San Leucio di Caserta, 29.11.2003 Scuola di Ateneo di Alta Formazione Europea ‘Jean Monnet’ della Seconda Università degli Studi di Napoli TRA FIGURE PROFESSIONALI NUOVE E IDEE DELL’EUROPA: L’ETA’ DELLA RIVOLUZIONE GRIGIA PRESENTAZIONE DEL MASTER IN PROGRAMMAZIONE COMUNITARIA E FINANZIAMENTI EUROPEI di Giuseppe LIMONE Cittadini, Studenti, Amici dell’Università, Illustri Interlocutori, Colleghi, Rappresentanti di Istituzioni pubbliche e private, Eminenti Autorità, sig. Ministro, 1 E’ con un sentimento di speciale piacere che, anche a nome del Consiglio scientifico del Corso, COLUI CHE QUI A VOI OGGI PARLA, IN QUALITÀ DI DIRETTORE, VI PRESENTA QUESTO MASTER. Lo dico perché dietro di esso, dietro questo Master C’È LA PROIEZIONE PROIEZIONE DI DI UN’IDEA. QUESTA E DIETRO IDEA LA C’È UN’INTERSEZIONE PRECISA DI INTENZIONI, che ritengo qui necessario portare alla luce. Lavoriamo da parecchi anni a questa idea. Primus in intentione, ultimus in explicitatione. PARTIAMO ORA DAL CONCRETO, E DICIAMOLO PER GLI OPERATORI, PER I FUNZIONARI, PER I LAUREATI, PER I CITTADINI CHE CI ASCOLTANO. 2 Qual è l’obiettivo di questo Master? Il bando è già pubblicato sulla Gazzetta, DAL 12 NOVEMBRE ULTIMO SCORSO (2003). Di esso e di altro si daranno circostanziate notizie nel seguito della discussione e nella brochure distribuita. SARÀ, FRA L’ALTRO, PROSSIMAMENTE ATTIVO UN SITO SU INTERNET, CON INDIRIZZO E-MAIL. Intanto, IL CONSIGLIO SCIENTIFICO SI È PREMURATO DI PROROGARE I TERMINI DEL BANDO DI UN ALTRO MESE, CON SCADENZA 12 GENNAIO, allo scopo di consentire un’ampia partecipazione che non penalizzi i meno informati. Qual è l’obiettivo di questo Master? – dicevo. E’ quello di mettere in condizione i partecipanti al Master stesso di ANALIZZARE LE OPPORTUNITÀ OFFERTE dalla Commissione Europea, di ELABORARE, GESTIRE E RENDICONTARE PROGETTI FINANZIATI DALLA 3 COMMISSIONE EUROPEA STESSA, anche attraverso i fondi strutturali, operando direttamente, o anche in partenariato con imprese private, associazioni di categoria e università. QUINDI, il master si prefigge di fornire una competenza specialistica a professionisti e funzionari di organizzazioni pubbliche e private, per consentire di formulare progetti per l’acquisizione di risorse della Commissione Europea. Il master, perciò, mira a formare figure professionali esperte in progettazione comunitaria, dotate delle competenze necessarie a interagire positivamente con l’insieme delle norme, delle linee di azione e dei programmi promossi dall’Unione Europea a sostegno delle imprese e delle pubbliche amministrazioni per lo sviluppo locale del territorio. 4 Esso intende aprire un tesoro di opportunità ai singoli, agli Enti, alle Aziende. Esso intende avvalersi dei maggiori esperti del settore. Non solo questo va detto. Una tale iniziativa si apre nel contesto di un’ispirazione fondamentale che intende associare valori culturali e valori professionali. E, in tale direzione, la Scuola di Alta Formazione Europea “Jean Monnet” ha un progetto, a latere, ambizioso. Creare un Centro permanente di progettazione comunitaria. Ne parlerà dopo di me il prof. Salvatore Messina. Q UESTO MASTER, QUINDI, E’ UNA SCOMMESSA IMPORTANTE. UNA CONSAPEVOLE SCOMMESSA CULTURALE E CIVILE. PERCHE’ ESSO LAVORA PER UN’IDEA D’EUROPA – e, lasciatemi dire, PER UN’IDEA DI 5 RISCATTO INTELLETTUALE E MORALE, A RESPIRO EUROPEO. OGGI BISOGNA ESSERE GLOBALI E LOCALI, si dice. BISOGNA SPRIGIONARE LA FANTASIA DELL’ ESSERE ‘GLOCALI’. Quale può essere il nostro modo di essere GLOCALI? DIRO’ VELOCEMENTE. Si tratta di una SCOMMESSA AMBIZIOSA. Si tratta di una SCOMMESSA PROGETTUALE. Si tratta di una SCOMMESSA CULTURALE. Si tratta di tre linee che, per intendere le finalità e la vocazione di questo Master, NON dovranno essere giammai separate. E’ anche la NOVITÀ di questa proposta. E, vorrei dire, È LA SUA FORZA. 