Massa: misura dell’inerzia di un corpo, ossia della resistenza che il corpo oppone ad ogni variazione del suo stato di quiete o di moto. La sua unità di misura è il chilogrammo massa, corrispondente a 1 dm3 di acqua distillata a 4 °C. 1 dm3 di acqua distillata corrisponde anche a 1 litro. Densità assoluta: la massa di una sostanza contenuta nell’unità di volume: è determinata dalla formula d=m/V Sistema: una parte delimitata della materia considerata per osservare un fenomeno. Numero atomico (Z) : indica il numero di protoni in un nucleo. Variando il numero di protoni varia l’elemento. Numero di massa (A): somma del numero di protoni e di neutroni. Insieme al numero atomico identifica in modo univoco la composizione di qualsiasi isotopo. I due numeri vengono riportati a sinistra del simbolo dell’elemento: A in alto e Z in basso. Unità di massa atomica: un dodicesimo della massa dell’isotopo del carbonio avente numero di massa 12. La massa atomica di un elemento è definita come la massa media dell’atomo dell’elemento, tenuto conto del contributo di ogni suo isotopo naturale. Teorie atomiche Dalton: Gli atomi sono particelle indivisibili, tutte uguali per uno stesso elemento. Thomson: propone un modello atomico immaginando l’atomo come una sfera in cui le particelle dotate di carica elettrica negativa e positiva fossero sparse in modo omogeneo. Rutherford: bombardando con particelle alfa una sottilissima lamina d’oro e registrando con delle lastre fotografiche poste attorno alla lastra la posizione in cui finivano le particelle, scoprì che l’80% delle particelle arrivava a destinazione senza modificare la traiettoria, mentre le altre la deviavano di un angolo variabile. Pochissime, addirittura, rimbalzavano indietro.Rutherford elaborò quindi un nuovo modello atomico, in cui il nucleo (costituito dai protoni e quindi con massa elevata) occupa il centro di una sfera, in cui gli elettroni formano una nuvola. Siccome l’atomo e neutro, il numero di protoni deve essere esattamente uguale al numero di elettroni. Gli elettroni devono necessariamente essere in rapido movimento, altrimenti la forza elettrica li farebbe unire al nucleo. Il modello è simile a quello planetario. Planck: mette in crisi la struttura di Rutherford perché dimostra che con la perdita di energia dell’elettrone dovuta all’emissione di radiazioni, questo tenderebbe a rallentare e a cadere sul nucleo. Planck dimostrò che ogni radiazione di frequnza ν può trasportare un’energia pari ad un multiplo intero di una quantità elementare chiamata quanto o fotone, secondo la relazione E=hν. h viene detta costante di Plank. Bohr: enuncia due postulati: un elettrone può percorrere, attorno al nucleo, soltanto quelle orbite circolari per le h quali sia valida la relazione mvr=n con m=massa, v=velocità, r=distanza radiale dal nucleo. 2 L’energia somministrata ad un atomo viene assorbita dall’elettrone che a causa di ciò salta dall’orbita in cui si trova, detta orbita ordinaria, ad un orbita di energia maggiore detta orbita straordinaria. In questo stato eccitato permane per una frazione di tempo brevissima, poi torna al punto di partenza, emettendo una radiazione elettromagnetica. L’energia necessaria per strappare un elettrone dal suo atomo, cioè per portarlo a distanza infinita, viene chiamata energia di ionizzazione. Einstein: dimostrò che la materia è un aspetto particolare dell’energia ed è possibile una reciproca trasformazione secondo la formula E=mc2. Da piccole quantità di materia, si liberano grandi quantità di energia. Elettrone: applicando le formule di Planck e di Einstein, si può arrivare a considerare l’elettrone sia come particella, sia come onda. Un’orbita è quindi stabile solo quando la sua lunghezza è un multiplo intero della lunghezza d’onda dell’elettrone. Principio di indeterminazione (di Heisenberg): non è possibile determinare contemporaneamente e con precisione la posizione e la quantità di moto di una