TRA FIGURE PROFESSIONALI NUOVE E IDEE

San Leucio di Caserta, 29.11.2003
Scuola di Ateneo di Alta Formazione Europea ‘Jean Monnet’
della Seconda Università degli Studi di Napoli
TRA FIGURE PROFESSIONALI NUOVE E IDEE
DELL’EUROPA:
L’ETA’ DELLA RIVOLUZIONE GRIGIA
PRESENTAZIONE
DEL
MASTER
IN
PROGRAMMAZIONE
COMUNITARIA E FINANZIAMENTI EUROPEI
di Giuseppe LIMONE
Cittadini, Studenti, Amici dell’Università, Illustri
Interlocutori, Colleghi, Rappresentanti di Istituzioni
pubbliche e private, Eminenti Autorità, sig. Ministro,
1
E’ con un sentimento di speciale piacere che, anche a
nome del Consiglio scientifico del Corso, COLUI CHE QUI A
VOI OGGI PARLA, IN QUALITÀ DI DIRETTORE, VI
PRESENTA QUESTO MASTER.
Lo dico perché dietro di esso, dietro questo Master C’È
LA
PROIEZIONE
PROIEZIONE
DI
DI
UN’IDEA.
QUESTA
E
DIETRO
IDEA
LA
C’È
UN’INTERSEZIONE PRECISA DI INTENZIONI, che
ritengo qui necessario portare alla luce.
Lavoriamo da parecchi anni a questa idea. Primus in
intentione, ultimus in explicitatione.
PARTIAMO ORA DAL CONCRETO, E DICIAMOLO
PER GLI OPERATORI, PER I FUNZIONARI, PER I
LAUREATI, PER I CITTADINI CHE CI ASCOLTANO.
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Qual è l’obiettivo di questo Master?
Il bando è già pubblicato sulla Gazzetta, DAL 12
NOVEMBRE ULTIMO SCORSO (2003). Di esso e di altro si
daranno circostanziate notizie nel seguito della discussione e
nella brochure distribuita.
SARÀ, FRA L’ALTRO, PROSSIMAMENTE ATTIVO UN
SITO SU INTERNET, CON INDIRIZZO E-MAIL.
Intanto,
IL
CONSIGLIO
SCIENTIFICO
SI
È
PREMURATO DI PROROGARE I TERMINI DEL BANDO
DI UN ALTRO MESE, CON SCADENZA 12 GENNAIO, allo
scopo di consentire un’ampia partecipazione che non penalizzi
i meno informati.
Qual è l’obiettivo di questo Master? – dicevo.
E’ quello di mettere in condizione i partecipanti al Master
stesso di ANALIZZARE LE OPPORTUNITÀ OFFERTE
dalla Commissione Europea, di ELABORARE, GESTIRE E
RENDICONTARE
PROGETTI
FINANZIATI
DALLA
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COMMISSIONE EUROPEA STESSA, anche attraverso i
fondi strutturali, operando direttamente, o anche in
partenariato con imprese private, associazioni di categoria e
università.
QUINDI, il master si prefigge di fornire una
competenza specialistica a professionisti e funzionari di
organizzazioni pubbliche e private, per consentire di
formulare progetti per l’acquisizione di risorse della
Commissione Europea. Il master, perciò, mira a
formare figure professionali esperte in progettazione
comunitaria, dotate delle competenze necessarie a
interagire positivamente con l’insieme delle norme,
delle linee di azione e dei programmi promossi
dall’Unione Europea a sostegno delle imprese e delle
pubbliche amministrazioni per lo sviluppo locale del
territorio.
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Esso intende aprire un tesoro di opportunità ai singoli,
agli Enti, alle Aziende. Esso intende avvalersi dei maggiori
esperti del settore.
Non solo questo va detto. Una tale iniziativa si apre nel
contesto di un’ispirazione fondamentale che intende associare
valori culturali e valori professionali. E, in tale direzione, la
Scuola di Alta Formazione Europea “Jean Monnet” ha un
progetto, a latere, ambizioso. Creare un Centro permanente
di progettazione comunitaria. Ne parlerà dopo di me il prof.
Salvatore Messina.
Q UESTO MASTER, QUINDI, E’ UNA SCOMMESSA
IMPORTANTE.
UNA
CONSAPEVOLE
SCOMMESSA
CULTURALE E CIVILE. PERCHE’ ESSO LAVORA PER
UN’IDEA D’EUROPA – e, lasciatemi dire, PER UN’IDEA DI
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RISCATTO INTELLETTUALE E MORALE, A RESPIRO
EUROPEO.
