modo più complicato, se ho più compiti diversi da eseguire,
posso farli fare tutti da chiunque, oppure posso specializzare una parte di me cosicché faccia solo
quello, nel migliore dei modi possibili, e lascio che le altre parti svolgano altri compiti. Questo può
essere fatto a vari livelli di complessità, che vediamo di seguito in ordine, dal più semplice al più
complicato.
 Unicellularità: l'organismo è costituito da una sola cellula, che svolge tutti i compiti da sola:
movimento, nutrizione, escrezione eccetera.
 Colonia: ci sono molti organismi individuali tutti uguali, che si uniscono e vivono tutti insieme
in un luogo circoscritto. Ognuno, però, continua a svolgere tutte le sue funzioni
indipendentemente dagli altri.
 Cellule: alcune singole cellule si specializzano per eseguire solo poche funzioni, migliorando
l'efficacia delle altre.
 Tessuti: esistono gruppi di cellule che eseguono soltanto una funzione, e queste sono tutte
uguali, vicine e strettamente legate tra loro.
 Organi: diversi tessuti si raggruppano tra loro, per specializzare ancora di più l'esecuzione
delle proprie funzioni.
 Apparati: diversi organi si mettono insieme e raggiungono la massima efficienza nello
svolgimento della funzione cui sono preposti.
ABITUDINI ALIMENTARI
Ogni essere vivente, per vivere e riprodursi, utilizza una grande quantità di energia, che deve
necessariamente procurarsi dall'esterno. A questo scopo, nella grandissima varietà della vita sulla
Terra, sono state messe a punto una serie di strategie, portate all'estremo dell'efficienza nel corso
dei millenni di evoluzione passata. Queste strategie possono essere riassunte in due grossi gruppi:
autotrofia ed eterotrofia.
Autotrofia, dal greco, significa “nutrirsi da soli” o “di sé”. Gli organismi autotrofi, per ottenere
energia, utilizzano dei sistemi che coinvolgono soltanto loro stessi, senza l'uso di altri esseri viventi.
Questi sistemi sono i più diversi: non c'è solo la famosa fotosintesi clorofilliana che usa energia
solare, si può ossidare lo zolfo, si possono sfruttare le sorgenti di acqua calda a profondità abissali,
o altri tipi di energia chimica, usando o non usando ossigeno.
Eterotrofia, sempre dal greco, significa invece “nutrirsi di altro”. Un eterotrofo, per produrre
energia, deve utilizzare materia organica, che di solito appartiene ad un altro organismo. Ci sono
quattro grossi tipi di eterotrofia che la Natura ha messo in pratica: l'eterotrofia vera, il saprofitismo,
il parassitismo e la simbiosi.
Le specie eterotrofe cosiddette “vere”, tra cui ci siamo anche noi, mangiano altri esseri che vivono
nel loro stesso ambiente. Un saprofita, per esempio un fungo, si nutre di esseri morti per altre cause,
cioè mangia cadaveri. Un parassita, per esempio un verme, ruba energia a un altro essere,
attaccandocisi clandestinamente senza, generalmente, causarne la morte. Un simbionte, invece,
effettua con un’altra specie, sia essa autotrofa oppure eterotrofa, uno scambio di competenze:
insieme riescono a sopravvivere meglio che separati. Un esempio di questo è l'associazione erba
medica – batteri azotofissatori. Spesso una singola specie adotta diverse strategie, a seconda
dell'ambiente in cui si trova.
ABITUDINI RIPRODUTTIVE
Con una così grande varietà di specie viventi e con l’enorme importanza di questa funzione, è ovvio
che anche le strategie riproduttive si sono diversificate in modo corrispondente. Lo scopo di questo
paragrafo, però, è quello di dare una visione d'insieme delle possibilità di riproduzione degli esseri
viventi, non di indagare entro ogni singola specie. Le possibilità che abbiamo davanti a noi, a questo
punto, si assottigliano molto.
Come approfondiremo più avanti, lo scopo principale della riproduzione non è solamente “il creare
nuovi individui”. Piuttosto, è quello di creare individui migliori, che sappiano affrontare le difficoltà
poste dall’ambiente in cui si vive nel modo più efficiente possibile e possano quindi propagare
queste nuove capacità alla loro discendenza. La chiave di questo sta nella possibilità di scambiarsi
informazioni con altri individui, simili ma con alcune caratteristiche diverse, per sfruttare i vantaggi
di entrambi nel modo migliore possibile. Per fare ciò entrano in gioco gli scambi di materiale
genetico.
Esistono due grandi categorie di tecniche riproduttive: quella asessuata e quella sessuata.
La riproduzione asessuata, come dice il nome, non necessita dell'intervento di altri individui. Un
singolo essere vivente può moltiplicarsi da solo, finché riesce ad avere spazio ed energia sufficienti.
Questa cosa può assumere caratteristiche anche molto complicate, ma l'idea di base è questa: da
uno solo ne nascono tanti, senza che ci sia il bisogno di interventi esterni. Questo può essere un
vantaggio, in determinate circostanze, e, cosa più importante, lo scambio di materiale genetico non
è impedito. È solo relegato ad altri momenti, in modi molto particolari. Utilizzano strategie di questo
tipo i batteri, gli organismi unicellulari, e anche molti invertebrati semplici, come i vermi piatti.
La riproduzione sessuata, come già detto, prevede l'intervento di un altro individuo della stessa
specie per lo scambio di DNA. Questo intervento assume moltissime forme e varietà, molte delle
quali non coinvolgono un contatto diretto. In effetti, esistono molte specie, sia vegetali che animali,
che sono ermafroditi. Possiedono, cioè, gli organi riproduttivi di entrambi i sessi. E, a volte, è
possibile anche l'autofecondazione, che viene però sempre tenuta come via di emergenza. Il
vantaggio più eclatante, nel caso delle specie a sessi distinti, che è solo marginalmente possibile
negli ermafroditi, è che è possibile scegliere il partner, colui (o colei!) che porta i geni migliori, quelli
che daranno i maggiori vantaggi al pool della specie. Questo è un meccanismo evolutivo
importantissimo, che ha consentito dei balzi di complessità veramente notevoli, ed è anche uno
degli attori principali della varietà attuale. Inoltre è andato a creare un paradosso notevole: in molte
specie, infatti, contravvenendo a tutti i principi di mimetismo e di vita tranquilla, i maschi hanno
evoluto dei meccanismi anche clamorosi con il solo scopo di farsi scegliere dalle femmine per la
riproduzione. Si va quindi dai canti, fino ad arrivare ad assumere colorazioni decisamente
appariscenti, o addirittura a sfidare apertamente i predatori. Tutto questo, ovviamente, non è
sempre sano per il portatore. Ma, in questo caso, il gioco vale la candela.
Una parte importante delle abitudini riproduttive riguarda quello che succede dopo la che la scelta
del partner è andata a buon fine, e si è avuta la fecondazione dei gameti. I nuovi nati possono entrare
a far parte di questo mondo in una discreta varietà di modi. Generalmente, l'unione dei gameti dà
luogo alla formazione di una cellula uovo, che con l'aiuto più o meno diretto dei genitori, comincia
a replicarsi e a acquisire complessità. Quando ha raggiunto un livello di complessità sufficiente ecco
che avviene la nascita vera e propria. Quest'ultima può avvenire sia all'interno che all'esterno di uno
dei genitori, con il loro aiuto o in completa autonomia. Molte specie depongono uova o analoghi,
ma solo pochissime le covano attivamente. Alcune specie fanno uova che si dischiudono ancora
all'interno della madre. Altre ancora non fanno proprio uova, ma portano la propria prole al loro
interno finché questa non sia in grado di vivere più o meno autonomamente.
Oltre a tutto ciò, si definiscono anche due strategie riproduttive principali, che vanno a definire il
comportamento dei genitori nei confronti della loro prole prima, durante e dopo il concepimento:
sono state denominate strategia K e strategia r.


La strategia r punta tutto sui numeri. Le specie che sfruttano questa strategia producono un
numero elevatissimo di ovuli, nell’ordine delle migliaia o delle centinaia di migliaia, che dopo
l’incubazione daranno origine a un pari numero di nuovi individui. Solitamente questa
strategia prevede l’abbandono delle uova una volta deposte; in alcuni casi l’adulto,
solitamente la madre, rimane e proteggere il nido fino alla propria morte (es. il polpo); in
altri casi lo sforzo riproduttivo è talmente elevato da portare a morte entrambi i partner
subito dopo (es. il salmone). In ogni caso la prole ha uno sviluppo rapido e dopo la schiusa
dall’uovo è già in grado di muoversi e alimentarsi autonomamente. Con questa strategia si
punta a vanificare l’efficacia dei predatori con la forza dei numeri.
La strategia K prevede cicli riproduttivi più lunghi e più stabili, crescite più lente degli
individui e (solitamente) la formazione di nuclei familiari. Le cure parentali sono molto
diffuse e i nuovi nati sono molto spesso incapaci di muoversi e alimentarsi autonomamente,
necessitando quindi di protezione e aiuto alimentare. I predatori vengono dissuasi
proteggendo la prole attivamente, come singoli o come gruppo. I numeri sono ovviamente
più bassi e la diffusione della specie nell’ambiente più lenta ma più stabile.