6 Si tratta di porre LA QUESTIONE DELLA RISORSA INTELLETTUALE COME LA NOSTRA PRINCIPALE RISORSA, METTENDOLA AL CENTRO DI UNA PROSPETTIVA MILITANTE. E si tratta, al tempo stesso, di porre LA QUESTIONE GEOPOLITICA COME LA QUESTIONE DI UN’IDEA DELL’EUROPA. POTREBBE SEMBRARE STRANO, MA NON DEVE SEMBRARE STRANO, che io inizii il discorso questa mattina partendo DA UNA PAROLA CHE SEMBRERÀ, A TUTTA PRIMA, FUORI LUOGO. Parola anche troppo abusata, oggi, e altrettanto poco capita. Questa parola è la DIGNITA’. Parlo di quella Dignità CHE È AL PRIMO POSTO NELLA GRADUATORIA DEI VALORI DELLA COSTITUZIONE ITALIANA E DELLA COSTITUZIONE 7 TEDESCA (ricordo Erhardt Denninger, uno dei più grandi costituzionalisti tedeschi, qui in questa sala) e parlo di quella Dignità che È AL PRIMO POSTO NELLA TITOLAZIONE DEL CATALOGO DEI PRINCIPI DELLA CARTA DI NIZZA E DEL PROGETTO DI COSTITUZIONE EUROPEA. E dico questa parola, la Dignità, senza enfasi, eppur sapendo la grave responsabilità semantica che mi assumo nel pronunciarla a proposito. Perché non può esserci un futuro per l’Europa se non ci sarà un’idea dell’Europa e non ci sarà futuro per un’idea dell’Europa se alla base dell’ordinamento vivente cui aspira non c’è la dignità. E si parla, qui, NON della ‘Dignità’ come valore generale e astratto da ‘applicare’ secondo filiere di giudizi qualificativi. MA DELLA DIGNITÀ DI UOMINI CONCRETI, CHE VIVONO IL CRUDO TEMPO DEL 8 QUOTIDIANO, CON I MILLE PROBLEMI URGENTI CHE GLI ATTRAVERSANO LA VITA. E’ solo se partiamo da questi uomini concreti in situazioni concrete che possiamo incrociare come problema reale il pluralismo dei valori. Altrimenti, incrociamo un tale nodo come tema di salotto, secondo la classica maniera che Jean Paul Sartre attribuiva all’intellettuale: L’INTELLETTUALE È UN TALE CHE, APPENA AVVISTA UN PROBLEMA, CI SCRIVE SU UN LIBRO. Il pluralismo dei valori è vero se costa. Ed è vero se gira lungo l’asse della dignità di ciascuno, con la sua cultura, con le sue risorse, con le sue competenze, con la sua creatività. Si tratta di una dignità che è chiamata a diventare come la lingua di Dante. Che, come diceva il poeta, QUALIBET REDOLET CIVITATE NEC CUBAT IN ULLA. Che è dappertutto e in ogni punto, diventando il lessico circolante comune. 9 Questo Master nasce da due idee incrociate che si son fatte più moduli d’insegnamento. 1. Non si può fare un Master come questo senza un’idea dell’Europa. 2. Ma, al tempo stesso, non si farà un’idea dell’Europa senza strumenti che investano nella principale risorsa dell’uomo. Il suo cervello. Le sue doti. La sua ragione. La sua fantasia. Le sue capacità. E, quindi, le istituzioni, i Comuni, le aziende, gli operatori, i cittadini laboriosi. SI TRATTA DI ATTIVARE – CIOE’ – L’ULTIMA VERA RIVOLUZIONE, LA RIVOLUZIONE GRIGIA. CHE E’ LA RIVOLUZIONE DELLA MATERIA GRIGIA. Credo ci sia, però, UNA RETE DI PARADOSSI DA SVELARE DIETRO LA MAGLIA DI PENSIERI CHE SOSTENGONO UN MASTER COME QUESTO. 10 Perché, ad avviso di chi vi parla, un Master come questo consente di sfatare tre pregiudizi e di snidare tre contraddizioni. 