IL RISCALDAMENTO ORGANICO E MUSCOLARE

IL RISCALDAMENTO ORGANICO E MUSCOLARE
A CURA DELLA FASI (Federazione Arrampicata Sportiva Italiana)
(a cura della prof.ssa Paola Marchetti)
L’inizio di una qualsiasi attività motoria, sia essa una seduta di allenamento, una gara o
una lezione di educazione fisica, prende sempre avvio da una fase definita
“riscaldamento”, che tende a porre il soggetto nelle condizioni ottimali dal punto di vista
organico, muscolare, nervoso e psicologico.
Finalità del riscaldamento
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Adattare l’organismo agli sforzi intensi, richiesti in situazione di gara o di
allenamento
Evitare infortuni a carico di muscoli ( stiramenti, contratture, strappi…) ed
articolazioni (microtraumi, distorsioni legamentose…)
Preparare psicologicamente alla gara, alla seduta di allenamento o alla lezione.
Modificazioni fisiologiche
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Aumento della temperatura corporea (circa 1 – 2 gradi ) con conseguente:
-facilitazione delle reazioni biochimiche muscolari grazie alla diminuzione
dell’energia necessaria all’attivazione delle reazioni chimiche del metabolismo
energetico. Questo consente un utilizzo più efficace dei substrati energetici;
- liberazione di glucosio nel circolo sanguigno;
- riduzione della viscosità interna del muscolo e conseguente minore attrito interno
tra le fibre e migliore contrattilità muscolare;
- miglioramento delle qualità elastiche delle fibre muscolari e dei tendini con relativo
innalzamento della loro funzionalità meccanica;
- diminuzione della viscosità del liquido sinoviale delle articolazioni e conseguente
miglioramento della funzionalità in quanto le facce articolari scorrono con più
facilità.
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Aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, che porta a :
- ridistribuzione ottimale del flusso sanguigno nell’intero corpo, con un incremento
verso i
muscoli ed una riduzione verso gli organi interni non coinvolti
nell’attività;
- maggiore afflusso di sangue ai muscoli in quanto si determina una vasodilatazione
periferica ed un aumento della frequenza cardiaca. La cessione dell’ossigeno da
parte dell’emoglobina del sangue viene facilitata e diventa più rapida e completa;
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Sollecitazione del sistema nervoso centrale e periferico, con una :
- facilitazione nella trasmissione dell’impulso nervoso poiché si innalza la soglia di
sensibilità dei recettori nervosi e aumenta la velocità di conduzione degli impulsi
nervosi. Si riduce il tempo intercorrente tra l’arrivo dello stimolo nervoso e la
risposta muscolare (tempo di latenza). Le risposte neuromuscolari ed i movimenti
diventano più rapidi e coordinati;
Pprogrammazione e conduzione del riscaldamento :
Bisogna tenere conto di diversi fattori tra cui
- età ed esperienza del singolo allievo/atleta. In generale con soggetti ancora poco
esperti il riscaldamento viene guidato e condotto in modo collettivo; nel caso di
atleti evoluti si arriva ad una gestione individualizzata, in quanto la persona è in
grado di variare adeguatamente le esercitazioni e i tempi in relazione alle
esigenze individuali e alle condizioni del momento.
-durata, che può variare in relazione alle condizioni ambientali ( temperatura
esterna) e allo
stato di allenamento e di condizione fisica. In genere va dai
15’- 20’ per i principianti fino ai 30’ e oltre per gli atleti di alto livello. Un
riscaldamento protratto troppo a lungo o troppo intenso può comportare un
eccesso di accumulo di lattato nei muscoli superiore al limite della soglia
anaerobica (circa 4 mmol/l), con conseguente affaticamento e possibile calo di
prestazione.
- tipo di attività che segue : prima di una gara, il riscaldamento prevede una parte
generale e una specifica, che comprende gli elementi tecnici. Prima di un
allenamento o di una lezione molto dipende dal tipo di lavoro previsto come
argomento centrale (ad esempio lavoro di preparazione fisica o prettamente
tecnico).
- Necessità di coinvolgere e preparare globalmente l’organismo.