Non tutte le specie possono essere collocate precisamente nell’una o nell’altra categoria, ed
esistono specie che possono cambiare comportamento in risposta all’ambiente. Tuttavia,
grossolanamente possiamo definire queste strategie come le più diffuse in assoluto.
ABITUDINI DI VITA
Le forme di vita marine, a differenza di quelle terrestri, hanno ben tre possibilità di scegliere il modo
in cui vivranno. In un ambiente dove la gravità non è un fattore vincolante, nessuno è costretto a
stare a terra. Si sono quindi venute a formare tre popolazioni distinte, che hanno adottato tre
differenti strategie di sopravvivenza.
1. Plancton: sotto questo nome sono raggruppati tutti gli esseri viventi che fluttuano liberi nel
mare, venendo trasportati dalle correnti, dalle onde, dal vento di superficie o da qualsiasi
altro agente che permetta all'acqua di spostarsi, e di trascinarli con loro. Se hanno qualche
possibilità di movimento attivo, questa è molto limitata.
2. Benthos: di questa categoria fanno parte tutti i viventi che vivono a stretto contatto con delle
formazioni fisse, siano esse il terreno, la barriera corallina o altro. Questo comprende sia
coloro che sono ancorati al terreno, come le piante, sia coloro che, pur potendosi muovere
liberamente, preferiscono rimanere a stretto contatto con il substrato, come ad esempio i
crostacei o i pesci di scogliera.
3. Necton: comprende tutte le specie che invece popolano il mare aperto, avendo ampie
possibilità di movimento attivo e poca o nessuna necessità di interagire strettamente con la
terraferma, anche quella sommersa. In questa categoria ci sono, ad esempio, i pesci più
grossi. Ovviamente, esistono eccezioni a questa suddivisione. Alcune specie saltano da una
categoria all'altra a seconda di esigenze particolari, segnatamente quelle riproduttive,
mentre altre svolgono una fase in una categoria, e un'altra in una diversa.
LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI
Tutti gli esseri viventi esistenti al mondo sono stati classificati in modo
organico, per varie ragioni, tra cui non ultima è la comodità di avere un
metodo unico di identificazione, valido in tutto il mondo. Il metodo
tuttora usato è chiamato “classificazione binomia” ed è stato inventato
da Linneo, un medico e botanico svedese vissuto nel 1700. Si basa su
una serie di categorie e sottoinsiemi che raggruppano tutti i viventi con
una o più proprietà comuni, fino ad arrivare al nome univoco che
definisce una singola specie. Gli insiemi che vengono usati per
raggruppare le specie sono, dal più grande al più piccolo:
•
•
•
•
•
•
Phylum
Classe
Ordine
Famiglia
Genere
Specie
Tutti i nomi delle categorie qua sopra elencate sono indicati in latino. Quando si vuole parlare di un
preciso essere vivente si indica il nome del genere (scritto in maiuscolo) seguito dal nome della
specie (in minuscolo). Esempio: Carcharinus plumbeus. La maggior parte delle specie ha anche un
nome “comune” che viene usato per riferirsi ad esso, sia per l'uso colloquiale che per quello più
scientifico. Nell'esempio di poco fa, lo squalo grigio.
In questa classificazione, si definisce “specie” quel gruppo di individui che sono in grado di generare
prole fertile. Il genere invece raggruppa i gruppi di individui che sono in grado di riprodursi ma non
generano prole fertile. Per esempio: mulo e cavallo sono specie diverse dello stesso genere.
Esiste una categoria superiore a quelle elencate, che consiste nella caratterizzazione più ampia
possibile, che viene usata per dividere l'intera massa di esseri viventi in pochi grossi gruppi: il Regno.
Sono quindi stati definiti cinque Regni, ognuno caratterizzato da proprietà ben distinte e facilmente
identificabili.
1) Regno Monera
Fanno parte di questo regno tutti i batteri, organismi procarioti, dotati di parete cellulare, con
qualsiasi strategia alimentare. Abitano qualsiasi habitat, anche i più estremi e invivibili. Ne fanno
parte anche le alghe azzurre.
2) Regno Protista
Unicellulari o pluricellulari, auto o eterotrofi, sempre eucarioti. Organismi acquatici con parete
cellulare fatta di varie sostanze, dall'agar al silicio. Mai chitina. Ne fanno parte le alghe rosse, brune
e verdi.
3) Regno Fungi
In questo Regno sono classificati i funghi e le muffe, uni o pluricellulari. Sono sempre eterotrofi,
possibili parassiti, eucarioti dotati di parete cellulare fatta di chitina.
4) Regno Plantae
Le piante, eucarioti sempre pluricellulari, principalmente autotrofi, con una organizzazione cellulare
di alto livello. La parete cellulare è fatta di cellulosa.
5) Regno Animalia
Organismi eucarioti sempre eterotrofi e privi di parete. Pochi unicellulari, molti pluricellulari a
organizzazione anche molto elevata. Sono dotati di grande varietà morfologica. Questo è il Regno
più studiato e meglio conosciuto. Forse perché ne facciamo parte?
L'ORIGINE DELLA VITA
Una delle domande fondamentali che l'uomo si è sempre posto, dall'origine della civiltà ad oggi, è
questa: come si è formata la vita sulla Terra? In altre parole (ma sforando in altri ambiti), come
siamo arrivati qui? A questo importante quesito sono state date due risposte completamente
diverse, non necessariamente contrapposte: una più filosofica e una più scientifica.
1. Il creazionismo
Questa scuola di pensiero, che getta le sue radici in un passato molto remoto, agli inizi della civiltà
umana, ed è sopravvissuta fino ad oggi in una miriade di forme leggermente diverse, sostiene che
tutte le forme di vita presenti su questo pianeta siano state create (oppure portate da altri pianeti,
secondo altre versioni) da parte di qualche entità superiore nella forma attuale e poi lasciate al loro
destino. Sebbene molto affascinante, e per molti versi alquanto colorita, non assume valenza di
teoria scientifica per alcuni semplici motivi, tra cui la mancanza di falsificabilità: ogni cosa, infatti
può essere spiegata in termini di creazione, e non è possibile trovare una qualsiasi argomentazione
che possa falsificare la teoria, o parti di essa.
2. La teoria evoluzionistica
Questa teoria è stata inizialmente sviluppata da Charles Darwin, naturalista inglese vissuto alla fine
del XVII secolo, e poi ampliata e modificata da molti altri dopo di lui, e prende anche il nome di
darwinismo. Oggi si parla anche di neo darwinismo, visto che la teoria originale è stata ampiamente
modificata, lasciando però inalterata l'idea di base.
Questa idea di base, decisamente rivoluzionaria se inquadrata nel suo periodo storico, sostiene che
la vita sulla Terra si sia formata spontaneamente, per poi progressivamente complicarsi e svilupparsi
(in una parola, evolversi) in modo altrettanto spontaneo, seguendo alcune semplici regole. Ma, per
cominciare con le obiezioni, è possibile che la vita si formi
spontaneamente? Stanley Miller e Harold Urey, nel 1953,
condussero uno storico esperimento che può dare un inizio di
risposta a questa domanda: crearono, sulla base dei dati disponibili
a quel momento, tratti dalle ricerche allo stato dell'arte, un piccolo
recipiente contenente una atmosfera simile a quella della Terra
primordiale, di 4,5 miliardi di anni fa, insieme a un mezzo liquido
con molecole semplici. Sottoposero il tutto a scariche elettriche,
simulando le tempeste che presumibilmente si verificavano in quei
momenti, e ottennero, con grande stupore da parte della comunità
scientifica, l'aggregazione di alcune molecole semplici in molecole
più complesse, a base di carbonio. Questo dimostra che la
formazione di molecole organiche può essere stata spontanea. Ma
come la mettiamo con il passaggio da molecole a cellule, e quindi da forme inerti a forme di vita?
È a questo punto che entra in gioco la selezione naturale, altro nome per la teoria evolutiva. Il cuore
di tutta la teoria si può riassumere in una frase, dello stesso Darwin: “nella selezione naturale quella
che sopravvive non è la specie più forte, ma la specie che meglio si adatta all'ambiente”. Questa
affermazione ha una serie di forti implicazioni che scossero alle fondamenta la comunità scientifica
mondiale dell'epoca, e ancora oggi fanno sentire il loro eco.
Innanzitutto il primo dato importante di questa teoria è il fatto che si stravolge quello che fino ad
allora era universalmente accettato, cioè “la legge del più forte”. Quello che vince, nella battaglia
per la sopravvivenza, non è chi è più grosso o potente, o chi mangia di più: è chi è in grado di
rispondere meglio ai cambiamenti dell'ambiente. Se no, come si spiegherebbe la presenza di così
tante specie piccole, o di così tanti erbivori? Ma arriviamo ad un altro punto fondamentale: cosa si
intende per ambiente? L'ambiente è sì il luogo dove la specie vive, ma è anche costituito da tutte le
altre forme di vita che lo popolano, compresa la sua, dal clima e dagli altri fattori naturali che
coinvolgono questo luogo, malattie e catastrofi naturali incluse.