1. VENIAMO AL PRIMO PREGIUDIZIO, CHE CELA LA PRIMA CONTRADDIZIONE. E’ IL PREGIUDIZIO DELL’OPPOSIZIONE FRA ETICA ED ECONOMIA. Finché il pianeta non era veramente globalizzato, finché la scienza non era così immediatamente invasiva, sembrava che i concetti di etica ed economia avessero definitivamente divorziato. Oggi la possibile catastrofe ha cambiato natura: non è più solo l’idea di un paventato evento alle porte, ma è diventata un criterio di interpretazione del mondo. Essa ci fa capire ciò che già sapevamo: i lineamenti profondi dell’economia politica. NEL MOMENTO IN CUI LA CASA BRUCIA, SI SCOPRE LA MATERIALITÀ DELLE IDEE CHE L’HANNO COSTRUITA. L’economia torna alla sua 11 origine prima, che non è semplicemente l’utile, ma la casa comune. L’economia è l’idea dell’ ‘oikos’, della casa comune. Ce n’eravamo dimenticati. La lezione di Amartya Sen oggi è stata l’aver rimesso con forza al centro del nostro problema la forza di questa idea. Il rapporto fra economia e civiltà. L’economia non è una scienza neutra. Ha bisogno di ripensare sé stessa a partire dalla casa in cui sta. E, per partire dalla casa in cui si sta, si ha bisogno di nuovi principi e di una nuova cultura. Di una cultura del progetto. Di una cultura delle idee. 2. VENIAMO AL SECONDO PREGIUDIZIO, CHE CELA LA SECONDA CONTRADDIZIONE. E’ il pregiudizio dell’opposizione fra principi e realtà concreta. Parlo di quella realtà che arriva fino a quell’esperienza che è la concretissima, quotidiana, banale. In tutto ciò c’è un equivoco. I principi sono tali, cioè princìpi, a condizione che 12 raggiungano la realtà concreta in ogni dove. UN PRINCIPIO È COME LA STRUTTURA NERVOSA. E LA STRUTTURA NERVOSA È TALE SE RAGGIUNGE, CON LE PROPRIE TERMINAZIONI, OGNI PUNTO – ANCHE IL MINIMO DETTAGLIO DELL’ORGANISMO IN CUI S’INNERVA. In questo senso, l’occhio è il cervello. La mano è il cervello. Ogni atto concretissimo della vita quotidiana è la terminazione nervosa che in esso s’irradia e s’incrocia, catturandolo come punto. COSÌ, OGNI GESTO PROFESSIONALE È IL SUO PRINCIPIO. Chi pensa ai principi come a un salotto di pensieri separato dalla realtà, ha scambiato la teoria vera con un luna park di disoccupati, anzi di mal occupati. Kant diceva che se una cosa è vera in teoria e non vera in pratica, significa che è sbagliata la teoria. Un master come questo intende sottolineare CHE PRENDERE SUL SERIO LA RISORSA INTELLETTUALE 13 SIGNIFICA ANDARE A CERCARLA E CATTURARLA IN OGNI ANGOLO DEL PAESE, DELLE PROVINCE, DEI COMUNI, ALLO SCOPO DI FARNE UN VOLANO INTELLIGENTE PER IL RISCATTO CIVILE. Si tratta di una consapevolezza e di un’azione che può innescare una rivoluzione. E’, come dicevo, la rivoluzione grigia, la rivoluzionedella materia grigia. Che è tale ed efficace a condizione che s’inscriva in una consapevolezza ideale e civile. Si pensi alla nuova cultura delle risorse intellettuali, alla nuova cultura dell’ambiente, alla nuova necessaria cultura delle scienze della vita. Si pensi alla stessa questione tributaria e alla stessa questione dei diritti dell’uomo, questioni molto più intersecate di quanto superficialmente si possa credere. 14 3. VENIAMO AL TERZO PREGIUDIZIO, CHE CELA LA TERZA CONTRADDIZIONE. E’ IL PREGIUDIZIO CHE OPPONE TECNOLOGIA CULTURA PROFESSIONALITÀ E CIVILE. CULTURA. E CULTURA. PROFESSIONALITÀ PROFESSIONALITA’ E E DIRITTI DELL’UOMO. E’ un pregiudizio duro a morire. Tanto duro a morire che continua a vivere anche in chi lo considera un pregiudizio. Vediamo le linee della ricerca in Italia. Si parla di ricerca, ma poi si separa ricerca umanistica da ricerca tecnologica. Si separa la professionalità dalla cultura. Si separa la tecnologia dalla consapevolezza filosofica dei diritti. E’ ESPERIENZA DI TUTTI I GIORNI, AL DI LÀ DELLE FATUE DECLAMAZIONI. E’ come se fossimo costretti a decidere se avere professionisti incolti o colti nullafacenti. Un’idea pericolosa che abita spesso la mente anche di chi la contesta. 