EXECUTIVE BRIEFINGS
Emerging Markets and Global Issues
Thailandia e Myanmar:
nuove opportunità di business in Asia
Materiale di documentazione a cura di ISPI
Palazzo Clerici, 23 maggio 2013
In collaborazione con:
INDICE DEL MATERIALE DI DOCUMENTAZIONE
Thailandia
Myanmar
Introduzione
Introduzione
Un paese dalle molte potenzialità
Dall'isolamento all'apertura economica e
politica
Politica
1.
2.
3.
4.
In cerca di stabilità
Le incognite della successione reale
La Thailandia tra Cina e Usa
Le relazioni regionali
Economia
Un’economia in crescita
Un paese orientato al commercio estero
La politica economica del governo
Shinawatra
8. Il business environment
9. Le opportunità per le imprese italiane
5.
6.
7.
Politica
11.
12.
13.
La transizione democratica
I rapporti internazionali
Myanmar tra Cina e Stati Uniti
Economia
14.
15.
16.
17.
18.
Un’economia in crescita
Gli investimenti diretti esteri
La riforma del sistema bancario
Le opportunità di business
I rischi
Approfondimenti
Approfondimento
10.
Il turismo sanitario
Le tensioni interetniche e la questione dei
profughi
20. Il porto di Sittwe: nuovo nodo geostrategico
dell'Asia meridionale
19.
THAILANDIA - INTRODUZIONE
UN PAESE DALLE MOLTE OPPORTUNITÀ
Collocata al centro di un’area dall’elevata importanza strategica, la Thailandia rappresenta una base di
primo piano per scambi commerciali e investimenti nella regione del Sud-Est asiatico. Fattori quali la
localizzazione geografica, la vicinanza ai paesi emergenti della regione (Cambogia, Myanmar, Laos...), la
presenza di una solida base industriale e agroindustriale, nonché di un’elevata qualificazione delle risorse
umane, fanno della Thailandia un paese dalle elevate potenzialità di business.
Dopo la transizione politica del 2011 e la ricostruzione degli impianti danneggiati dalle pesanti alluvioni
che hanno colpito il paese nello stesso anno, la Thailandia ha recuperato terreno, facendo registrare
recentemente tassi di crescita economica decisamente elevati che testimoniano l’esistenza di vaste
opportunità per le aziende italiane specie nei beni di consumo, nelle costruzioni e meccanica strumentale.
Il paese dispone, inoltre, di un’efficiente rete di collegamenti interni e ha in programma di sviluppare le
vie di comunicazione stradali, ferroviarie e fluviali con i paesi limitrofi, nel contesto di un più ampio
progetto di integrazione dei trasporti nella Regione del Grande Mekong e nel quadro dell’impegno
dell’ASEAN volto allo sviluppo delle comunicazioni della regione del Sud-Est asiatico, anche con il
sostegno della Banca Mondiale (WB) e della Banca di Sviluppo Asiatica (ADB).
Dati statistici ed economici generali
Popolazione
Densità
67.450.000
136 abitanti
per Kmq
Sistema
Monarchia
politico
costituzionale
Capo di Stato
Re Bhumibol
Adulyadej
(Rama IX)
Capo di
Yingluck
governo
Shinawatra
Principali
Aiea, Apec,
Organizzazioni Asean, Fao,
internazionali Fmi, Onu,
Wto
Pil (ppp)
645 mld $
Pil pro-capite
10.000$
(ppp)
Disoccupazione 0,6%
Importazioni
Esportazioni
214 mld $
226 mld $
Ide entrata
159 mld $
Debito/pil
43,3%
Ide uscita
52 mld $
Indice di
competitività
39° su 142
Ease of Doing 18° su 185
Business
Fonti: Cia World FactBook, World Bank, World Economic Forum
Lo sviluppo industriale della Thailandia ha avuto inizio nei primi anni Settanta. Una politica fortemente
orientata alla sostituzione delle importazioni e all'attrazione di investimenti stranieri ha consentito che
l'industria manifatturiera si sviluppasse molto velocemente. Negli anni Ottanta i settori di maggiore sviluppo
sono stati quelli ad alta intensità di lavoro e orientati all'export, tessile e abbigliamento in particolare. A
partire dagli anni '90 si è registrato uno sviluppo più decisivo nei settori beni di consumo tecnologici,
dell'elettronica e del settore automobilistico.
La Thailandia si è quindi trasformata in pochi decenni in un moderno paese industriale. Oggi il settore
industriale rappresenta circa il 45% del Pil thailandese, l'industria manifatturiera da sola vi contribuisce per
il 35%. I settori i più importanti sono elettronica, elettrodomestici e automobile. Accanto a questi, si sono
sviluppati tutti i settori correlati e della subfornitura (gomma e plastica, vetro, lavorazione metalli) mentre
un ottimo sviluppo hanno avuto altre industrie (chimica e petrolchimica, alimentare, tessile, ecc.).
POLITICA
1 – IN CERCA DI STABILITÀ
Dalla fine della monarchia assoluta nel 1932, la Thailandia ha assistito a 11 colpi di stato e al varo di 17
Carte costituzionali. L’ultimo colpo di stato, nel settembre 2006, ha deposto l’allora primo ministro Thaksin
Shinawatra, magnate delle telecomunicazioni autore di una politica fortemente populista.
Il colpo di stato è stato dettato dal crescente sostegno popolare che Thaksin andava assumendo, soprattutto
tra le classi meno abbienti risiedenti nel Nord-Est del paese, rischiando così di sottrarre influenza agli attori
politici thailandesi tradizionali, in primis il potente blocco burocratico-militare. Una nuova Carta
costituzionale, promulgata nell’agosto 2007, ha ridotto la libertà d’azione del governo, accrescendo il ruolo
del potere giudiziario, delle commissioni speciali e del Senato. Nonostante le suddette misure avessero
l’obiettivo di sradicare il consenso guadagnato da Thaksin e dal suo partito TRT (Thai Rak Thai, a sua volta
bandito nel maggio 2007), le elezioni del dicembre 2007 hanno visto l’affermarsi il PPP (Phak Palang
Prachachon), partito sorto sulle ceneri del TRT.
Lo scoppio delle manifestazioni di piazza ad opera delle Camicie gialle e il conseguente scioglimento del
PPP ad opera della Corte costituzionale, hanno aperto la strada all’elezione a primo ministro di Abhisit
Vejjajiva del Democrat Party. A fine 2008 è poi arrivata la condanna in absentia di Thaksin, che da due
anni del resto si trovava in esilio volontario a Dubai. Nella primavera 2010 è stata la volta di altre violente
manifestazioni di piazza, questa volta scatenate dalle proteste delle Camicie rosse, i sostenitori di Thaksin.
Alle elezioni del 2011, il Pheu Thai Party di Yingluck Shinawatra, sorella di Thaksin, ha ottenuto la
maggioranza.
Elezioni 2011: Voto popolare
Elezioni 2011:Seggi ottenuti
Fonte: Thailand Election Commission
Camicie Rosse vs Camicie Gialle
Le Camicie Rosse rappresentano un movimento popolare guidato dallo United Front for Democracy
Against Dictatorship (UDD), una coalizione di quelle forze politiche contrarie al colpo di stato
militare che, nel settembre 2006, ha deposto l’allora primo ministro Thaksin Shinawatra. Il
movimento è espressione della Thailandia rurale e del malcontento che si oppone all’eccessiva
concentrazione di potere politico ed economico nella capitale Bangkok, accusata di crescere a scapito
del paese.
Le Camicie Gialle, dal colore usato durante le celebrazioni per il compleanno del re, rappresentano
invece il forte nazionalismo presente tra la borghesia ricca e l’aristocrazia di Bangkok. Le Camicie
Gialle si richiamano simbolicamente alla monarchia, chiedendo che il re svolga un maggior ruolo in
politica per prevenire l’emergere di leader populisti, con ovvio riferimento all’ex premier in esilio.
Nei mesi precedenti le elezioni del 2011, il movimento delle Camicie Gialle si è spaccato tra i
sostenitori di un boicottaggio totale delle elezioni e chi invece ha voluto partecipare al confronto
elettorale.
POLITICA
2 – LE INCOGNITE DELLA SUCCESSIONE REALE
L’elevata instabilità politica thailandese è accresciuta dalla questione cruciale della successione del re
Bhumibol Adulyadej (Rama IX) ha, infatti, compiuto 85 anni ed è il sovrano più longevo al mondo, ma
dal 2009 non gode di ottima salute. È il nono sovrano della dinastia
Chakri che guida il paese da 229 anni e, nonostante non goda di poteri
Re Rama IX
formali rilevanti, rappresenta il simbolo dell’unità nazionale ed è molto
amato dal popolo, anche perché in passato ha saputo evitare che le
fratture interne degenerassero. L’eccezionale popolarità di re Rama XI è
stata costruita a partire dagli anni ’50 attraverso una capillare
propaganda, una sostanziale riscrittura della storia passata e recente, una
draconiana legge sulla lesa maestà e una solida alleanza con il
potentissimo esercito, suggellata dal maresciallo Sarit Thanarat, dittatore
della Thailandia dal 1959 al 1963.
