EXECUTIVE BRIEFINGS Emerging Markets and Global Issues Thailandia e Myanmar: nuove opportunità di business in Asia Materiale di documentazione a cura di ISPI Palazzo Clerici, 23 maggio 2013 In collaborazione con: INDICE DEL MATERIALE DI DOCUMENTAZIONE Thailandia Myanmar Introduzione Introduzione Un paese dalle molte potenzialità Dall'isolamento all'apertura economica e politica Politica 1. 2. 3. 4. In cerca di stabilità Le incognite della successione reale La Thailandia tra Cina e Usa Le relazioni regionali Economia Un’economia in crescita Un paese orientato al commercio estero La politica economica del governo Shinawatra 8. Il business environment 9. Le opportunità per le imprese italiane 5. 6. 7. Politica 11. 12. 13. La transizione democratica I rapporti internazionali Myanmar tra Cina e Stati Uniti Economia 14. 15. 16. 17. 18. Un’economia in crescita Gli investimenti diretti esteri La riforma del sistema bancario Le opportunità di business I rischi Approfondimenti Approfondimento 10. Il turismo sanitario Le tensioni interetniche e la questione dei profughi 20. Il porto di Sittwe: nuovo nodo geostrategico dell'Asia meridionale 19. THAILANDIA - INTRODUZIONE UN PAESE DALLE MOLTE OPPORTUNITÀ Collocata al centro di un’area dall’elevata importanza strategica, la Thailandia rappresenta una base di primo piano per scambi commerciali e investimenti nella regione del Sud-Est asiatico. Fattori quali la localizzazione geografica, la vicinanza ai paesi emergenti della regione (Cambogia, Myanmar, Laos...), la presenza di una solida base industriale e agroindustriale, nonché di un’elevata qualificazione delle risorse umane, fanno della Thailandia un paese dalle elevate potenzialità di business. Dopo la transizione politica del 2011 e la ricostruzione degli impianti danneggiati dalle pesanti alluvioni che hanno colpito il paese nello stesso anno, la Thailandia ha recuperato terreno, facendo registrare recentemente tassi di crescita economica decisamente elevati che testimoniano l’esistenza di vaste opportunità per le aziende italiane specie nei beni di consumo, nelle costruzioni e meccanica strumentale. Il paese dispone, inoltre, di un’efficiente rete di collegamenti interni e ha in programma di sviluppare le vie di comunicazione stradali, ferroviarie e fluviali con i paesi limitrofi, nel contesto di un più ampio progetto di integrazione dei trasporti nella Regione del Grande Mekong e nel quadro dell’impegno dell’ASEAN volto allo sviluppo delle comunicazioni della regione del Sud-Est asiatico, anche con il sostegno della Banca Mondiale (WB) e della Banca di Sviluppo Asiatica (ADB). Dati statistici ed economici generali Popolazione Densità 67.450.000 136 abitanti per Kmq Sistema Monarchia politico costituzionale Capo di Stato Re Bhumibol Adulyadej (Rama IX) Capo di Yingluck governo Shinawatra Principali Aiea, Apec, Organizzazioni Asean, Fao, internazionali Fmi, Onu, Wto Pil (ppp) 645 mld $ Pil pro-capite 10.000$ (ppp) Disoccupazione 0,6% Importazioni Esportazioni 214 mld $ 226 mld $ Ide entrata 159 mld $ Debito/pil 43,3% Ide uscita 52 mld $ Indice di competitività 39° su 142 Ease of Doing 18° su 185 Business Fonti: Cia World FactBook, World Bank, World Economic Forum Lo sviluppo industriale della Thailandia ha avuto inizio nei primi anni Settanta. Una politica fortemente orientata alla sostituzione delle importazioni e all'attrazione di investimenti stranieri ha consentito che l'industria manifatturiera si sviluppasse molto velocemente. Negli anni Ottanta i settori di maggiore sviluppo sono stati quelli ad alta intensità di lavoro e orientati all'export, tessile e abbigliamento in particolare. A partire dagli anni '90 si è registrato uno sviluppo più decisivo nei settori beni di consumo tecnologici, dell'elettronica e del settore automobilistico. La Thailandia si è quindi trasformata in pochi decenni in un moderno paese industriale. Oggi il settore industriale rappresenta circa il 45% del Pil thailandese, l'industria manifatturiera da sola vi contribuisce per il 35%. I settori i più importanti sono elettronica, elettrodomestici e automobile. Accanto a questi, si sono sviluppati tutti i settori correlati e della subfornitura (gomma e plastica, vetro, lavorazione metalli) mentre un ottimo sviluppo hanno avuto altre industrie (chimica e petrolchimica, alimentare, tessile, ecc.). POLITICA 1 – IN CERCA DI STABILITÀ Dalla fine della monarchia assoluta nel 1932, la Thailandia ha assistito a 11 colpi di stato e al varo di 17 Carte costituzionali. L’ultimo