E come si spiega la presenza di così tante forme di vita, tutte diversissime tra loro? Sempre con la
selezione naturale: siamo partiti dalle molecole organiche semplici dell'esperimento di Miller. Col
tempo, e ne abbiamo molto, queste si sono allungate, complicate, e hanno reagito tra loro. Su tutta
la superficie terrestre, a un certo punto, abbiamo avuto la formazione di una qualche molecola
reattiva, che possedesse cioè attività biologica. In una parola, di qualcosa in grado di modificare,
attivamente, altre molecole. Il tutto, per ora, assolutamente senza scopo. Parallelamente abbiamo
la formazione di molecole di sostanze simili agli acidi grassi, con proprietà analoghe. Queste, tra le
altre cose, sono in grado di aggregarsi spontaneamente tra loro e formare dei sacchettini
permeabili. Più avanti si va e maggiore sarà la complessità delle molecole ottenute, fino a che
troviamo uno di questi sacchettini di acidi grassi con all'interno alcune delle molecole attive. Siamo
arrivati alla prima cellula. Ma non al primo essere vivente. Per questo bisognerà aspettare ancora
un po' di tempo, fino a quando l'essere dei sacchettini contenenti molecole attive viene
effettivamente riconosciuto come un vantaggio sull'ambiente, e quindi anche riprodurre la stessa
situazione lo diventa. Come questo sia successo in realtà non è ancora chiaro, e probabilmente non
lo sarà mai. Sta di fatto che la formazione della vita sulla Terra è un dato di fatto, e la teoria che lo
spiega in modo più accurato, per il momento, è questa.
Ma quindi questo vuol dire che siamo qui per caso? In un certo senso sì. La vita si è formata per
caso. Ma non siamo arrivati per solo caso fino alla situazione attuale. C'è voluto un processo molto
lungo, molto lento e molto articolato, che è durato circa 4 miliardi di anni e continua tuttora. Questo
è ciò di cui si parlava più sopra, ed è ciò che andremo ad analizzare più in dettaglio.
Consideriamo un qualsiasi essere vivente, anche ipotetico. Non come individuo singolo, ma come
gruppo di individui. Chiamiamo questo gruppo “popolazione”. Questa popolazione vive in un certo
ambiente e ha determinate abitudini, sia alimentari che di altro genere, che ora non ci interessano.
Per sopravvivere come popolazione i singoli individui si riproducono, e il nostro gruppo è stabile.
Nell'ambiente esiste una risorsa di cibo che la popolazione è in grado di sfruttare per nutrirsi e trarre
energia per continuare la propria vita. Ora, immaginiamo che a un certo punto, per motivi che
chiariremo più avanti, nasca un singolo individuo che sia in grado di sfruttare la risorsa in modo
leggermente migliore di tutti gli altri. Questi diventerà più efficiente di tutti i suoi simili e, cosa più
importante, sarà in grado di passare questa sua capacità a una buona parte dei suoi figli. Se, come
effettivamente succede, il fatto di essere più efficiente degli altri gli dà un vantaggio riproduttivo
sugli altri del suo gruppo, dopo poche generazioni tutti gli individui della nostra popolazione saranno
in grado di sfruttare la risorsa in modo migliore. In questo momento, la popolazione si è evoluta.
Per comprendere meglio questo concetto, facciamo un esempio realistico. Siamo nella savana
africana. Ci sono 10 specie di erbivori, in competizione tra loro per il cibo, costituito da piante e
arbusti che vanno dai 50 cm ai 4 metri di altezza. Tutte le specie sono in grado di nutrirsi dai cespugli
più bassi, ma le foglie più alte degli alberi sono inaccessibili a tutti. In una specie di antilope, però, è
nato un esemplare con il collo più lungo di tutti i suoi simili. Questi riesce ad arrivare alle foglie alte,
dove nessun altro arriva. Quindi praticamente non ha concorrenti per l'alimentazione, sarà sempre
ben nutrito e presto diventerà l'esemplare più grande del suo gruppo, ne diventerà il leader, e molti
dei suoi figli erediteranno questa caratteristica. Dopo 5 generazioni tutti gli esemplari sono di nuovo
al pari, ma in vantaggio rispetto alle altre specie. Questo è il primo passo verso l'evoluzione della
giraffa. Naturalmente, le altre specie, comprese le piante, non staranno ferme a guardare il successo
evolutivo della futura giraffa, anche loro selezioneranno (non coscientemente, come è ovvio)
strategie che, se si dimostreranno vincenti, porteranno un vantaggio e una conseguente evoluzione
della specie; altrimenti potranno portare uno svantaggio e arrivare, estremizzando, fino
all'estinzione.
A questo punto rimane una cosa sola da spiegare: come mai un'antilope nasce improvvisamente
con il collo più lungo? È ormai chiaro che non è implicato un processo attivo in questo, l'antilope
non sceglie di nascere con il collo più lungo. Succede e basta. Il motivo è da ricercare in uno
strumento di origini antichissime, che è presente in tutti gli esseri viventi di oggi e di ieri, e che è
stato selezionato per essere malleabile: il DNA.
Il DNA o Acido Desossiribonucleico, è una
molecola molto complessa, che contiene
al suo interno tutte le informazioni che
servono per descrivere il suo proprietario.
Una sorta di piccolo ma completo
manuale di istruzioni, dal quale, con gli
opportuni strumenti che una cellula
possiede, si può creare un essere vivente
completo. Quando una essere vivente si
riproduce, il suo codice genetico passa, in
modo più o meno completo a seconda del tipo di riproduzione, ai figli. A volte, però, per i motivi più
svariati, il passaggio non è perfetto, e vengono introdotti degli “errori”, chiamati mutazioni, che
possono avere tre tipi di conseguenze:
1) non ci sono effetti, perché l'errore è messo in modo tale che il messaggio viene capito lo stesso,
anche se la modifica si propaga ai figli, oppure la modifica non influenza la vita del figlio;
2) ci sono effetti negativi, e il figlio nasce svantaggiato, o non nasce proprio;
3) ci sono effetti positivi, e la modifica dona un effettivo vantaggio al portatore.
In ordine di probabilità, è più facile che succeda l'ipotesi 2, seguita dalla 1 e infine dalla numero 3.
Si usa riassumere questo concetto con la frase: “la Natura fa esperimenti”. Il problema è che non
esiste un fine determinato a questi esperimenti, sono fatti alla cieca. In effetti, non esiste neanche
uno sperimentatore. E dunque, spesso, il risultato è parecchio infausto. Eppure, in una piccola
percentuale di casi, si sono avuti miglioramenti e, gradualmente, a piccoli passi, si è arrivati fino ad
avere una meravigliosa varietà e complessità di vita, sebbene per farlo ci sia voluto un arco di tempo
spaventosamente lungo. Ma la Natura non ha fretta, e non ha ancora finito con noi! Ma allora, che
fine hanno fatto i dinosauri? Erano grossi, potenti e avevano il dominio incontrastato della Terra,
come mai sono spariti?
Sembra che 65 milioni di anni fa una catastrofe colpì la Terra. Probabilmente un grosso meteorite si
schiantò sulla superficie, causando una marea di danni ma, soprattutto, un grosso cambiamento
ambientale che perdurò per migliaia di anni. Come diceva Darwin, non è la specie più forte che
sopravvive, ma quella che meglio si adatta all'ambiente. Con un cambiamento ambientale repentino
come quello che è avvenuto, solo le specie che sono riuscite ad adattarsi molto in fretta sono potute
sopravvivere, le altre si sono estinte. Incredibilmente, con un evento del genere la massima parte
delle specie, sia animali che vegetali, sono sparite per sempre dalla faccia del pianeta, lasciando solo
vaghi ricordi di sé. Le poche sopravvissute sono quelle che, nei successivi 65 milioni di anni, hanno
dato origine all'attuale fioritura di vita di cui siamo testimoni. Tra l'altro, sembra che quella del
Cretaceo fosse solo una delle almeno 5 estinzioni di massa che si sono verificate sul nostro pianeta.
E non ci sono indizi per ritenere che sia stata l'ultima.
Tutti questi meccanismi possono anche essere influenzati da altri fattori, più o meno voluti, affinché
l'evoluzione venga accelerata e pilotata dall'uomo. In questo caso si parla di evoluzione o selezione
artificiale. Un classico esempio di selezione artificiale non voluta è costituito dalle farfalle bianche
nordamericane. In questa specie il colore bianco delle ali era stato selezionato per resistere ai
predatori, in quanto questi insetti passavano molto del loro tempo a nutrirsi sui tronchi delle betulle.
Ogni tanto nasceva qualche esemplare nero, ma aveva vita breve, perché veniva individuato subito
dai predatori. Durante l'età industriale i fumi prodotti dalla combustione del carbone hanno
sporcato i tronchi delle betulle, facendoli diventare neri. Le farfalle bianche, in questo modo, si sono
trovate in grande svantaggio, perché spiccavano chiaramente, mentre i pochissimi esemplari neri
sopravvivevano bene, ora mimetizzati perfettamente. Dopo pochissime generazioni, l'esemplare
predominante era diventato quello di colore nero. Un chiaro esempio di capacità di adattamento
rapido e di selezione “quasi” naturale. Altri esempi di selezione artificiale possono essere gli animali
di razza, ottenuti attraverso incroci specifici per soddisfare meglio i fabbisogni umani.
Il risultato di quattro miliardi e mezzo di evoluzione è sotto i nostri occhi ogni giorno, nella sua
estrema varietà: esistono milioni di specie batteriche, vegetali e animali diverse, tutte in equilibrio
tra loro, che occupano tutte le nicchie ecologiche rese disponibili dal nostro pianeta. L'equilibrio
naturalmente non è immutabile, anche se è relativamente stabile. Esistono prede e predatori,
inseriti in una catena alimentare a più piani, nessuno dei quali (teoricamente) predomina sull'altro.