OGGI BISOGNA ESSERE GLOBALI E LOCALI, si
dice. BISOGNA SPRIGIONARE LA FANTASIA DELL’
ESSERE ‘GLOCALI’.
Quale può essere il nostro modo di essere GLOCALI?
DIRO’ VELOCEMENTE.
Si tratta di una SCOMMESSA AMBIZIOSA.
Si tratta di una SCOMMESSA PROGETTUALE.
Si tratta di una SCOMMESSA CULTURALE.
Si tratta di tre linee che, per intendere le finalità e la
vocazione di questo Master, NON dovranno essere giammai
separate.
E’ anche la NOVITÀ di questa proposta. E, vorrei dire, È
LA SUA FORZA.
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Si tratta di porre LA QUESTIONE DELLA RISORSA
INTELLETTUALE COME LA NOSTRA PRINCIPALE
RISORSA,
METTENDOLA
AL
CENTRO
DI
UNA
PROSPETTIVA MILITANTE. E si tratta, al tempo stesso, di
porre
LA
QUESTIONE GEOPOLITICA
COME
LA
QUESTIONE DI UN’IDEA DELL’EUROPA.
POTREBBE SEMBRARE STRANO, MA NON DEVE
SEMBRARE STRANO, che io inizii il discorso questa
mattina partendo DA UNA PAROLA CHE SEMBRERÀ, A
TUTTA PRIMA, FUORI LUOGO. Parola anche troppo
abusata, oggi, e altrettanto poco capita. Questa parola è la
DIGNITA’.
Parlo di quella Dignità CHE È AL PRIMO POSTO
NELLA
GRADUATORIA
DEI
VALORI
DELLA
COSTITUZIONE ITALIANA E DELLA COSTITUZIONE
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TEDESCA (ricordo Erhardt Denninger, uno dei più grandi
costituzionalisti tedeschi, qui in questa sala) e parlo di quella
Dignità che È AL PRIMO POSTO NELLA TITOLAZIONE
DEL CATALOGO DEI PRINCIPI DELLA CARTA DI
NIZZA
E
DEL
PROGETTO
DI
COSTITUZIONE
EUROPEA.
E dico questa parola, la Dignità, senza enfasi, eppur
sapendo la grave responsabilità semantica che mi assumo nel
pronunciarla a proposito.
Perché non può esserci un futuro per l’Europa se non ci
sarà un’idea dell’Europa e non ci sarà futuro per un’idea
dell’Europa se alla base dell’ordinamento vivente cui aspira
non c’è la dignità. E si parla, qui, NON della ‘Dignità’ come
valore generale e astratto da ‘applicare’ secondo filiere di
giudizi qualificativi. MA DELLA DIGNITÀ DI UOMINI
CONCRETI, CHE VIVONO IL CRUDO TEMPO DEL
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QUOTIDIANO, CON I MILLE PROBLEMI URGENTI
CHE GLI ATTRAVERSANO LA VITA.
E’ solo se partiamo da questi uomini concreti in situazioni
concrete che possiamo incrociare come problema reale il
pluralismo dei valori. Altrimenti, incrociamo un tale nodo
come tema di salotto, secondo la classica maniera che Jean
Paul Sartre attribuiva all’intellettuale: L’INTELLETTUALE
È UN TALE CHE, APPENA AVVISTA UN PROBLEMA, CI
SCRIVE SU UN LIBRO.
Il pluralismo dei valori è vero se costa. Ed è vero se gira
lungo l’asse della dignità di ciascuno, con la sua cultura, con
le sue risorse, con le sue competenze, con la sua creatività. Si
tratta di una dignità che è chiamata a diventare come la
lingua di Dante. Che, come diceva il poeta, QUALIBET
REDOLET CIVITATE NEC CUBAT IN ULLA. Che è
dappertutto e in ogni punto, diventando il lessico circolante
comune.
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Questo Master nasce da due idee incrociate che si son
fatte più moduli d’insegnamento.
1. Non si può fare un Master come questo senza un’idea
dell’Europa.
2. Ma, al tempo stesso, non si farà un’idea dell’Europa
senza strumenti che investano nella principale risorsa
dell’uomo. Il suo cervello. Le sue doti. La sua ragione. La sua
fantasia. Le sue capacità. E, quindi, le istituzioni, i Comuni, le
aziende, gli operatori, i cittadini laboriosi.
