Pe14-4 27-05-2003 14:33 Pagina 1 La pubblicità 14.4 1 LA PUBBLICITÀ Oltre a fissare i prezzi o le quantità, scegliere gli investimenti ed esercitare pressioni sulle autorità, le imprese intraprendono molte altre azioni strategiche per aumentare i propri profitti. Una delle più importanti è l’impiego della pubblicità. Vi sembra di vedere e rivedere sempre lo stesso messaggio pubblicitario in televisione? Non vi sbagliate. Nel luglio del 1998, i messaggi pubblicitari di Burger King apparvero sulla rete televisiva nazionale statunitense e sulla TV via cavo 4718 volte; quelli di McDonald’s apparvero 3686 volte; quelli di 1-800-COLLECT (un servizio di telefonate a carico del destinatario) 2799 volte; quelli di 10-10-321 (un servizio telefonico) 2730 volte e quelli di Geico Auto Insurance (una società di assicurazione) 2569 volte.15 Anche il Dipartimento statunitense per le statistiche nazionali partecipò al bombardamento pubblicitario televisivo, trasmettendo messaggi pubblicitari (volti a raggiungere ogni adulto almeno 36 volte e qualcuno persino 120 volte) per esortare gli spettatori a collaborare nel censimento del 2000. La pubblicità è solo uno dei modi possibili per promuovere un prodotto. Tra le altre attività promozionali annoveriamo l’offerta di campioni gratuiti e l’impiego di agenti di vendita. Alcune tattiche promozionali sono piuttosto sottili. Per esempio, i supermercati dispongono i cereali a elevato contenuto zuccherino per la colazione sugli scaffali più bassi, in modo che essi si trovino all’altezza dell’occhio del bambino. Secondo un’indagine svolta dall’organizzazione non profit Center for Science in the Public Interest, in 27 supermercati situati su tutto il territorio nazionale statunitense la posizione media di 10 marche attraenti per i bambini (44% di zucchero) corrispondeva allo scaffale più vicino al pavimento, mentre la posizione media di 10 marche per adulti (10% di zucchero) corrispondeva allo scaffale più alto. Prima del 1991, la pubblicità sui mass media (messaggi pubblicitari su televisione, radio, quotidiani e riviste) assorbiva la quota maggiore dei budget per il marketing. Dal 1991 la quota maggiore è stata conquistata dalle promozioni per i consumatori (omaggi, vendite abbinate, buoni, concorsi e altro). Per esempio, nell’estate del 1994, Frito-Lay (una divisione di PepsiCo specializzata in snack) spese tutto il proprio budget di marketing per sponsorizzare il tour di concerti della cantante country Reba McEntire.16 Iniziamo la nostra analisi esaminando la pubblicità (o le altre attività promozionali) attuata da un monopolio, che non ha rivali. Consideriamo poi la pubblicità strategica di un duopolio, ove ogni impresa pubblicizza i propri prodotti per attrarre i consumatori sottraendoli al rivale. La pubblicità del monopolio Un monopolista pubblicizza i propri prodotti per aumentare i profitti. Una campagna pubblicitaria riuscita sposta la curva di domanda di mercato modificando i gusti dei consumatori o fornendo informazioni sui nuovi prodotti. Il monopolista potrebbe essere in grado di cambiare i gusti di alcuni consumatori informandoli che un atleta o un attore famoso utilizzano un certo prodotto; i bambini e gli adolescenti sono spesso l’obiettivo di questo tipo di pubblicità (si consulti a questo proposito il 15 16 Enrico, Dottie, “On the Spot”, TV Guide, 19 settembre 1998:10. “Wilma! What Happened to the Plain Old Ad?”, Business Week, 3375, 6 giugno 1994:54. Pe14-4 27-05-2003 2 14:33 Pagina 2 CAPITOLO 14 Le strategie sito www.awlonline.com/perloff, la sezione “Smoking Gun Evidence?” per un’analisi della pubblicità della sigarette rivolta ai giovani). Se il messaggio pubblicitario convince alcuni consumatori che essi non possono vivere senza il prodotto, la curva di domanda del monopolio potrebbe spostarsi