4
S
in alute
Vedere bene
per vivere meglio
info
➔ INDIRIZZI INTERNET
Alcuni siti utili per saperne di più sul metodo Bates e sulla sua applicazione:
www.visionebenessere.it
www.centralfixation.net
www.metodobates.it
www.energeticadellavista.it
I difetti della vista sono in aumento in tutto il mondo industrializzato, tanto che una recente indagine
effettuata negli USA ha rilevato che nel nord America la popolazione che porta gli occhiali è ormai superiore
a quella che non ne ha bisogno. Tuttavia non sempre gli occhiali o le lenti a contatto possono risolvere i
problemi visivi, e l’aumento degli interventi di chirurgia refrattiva dimostra che anche quando costituiscono
una soluzione efficace spesso risultano compagni scomodi. Tutto ciò, unito all’attenzione sempre maggiore
per le cure “dolci” e naturali tipica della nostra epoca, ha riportato in auge alcune terapie alternative finora
poco note ma non per questo inefficaci, come il metodo Bates per la cura dei disturbi visivi.
METODO BATES
N
el 1896 un medico e insegnante di oftalmologia
del New Jersey, William
Horatio Bates, decise di
rinunciare agli impegni
ospedalieri della sua professione
per dedicarsi alla sperimentazione
di un metodo innovativo per la cura
dei disturbi visivi: una scelta
che cambiò non solo la
sua vita, ma anche
quella di migliaia di persone che da
allora si sono
sottoposte a
questo nuovo
tipo di terapia.
Bates sosteneva
infatti che i difetti della vista (miopia, astigmatismo, presbiopia, ma anche cataratta
o strabismo) possono essere curati - e spesso guariti rieducando il paziente a vedere in modo corretto. La visione
è infatti un processo molto complesso che coinvolge non solo gli occhi
ma anche la mente, entrando in comunicazione con tutto il nostro essere a livello sia organico sia psichico. La terapia dei disturbi della vista
deve perciò intervenire sulla persona nel suo complesso, per consentirle, grazie alla riacquisita capacità
di mantenere in uno stato di rilassamento dinamico il sistema occhiomente, di imparare nuovamente ad
utilizzare nel modo più naturale le
proprie capacità visive.
Come si può raggiungere questo risultato? La risposta deve innanzitutto tenere conto di un’osservazione
fondamentale: non è possibile costringere volontariamente il sistema
visivo a “lavorare” correttamente,
ma lo si può fare in modo indiretto,
per mezzo di tecniche particolari.
Ecco alcune fra le più importanti:
• la lettura di caratteri molto piccoli, che insegna ad utilizzare la vista
mettendo a fuoco effettivamente solo ciò che ci interessa guardare
(molte persone con disturbi della vista hanno infatti perso la capacità di
“esplorare” gli oggetti con gli occhi,
e tendono quindi o a fissarli o a far
scorrere lo sguardo in modo vago su
di essi, senza metterli bene a fuoco);
• la visualizzazione mentale, ad occhi chiusi, di particolari figure (in
movimento e non) o di uno scher-
mo nero (ciò consente di lavorare
anche sulla percezione ed elaborazione mentale delle immagini);
• il rilassamento del corpo mediante movimenti specifici, soprattutto
di dondolamento;
• l’abitudine all’ammiccamento
(sbattere le palpebre): come Bates
poté constatare, infatti,
chi ha un difetto visivo
tende a fare questo
semplice e naturale
movimento molto
meno spesso
del normale;
• il sunning,
cioè l’esposizione al sole degli occhi chiusi,
per sollecitarne
l’attività fisiologica e combattere la
fotofobia (intolleranza alla luce, soprattutto se intensa, che si associa a molti
disturbi della vista);
• il palming, ossia appoggiare
i palmi delle mani “a cucchiaio” sugli occhi, per facilitarne il rilassamento nel buio totale.
Alcune persone possono trarre più
beneficio da alcune tecniche piuttosto che da altre, in relazione non solo al tipo di difetto visivo, ma anche
alla propria personalità e al proprio
“modo di vedere”. Bates interveniva
in modo personalizzato su ogni paziente, ma consigliava sempre a tutti di non “sforzarsi” di vedere meglio: ciò avrebbe infatti impedito il
processo di rilassamento provocando nel sistema occhio-mente una
tensione nociva, col risultato di
ostacolare il processo di rieducazione visiva.
Come Bates sottolineava, anche dopo aver riacquisito la capacità di ve-
OCCHIALI: SI’ O NO?