- Necessità di effettuare un lavoro che risulti progressivo e graduale, sia
nell’intensità che nella difficoltà ( dal meno intenso al più intenso, dal più facile al
più difficile)
Fasi del riscaldamento
Sia che venga inserito prima di un allenamento o di una gara, si articola in due fasi:
- Riscaldamento generale: comprende vari esercizi, normalmente a carico naturale,
tendenti a preparare tutto l’organismo, ed in particolare l’apparato locomotore,
all’allenamento o alla gara. Solitamente si usano tutte le modalità di corsa, alla quale si
abbinano movimenti di slancio e di spinta degli arti sui diversi piani spaziali; corsa
calciata, galoppo laterale, galoppo frontale, corsa incrociata, corsa con cambi di
direzione, di velocità e di ritmo, corsa alternando dei saltelli verso l’alto, corsa alternata
ad arresti in posizione prona, supina, seduta; cyclette, step, salti con la funicella, giochi di
corsa, staffette non troppo impegnative a livello muscolare,ecc.. Da fermo si possono
eseguire gli stessi movimenti effettuati in movimento aggiungendo anche flessioni e
circonduzioni del busto. A riscaldamento avvenuto è sempre opportuno inserire alcuni
esercizi di stretching, esercizi che diventeranno fondamentali al termine di ogni
allenamento. Infatti gli esercizi di streching consentono di riportare i muscoli alla loro
lunghezza ed elasticità ottimale, contribuendo anche ad accelerare il processo di
recupero dalla fatica.
- Riscaldamento specifico: segue quello generale e consiste nella imitazione
dell’esercizio o del gesto da eseguire, effettuati con intensità progressiva e senza creare
affaticamento. Quindi un richiamo alle coordinazioni, ritmi esecutivi e carico propri del
movimenti tecnico-specifici che si andranno ad eseguire subito dopo.
Se il riscaldamento effettuato prima di ogni allenamento è importante, prima della gara
assume anche valenze psicologiche. Infatti è un primo momento di concentrazione sui
gesti e sulle situazioni di gara ed un mezzo di controllo dell’ansia preagonistica
favorendo il rilassamento generale, la calma e la concentrazione.
MUSCOLI ADDOMINALI
Dal punto di vista anatomico col termine "addominali" si definiscono sia i muscoli anterolaterali (retto dell’addome, obliquo estrerno, obliquo interno,traverso) che i muscoli
posteriori dell'addome ( quadrato dei lombi).
In questa analisi ci occupiamo dei soli muscoli antero-laterali, degli aspetti cinesiologici,
delle metodologie di allenamento e degli esercizi che normalmente vengono utilizzati.
Muscoli antero-laterali dell'addome e movimenti che compiono
1) Retto dell'addome:
- flette il tronco e lo inclina dal proprio lato;
- abbassa le costole e agisce come
espiratore.
2) Obliquo esterno (o Grande obliquo) e
3) Obliquo interno (o Piccolo obliquo):
- flettono, inclinano dal proprio lato e
ruotano il tronco;
- abbassano le costole e agiscono come
espiratori.
4) Trasverso:
- ruota il tronco e abbassa le costole
(espiratore);
- interviene particolarmente nella
espirazione forzata.
Mantenimento dell'equilibrio fisiologico del bacino
I muscoli dell'addome costituiscono un sistema la cui tonicità assolve diverse funzioni
importanti. Infatti, oltre a garantire la tenuta dei visceri e contribuire ad una corretta
meccanica respiratoria, hanno un ruolo determinate nell'equilibrio fisiologico del bacino in
quanto, i muscoli che vi si inseriscono, possono indurre un movimento rotatorio
comportandosi come una coppia di forze.
