‹ quaderni di astronomia › 3 OCCHI SULL’UNIVERSO Grandi telescopi del futuro e strumenti storici da riscoprire a cura di PIERO BIANUCCI ‹ quaderni di astronomia › NELLA STESSA COLLANA ‹ quaderni di astronomia › 1 ‹ quaderni di astronomia › Walter Ferreri DALLA TERRA AI CONFINI DEL SISTEMA SOLARE 2 SEMPRE PIÙ LONTANO Storie e curiosità del cielo vicino Dall’esplorazione di Marte alle onde gravitazionali a cura di PIERO BIANUCCI 1 Walter Ferreri DALLA TERRA AI CONFINI DEL SISTEMA SOLARE Storie e curiosità del cielo vicino 2 A cura di Piero Bianucci SEMPRE PIÙ LONTANO Dall’esplorazione di Marte alle onde gravitazionali 100 pagine tutte a colori. Formato 21,5 x 29,7 cm SOMMARIO ‹ quaderni di astronomia › In copertina: congiunzione tra Luna, Venere e Giove nel cielo del deserto di Atacama, in Cile, dove sorge il Very Large Telescope (VLT) dell’Osservatorio Europeo Astrale (ESO, European Southern Observatory). In primo piano, uno dei telescopi principali da 8,2 metri e uno degli strumenti ausiliari (ESO/Y. Beletsky). 6 18 E-mail: [email protected] Sede Legale e Amministrativa: Viale L. Majno 21 - 20122 Milano Direttore Responsabile: Paola Dameno Coordinatore Editoriale: Alberto Agliotti Consulente Editoriale: Piero Bianucci Progetto grafico e videoimpaginazione: Luana Canedoli - www.luanacanedoli.it 3 INTRODUZIONE Da 7 millimetri a 39 metri pag. 4 SEZIONE 1 - NEL MONDO Un occhio da 39 metri si aprirà sul cielo delle Ande Il telescopio della discordia “Giant Magellan” in Cile. L’altro telescopio del futuro Cile, il paradiso degli astronomi LSST, un telescopio per sorvegliare l’universo pag. pag. pag. pag. pag. 6 10 13 18 25 SEZIONE 2 - IN ITALIA Capodimonte, due secoli di luce A Roma il cielo incontra la storia L’Osservatorio di Torino, un belvedere sulle colline Parco delle stelle in una culla astronomica Palermo, da Cerere all’astronomia X Ad Arcetri l’avamposto della nostra astrofisica Dal cielo di Padova alle sonde spaziali Da Teramo a Marte l’avventura di Collurania La Sardegna ascolta il radio-universo Da Milano all’infinito, l’osservatorio di Brera A Catania le stelle brillano sul vulcano Sui mari del cosmo con Margherita Hack pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 30 38 44 50 55 60 66 72 78 84 89 93 25 66 GESTIONE AMMINISTRATIVA Distributore: Press-Di Distribuzione Stampa e Multimedia Srl - 20090 Segrate (MI) Gestione Editoriale Spa Via Torino 51 20063 Cernusco sul Naviglio (MI) Abbonamenti: Tel. 02 87168197 Pubblicità: Tel. 02 9243 2244 Libri: Tel. 02 9243 2215 Sito internet: www.astronomianews.it Stampa: Arti Grafiche Boccia Spa - Salerno Copyright © 2017 Gruppo B editore Srl è iscritto al R.O.C. con il n. 7164 Periodico mensile registrazione Tribunale di Milano n. 272 del 2 maggio 1992 - Sped. In A.P./45%/ Art.2 comma 26/b - Legge 662/96 Filiale di Milano ISSN 9771122786004 I diritti di traduzione e riproduzione sono riservati ‹ INTRODUZIONE › DA 7 MILLIMETRI A 39 METRI L a pupilla del nostro occhio, dopo essersi abituata al buio, raggiunge un diametro massimo di 7 millimetri. Il miglior cannocchiale di Galileo aveva un obiettivo di 3,7 centimetri ma diaframmato a 2 per attenuare le aberrazioni. Lo specchio a tasselli esagonali (798 da 1,4 metri ciascuno) del telescopio europeo che nel 2024 sarà il più grande del mondo misurerà 39 metri di diametro. Una apertura maggiore signiica raccogliere più luce. Più luce signiica più informazioni sugli oggetti celesti che stiamo osservando, vedere oggetti deboli prima inaccessibili, avere uno sguardo più profondo sull’universo. Il balzo da 7 millimetri a 39 metri dà un’idea del progresso che c’è stato dall’epoca di Galileo ad oggi. Non è solo una questione di dimensioni. Anche la qualità è incomparabilmente migliorata. Le superici ottiche oggi sono lavorate con la precisione di centesimi della lunghezza d’onda della luce. L’ottica attiva ha risolto diicoltà meccaniche come la deformazione degli specchi e le lessioni della montatura. L’ottica adattiva riduce al minimo il problema della turbolenza atmosferica che tanto più agita le immagini quanto maggiore è l’apertura. Questo “Quaderno” si apre con uno sguardo a E-Elt, (European Extremely Large Telescope) da 39 metri e ad altri colossali strumenti in via di realizzazione. Ma la parte più consistente è dedicata agli Osservatori professionali del nostro Paese, descritti da chi li dirige o li dirigeva al momento della stesura dell’articolo. 4 ‹ quaderni di astronomia n.3 › È questa la differenza tra la pupilla umana e il futuro telescopio E-Elt nella capacità di raccogliere la luce stellare. Altri super-occhi avranno diametri di 30 e di 22 metri. Un viaggio negli Osservatori italiani racconta due secoli di astronomia e pone il problema della destinazione degli strumenti non più utilizzati Il lettore scoprirà così un grande patrimonio storico: rifrattori come il Cooke da 40 centimetri di Collurania (Teramo) usato da Vincenzo Cerulli per smontare il mito dei canali di Marte, il rifrattore Morais da 42 centimetri di Pino Torinese, i rilettori da 120 e 180 centimetri di Asiago, succursale dell’Osservatorio di Padova, e così via. Sono strumenti belli e preziosi, che raccontano due secoli della nostra ricerca astronomica. Ma sono anche strumenti che nel 90 per cento dei casi sono tagliati fuori da attività di osservazione signiicative perché non più competitivi a livello professionale. Vorremmo quindi porre, con questo “Quaderno”, un problema importante e urgente: l’utilizzo, dalle Alpi alla Sicilia, di varie decine di telescopi che rischiano la ruggine e, prima o poi, la rottamazione, sia perché sono tecnologicamente superati sia perché il cielo è rovinato dall’inquinamento luminoso. Sarebbe una perdita grave. Questi strumenti ad ogni anno che passa acquistano un maggior valore di testimonianza e Introduzione di documentazione. Molti dei nostri Osservatori hanno già una sezione museale che conserva ed espone bellissimi strumenti antichi. Ma ciò non vale per gli strumenti maggiori ormai inutilizzati, sistemati in cupole che furono la loro culla e che oggi stanno trasformandosi nella loro tomba. D’altra parte è impensabile trasferirli in musei di storia della scienza: basta pensare alle loro dimensioni e ai costi di smontaggio, rimontaggio e allestimento. La proposta che suggeriamo all’INAF (Istituto nazionale di astroi- sica) è molto semplice: in accordo con il ministero della Ricerca, selezionare con un bando di concorso gruppi di astroili scientiicamente preparati a cui assegnare l’uso di questi strumenti, con l’impegno a curarne la manutenzione, a usarli per ricerche amatoriali che superino un giudizio di utilità scientiica e ad aprire per una sera alla settimana le cupole al pubblico organizzando incontri divulgativi e tenendo stretti contatti con le scuole del territorio. Il tutto, ovviamente a titolo gratuito e rendendo conto di questo lavoro all’Osservatorio che concede l’accesso alle cupole. È sottinteso che gli strumenti migliori dovranno riservare anche un tempo alla didattica per gli studenti universitari e i dottorandi in astronomia che avessero bisogno di svolgere esperienze osservative sul campo. Eviteremmo così, tra l’altro, di avere astroisici professionisti che non distinguono una stella da un pianeta e che, se toccano un telescopio, lo danneggiano. È chiedere troppo? Piero Bianucci Due dei quattro telescopi ausiliari mobili da 1,8 metri di diametro che completano il Very Large Telescope (R. Wesson/ESO). ‹ quaderni di astronomia n.3 › 5 ‹ NEL MONDO › 1 UN OCCHIO DA 39 METRI SI APRIRÀ SUL CIELO DELLE ANDE E-ELT, European Extremely Large Telescope, sarà il telescopio più grande del mondo, lavorerà nell’ottico e nell’infrarosso, e sarà operativo a Cerro Armazones entro il 2024 L e ultime irme risalgono