L’ingegnosa opera di restaurazione della monarchia venne portata avanti
allo scopo di avere un’ideologia da contrapporre a quella comunista (che
all’epoca pareva in inarrestabile ascesa) per proteggere le classi
dominanti e continuare a sviluppare il capitalismo thailandese attraverso
gli investimenti nordamericani. In piena guerra fredda, il generale Sarit
promosse la sacralità della figura del re e dell’istituzione monarchica per
dipingersi come l’indispensabile difensore del monarca, della religione e
della nazione contro gli attacchi del comunismo. Così facendo, il dittatore
potè legittimarsi agli occhi della popolazione, delle élite e di Washington.
Sebbene molto amato dal popolo, la figura del re viene tutt’oggi strumentalizzata a fini politici. Il
controverso articolo 12 dell’attuale Costituzione, che prevede la pena carceraria dai 3 ai 15 anni per il reato
di lesa maestà, viene spesso utilizzato dal blocco burocratico militare che rappresenta l’élite thailandese
come
strumento
per
Il principe Vajiralongkorn e la principessa Sirindhorn
controllare la società,
prolungare il ruolo dei
militari nella vita politica
thailandese e ostacolare
gli oppositori politici.
La
questione
della
successione del re è
foriera di instabilità.
Il primo in linea di
successione è il figlio
Vajiralongkorn,
non
particolarmente amato dal
popolo per essersi sposato
tre volte e per una serie di
scandali che lo hanno
visto protagonista.
La
maggioranza
dei
thailandesi preferirebbe vedere ascendere al trono la seconda figlia del re, la principessa Sirindhorn, da
sempre molto attiva in opere di beneficenza, sulla linea del padre.
POLITICA
3 – LA THAILANDIA TRA CINA E USA
A partire dal secondo dopoguerra, la Thailandia ha rappresentato per gli Stati Uniti una pietra angolare
della loro politica estera nella regione asiatica. Con la fine della Guerra fredda, l’alleanza con gli Usa è
rimasta stabile, come ha sin da subito dimostrato la concessione dell’utilizzo delle basi in territorio
thailandese nel corso della prima guerra del Golfo. L’acquisizione nel 2003 da parte della Thailandia
dello status di “Major non-NATO Ally”, la partecipazione alle operazioni belliche in Iraq tramite l’invio
di 400 soldati e la perdurante garanzia dei diritti di sorvolo e rifornimento per i mezzi statunitensi diretti
in Afghanistan e Iraq, sono tutti indicatori dello stretto legame tra Bangkok e Washington.
Parallelamente all’alleanza con gli Usa, la Thailandia sta consolidando il proprio legame con la Cina,
con cui del resto condivide una sostanziale convergenza strategica dalla fine degl i anni Settanta.
Quando nel dicembre 1978 le truppe vietnamite invasero la Cambogia dei Khmer Rossi, Thailandia e
Cina intuirono che, qualora il Vietnam fosse divenuto egemone nell’area indocinese, i propri interessi
sarebbero stati a rischio. Questo rapporto storico con la Cina si è consolidato in seguito alla crisi che ha
colpito le economie asiatiche nel 1997, quando l’aiuto cinese permise alla Thailandia di non naufragare
oltre il già pesante -11% fatto registrare dal Pil per quell’anno. Nel 1999 i due paesi hanno poi firmato il
“Sino-Thai Plan of Action” per il XXVI secolo, finalizzato ad accrescere la cooperazione commerciale,
scientifica, in materia giudiziaria e nel settore della sicurezza.
L’interconnessione sino-thailandese è in forte crescita in quanto la politica del “Go abroad” sta
portando a un aumento degli investimenti cinesi in Thailandia, l’interscambio sta notevolmente
crescendo e a livello culturale ha una valenza simbolica il fatto che 23 dei 41 Istituti Confucio presenti
in Asia sudorientale si trovino in territorio thailandese. La visita di Barack Obama nel novembre 2012,
seguita a ruota da quella di Wen Jiabao, ha ribadito l’importanza della duplice relazione. L’eventuale
futura partecipazione della Thailandia alla Trans Pacific Partnership potrebbe ripianare gli screzi degli
ultimi mesi, legati al rifiuto opposto alla richiesta di Washington di utilizzare la base di U -Tapao per
una ricerca meteorologica prodotta dalla NASA. Tale adesione, però, potrebbe comportare uno
sbilanciamento verso gli Usa (la TPP è vista come un’alleanza economica per “contenere” l’avanzata
cinese nell’area) e di conseguenza complicare i rapporti con Pechino.
Esportazioni Usa e Cina in Thailandia (migliaia di dollari)
Anno
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Fonte: Unctad
Esportazioni Usa
in Thailandia
5.995.120
4.859.500
5.841.350
6.362.814
7.233.101
8.152.469
8.444.876
9.066.834
6.920.200
8.974.365
10.927.480
Esportazioni Cina
in Thailandia
2.337.109
2.957.345
3.827.905
5.801.575
7.819.296
9.764.065
12.032.910
15.636.354
13.307.098
19.741.222
25.694.604
POLITICA
4 – LE RELAZIONI REGIONALI
La Thailandia è membro fondatore dell'ASEAN e ha contribuito in maniera sostanziale alla realizzazione e
allo sviluppo dell'Asean Free Trade Area (AFTA). Per i sei membri fondatori (Thailandia, Singapore,
Malesia, Indonesia, Filippine, Brunei), l'AFTA è entrato in vigore l'1 gennaio 2010, data dalla quale i dazi
d'importazione sono stati azzerati. Nei restanti paesi membri (Cambogia, Laos, Myanmar, Vietnam) l'AFTA
entrerà in vigore nel 2015. L'area ASEAN rappresenta un mercato di oltre mezzo miliardo di consumatori,
con un Pil attorno ai 1500 miliardi di dollari, e un commercio interno di oltre 1000 miliardi di dollari. In
qualità di membro dell'ASEAN, la Thailandia beneficia anche di sei accordi di libero scambio bilaterali con
i paesi facenti parte dell'East Asia Summit: Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda e
India.
La Thailandia è stata caratterizzata per anni da relazioni molto difficili con i paesi vicini, date dal
convergere di due fattori: la presenza nel paese di minoranze separatiste, al confine con Malaysia e
Myanmar, e il permanere di dispute relative ai confini, come nel caso della Cambogia. Ciononostante, in
seguito alla vittoria elettorale del Pheu Thai Party (Partito per i Thailandesi) nel luglio 2011 le frizioni con la
Cambogia sembrano aver trovato una soluzione almeno temporanea, che lascia ben sperare per la stabilità
futura dell’intera regione. Lo stesso può dirsi per le tensioni con la Malaysia (nonostante il movimento
separatista nelle province meridionali sia un costante fattore di tensione) e con il Laos, con il quale, dopo il
conflitto che nel 1998 provocò oltre 1000 morti in un solo mese, la Thailandia sta cooperando per giungere a
una demarcazione definitiva dei confini.
Il caso del rapporto con il Myanmar è particolarmente interessante in quanto, malgrado solo 60 dei 2.400
km di confine siano ufficialmente demarcati, dai primi anni del XXVI secolo non si verificano scontri
armati, anche perché sussiste una forte interconnessione commerciale e, in particolare, la Thailandia
importa dal Myanmar circa un terzo del gas prodotto da quest’ultimo. Il 70% del fabbisogno energetico
thailandese viene coperto con gas naturale, il 20% del quale arriva dal Myanmar, più precisamente dai
giacimenti di Yadana e Yetagun.
La rete di gasdotti Thailandia-Myanmar
Fonte: Total Myanmar
ECONOMIA
5 – UN’ECONOMIA IN CRESCITA
Dopo il +0,1% fatto registrare nel 2011 – flessione dovuta quasi esclusivamente alle ripercussioni in campo
economico delle gravi inondazioni che hanno colpito il paese nell'autunno di quell'anno – il Pil thailandese
ha fatto registrare una crescita del 6,4% nel 2012, tornando in linea con i tassi di crescita riportati negli
anni precedenti. A favorire questa pronta e significativa ripresa sono stati gli imponenti programmi di spesa
pubblica adottati dal governo - oltre 8 miliardi di euro soprattutto nel settore infrastrutture - e in parte il
capitolo delle esportazioni, che in chiusura del 2012 hanno fatto registrare un +3,5% nonostante il
rallentamento dell'area euro, tra i principali mercati di sbocco per l'economia thailandese.