Se le prede aumentano eccessivamente di numero, c'è più disponibilità di cibo per i predatori, che
aumentano a loro volta di numero, riducendo la popolazione delle prede, e così via, in una continua
ed armonica danza per la sopravvivenza. Un gioco in cui vince chi non predomina completamente
sull'altro, pena l'estinzione. Un gioco a cui tutte le specie, tranne una, sanno giocare.
Quell’unica specie siamo noi, gli umani, ovviamente.
REGNO MONERA
Comprende tutti i batteri: microorganismi procarioti, estremamente semplici ma molto efficaci.
Costituiscono il 90% della biomassa totale di tutti i mari, e popolano ogni possibile ambiente. Sono
sempre unicellulari, ma a volte si aggregano in colonie. Possono essere autotrofi o eterotrofi, e tutte
le funzioni necessarie sono svolte dalla membrana cellulare, che presenta su di essa molti enzimi.
La maggior parte dell'ossigeno che oggi riempie l'atmosfera proviene dai batteri acquatici. Si
presentano in tre forme principali: cocchi (sferoidali), bacilli (allungati) e spirilli (a cavatappi).
Possiedono tutti una parete cellulare, costituita da una
matrice di polisaccaridi e polipeptidi, in due forme diverse,
con uno o due strati di polipeptidi. Il loro codice genetico è
costituito da una sola lunga molecola di DNA circolare che
galleggia nel citoplasma, racchiusa all'interno della
membrana plasmatica, e da molte piccole molecole,
sempre circolari, chiamati plasmidi, che stanno alla base dei
meccanismi di adattabilità e ricombinazione dei batteri,
perché due esemplari della stessa specie possono
scambiarseli e utilizzare il codice in esso contenuto per
migliorare la loro sopravvivenza.
Alcuni possiedono dei flagelli, lunghi “peli” flessibili che vengono usati per il movimento, oppure dei
pili, una moltitudine di corti flagelli, usati per lo stesso scopo. Chi non possiede queste strutture si
muove rotolando sulle superfici, oppure come le amebe, o ancora trasportato dalla corrente.
La riproduzione è asessuata, per scissione. Alcuni in
caso di variazioni ambientali, possono formare
spore, che hanno una altissima resistenza
ambientale, e restano quiescenti fino a che la
situazione torna normale. Esistono tre modi per
ricombinare il loro DNA, e permettere evoluzioni:
tramite coniugazione, cioè per passaggio di plasmidi;
tramite trasduzione, con l'intervento di virus che
“dimenticano” pezzi del loro DNA all'interno del
codice genetico del batterio; oppure per
trasformazione, con un batterio che ne mangia un
altro e integra parti del suo codice.
Classificazione dei batteri:
● Eterotrofi:
o
o
o
o
Saprofiti: demolitori di organismi morti;
Simbionti: non danneggiano l'organismo che li ospita;
Azotofissatori, in simbiosi con le piante.
Flora intestinale, in simbiosi con gli animali, specialmente gli erbivori.
o Parassiti: patogeni per l'organismo ospite;
o Micoplasmi: batteri senza parete, principalmente parassiti.
● Autotrofi fotosintetici:
o Cianobatteri o alghe azzurre: contengono clorofilla e carotenoidi, che li colorano di verdeblu. Sono legati ad ambienti umidi;
o Solfobatteri verdi: hanno la clorofilla ma traggono energia dalla fotolisi dell'acido solfidrico,
senza l'uso di ossigeno;
o Solfobatteri purpurei: hanno clorofilla e carotenoidi;
o Batteri purpurei non sulfurei: hanno carotenoidi ma non traggono energia dall'acido
solfidrico.
● Autotrofi chemiosintetici:
Prendono energia dall'ossidazione di molecole inorganiche, soprattutto lo zolfo elementare.
Stanno in fonti termali sottomarine, oppure in simbiosi nel rumine, producendo metano.
REGNO PROTISTA
Comprende organismi uni e pluricellulari, con organizzazione da coloniale a cellulare, tutti eucarioti,
tutti con parete cellulare, principalmente acquatici, auto o eterotrofi. Alcuni sono simbionti.
Esistono tre classi di protisti unicellulari:
1. Chrysophyta:
Dette anche alghe dorate. Sono autotrofi facoltativi, se le
condizioni di luce calano diventano eterotrofi. Contengono
clorofilla e fucoxantina. Comprendono le diatomee, che
secernono un rivestimento di silicio che li protegge e che,
quando muoiono, si deposita sul fondo marino, andando a
costituire le farine fossili.
2. Pyrrophyta:
Comprendono i dinoflagellati, che come dice il nome possiedono
dei flagelli per muoversi. Formano una tela rigida, non di silicio,
fatta a piastre separate, per proteggersi. Alcuni vivono in simbiosi
con cianobatteri, altri sono simbionti di animali come tridacne o
coralli. È possibile la riproduzione sessuata.
3. Euglenophyta:
Possiede la clorofilla, le cilia e anche meccanismi per la
percezione della luce. Comprende l'alga euglena, responsabile
della formazione delle patine verdastre nelle pozze di acqua
dolce.
I protisti pluricellulari sono raggruppati sotto il nome comune di alghe, divise in tre grossi gruppi.
Tutti sono caratterizzati da una particolare forma di riproduzione che non separa completamente le
cellule, che rimangono dunque attaccate, formando dei lunghi filamenti.
1. Alghe Rosse:
Così chiamate perché sono ricche di ficobilina,
un pigmento rossastro che maschera la
clorofilla e dona loro una colorazione tendente
a questo colore. Sono prevalentemente
presenti in acqua di mare, fino a 30 metri di
profondità; possono essere microscopiche o
macroscopiche, filamentose o meno, e
presentano una organizzazione mista tra la
cellulare e la tissutale. Vivono in acque calde.
Possiedono una parete cellulare di cellulosa, con agar e carrageno, e certe specie depositano
calcio, così che la parete si irrigidisce e prende consistenza corallina.
Hanno l'importantissimo ruolo ecologico di ossigenare il loro ambiente, rendendolo adatto
alla vita di altre specie. Sono sempre bentoniche, cioè vivono aggrappate a un substrato
solido.
2. Alghe Brune:
Più organizzate e complesse di quelle rosse,
possono diventare anche molto grandi.
Sono anch'esse prevalentemente marine,
sia bentoniche che planctoniche (vivono
libere nel mare aperto). Hanno un minimo
di organizzazione cellulare, con differenze
tra rizoidi (radici), fusto e foglie. Per questo
hanno sviluppato un meccanismo di
trasporto
delle
sostanze
nutritive,
principalmente mannitolo e aminoacidi.
Esempio di alga bruna è il sargasso.
3. Alghe Verdi:
Sono le più evolute, essendo molto simili alle piante, sia perché usano solo clorofilla per la
fotosintesi, sia perché hanno notevoli adattamenti funzionali. Prevalentemente vivono in
acque dolci, ma si trovano anche in ambienti terrestri umidi. Presentano grande
polimorfismo e grande variabilità riproduttiva.
REGNO FUNGI
Sono organismi eterotrofi estremamente diffusi, che però dipendono dalla presenza di acqua per
vivere, sia stando immersi in essa sia semplicemente stando in ambienti umidi. Sono saprofiti,
simbionti o parassiti. L'organizzazione è a tallo, una via di mezzo tra il cellulare e il tissutale. Sono
unicellulari oppure filamentosi (ife). Più ife si riuniscono e formano il micelio. Le ife sono lunghi
filamenti di cellule incompletamente divise tra loro. All'interno del micelio si vedono vere e proprie
differenziazioni morfologiche: ci sono parti che si specializzano per gli scambi con il terreno, altre
deputate alla riproduzione.
La parete cellulare è fatta di chitina, sostanza che si ritrova negli animali; le sostanze di riserva sono
glicogeno e grassi, ancora una volta come per gli animali; la riproduzione può essere asessuata, per
frammentazione, oppure sessuata, o ancora tramite spore.
Si classificano in base al tipo di riproduzione:





Oomiceti: sono muffe acquatiche, parassiti di pesci
Zigomiceti: parassiti di mammiferi
Ascomiceti: a loro volta divisi in
o Lieviti, unicellulari, come quelli usati per fare il pane e il vino
o Funghi eduli e velenosi, microscopici (Ergot) o macroscopici (porcino)
o Licheni, che in realtà sono simbiosi di funghi e batteri.
Basidiomiceti: macroscopici, che comprende
o Funghi eduli e velenosi, a mensola o putridi
o Patogeni vegetali (ruggini, carbone) e animali
o Micorrize, simbionti di piante
o Funghi predatori, che uccidono il loro ospite
Deuteromiceti: funghi imperfetti, in attesa di classificazione. (Penicillum, Aspergillus, ecc.)
L'importanza ecologica di questo regno è notevole, in quanto
svolgono delle fondamentali funzioni per il ciclo vitale del loro
ambiente. Infatti, oltre a chiudere il ciclo del carbonio e di altri
elementi, grazie alle specie simbionti portano materia organica
sfruttabile da altri esseri viventi dove pochissimi altri riescono ad
arrivare. Hanno anche delle valenze negative, sia perché si
comportano da parassiti, sia perché sono i responsabili della
produzione delle micotossine, fonte di avvelenamento per molte
altre specie, soprattutto animali.