SI TRATTA DI ATTIVARE – CIOE’ –
L’ULTIMA
VERA RIVOLUZIONE, LA RIVOLUZIONE GRIGIA. CHE
E’ LA RIVOLUZIONE DELLA MATERIA GRIGIA.
Credo ci sia, però, UNA RETE DI PARADOSSI DA
SVELARE DIETRO LA MAGLIA DI PENSIERI CHE
SOSTENGONO UN MASTER COME QUESTO.
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Perché, ad avviso di chi vi parla, un Master come questo
consente di sfatare tre pregiudizi e di snidare tre
contraddizioni.
1. VENIAMO AL PRIMO PREGIUDIZIO, CHE CELA
LA PRIMA CONTRADDIZIONE. E’ IL PREGIUDIZIO
DELL’OPPOSIZIONE FRA ETICA ED ECONOMIA. Finché
il pianeta non era veramente globalizzato, finché la scienza
non era così immediatamente invasiva, sembrava che i
concetti di etica ed economia avessero definitivamente
divorziato. Oggi la possibile catastrofe ha cambiato natura:
non è più solo l’idea di un paventato evento alle porte, ma è
diventata un criterio di interpretazione del mondo. Essa ci fa
capire ciò che già sapevamo: i lineamenti profondi
dell’economia politica. NEL MOMENTO IN CUI LA CASA
BRUCIA, SI SCOPRE LA MATERIALITÀ DELLE IDEE
CHE L’HANNO COSTRUITA. L’economia torna alla sua
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origine prima, che non è semplicemente l’utile, ma la casa
comune. L’economia è l’idea dell’ ‘oikos’, della casa comune.
Ce n’eravamo dimenticati. La lezione di Amartya Sen oggi è
stata l’aver rimesso con forza al centro del nostro problema
la forza di questa idea. Il rapporto fra economia e civiltà.
L’economia non è una scienza neutra. Ha bisogno di
ripensare sé stessa a partire dalla casa in cui sta. E, per
partire dalla casa in cui si sta, si ha bisogno di nuovi principi
e di una nuova cultura. Di una cultura del progetto. Di una
cultura delle idee.
2. VENIAMO AL SECONDO PREGIUDIZIO, CHE
CELA
LA
SECONDA
CONTRADDIZIONE.
E’
il
pregiudizio dell’opposizione fra principi e realtà concreta.
Parlo di quella realtà che arriva fino a quell’esperienza che è
la concretissima, quotidiana, banale. In tutto ciò c’è un
equivoco. I principi sono tali, cioè princìpi, a condizione che
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raggiungano la realtà concreta in ogni dove. UN PRINCIPIO
È
COME
LA
STRUTTURA
NERVOSA.
E
LA
STRUTTURA NERVOSA È TALE SE RAGGIUNGE, CON
LE PROPRIE TERMINAZIONI, OGNI PUNTO – ANCHE
IL MINIMO DETTAGLIO DELL’ORGANISMO IN CUI
S’INNERVA. In questo senso, l’occhio è il cervello. La mano
è il cervello. Ogni atto concretissimo della vita quotidiana è la
terminazione nervosa che in esso s’irradia e s’incrocia,
catturandolo
come
punto.
COSÌ,
OGNI
GESTO
PROFESSIONALE È IL SUO PRINCIPIO. Chi pensa ai
principi come a un salotto di pensieri separato dalla realtà, ha
scambiato la teoria vera con un luna park di disoccupati, anzi
di mal occupati. Kant diceva che se una cosa è vera in teoria e
non vera in pratica, significa che è sbagliata la teoria.
Un master come questo intende sottolineare CHE
PRENDERE SUL SERIO LA RISORSA INTELLETTUALE
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SIGNIFICA ANDARE A CERCARLA E CATTURARLA IN
OGNI ANGOLO DEL PAESE, DELLE PROVINCE, DEI
COMUNI, ALLO SCOPO DI FARNE UN VOLANO
INTELLIGENTE PER IL RISCATTO CIVILE. Si tratta di
una consapevolezza e di un’azione che può innescare una
rivoluzione. E’, come dicevo, la rivoluzione grigia, la
rivoluzionedella materia grigia. Che è tale ed efficace a
condizione che s’inscriva in una consapevolezza ideale e
civile.
Si pensi alla nuova cultura delle risorse intellettuali, alla
nuova cultura dell’ambiente, alla nuova necessaria cultura
delle scienze della vita.