La domanda interna è cresciuta in modo più sostenuto rispetto al passato, tenuto conto che al +3,5% del
2011 ha fatto seguito nel 2012 un +6,8%. I consumi privati continuano infatti a essere sostenuti sia dal basso
tasso di disoccupazione (0,7%), sia dalle misure del governo di Yingluck Shinawatra volte a sostenere i
redditi delle famiglie.
Crescita del Pil e tasso di disoccupazione
Fonte: Economist Intelligence Unit
In netta crescita anche gli investimenti. Secondo i dati della Bank of Thailand, infatti, nel 2012 gli
investimenti privati sono cresciuti del 12,4%, mentre quelli pubblici del 6,3%. La Banca di Thailandia
sottolinea inoltre come la maggior parte degli investimenti sia di lungo periodo, tanto che le previsioni per il
2013 segnalano un +6,8% per gli investimenti privati e un +21,7% per quelli pubblici.
Sotto il profilo monetario, nel corso del 2012 è stata confermata la tendenza al deprezzamento, pur lieve,
del baht thailandese rispetto al dollaro statunitense, già registrata nel 2011 e dovuta prevalentemente agli
effetti della crisi del debito in Europa e al rallentamento generale dell'economia. A tale proposito, la Banca
centrale thailandese, in controtendenza con quanto auspicato dal Vice primo ministro e Ministro delle
Finanze, Kittirat Na-Ranong, che vorrebbe un baht più debole per sostenere le esportazioni, ha fatto presente
di voler intervenire sui mercati solo nel caso in cui si dovessero verificare dei fenomeni di speculazione,
lasciando quindi operare le fluttuazioni. Queste ultime si mantengono comunque entro limiti più che
accettabili, tenuto conto che nell'ultima parte del 2012 il baht è tornato ad apprezzarsi nei confronti del
dollaro Usa dopo che le misure prese in Europa hanno iniziato a mostrare i primi risultati, migliorando la
fiducia degli investitori stranieri e di conseguenza anche l'afflusso finanziario verso il mercato azionario
thailandese.
ECONOMIA
6 - UN PAESE ORIENTATO AL COMMERCIO ESTERO
La Thailandia è un paese fortemente orientato al commercio estero. Il valore delle esportazioni e delle
importazioni si è quasi quadruplicato nel corso degli ultimi 10 anni, raggiungendo nel 2011 il record storico
rispettivamente di 164,4 e di 137,7 miliardi di euro.
Per il 2012 le previsioni del governo thailandese indicavano una crescita delle esportazioni del 15% rispetto
al 2011. Obiettivo mancato a causa delle conseguenze delle alluvioni di fine 2011, che hanno penalizzato la
produzione industriale per tutto il primo semestre 2012, ma soprattutto a causa della crisi economica
internazionale, che ha ridotto la domanda da parte di alcuni dei principali partner commerciali, Ue e
Giappone in primis. Migliori le dinamiche delle esportazioni verso i paesi ASEAN e gli Usa.
Le esportazioni della Thailandia riguardano prevalentemente prodotti dell’industria manifatturiera e in
particolare prodotti dell’elettronica (computer, hard disk, circuiti integrati), elettrodomestici e automobili,
che complessivamente rappresentano i ¾ delle esportazioni totali. Si tratta del comparto che più ha
contribuito alla crescita, anche se modesta, delle esportazioni del 2012. Inferiore il contributo delle
esportazioni di prodotti agroindustriali (che rappresentano circa l’8% delle esportazioni totali) mentre
flettono decisamente (circa -20%) le esportazioni di prodotti agricoli, che rappresentano circa il 10% delle
esportazioni totali della Thailandia.
Import Partners
Export Partner
Fonte: Cia World FactBook
I primi tre mercati di sbocco sono Cina, Giappone e Usa.
L’Italia è 29° nella lista dei paesi clienti e assorbe una quota di circa lo 0,6% delle esportazioni totali della
Thailandia.
Incremento sostanziale invece delle importazioni della Thailandia, che crescono nel 2012 di circa l’8%
rispetto al 2011. La Thailandia importa prevalentemente materie prime e semilavorati (circa il 40% del
totale), beni strumentali (28%), greggio e derivati (20%). Le importazioni di beni di consumo rappresentano
circa il 12% del totale. La crescita delle importazioni nel 2012 ha riguardato prevalentemente i beni
strumentali (+24%) mentre si registra una flessione di circa il 6% delle importazioni di materie prime e
semilavorati. Crescono di circa il 15% le importazioni di beni di consumo.
Principale fornitore è il Giappone, seguito da Cina e Eau.
L’Italia è il 25° fornitore con una quota di circa lo 0,9% delle importazioni totali della Thailandia.
ECONOMIA
7 – LA POLITICA ECONOMICA DEL GOVERNO SHINAWATRA
Il governo guidato da Yingluck Shinawatra, insediatosi dopo le ultime elezioni del luglio 2011, ha fatto
delle riforme economiche uno di punti cardine del proprio programma elettorale. Tra le misure che
rivestono particolare interesse per gli investitori locali e internazionali vi sono l’innalzamento del salario
minimo dei lavoratori e dei neolaureati, che porta dai precedenti 221 bath (5,20 € circa) a 300 bath (7,15 €)
al giorno per i lavoratori e dagli attuali 10.640 bath (251 €) a 15.000 bath (360 €) per i neolaureati, e la
riduzione dell’aliquota sui profitti delle imprese dal 30% al 23% per l’anno fiscale 2012/2013, in modo
da arrivare nel 2013/2014 al 20%. Se questa misura si concentra sul lato dell’offerta, l’innalzamento del
salario minimo, in un primo momento limitato alle 7 province più sviluppate e dal 1 gennaio 2013 esteso a
tutto il paese, ha l’obiettivo dichiarato di stimolare la domanda interna.
La rete infrastrutturale del Grande Mekong
Le priorità del governo sono tuttavia
adesso concentrate sui programmi di
spesa pubblica, con l’obiettivo di
realizzare le infrastrutture necessarie
per evitare in futuro il ripetersi dei
disastrosi
effetti
delle
recenti
inondazioni (mirando così anche al
mantenimento della fiducia da parte
degli investitori stranieri), e di
stimolare l’economia.
I programmi di spesa, circa 8,5
miliardi di euro, sono destinati alla
costruzione di strutture di gestione
delle acque del fiume che attraversa
Bangkok e i principali distretti
industriali (Chao Praya), di otto suoi
affluenti e di altri 17 bacini nel paese,
oltre alla realizzazione di un fondo di
assicurazione da 1,4 miliardi di euro
per la copertura di premi assicurativi
contratti da famiglie e imprese, che
dovrebbe vedere la partecipazione di
società di assicurazioni private.
Fonte: Asian Development Bank
ECONOMIA
8 – IL BUSINESS ENVIRONMENT
La Thailandia, secondo il Global Competitiveness Report 2012-2013 pubblicato dal World Economic
Forum, occupa il 38esimo posto su 144 paesi, guadagnando così una posizione rispetto all’anno precedente,
invertendo il trend negativo degli ultimi sei anni e collocandosi al quarto posto tra i paesi ASEAN, dopo
Singapore, Malaysia e Brunei. Il quadro macroeconomico complessivo, la dimensione del mercato interno,
la stabilità del settore finanziario hanno giocato un ruolo importante per il miglioramento della competitività
del sistema. Il WEF ha sottolineato anche il contributo positivo delle infrastrutture aeroportuali, che
eccellono rispetto a strade e ferrovie comunque oggetto dei prossimi piani di sviluppo del governo, e della
facilità nell’avviare un’impresa (la Thailandia è al 18° posto (su 185) a livello globale dell’ultimo “Ease of
doing business” della Banca Mondiale), mentre i limiti segnalati nel rapporto sono: instabilità politica,
corruzione, qualità dell’istruzione pubblica e incerta protezione dei diritti di proprietà intellettuale.