verso l’esterno e diventare meno elastica nel nuovo equilibrio, ove l’impresa chiede un prezzo maggiore (Capitolo 11). Se l’impresa informa i potenziali consumatori a proposito di un nuovo utilizzo del proprio prodotto (per esempio, “il petrolato protegge le labbra prevenendo le screpolature”), la domanda in corrispondenza di ogni prezzo aumenta. Applicazione LA PUBBLICITÀ DEI FARMACI Una nuova tendenza pubblicitaria piuttosto importante è la pubblicità che le case farmaceutiche rivolgono direttamente al consumatore finale. I messaggi esortano gli spettatori televisivi a chiedere al proprio medico determinati farmaci vendibili solo su prescrizione. Prima del 1997 le imprese farmaceutiche si rivolgevano esclusivamente ai medici e ai farmacisti poiché ogni messaggio pubblicitario doveva includere informazioni dettagliate a proposito degli effetti collaterali. Nel 1997 la Food and Drug Administration degli Stati Uniti (FDA) attenuò le proprie leggi in materia di pubblicità: i messaggi pubblicitari erano ritenuti accettabili se si attenevano agli utilizzi approvati da FDA e informavano gli spettatori su come ottenere ulteriori dettagli. Presto la FDA richiese che venissero rivelati gli effetti collaterali più gravi e diffusi. In seguito al cambiamento delle leggi nel 1997, la spesa annuale delle case farmaceutiche negli Stati Uniti per i messaggi pubblicitari triplicò, giungendo a oltre 60 milioni di dollari per Pravachol (un farmaco che riduce il colesterolo) e Allegra (che allevia i sintomi delle allergie); la crescita del fatturato dal 1997 al 1998 ammontava al 16% per Pravachol e al 105% per Allegra. La spesa mensile di circa 100 milioni di dollari per la pubblicità rivolta ai consumatori nel 1998 era quasi cinque volte tanto quella relativa a tre anni prima. Uno dei primi messaggi pubblicitari rivolti direttamente ai consumatori da Schering-Plough per Claritin, un cosiddetto antistaminico non sedativo, fece diventare il farmaco uno dei nomi di marca più richiesti in un’indagine medica: le vendite aumentarono del 40% l’anno successivo alla messa in onda di messaggi pubblicitari televisivi che presentavano una mongolfiera fluttuante sulle note di “Blue Skies” di Irving Berlin. Nel 1999 la società spese una stima di 166 milioni di dollari per pubblicizzare Claritin. Queste nuove promozioni stanno funzionando. Secondo un sondaggio effettuato negli Stati Uniti, l’80% dei pazienti e dei medici hanno visto messaggi pubblicitari di farmaci, il 27% dei pazienti che assumono farmaci vendibili solo su prescrizione affermano di aver parlato con il proprio medico di un farmaco che avevano visto pubblicizzato e il 7% sostengono di aver chiesto al medico di prescrivere loro un farmaco pubblicizzato. Quando ai pazienti venne chiesto come avrebbero reagito se il medico si fosse rifiutato di prescrivere tale farmaco, un quarto rispose che avrebbe cercato la prescrizione altrove e il 15% affermò che avrebbe riflettuto sull’eventualità di lasciare il proprio medico. I 10 farmaci oggetto delle campagne pubblicitarie più massicce furono responsabili del 22% dell’aumento totale della spesa dei consumatori per tutti i farmaci negli ultimi cinque anni. La decisione di pubblicità. Anche se la pubblicità riesce a spostare la domanda, a un’impresa potrebbe non convenire pubblicizzare i propri prodotti. Se la pubblicità sposta la domanda verso l’esterno o la rende meno elastica, il profitto lordo dell’impresa, che non considera il costo della pubblicità, deve aumentare. L’impresa attua tuttavia la campagna pubblicitaria solo se si aspetta un aumento del proprio profitto netto (la differenza tra il profitto lordo e il costo della pubblicità). Nella Figura 14.9 illustriamo il processo decisionale di un monopolio ricorrendo all’esempio di Coca-Cola e Pepsi presentato nel