REGNO PLANTAE
Sono state le prime specie viventi ad uscire dall'acqua per colonizzare la terra, perché fuori
dall'acqua si trova anidride carbonica molto più facilmente che sotto. Dobbiamo ricordare che i
primi timidi esperimenti di vita subaerea sono stati fatti quando l'atmosfera era molto povera di
ossigeno e molto ricca di altri gas. Da allora, grazie a tutte le specie fotosintetiche, è stata modificata
a livello globale, arricchita di ossigeno, impoverita di CO2, ricoperta di ozono e resa abitabile per le
specie eterotrofe. Ovviamente non era e non è tuttora questa la finalità delle piante, e, soprattutto,
sono gli animali che si sono adattati a respirare l'atmosfera corrente, non viceversa.
Avendo cominciato la colonizzazione delle terre emerse molto prima degli altri esseri viventi, le
piante hanno accumulato un grande vantaggio evolutivo, e infatti sono presenti praticamente in
ogni luogo del mondo, anche quelli estremi. Venendo dall'ambiente marino si sono dovute scontrare
contro diversi problemi, a cui hanno risposto con altrettanti adattamenti:
1. Fuori dall'acqua il rischio di disidratazione è molto grosso. Per questo la parete cellulare è
stata ispessita, e si è creato il primo tessuto della storia dell'evoluzione: l'epidermide.
2. Bisogna trovare delle fonti di acqua e di sali minerali, fondamentali per la fotosintesi e per la
vita. Per questo sono nate le radici, profondamente infisse nel terreno e in grado di assorbire
quanto necessario.
3. In ambienti aerei, infine, non si è sostenuti dalla spinta di Archimede: le possibilità di
orientare le foglie verso il sole sono più limitate: per cui è nata una specializzazione che
facesse da sostegno per la pianta, il fusto.
Oltre a questo dall'evoluzione sono nati gli organi, e successivamente gli apparati, per offrire il
massimo della specializzazione funzionale, e il massimo della sopravvivenza.
Dopo un lungo periodo di dominio incontrastato della terra, alcune piante sono tornate ad essere
subacquee, ed è di queste che ci occuperemo principalmente.
Nel regno Plantae ci sono i seguenti ordini:



Briofite: ancora molto legate all'ambiente acquatico, soprattutto per la riproduzione; sono
sempre le prime piante a ripresentarsi dopo le catastrofi naturali. Comprendono i muschi e
gli sfagni.
Pteridofite: le prime ad essere completamente indipendenti dall'acqua, e le prime a
presentare organi ben definiti e specializzati (radici, foglie, fusto). Come le briofite si
riproducono tramite spore. Comprendono equiseti e felci.
Spermatofite: le piante cosiddette superiori, con veri e propri apparati, estremamente
specializzati ed efficienti, frutti, e riproduzione tramite semi. Comprendono:
o Gimnosperme, piante a seme nudo, le più antiche. Non fanno fiori e hanno semi a
maturazione molto lunga, fino a 2 anni. Si sono adattate a vivere in ambienti con
acqua scarsa o poco reperibile. Tra queste figurano le conifere e il Ginkgo
o Angiosperme, piante a fiori. Quasi tutti i vegetali a cui possiamo pensare figurano in
questa categoria, a dimostrazione del fatto che il loro successo evolutivo è
sostanziale. Si dividono in monocotiledoni, soprattutto erbacee e annuali, ma di cui
fanno parte anche le palme, e dicotiledoni, erbacee o arbustive, a vita anche
lunghissima. Le piante acquatiche rientrano in quest'ultima categoria, in quanto
fanno fiori e frutti, presentano radici, foglie e fusto e hanno un ciclo vitale più lungo
di un anno.
Tutte sono fotosintetiche, con una parete cellulare composta da cellulosa, e diversi organelli cellulari
peculiari, come il cloroplasto o il vacuolo.
REGNO ANIMALIA
Questo è il regno più vasto, variegato e studiato, soprattutto perché ne facciamo parte. È formato
da eucarioti eterotrofi, e la varietà è tale che si passa da animali unicellulari microscopici a enormi
mammiferi lunghi più di 25 metri, senza tralasciare nessuna tappa intermedia.
Per questo motivo, la trattazione verrà scorporata, e parleremo di un phylum per volta.
PHYLUM PROTOZOI
Si tratta di organismi unicellulari, tutti viventi in acqua. Presentano poche differenze rispetto ai
protisti, e infatti la classificazione in uno o nell'altro regno ha dato e continua a dare non pochi
problemi ai biologi.
I protozoi hanno generalmente forma sferica o ellissoidale, e hanno
delle limitate capacità di movimento, date da ciglia, flagelli o
pseudopodi. Essendo unicellulari, non hanno organizzazione, ma
presentano una serie di organelli che svolgono funzioni proprie.
Alcuni di essi sono addirittura in grado di percepire la luce e
decidere la propria direzione di movimento in base a questa
informazione. Si riproducono principalmente asessualmente per
mitosi, una semplice divisione della cellule, più raramente
sessualmente per meiosi, una divisione preceduta dallo scambio di
geni. Comprendono 4 classi: flagellati, sarcodici, sporozoi e ciliati, in ordine di complessità.
PHYLUM PORIFERI
Costituisce il primo gruppo di animali pluricellulari,
ma il livello di organizzazione è solamente cellulare:
esistono gruppi di cellule che svolgono compiti
unici, differenti da quelli di altri gruppi, ma tutti
volti a una sopravvivenza migliore. Le spugne sono
animali non simmetrici, esclusivamente acquatici e
bentonici, a volte coloniali. Il loro corpo è
organizzato in modo da lasciare una cavità, al cui
interno entra l'acqua, passando da numerosi pori
posti sulla superficie esterna, portando con sé
ossigeno e sostanze nutritive. Questa cavità ha un'unica uscita, chiamata osculo, attraverso cui esce
acqua ricca di anidride carbonica e altre sostanze di scarto. Sul lato interno della cavità sono presenti
numerosissime cellule flagellate, che servono a muovere l'acqua e a veicolarla verso l'osculo.
Presentano uno scheletro, che a seconda della classe può essere di calcare, silice o spongina. La
cavità interna può assumere tre diverse forme:


Ascon: un semplice sacchetto, con il substrato da una parte e l'osculo dall'altra.
Sicon: la cavità forma delle espansioni laterali, aumentando la superficie disponibile per
l'assorbimento dei nutrienti, quindi le dimensioni della spugna e le sue capacità di
sopravvivenza.

Leucon: la cavità è ramificata, come un polmone, con espansioni terminali che ricordano gli
alveoli: la superficie è ancora più vasta, e le spugne sono di conseguenza più grandi.
Sezionando una spugna troveremo tre strati: quello esterno, che serve per proteggere l'animale e i
pori, e dare un attacco al corpo; quello interno, che serve per il transito dell'acqua e l'assorbimento
dei nutrienti; quello intermedio, fluido, popolato da cellule ameboidi che si muovono sotto la
superficie, e portano i nutrienti da una parte all'altra del corpo, con funzioni simili a quelle di un
apparato circolatorio. Le stesse cellule
ameboidi sono anche le responsabili della
formazione delle spicole, e possono
trasformarsi in gameti. La riproduzione può
essere asessuata per gemmazione, ma più
frequentemente
è
sessuata,
con
ermafroditismo. La larva, prodotto della
riproduzione, è ciliata ed esce dall'osculo per
entrare a far parte del plancton, mentre cerca
un substrato adatto per impiantarsi. Una volta
fatto questo, si stabilisce e dà origine ad un
nuovo individuo.
PHYLUM CELENTERATI
Il loro nome significa “animali dotati di celenteron”. Ma che cos'è il
celenteron? Si tratta di una cavità del corpo di questi animali che ha
funzioni di intestino, ed è aperta verso l'esterno tramite una bocca.
Sono anche detti Cnidari, perché possiedono delle cellule
caratteristiche di questo phylum: i cnidoblasti: hanno funzione di difesa
e offesa, caratterizzate da un filamento che viene estroflesso
violentemente quando la cellula viene stimolata da un contatto,
infiggendosi o appiccicandosi al creatore dello stimolo. Il filamento,
spesso, è anche accompagnato da una o più sostanze velenose o
urticanti, che rendono l'esperienza ancora più spiacevole per la vittima.
Sono caratterizzati da una simmetria centrale, sono tutti acquatici e
hanno una vita che si svolge in due fasi ben distinte tra loro: quella di
polipo, bentonica, e quella di medusa, planctonica. Hanno la possibilità di movimento, ma non
hanno abbastanza forze per contrastare le correnti marine, per questo non fanno parte del benthos.
Possono però creare scheletri, sia interni che esterni, con funzioni di protezione e sostegno.
Presentano cellule sensoriali che captano stimoli di varia natura, e un sistema nervoso, anche se
poco sviluppato. La riproduzione può essere asessuata e sessuata, e produce una larva mobile detta
planula.
Ci sono 3 classi:

Idrozoi: presentano alternanza di generazione: da un polipo nasce, per gemmazione, una
medusa, che si riproduce sessualmente e dà origine a una larva che tornerà sessile. Il polipo
ha un numero di tentacoli multiplo di 4, e le sue colonie sono polimorfe, con diverse forme
associate a diverse funzioni. La medusa possiede un velo.