a gennaio 2017 e i contratti riguardano alcune delle componenti principali, tra cui i due giganteschi specchi secondario e terziario e i sensori per l’enorme specchio primario segmentato. Dopo l’assegnazione nel 2016 dei lavori per la cupola e la struttura portante, procede senza intoppi il cammino dello European Extremely Large Telescope (E-ELT), il gigantesco telescopio voluto dall’ESO (European Southern Observatory) che sorgerà sul Cerro Armazones nel deserto cileno di Atacama e vedrà la prima luce nel 2024. SEMPRE PIÙ GRANDI Dal cannocchiale di Galileo, i telescopi hanno fatto enormi progressi. Eppure l’uomo è ancora davanti a interrogativi fondamentali che riguardano l’origine e l’evoluzione dell’universo. Una grande tappa della strumentazione ottica dal suolo fu segnata da quello che è tuttora il più grande rifrattore al mondo, situato allo Yerkes Observatory (USA), con un obiettivo di 101,6 centimetri, operativo dal 1897. I telescopi a specchio hanno fatto fare un primo passo fondamentale verso strumenti sempre maggiori, mentre il rifrattore raggiungeva il Il sito scelto dall’ESO per la costruzione di E-ELT è Cerro Armazones, una montagna alta 3060 m nella zona centrale del deserto di Atacama (ESO/S.Brunier). 6 ‹ quaderni di astronomia n.3 › suo limite proprio attorno al metro di dimensione. Nel 1929 con la scoperta dell’espansione dell’Universo, e la possibilità di descriverla grazie alla teoria della relatività generale di Albert Einstein, nacque negli Stati Uniti l’interesse per la costruzione di un grande telescopio da 5 m. Aumentando la dimensione dei telescopi, infatti, si potevano osservare galassie così lontane che la loro luce doveva aver impiegato, per arrivare ino a noi, un tempo paragonabile all’età dell’universo, e quindi studiare l’universo primordiale. Il progetto era al limite delle capacità tecniche del tempo e molto costoso ma ottenne consistenti sostegni inanziari privati, tra cui quello della fondazione Rockefeller. Completato nel 1949 presso l’Osservatorio di Monte Palomar, il telescopio “Hale” di 5 m per anni ha rappresentato un limite nella costruzione degli strumenti ottici. Nel 1976 fu inaugurato nell’ex Unione Sovietica un telescopio con uno specchio primario di 6 m. Lo strumento mantenne il primato ino al 1992, quando gli Stati Uniti inaugurarono il Keck da 9,8 m alle Hawaii, raggiungendo traguardi giudicati impossibili ino a pochi anni fa. A questo punto il vero limite non era più rappresentato dalle dimensioni dello specchio, ma dalla possibilità di “leggere” le informazioni che la supericie rilettente raccoglieva. Negli anni ’80, con l’NTT (New Technology Telescope) di 3,6 m, il primo ad avere lo specchio principale controllato dal computer (ottica attiva), è iniziata 1 Un occhio da 39 metri si aprirà sul cielo delle Ande La strumentazione utilizzata per alcuni test sulla cima di Cerro Armazones (ESO). l’evoluzione dell’ottica dei telescopi. Veniva infatti sfruttata per la prima volta la tecnologia degli specchi sottili i quali, grazie a degli attuatori, sono in grado di compensare la deformazione dello specchio indotta dal suo peso, riproducendo la supericie ottimale. Questa tecnologia, sviluppata dall’ESO, si trova ora in molti grandi telescopi. Restava però il problema che la maggior parte dell’informazione veniva vaniicata dai disturbi introdotti dall’atmosfera: lo spazio, e quindi l’utilizzo di costosi satelliti, pareva essere l’unica soluzione perché, sebbene l’ottica attiva consenta di osservare con la migliore forma ottica possibile, le osservazioni compiute dal suolo sono afette dai disturbi dovuti alla turbolenza atmosferica. L’ulteriore svolta è venuta con l’ottica adattiva: se non era possibile eliminare l’atmosfera, si poteva deformare in tempo reale la supericie dello specchio e correggere le anomalie introdotte dalla massa d’aria. Questa tecnica richiede la presenza, nel campo, di una stella di luminosità suiciente a consentire di analizzare il fronte d’onda; spesso si ricorre a una stella artiiciale, creata con raggi laser che eccitano il sodio presente nella ionosfera. La correzione ottenuta grazie all’ottica adattiva rende le immagini di qualità simile a quelle dei telescopi spaziali che orbitano al di fuori dell’atmosfera. L’attuale generazione di telescopi della classe 8-10 m, come il Very Large Telescope (VLT, che nel 1992 divenne il più grande al mondo grazie alle quattro unità di 8,2 m equivalenti a un unico telescopio da 16,4 m), permette di studiare l’universo con mezzi senza precedenti, generando nuovi interrogativi ai quali gli scienziati devono rispondere. Per afrontare le nuove questioni scientiiche sono nati, negli ultimi anni, diversi progetti per la realizzazione di una nuova generazione di telescopi estremamente grandi, con diametri di 30 m o più. Questi telescopi, che dovrebbero entrare in funzione intorno al 2024, rivoluzioneranno la nostra visione dell’universo, un po’ come fece il telescopio utilizzato da Galilei. Per l’ESO, il prossimo passo sarà la realizzazione di E-ELT. MOSAICO DI SPECCHI E-ELT funzionerà nell’ottico e nell’infrarosso e disporrà di uno specchio primario del diametro di 39,3 m costituito da un mosaico di 984 specchi esagonali larghi 1,45 m e spessi 5 cm. Il telescopio è concepito in modo modulare: i pezzi possono essere prodotti in grandi quantità, così da ridurne la spesa. In realtà, l’idea di superare le diicoltà connesse al fatto di lavorare superici ottiche di grandi dimensioni mediante la realizzazione di uno specchio a tasselli non è nuova: fu proposta già lo scorso secolo dal direttore dell’Osservatorio Astronomico di Bologna, Guido Horn d’Arturo. L’idea, migliorata negli anni, è stata sfruttata nei due telescopi Keck, nel Multi Mirror Telescope (Arizona) e nell’Hobby-Eberly Telescope (Texas). EELT sarà molto più grande degli altri due giganti in fase di progettazione, il ThirtyMeter Telescope (TMT, con un diametro di 30 m) e il Giant Magellan Telescope (GMT, con un diametro di 24,5 m). Lo specchio consentirà di raccogliere una quantità di luce 5 volte superiore a quella del GranTeCan da 10,4 m, ‹ quaderni di astronomia n.3 › 7 1 Un occhio da 39 metri si aprirà sul cielo delle Ande operativo a La Palma (Canarie), attualmente il più grande telescopio che opera in territorio europeo. Ognuno dei 984 specchi di E-ELT avrà un fuoco di f/29, cosicché la superficie riflettente totale di 39,3 m di diametro avrà un fuoco f/1. Il telescopio sarà basato su un complesso schema ottico a 5 specchi. Oltre al primario ci sarà uno specchio secondario, un monolite di 6 m di diametro; le unità saranno attive, per mantenere l’allineamento degli elementi del primario e l’allineamento tra il primario e il secondario. Lo specchio terziario avrà un diametro di 4,2 m e trasmetterà il fascio luminoso a un sistema di ottica adattiva. Per il funzionamento dell’ottica adattiva ci saranno ulteriori due specchi: uno di 2,5 m di diametro, la cui forma sarà adattata ino a mille volte al secondo, e un altro di 2,7 m di diametro per la correzione dell’immagine inale. La conigurazione utilizzata, di tipo Nasmyth, porterà il fuoco da f/1 a f/17,7 e permetterà di avere un campo di 10 primi d’arco. Inine saranno presenti ben 7 posizioni focali, ciascuna delle quali ospiterà uno strumento. Il telescopio sarà equipaggiato GLI STRUMENTI DI E-ELT Ecco l’intera lista, in ordine alfabetico, della strumentazione attualmente in progetto studio: ATLAS: modulo di ottiche adattive per la tomografia laser CODEX: spettrografo ad alta risoluzione che opera nell’ottico EAGLE: spettrografo a grande campo che opera nel vicino infrarosso EPICS: sistema ideato per ottenere immagini di pianeti extrasolari con una avanzata concezione a ottica adattiva HARMONI: spettrografo a banda larga MAORY: modulo per l’ottica adattiva multi-coniugata METIS: spettrografo e camera per ottenere immagini nel medio infrarosso MICADO: camera fotografica per il vicino infrarosso OPTIMOS: spettrografo visuale a grande campo SIMPLE: spettrografo ad alta risoluzione per il vicino infrarosso con diversi strumenti scientiici (si potrà osservare da 300 nm ino a 24 µm) e durante le sessioni osservative si potrà passare da uno all’altro entro pochi minuti. La possibilità di osservare su un ampio spettro di lunghezze d’onda consentirà di sfruttare al meglio tutte le potenzialità del telescopio. La montatura di E-ELT sarà di tipo altazimutale con inseguimento computerizzato. Le piattaforme Nasmyth potranno ospitare strumenti da oltre 20 t di peso. La cupola sarà una classica emisferica con un diametro di base di 100 m e un’altezza di 80. Ecco come apparirà, una volta completato, lo European Extremely Large Telescope (ESO). 