I muscoli flessori del busto (Retto dell'addome, Obliquo esterno ed Obliquo interno), e gli
estensori delle cosce (Grande gluteo, Bicipite femorale nel capo lungo, Semitendinoso,
Semimembranoso, Grande adduttore, Piriforme) tendono a ruotare il bacino in
retroversione (movimento indietro delle creste iliache e in avanti del coccige), quindi
hanno una azione delordosizzante, cioè appiattiscono la fisiologica curva della colonna
vertebrale nel tratto lombare. Al contrario, i muscoli estensori del busto (Sacrospinale,
Quadrato dei lombi, Spinali, Interspinali, Multifidi, Intertrasversari, Gran dorsale, Dentato
posteriore inferiore) ed i flessori delle cosce (Psoas iliaco, Retto anteriore del
Quadricipite femorale, Sartorio, Tensore della fascia lata, Pettineo, Lungo adduttore,
Breve adduttore, Gracile) tendono a far ruotare il bacino in anteroversione, quindi hanno
un'azione lordosizzante per la colonna lombare. Va tenuto presente che una fascia
addominale opportunamente rafforzata permette di scaricare circa il 40% del peso
gravante sulle vertebre lombari sugli arti inferiori, migliorando notevolmente, nel caso
dell’arrampicata, l’appoggio dei piedi in parete. Per mantenere una corretta situazione
anatomo-fisiologica nella regione lombo-sacrale è opportuno seguire due direttive
principali :
1. mantenere sempre forti i muscoli che portano il bacino in posizione di retroversione
(azione delordosizzante), con indubbio vantaggio anche per i carichi discali;
2. allungare e mantenere elastici ( stretching) i muscoli che tendono a contrastare la
retroversione del bacino (azione lordosizzante).
Accorgimenti per allenare i muscoli antero-laterali dell'addome
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Assumere una corretta posizione di partenza, flettendo sempre le cosce sul
bacino di circa 60°. Questo accorgimento limita al massimo l’intervento del muscolo
ileo-psoas (azione delordosizzante).
Prendere coscienza dei diversi muscoli addominali : inizialmente provare
esercizi semplici, che possano facilitare l’esatta localizzazione e percezione di un
gruppo muscolare alla volta.
Curare l’ esecuzione degli esercizi :
- evitare un’eccessiva velocità ed un esagerato numero di ripetizioni;
- eliminare l’ intervento dei muscoli del collo, posizionando le mani dietro al capo a
sostegno dello stesso;
- nell’esecuzione della torsione del tronco sul bacino( intervento degli obliqui)
frenare il movimento prima che ciascuna rotazione sia conclusa, onde evitare
tensioni anomale ai dischi intervertebrali, e ripartire senza sfruttare il movimento
passivo di ritorno.
- Applicare una corretta respirazione: inspirare durante la fase passiva del
movimento ( corpo allineato),riempiendo i polmoni fino a poco più di metà, così
sarà possibile espellere tutta l’aria nella successiva fase attiva ( chiusura del
corpo) e di completare l’accorciamento dei muscoli dell’addome. Espirare sin
dall’inizio della fase attiva del movimento(chiusura del corpo), in modo che il
diaframma si alzi subito e consenta un totale accorciamento dei muscoli
addominali. Evitare di lavorare in apnea.
Rispettare la progressione di difficoltà, ripetizioni e serie
( vedi tabella sui parametri di lavoro).
Come si localizza il lavoro sui muscoli addominali
Il lavoro dinamico dei muscoli addominali inizia quando il bacino comincia a ruotare e
termina con il massimo avvicinamento tra la gabbia toracica ed il pube.
Nella FLESSIONE DEL TORACE SUL BACINO si ottiene:
a) un lavoro dinamico localizzato dei muscoli addominali (a) quando la regione lombare ed
i glutei rimangono a terra e la rotazione avviene intorno alle vertebre lombari;
b) un lavoro statico dei muscoli addominali (Ad) se la rotazione prosegue fino alla
posizione seduta. Il proseguimento dell'azione avviene grazie ai muscoli flessori delle
cosce sul bacino, soprattutto lo Psoas-Iliaco (PI) e Retto anteriore (Re) del Quadricipite
femorale.
Nella posizione intermedia, con i lombi sollevati dal suolo, il carico vertebrale lombare è
notevole e raggiunge i 170-180 Kg in una persona di taglia media.
Nella FLESSIONE DEL BACINO SUL TORACE si ottiene un impegno dinamico e
localizzato dei muscoli addominali quando il bacino si solleva e si avvicina il più possibile
al torace, facendo perno sulle vertebre lombari. La posizione di cosce flesse permette di
attenuare l'intervento dei muscoli flessori delle cosce, in particolare dello Psoas-iliaco.
L'utilizzo di un piano inclinato permette di spostare il massimo braccio di leva, quindi il
carico ottimale, su diversi angoli di flessione.
LLOO
LO STRETCHING
Il termine “ stretching “ consiste in una metodica di allungamento muscolare e di
mobilizzazione delle articolazioni attraverso l'esecuzione di esercizi di stiramento, semplici
o complessi, allo scopo di mantenere il corpo in un buono stato di forma.