particella. Orbitale: equivalente dell’orbita di Bohr ma calcolato come funzione d’onda (soluzione) dell’equazione d’onda di Schrödinger, che considera l’elettrone come un onda. 1 Numeri quantici (n,l,m): caratterizzano ogni orbitale. N è il numero quantico principale e al suo crescere, cresce l’energia dell’orbitale. L è legato alla forma (0: sferica, 1: bilobata, 2: a quadrifoglio). M caratterizza l’orientamento (numero quantico magnetico) Criteri per stabilire la configurazione elettronica Principio della minima energia: gli elettroni vengono sistemati partendo dagli orbitali a più bassa energia Principio di esclusione di Pauli: su ogni orbitale possono trovare posto solo due elettroni con spin contrapposto Regola di Hund: essendo disponibili più orbitali di uguale energia, gli elettroni si dispongono in modo da occuparne il maggior numero possibile. Ordine in cui vengono riempiti gli orbitali 1s 2s 2p 3s 3p 3d 4s 4p 4d 4f 5s 5p 5d 5f Proprietà periodiche Potenziale di ionizzazione: l’energia che bisogna fornire per ionizzare un elemento, cioè per portargli via il suo elettrone più esterno. Cresce Energia di affinità elettronica: l’energia che viene liberata quando un atomo lega un elettrone. Cresce Elettronegatività: tendenza di un atomo ad attrarre gli elettroni coinvolti nella formazione di un legame chimico. Il Fluoro ha il valore maggiore, Cesio e Francio i minori. Raggio atomico: dipende dal numero di orbitali riempiti. Cresce Termodinamica Legge del gas perfetto: p V =n RT p: pressione V: volume n: numero di moli R: costante (1,98 cal/mole; 0,082 atm/mole) T: temperatura (°K) Lavoro: energia trasferita tra sistemi per mezzo di mezzi meccanici. Calore: energia trasferita tra sistemi per mezzo di una differenza di temperatura. E Sistema=q−L ∆E: variazione dell'energia del sistema q: calore assorbito dal sistema L: lavoro svolto dal sistema L'energia aumenta se il sistema assorbe calore e subisce lavoro. L'energia diminuisce se il sistema cede calore o compie lavoro. L'energia ceduta o assorbita nei processi chimici deriva dalla rotutra o dalla formazione di legami chimici. E=E TOT prodotti−E TOT reagenti = ECIN E POT prodotti −E CIN E POT reagenti 2 E0 ⇒ energia arriva dall'ambiente E0 ⇒ energia ceduta all'ambiente L'energia è la funzione di stato di un sistema. Primo principio della termodinamica E=q−P⋅ V L'energia si conserva, ma può essere variata nella sua forma Entalpia Si indica con ∆Η ed è il calore assorbito dal sistema a spese dell'ambiente, con l'ambiente a pressione costante. H = E + pV E = H – pV pV è il numero di calorie usate nell'espansione del gas. È un lavoro. H =m⋅C p⋅T =massa⋅calore specifico⋅variazione di temperatura in kelvin H form=−Q form L'entalpia di formazione è l'opposto del calore di formazione. H 0 ⇒ assorbe calore ENDOTERMICA H 0 ⇒ cede calore ESOTERMICA Legge di Hess H ° reazione =∑ H ° f prodotti−∑ H ° f reagenti i j Esiste anche una formula analoga per ∆G. Passaggi di stato Solido / Liquido H fus= E fus p⋅ V V =V liquido−V solido ≃0 H fus≃ E fus Liquido / Gas H vap= E vap p⋅ V gas V =V gas −V liquido ≃V gas ∆Hfus < ∆Hvap perchè è necessaria più energia per il passaggio a gas che per quello a liquido. Le fasi solida e liquida si assomigliano di più rispetto a quella liquida e gassosa. Secondo principio della termodinamica Solo le trasformazioni che aumentano il disordine avvengono spontaneamente S è una funzione di stato, chiamata entropia, che indica il grado di disordine del sistema. S tot = S sist S amb0 S=Cln W C è una costante e rappresenta un'energia. L'entropia del sistema è proporzionale al numero di microstati (W) che il sistema può assumere. S tot = − H S reazione T 3 Reazione fondamentale della termodinamica chimica G= H −T⋅ S sist =−Lutile ∆G è la variazione dell'energia libera (di Gibbs), ed è il massimo lavoro utile ricavabile da una reazione chimica G0 ⇒ Reazione NON spontanea G0 ⇒ Reazione SPONTANEA G=0 ⇒ Reazione all'EQUILIBRIO La spontaneità è funzione della temperatura. Inoltre, G=−T S univ Costruire la retta ∆G° significa fare lo studio termodinamico di una reazione, cioè studiarne la spontaneità in funzione della temperatura. ∆H° è il valore della retta alla temperatura T=0. ∆G° ∆S° determina la pendenza: Non spontanea I valori di ∆G° al di sopra dell'asse delle ascisse (∆G° > 0) indicano una reazione non spontanea, quelli al di sotto (∆G° < 0) una reazione spontanea. 