8 ‹ quaderni di astronomia n.3 › IL SITO Nell’aprile 2010 il Consiglio dell’ESO ha selezionato Cerro Armazones per la realizzazione di E-ELT. La scelta è stata fatta sulla base di un’accurata analisi comparativa durata qualche anno. Per selezionare il luogo più idoneo sono stati presi in considerazione vari parametri. Innanzitutto la “qualità astronomica” dell’atmosfera, come il numero di notti limpide, la stabilità dell’atmosfera e la quantità di vapore acqueo. Cerro Armazones è una montagna alta 3060 m nella parte centrale del deserto di Atacama a 20 km dal Cerro Paranal, sede di VLT. Alla scelta del sito hanno contribuito altri parametri come la possibilità di interagire nelle varie attività operative e scientiiche con le altre strutture dell’ESO. Si è considerato anche il rischio sismico in termini di intensità delle scosse. Cerro Armazones ofre condizioni ideali per le osservazioni astronomiche potendo contare su 320 notti limpide all’anno. Il governo cileno ha donato all’ESO un pezzo consistente di terreno contiguo alla proprietà dell’Osservatorio di Paranal che contiene Cerro Armazones, in modo da assicurarne la protezione da possibili disturbi ad opera dell’uomo, come le attività minerarie e l’inquinamento luminoso. 1 Un occhio da 39 metri si aprirà sul cielo delle Ande Lo schema della cupola che ospiterà l’E-ELT con i principali apparati. La cupola sarà alta 80 metri e avrà un diametro di 100 (ESO). SCIENZA CON E-ELT E-ELT sarà usato per studiare i corpi celesti più lontani dell’universo e capire la formazione delle prime stelle (deinite di popolazione III), delle galassie primordiali e dei buchi neri. Le capacità di E-ELT saranno sfruttate per seguire più a fondo l’evoluzione temporale dei fenomeni legati ai vari processi che sono attivi attorno agli oggetti compatti, come i buchi neri. E-ELT inoltre è progettato per studiare le prime galassie e seguirne l’evoluzione. Tra gli obiettivi principali del gigante di Cerro Armazones ci sarà la ricerca di pianeti che orbitano intorno ad altre stelle. Questi studi porteranno alla scoperta di pianeti con masse simili a quella della Terra attraverso misu- re indirette tramite le perturbazioni che tali pianeti esercitano sulle loro stelle. Si potranno ottenere direttamente immagini di pianeti più grandi, il che forse consentirà agli astronomi di studiare le loro atmosfere. Gli strumenti che saranno montati su E-ELT permetteranno di studiare le prime fasi della formazione di sistemi planetari e di rilevare la presenza di molecole organiche e acqua nei dischi proto-planetari intorno alle stelle in fase di formazione. Saranno oggetto di studio anche le costanti isiche fondamentali per una maggiore comprensione delle leggi della isica. Si ritiene, per quanto è noto inora, che tali leggi siano universali, cioè invariabili nel tempo e valide anche per ogget- ti lontani. Di questo però bisogna essere sicuri perché piccole variazioni avrebbero conseguenze notevoli e porterebbero a una revisione di molte teorie. E-ELT sarà anche utilizzato per tentare di svelare la natura della materia oscura (materia non barionica) e dell’energia oscura, forse associata all’energia del vuoto. Insomma, le aspettative sono tante e la comunità scientiica è impaziente di avere il telescopio pronto all’uso. E-ELT è già in costruzione sul Cerro Armazones e secondo Giuseppe Bono (presidente del Comitato scientiico di E-ELT, astroisico dell’Università Tor Vergata di Roma e associato all’Istituto Nazionale di Astroisica) sarà operativo tra il 2023 e il 2024. Andrea Simoncelli ‹ quaderni di astronomia n.3 › 9 ‹ NEL MONDO › 2 IL TELESCOPIO DELLA DISCORDIA Alle Hawaii, le proteste dei nativi hanno bloccato la costruzione del mega-strumento USA da trenta metri di diametro sul monte Mauna Kea. Gli astronomi potrebbero ripiegare su La Palma, nelle Canarie P er andare sempre più lontano verso le origini dell’Universo, studiando oggetti sempre più deboli, occorrono telescopi sempre più grandi. Il prossimo decennio vedrà sorgere dei veri e propri giganti con specchi dal diametro di quasi 40 metri che sfrutteranno le tecnologie più rainate per ottenere immagini del cielo sempre più nitide, paragonabili, e forse migliori, di quelle dello Hubble Space Telescope. La decisione dell’Osservatorio Europeo Australe (European Southern Observatory, ESO) di partire con la costruzione del suo European Extremely Large Telescope, dal diametro di 39 metri, ha dato 10 ‹ quaderni di astronomia n.3 › il via alla corsa verso i super telescopi e gli americani non vogliono stare a guardare. Hanno in costruzione il Giant Magellan Telscope (diametro 28 m) in Cile e progettano il Thirty Meter Telescope (diametro 30 metri) da mettere sulla cima del Mauna Kea, alle Hawaii. Questi mega-telescopi sono segmentati, vale a dire che il loro specchio principale si ottiene accostando tanti specchi piccoli, un po’ come gli occhi composti degli insetti, ma gli specchi che li compongono sono a “controllo attivo”: sono continuamente regolati e deformati da una batteria di computer perché abbiano sempre la forma ottimale. Per ovviare allo sfarfallio delle imma- gini dovuto all’atmosfera, si ricorre all’ottica adattiva, un vero gioiello che misura e compensa in tempo reale la turbolenza dell’aria facendo vibrare lo specchio secondario. Per essere sfruttati al meglio, strumenti così soisticati hanno naturalmente bisogno di un cielo perfetto. Alla perfezione di un sito astronomico concorrono molti fattori. Prima di tutto la “buiezza”, per cui si cercano località lontane dalle luci parassite e da qualsiasi forma di inquinamento che pregiudichi la trasparenza dell’atmosfera. Poi ci vogliono le giuste condizioni climatico-metereologiche, capaci di garantire cieli senza nubi. Questo spiega perché gli astronomi scelgono di mettere i loro strumenti in posti remoti (e spesso diicili da raggiungere), meglio se sulla cima di montagne che svettano sopra le nubi perché isicamente sopra quello che i meteorologi chiamano “strato di inversione termica”. Al mondo non sono moltissimi i posti capaci di soddisfare questi requisiti. I migliori si contano sulla punta delle dita di una mano: qual- 2 Il telescopio della discordia che località delle Ande Cilene (dove ci sono diversi importanti insediamenti astronomici sia europei, sia USA), qualche picco in Arizona, la sommità di un vulcano spento nelle isole Canarie e la vetta del Mauna Kea, alle Hawaii. Questo non signiica che in altre località non si possano costruire telescopi, ma semplicemente che non potranno godere delle migliori condizioni. La scelta di un sito dipende anche dalla nazionalità dei gruppi di ricerca, oltre che dalla parte di cielo che si vuole guardare. Per studiare l’emisfero sud, il Cile non ha rivali e accoglie strumenti di ogni nazionalità. Per l’emisfero nord, gli europei