Gli esercizi di stretching sollecitano, oltre alle fibre muscolari, il tessuto connettivo (tendini,
fasce ecc.) presente nella struttura contrattile. Il tessuto connettivo è estensibile (può
essere allungato), ma se non viene regolarmente sollecitato con l'esercizio fisico, in breve
tempo perde questa caratteristica essenziale.
Parlando di stretching è anche d'obbligo parlare della mobilità articolare (conosciuta
anche come: articolarità, flessibilità, estensibilità, ecc.): è la capacità di compiere
movimenti ampi ed al massimo della estensione fisiologica consentita dalle articolazioni.
Questa capacità è condizionata:
- dalla struttura ossea dell'articolazione ;
- dalle sue componenti anatomiche e funzionali (grado di estensibilità dei legamenti,
tendini e muscoli);
- dalla temperatura dell'ambiente (la bassa temperatura la condiziona negativamente);
- dal livello di riscaldamento del corpo (un insufficiente livello di riscaldamento è limitante e
pericoloso).
Va inoltre detto che, fra gli 11-14 anni, sia nei maschi che nelle femmine, è abbastanza
facile incidere sull'articolabilità in quanto, ad una massa muscolare ridotta, si unisce una
struttura tendineo-legamentosa particolarmente elastica. Dopo l’adolescenza, con la
maturazione progressiva dell’apparato muscolare, inizia a decrescere.
Le donne, anche per la presenza di una minore massa muscolare, quindi meno tono,
presentano generalmente una maggiore mobilità articolare dei maschi.
Benefici dello stretching
È utile soffermarsi sui benefici che lo stretching genera sia sul livello di prestazione
sportiva, che sull'efficienza fisica:
• Sistema muscolare e tendineo
- Aumenta la flessibilità e l'elasticità dei muscoli e dei tendini.
- Migliora la capacità di movimento.
- È un'ottima forma di preparazione alla contrazione muscolare.
- In alcuni casi diminuisce la sensazione di fatica.
- Può prevenire traumi muscolari ed articolari.
• Articolazioni
- Attenua le malattie degenerative.
- Stimola la "lubrificazione" articolare.
- Mantiene "giovani" le articolazioni, rallentando la calcificazione del tessuto
connettivo
• Sistema cardiocircolatorio e respiratorio
- Diminuisce la pressione arteriosa.
- Favorisce la circolazione.
- Migliora la respirazione.
- Aumenta la capacità polmonare.
• Sistema nervoso
- Sviluppa la consapevolezza di sé.
- Riduce lo stress fisico.
- Favorisce la coordinazione dei movimenti.
- È rilassante e calmante.
Basi dello stretching
I propriocettori sono organi si senso che si trovano in tutte le estremità dei nervi di
articolazioni, muscoli e tendini e trasmettono al SNC tutte le informazioni sul sistema
muscolo-scheletrico.
I propriocettori correlati all’allungamento sono: fusi neuromuscolari ( nei muscoli),
organi tendinei del Golgi (nei tendini)e corpuscoli del Pacini ( nei tendini). I fusi
neuromuscolari, posti in parallelo tra le fibre muscolari, hanno un ruolo importante nel
mantenimento della postura in quanto garantiscono il tono ottimale dei muscoli della
statica. Quando il muscolo viene teso eccessivamente inviano, al midollo spinale ed al
sistema nervoso centrale, informazioni relative alla velocità e all’ampiezza dello stiramento
al quale sono sottoposte le fibre muscolari. Come risposta il muscolo stirato si contrae
(riflesso miotatico fasico) mentre il suo antagonista si rilascia (fenomeno della
inibizione reciproca). Questo permette di evitare un ulteriore pericoloso allungamento.
È importante tener presente che il riflesso miotatico fasico non viene attivato quando il
muscolo viene messo in tensione molto lentamente.
Gli organi tendinei del Golgi invece, posti in serie nella parte tendinea, reagiscono ad un
eccesso di tensione dovuto allo stiramento o alla contrazione muscolare producendo una
inibizione della contrazione e relativo rilasciamento del muscolo stirato (riflesso da
stiramento). La loro risposta non è immediata ma solo dopo circa 6 secondi dall’inizio
dello stiramento.