Ease of Doing Business, indicatori
Indice
Avviare un’attività
Permessi di costruzione
Ottenere elettricità
Registrazione di una proprietà
Ricevere credito
Indice di forza sui diritti legali
(0-10)
Indice di profondità delle
informazioni sul credito (0-6)
Protezione degli investitori
Indice di protezione
dell’investitore (0-10)
Pagamento delle tasse
Numero di pagamenti
(all’anno)
Durata (ore all’anno)
Tasse sul profitto (%)
Tasse sui lavoratori
e contribuenti (%)
Altre tasse (%)
Tasso totale delle imposte
(% profit)
Commercio internazionale
Implementazione dei contratti
Chiudere un’attività
Fonte: World Bank
85
16
10
26
70
5
Rank
Media regionale (Asia
orientale e Pacifico)
93
71
75
86
91
7
5
4
13
7.7
83
5.4
96
22
70
25
264
28.1
5.7
209
16.7
10.9
3.9
37.6
6.9
34.5
20
23
58
76
87
107
Rank
Thailandia
ECONOMIA
9 – LE OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE ITALIANE
I rapporti con l’Italia
Sotto il profilo economico-commerciale, il potenziale inespresso dei rapporti bilaterali è dimostrato
dall’andamento dell’interscambio, cresciuto nel 2011 del 25% (superando per la prima volta i 4 miliardi di
dollari), a fronte di un posizionamento dell’Italia solo al 22° posto tra i partner commerciali della Thailandia.
L’Italia esporta soprattutto macchinari e prodotti chimici e, in misura crescente, beni di consumo, grazie a
un’espansione della classe media urbana che offre prospettive interessanti al Made in Italy (vino,
agroalimentare, arredamento, design e moda). Di particolare interesse sono i settori ad alto contenuto
tecnologico – gestione delle acque, ferrovie ad alta velocità, attività spaziali, energie alternative,
biotecnologie, macchine utensili, auto motive, industria agroalimentare “post harvest”, apparecchiature
medicali – in cui la Thailandia manca di capacità e forniture adeguate.
Scambi commerciali Italia-Thailandia (milioni di €)
Export italiano dalla Thailandia
Import italiano in Thailandia
2010
944,08
1.294,89
2011
1.200,27
1.414,79
Fonte: Ambasciata italiana a Bangkok
Gli scambi commerciali tra Italia e Thailandia sono cresciuti costantemente durante gli ultimi 10 anni.
L’interscambio totale si è sostanzialmente raddoppiato, arrivando al suo massimo storico di 2,7 miliardi di €
nel 2011. La bilancia commerciale è stata tradizionalmente a favore della Thailandia fino al 2011; nel 2012
si è registrata però un’inversione di tendenza piuttosto decisa. Nei primi nove mesi del 2012 le esportazioni
dall’Italia verso la Thailandia sono cresciute di oltre il 25%, mentre le esportazioni della Thailandia verso
l’Italia flettono di quasi il 30%.
La Thailandia esporta verso l’Italia prevalentemente prodotti dell’industria manifatturiera (circa il 70%
del totale), i prodotti agricoli rappresentano il 17% e i prodotti dell’industria alimentare il 13%.
Le categorie di prodotti maggiormente esportate sono gioielli e pietre preziose, condizionatori e parti,
gamberi congelati, gomma naturale e automobili e parti. Più o meno tutti sono interessati dalla flessione
generalizzata delle esportazioni della Thailandia verso l’Italia.
L’Italia esporta verso la Thailandia prevalentemente beni strumentali, che rappresentano oltre il 53% del
totale. Le materie prime e semilavorati rappresentano circa il 22%, i beni di consumo poco meno del 20% e
il settore auto/moto circa il 4%. L’ottima performance delle esportazioni italiane che si è registrata nel 2012
è stata determinata prevalentemente dalla crescita delle esportazioni di macchinari per uso industriale, che da
sole rappresentano circa il 40% delle esportazioni totali. La crescita nei primi nove mesi del 2012 rispetto
allo stesso periodo del 2011 è stata notevole (+24%) soprattutto se consideriamo che tra il 2010 e il 2011
erano già cresciute di oltre il 25%. Molto positivo nel corso del 2012 anche l’andamento delle esportazioni
di beni di consumo (+8%) e di auto e moto (+70%) mentre flettono di circa il 10% le esportazioni di materie
prime e semilavorati.
APPROFONDIMENTO
10 - IL TURISMO SANITARIO
Nato da una costola del turismo tradizionale, il turismo sanitario in Thailandia è diventato rapidamente
un’attività autonoma per una convergenza di fattori: eccellente tradizione medica (il padre di re Bhumibol
era medico e aveva studiato a Harvard), mancanza di strutture adeguate in molti paesi vicini (Myanmar,
Cambogia, Vietnam), forte afflusso dai paesi del Golfo i cui (ricchi) residenti hanno difficoltà a ottenere i
visti per farsi curare in Usa. Si aggiunge un crescente pellegrinaggio di pazienti statunitensi che non
potrebbero permettersi le cure nel loro paese: in Thailandia le cure mediche costano un terzo o la metà di
quanto costano negli Usa.
L’attività si sta industrializzando a ritmo accelerato con l’accorpamento delle strutture minori. Si apre così
un interessante mercato anche per le aziende italiane nei settori farmaceutico, delle apparecchiature
medicali e attrezzature di laboratorio, che in Thailandia trovano interlocutori di solide dimensioni. È il
caso ad esempio di Dusit Medical Group che ormai controlla 29 tra ospedali e cliniche di cui 2 in Cambogia,
20 mila pazienti visitati al giorno, 4.700 posti letto con un fatturato annuo di 4,4 miliardi di dollari (inclusi i
pazienti thailandesi). E che punta a estendere l’attività nel settore farmaceutico e dei laboratori clinici
espandendosi anche su altri mercati asiatici.
In mancanza di un’industria nazionale produttrice di strumentazioni medicali, si registrano interessanti
opportunità commerciali in un settore in cui comunque è da tenere in considerazione la presenza della
concorrenza americana, giapponese e tedesca. Ne sono una dimostrazione i dati relativi all’export di
attrezzature medicali dall’Italia verso la Thailandia, che hanno fatto registrare nel 2011 la cifra record di 91
milioni di dollari (+35% su base annua). Nel 2012, pur avendo subito un calo del 28% con 65 milioni di
dollari di valore complessivo, le attrezzature medicali sono comunque rimaste la decima voce delle
esportazioni italiane verso la Thailandia.
Comparazione dei prezzi delle maggiori operazioni mediche (dollari)
Operazione
Bypass aortocoronarico
Sostituzione della
valvola cardiaca
Angioplastica
Operazione all’anca
Isterectomia
Operazione al
ginocchio
Fusione spinale
Usa
130.000
Thailandia
11.000
Singapore
18.500
160.000
10.000
12.500
57.000
43.000
20.000
40.000
13.000
12.000
4.500
10.000
13.000
12.000
6.000
13.000
62.000
7.000
9.000
Fonte: American Medical Association
MYANMAR - INTRODUZIONE
DALL'ISOLAMENTO ALL'APERTURA ECONOMICA E POLITICA
Myanmar è il secondo paese Asean per estensione territoriale (676.578 Km2), conta una popolazione di
55.167.300 persone (stima al luglio 2013), fa registrare una crescita media del Pil del 5% annua, e gode di
una collocazione geografica strategica tra India, Cina e paesi Asean.
All'inizio degli anni '60, l'allora Birmania era tra le economie asiatiche più promettenti: il maggior
esportatore mondiale di riso, importante produttore di legni pregiati, un sistema economico e legale
efficiente, una forza lavoro qualificata e un enorme potenziale di risorse naturali, ancora perlopiù
inesplorate. Il colpo di stato che nel 1962 portò al potere la giunta militare guidata dal generale Ne Win, ha
aperto un lungo periodo di dittatura e stagnazione economica, rendendo di fatto Myanmar un paese
isolato e tra i più poveri al mondo.
Il ritiro dalla scena politica di Ne Win nel 1988, a seguito dei disordini sociali che hanno fatto eco al
fallimento della “via birmana al socialismo”, ha rappresentato una prima speranza di apertura per il paese,
subito cancellata dall'instaurarsi di una nuova dittatura militare. Nel 1989 la figlia del leader della lotta
indipendentista birmana Aung San, Aung San Su Kyi, veniva posta agli arresti domiciliari.
Nel 1996 l'Unione Europea impose le prime sanzioni economiche che vietavano investimenti e commercio,
seguite da quelle degli Stati Uniti nel maggio 1997. Le sanzioni statunitensi vennero inasprite nel 2002,
mentre quelle targate Ue vennero rinnovate di anno in anno fino all'aprile 2012. Come diretta conseguenza
degli impianti sanzionatori adottati dai governi occidentali, Mynamar si avvicinò alla Cina, alla quale venne
di fatto data carta bianca nello sfruttamento delle risorse naturali di cui il Myanmar è particolarmente ricco.