prediligono le Canarie, mentre gli americani, ma anche i giapponesi e alcuni sporadici europei, scelgono le Hawaii (che ofrono un sito a poco più di 4000 metri, di altezza perfetto anche per osservazioni nell’infrarosso, una lunghezza d’onda che viene assorbita dal vapor d’acqua in sospensione nell’atmosfera). Negli anni, Canarie e Hawaii hanno visto crescere il loro parco astronomico, che si è adattato agli spazi disponibili. A Roche de los Muchachos, sull’isola di La Palma, alle Canarie, tutto il bordo della grande caldera vulcanica è costellato da una dozzina di telescopi: uno spagnolo con lo specchio primario da 10 m, uno inglese da 4m, uno italiano da 3,6m, e poi altri tre inglesi, due olandesi, uno belga, uno “nordico” (una collaborazione tra Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda) e uno svedese dedicato allo studio del Sole. Inoltre, la valle della caldera ospita i telescopi MAGIC dedicati all’astronomia gamma di alta energia e diventerà sede del futuro Cherenkov telescope Array. Anche il paesaggio “marziano” della cima del Mauna Kea, alle Hawaii, dove l’ossigeno nell’aria è la metà di quello a livello del mare, ospita una dozzina di telescopi con diametro ino a 10 m. Naturale, quindi, che si sia pensato al Mauna Kea per il Thirty Meter Telescope (TMT) la risposta USA ai 39 metri dello European Extremely Large Telescope che le nazioni europee, consorziate nell’ESO-European Southern Observatory, hanno già iniziato a costruire in Cile. Grandi come un campo da tennis, formati da centinaia di specchi esagonali combinati opportunamente, questi super- telescopi devono anche essere alloggiati in una costruzione che li protegga e permetta loro di muoversi con millimetrica precisione, oltre a ospitare gli strumenti e il rivoluzionario sistema di ottica adattiva che migliora in modo decisivo le loro prestazioni. Parliamo di strutture imponenti, equivalenti a case di oltre 20 piani, che hanno bi- Una sfilata di cupole a Roque de los Muchachos, sull’isola di La Palma, alle Canarie. Qui potrebbe sorgere il nuovo Thirty Meter Telescope statunitense osteggiato dai nativi hawaiiani. sogno di ampi spiazzi pianeggianti. In Cile, l’ESO ha dovuto ricavare la supericie piana “tagliando” a suon di dinamite la cima del Cerro Armazones, nel deserto di Atacama. Alle Hawaii, invece, gli Stati Uniti avevano optato per una soluzione meno eclatante, accontentandosi di mettere il TMT in una valle piuttosto che sul bordo del cratere. Ottenuto con qualche fatica il permesso di costruire la nuova struttura, il 7 ottobre del 2014 avrebbe dovuto avere luogo la posa della prima pietra, ma la cerimonia è stata interrotta dalle proteste dei discendenti degli indigeni hawaiiani che reclamavano il diritto di preservare la sacralità del luogo, dove hanno dimora gli dei del loro pantheon e dove si trovano le tombe dei loro antenati. Da allora, sul Mauna Kea è in corso una “tempesta perfetta”. Lo spirito degli antenati, evocato dai nativi, reclama il diritto di decidere sull’occupazione del suolo a scapito degli astronomi. No more telescopes è lo slogan della protesta e, benché nessuno si dichiari contrario all’astronomia, il TMT è diventato il nemico da combattere per riconquistare la sovranità perduta oltre un secolo fa, al momento dell’annessione del regno delle Hawaii agli Stati Uniti. La protesta cavalca antichissimi rancori, senza dubbio legati alla politica tipicamente USA di cancellare l’identità culturale della popolazione delle isole, per esempio proi- ‹ quaderni di astronomia n.3 › 11 2 Il telescopio della discordia bendo l’insegnamento della lingua locale nelle scuole. Il divieto, entrato in vigore nel 1898, al momento dell’annessione, è caduto nel 1978, due anni dopo che le Hawaii sono diventate il cinquantesimo stato dell’Unione e, purtroppo per loro, uno stato ad alto tasso di povertà, specialmente tra i discendenti degli indigeni. Per questo, il fattore economico è importante. Gli oppositori sostengono che i telescopi non hanno portato i posti di lavoro sperati e non hanno contribuito a migliorare le condizioni di vita dei nativi. Il tutto è peggiorato dal fatto che sembra che gli astronomi non abbiano prestato abbastanza attenzione a preservare la montagna come luogo sacro dove aleggia lo spirito dei defunti. Risultato: nel dicembre 2014 la Corte suprema delle Hawaii ha revocato il permesso di costruire il telescopio e, tra giudizi e ricorsi, la situazione non si è ancora sbloccata. È in corso un nuovo giro di testimonianze e hanno chiesto di parlare anche i nativi hawaiiani favorevoli alla costruzione del telescopio. Speriamo non inisca in rissa. Nella visione dei contrari, la lotta al TMT è diventata un simbolo del rinascimento hawaiiano, con il capo carismatico che si presenta nei costumi tradizionali e non vuole sentire ragione sulle iniziative a sostegno delle comunità locali e sui posti di lavoro che la costruzione farebbe nascere in una economia alquanto depressa. Nemmeno la proposta di smantellare e rimuovere alcuni dei telescopi già esistenti ha sortito un qualche efetto. Gli antenati non devono essere ulteriormente disturbati, punto e basta. Non è la prima volta che i telescopi sono causa di dispute. A Mount Graham, in Arizona, la costruzione del Large Binocular Telescope è stata a lungo in forse a causa degli scoiattoli rossi, una specie a rischio di estinzione che ha la sua base nel- 12 ‹ quaderni di astronomia n.3 › le foreste intorno alla montagna. Gli ambientalisti, amici degli scoiattoli, ritenevano che i lavori per la costruzione del grande osservatorio (in parte anche italiano) avrebbero danneggiato irreparabilmente l’habitat della specie. È dovuto intervenire il congresso americano per esentare gli osservatori astronomici dalle regole imposte dallo Endangered Species Act e permettere l’inizio dei lavori, che hanno ovviamente posto la più grande attenzione possibile a non disturbare i simpatici scoiattoli. Anche l’ESO, in Cile, ha avuto la sua dose di problemi legali quando ha iniziato la costruzione del Very Large Telescope, uno strumento costituito da 4 telescopi da 8 metri ciascuno. Dopo aver deciso che il nuovo telescopio doveva andare sul Cerro Paranal, nel deserto di Atacama, l’ESO aveva dovuto ricavare la piattaforma per la costruzione dei quattro giganti, tagliando la cima della montagna. Il tutto avveniva in un terreno donato dal governo del Cile all’Osservatorio Europeo australe, che non aveva dovuto chiedere nessun permesso. Dopo che sono stati spostati 300 mila metri cubi di terra, però, l’ESO è stato contattato dai discendenti dell’ammiraglio Juan José Latorre, eroe della guerra del Paciico, che opponeva Cile a Bolivia, che sostenevano di essere proprietari della montagna e chiedevano i danni. In efetti, alla ine della guerra vittoriosa, la patria aveva ripagato i suoi combattenti con parte dei terreni conquistati e l'ammiraglio Latorre aveva ricevuto in dono alcuni appezzamenti di terreno nel deserto di Atacama, una delle zone più desolate che si possano immaginare. Il regalo non deve essere stato molto apprezzato, dal momento che nessuno si era mai interessato a quel pezzo di deserto: a seguito di un riordino generale del catasto delle proprietà terriere cilene, avvenuto negli anni ’80, la terra non venne reclamata ed entrò a far parte del demanio. A voler essere precisi, il problema era tra i Latorre e il governo del Cile, che aveva donato ciò che non possedeva, ma l’ESO ha vissuto momenti diicili. Alla ine la protesta è stata messa a tacere e VLT è diventato l’osservatorio di maggior successo al mondo. Le storie delle controversie di Mount Graham e del Cerro Paranal si sono risolte a favore dell’astronomia. Cosa succederà per il TMT? Vincerà il buon senso, oppure la suprema corte delle