Scifozoi: la forma medusoide è prevalente; il polipo, sempre solitario, è solo una forma
larvale. La medusa, senza velo, ha il celenteron diviso in 4 tasche, per aumentare la superficie
e migliorare l'assunzione di nutrimento.
Antozoi: esclusivamente polipoidi, creano un esoscheletro come struttura di sostegno
(corallo). Il celenteron è diviso in 6 tasche negli esacoralli e in 8 tasche negli ottocoralli, e il
numero di tentacoli è proporzionale.
Possiedono una faringe, che separa la bocca dal celenteron.
I cnidoblasti sono molto presenti soprattutto sui tentacoli, che
possono anche essere lunghi qualche metro, soprattutto nella forma
medusoide. Servono sia per difendersi dai predatori che per cacciare:
la sostanza iniettata dal filamento ha spesso azione paralizzante, così
la preda può essere inserita nel celenteron, dove verrà digerita.
PHYLUM CTENOFORI
Fanno parte dello zooplancton, in quanto sono piccoli e fluttuano a
mezz'acqua, nutrendosi di altri esseri microscopici. Sono tutti marini ed ermafroditi. Hanno modeste
capacità di locomozione, garantite da piastre con ciglia a pettine. La maggior parte sono trasparenti
e globulari, con l'importante eccezione data dal Cinto di Venere. Sono la causa della
bioluminescenza marina. Possono essere tentacolati o no.
PHYLUM PLATELMINTI
Il nome significa “vermi piatti”: sono i primi a presentare
un'organizzazione di tipo organico. Hanno simmetria
bilaterale e fanno parte del necton. Si muovono
strisciando grazie al movimento di numerose ciglia e di
muscoli; il loro sistema digerente presenta una sola
apertura, la bocca, seguita da un faringe e dalla cavità
gastrovascolare;
presentano anche
un
occhio
rudimentale, un apparato escretore e un sistema nervoso
formato da due cordoni longitudinali. Si riproducono per
scissione, ovvero, tagliando un verme in due ottengo due vermi distinti, seppur con lo stesso DNA;
esiste anche una riproduzione sessuata con ermafroditismo, e le gonadi sono ben sviluppate.
Esistono tre classi:



Turbellari, a vita libera.
Trematodi, parassiti.
Cestodi, anch'essi parassiti, tra cui figura le tenia.
PHYLUM NEMATODI
Sono i cosiddetti vermi tondi e sono i primi a presentare una cavità corporea, sebbene ancora poco
sviluppata, il che è un grosso vantaggio per il movimento. Sono i primi anche ad avere un apparato
digerente, con due aperture. I sessi sono separati, e la riproduzione avviene con fecondazione
interna. Per la massima parte sono parassiti, i pochissimi a vita libera non riguardano l'ambiente
marino.
PHYLUM BRIOZOI
Hanno dimensioni molto ridotte e vivono in
colonie sessili, sostenute dall'esoscheletro
prodotto da ogni individuo. Sono simili ai
celenterati, ma più complessi, in quanto
possiedono un apparato digerente a due
aperture, e i tentacoli sono ciliati. Oltre a
questo, possiedono un sistema nervoso a
gangli. Sono però ermafroditi sufficienti e
formano larve che sono in grado di nuotare
indipendentemente, finché non trovano un
substrato adatto. A questo punto subiscono una metamorfosi intensa, e danno origine all'inizio di
una nuova colonia, che crescerà per gemmazione.
PHYLUM MOLLUSCHI
Come dice il nome, sono animali dal corpo
molle. Vivono in tutti gli ambienti, a patto che ci
sia un alto tasso di umidità. Hanno un apparato
circolatorio con un cuore, anche se il suo
funzionamento è molto particolare: infatti
l'emolinfa circolante non viaggia sempre
all'interno di vasi. Cade invece in alcuni spazi da
cui diffonde in tutto il corpo; viene poi raccolto
e veicolato di nuovo all'interno di vasi e poi al
cuore. L'apparato digerente è completo,
complesso e presenta le prime ghiandole
dedicate, come ad esempio le salivari o
l'epatopancreas.
Esiste anche un apparato respiratorio formato da branchie. Un fattore distintivo è sicuramente
l'esoscheletro, che viene secreto dalla cute e prende il nome di conchiglia, ma non è presente in
tutte le specie. Il sistema nervoso è a gangli collegati tra loro; abbiamo fotorecettori di una certa
complessità che riescono a formare immagini anche parecchio precise: l'occhio del polpo è
l'esempio più eclatante. Possono essere ermafroditi (incompleti) oppure a sessi separati e la
fecondazione può essere interna o esterna. Fanno parte del necton.
Tre parti del corpo sono caratteristiche del phylum: il piede, organo di locomozione, molto ricco di
cellule muscolari; il sacco dei visceri, che contiene gli organi; il mantello, che delimita e protegge il
sacco e produce la conchiglia.
Abbiamo cinque classi:
1) Scafopodi, con conchiglia tubulare aperta alle due estremità, usano il piede per scavare e non
possiedono le branchie.
2) Anfineuri, privi di tentacoli, occhi e gangli nel sistema nervoso. La conchiglia può essere assente,
a cappuccio o a rilievi.
3) Lamellibranchi, bivalvi, usano il piede generalmente per scavare e hanno le branchie molto
sviluppate, che vengono usate come organo filtratore sia per gli scambi gassosi che per nutrirsi.
4) Gasteropodi, presentano una torsione del sacco dei visceri, che è avvolto a spirale. Il capo ha gli
occhi e i tentacoli. Hanno una radula ben sviluppata. La conchiglia generalmente è ben
sviluppata, ma esiste una sottoclasse, i nudibranchi, in cui è assente. Quelli terrestri hanno i
polmoni invece delle branchie.
5) Cefalopodi, i più complessi, presentano il capo con diversi tentacoli, il piede a forma di imbuto.
La conchiglia è esterna e concamerata (in quelli più antichi, come il Nautilus) oppure ridotta e
portata all'interno del mantello (seppie e calamari), o ancora assente (polpo). Il sistema nervoso
è sviluppatissimo, e sul mantello sono presenti cellule che possono cambiare di colore e di forma
rapidamente, dando a queste specie una capacità mimetica fuori del comune. Comprendono i
decapodi, con 10 tentacoli (seppie e calamari) e gli ottopodi, con 8 tentacoli (polpo).
PHYLUM ANELLIDI
Hanno un corpo fatto ad anelli consecutivi, come pietre su una collana. Questo è il risultato di una
nuova introduzione del percorso evolutivo di questo phylum: la metameria. Si tratta di una strategia
di sviluppo che fa sì che il corpo sia formato da una serie di segmenti tutti esattamente uguali uno
all'altro, preceduti e seguiti da due segmenti più o meno modificati. In questo modo il corpo è
costituito dalla ripetizione di strutture uguali, e permette di avere corpi di dimensioni notevoli con
uno sforzo minimo. Il movimento è permesso da muscoli ben sviluppati che si avvalgono di setole
per far presa sul substrato. Il sistema circolatorio è chiuso, e esistono vasi che, pulsando, fanno da
cuore. Il sistema nervoso è formato da cordoni e gangli, con un primitivo cervello nel primo
segmento. Possono essere ermafroditi o a sessi separati, la fecondazione è diretta o indiretta e lo
sviluppo delle sole specie acquatiche passa attraverso diversi stadi larvali.
Esistono 3 classi:


Policheti: “con molte setole”, tutti acquatici, molti secernono dei tubicoli entro cui passano
la vita, facendo uscire solo la parte attraverso cui si nutrono, per filtrazione. Sono a sessi
separati. Altri, come il vermocane, sono a vita libera.
Oligocheti: “con poche setole”. Prevalentemente terrestri o di acqua dolce, sono ermafroditi
insufficienti. Esempio tipico è il lombrico.

Irudinei: vivono in acque dolci, e hanno delle ventose, tramite le quali si attaccano alle loro
vittime. Sono infatti parassiti ematofagi, e secernono irudina, un anticoagulante usato anche
in medicina. Esempio celebre è la sanguisuga.
PHYLUM ECHIURIDI
Questo phylum comprende poche specie, tutte marine. La metameria coinvolge solo la larva. Gli
adulti hanno un tronco globoso lungo fino a 8 cm, che sta sempre nascosto sotto la sabbia o nascosto
in nicchie di sabbia, e presentano una proboscide vermiforme, lunga anche un metro, con
terminazione variamente formata, che serve per nutrirsi di plancton. I sessi sono separati. La specie
tipicamente rappresentante questo phylum, in mediterraneo, è l'oliva di mare, Bonellia viridis. È
curioso sapere che gli esemplari che si incontrano sono tutte femmine, in quanto l'adulto maschio
è microscopico e parassita la proboscide della femmina.
PHYLUM ARTROPODI
Questo grosso phylum è quello che contiene il maggior numero di specie, tra tutti gli esseri viventi.
Sono state descritte, infatti, circa un milione di specie diverse. Gli artropodi vivono in qualsiasi
ambiente, acquatico, terrestre e aereo. Un artropode, come dice il nome, è caratterizzato dagli arti
dotati di articolazioni. Questo è un grosso vantaggio dal punto di vista della locomozione, in quanto
consente di raggiungere grandi possibilità di movimento e versatilità. Tutti quanti sono dotati di
esoscheletro di chitina, cosa che dona una protezione notevole, ma limita anche le potenzialità di
crescita, rendendo necessarie delle mute. Le dimensioni vanno da pochi decimi di millimetro a un
metro e mezzo.