Nei confronti dell’uso degli occhiali
Bates assunse in linea di principio
una posizione di rifiuto, mitigata però
dal buon senso: nonostante sostenesse l’importanza di indossarli il meno
possibile, egli ammoniva infatti i pazienti a non abbandonarne subito
l’uso, soprattutto in situazioni in cui
una buona visione è fondamentale
(come ad esempio la guida di un veicolo).
dere correttamente è necessario continuare a mettere in pratica le tecniche finché il sistema visivo sarà in
grado di applicare in modo permanente il metodo di visione corretto,
facendo sì che esso si sostituisca in
modo totale e completamente automatico alle scorrette abitudini instauratesi in presenza del disturbo
visivo.
È possibile applicare il metodo Bates da autodidatti, semplicemente
eseguendo le tecniche proposte; tuttavia, proprio perché la loro esecuzione richiede particolari accorgimenti che è difficile mantenere in
modo volontario (come ad esempio
“non sforzarsi” di guardare) è sempre meglio essere affiancati da una
persona esperta in questo metodo di
rieducazione, che possa fungere da
“guida” controllando che le tecniche eseguite non siano vanificate da
uno scorretto metodo di applicazione.
Esistono numerose testimonianze
dell’efficacia del metodo Bates nella
cura dei disturbi visivi; tuttavia esso
fu molto osteggiato dalla comunità
medica del tempo, scarsamente propensa a riconoscere la validità di terapie poco “scientifiche” e non basate su interventi tradizionali (somministrazione di farmaci o prescrizione di ausili quali gli occhiali).
Ancora oggi il metodo Bates ha molti detrattori, ma la visione olistica
dell’uomo e la particolare attenzione alle cure “dolci” e naturali tipiche dei nostri tempi hanno provocato un positivo ritorno di interesse
nei suoi confronti. Inoltre, il fatto
che queste tecniche possano portare
ad un miglioramento della vista ma
non sempre al suo totale recupero è
oggi accettato con più facilità rispetto all’epoca di Bates, poiché la no-
Nei casi in cui è possibile, egli consigliava l’uso di una correzione con lenti
leggermente inferiore a quella necessaria, per abituare gradualmente il sistema visivo a “farcela da solo”.
Gli occhiali, infatti, sono per chi ha
una vista imperfetta come le stampelle per chi ha una gamba rotta: possono servire come ausilio nel corso della “riabilitazione”, ma se li si adotta in
permanenza non sarà possibile recuperare le proprie potenzialità visive.
stra cultura attuale valuta in modo
positivo tutto ciò che contribuisce
al miglioramento della qualità della
vita, sfatando il mito dell’uomo
“perfetto” a favore dell’idea di un
benessere giudicato in modo soggettivo e individuale.
Nel 1919 Bates descrisse il suo metodo in un libro intitolato “Perfect
sight without glasses” (“Vista perfetta senza occhiali”), che pubblicò interamente a sue spese. A quest’opera se ne sono aggiunte, col tempo,
molte altre, scritte da coloro che misero in pratica - come medici o come pazienti - questo metodo: uno
dei libri più scorrevoli ed interessanti è certamente “Help yourself to
better sight” (tradotto in italiano con
“Vedere meglio senza occhiali”) di
Margaret Darst Corbett, che fu assistente del dottor Bates (il testo è disponibile, in traduzione italiana, sul
sito www.metodobates.it).
Ma William Bates non fu solo l’inventore di questo rivoluzionario
metodo di rieducazione visiva. Egli
fu anche un medico e uno scienziato sempre alla ricerca di nuove e
più efficaci terapie negli ambiti
dell’oftalmologia e dell’otorinolaringoiatria. A lui si deve l’introduzione, nel 1886, di un innovativo intervento chirurgico per la sordità permanente, che consisteva nel praticare piccole incisioni sulla membrana
del timpano. La sua scoperta più
importante avvenne nel 1894, quando, mentre studiava l’effetto esercitato sull’occhio dai principi attivi
delle ghiandole endocrine, identificò per primo le proprietà
dell’adrenalina.
L’aspetto forse più particolare della
figura del dottor Bates consiste però
nella sua straordinaria passione per
la medicina intesa soprattutto come
ricerca del benessere della persona.
Egli curava i suoi pazienti con
un’attenzione amorevole, mirando
non solo a correggere i loro difetti
visivi, ma anche e soprattutto a “farli star bene”. Fu proprio a questo
scopo che scelse coraggiosamente di
discostarsi dalla medicina ufficiale
del tempo, rinunciando alla carriera
per dedicarsi alla sua originaria vocazione di medico nel significato
più alto del termine, cioè come colui che intende la cura come strumento per far vivere meglio le persone.
Ada Moretti