Hawaii abbraccerà le ragioni della protesta? I progetti scientiici hanno inanziamenti scaglionati su tempi ben deiniti e i ritardi costano cari. Per questo, davanti allo stallo, che dura da oltre due anni, si sono cercate soluzioni alternative. Come abbiamo visto, i siti astronomici di prima qualità non sono moltissimi. Inutile costruire un altro mega-telescopio in Cile, dove ci sarà già quello ESO e il Giant Magellan americano. Meglio ripiegare sulle Canarie, territorio spagnolo che accoglierebbe con gioia gli scienziati USA che sicuramente porterebbero non pochi posti di lavoro e interessanti contratti per le ditte locali. In più, come succede per tutti i telescopi alle Canarie, una piccola parte del tempo di osservazione dovrebbe essere disponibile anche agli astronomi spagnoli e europei. Si tratta di un simbolico pagamento dell’aitto del terreno, che si trasformerebbe in un bonus per l’astronomia europea. Facciamo il tifo per il TMT alle Canarie, anche se è diicile credere che gli americani si lascino scappare un simile gioiello tecnologico (con tutto il suo indotto). Tuttavia, con quello che abbiamo visto succedere, chi può prevedere come andrà a inire? Patrizia Caraveo ‹ NEL MONDO › 3 “GIANT MAGELLAN” IN CILE L’ALTRO TELESCOPIO DEL FUTURO I l 2016 è stato un anno importante per lo sviluppo dei super telescopi ottici da terra. L’ESO (European Southern Observatory) ha iniziato la costruzione di quello che sarà il più grande telescopio ottico del mondo, E-ELT ( European Extremely Large Telescope), con il suo gigantesco specchio principale del diametro di 39 metri, che dovrebbe vedere la “prima luce” nel 2024. Ma lo scorso anno è iniziata anche la costruzione del GMT (Giant Magellan Telescope , www. gmto.org), un telescopio a elevate prestazioni, presso l’Osservatorio di Las Campanas, in Cile. Sette specchi da 8,4 metri per un primario equivalente di 24,5 metri. Avrà una risoluzione dieci volte superiore a quella di Hubble. È in costruzione sul Cerro Las Campanas, e dal 2024 farà una sana concorrenza al gigante europeo E-ELT E-ELT e GMT, insieme al contestato Thirty Meter Telescope (TMT), ancora in cerca di un sito, pur avendo diverse caratteristiche e punti di forza rappresenteranno un progresso enorme rispetto ai telescopi oggi esistenti. GMT avrà uno specchio primario costituito da sette segmenti, ognuno di 8,4 m di diametro, mentre TMT ed E-ELT avranno il primario costituito da centinaia di piccoli specchi. Tutti e tre i progetti tenteranno di rispondere alle stesse questioni scienti- Una rappresentazione artistica del Giant Magellan Telescope con i suoi sette specchi da 8,4 metri ciascuno. Si vede il foro nello specchio centrale che permette al fascio luminoso, riflesso dallo specchio secondario, di raggiungere il piano focale dove sono presenti gli strumenti scientifici. ‹ quaderni di astronomia n.3 › 13 3 Giant Magellan Telescope, il super-telescopio del futuro iche fondamentali, aprendo sia la porta per una collaborazione, sia per una “sana” concorrenza. I ricercatori impegnati nei tre progetti sperano di essere i primi a puntare il proprio super-telescopio verso il cielo; in ogni caso, qualunque sia il primo progetto a vedere per primo la luce, la speranza è che tutti e tre i telescopi siano operativi nel prossimo decennio. Ed è piuttosto probabile, come accade nella moderna astronomia, che questi futuri giganti saranno utilizzati insieme per compiere scoperte eccezionali. GRAZIE A UN MAGNATE Il Giant Magellan Telescope è stato così chiamato per analogia con i due telescopi Magellan che sono già operativi a Las Campanas. Nel progetto GMT sono coinvolte undici istituzioni di Australia, Brasile, Cile, Corea e Stati Uniti. Il telescopio, con tutti gli strumenti scientiici e le strutture congiunte, costerà circa 1 miliardo di dollari; tale spesa è sostenuta sia da agenzie governative sia da donazioni private, come quella di George P. Mitchell, un magnate dell’energia. Mitchell ha donato 12,5 milioni di dollari al Carnegie Institution for Science di Washington DC e un identico importo all’Università del Texas, entrambi coinvolti nella realizzazione del progetto. Per questo generoso contributo, il primo specchio già realizzato per il GMT è stato intitolato a lui. L’11 novembre 2015, numerosi scienziati, funzionari di alto livello e sostenitori, provenienti da un consorzio internazionale di università e istituti di ricerca, si sono riuniti a Las Campanas per festeggiare l’inizio dei lavori per la costruzione del Giant Magellan Telescope. La cerimonia ha segnato l’inizio della costruzione in loco dell’Osservatorio e della sua base di appoggio. Secondo L’OSSERVATORIO DI LAS CAMPANAS L’Osservatorio di Las Campanas (www.lco.cl) è gestito dalla Carnegie Institution for Science, un ente a finanziamento privato nato nel 1902 per consentire agli scienziati di lavorare il più liberamente possibile su qualsiasi progetto ritenuto interessante. Il fondatore è stato il finanziere e mecenate Andrew Carnegie e la sede è a Washington DC. Il sito si trova in Cile, sul Cerro Las Campanas, a un’altitudine di 2550 m slm (Figura), circa 100 km a sud-est di La Serena, dove sono posti gli uffici principali dell’Osservatorio. Dal punto di vista climatico, il sito offre un ottimo seeing e un numero di notti “fotometriche” (prive di nuvole e atmosfera stabile) molto alto (può arrivare all’80%). La Carnagie Institution possiede tre strumenti principali: la coppia dei Magellan (telescopi da 6,5 m, chiamati Walter Baade e Landon Clay), il Telescopio Du Pont (telescopio da 2,5 m) e il Telescopio Swope (1 m di diametro) intitolato a Henrietta Swope. Per saperne di più su Las Campanas e sui suoi strumenti attuali (e sugli altri siti astronomici cileni), vedi il libro di Cesare Guaita Cile, il paradiso dell’astronomia, disponibile su astronomianews.it 14 ‹ quaderni di astronomia n.3 › le previsioni, GMT dovrebbe entrare in funzione nel 2021 con quattro specchi. Entro il 2024 sarà completato con gli ultimi tre specchi. GMT osserverà sia nell’ottico sia nell’infrarosso, realizzando immagini più nitide di quelle del telescopio spaziale Hubble, e afronterà questioni chiave della cosmologia, dell’astroisica e dello studio degli esopianeti. COME È FATTO GMT GMT avrà un’ottica primaria costituita da sette specchi, ciascuno del diametro di 8,4 metri: uno sarà disposto in asse con un foro al centro, mentre gli altri sei saranno disposti fuori asse, attorno a quello centrale come i petali di un iore. La limitazione nella dimensione di un singolo specchio è legata alla tecnologia disponibile per produrre e trasportare un sistema ottico del genere. La supericie totale del primario sarà equivalente a quella di uno specchio singolo del diametro di 24,5 metri. Grazie all’ottica adattiva, consentirà una risoluzione dieci volte superiore a quella del telescopio spaziale Hubble. Ogni specchio ha un diametro pari a quelli oggi impiegati nel Large Binocular Telescope (LBT), uno dei telescopi ottici più grandi e avanzati del mondo, che sorge a oltre 3200 metri di altitudine, sulla cima del monte Graham, in Arizona (USA). La conigurazione ottica del GMT sarà quella di un gregoriano aplanatico (vedi box). La scelta di questa conigurazione è avvenuta dopo un’attenta valutazione di diversi schemi ottici e delle relative aberrazioni e ha preceduto la realizzazione dei primi specchi. L’utilizzo di una conigurazione a sette specchi del primario consente di mantenere operativo il telescopio anche nel caso in cui si veriichi una rottura di un segmento o una manutenzione dello stesso. 