Le appendici articolate non servono solo per la locomozione, ma sono state sviluppate per una
miriade di funzioni diverse, da quella sensoriale a quella riproduttiva, passando per la filatura della
seta, il volo e la nutrizione. Il corpo è diviso in segmenti, ognuno dei quali ha i suoi metameri. Esiste
un apparato circolatorio aperto, con un cuore specializzato; il respiratorio è branchiale negli
acquatici, a trachee o a polmoni nei terrestri. Il digerente è complesso, completo, con molte
ghiandole. La riproduzione è solo sessuata, con sessi separati e fecondazione interna per i terrestri,
esterna per gli acquatici. Il sistema nervoso è estremamente sviluppato, gangliare, con un
rudimentale cervello fatto da 3 coppie di gangli fusi tra loro. Ci sono recettori specializzati per molti
stimoli, negli arti (tattili), nelle antenne (chimici, termici), nello scheletro (audio) e negli occhi, che
possono essere semplici o composti.
SUBPHYLUM CHELICERATI:
Possiedono un paio di appendici preorali, i cheliceri, che
aiutano nella prensione del cibo; possiedono anche i
pedipalpi, nella regione orale, con funzioni varie, e 4 paia
di zampe. In questa categoria rientrano le seguenti classi:



Xifosuri: fossili viventi, marini. 4 specie, tra cui il
Limulus.
Pantopodi: i ragni di mare.
Aracnidi: solo terrestri, comprendono ragni,
scorpioni, acari e zecche.
SUBPHYLUM MANDIBOLATI:
Presentano 1 o 2 coppie di antenne, appendici preorali con funzione sensitiva, e 3 paia di appendici
orali per la presa e la triturazione: 2 mandibole e 4 mascelle. Diverse classi fanno parte di questa
categoria:




Crostacei: principalmente acquatici, con occhi
composti. Il numero di specie è elevato, come
la loro variabilità morfologica. Il loro nome
significa “animali dal rivestimento crostoso”,
ed è giustificato dal fatto che il carapace è
incrostato di carbonato di calcio, che lo
indurisce. Il carapace copre anche le branchie,
e termina in un rostro sopra gli occhi. Le
appendici sono bifide. Di questo Superordine
fanno parte specie a vita libera, come gamberi,
astici e granchi, e forme sessili come i cirripedi,
che si fanno trasportare da animali più grandi.
Insetti: tutti terrestri, moltissimi in grado di volare. Numerosissimi e importantissimi in una
miriade di campi applicativi.
Chilopodi: centopiedi, terrestri predatori
Miriapodi: millepiedi, si muovono molto più lentamente, e hanno occhi semplici.
PHYLUM ECHINODERMI
Animali “con la pelle ricoperta di spine”. Sono molto evoluti ed affini ai Vertebrati, anche se
all'apparenza non si direbbe. Sono tutti animali marini, bentonici. La larva ha simmetria bilaterale,
ma l'adulto, nella maggior parte dei casi, assume simmetria pentamera, su cinque assi passanti per
un centro. Il rivestimento esterno è un dermascheletro di carbonato di calcio, che forma spine. Si
muovono con un sistema idraulico, basato sui cosiddetti pedicelli ambulacrali. Questi vengono
utilizzati anche per la ricezione sensoriale, la respirazione e per aiutarsi nella nutrizione. Sebbene
possiedano uno sviluppato sistema muscolare, questo serve solo per muovere le braccia rispetto al
corpo.
La riproduzione è sessuata, con fecondazione interna. Ci sono 5 classi:
1. Asteroidei: le stelle di mare, dotate di solito di 5 braccia, anche
se esistono specie che ne hanno 6, 7, o addirittura 20. Sono
predatori, e si nutrono di coralli ed altre specie sessili.
2. Crinoidei: i gigli di mare. Molti possiedono un peduncolo e sono
sessili, altri sono in grado di nuotare o strisciano sul terreno. A
differenza degli altri, la bocca è rivolta verso l'alto, e le braccia
vengono usate per raccogliere il nutrimento, in modo simile ai
celenterati.
3. Oloturoidei: i cetrioli di mare, spesso chiamati anche con nomi
più coloriti. Hanno simmetria bilaterale secondaria, e lo
scheletro è ridotto. Le oloturie strisciano nella sabbia e si
nutrono di piccoli organismi. Per la presa dell'alimento hanno
dei tentacoli retrattili, anche molto ramificati, in numero
multiplo di 5.
4. Ofiuroidei: sono stelle marine molto specializzate, con braccia
lunghe e sottili e corpo piccolo e pentagonale. A causa della
grande motilità delle braccia i pedicelli, che perdono la loro
funzione di organi di movimento, sono ridotti. La bocca possiede
5 denti calcarei. Sono carnivore, e spesso usano le braccia anche
per portarsi il cibo alla bocca.
5. Echinoidi: i ricci di mare. Possiedono spine mobili, che sono
prolungamenti dell'endoscheletro, spesso dotate di ghiandole
velenifere sulla punta. Possiedono un rivestimento scheletrico
rigido, che protegge e porta le spine. La bocca è molto
sviluppata, costituita da 40 pezzi calcarei, tra cui 5 denti. Sono
onnivori, e l'intestino è conseguentemente molto sviluppato.
PHYLUM CORDATI
I cordati sono gli animali dotati di corda (detta anche notocorda), un cordone cavo che ha funzioni
di sostegno e porta dorsalmente il sistema nervoso, tubulare; oltre a questo presentano anche le
fessure branchiali. Comprende le specie più sviluppate in assoluto, insieme ad altre decisamente più
primitive; sebbene non sia il più numeroso comprende gli umani e molte delle specie più
rappresentative del panorama acquatico e terrestre. Per questo motivo verrà trattato in modo
particolarmente esaustivo. Cominceremo parlando brevemente degli acrani, il subphylum meno
complesso, per poi analizzare quello dei cranioti classe per classe.
SUBPHYLUM ACRANI
Come dice il nome, sono privi di cranio. Ne fanno parte gli urocordati
e i cefalocordati. Gli urocordati possiedono la notocorda solo nella
coda. Questa è presente solo nello stadio larvale, poi viene persa,
insieme a gran parte del sistema nervoso. Sono detti anche tunicati,
perché allo stadio adulto il corpo è ricoperto da una tunica
protettiva fatta di un materiale simile alla cellulosa. Fanno parte di
questa categoria le ascidie, la cui tunica presenta due aperture per
l'acqua, una di entrata e una di uscita. Sono animali sessili e
filtratori, dotati di branchie strettamente connesse con il faringe. Il
sistema circolatorio è aperto. Si possono riprodurre anche per
gemmazione, formando colonie numerose.
I cefalocordati sono anch'essi marini, e vivono nella sabbia. Non
hanno il cuore, ma un seno venoso sottile. Sono filtratori, ma non
sessili, infatti sono in grado di nuotare, anche se non sono
specializzati in questo. Conservano la notocorda e il tubo neurale per
tutta la vita. Hanno sessi separati e fecondazione esterna.
La pelle è trasparente e la metameria è molto evidente. Sono
chiamati tutti anfiossi.
SUBPHYLUM CRANIOTI
Meglio conosciuti come vertebrati, hanno un cranio che circonda l'encefalo, vero e proprio sistema
nervoso centrale. La notocorda viene circondata dalla colonna vertebrale, che ne sostituisce la
funzione e in più ricopre e protegge il tubo neurale. Questa fa parte dello scheletro, che è interno e
ha funzioni soprattutto di sostegno. Il cuore è composto da 2, 3 o 4 concamerazioni. Il sistema
riproduttivo e quello sensoriale sono molto sviluppati e specializzati.
Ci sono diverse classi: Agnati, Condroitti, Osteitti, Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi.
CLASSE AGNATI
Detti anche Ciclostomi: i due nomi significano “privi di
mandibola” e “dalla bocca circolare”. Sono tutti animali
acquatici, marini o fluviali. Hanno uno scheletro cartilagineo
ma sono privi di denti: la bocca tonda è fatta per succhiare.
Sono infatti parassiti dei pesci, attaccandosi alla pelle,
incidendola e succhiando il sangue. La loro pelle è molto
viscida. Comprendono le lamprede e le missine. La
riproduzione è a sessi separati, a fecondazione esterna, con
formazione di uova e larve, che hanno una vita molto più lunga degli adulti.
CLASSE CONDROITTI
Sono i pesci cartilaginei: non sono in grado di formare osso, tutto lo scheletro è fatto di cartilagine.
Sulla cute hanno squame dentellate, e presentano una coda asimmetrica secondo l'asse orizzontale.
Sono i primi a presentare un importantissimo organo sensoriale: la linea laterale, che è in grado di
captare le differenze di pressione date dal movimento dei pesci nei dintorni. Hanno numerose file
di denti appuntiti, e presentano da 5 a 7 fessure branchiali.