Tipi di stretching
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STRETCHING BALISTICO
È il primo tipo di allungamento conosciuto e in genere non viene utilizzato nei centri
sportivi, palestre, club perché è pericoloso in quanto fa attivare nel muscolo il
riflesso di stiramento (riflesso incondizionato che ordina al muscolo di reagire ad
una tensione brusca con una rapida contrazione, con elevato rischio di trauma
muscolare). È un sistema di stretching vecchio e ormai accantonato per la sua
pericolosità. Il metodo è molto semplice, si arriva in posizione di allungamento e poi
si inizia a molleggiare.
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STRETCHING DINAMICO
Questo sistema è consigliato in programmi sportivi in cui sono previsti movimenti ad
elevata velocità ( come ad esempio il Taekwon – Do), poiché agisce sull'elasticità di
muscoli e tendini. Il muscolo agonista contraendosi rapidamente tende ad allungare
il muscolo antagonista (il muscolo che in questo esercizio vogliamo allungare); si
effettuano, quindi, movimenti a "rimbalzo" con una certa rapidità. La tecnica
consiste nello slanciare in modo controllato le gambe o le braccia, in una
determinata direzione, senza molleggiare, rimbalzare o dondolare.
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STRETCHING STATICO
È il sistema di stretching più conosciuto, codificato da Bob Anderson. Pur
prendendo spunto dallo yoga, esso si avvale delle conoscenze neurofisiologiche
che hanno contribuito a definire i meccanismi posti alla base della contrazione e del
rilasciamento muscolare. Si raggiunge l'allungamento muscolare tramite posizioni
di massima flessione, estensione o torsione. Queste posizioni devono essere
raggiunte lentamente in modo da non stimolare nei muscoli antagonisti il riflesso da
stiramento.
Come si effettua:
1. Raggiungere lentamente la posizione di “ prima tensione di allungamento” e
mantenerla per 10 secondi(tensione facile).
2. Al diminuire della tensione, aumentare gradualmente l’allungamento e
mantenere la nuova posizione per 15 – 20 secondi ( tensione di sviluppo).
3. Ritornare gradualmente e lentamente alla posizione di partenza.
4. Non oltrepassare mai la soglia del dolore.
5. Mantenere rilassata la muscolatura non coinvolta nel movimento.
6. Respirare lentamente e regolarmente dal naso.
7. Alternare l’allungamento dei muscoli agonisti e antagonisti.
Facilitazione neuromuscolare propriocettiva (p.n.f.)
La metodologia del P.N.F. (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation) è più efficace dello
stretching, ma anche più complessa e richiede l’aiuto di un partner con notevole
esperienza specifica. Infatti, basta un errore di esecuzione per rischiare di incorrere in un
trauma muscolare (es.: allungamento anticipato del muscolo prima che sia terminata la
contrazione isometrica). Pertanto questa tecnica devi riservarla solo per casi e situazioni
particolari ove la scarsa mobilità di una articolazione risulta particolarmente determinante
nel condizionare negativamente il gesto atletico.
Usata molto nella riabilitazione, della metodica del P.N.F. sono state proposte diverse
varianti, tutte basate su una successione di contrazione-rilasciamento-stiramento del
muscolo.
La particolarità che la distingue dallo stretching classico è soprattutto la contrazione
isometrica che devi effettuare prima dello stiramento. Questa azione viene giustificata col
fatto che la contrazione fa scattare il meccanismo di riflesso da stiramento che permette
un ulteriore rilassamento del muscolo, quindi possibilità di maggiore estensibilità.
Fasi esecutive del metodo P.N.F.
1. Andare in posizione di allungamento in 6-8 secondi.
2. Effettuare una contrazione isometrica (senza accorciamento muscolare) di 6-8
secondi.
3. Rilassare i muscoli contratti in precedenza per 2-4 secondi.
4. Raggiungere una nuova posizione di massimo allungamento in 6-8 secondi.
5. Mantenere la posizione di massimo allungamento per 20 – 30 secondi.
6. Ritornare alla posizione iniziale in 6-8 secondi.
Contrazione-rilasciamento-contrazione dei muscoli agonisti (c.r.a.c.)