0 ∆H° • S °0 ⇒ Crescente S °0 ⇒ Calante Τ La spontaneità di una reazione deriva dalla tendenza di un sistema a porsi nella situazione: • di minima energia potenziale (legata a ∆H, favorevole per reazioni esotermiche (∆H<0)) Spontanea di massimo disordine (legata a T ∆S) Terzo principio della termodinamica Alla temperatura dello 0 assoluto, in assenza di movimento siamo in assenza di disordine. Condizioni standard Quando ∆G, ∆H e ∆S sono in condizioni standard (1 ATM, 25° C), vengono indicati come ∆G°, ∆H° e ∆S° Se ∆G non è in condizioni standard se ne può ricavare il valore a partire da ∆G°. G=G °RT ln Q Q è il quoziente di reazione e per la reazione A B ↔ C⋅ D si ricava come: stechiometrico prodotto ∏ Pressione prodottoCoeff i pC ⋅p D Q= i = stechiometrico reagente p A ⋅p B ∏ Pressione reagenteCoeff j i j j Q calcolato in condizioni di equilibrio si chiama kp (costante di equilibrio). La situazione di equilibrio si ha quando ∆G=0, cioè quando G °=−RT ln k Se Q<K la reazione procede spontaneamente verso destra, se Q>K verso sinistra. k è inversamente proporzionale a T. La costante di equilibrio vale per i gas, ma esiste anche per le soluzioni. Si chiama rapporto di concentrazione ed è k c = con []= moli litro [C]⋅[ D] [ A]⋅[B] nC⋅nD Si può anche definire k n= con ni: numero di moli dell'elemento i n A⋅n B 4 Il rapporto tra kp e kc è ben preciso, ed è n k p =k c RT con n=differenza tra numero di molecole gassose dei prodotti e dei reagenti Quando una reazione chimica è la somma di due reazioni, la sua costante d'equilibrio è il prodotto delle costanti delle reazioni parziali. Se una reazione è scritta in senso inverso, la costante d'equilibrio è il reciproco della costante della reazione originale. Equazione di Vant'Hoff d ln k H ° = dT RT 2 Principio di Le Chatelier Se in un sistema in equilibrio viene variato il valore di uno dei parametri che regolano l'equilibrio, il sistema reagisce variando gli altri parametri in modo tale da mantenere inalterato, finchè possibile, il precedente stato di equilibrio. Dal principio di Le Chatelier deriva la legge di azione di massa: se ad una miscela in equilibrio si aggiunge un prodotto di reazione, la reazione procede verso sinistra per ripristinare le condizioni di equilibrio; se ad un sistema in equilibrio si aggiungono molecole di reagenti, la reazione si sposta verso destra. Velocità delle reazioni n −Ea / RT v=k [C ] k =A⋅e A è detto fattore sterico. Se la molecola è complessa, A<1, se è semplice e piccola A=1. Pile Legge di Nerst E=E ° 0.059 [Ox] ⋅log n [Red ] n: numero di elettroni coinvolti nella reazione [Ox], [Red]: concentrazione molare della specie che si Ossida/Riduce f.e.m.= potenziale più positivo− potenziale meno positivo La riduzione avviene sempre all'elemento con potenziale più positivo. pH Acido: in acqua si dissocia fornendo ioni H+ Base: in acqua si dissocia fornendo ioni OH- Acidi e basi forti In acqua si dissociano completamente. HX H + X Acido generico (forte) + AOH A OH Base generica (forte) Il pH è un indice dell'acidità della soluzione 5 + pH =−log[H ] pOH =−log [OH - ] pH pOH =14 { pH pH pH 0 6 Ambiente acido 7 Ambiente neutro 8 14 Ambiente basico Acidi e basi deboli In acqua NON si dissociano completamente. HX ↔ H + X Acido generico (forte) + AOH ↔ A OH Base generica (forte) Si può calcolare la costante di equilibrio + + [H ][ X ] [H ][ X ] 4 k a= ≃ per k a10 [ HX −a] [HX ] + [H + ]2 + Poichè [ H ]=[ X ] , k a= , quindi [H ]= k a⋅[HX+ ] [ HX ] pH =−log[H ] { 6