Capitolo 13. Inizialmente, suppo- Pe14-4 27-05-2003 14:33 Pagina 3 La pubblicità 3 Figura 14.9 La pubblicità. Supponete che Coca-Cola sia un monopolista. Se essa non pubblicizza i suoi prodotti, la sua curva di domanda è D1. Al suo livello attuale di pubblicità, la sua curva di domanda è D2: la pubblicità aumenta il profitto lordo di CocaCola (che non considera il costo della pubblicità) portandolo da π1 a π2 = π1 + B. Se quindi il costo della pubblicità è inferiore al beneficio da essa apportato, B, il profitto netto di Coca-Cola (la differenza tra il profitto lordo e il costo della pubblicità) aumenta. nete che Coca-Cola sia un monopolio negli Stati Uniti; se non pubblicizza i propri prodotti, l’impresa è soggetta alla curva di domanda D1 (sulla base delle stime di Gasmi, Laffont e Vuong, 1992); se invece fa pubblicità al livello corrente, la sua curva di domanda si sposta da D1 a D2. Il costo marginale di Coca-Cola, MC, è costante e pari al costo medio, AC, di $ 5 per unità (10 cassette). Prima della pubblicità, Coca-Cola sceglie la propria quantità, Q1 = 24 milioni di unità, ove il costo marginale è pari al ricavo marginale, MR1, corrispondente alla sua curva di domanda, D1. Il monopolista massimizza i suoi profitti nel punto e1 vendendo a un prezzo p1 = $ 11. Il profitto del monopolista, π1, è un rettangolo con altezza pari alla differenza tra il prezzo e il costo medio, ossia $ 6 (= $ 11 − $ 5) per unità, e lunghezza pari alla quantità, ossia 24 unità (decine di milioni di cassette di lattine da trentatre centilitri). Dopo che la campagna pubblicitaria (con orsi polari danzanti o altro) sposta la curva di domanda a D2, Coca-Cola sceglie una quantità maggiore, Q2 = 28, ove si intersecano le curve MR2 e MC. Nel nuovo equilibrio, e2, Coca-Cola chiede il prezzo p2 = $ 12. Nonostante il prezzo più elevato, Coca-Cola vende una quantità Pe14-4 27-05-2003 4 14:33 Pagina 4 CAPITOLO 14 Le strategie maggiore dopo la pubblicità grazie allo spostamento verso l’esterno della propria curva di domanda. Il risultato è che il profitto lordo di Coca-Cola aumenta di più del 36%. Il nuovo profitto lordo di Coca-Cola è il rettangolo π1 + B, con altezza pari alla differenza tra il nuovo prezzo e il costo medio, $ 7, e lunghezza pari alla quantità, 28. Quindi il beneficio, B, che Coca-Cola trae dalla pubblicità a tale livello corrisponde all’incremento del profitto lordo. Se il costo della pubblicità è inferiore a B, il profitto netto aumenta e a Coca-Cola conviene pubblicizzare i propri prodotti a tale livello piuttosto che non pubblicizzarli. Il livello di pubblicità. In generale, quanta pubblicità dovrebbe attuare un monopolista per massimizzare il profitto netto? Per rispondere a tale domanda consideriamo che cosa accade se il monopolista aumenta o riduce la spesa in pubblicità di € 1, che è il costo marginale di una unità aggiuntiva di pubblicità. Se un monopolista spende un euro in più in pubblicità e il profitto lordo aumenta di una somma maggiore di un euro, il profitto netto incrementa, quindi la pubblicità aggiuntiva conviene. Al contrario, il monopolista dovrebbe ridurre la pubblicità se l’ultimo euro speso in pubblicità aumenta il profitto lordo in misura minore di € 1, con diminuzione del profitto netto. Il livello di pubblicità del monopolista massimizza quindi il profitto netto se l’ultimo euro di pubblicità aumenta il profitto lordo di € 1 (si veda l’Appendice 14B per un’analisi alternativa). In breve, la regola per fissare la quantità di pubblicità che massimizza il profitto è identica a quella per fissare la quantità di output che massimizza il profitto: occorre fissare il livello di pubblicità o di prodotto ove il beneficio marginale (il profitto lordo derivante da una unità aggiuntiva di pubblicità ovvero il ricavo marginale derivante da una unità aggiuntiva di prodotto) è pari al costo marginale. Possiamo spiegare come le imprese utilizzino tali analisi marginali per determinare la quantità di tempo da acquistare presso le stazioni televisive per le televendite, quegli interminabili messaggi pubblicitari televisivi che a volte presentano prodotti di plastica straordinari (e bizzarri): “Non è sorprendente? Taglia a fette! a cubetti! … Ma attenzione! Non è tutto!”