Si pensi alla stessa questione tributaria e alla stessa
questione dei diritti dell’uomo, questioni molto più
intersecate di quanto superficialmente si possa credere.
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3. VENIAMO AL TERZO PREGIUDIZIO, CHE CELA
LA TERZA CONTRADDIZIONE. E’ IL PREGIUDIZIO
CHE
OPPONE
TECNOLOGIA
CULTURA
PROFESSIONALITÀ
E
CIVILE.
CULTURA.
E
CULTURA.
PROFESSIONALITÀ
PROFESSIONALITA’
E
E
DIRITTI
DELL’UOMO.
E’ un pregiudizio duro a morire. Tanto duro a morire che
continua a vivere anche in chi lo considera un pregiudizio.
Vediamo le linee della ricerca in Italia. Si parla di ricerca, ma
poi si separa ricerca umanistica da ricerca tecnologica. Si
separa la professionalità dalla cultura. Si separa la tecnologia
dalla consapevolezza filosofica dei diritti. E’ ESPERIENZA
DI TUTTI I GIORNI, AL DI LÀ DELLE FATUE
DECLAMAZIONI.
E’ come se fossimo costretti a decidere se avere
professionisti incolti o colti nullafacenti. Un’idea pericolosa
che abita spesso la mente anche di chi la contesta.
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Il sottoscritto ha potuto verificare come nella realtà, anche
nei rapporti con troppi colleghi, si parli di Diritti dell’uomo,
ma poi li si avversano di fatto. Anche nell’avversione reale
per le ‘scienze umane’. Anche nell’incapacità di capire che
esistono scienze dei valori. Anche nel contrastare dottorati
che non si reggono sulle armate delle tecnologie e dei loro
interessi economici. Anche nel parametrare la validità delle
scienze umane secondo i puri criteri dei POR. Predichiamo
bene e razzoliamo male. Non solo nel semplice senso che
siamo incoerenti nell’affermare, ma forse – ancora peggio –
nel senso più complesso che non capiamo nemmeno bene quel
che affermiamo, quando l’affermiamo. A tal punto lo spirito
acritico si è impadronito di noi.
Vorrei dire, qui, a questo proposito, che esiste una segreta
analogia fra la cultura come puro spettacolo di salotto e la
finanza come puro giuoco speculativo. Così come può esistere
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una segreta analogia fra la cultura come progetto fondato su
idee e l’economia come idea della casa comune.
Qualche giorno fa riflettevo a voce alta avendo alcuni di
voi come miei illustri interlocutori. Guardiamo il lessico
dell’etica e dell’economia – dicevo.
1. Si badi. Il ‘Commercio’ è scambio, tempo della
relazione e via della pace. Il ‘commercio’ è, linguisticamente,
il rapporto. Ed è il rapporto a fare l’umanità (Giambattista
Vico).
2. Si badi. Il ‘Valore’ è valore economico e valore etico.
3. La ‘Speculazione’ è valore economico e valore
sapienziale.
4. L’Investimento è valore economico e valore psicologico.
E si pensi – ancora – a Bourdieu: alla necessità di andare
oltre il capitale come valore economico: verso il capitale
simbolico. Chi ha capito a fondo questa lezione?
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In questo lessico è depositata la sapienza linguistica di
un’origine comune. Si veda la sapienza linguistica inscritta
nell’idea dell’economia intesa come casa comune. Si pensi alla
sapienza dell’etica intesa come sapienza delle condizioni
fondamentali a cui è sottoposta questa stessa casa comune se
il lessico in essa circolante è veramente la dignità di ognuno,
quasi come unità monetaria di etica comune.
C’è un’ambiguità del discorso sulla ricerca in Italia, che
cade in tutte e tre le contraddizioni indicate. Sia la prima, fra
etica ed economia; sia la seconda, fra principi e concretezza; sia
la terza, fra professionalità e cultura.
E’ il gap della cultura che non vede il suo gap.
NOI VORREMMO DARE, IN QUESTO MASTER, IL
SEGNO DI UN’INVERSIONE DI TENDENZA.
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Ma credo ci sia un’ambiguità pericolosa anche nel parlare
della dignità.
Il pericolo è che non si guardi a due livelli diversi del
significato della dignità e che si confonda, alla fine, il primo
col secondo. Credo sia un equivoco provocato dagli stessi
sacri testi costituzionali appena citati.