colpo di stato, nel settembre 2006, ha deposto l’allora primo ministro Thaksin Shinawatra, magnate delle telecomunicazioni autore di una politica fortemente populista. Il colpo di stato è stato dettato dal crescente sostegno popolare che Thaksin andava assumendo, soprattutto tra le classi meno abbienti risiedenti nel Nord-Est del paese, rischiando così di sottrarre influenza agli attori politici thailandesi tradizionali, in primis il potente blocco burocratico-militare. Una nuova Carta costituzionale, promulgata nell’agosto 2007, ha ridotto la libertà d’azione del governo, accrescendo il ruolo del potere giudiziario, delle commissioni speciali e del Senato. Nonostante le suddette misure avessero l’obiettivo di sradicare il consenso guadagnato da Thaksin e dal suo partito TRT (Thai Rak Thai, a sua volta bandito nel maggio 2007), le elezioni del dicembre 2007 hanno visto l’affermarsi il PPP (Phak Palang Prachachon), partito sorto sulle ceneri del TRT. Lo scoppio delle manifestazioni di piazza ad opera delle Camicie gialle e il conseguente scioglimento del PPP ad opera della Corte costituzionale, hanno aperto la strada all’elezione a primo ministro di Abhisit Vejjajiva del Democrat Party. A fine 2008 è poi arrivata la condanna in absentia di Thaksin, che da due anni del resto si trovava in esilio volontario a Dubai. Nella primavera 2010 è stata la volta di altre violente manifestazioni di piazza, questa volta scatenate dalle proteste delle Camicie rosse, i sostenitori di Thaksin. Alle elezioni del 2011, il Pheu Thai Party di Yingluck Shinawatra, sorella di Thaksin, ha ottenuto la maggioranza. Elezioni 2011: Voto popolare Elezioni 2011:Seggi ottenuti Fonte: Thailand Election Commission Camicie Rosse vs Camicie Gialle Le Camicie Rosse rappresentano un movimento popolare guidato dallo United Front for Democracy Against Dictatorship (UDD), una coalizione di quelle forze politiche contrarie al colpo di stato militare che, nel settembre 2006, ha deposto l’allora primo ministro Thaksin Shinawatra. Il movimento è espressione della Thailandia rurale e del malcontento che si oppone all’eccessiva concentrazione di potere politico ed economico nella capitale Bangkok, accusata di crescere a scapito del paese. Le Camicie Gialle, dal colore usato durante le celebrazioni per il compleanno del re, rappresentano invece il forte nazionalismo presente tra la borghesia ricca e l’aristocrazia di Bangkok. Le Camicie Gialle si richiamano simbolicamente alla monarchia, chiedendo che il re svolga un maggior ruolo in politica per prevenire l’emergere di leader populisti, con ovvio riferimento all’ex premier in esilio. Nei mesi precedenti le elezioni del 2011, il movimento delle Camicie Gialle si è spaccato tra i sostenitori di un boicottaggio totale delle elezioni e chi invece ha voluto partecipare al confronto elettorale. POLITICA 2 – LE INCOGNITE DELLA SUCCESSIONE REALE L’elevata instabilità politica thailandese è accresciuta dalla questione cruciale della successione del re Bhumibol Adulyadej (Rama IX) ha, infatti, compiuto 85 anni ed è il sovrano più longevo al mondo, ma dal 2009 non gode di ottima salute. È il nono sovrano della dinastia Chakri che guida il paese da 229 anni e, nonostante non goda di poteri Re Rama IX formali rilevanti, rappresenta il simbolo dell’unità nazionale ed è molto amato dal popolo, anche perché in passato ha saputo evitare che le fratture interne degenerassero. L’eccezionale popolarità di re Rama XI è stata costruita a partire dagli anni ’50 attraverso una capillare propaganda, una sostanziale riscrittura della storia passata e recente, una draconiana legge sulla lesa maestà e una solida alleanza con il potentissimo esercito, suggellata dal maresciallo Sarit Thanarat, dittatore della Thailandia dal 1959 al 1963. L’ingegnosa opera di restaurazione della monarchia venne portata avanti allo scopo di avere un’ideologia da contrapporre a quella comunista (che all’epoca pareva in inarrestabile ascesa) per proteggere le classi dominanti e continuare a sviluppare il capitalismo thailandese attraverso gli investimenti nordamericani. In piena guerra fredda, il generale Sarit promosse la sacralità della figura del re e dell’istituzione monarchica per dipingersi come l’indispensabile difensore del monarca, della religione e della nazione contro gli attacchi del comunismo. Così facendo, il dittatore potè legittimarsi agli occhi della popolazione, delle élite e di Washington. Sebbene molto amato dal popolo, la figura del re viene