La liberazione di Aung San Suu Kyi, avvenuta una settimana dopo le elezioni del novembre 2010, ha
segnato l'inizio di un processo che, passando per la liberazione di alcuni prigionieri politici e gli accordi di
cessate il fuoco con alcune minoranze etniche, è culminato dello svolgimento di libere elezioni suppletive il
1° aprile 2012, vinte dalla Lega Nazionale Democratica (NDL) di Aung San Suu Kyi. Nonostante
l'importante risultato ottenuto dalla NDL, il vero banco di prova per la nascente democrazia birmana
saranno le elezioni presidenziali del 2015. Nel frattempo, il nuovo presidente e primo ministro Thein Sein
ha avviato un processo di riforma: una svolta storica per il paese, che sembra aver preso coscienza delle
conseguenze negative dei decenni di isolamento e delle potenziali opportunità per la propria economia.
La definitiva rimozione delle sanzioni Ue a partire dal 22 aprile 2013, dopo che erano state
temporaneamente sospese l'anno precedente (tranne l'embargo sulle armi), permette di includere Myanmar
tra i nuovi paesi ad alto potenziale di crescita. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, Myanmar ha il
potenziale per diventare la prossima frontiera economica dell'Asia; secondo l'Asian Development Bank esso
potrebbe diventare una “rising star” dell'Asia se riuscirà a fare adeguata leva sulle proprie risorse naturali e
umane e fruire della posizione geostrategica a cerniera tra Asia meridionale e Pacifico.
Dati statistici ed economici generali
Popolazione
Densità
Sistema
politico
Capo di Stato
55167330
74 ab per
Kmq
Repubblica
presidenziale
Thein Sein
Pil (ppp)
89,23 mld $
Pil pro-capite
1.400 $
(ppp)
Disoccupazione 5,40%
Importazioni
Esportazioni
7,1 mld $
8,5 mld $
Ide entrata
850 mln $
Debito/pil
Aiuti
in 355 mln $
entrata
Indice
di Score: 15/100
corruzione
Rank: 172/176
percepita
53,50%
Principali
Aiea, Asean, Indice di
Score:
Organizzazioni Fao,
Fmi, debolezza dello 96,2/120
internazionali Onu, Wto
stato
Rank: 21/177
Fonti: Cia World FactBook, World Bank, Fund for Peace, Transparency International
POLITICA
11 – LA TRANSIZIONE DEMOCRATICA
Le elezioni suppletive dell'aprile 2012 hanno assegnato 43 seggi su 45 vacanti in Parlamento alla National
League for Democracy (NLD) guidata dal premio nobel per la pace Aung San Suu Kyi, storico partito di
opposizione. Nonostante ciò, il potere rimane ancora saldamente nelle mani della giunta militare guidata da Thein
Sein. Il vero banco di prova saranno le elezioni generali del 2015, quando dallo scontro tra lo Union Solidarity
and Development Party (USDP), il partito sostenuto e guidato dai militari e la NLD emergeranno alcune
probabili risposte sulla credibilità del processo di liberalizzazione politica in atto e sugli sviluppi futuri della
politica birmana.
La svolta per il Paese asiatico è avvenuta nel 2010, quando il nuovo governo civile di Thein Sein ha liberato
Aung San Suu Kyi dagli arresti domiciliari. A ciò sono seguite, il 31 gennaio 2011, la convocazione del
Parlamento e la contestuale entrata in vigore della Costituzione del 2008 e, infine, il 4 febbraio, l’elezione da
parte del Parlamento di Thein Sein come Presidente della Repubblica. Thein Sein, un militare moderato, pur
essendo stato Primo Ministro durante il precedente regime, è ritenuto l’unico rappresentante politico adatto a
garantire la transizione del Paese da una dittatura militare a un regime democratico.
Il governo ha infatti dato avvio a un processo di transizione democratica, intensificatosi a partire da agosto
2011 e che ha dato luogo a una serie di risultati importanti: avvio di riforme economiche; fine della censura
preventiva sulla stampa; nuove leggi sulla libertà sindacale e di manifestazione; accordo con l’ILO per lo
sradicamento del lavoro forzato entro il 2015; creazione di una commissione parlamentare per il rispetto dei
diritti umani; avvio di negoziati di pace con i gruppi etnici separatisti; sei provvedimenti di amnistia - l’ultimo il
17 settembre 2012 - che avrebbero - in assenza di dati certi in materia - consentito la liberazione di circa 800
prigionieri politici, riducendo sostanzialmente quelli ancora detenuti; rimpasto di governo, nell’agosto 2012, con
l’uscita di scena degli elementi più conservatori.
In risposta alle riforme avviate dal regime birmano, nel 2012 la comunità internazionale ha iniziato a sospendere
le principali sanzioni internazionali vigenti nel Paese, dimostrando così di voler scommettere sul processo di
democratizzazione in corso. Successivamente alla sospensione delle sanzioni internazionali, alcune personalità
politiche di paesi occidentali hanno visitato il paese, tra i quali il Presidente Usa Barack Obama e l’allora
Segretario di Stato Hillary Clinton (novembre 2012).
Ma agli occhi della comunità internazionale, affinché la via intrapresa dal governo verso la democrazia possa
considerarsi completa, restano cruciali la fine degli scontri con le minoranze etniche, specialmente nella
regione del Rakhine e del Kachin, e la liberazione di tutti i restanti prigionieri politici. Infatti, pur essendo
vero che alcune importanti riforme sono state compiute, il percorso pare essere ancora lastricato di ostacoli.
Indice di debolezza dello stato
Indice di corruzione percepita
(Paesi Asean)
(Primi paesi al mondo)
120
100
80
60
Somalia
96,2
88,7
0,98
Corea del Nord
83,2 80,6
77
74
1,01
Myanmar
68,5
51,9
1,49
Af ghanistan
1,52
Sudan
1,56
Turkmenistan
1,6
40
20
Uzbekistan
0
Cambogia Indonesia Vietnam
Laos
Myanmar Filippine Thailandia Malesia
Fonte: Fund for Peace (20 stato solido/114 stato
fallito)
1,62
0
0,2 0,4 0,6 0,8
1
1,2 1,4 1,6 1,8
Fonte: Transparency International (0 corruzione
max/10 corruzione min)
POLITICA
12 – I RAPPORTI INTERNAZIONALI
Cina Gli interessi cinesi in Myanmar sono molteplici: politico-strategici per la posizione geografica e lo
sbocco sull'Oceano Indiano; economici per la ricchezza di materie prime (soprattutto fonti di energia) e per
il commercio bilaterale. In particolare, la partnership con il Myanmar rientra nella strategia cinese del “filo
di perle”, tesa a stabilire un forte rapporto di cooperazione con i maggiori porti della regione, che divengono
in questo modo veri e propri avamposti
commerciali.
La strategia del “filo di perle” cinese
India Nei decenni passati l'India ha
mantenuto buoni rapporti con la dittatura
birmana per due motivi: la presenza di
movimenti insurrezionali nel Nord-Est del
paese, che utilizzano il Myanmar come
rifugio, e il timore che l'influenza cinese su
quest'ultimo divenisse predominante. India
e Cina si contendono tutt'oggi il favore
della giunta militare birmana sia per
guadagnarsi l’accesso alle ingenti risorse
energetiche
del
paese,
sia
in
considerazione della posizione strategica
del Myanmar, che offre ad entrambi uno
sbocco sul Golfo del Bengala.
Fonte: China briefing
Thailandia I rapporti tra i due paesi si reggono su equilibri delicati, soprattutto a causa delle problematiche
relative alle questioni della pesca illegale, della deforestazione e del traffico di droga. Bangkok sostiene il
processo di riforme birmano allo scopo di assicurarsi la fornitura di petrolio e gas, ma al tempo stesso
guarda con preoccupazione all'apertura del paese a nuovi partner. Gli immigrati birmani in fuga da Myanmar
rappresentano infatti un’importante risorsa di manodopera a basso costo per la Thailandia, che in seguito al
miglioramento del contesto birmano potrebbe vedere venir meno tale importante risorsa. Bangkok, tuttavia,
ha bisogno del gas naturale birmano, che arriva in Thailandia attraverso due gasdotti.
Giappone Tokyo ha intensificato negli ultimi anni le attività di cooperazione e penetrazione economica in
Myanmar, mirando soprattutto alla manodopera a basso costo disponibile nel paese, da utilizzare come base
manifatturiera per le proprie industrie. Con l'avvio del processo di apertura politica ed economica varato da
Thein Sein, il Giappone ha annunciato la cancellazione di parte del credito vantato verso Myanmar (3,7
miliardi di $ su un totale di 6 miliardi di $). Tokyo fornirà inoltre sostegno tecnico e finanziario alla
creazione di una borsa valori.
Stati Uniti In seguito alle elezioni dell'aprile 2012, gli Usa hanno ristabilito rapporti diplomatici con il
Myanmar, hanno creato in loco un'agenzia incaricata di gestire i programmi di aiuto (USAID), permettere a
alcune Ong americane di operare nel paese, facilitare viaggi in Usa di alcune personalità politiche.