Esiste un’idea minimale della dignità. E’ la dignità
POVERA. La dignità dell’uomo inteso come essere che ha
bisogno di difesa e soccorso. E’ la dignità del ‘paziente
morale’. E’ la dignità come il minimo al di sotto del quale non
si deve scendere. Questa, mi si consenta, è un’idea minima
della dignità. Che può diventare, se isolata dall’altro livello di
significato, un’idea puramente difensiva, passiva, residuale.
Esiste, però, un altro livello della Dignità. E’ un’idea
RICCA della dignità. La dignità come diritto di esprimere le
proprie idee, le proprie capacità progettuali, la propria
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libertà di ideare. Si tratta di una dignità che, non esercitata,
ricade in forme regressive.
Alcuni la potrebbero chiamare la ‘dignità dell’agente
morale’, contrapposta alla dignità del ‘paziente morale’. Ma
sarebbe poco. Io parlerei, invece, DELLA DIGNITÀ
LIBERATA COME RISORSA. Dignità non solo come valore
minimo da proteggere, ma come valore massimo da liberare.
Che cosa significa in concreto questa Dignità?
Si tratta di svegliare i singoli territori. Le piccole e grandi
diramazioni dell’Europa. I piccoli Comuni. Le piccole
Aziende. I comuni cittadini. I singoli uomini d’Europa. Si
tratta di liberare i mille circuiti possibili che possono stabilire
altri ponti in Europa fra persone e strutture, spingendo a una
trasversalità virtuosa che spiazzi i vecchi centri burocratici e
ridisegni le vie della storia.
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Si tratta della tante dignità di Davide, non di quella di
Golia. Che la propria dignità se la riconosce da sé, con la
forza, considerandola esclusiva.
Un master come questo deve, quindi, saldare valori e
produzione. Principi e concretezza. Professionalità e cultura.
Spingendo a calare una cultura dei progetti dentro una
consapevolezza dell’idea dell’Europa. Un’idea dell’Europa
intesa non come puro artificio geografico nato per addizione.
Perché non per addizioni, ma per circolazione nasce un’idea
dell’Europa. Non si è mai visto un corpo emergere a vita per
addizione di membra. Né mai potrà un’idea prendere vita
per mere addizioni di aziende, di operatori, di cittadini – ma
non potrà prendere vita nemmeno senza di essi.
Esiste un’idea dell’Europa se non si parli solo della
dignità come il nocciolo minimale del sistema, ma come il
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motore del sistema e come il lessico comune di libertà che
s’intrecciano nel rispetto di una comune cornice. Un lessico
reale capace di corrervi dentro come energia circolante e
valorizzatrice.
Ma per far questo non bastano sentimenti. Occorrono
idee, capacità tecniche, cognizioni progettuali.
La ‘dignità’, per essere tale, deve essere ‘giustiziabile’.
Ma, accanto a una ‘dignità giustiziabile’, va ridestata la
‘dignità liberata’. Si tratta della dignità come riscatto civile
che sa che la principale risorsa di un Paese è il cervello e che
questo tesoro può essere dappertutto ridestato.
Ne può nascere un incendio virtuoso, che apre un circuito
simbolico
positivo,
dalle
potenzialità
imprevedibili
e
straordinarie.
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L’Università è, in questo senso, un presidio della società
civile e può destare i Comuni, anche e soprattutto i piccoli
Comuni, a questa consapevolezza di forza.
Questo master ha a suo fondamento l’idea che la
principale risorsa di un paese è la sua intelligenza, il suo
capitale intellettuale, Fatto di fantasia, di competenza, di
progetto, di conoscenze tecniche, di vita.
Ma questa risorsa deve stare dentro la cornice di un
capitale simbolico: l’idea d’Europa.
Come si sa, Thomas Kuhn, parlando de La struttura delle
rivoluzioni scientifiche, ha scritto che lo svolgimento della
scienza è segnata da salti culturali profondi, che scandiscono
un’intera epoca. Vorremmo oggi dire che la nostra epoca è
segnata dalla necessità di attivare la rivoluzione grigia, che
non abbiamo ancora sufficientemente capita.
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Bisogna, oggi, saper andare oltre l’idea dell’Obiettivo uno.
Svegliarsi all’idea di una circuitazione di progetti comunitari
trasversali che non attingano soltanto a risorse, MA CHE
PRODUCANO, COL SOSTEGNO CENTRALE, RISORSE.
Ma per fare questo occorrono idee, capacità tecniche,
manageriali, contabili. Nella cornice di un capitale simbolico
comune: l’Europa.