3 Giant Magellan Telescope, il super-telescopio del futuro Immagine aerea dell’area dove sarà costruito il GMT (Ricardo Alcayaga). Anche lo specchio secondario è formato da sette segmenti, ognuno dei quali corrisponde a uno del primario. Ogni segmento ha il diametro di 1,1 m e complessivamente il secondario sarà equivalente a uno specchio singolo di 3,2 metri di diametro (quasi come il primario del nostro Telescopio Nazionale Galileo). GMT inoltre utilizzerà un’enorme montatura altazimutale, alta 60 metri, che si troverà all’interno di un’imponente cupola, altrettanto alta e con un diametro di 54 metri. Gli strumenti scientiici del GMT saranno montati su una piattaforma che si troverà circa 5 m sotto lo specchio primario. Il rapporto focale del telescopio sarà f/8,2, avrà un campo di vista di 20’, un potere risolutivo (la capacità del telescopio di separare particolari molto vicini) a 1 μm di 0,0086’’ e un’area di raccolta della luce di 368 m2 (una volta e mezza un campo da tennis). GIÀ PRONTI I PRIMI SPECCHI Già da alcuni anni è iniziata la realizzazione degli specchi del GMT. Finora sono stati costruiti tre dei sette specchi, ognuno dei quali ha richiesto parecchi mesi di lavorazione, l’utilizzo di tecnologie avanzate e dei migliori processi di lavorazione oggi disponibili. La loro realizzazione è avvenuta presso il Richard F. Caris Mirror Lab, situato nei sotterranei dello stadio di football dell’Università dell’Arizona a Tucson (USA), l’unico laboratorio all’avanguardia nelle tecniche di realizzazione di grandi specchi. Nel 2012 è stato realizzato il primo specchio. Secondo i ricercatori e tecnici coinvolti nell’impresa, la sua costruzione è stata molto più impegnativa rispetto agli specchi di altri grandi telescopi. La supericie ottenuta si discosta da quella teorica di soli 19 nanometri ed è incredibilmente liscia. La realizzazione del primo specchio ha richiesto tutte le competenze e l’esperienza maturata dall’Università dell’Arizona, in più di 25 anni, nella costruzione di specchi per telescopi. Ogni specchio pesa circa 20 tonnellate ed è formato da una struttura interna a nido d’ape, sulla quale viene fuso un vetro di tipo Pyrex. La struttura a nido d’ape utilizza delle celle esagonali che consentono il minimo peso possibile e mantengono correttamente la forma dello specchio. Il contenitore dove sono poste le celle è un forno che può essere posto in rotazione. Dopo il posizionamento di migliaia di blocchetti di vetro sopra la struttura a celle, il forno viene portato alla temperatura di 1160 °C che riduce i blocchetti di vetro in una massa luida. Grazie alla forza centrifuga, dovuta alla rotazione, questa massa assume la forma desiderata, che mantiene dopo il rafreddamento. Successivamente, lo specchio è sottoposto alle altre fasi della lavorazione: la levigatura, la lucidatura e la deposizione di uno strato metallico rilettente. Grazie a una serie di test ottici, è stato accertato che la precisione che caratterizza ogni fase è tale che la correzione finale sul fronte d’onda di ogni specchio è di 1/20 della lunghezza d’onda della luce. Realizzati i primi tre specchi, nel dicembre del 2015 è stato completato il processo di fusione dei blocchetti di vetro per il quarto specchio. Nel frattempo sono stati avviati i cantieri per la realizzazione delle infrastrutture necessarie per supportare il telescopio. COME FUNZIONA L’OTTICA ADATTIVA La tecnica dell’ottica adattiva richiede il concorso di una serie di dispositivi molto sensibili e dal funzionamento rapidissimo. In pratica, un computer analizza le caratteristiche dell’onda luminosa che giunge al telescopio, rileva le irregolarità dovute alla turbolenza dell’atmosfera e, in tempo reale, genera un impulso destinato agli attuatori che deformano opportunamente lo specchio (il primario o il secondario), per compensare esattamente l’azione del continuo agitarsi dell’atmosfera. La tecnica richiede la presenza nel campo di una stella di luminosità sufficiente per analizzare la struttura del fronte d’onda. Se la stella non è presente, allora si utilizza un laser che eccita il sodio presente nella ionosfera, generando cosi una stella artificiale nella direzione desiderata. ‹ quaderni di astronomia n.3 › 15 3 Giant Magellan Telescope, il super-telescopio del futuro LE FASI DI REALIZZAZIONE DI GMT 2012 2015 2021 2024 Costruzione del primo specchio Inizio dei lavori di costruzione dell’Osservatorio GMT viene completato con gli ultimi tre specchi GMT entra in funzione con quattro specchi CHE COS’È UN GREGORIANO APLANATICO Un telescopio “gregoriano”, così chiamato in omaggio all’astronomo e matematico scozzese James Gregory (1638–1675), è un telescopio a riflessione che utilizza due specchi. Il primario raccoglie la luce che converge sul secondario che porta il fascio di luce al piano focale. Il fuoco del telescopio è situato dietro al primario; il fascio luminoso passa al centro di un foro che si trova nel segmento centrale dello specchio primario. Al piano focale sono posizionati gli strumenti scientifici (Figura). Con l’aggettivo aplanatico si fa riferimento a un telescopio a due specchi ottimizzato per correggere l’aberrazione sferica e quella di coma (un tipo di aberrazione ottica). IL RUOLO DELL’OTTICA ADATTIVA In un telescopio, all’aumentare del diametro dello specchio primario, aumenta la quantità di luce che si raccoglie, ma anche il potere risolutivo teorico, ovvero il livello di dettaglio ottenibile. Purtroppo, la turbolenza atmosferica limita i miglioramenti della qualità delle immagini oferte dalle ottiche di dimensioni sempre maggiori. Il risultato è che le immagini giungono alterate: è come tentare di leggere una scritta situata sul fondo di una piscina mentre sta soiando un forte vento che ne increspa la supericie. La soluzione drastica di questo problema è quella di collocare i telescopi oltre l’atmosfera, e la conferma giunge dalle tante immagini straordinarie che sono state riprese dal telescopio spaziale Hubble nella sua lunga carriera. Inviare un telesco- 16 ‹ quaderni di astronomia n.3 › pio di grandi dimensioni in orbita comporta però una spesa elevata. I costi di progettazione e costruzione di strumenti astronomici al suolo sono decisamente minori, a parità di caratteristiche, rispetto ai sistemi spaziali. Inoltre, per questi ultimi, c’è anche una percentuale di rischio legata al lancio, che non esiste per gli strumenti che operano a terra. Inine, oltre una certa dimensione è tecnicamente impossibile, almeno con i vettori di oggi, inviare un telescopio di grande dimensione in orbita. L’alternativa è quella di utilizzare ottiche capaci di correggere autonomamente le aberrazioni introdotte dall’atmosfera. Le ottiche di questo tipo sono dette “adattive”, proprio per la loro capacità di adattarsi, cambiando in continuazione la propria forma, la propria curvatura, anche migliaia di volte al secondo, alle variazioni dell’atmosfera (vedi il box). Già oggi un telescopio terrestre dotato di ottiche adattive può raggiungere, e addirittura superare, la risoluzione degli attuali telescopi spaziali. GMT utilizzerà questa tecnica grazie a uno specchio secondario adattivo che deriva dal sistema FLAO ( First Light Adaptive Optics) utilizzato nel Large Binocular Telescope, sviluppato dall’INAF (Istituto Nazionale di Astroisica). In particolare, è coinvolto il Gruppo Ottiche Adattive dell’Osservatorio Astroisico di Arcetri, che ha una grande esperienza nel disegno, realizzazione, test e operatività osservativa di sensori di fronte d’onda e specchi secondari adattivi. Per GMT è in fase di sviluppo il sistema NGWSS (Natural Guide star Wavefront Sensor Subsystem). INDAGANDO IL “LATO OSCURO” DELL’UNIVERSO Le osservazioni con il Giant Magellan Telescope saranno concentrate su quelle aree della ricerca di frontiera che possono essere meglio esplorate con un telescopio a terra di grande apertura. La speranza è che, inalmente, sia possibile rispondere alle domande fondamentali che impegnano sia i grandi telescopi al suolo di oggi sia gli Osservatori spaziali, tra cui il telescopio spaziale Hubble. Molte sono le tematiche che continuano a restare irrisolte, nonostante gli sforzi degli astronomi. Quelle di maggior interesse sono certamente la nascita e l’evoluzione chimica delle prime galassie e delle stelle primordiali. Il GMT sarà utilizzato anche nel tentativo di capire il ”lato oscuro” dell’Universo. Il 23% di tutto ciò che esiste è “materia oscura”, la cui presenza è dimostrata da un gran numero di osservazioni astronomiche indirette. Tra queste, le curve di rotazione delle galassie a spirale e la massa degli ammassi di galassie. 