. Come mostra la Figura 14.10, nelle piccole stazioni televisive il costo marginale per minuto di trasmissione, MC, è costante e l’impresa acquista A1 minuti di pubblicità, ove il beneficio marginale, MB1 (marginal benefit), è pari al costo marginale. Applicazione L’EFFETTO DEL PROCESSO O. J. Spesso un evento importante come la finale di un campionato di calcio influisce sulle scelte dei telespettatori e sui benefici derivanti dalla pubblicità. Un evento particolarmente significativo per la televisione statunitense fu il processo per omicidio a carico di O.J. Simpson17 del 1995 trasmesso da molte stazioni televisive e radiofoniche. Il “fattore 17 O.J.” ridusse i profitti delle televendite trasmesse sulle altre stazioni televisive: nelle mattine dei giorni feriali, le vendite diminuivano quando i telespettatori cambiavano canale per vedere i servizi sul processo. La ragione del crollo delle vendite era dovuta allo spostamento della curva del beneficio margi- O.J. Simpson, ex giocatore afroamericano di football americano e attore di serie televisive di successo, fu accusato di avere ucciso la moglie. Il processo ebbe un’enorme eco nei mass media statunitensi. Pe14-4 27-05-2003 14:33 Pagina 5 5 La pubblicità Figura 14.10 Gli spostamenti della curva del beneficio marginale derivante dalla pubblicità. Prima del processo Simpson, la curva del beneficio marginale della pubblicità è MB1 e l’impresa acquista A1 minuti di pubblicità, ove MB1 interseca la curva del costo marginale per minuto di trasmissione, MC. Durante il processo, la curva del beneficio marginale si sposta a sinistra portandosi a MB2; ne consegue che l’impresa riduce la quantità di tempo pubblicitario acquistato, spostandosi ad A2. nale delle televendite. Mentre, prima del processo, $ 1000 spesi in tempo pubblicitario alle 12:30 apportavano in media un fatturato di $ 2190 a Charlotte, nella Carolina del Nord, durante il processo la stessa somma produceva solo $ 1790 (una diminuzione del 18,3%). I corrispondenti dati di San Francisco per le 9:30 erano rispettivamente $ 1740 e $ 790, con una riduzione del 54,6%: per una data quantità ($ 1000 di tempo pubblicitario) La pubblicità strategica il beneficio marginale di San Francisco diminuiva del 54,6% passando da MB1 a MB2. A causa dello spostamento della curva del beneficio marginale, un’impresa tipica riduceva la quantità di tempo pubblicitario acquistato da A1 a A2, in corrispondenza dell’intersezione di MB2 con MC. Le stime delle diminuzioni medie dei fatturati delle televendite causate dal processo Simpson variavano tra il 10% e il 60%, a seconda delle città considerate. Se in un mercato sono presenti diverse imprese, ciascuna sceglie il proprio livello ottimale di pubblicità prendendo in considerazione la pubblicità, la politica di prezzo e le altre strategie dei rivali. La pubblicità di un’impresa potrebbe aiutare o danneggiare le altre. La pubblicità che aiuta i rivali. Un’impresa potrebbe informare i consumatori a proposito di un nuovo impiego del proprio prodotto; questo tipo di pubblicità potrebbe Pe14-4 27-05-2003 6 14:33 Pagina 6 CAPITOLO 14 Le strategie incrementare la domanda del prodotto di tale impresa e anche dei rivali. Per questa ragione una serie di gruppi industriali decisero di pubblicizzare i loro prodotti collettivamente per incrementane la domanda. Negli ultimi anni, per esempio, i produttori di