15 Il sottoscritto ha potuto verificare come nella realtà, anche nei rapporti con troppi colleghi, si parli di Diritti dell’uomo, ma poi li si avversano di fatto. Anche nell’avversione reale per le ‘scienze umane’. Anche nell’incapacità di capire che esistono scienze dei valori. Anche nel contrastare dottorati che non si reggono sulle armate delle tecnologie e dei loro interessi economici. Anche nel parametrare la validità delle scienze umane secondo i puri criteri dei POR. Predichiamo bene e razzoliamo male. Non solo nel semplice senso che siamo incoerenti nell’affermare, ma forse – ancora peggio – nel senso più complesso che non capiamo nemmeno bene quel che affermiamo, quando l’affermiamo. A tal punto lo spirito acritico si è impadronito di noi. Vorrei dire, qui, a questo proposito, che esiste una segreta analogia fra la cultura come puro spettacolo di salotto e la finanza come puro giuoco speculativo. Così come può esistere 16 una segreta analogia fra la cultura come progetto fondato su idee e l’economia come idea della casa comune. Qualche giorno fa riflettevo a voce alta avendo alcuni di voi come miei illustri interlocutori. Guardiamo il lessico dell’etica e dell’economia – dicevo. 1. Si badi. Il ‘Commercio’ è scambio, tempo della relazione e via della pace. Il ‘commercio’ è, linguisticamente, il rapporto. Ed è il rapporto a fare l’umanità (Giambattista Vico). 2. Si badi. Il ‘Valore’ è valore economico e valore etico. 3. La ‘Speculazione’ è valore economico e valore sapienziale. 4. L’Investimento è valore economico e valore psicologico. E si pensi – ancora – a Bourdieu: alla necessità di andare oltre il capitale come valore economico: verso il capitale simbolico. Chi ha capito a fondo questa lezione? 17 In questo lessico è depositata la sapienza linguistica di un’origine comune. Si veda la sapienza linguistica inscritta nell’idea dell’economia intesa come casa comune. Si pensi alla sapienza dell’etica intesa come sapienza delle condizioni fondamentali a cui è sottoposta questa stessa casa comune se il lessico in essa circolante è veramente la dignità di ognuno, quasi come unità monetaria di etica comune. C’è un’ambiguità del discorso sulla ricerca in Italia, che cade in tutte e tre le contraddizioni indicate. Sia la prima, fra etica ed economia; sia la seconda, fra principi e concretezza; sia la terza, fra professionalità e cultura. E’ il gap della cultura che non vede il suo gap. NOI VORREMMO DARE, IN QUESTO MASTER, IL SEGNO DI UN’INVERSIONE DI TENDENZA. 18 Ma credo ci sia un’ambiguità pericolosa anche nel parlare della dignità. Il pericolo è che non si guardi a due livelli diversi del significato della dignità e che si confonda, alla fine, il primo col secondo. Credo sia un equivoco provocato dagli stessi sacri testi costituzionali appena citati. Esiste un’idea minimale della dignità. E’ la dignità POVERA. La dignità dell’uomo inteso come essere che ha bisogno di difesa e soccorso. E’ la dignità del ‘paziente morale’. E’ la dignità come il minimo al di sotto del quale non si deve scendere. Questa, mi si consenta, è un’idea minima della dignità. Che può diventare, se isolata dall’altro livello di significato, un’idea puramente difensiva, passiva, residuale. Esiste, però, un altro livello della Dignità. E’ un’idea RICCA della dignità. La dignità come diritto di esprimere le proprie idee, le proprie capacità progettuali, la propria 19 libertà di ideare. Si tratta di una dignità che, non esercitata, ricade in forme regressive. Alcuni la potrebbero chiamare la ‘dignità dell’agente morale’, contrapposta alla dignità del ‘paziente morale’. Ma sarebbe poco. Io parlerei, invece, DELLA DIGNITÀ LIBERATA COME RISORSA. Dignità non solo come valore minimo da proteggere, ma come valore massimo da liberare. Che cosa significa in concreto questa Dignità? Si tratta di svegliare i singoli territori. Le piccole e grandi diramazioni dell’Europa. I piccoli Comuni. Le piccole Aziende. I comuni cittadini. I singoli uomini d’Europa. Si tratta di liberare i mille circuiti possibili che possono stabilire altri ponti in Europa fra persone e strutture, spingendo a una trasversalità virtuosa che spiazzi i vecchi centri burocratici e ridisegni le vie della storia. 