Simile al P.N.F., il C.R.A.C. (Contract Relax Agonist Contract) differisce essenzialmente
nella fase finale di allungamento. Infatti prevede l’intervento attivo (contrazione) dei
muscoli antagonisti (in questo caso agonisti del movimento) a quelli che si stanno
allungando. Anche in questo caso è necessaria la presenza di un esperto che collabori
nella contrazione isometrica iniziale dei muscoli che si vogliono allungare, e dia anche un
aiuto ulteriore, nella fase finale di allungamento, alla contrazione dei muscoli antagonisti.
Si basa sul riflesso di innervazione reciproca (più precisamente di inibizione reciproca) per
cui vi è una inibizione e un rilasciamento del muscolo agonista (muscolo da allungare)
quando viene contratto con molta forza l’antagonista.
Fasi esecutive del metodo C.R.A.C.
1. Andare in posizione di allungamento in 6-8 secondi.
2. Effettuare una contrazione isometrica (senza accorciamento muscolare) di 6-8
secondi.
3. Rilassare i muscoli contratti in precedenza per 2-4 secondi.
4. Raggiungere una nuova posizione di massimo allungamento in 6-8 secondi,
contraendo i muscoli antagonisti.
5. Mantenere la posizione di massimo allungamento per 20 – 30 secondi.
6. Ritornare alla posizione iniziale in 6-8 secondi.
Note generali sull'esecuzione corretta degli esercizi
a) Assumi la giusta posizione evitando atteggiamenti errati che possono
incidere negativamente sulle strutture articolari.
b) Rispetta i tempi e le modalità di esecuzione previsti. Il tempo di
allungamento deve essere abbastanza lungo in quanto la durata della
trazione è direttamente proporzionale alla capacità di deformazione
viscoelastica del muscolo. Inoltre l’intensità della trazione deve essere
abbastanza elevata in quanto è proporzionale all’allungamento del
muscolo.
c) Non spingerti mai fino all’insorgenza del dolore. Il dolore tende ad
irrigidire la muscolatura in quanto eleva, per via riflessa, il tono
muscolare.
d) Mantieni una costante concentrazione sulla giusta modalità esecutiva
e sul settore corporeo impegnato. Questo permette un maggiore
rilassamento della muscolatura.
e) Respira sempre in maniera spontanea e naturale.
f) In particolari situazioni di elevata stanchezza generale esegui lo
stretching statico in maniera leggera. Il forte accumulo di acido lattico
e la deplezione delle riserve energetiche provocano un irrigidimento
della muscolatura ed una soglia di risposta più alta dei meccanismi di
difesa allo stiramento.
g) Esegui gli esercizi prima e dopo l’allenamento, comunque mai a
freddo.
h) Lo stretching passivo inserito nella fase di riscaldamento preallenamento o pre-gara, parte dal presupposto che un muscolo
maggiormente estensibile e rilassato è meno predisposto a traumi.
Va comunque evidenziato che l’utilizzo di una tensione eccessiva,
quindi carico di trazione notevole sulle componenti muscolo-tendinee,
è equivalente allo stress procurato sulle stesse strutture dallo
spostamento di un forte sovraccarico. Pertanto, anziché strumento di
prevenzione, lo stretching statico può essere causa di traumi.
Diversi studi hanno evidenziato che lo stretching passivo, eseguito in
fase di riscaldamento, influisce negativamente sulle prestazioni che
richiedono impegni di forza rapida (velocisti, saltatori, ginnasti, ecc.) in
quanto sembra ridurre la capacità di attivazione neuronale.
i) Effettua almeno 3-4 serie per settore corporeo interessato, curando
che, per mantenere il giusto equilibrio dell’articolazione, gli esercizi
riguardino sia i muscoli agonisti che quelli antagonisti.
l) Rispetta un intervallo, tra una ripetizione e l’altra, di circa 30 secondi.
m) Sollecita la stessa regione muscolare e articolare per almeno 3 volte
a settimana in quanto gli effetti positivi ottenuti tendono a scomparire
già dopo circa 2 giorni dall’ultimo allenamento.
n) Tieni presente che anche nel caso della mobilità articolare possono
instaurarsi delle “barriere” al progressivo miglioramento. Potrai
superarle inserendo periodicamente nuovi esercizi e ulteriori modalità
di esecuzione anche di tipo non passivo.