tutt’oggi strumentalizzata a fini politici. Il controverso articolo 12 dell’attuale Costituzione, che prevede la pena carceraria dai 3 ai 15 anni per il reato di lesa maestà, viene spesso utilizzato dal blocco burocratico militare che rappresenta l’élite thailandese come strumento per Il principe Vajiralongkorn e la principessa Sirindhorn controllare la società, prolungare il ruolo dei militari nella vita politica thailandese e ostacolare gli oppositori politici. La questione della successione del re è foriera di instabilità. Il primo in linea di successione è il figlio Vajiralongkorn, non particolarmente amato dal popolo per essersi sposato tre volte e per una serie di scandali che lo hanno visto protagonista. La maggioranza dei thailandesi preferirebbe vedere ascendere al trono la seconda figlia del re, la principessa Sirindhorn, da sempre molto attiva in opere di beneficenza, sulla linea del padre. POLITICA 3 – LA THAILANDIA TRA CINA E USA A partire dal secondo dopoguerra, la Thailandia ha rappresentato per gli Stati Uniti una pietra angolare della loro politica estera nella regione asiatica. Con la fine della Guerra fredda, l’alleanza con gli Usa è rimasta stabile, come ha sin da subito dimostrato la concessione dell’utilizzo delle basi in territorio thailandese nel corso della prima guerra del Golfo. L’acquisizione nel 2003 da parte della Thailandia dello status di “Major non-NATO Ally”, la partecipazione alle operazioni belliche in Iraq tramite l’invio di 400 soldati e la perdurante garanzia dei diritti di sorvolo e rifornimento per i mezzi statunitensi diretti in Afghanistan e Iraq, sono tutti indicatori dello stretto legame tra Bangkok e Washington. Parallelamente all’alleanza con gli Usa, la Thailandia sta consolidando il proprio legame con la Cina, con cui del resto condivide una sostanziale convergenza strategica dalla fine degl i anni Settanta. Quando nel dicembre 1978 le truppe vietnamite invasero la Cambogia dei Khmer Rossi, Thailandia e Cina intuirono che, qualora il Vietnam fosse divenuto egemone nell’area indocinese, i propri interessi sarebbero stati a rischio. Questo rapporto storico con la Cina si è consolidato in seguito alla crisi che ha colpito le economie asiatiche nel 1997, quando l’aiuto cinese permise alla Thailandia di non naufragare oltre il già pesante -11% fatto registrare dal Pil per quell’anno. Nel 1999 i due paesi hanno poi firmato il “Sino-Thai Plan of Action” per il XXVI secolo, finalizzato ad accrescere la cooperazione commerciale, scientifica, in materia giudiziaria e nel settore della sicurezza. L’interconnessione sino-thailandese è in forte crescita in quanto la politica del “Go abroad” sta portando a un aumento degli investimenti cinesi in Thailandia, l’interscambio sta notevolmente crescendo e a livello culturale ha una valenza simbolica il fatto che 23 dei 41 Istituti Confucio presenti in Asia sudorientale si trovino in territorio thailandese. La visita di Barack Obama nel novembre 2012, seguita a ruota da quella di Wen Jiabao, ha ribadito l’importanza della duplice relazione. L’eventuale futura partecipazione della Thailandia alla Trans Pacific Partnership potrebbe ripianare gli screzi degli ultimi mesi, legati al rifiuto opposto alla richiesta di Washington di utilizzare la base di U -Tapao per una ricerca meteorologica prodotta dalla NASA. Tale adesione, però, potrebbe comportare uno sbilanciamento verso gli Usa (la TPP è vista come un’alleanza economica per “contenere” l’avanzata cinese nell’area) e di conseguenza complicare i rapporti con Pechino. Esportazioni Usa e Cina in Thailandia (migliaia di dollari) Anno 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Fonte: Unctad Esportazioni Usa in Thailandia 5.995.120 4.859.500 5.841.350 6.362.814 7.233.101 8.152.469 8.444.876 9.066.834 6.920.200 8.974.365 10.927.480 Esportazioni Cina in Thailandia 2.337.109 2.957.345 3.827.905 5.801.575 7.819.296 9.764.065 12.032.910 15.636.354 13.307.098 19.741.222 25.694.604 POLITICA 4 – LE RELAZIONI REGIONALI La Thailandia è membro fondatore dell'ASEAN e ha contribuito in maniera sostanziale alla realizzazione e allo sviluppo dell'Asean Free Trade Area (AFTA). Per i sei membri fondatori (Thailandia, Singapore, Malesia, Indonesia, Filippine, Brunei), l'AFTA è entrato in vigore l'1 gennaio 2010, data dalla quale i dazi d'importazione sono stati azzerati. Nei restanti paesi membri (Cambogia, Laos, Myanmar, Vietnam) l'AFTA entrerà in vigore nel 2015. L'area ASEAN rappresenta un mercato di oltre mezzo