All'interno dello stomaco hanno una struttura particolare, la valvola spirale, simile a una vite, che
ruotando aumenta la capacità digestiva dell'organo. Si riproducono con fecondazione interna, e
depongono delle uova di forma tipica, da cui esce un giovane esemplare già completamente formato
e in grado di vivere da solo. Esistono due ordini, in
questa classe, con caratteristiche morfologiche
molto diverse: gli squaliformi hanno una coda che
serve per il nuoto, branchie laterali e forma
allungata. Sono predatori, con l'importante
eccezione dello squalo balena che si nutre di
plancton, di dimensioni anche notevoli. I raiformi,
invece, sono appiattiti, con le branchie ventrali,
pinne pettorali ampliate e utilizzate per il nuoto,
coda appuntita, spesso dotata di un aculeo
velenoso. Anche questi, tranne la manta, sono
predatori, ma d'aspetto: infatti stanno prevalentemente nascosti sotto la sabbia, in attesa della
preda.
CLASSE OSTEITTI
I pesci ossei sono le creature più note dell'ambiente
subacqueo. Hanno una importante evoluzione rispetto ai
cartilaginei, la vescica natatoria. Questa è un organo di
derivazione intestinale, che contiene gas e svolge
funzione di regolatore di assetto. Mentre gli squali
devono stare appoggiati al fondo o nuotare
continuamente per non affondare, i pesci ossei possono
stare in assetto neutro a comando, e concentrarsi su
altro. La vescica natatoria può anche essere collegata con
l'intestino, e, addirittura, nei Dipnoi può anche
funzionare come polmone, nel caso in cui il pesce venga a trovarsi fuori dall'acqua. La pelle di questi
animali è ricoperta da scaglie cornee, con funzione di protezione. La fessura branchiale è solo una,
ed è ricoperta da un opercolo, per proteggere questa struttura delicata.
CLASSE ANFIBI
Il loro nome significa “dalla doppia vita”. Infatti gli anfibi nascono
da una forma larvale che è acquatica e presenta le branchie. Da
adulti diventano poi terrestri, anche se mantengono un legame
molto forte con l'acqua. Sono dotati di un singolo polmone, ma
questo è ancora molto primitivo. Infatti da solo non basta per
garantire uno scambio di gas sufficiente a sostenere l'animale. Per
questo viene aiutato nella sua funzione dalla pelle e dalla cavità
orale. Hanno una lingua che può essere estroflessa rapidamente,
per catturare le prede grazie alle sostanze appiccicose di cui è
ricoperta. La fecondazione è esterna, ma avviene in acqua durante l'accoppiamento. Dalle uova
nascono numerosi girini che assomigliano a pesci con branchie esterne, ma gradualmente assumono
i caratteri dell'adulto, uno per volta. Negli anuri cambia anche abitudini alimentari. Alcuni anfibi
presentano neotenia: la capacità, cioè, di riprodursi (sessualmente) mentre ancora si trovano allo
stadio larvale. Questo è portato all'estremo in specie come l'Axolotl (Ambystoma mexicanum), che
non raggiungono mai lo stadio di adulto. Oltre a questo, come in alcuni pesci è possibile una
inversione sessuale di certi individui, per svariati motivi. Esistono due ordini di anfibi: gli anuri (senza
coda), cioè rane e rospi, e gli urodeli (con la coda) cioè tritoni e salamandre.
CLASSE RETTILI
Possiedono una pelle molto coriacea, che protegge
dall'evaporazione dell'acqua, ma necessita di mute durante
la crescita. Possono presentare squame e unghie. Possono
avere i denti, che possono anche essere cavi o solcati per
portare veleno. Il polmone è ancora unico, primitivo ma più
sviluppato di quello degli anfibi, con setti che aumentano la
superficie. La fecondazione è interna, e possono essere
vivipari, ovipari o ovovivipari.
 ORDINE CHELONI: sono i meno complessi; non hanno denti e formano un carapace
protettivo, più o meno rigido, attorno al corpo, al cui interno si possono rifugiare per
protezione. Le specie acquatiche sono carnivore, quelle terrestri sono erbivore. Tutte
depongono uova sotto terra, da cui nascono individui già formati. Comprendono le
tartarughe, terrestri, e le testuggini, acquatiche.
 ORDINE SAURI: hanno una coda ben sviluppata, e possono essere erbivori (come l'Iguana) o
carnivori (come il Camaleonte o il Varano).
 ORDINE OFIDI: serpenti. Durante l'evoluzione hanno perso gli arti, e hanno la mandibola non
articolata alla mascella. Molti sono dotati di denti del veleno. Tutti sono carnivori e predatori.
Non hanno lo sterno né le palpebre. Possono essere ovipari o ovovivipari. Alcuni sono
acquatici.
 ORDINE LORICATI: sono i rettili più specializzati. Hanno un cuore a 4 concamerazioni, con
circolazione doppia e completa. I coccodrilli hanno una coda potente, che usano per nuotare,
piedi palmati e una serie di adattamenti alla vita acquatica. Depongono uova, ma
amministrano cure parentali ai nuovi nati, diversamente dagli altri rettili.
CLASSE UCCELLI
In questa classe compaiono una serie di adattamenti del tutto nuovi: innanzitutto gli uccelli sono i
primi animali a sangue caldo. Non c'è più bisogno
dell'energia del sole per mantenere la temperatura
interna. Questo ha un costo in termini energetici, ma ha un
impatto sul rendimento del metabolismo che compensa
tutti gli svantaggi. In secondo luogo, gli uccelli, anche quelli
corridori, sono progettati per volare. Tutto il loro corpo è
modificato per stare sospesi dal terreno, per distanze brevi
o lunghe: lo scheletro viene alleggerito, quello di cui si può fare a meno si toglie (il becco rimpiazza
denti, mandibola e mascella) e il resto viene reso cavo e riempito di aria; gli organi genitali sono
ridotti ai minimi termini, e solo l'ovaio sinistro rimane funzionante (ma non nei rapaci); i polmoni
sono un concentrato di efficienza, anche più di quello dei mammiferi; il cuore è potente e stabile; i
muscoli sono forti, e hanno spazi d'attacco ampi; la pelle si ricopre di piume, in grado di proteggere
dal freddo e dall'acqua senza appesantire troppo, e di penne, in grado di muovere l'aria e dare
sostegno in volo.
Alcuni esemplari usano questa esperienza per muoversi sott'acqua: oltre ai pinguini, che non volano
e le cui ali sono diventate pinne efficaci, ci sono molti uccelli che pescano tranquillamente sotto la
superficie. Il cormorano, per esempio, dopo essersi tuffato è in grado di nuotare in apnea per
inseguire i pesci, battendo le ali. Altri, come le anatre, usano i piedi palmati per muoversi.
CLASSE MAMMIFERI
Il nome significa “portatori di mammelle”. Tutti i mammiferi allattano i loro piccoli, con modi e tempi
variabili. Oltre a questa novità la maggior parte dei mammiferi porta i propri figli all'interno del
corpo, durante tutta la gestazione, tenendoli attaccati strettamente tramite la placenta. L'apparato
digerente è molto sviluppato, come anche il respiratorio, ma il vero gioiello dei mammiferi è il
sistema nervoso, che raggiunge vette di complessità mai raggiunte prima, con ovvi vantaggi sulla
vita di relazione. Rispetto all'apparato riproduttore si differenziano in:



Prototeri: non hanno un utero completamente sviluppato, e infatti depongono delle uova.
Sono rappresentati da pochissime specie, tra cui l'ornitorinco, e sono localizzati
esclusivamente in Australia
Metateri: hanno due uteri distinti, ma non formano placenta. Il feto viene partorito ancora
immaturo, e raggiunge autonomamente la tasca ventrale della madre, nella quale viene
allattato e completa il suo sviluppo. Detti anche marsupiali, si trovano in Australia e Sud
America.
Euteri: presentano un solo utero, molto sviluppato, che in quelli meno complessi è diviso in
due metà da un setto; formano la placenta, di diversi tipi. Naturalmente esistono mammiferi
adattati alla vita marina. Questi appartengono a due ordini distinti:
1. Cetacei: i meglio adattati. Hanno perso gli arti inferiori, e la schiena termina con una
pinna orizzontale, usata per la locomozione; gli arti anteriori sono anch'essi a forma
di pinna, e servono per la direzione di movimento. Le cavità nasali sbucano in mezzo
alla fronte, in completa indipendenza dall'apparato digerente. Hanno dei polmoni
piccoli ma efficienti, e una muscolatura molto sviluppata, entro la quale riescono ad
immagazzinare grandi quantità di ossigeno, per resistere lunghi periodi in apnea.
Esistono anche altri adattamenti per le profondità, tra cui lo sterno disarticolato (per
permettere una compressione libera dei polmoni sotto la pressione idrostatica) e una
sorta
di
vescica
natatoria lipidica, per
controllare
l'assetto
(solo il capodoglio). A
seconda del tipo di
alimentazione
si
distinguono
in
Odontoceti, con i denti,
che si nutrono di pesci e altri animali marini macroscopici, tra cui delfini, orche e
capodogli, e Misticeti, con i fanoni, che si nutrono di plancton e altri esseri
microscopici, tra cui ci sono le balene.
2. Pinnipedi: si nutrono in acqua ma si muovono abbastanza tranquillamente anche
fuori. Conservano gli arti posteriori, che, seppur modificati per assomigliare a un paio
di pinne, riescono a sostenere e spingere il corpo anche sulla terraferma. Sono tutti
carnivori cacciatori e comprendono foche, leoni marini e trichechi.
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