20 Si tratta della tante dignità di Davide, non di quella di Golia. Che la propria dignità se la riconosce da sé, con la forza, considerandola esclusiva. Un master come questo deve, quindi, saldare valori e produzione. Principi e concretezza. Professionalità e cultura. Spingendo a calare una cultura dei progetti dentro una consapevolezza dell’idea dell’Europa. Un’idea dell’Europa intesa non come puro artificio geografico nato per addizione. Perché non per addizioni, ma per circolazione nasce un’idea dell’Europa. Non si è mai visto un corpo emergere a vita per addizione di membra. Né mai potrà un’idea prendere vita per mere addizioni di aziende, di operatori, di cittadini – ma non potrà prendere vita nemmeno senza di essi. Esiste un’idea dell’Europa se non si parli solo della dignità come il nocciolo minimale del sistema, ma come il 21 motore del sistema e come il lessico comune di libertà che s’intrecciano nel rispetto di una comune cornice. Un lessico reale capace di corrervi dentro come energia circolante e valorizzatrice. Ma per far questo non bastano sentimenti. Occorrono idee, capacità tecniche, cognizioni progettuali. La ‘dignità’, per essere tale, deve essere ‘giustiziabile’. Ma, accanto a una ‘dignità giustiziabile’, va ridestata la ‘dignità liberata’. Si tratta della dignità come riscatto civile che sa che la principale risorsa di un Paese è il cervello e che questo tesoro può essere dappertutto ridestato. Ne può nascere un incendio virtuoso, che apre un circuito simbolico positivo, dalle potenzialità imprevedibili e straordinarie. 22 L’Università è, in questo senso, un presidio della società civile e può destare i Comuni, anche e soprattutto i piccoli Comuni, a questa consapevolezza di forza. Questo master ha a suo fondamento l’idea che la principale risorsa di un paese è la sua intelligenza, il suo capitale intellettuale, Fatto di fantasia, di competenza, di progetto, di conoscenze tecniche, di vita. Ma questa risorsa deve stare dentro la cornice di un capitale simbolico: l’idea d’Europa. Come si sa, Thomas Kuhn, parlando de La struttura delle rivoluzioni scientifiche, ha scritto che lo svolgimento della scienza è segnata da salti culturali profondi, che scandiscono un’intera epoca. Vorremmo oggi dire che la nostra epoca è segnata dalla necessità di attivare la rivoluzione grigia, che non abbiamo ancora sufficientemente capita. 23 Bisogna, oggi, saper andare oltre l’idea dell’Obiettivo uno. Svegliarsi all’idea di una circuitazione di progetti comunitari trasversali che non attingano soltanto a risorse, MA CHE PRODUCANO, COL SOSTEGNO CENTRALE, RISORSE. Ma per fare questo occorrono idee, capacità tecniche, manageriali, contabili. Nella cornice di un capitale simbolico comune: l’Europa. L’Europa non è un altro mercato, ma un’idea di civiltà. Un’idea di appartenenza. Un’idea di fondamento simbolico comune è necessaria per pagare i costi della solidarietà. Se non è questo, nessuno vorrà mai pagarli, questi costi – e qui accadrà, per tutti noi che parliamo di ‘Europa’, una misurazione precisa. La scommessa difficile e pericolosa, da 