Washington ha inoltre autorizzato la rimozione di alcune sanzioni in particolari aree di investimento (come
la creazione di un circuito per l'utilizzo di carte di credito). Le principali sanzioni, tuttavia, permangono a
causa del protrarsi dei conflitti etnici nonostante gli accordi di “cessate il fuoco”.
Unione Europea In seguito agli sviluppi politici interni in Myanmar, nell'aprile 2011 l'Ue ha introdotto dei
primi allentamenti al regime sanzionatorio imposto al paese, culminati nell'aprile 2012 con la sospensione
per un anno delle sanzioni. Il presidente della Commissione europea Barroso, in visita in Myanmar nel
novembre 2012, ha annunciato la disponibilità dell'Ue all'invio di una missione di assistenza elettorale nel
2015 e la prossima trasformazione dell'ufficio Ue a Yangon in una vera e propria delegazione. Il 22 aprile
2013 l'Ue ha formalizzato la rimozione definitiva delle sanzioni, eccezione fatta per l'embargo sulle armi.
POLITICA
13 – MYANMAR TRA CINA E STATI UNITI
Il lungo periodo di isolamento al quale è stato sottoposto il Myanmar da parte dei paesi euro-atlantici,
soprattutto durante gli anni ’90, ha portato Naypyidaw ad avvicinarsi in misura sempre maggiore alla Cina.
Nonostante le pressioni ricevute dalle diplomazie occidentali a interrompere l’assistenza al regime birmano e
a esercitare la propria influenza per spingere la giunta militare ad aperture in senso democratico, la Cina non
ha mai rinunciato alle relazioni con il proprio vicino, secondo la celebre formula del “Beijing Consensus” –
la via cinese allo sviluppo economico. Oggi il Paese si trova al centro del gioco di influenza portato
avanti da Usa e Cina nell’area: esso rappresenta infatti uno dei perni della nuova strategia asiatica di
Obama (“Pivot to Asia”) volta al contenimento del gigante cinese.
Gli interessi della Cina in Myanmar sono molteplici. Il Paese rappresenta uno sbocco strategico, logistico
e commerciale fondamentale sul Golfo del Bengala e sull’Oceano Indiano. Il Myanmar rappresenta, inoltre,
un importante corridoio logistico. Pechino ha avviato la costruzione di una serie di gasdotti e oleodotti, che
congiungerebbero le coste birmane con le province dello Yunnan e del Guanxi. Infine, l’altra questione
fondamentale è quella delle risorse idriche. Pechino ha promosso la costruzione di un sistema di dighe e
centrali idroelettriche, tra le quali spicca la diga Myitsone sul fiume Irawaddy, destinata a fornire elettricità
alle province occidentali dello Yunnan e del Guizhou. La costruzione di infrastrutture come quella di
Myitsone, che una volta completata sarebbe la diga più grande del mondo, mette in luce le contraddizioni
che caratterizzano la posizione del governo birmano. Se, da un lato, la presenza cinese è stata per anni un
fattore di sviluppo e modernizzazione, oltre che l’unica fonte di sostegno diplomatico, dall’altro, ha
rappresentato anche una forma di dipendenza economica e politica estrema da Pechino.
Il Presidente Barack Obama in visita in Myanmar nel novembre 2012 (Foto Jason Reed/Reuters)
Anche alla luce di tali preoccupazioni, il governo guidato da Thein Sein e i militari hanno provato ad aprirsi
al mondo diversificando le proprie relazioni internazionali con i Paesi euro-atlantici in primis. Per questi
motivi, l’apertura agli Stati Uniti, culminata con la visita di Hillary Clinton nel Paese nel dicembre 2011 e
poi quella del Presidente Obama del novembre 2012, è il segnale più evidente della volontà del nuovo corso
del governo militare di ridimensionare la propria dipendenza da Pechino.
In questo contesto si sono inseriti gli Usa e la loro diplomazia volta a fare del Paese uno dei punti di
appoggio del rebalancing strategico nella regione dell’Asia-Pacifico. Come già ai tempi di Clinton nei
confronti della Cina, l'America di Obama ha deciso di adottare nei confronti del Myanmar una politica di
engagement.
ECONOMIA
14 – UN’ECONOMIA IN CRESCITA
Nel 2012 il Pil del Mynamar è stato pari a 89,2 miliardi di dollari (a parità di potere d'acquisto), facendo
registrare una crescita del 6,2% rispetto al 2011. Le stime dell'Economist Intelligence Unit prevedono una
crescita del 5,4% nel periodo 2013-2014 e un'ulteriore crescita attorno al 7% nei periodi 2014-2015 e 20172018. La crescita birmana sarà inizialmente guidata da importanti progetti di investimento da parte
prevalentemente di Cina, Corea del Sud e Thailandia, soprattutto nei settori dell'energia e delle
infrastrutture. La crescita della domanda interna è stimata attorno al 4% annuo; nonostante il fatto che una
consistente parte della popolazione viva sotto la soglia di povertà (le ultime stime, del 2007, parlano del
32,7%), le tendenze sembrano preannunciare la crescita del contributo della domanda interna nella
crescita economica del paese.
Alla crescita del Pil birmano contribuiranno poi lo sviluppo di settori quali il turismo, l'industria tessile,
l'agricoltura e la pesca. Un ruolo fondamentale verrà poi ricoperto dall'industria delle costruzioni, in
considerazione del numero elevato di progetti di costruzione di infrastrutture stimolati da investimenti
privati. Inoltre, entro la fine del 2013 verranno avviati i progetti di estrazione del gas naturale liquefatto dai
giacimenti di Shwe (parola che in birmano significa “oro”), che porteranno a una crescita consistente delle
esportazioni birmane di gas naturale.
Stime di crescita del Pil (%)
8
6 5
5,4
6
6,5
6,9
7,3
4
2
0
2012
2013
2014
2015
2016
2017
Fonte: Economist Intelligence Unit
Come parte del nuovo corso economico, il governo di Thein Sein ha varato un nuovo regime di cambio a
fluttuazione controllata, ancorando il kyat al dollaro e permettendone una variazione giornaliera entro una
banda di oscillazione dello 0,8%. Il nuovo cambio è stato adattato al valore del kyat sul mercato nero:
attualmente il cambio col dollaro è pari a circa 880 kiat/$. Il provvedimento ha rappresentato il primo passo
verso la creazione di un sistema valutario unico, cui dovrà seguire una graduale diminuzione delle restrizioni
all'uso di valuta estera.
La ridefinizione della politica valutaria, del resto, rappresenta la prima di una serie di riforme strutturali
annunciate dal governo, tra le quali vi sono la creazione di un nuovo mercato interbancario ufficiale, una
nuova legge che dia maggiore autonomia alla Banca centrale, e una regolamentazione degli IDE meno
restrittiva.
ECONOMIA
15 - GLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI
Il 2011 ha fatto segnare la crescita del 195% degli investimenti diretti esteri nel paese, dovuti alla
migliorata percezione del rischio paese. Tra gli investitori, un ruolo di primo piano è riservato alla Cina,
attiva soprattutto nel settore energetico e i cui investimenti contano per circa il 70% del totale degli IDE in
Myanmar.
Il governo del paese ha attuato una serie di provvedimenti volti a incentivare ulteriormente l'ingresso di
investimenti stranieri nel paese: l'allentamento delle restrizioni sulla locazione di terreni per investimenti
esteri, la facilitazione del rimpatrio di profitti all'estero, il varo di incentivi fiscali e l'importazione di
manodopera qualificata. Tali provvedimenti lasciano prevedere tanto un afflusso dei capitali esteri per
investimenti (in particolare nel settore energetico e infrastrutturale), quanto un aumento dell'interscambio
commerciale, fino a ora transitato su canali non ufficiali e frenato dalle restrizioni valutarie.
IDE in Myanmar
(milioni di $ a prezzi correnti)
1200
976
1000
963
850
800
715
600
450
428
400
200
291
191
251
236
2004
2005
0
2002
2003
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Fonte: Unctad
L'approvazione della nuova legge sugli investimenti n.21/2012 dovrebbe definire un quadro regolamentare
più certo, favorendo così l'afflusso di nuovi IDE. Il nuovo corpo normativo è stato completato dal decreto
attuativo del 31 gennaio 2013. L'efficacia di queste misure è stata comprovata dalle numerose dimostrazioni
di interesse da parte di multinazionali estere quali Coca Cola, Ford, General Electric, Mitsubishi e Suzuki.