3 Giant Magellan Telescope, il super-telescopio del futuro LA STRUMENTAZIONE SCIENTIFICA Per GMT sono in fase di sviluppo i seguenti strumenti scientiici: - G-CLEF: spettrografo Echelle che opererà nel visibile, da 350 nm a 950 nm ad alta risoluzione. Sarà utilizzato per le osservazioni di velocità radiale di precisione, ricerche in astroisica stellare e studi del mezzo intergalattico. - GMACS: spettrografo multi-oggetto che opera nel visibile, a media risoluzione, ottimizzato per l’osservazione di oggetti molto deboli. Sarà impiegato per studi di evoluzione delle galassie, l’evoluzione del mezzo intergalattico e della materia circumstellare e per studi di popolazioni stellari risolte. - GMTIFS: spettrografo e camera imaging, è considerato il successore dello strumento NIFS presente sul Gemini Telescope. Avrà una risoluzione spettrale media e sarà operativo tra 0,9 e 2,5 μm. - GMTNIRS: spettrografo ad alta risoluzione, progettato per studiare oggetti stellari giovani e sistemi proto-planetari. Osserverà nelle bande JHKLM dello spettro. Si ritiene che una frazione consistente di materia oscura si trovi sotto forma di particelle elementari di grande massa che interagiscono Una rappresentazione artistica del GMT e della sua imponente cupola. Sono visibili i raggi laser necessari per utilizzare l’ottica adattiva. tra loro (e con la materia ordinaria) solo tramite la forza di gravità. Non è pero afatto chiaro quale sia la natura di queste particelle. Ma l’ingrediente preponderante e più misterioso del modello standard attuale è l’“energia oscura”, che contribuisce a circa il 75% della densità di massa-energia dell’universo e spinge l’espansione dell’universo ad accelerare. La prova più diretta di questa accelerazione “I PIÙ GRANDI TELESCOPI DEL MONDO” L’uomo è sempre stato affascinato dai record e dalla possibilità continua di superarli, in qualsiasi campo. L’astronomo non è da meno, essendo per sua natura proteso a cercare di guardare sempre “un po’ più in là”. I grandi telescopi sono un indice spettacolare di questa rincorsa all’estremo: dall’invenzione del cannocchiale di Galileo a oggi, gli strumenti di osservazione del cielo si sono evoluti senza soste, e la loro potenza e le loro dimensioni hanno continuato a crescere. In un volume di recente pubblicazione, Walter Ferreri passa in rassegna I più grandi telescopi del mondo: innanzitutto quelli “di ieri”, che hanno fatto la storia dell’astronomia moderna, poi quelli “di oggi”, come il Very Large Telescope in Cile e il telescopio spaziale Hubble, e infine quelli in preparazione per il “domani”, tra cui il Giant Magellan Telescope. Piero Stroppa deriva dall’osservazione di “candele standard” a distanze cosmologiche, come le supernove di tipo Ia. La scoperta, sorprendente, risale al 1998. Si deve a due diversi gruppi di ricerca e nel 2011 è valsa il Nobel per la isica agli scienziati che li hanno guidati: Saul Perlmutter (il primo) e da Brian P. Schmidt e Adam G. Riess (il secondo). Con GMT si potranno studiare, in dettaglio, le atmosfere dei pianeti extrasolari, misurarne la composizione, rivelare la presenza di eventuali biomarcatori, come la clorofilla. La speranza, insomma, è quella di poter individuare elementi che possano dare indizi della presenza di forme di vita, a qualsiasi stadio. Grandi aspettative dunque da GMT: con le sue dimensioni senza precedenti e un grande potere risolutivo, permetterà alle generazioni attuali e future di astronomi di conoscere meglio il nostro sorprendente universo. Andrea Simoncelli ‹ quaderni di astronomia n.3 › 17 ‹ NEL MONDO › 4 CILE, IL PARADISO DEGLI ASTRONOMI Il cielo più bello del mondo ha fatto nascere sulle Ande cilene una grande concentrazione di osservatori in un perfetto connubio tra gigantismo e tecnologia. Visitarli è un’esperienza entusiasmante, che vale la pena di raccontare in ogni dettaglio S ono tre i grandi templi dell’astronomia mondiale in Cile: due (Cerro TololoCerro Pachon e La Silla-Las Campanas) sono collocati non lontano dalla città di La Serena (500 km a Nord di Santiago, nella regione di Coquimbo), il terzo (Cerro ParanalVLT) si trova 1000 km più a Nord e fa capo alla città di Antofagasta. Nord). Entrambi sono gestiti dall’AURA (Association of Universities for Research in Astronomy) che coinvolge USA, Regno Unito, Canada, Australia, Argentina, Brasile e Cile. L’entrata nella cupola del Gemini Sud (inaugurata alla ine del 2000) è impressionante: si tratta di una struttura completamente rotante (in modo che possa seguire il moto altazimutale del telescopio) che viene aperta di notte sia sui lati che nella parte superiore: suggestiva, attraverso le grate laterali, la visione dei telescopi del non lontano Cerro Tololo. Lo specchio principale è un monolite da 8 m di diametro, del peso di 24 t e dello spessore di CERRO TOLOLO E CERRO PACHON Si trovano a circa 80 km a Est da La Serena, nella regione di Vicuña. La cima del Cerro Pachon (2738 m di altezza a 30° 14’ 16,8” S e 70° 44’ 14’’ O) si raggiunge attraverso una lunga strada sterrata, che attraversa un paesaggio desertico e montuoso di grandiosa bellezza. Due cupole dominano la scena: quella classica del SOAR (SOuthern Astrophysical Research Telescope), dotata di uno specchio da 4,1 m altamente tecnologico (ha uno spessore di soli 10 cm “corretto” da ben 120 attuatori) e quella assolutamente innovativa del Gemini Sud (così chiamato perché esiste alle Hawaii uno strumento identico denominato Gemini 18 ‹ quaderni di astronomia n.3 › La cupola del telescopio Gemini Sud, in cima al Cerro Pachon (2738 m di altezza a 30° 14’ 16,8” S e 70° 44’ 14’’ O). 4 Cile, il paradiso degli astronomi soli 20 cm. Viene usato soprattutto per osservazioni infrarosse e, per questo, il suo strato rilettente non è alluminio ma argento. Deve essere ri-argentato ogni tre anni, utilizzando una gigantesca camera a vuoto che si trova nella parte inferiore della struttura. È interessante aggiungere un dettaglio relativo al condizionamento termico della grande cupola del Gemini Sud. Se vi si entra (come noi) di giorno, quando la temperatura esterna rasenta i 30 °C, si rimane colpiti da una temperatura interna semplicemente da...frigorifero. Ci hanno spiegato che questo condizionamento freddo degli ambienti interni è fondamentale per rendere più veloce l’equilibrio termico notturno (siamo nel deserto e di notte fa comunque freddo), anche se consuma gran parte dell’energia prodotta dagli impianti autogeni che ci sono nel sotterraneo. Un’altra struttura gestita dall’AURA è il CTIO (Cerro Tololo Inter-american Observatory) in cima al Cerro Tololo (30° 10’ 12” S, 70° 48’ 18” O, altezza di 2200 m) che dal Cerro Pachon si raggiunge facilmente in una mezz’ora. A destare la maggior impressione è la grande cupola del telescopio M. Victor Blanco da 4 m. La montatura è imponente e tradizionale, ossia con disposizione equatoriale a forcella, assolutamente simile a quella di Monte Palomar. Essendo aperto a f/2,7 (con un secondario di 1,65 m e un foro centrale per il fuoco Cassegrain di 1,32 m) il Blanco è caratterizzato da un campo