uva passa e i produttori di latte statunitensi hanno unito le proprie forze per attuare delle campagne pubblicitarie molto riuscite (rispettivamente quella dell’uva ballerina e dei baffi di latte). Applicazione LO SPAZZOLINO DA DENTI ROSA Precedentemente alla Prima Guerra Mondiale, solo il 26% degli Americani si lavava i denti. A partire dal 1926, in parte grazie ai messaggi pubblicitari come quelli della campagna dello “spazzolino rosa” di Ipana, che descrivevano minutamente i pericoli delle gengive sanguinanti, la percentuale degli Americani che si lavavano i denti salì al 40%. La pubblicità di Ipana aiutò tutti produttori di spazzolini da denti e di pasta dentifricia. La pubblicità che danneggia i rivali. In alternativa, la pubblicità di un’impresa potrebbe incrementare la domanda per il proprio prodotto sottraendo clienti alle altre imprese. Un’impresa potrebbe servirsi della pubblicità per differenziare i propri prodotti rispetto a quelli dei rivali, diffondendo messaggi che descrivono le caratteristiche concrete che differenziano effettivamente i prodotti oppure cercando di convincere i clienti dell’esistenza di tali differenze, quando invece i prodotti sono in realtà identici. Se un’impresa riesce a praticare quest’ultimo tipo di pubblicità, si dice che tali prodotti sono differenziati in maniera spuria. Applicazione GLI INGREDIENTI SEGRETI Un’impresa può aumentare il profitto se è in grado di convincere i consumatori che il suo prodotto è di qualità superiore rispetto alle altre marche. A partire dagli anni ’30 fino agli inizi degli anni ’70, gli ingredienti segreti costituivano il pilastro della pubblicità rivolta ai consumatori. Tali ingredienti venivano battezzati con nomi che contenevano una combinazione di lettere e numeri per suggerire che erano stati preparati scientificamente in laboratorio e non progettati a tavolino dai pubblicitari di Madison Avenue. Il sapone Dial si vantava di contenere AT-7; il detersivo Rinso conteneva solium, Comet aveva chlorinol e Bufferin invece di-alminate. Tra i dentifrici, Colgate conteneva Gardol, Gleem aveva GL-70, Crest conteneva fluoristan e Ipana annoverava tra gli ingredienti esaclorofene e Durenamel (“cloruro di sodio e ortofosfato solubile della marca Bristol-Myers”). All’incirca vent’anni or sono, vantare l’utilizzo di ingredienti segreti non riscuoteva più molto successo e i produttori asserivano che le loro marche contenevano ingredienti naturali come il bicarbonato di sodio. Negli ultimi anni, invece, il metodo degli ingredienti segreti è stato reintrodotto per differenziare la propria marca dai concorrenti. I nuovi messaggi pubblicitari ricordano che le gomme da masticare e le mentine per rinfrescare l’alito Clorets contengono Actizol; il detersivo Cheer reclamizza un enzima chiamato Color Guard, la crema a protezione solare Shade UVA Guard contiene Parasol 1789 e gli agenti di filtro solare a protezione totale a base di oxybenzone, mentre le Pond’s Skin Smoothing Capsules (pillole per una pelle levigata) contengono Nutrium, “un miracoloso complesso non grasso”. Pe14-4 27-05-2003 14:33 Pagina 7 La pubblicità 7 L’evidenza empirica. La teoria da sola non basta per prevedere se la pubblicità di un’impresa aiuterà o danneggerà le altre. Un caso estremo è rappresentato dalla pubblicità delle sigarette: Roberts e Samuelson (1988) trovarono che la pubblicità delle sigarette è di natura cooperativa poiché incrementa le dimensioni del mercato ma non ne varia notevolmente le quote.18 Un caso all’estremo opposto è costituito dalla pubblicità delle bibite alla cola: secondo Gasmi, Laffont e Vuong (1992), il guadagno che ogni impresa ottiene grazie alla pubblicità avviene alle spese del rivale; la pubblicità di tali bibite, quindi, non produce quasi alcun effetto sulla domanda totale di mercato. Slade (1995) trovò dei risultati intermedi tra questi due estremi per il mercato dei salatini. Gli equilibri della pubblicità strategica. L’effetto vantaggioso o svantaggioso prodotto sui rivali dalla pubblicità potrebbe essere un fattore importante nella scelta delle strategie pubblicitarie delle imprese ed è determinante per il risultato finale. La Tabella 14.3 mostra due possibili giochi di duopolio in cui le imprese decidono se pubblicizzare o meno i propri prodotti. Nella parte (a) della tabella, la pubblicità sottrae solamente i clienti ai rivali: se un’impresa pubblicizza i propri prodotti, la sua pubblicità attrae i clienti dell’altra impresa. A causa dei costi pubblicitari, l’aumento del profitto derivante dall’adozione della pubblicità da parte di un’impresa (il profitto passa da € 2 a € 3) è inferiore alla diminuzione del profitto dell’altra impresa (che scende da € 2 a € 0). Entrambe le imprese hanno una strategia dominante: pubblicizzare. L’equilibrio di Nash prevede quindi la pubblicità per entrambe. Questo gioco è un esempio di dilemma dei prigionieri: entrambe le imprese sarebbero più soddisfatte se colludessero e si accordassero per non pubblicizzare i propri prodotti. Nella parte (b) della tabella, la pubblicità attrae nuovi clienti per entrambe le imprese. Se solo un’impresa pubblicizza i propri prodotti, il suo profitto aumenta in misura maggiore (andando da € 2 a € 4) di quello dell’altra impresa (che va da € 2 a € 3). Se entrambe pubblicizzano i propri prodotti, tuttavia, sono più soddisfatte rispetto alle situazioni in cui ricorre alla pubblicità una sola delle due o nessuna di esse. Anche in questo caso, la pubblicità costituisce la strategia dominante per entrambe le imprese. In ciascuno di questi giochi, entrambe le imprese pubblicizzano i propri prodotti. La differenza è costituita dal fatto che l’equilibrio di Nash nel caso della pubblicità è identico all’equilibrio collusivo quando la pubblicità incrementa le dimensioni del mercato, come nella parte (b) della tabella e nel mercato delle sigarette; quando invece la pubblicità corrode le vendite delle altre imprese del mercato, come nella parte (a) della tabella e nel mercato delle bibite alla cola, le imprese sono meno soddisfatte nell’equilibrio in cui pubblicizzano i propri prodotti. Ne consegue che le imprese di bibite alla cola sarebbero contente se la pubblicità fosse loro vietata, mentre le imprese di sigarette si oppongono al divieto di 18 Osservate, tuttavia, che i dati raccolti dai Centers for Disease Control and Prevention (Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie) suggeriscono che la pubblicità potrebbe spostare la fedeltà dei giovani da una marca all’altra. Pe14-4 27-05-2003 8 14:33 Pagina 8 CAPITOLO 14 Le strategie Tabella 14.3 Gioco di pubblicità (a) La pubblicità sottrae solamente i clienti dai rivali Impresa 1 Non pubblicizza Non pubblicizza €2 Pubblicizza €2 €3 €0 Impresa 2 Pubblicizza €3 €0 €1 €1 (b) Advertising Attracts New Customers to the Market Impresa 1 Non pubblicizza Non pubblicizza €2 €2 Pubblicizza €3 €4 Impresa 2 Pubblicizza €4 €3 €5 €5 impiegare la pubblicità.19 In un modello più generale in cui le imprese fissano il livello di pubblicità (piuttosto che decidere solamente se praticarla o meno), tale livello dipende fortemente dalla potenzialità della pubblicità di aumentare le dimensioni del mercato oppure dalla sua sola capacità di sottrarre clienti ai rivali. 19 Dal 1997, le imprese di sigarette, sotto notevoli pressioni giuridiche e governative, hanno negoziato varie restrizioni alla propria pubblicità negli Stati Uniti. Esse hanno tuttavia cercato di evitare ogni restrizione ad altri tipi di attività promozionale, che forse avevano programmato di utilizzare qualora non avessero più potuto pubblicizzare i propri prodotti.