Stime Unctad parlano di un incremento negli ultimi 18 mesi del 20% di IDE rispetto a quanto fatto registrare
nei precedenti 20 anni. I settori trainanti sono l'energia e l'oil&gas; in particolare gli investitori stranieri sono
interessati all'enorme potenziale rappresentato dalle riserve di idrocarburi, in particolar modo da quelle
offshore. Tra i principali paesi investitori nel settore energia si segnalano Cina e Thailandia, ma sempre più
anche il Giappone e, in prospettiva, la Corea del Sud.
La Cina e il Giappone hanno obiettivi diversi: mentre la prima è interessata soprattutto all'accesso alle
abbondanti risorse naturali del Myanmar (gas, gemme, legname, gomma naturale ed energia idroelettrica), il
secondo mira all'abbondante manodopera a basso costo birmana, fondamentale alla creazione di una base
manifatturiera per le aziende nipponiche.
ECONOMIA
16 – LA RIFORMA DEL SISTEMA BANCARIO
Il sistema bancario birmano è in fase di profonda evoluzione. Una nuova legge bancaria che dovrebbe
riformare l'intero sistema è attualmente in fase di elaborazione da parte del Parlamento.
Il sistema creditizio birmano si basa ancora prevalentemente sul contante. Da pochi mesi però è stata
introdotta una prima, limitata, circolazione di carte di debito e di credito. Il primo prelievo di contante
tramite circuito Mastercard è avvenuto il 15 novembre 2012 in un ATM della banca birmana CB Bank, che
sta seguendo tutti i suoi 36 ATM al prelievo sui circuiti Mastercard, Maestro e Cirrus. Visa ha a sua volta
stipulato accordi con CB Bank e con Bank Kanbawza, con inizio operatività il 31 agosto 2013.
Nel luglio scorso la Banca centrale – Central Bank of Myanmar (CBM) – ha ottenuto una parziale
indipendenza funzionale dal Ministero delle Finanze nella gestione della politica monetaria. Tra gli
obiettivi futuri, la creazione di un mercato dei capitali, il rafforzamento della solidità del sistema bancario
nazionale e il reintegro nei circuiti bancari internazionali, anche in vista dell'integrazione ASEAN nel 2015.
La CBM sta attualmente collaborando con la banca giapponese Daiwa e la Borsa di Tokyo per la
costituzione della borsa valori.
Fino a luglio 2012 le banche estere potevano aprire solamente uffici di rappresentanza. Con la graduale
liberalizzazione del mercato bancario, avviata appunto a partire da luglio scorso, sono state autorizzate
anche le joint-venture con controparti locali, mentre si prevede la concessione della piena operatività alle
banche estere entro il 2015.
L'attuale composizione del sistema bancario birmano
4 banche statali
Myanmar Economic
Bank
(la maggiore banca
commerciale attiva
nel settore retail)
Myanmar Foreign Trade
Bank
(per le transazioni
internazionali)
Myanmar Investment
and Commercial Bank
(banca corporate
e di investimenti)
Myanmar Agricultural
Development Bank
(specializzata nel credito
agricolo)
19 banche commerciali private
22 uffici di rappresentanza di banche straniere
Fonte: Ambasciata d'Italia a Bangkok
Per quanto riguarda i servizi assicurativi, nel settembre scorso 12 società di assicurazioni private hanno
ottenuto la licenza per l'offerta di servizi assicurativi da parte della competente Autorità di vigilanza
“Insurance Business Supervisory Board” (IBSB). Si tratta delle prime licenze emesse dal 1963. Importanti
società straniere come l'inglese Prudential Plc., l'asiatica AIA Group Ltd. e la canadese Manulife Financial
Corp., hanno già manifestato interesse per il mercato assicurativo birmano.
ECONOMIA
17 – LE OPPORTUNITÀ DI BUSINESS
L'interscambio con l'Italia
A partire dal 23 aprile 2012, giorno della sospensione delle sanzioni Ue, per le imprese italiane si è aperta
una finestra di opportunità che si sta traducendo soprattutto in analisi delle opportunità commerciali e di
investimento nel paese. Per via del lungo periodo di chiusura economica, i dati dell’interscambio bilaterale
con l'Italia non sono particolarmente significativi in termini assoluti. Tuttavia, il dinamismo dei flussi
commerciali del 2012 lascia presagire un consistente aumento dei rapporti commerciali tra i due paesi. Nel
2012, l’interscambio totale è stato pari a 35,5 milioni di €, con un aumento percentuale dell'81,4% rispetto al
2011. Le esportazioni italiane hanno raggiunto nel 2012 il valore di 23,73 milioni di € (+69,3% rispetto al
2011), mentre le importazioni dal Myanmar gli 11,7 milioni di € (+111,8%), con un saldo a favore dell'Italia
pari a 11,9 milioni di € (+41,4%). Gli investimenti diretti italiani sono per ora limitati a pochissime
presenze, attive soprattutto nel settore del turismo.
L'interscambio Italia-Myanmar (Milioni di €)
Export italiano verso il Myanmar
Import italiano dal Myanmar
2010
2011
2012
15,6
14,01
23,73
6
5,56
11,77
Fonte: ISTAT
Le opportunità di investimento
Energia. Gli analisti stimano che le riserve di petrolio birmane ammontino a 2,1 miliardi di barile, mentre
quelle di gas naturale a 25 trilioni di piedi cubi. A queste si aggiungono le riserve di gas di scisto, pari a 3,3
milioni di barili. Il Ministero dell'Energia ha emesso il 17 gennaio scorso il secondo “bidding round” per
l'assegnazione di 18 blocchi onshore, al quale è seguito l'11 aprile scorso quello per 30 blocchi offshore.
Costruzioni. Dopo 50 anni di isolamento, le infrastrutture birmane versano in uno stato di obsolescenza. Il
sostegno alla crescita economica del paese passa attraverso la costruzione di una rete di infrastrutture
moderna ed efficiente.
Informazione e comunicazioni. Il governo è in procinto di emanare una nuova legge sulle
telecomunicazioni per smantellare l'attuale monopolio di stato e ha avviato il processo di gara per
l'attribuzione delle licenze di telefonia mobile, che si dovrebbe concludere il 27 giugno 2013. È prevista
l'emissione di due licenze, aperte a operatori birmani ed esteri, con l'obiettivo del lancio di servizi 4G già nel
2013. L'ADB stima che la penetrazione delle reti mobili in Myanmar sia pari all'1,24%, rispetto al 70% di
Cambogia, all'87% del Laos e al 100% di Malaysia e Thailandia. L'obiettivo del governo è di espandere la
penetrazione al 75-80% entro il 2015-16. Altre aree di previsto sviluppo sono i servizi di internet provider
(ISP) e la creazione di centri di elaborazione dati.
Turismo Il settore del turismo, che ha conosciuto una breve battuta di arresto nel 2007-08 a causa prima dei
disordini politici e poi del ciclone Nargis, è in netta ripresa dal 2009. Il settore impiega 50.000 persone e nel
2011 ha generato introiti in valuta estera pari a 319 milioni di $, con una crescita del 25,6% rispetto al 2010.
Gli ingressi sono stati pari a 391.176 nel 2011, di cui 9.710 dall'Italia. Numeri comunque ancora limitati, se
raffrontati a quelli registrati nei paesi vicini: nel 2011, 18 milioni di turisti in Thailandia e 5 in Vietnam. La
Norvegia ha recentemente messo a disposizione 225.000 dollari per la predisposizione di un Master plan che
pianifichi una crescita sostenibile nel settore del turismo, con la gestione operativa affidata all'ADB.
ECONOMIA
18 – I RISCHI PRINCIPALI
Rischi politici
Conflitti etnici. Il governo ha avviato significativi negoziati per la pacificazione del paese, sfociati nella
firma di tregue con 11 gruppi su 12. Tuttavia, continuano gli scontri con l'etnia tradizionalmente più
conflittuale, la Kachin. Inoltre, nel maggio 2012 si sono riaccese le tensioni in Arakan tra birmani buddisti e
la minoranza dei Rohingya. Lo stato di emergenza dichiarato dal governo in giugno ha comunque permesso
un relativo ritorno alla calma, anche se la politica di separazione delle due comunità etniche desta forti
preoccupazioni.
Conflitti sociali. L'attuale governo ha fatto dello sviluppo economico una delle sue priorità. A fronte del
processo di riforme in corso, sarà cruciale che il Myanmar consolidi le proprie capacità istituzionali per
evitare un aumento della sperequazione sociale e per assorbire i grandi flussi potenziali di investimenti esteri
diretti, che rischiano altrimenti di arricchire le lobby, con conseguenze sociali potenzialmente esplosive.
Rischi economici
Infrastrutture. Per garantire la sostenibilità della crescita economica dei prossimi anni, il Myanmar deve
avviare un'opera di costruzione e ammodernamento delle proprie infrastrutture di base, quali reti energetiche
e trasporti.