15 a 25 Paesi, potrà essere affrontata se all’interno dei loro comuni confini 24 se ne aprirà, contemporaneamente un’altra, ancora più difficile, quella della liberazione del capitale intellettuale ed umano in un circuito e in un lessico di dignità. Bisogna passare dalla retorica del pluralismo allo screening dei costi del pluralismo di cui parliamo. Ma nessuno vorrà pagare questi costi se non si sentirà davvero dentro una casa comune. Non occorre solo l’euro circolante. Non occorrono solo i diritti dell’uomo come euro circolante. Occorrono i talenti umani liberati come lessico comune. Si tratta di attivare, appunto, una cultura della dignità. Non solo quella povera. Non solo quella che ti dice: – ‘Tu sei difeso nei tuoi bisogni’, ma quella che ti dice – ‘Tu sei liberato nei tuoi talenti e nella tua professionalizzabile creatività’. Perciò questo master ha, contemporaneamente, una struttura professionalizzante e un’idea dell’Europa. Ha un 25 corposo modulo professionalizzante e un modulo geopolitico. Si tratta di una scommessa precisa e di un’indicazione di direzione. Se guardiamo, a questo punto, questa Dignità al suo livello ricco, scopriamo che essa è una dignità cruciale e assorbente, perché assorbe tutti gli altri valori. La solidarietà. La giustizia. La cittadinanza. La pace. Non solo. Scopriamo che getta una luce nuova sulla ‘sussidiarietà’, facendo sì che questa non diventi un puro gioco strutturale di competenze, ma l’espressione povera di un concetto molto più ricco. L’idea della libera individualità generatrice. Parliamo della sussidiarietà vera, il cui vero introduttore è Antonio Rosmini e la cui declinazione più radicale è l’idea personalista. Parlo del personalismo filosofico. 26 Al fondo di questo discorso, si tratta di capire a fondo che l’universale non è un dato, ma il luogo di una cornice. Si tratta di capire che gli spazi della mediazione non si conquistano senza una grande idea accomunate che preservi per tutti l’essenziale. Si tratta di capire che è venuta la fine del vecchio concetto di un ‘universale’ che si ‘applica’ per determinazione dall’alto da parte di un detentore. Mi avvio alla conclusione. Per i fisici, c’è un’eco di fondo che accompagna l’universo dalla data del big-bang. Vorrei pensare, qui, la dignità come l’eco di fondo di un possibile universo-Europa. E – perché no? – di un possibile universo-Pianeta. Ma a una condizione. Che non si stia parlando di un’unità fondata su un puro conglomerato di statistiche antropologiche, economiche e geografiche. 27 Ho una strana teoria. Il black out elettrico in Italia è stato un esperimento filosofico. Quegli esperimenti che si fanno misurando una cosa a partire dalla sua sottrazione all’esistenza. Per far capire quanto sia illusorio il pensare di aver già da sempre capito. Forse l’energia elettrica, oggi, è la metafora del nostro possibile lessico comune. Senza di essa, torniamo alle grida fra gli alberi e ai segnali di fumo. Avremo un’idea dell’Europa quando capiremo che, se non troveremo nei valori della dignità creativa il nostro alfabeto essenziale, torneremo alle grida fra gli alberi e ai segnali di fumo. Cultura delle idee è progetto e progetto è cultura delle idee. Dietro un progetto c’è un’epistemologia. Dietro un’epistemologia c’è l’esperienza di una vita. Dietro l’esperienza di una vita c’è una filosofia. 28 Potrà rimanere, a questo punto, forse spaesato qualcuno, che si domanderà: ‘Che c’entra la filosofia?’. MA SARÀ, FORTUNATAMENTE, SOLO QUALCUNO CHE NON HA ANCORA CAPITO CHE COS’È LA FILOSOFIA. Giuseppe LIMONE ---------------------------------------------------------------- 29 30