utile davvero enorme di ben 50’ e come tale viene sfruttato. Questo grazie alla camera Mosaic II (in attività dal luglio 1999), sensibile da 0,35 µm a 1 µm e costituita da un complesso di 8 CCD + correttore di campo. Sia la camera Mosaic II che altri spettrometri (NewFirm per l’infrarosso e DECam per l’ultravioletto) sono posti nel fuoco Cassegrain in una cella situata sotto lo specchio principale. In preparazione delle osservazioni notturne, all’interno di questa cella possono tranquillamente entrare e stazionare i tecnici adibiti allo strumento. Si tratta di una chiara analogia col telescopio di Monte Palomar. Dopo il Blanco abbiamo visitato la cupola del vicino telescopio da 1,5 m che, a diferenza del fratello maggiore, viene gestito direttamente dagli astronomi che vi lavorano. Questo telescopio, assieme a molti altri più piccoli (uno da 1,3 m, lo Yale da 1 m, il Curtis Schmidt da 0,9 m, uno 0,9 m tradizionale, due da 0,4 m), costituisce il cosiddetto SMARTS (Small and Moderate Aperture Research Telescope Systems), un complesso di telescopi che vengono utilizzati per scopi di routine e, perino, da astroili. Per esempio il telescopio da 1,3 m (assieme a uno analogo sul Monte Hopkins in Arizona per il cielo boreale) è stato utilizzato nel 2001-2002 per il cosiddetto programma 2 MASS (2 Micron All Sky Survey), una grande mappatura a 2 µm di tutto il cielo australe (e boreale), poi resa disponibile nel giugno 2003 a tutta la comunità astronomica mondiale. Completa l’imponente strumentazione di Cerro Tololo un complesso di 6 piccoli telescopi robotici identici da 0,5 m a funzionamento remoto. LA SILLA E LAS CAMPANAS L’autore davanti alla grande cupola del telescopio M. Victor Blanco da 4 m, in cima al Cerro Tololo. Si trovano circa 200 km a Nord di La Serena, ormai sul bordo del deserto di Atacama. Arrivarci è piuttosto facile: basta percorrere verso Nord (2-3 ore) la comoda strada Panamericana (la 5 norte), inché sulla destra compare una deviazione sterrata con indicazione: ESO. Dopo una decina di km si arriva a un bivio: a destra un cartello indica “La Silla”, a sinistra un altro cartello indica “Las Campanas”. Salendo verso La Silla (10 km di comoda strada asfaltata), bastano pochi tornanti per intravvedere le cupole bianche del mitico osservatorio europeo dell’ESO: si trovano su una cima a forma di sella e questo giustiica in pieno il nome di La Sil- ‹ quaderni di astronomia n.3 › 19 4 Cile, il paradiso degli astronomi Il famoso 3,6 m di La Silla, ossia il massimo strumento ivi presente. Attualmente, tramite il formidabile spettrometro HARPS, il 3,6 m viene utilizzato soprattutto per la ricerca di tipo Doppler di pianeti extrasolari. Il telescopio NTT (New Technology Telescope) ripreso dalla cima del 3,6 m. A destra, il telescopio svizzero Eulero, per la ricerca spettroscopica Doppler di pianeti extrasolari. 20 ‹ quaderni di astronomia n.3 › la (altezza=2400 m, 29° 15’ S e 70° 44’ O). Dopo l’inaugurazione del 25 maggio 1969, sono stati collocati a La Silla ben 17 telescopi. Molti di questi sono però già stati abbandonati. Attualmente l’ESO mantiene operativi tre strumenti principali: il 3,6 m (dal 1976), il 2,2 m (dal 1984) e l’NTT da 3,5 m (dal 1989). In più c’è tutta una serie di strumenti minori gestiti da singole nazioni: tra questi il Danese da 1,5 m, l’Eulero svizzero da 1,2 m (per la ricerca di pianeti extrasolari), il nostro REM da 60 cm (ricerca veloce di controparti di GRB), il SEST submillimetrico (70365 GHz) svedese da 15 m (prototipo delle radioantenne del costruendo mega-radiotelescopio ALMA a 5100 m nel deserto di Atacama). Per inciso, il sito dove verranno collocate le 66 antenne da 12 m di ALMA ( Atacama Large Millimeter Array) si trova sull’altopiano di Chajnantor (23°01’ 22” S, 67° 45’ 18” O), 50 km a Est della piccola ma famosissima città di San Pedro de Atacama. Data l’altezza non è possibile visitare direttamente il sito di ALMA. Però, dalla Valle della Luna, a due passi da San Pedro, quando il Sole tramonta, è possibile vederne gli ultimi raggi rilettersi sulle strutture del futuro Centro di controllo di ALMA, situate a 4000 m di altezza. Davvero un grande spettacolo, perché la Cordigliera andina si tinge lentamente di rosso nei pressi del vulcano Licancabur. L’imponente cupola del telescopio da 3,6 m (montatura blu a forcella equatoriale classica, f/8 Cassegrain e f/35 Coudé) si trova sulla punta più alta di La Silla e si raggiunge con una ripida e spettacolare strada a chiocciola. Dopo alcuni anni di quasi abbandono, il 3,6 m di La Silla ha acquisito nuova splendida vita grazie all’applicazione dello spettrometro HARPS (High Accuracy Radial velocity Planet Search), un nuovo formidabile strumento per la ricerca di pianeti extrasolari. 4 Cile, il paradiso degli astronomi Il New Technology Telescope (NTT) si trova su una rampa proprio di fronte alla collina conica del 3,6 m. Il sottile (24 cm) specchio da 3,5 m (f/2,2) dell’NTT è stato il primo su cui sia stata testata la tecnologia dell’ottica attiva (cioè la deformazione programmata dello specchio mediante 75 attuatori posteriori e 24 laterali). Ogni sei mesi lo specchio viene ripulito con anidride carbonica gassosa per garantirne un costante potere rilettivo del 90%. Una delle cose che ci ha stupito nel risalire la rampa molto ripida che conduce a NTT è il fatto che, in quell’ambiente apparentemente disabitato e desertico, ci sono altri visitatori ben differenti da quelli umani: si tratta di un continuo andare e venire di volpi, che non hanno minimamente paura delle persone ma che, anzi, sono attirate in lassù dalla possibilità di trovare scarti di cibo dispensati sia dai turisti sia, soprattutto, da chi ci vive di continuo per lavoro. Anche il telescopio equatoriale da 2,2 m (f/8), afidato dall’ESO all’istituto tedesco Max Planck-Gesellschat, è di recente tornato a nuo- La cima di Las Campanas (altezza=2282 m, 29° 02’ S e 70° 43’ O), con la cupola del suo primo telescopio (lo Swope da 1 m all’estrema destra) e la doppia cupola dei suoi telescopi più moderni (i due Magellan da 6,5 m sulla sinistra). vo splendore grazie alla camera a grande campo WFI (Wide Field Imager da 0,35 a 1 µm) e allo spettrometro ad alta risoluzione FEROS (Fiber Extended Range Optical Spectrometer) adibito alla ricerca di pianeti extrasolari. In questo campo la scoperta più interessante è stata comunicata nel novembre 2010 e riguarda il primo All’entrata della cupola del telescopio Swope da 1 m di Las Campanas, troneggia un ritratto di Henrietta Hill Swope, collaboratrice di Walter Baade che, nel 1971, ne permise la realizzazione grazie a una generosa donazione. pianeta extrasolare (di massa gioviana) scoperto attorno a una stella non appartenente alla Via Lattea: si tratta della stella HIP 13044, situata a 2000 anni luce nella costellazione della Fornace e facente parte di una piccola galassia assorbita dalla Via Lattea 6 miliardi di anni fa. Lasciata La Silla siamo saliti per i 20 km di strada sterrata (ma ben curata) che porta a Las Campanas (altezza=2282 m, 29° 02’ S e 70° 43’ O), gustandoci un paesaggio in mezzo alle Ande che il Sole già basso (erano le 5 della sera) rendeva assolutamente fantastico. Va detto che il sito di Las Campanas è gestito dalla Carnegie Institution di Washington, un ente gestito grazie a inanziamenti privati nato nel 1904 con lo scopo primario di permettere agli scienziati di lavorare il più liberamente possibile su qualunque progetto ritengano utile e interessante, indipendentemente che sia a breve o a lungo termine (per esempio proviene da Las Campanas la clamorosa ricerca sulle supernovae lontane di tipo Ia che ha messo in crisi la teoria del Big Bang dimostrando che l’espansione dell’Universo è in ‹ quaderni di astronomia n.3 › 21