Riforma del sistema bancario e finanziario. Un freno alla crescita, agli scambi commerciali e agli
investimenti diretti esteri in entrata è rappresentato dal sistema bancario e finanziario birmano, obsoleto e
scollegato dai circuiti internazionali. Le transazioni bancarie internazionali sono difficoltose, sia per effetto
delle sanzioni occidentali (ora in gran parte revocate, ma che hanno comportato effetti di lungo periodo sul
sistema bancario birmano), sia a causa dell'arretratezza dei sistemi IT delle banche birmane.
Arretratezza delle telecomunicazioni. Le tlc sono arretrate e malfunzionanti. Nel caso della telefonia
mobile, le carte SIM sono costose (circa 220 € a settembre 2012) e, almeno sulla carta, limitate ai birmani.
L'accesso a internet è altrettanto costoso; una linea broadband costa all'incirca 1.400 dollari. È in corso la
fase di pre-qualifica per la concessione di licenze di telefonia mobile, alla cui gara hanno partecipato
numerose società di telecomunicazioni estere.
Insufficiente capacità di generazione di energia per il mercato interno. La capacità di generazione
elettrica è stimata pari a circa 3.641 megawatt, di cui 2.560 provenienti da centrali idroelettriche e 900 da
altre fonti. Nonostante l'abbondanza di gas naturale, la disponibilità di energia è uno dei freni principali e un
prerequisito essenziale allo sviluppo del paese, in quanto gran parte dell'energia generata viene attualmente
esportata.
Rischi operativi
Due diligence delle controparti birmane. Risulta al momento molto difficile condurre una due diligence
finanziaria e non dei potenziali partner in affari birmani. Le visure camerali vengono spesso negate.
Corruzione. Nel rapporto 2012 di Transparency International sull'indice di corruzione percepita, il
Myanmar si è posizionato al 172esimo posto su 176 paesi. Nonostante le critiche (fondate) sul mancato
aggiornamento dei dati sul paese, la corruzione nel paese è un fenomeno endemico.
Scarsa protezione dei diritti di proprietà intellettuale. Sebbene nel 2011 il Myanmar sia divenuto
membro della World Intellectual Property Organization (WIPO), non esiste attualmente nella legislazione
interna una legge ad hoc a tutela dei diritti di proprietà intellettuale, protetti genericamente dalle norme di
Common Law, che favoriscono il primo utilizzatore.
APPROFONDIMENTI
19 – LE TENSIONI INTERETNICHE E LA QUESTIONE DEI PROFUGHI
Un elemento di criticità che permane tutt’oggi in Myanmar e dal quale dipende la totale cancellazione delle
sanzioni internazionali è la questione del rispetto delle minoranze etniche presenti nel paese. Fin dagli anni
'90, molti dei partiti che rappresentavano le varie minoranze etniche (specie quelli nella zona orientale, dove
risiedono i gruppi Karen e Shan) sono stati banditi dal regime militare. Questi movimenti si sono poi
organizzati anche militarmente, forti dei profitti derivanti dal mercato dell’oppio, e hanno iniziato una lunga
lotta contro le autorità centrali di Naypyidaw.
Il caso più eclatante è quello della comunità Kachin, un gruppo etnico che abita l'omonima regione di
confine tra India, Cina e Myanmar e che da oltre 50 anni è teatro di una sanguinosa guerra civile che vede
contrapporsi le milizie per la liberazione del Kachin (KIA) e l’esercito
governativo birmano con l’appoggio non molto velato delle forze
militari cinesi, preoccupate dall’imponente flusso di profughi che si
riversa lungo i suoi confini.
Nonostante la firma di un cessate il fuoco nel 1994 – in virtù del quale le
truppe regolari avrebbero dovuto abbandonare la regione del Kachin e
restituire il controllo militare ed amministrativo al KIA – avesse fatto
sperare in una pacificazione del territorio, le violenze hanno
ricominciato immediatamente da ambo le parti. Secondo le Nazioni
Unite, circa 24.000 persone risiedono nelle aree controllate dall’esercito
regolare mentre 40.000 in quelle controllate dal KIA. Human Rights
Watch ha denunciato il ruolo della Cina nel finanziare l’esercito regolare
Fonte: the Economist
birmano nella lotta contro i ribelli, oltre che il mancato rispetto della
Convenzione internazionale sui rifugiati del 1951. Nel concreto Pechino è accusata di rimpatriare in maniera
forzosa i profughi Kachin in Myanmar, consegnandoli di fatto alla violenza dei militari.
Un altro caso molto caldo in Myanmar negli ultimi tempi è quello relativo alla persecuzione della
minoranza musulmana di etnia Rohingya. I Rohingya vivono nello Stato di Rakhine, una regione sulla
costa orientale. La giunta militare birmana ha cercato di eliminare questo popolo, trovando in questo senso
un formidabile alleato nella maggioranza buddhista senza riuscire ad eliminarlo però del tutto. Per cacciare i
Rohingya dal paese, il regime si è servito del gruppo fondamentalista
buddista “969”, che vorrebbe imporre alla minoranza musulmana una
sorta di apartheid. Una filosofia che sta prendendo sempre più piede
negli ultimi mesi e che alimenta la violenza. Il NLD e la stessa Aung
San Suu Kyi – accusati dai buddisti di avere stretto rapporti con la
minoranza musulmana – non si sono mai schierati apertamente né a
favore né contro il comportamento estremista e razzista dell’élite
buddista e militare del Paese, forse anche per una questione di
opportunità politica in vista delle elezioni presidenziali del 2015. Un
recente rapporto di HRW accusa le autorità locali e il governo di non
aver fatto abbastanza e in alcuni casi di aver fomentato una campagna
di “pulizia etnica” contro la minoranza Rohingya.
Fonte: the Economist
APPROFONDIMENTI
20 – IL PORTO DI SITTWE: NUOVO NODO GEOSTRATEGICO
DELL’ASIA MERIDIONALE
Dietro alle persecuzione della minoranza Rohingya si nascondono anche motivazioni di carattere geostrategico, che coinvolgono la regione di Rakhine. Da diversi anni, infatti, il porto di Sittwe – situato nella
parte orientale della regione – attrae investimenti
commerciali indiani e cinesi utili a radicare la
presenza di questi due paesi nell’area e a mettere in
sicurezza le rispettive rotte marittime e commerciali
nel Sud Est asiatico. Tale porto, di fatto, si sta
configurando come un’alternativa strategica
commerciale sia al più inflazionato porto di
Chittagong in Bangladesh e hub commerciale di
India e Cina, sia allo Stretto di Malacca considerato
ad alto rischio per la forte concentrazione di
fenomeni pirateschi.
L’importanza di Sittwe è dimostrata dal fatto che
India e Cina si stanno contendendo il porto a suon
di progetti miliardari.
Pechino vorrebbe costruire un gasdotto che colleghi
il Rakhine con lo Yunnan e il Guanxi – le due
province meridionali cinesi interessate anche da Fonte: www.rfa.org
fenomeni migratori illegali – fornendo un
approvvigionamento sicuro degli idrocarburi. Il gasdotto, che dovrebbe avere una capacità annuale di 12
milioni di metri cubi e dovrebbe essere completato entro i prossimi due anni, dovrebbe essere collegato con
il porto di Sittwe che diventerebbe un terminal cinese del commercio internazionale di gas e petrolio da
e per la Cina verso l’Africa orientale (Sudan in primis), il Golfo e l’Asia-Pacifico.
Questo investimento rientrerebbe nella strategia cinese del cosiddetto “Filo di perle”: questa prevede il
rafforzamento delle relazioni politico-commerciali con i Paesi della fascia costiera asiatica dal Mar Rosso
fino all’Indocina. Secondo tale strategia, per rafforzare il proprio sea power la Cina utilizzerebbe la
costruzione di opere infrastrutturali, realizzate in compartecipazione tra aziende o capitali cinesi e partner
della nazione interessata, come strumento di influenza geo-politico. Ogni intervento è realizzato in una
località di notevole importanza geo-strategica e costituisce appunto una delle “perle”, dotata di una propria
valenza autonoma e realizzata secondo specifiche valutazioni del rapporto costo/benefici.
Nuova Delhi, invece, ha stretto nel 2011 un accordo con il governo birmano per fare della città e dell’area
portuale di Sittwe un sito strategicamente rilevante all’interno dell’area di libero scambio dell’ASEAN che
dovrebbe diventare pienamente operativo nel 2015. Come per i cinesi, anche per gli indiani l’area di Sittwe
sarebbe un porto strategicamente importante, in quanto garantirebbe la sicurezza delle rotte commerciali da e
verso l’Oceano Indiano e Pacifico e permetterebbe di rompere la strategia cinese del “filo di perle”.