L’Europa non è un altro mercato, ma un’idea di civiltà.
Un’idea
di
appartenenza.
Un’idea
di
fondamento
simbolico comune è necessaria per pagare i costi della
solidarietà. Se non è questo, nessuno vorrà mai pagarli, questi
costi – e qui accadrà, per tutti noi che parliamo di ‘Europa’,
una misurazione precisa.
La scommessa difficile e pericolosa, da 15 a 25 Paesi,
potrà essere affrontata se all’interno dei loro comuni confini
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se ne aprirà, contemporaneamente un’altra, ancora più
difficile, quella della liberazione del capitale intellettuale ed
umano in un circuito e in un lessico di dignità.
Bisogna passare dalla retorica del pluralismo allo
screening dei costi del pluralismo di cui parliamo. Ma nessuno
vorrà pagare questi costi se non si sentirà davvero dentro una
casa comune.
Non occorre solo l’euro circolante. Non occorrono solo i
diritti dell’uomo come euro circolante. Occorrono i talenti
umani liberati come lessico comune.
Si tratta di attivare, appunto, una cultura della dignità.
Non solo quella povera. Non solo quella che ti dice: – ‘Tu sei
difeso nei tuoi bisogni’, ma quella che ti dice – ‘Tu sei liberato
nei tuoi talenti e nella tua professionalizzabile creatività’.
Perciò questo master ha, contemporaneamente, una
struttura professionalizzante e un’idea dell’Europa. Ha un
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corposo modulo professionalizzante e un modulo geopolitico.
Si tratta di una scommessa precisa e di un’indicazione di
direzione.
Se guardiamo, a questo punto, questa Dignità al suo livello
ricco, scopriamo che essa è una dignità cruciale e assorbente,
perché assorbe tutti gli altri valori. La solidarietà. La
giustizia. La cittadinanza. La pace.
Non solo. Scopriamo che getta una luce nuova sulla
‘sussidiarietà’, facendo sì che questa non diventi un puro
gioco strutturale di competenze, ma l’espressione povera di
un concetto molto più ricco. L’idea della libera individualità
generatrice. Parliamo della sussidiarietà vera, il cui vero
introduttore è Antonio Rosmini e la cui declinazione più
radicale è l’idea personalista. Parlo del personalismo
filosofico.
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Al fondo di questo discorso, si tratta di capire a fondo che
l’universale non è un dato, ma il luogo di una cornice. Si
tratta di capire che gli spazi della mediazione non si
conquistano senza una grande idea accomunate che preservi
per tutti l’essenziale. Si tratta di capire che è venuta la fine
del vecchio concetto di un ‘universale’ che si ‘applica’ per
determinazione dall’alto da parte di un detentore.
Mi avvio alla conclusione.
Per i fisici, c’è un’eco di fondo che accompagna l’universo
dalla data del big-bang. Vorrei pensare, qui, la dignità come
l’eco di fondo di un possibile universo-Europa. E – perché
no? – di un possibile universo-Pianeta. Ma a una condizione.
Che non si stia parlando di un’unità fondata su un puro
conglomerato di statistiche antropologiche, economiche e
geografiche.
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Ho una strana teoria. Il black out elettrico in Italia è stato
un esperimento filosofico. Quegli esperimenti che si fanno
misurando una cosa a partire dalla sua sottrazione
all’esistenza. Per far capire quanto sia illusorio il pensare di
aver già da sempre capito.
Forse l’energia elettrica, oggi, è la metafora del nostro
possibile lessico comune. Senza di essa, torniamo alle grida
fra gli alberi e ai segnali di fumo.
Avremo un’idea dell’Europa quando capiremo che, se non
troveremo nei valori della dignità creativa il nostro alfabeto
essenziale, torneremo alle grida fra gli alberi e ai segnali di
fumo.
Cultura delle idee è progetto e progetto è cultura delle
idee. Dietro un progetto c’è un’epistemologia. Dietro
un’epistemologia c’è l’esperienza di una vita. Dietro
l’esperienza di una vita c’è una filosofia.
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Potrà rimanere, a questo punto, forse spaesato qualcuno,
che si domanderà: ‘Che c’entra la filosofia?’. MA SARÀ,
FORTUNATAMENTE, SOLO QUALCUNO CHE NON HA
ANCORA CAPITO CHE COS’È LA FILOSOFIA.
Giuseppe LIMONE
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