L’ESCORIOSI
L’AGENTE
Si tratta di una malattia fungina provocata da un fungo, la Phomopsis viticola.
LE GENERALITA’
E' stato individuato per la prima volta in Germania negli anni '60.
L’escoriosi della vite è una malattia diffusa in tutto il mondo ed è particolarmente distruttiva nelle
regioni in cui la vite dopo il germogliamento è tenuta spesso bagnata da frequenti piogge.
La malattia tende ad indebolire le piante, ridurre la produzione, abbassare il livello qualitativo dell’uva e
può anche portare a morte le barbatelle appena innestate.
IL PROCESSO D’INFEZIONE
Questo fungo sverna nelle gemme oppure si conserva sui tralci ammalati, tramite i picnidi (organi di
perpetuazione del fungo dal tipico aspetto di passerelle bruno-nere) che si differenziano in autunnoinverno, o sui residui vegetativi caduti a terra.
In primavera, dopo prolungati periodi di pioggia, con umidità relativa elevata (99%), e un optimum di
temperatura attorno ai 23°C, i picnidi germinano e producono le spore. Queste, liberatisi in seguito
piogge, vengono trasportate dalle stesse attraverso gli schizzi o dal vento sui tralci erbacei e infettano
i tessuti. La forte influenza d’umidità sul ciclo del fungo è il motivo della gravità variabile con la quale la
malattia può presentarsi nello stesso luogo in annate diverse e perché sia più frequente e dannosa in
zone umide.
Oltre che da ferite il patogeno può penetrare anche attraverso via stomatica, le minuscole aperture
presenti sulle parti verdi della pianta che consentono l’interscambio di gas con l’esterno.
La diffusione a lunga distanza è inconsapevolmente operata dall’uomo mediante il trasporto e l’impiego
di materiale infetto di propagazione. Le infezioni sono molto precoci, avvengono già all’epoca del
risveglio vegetativo della vite e possono interessare i germogli dell’anno, foglie, rachidi, piccioli e
gemme basali, tralci immaturi, acini prossimi alla maturazione, forse tralci maturi e branche.
I tralci risultano maggiormente sensibili quando sono lunghi 3-10 cm.
I giovani germogli infetti, i rachidi e i piccioli mostrano macchie clorotiche con centro scuro. In
particolare sugli internodi basali dei germogli compaiono tacche brune o nero-violacee di forma
allungata che, dapprima isolate, si accrescono anche in larghezza confluendo sino ad interessare anche
l’intera circonferenza del germoglio stesso.
Durante la rapida crescita dei germogli queste macchie scure e necrotiche spesso evolvono in
fessurazioni del tessuto corticale. Man mano che questi tessuti maturano la superficie corticale diviene
scabrosa e ruvida. Quando le lesioni interessano la zona d’inserzione del tralcio, si nota una fessura
abbastanza profonda che cinge ad anello i tessuti basali del germoglio.
Il tralcio diviene, pertanto, fragile e può disarticolarsi per eventi traumatici di qualsiasi natura.
I picnidi possono essere così numerosi da sollevare l’epidermide che così permette l’infiltrazione
dell’aria: in questo modo compare la tipica colorazione chiaro argentea dei tralci colpiti.
Le foglie infette mostrano delle macchie piccole, verde chiaro o clorotiche, irregolari o circolari, con
centro scuro. Possono comparire anche macchie necrotiche marroni o nere lungo le nervature principali
o secondarie o sui piccioli. Le macchie necrotiche possono anche dare luogo ad “un’impallinatura “ delle
foglie. Le parti infette della foglia possono in seguito anche diventare gialle o nocciola. Le foglie molto
colpite possono andare incontro a caduta.
Il rachide può seccare o divenire fragile a causa delle numerose infezioni, dando luogo anche ad una
perdita di produzione. Gli acini vengono colpiti raramente.
Con l’avanzare della stagione a causa della crescita delle piante e delle copertura fogliare i sintomi
possono risultare meno evidenti, ma infezioni ripetute possono determinare, nell’arco di qualche anno, il
disseccamento di interi tralci o dell’intera pianta e/o un aspetto cespuglioso della vegetazione e una
ridotta vigoria.
I SINTOMI
I primi sintomi della malattia compaiono dopo circa 3-4 settimane dall'infezione, ad inizio estate. Sui
germogli compaiono delle macchie necrotiche allungate, che poi tendono ad allargarsi formando delle
spaccature longitudinali. Gli internodi rimangono corti.
Durante l'inverno i tralci appaiono decolorati, grigio-biancastri, con puntini neri (picnidi) sulla
superficie. Si evidenzia con tacche longitudinali lungo la base dei tralci, vagamente simili a botte da
grandine.
Le gemme basali non germogliano, compromettendo la produzione dell'anno e quelle successive. Le foglie
dei nodi basali possono presentare delle piccole macchie clorotiche circolari, gialle ai bordi e scure al
centro, che poi necrotizzano, e delle bollosità.
Le infiorescenze spesso abortiscono.
Gli acini, raramente colpiti, presentano annerimenti e mummificazioni, e si ricoprono di picnidi.
La pianta subisce un progressivo deperimento e nel giro di pochi anni muore.
LA DIFESA
La prevenzione
La cosa migliore da fare è assumere misure preventive nei confronti della malattia:
- scegliere materiale di moltiplicazione sano.
- potare le piante infette separatamente da quelle sane ed eliminare (bruciare) i residui di potatura.
Tramite la potatura, infatti, è facile trasmettere e diffondere il fungo patogeno.
- Disinfettare le ferite e i tagli di potatura per impedire l'ingresso del fungo.
La lotta chimica
Sulle varietà sensibili e su quelle su cui sia stata rilevata dal tecnico la presenza delle forme di
svernamento sui tralci effettuare un trattamento a base di Mancozeb, Metiram o Pyraclostrobin (non
ammesso in agricoltura biologica) oppure di Zolfo bagnabile nel momento in cui tutte le gemme risultano
aperte (4-5 cm). Si deve bagnare abbondantemente solo la zona delle nuove gemme aperte, utilizzando
la miscela al doppio della dose ettolitro riportata in etichetta.
Sarà opportuno effettuare un secondo trattamento dopo 8-10 giorni in caso di tempo umido, ma solo nel
caso in cui si verifichino piogge e bagnature prolungate nei giorni seguenti al primo tarttamento. In
assenza di piogge non occorre effettuare il secondo trattamento. Si potranno anche abbinare
Mancozeb + Zolfo, a dosi normali, in modo da contrastare contemporaneamente oidio ed escoriosi,
tenendo peraltro conto del fatto che da questo momento la difesa contro questo parassita è
effettuata anche dai trattamenti antiperonosporici. Nel caso di agricoltura biologica potrà viceversa
essere effettuato un trattamento con zolfo in polvere cercando di evitare le ore centrali della
giornata.
Dopo questi due trattamenti, cominciando la difesa antiperonosporica ed antioidica, la malattia viene
contenuta collateralmente dai trattamenti di routine.
Aggiornamento: Dicembre 2009
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