miliardo di consumatori, con un Pil attorno ai 1500 miliardi di dollari, e un commercio interno di oltre 1000 miliardi di dollari. In qualità di membro dell'ASEAN, la Thailandia beneficia anche di sei accordi di libero scambio bilaterali con i paesi facenti parte dell'East Asia Summit: Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda e India. La Thailandia è stata caratterizzata per anni da relazioni molto difficili con i paesi vicini, date dal convergere di due fattori: la presenza nel paese di minoranze separatiste, al confine con Malaysia e Myanmar, e il permanere di dispute relative ai confini, come nel caso della Cambogia. Ciononostante, in seguito alla vittoria elettorale del Pheu Thai Party (Partito per i Thailandesi) nel luglio 2011 le frizioni con la Cambogia sembrano aver trovato una soluzione almeno temporanea, che lascia ben sperare per la stabilità futura dell’intera regione. Lo stesso può dirsi per le tensioni con la Malaysia (nonostante il movimento separatista nelle province meridionali sia un costante fattore di tensione) e con il Laos, con il quale, dopo il conflitto che nel 1998 provocò oltre 1000 morti in un solo mese, la Thailandia sta cooperando per giungere a una demarcazione definitiva dei confini. Il caso del rapporto con il Myanmar è particolarmente interessante in quanto, malgrado solo 60 dei 2.400 km di confine siano ufficialmente demarcati, dai primi anni del XXVI secolo non si verificano scontri armati, anche perché sussiste una forte interconnessione commerciale e, in particolare, la Thailandia importa dal Myanmar circa un terzo del gas prodotto da quest’ultimo. Il 70% del fabbisogno energetico thailandese viene coperto con gas naturale, il 20% del quale arriva dal Myanmar, più precisamente dai giacimenti di Yadana e Yetagun. La rete di gasdotti Thailandia-Myanmar Fonte: Total Myanmar ECONOMIA 5 – UN’ECONOMIA IN CRESCITA Dopo il +0,1% fatto registrare nel 2011 – flessione dovuta quasi esclusivamente alle ripercussioni in campo economico delle gravi inondazioni che hanno colpito il paese nell'autunno di quell'anno – il Pil thailandese ha fatto registrare una crescita del 6,4% nel 2012, tornando in linea con i tassi di crescita riportati negli anni precedenti. A favorire questa pronta e significativa ripresa sono stati gli imponenti programmi di spesa pubblica adottati dal governo - oltre 8 miliardi di euro soprattutto nel settore infrastrutture - e in parte il capitolo delle esportazioni, che in chiusura del 2012 hanno fatto registrare un +3,5% nonostante il rallentamento dell'area euro, tra i principali mercati di sbocco per l'economia thailandese. La domanda interna è cresciuta in modo più sostenuto rispetto al passato, tenuto conto che al +3,5% del 2011 ha fatto seguito nel 2012 un +6,8%. I consumi privati continuano infatti a essere sostenuti sia dal basso tasso di disoccupazione (0,7%), sia dalle misure del governo di Yingluck Shinawatra volte a sostenere i redditi delle famiglie. Crescita del Pil e tasso di disoccupazione Fonte: Economist Intelligence Unit In netta crescita anche gli investimenti. Secondo i dati della Bank of Thailand, infatti, nel 2012 gli investimenti privati sono cresciuti del 12,4%, mentre quelli pubblici del 6,3%. La Banca di Thailandia sottolinea inoltre come la maggior parte degli investimenti sia di lungo periodo, tanto che le previsioni per il 2013 segnalano un +6,8% per gli investimenti privati e un +21,7% per quelli pubblici. Sotto il profilo monetario, nel corso del 2012 è stata confermata la tendenza al deprezzamento, pur lieve, del baht thailandese rispetto al dollaro statunitense, già registrata nel 2011 e dovuta prevalentemente agli effetti della crisi del debito in Europa e al rallentamento generale dell'economia. A tale proposito, la Banca centrale thailandese, in controtendenza con quanto auspicato dal Vice primo ministro e Ministro delle Finanze, Kittirat Na-Ranong, che vorrebbe un baht più debole per sostenere le esportazioni, ha fatto presente di voler intervenire sui mercati solo nel caso in cui si dovessero verificare dei fenomeni di speculazione, lasciando quindi operare le fluttuazioni. Queste ultime si mantengono comunque entro limiti più che accettabili, tenuto conto che nell'ultima parte del 2012 il baht è tornato ad apprezzarsi nei confronti del dollaro Usa dopo che le misure prese in Europa hanno iniziato a mostrare i primi risultati, migliorando la fiducia degli investitori stranieri e di conseguenza anche l'afflusso finanziario verso il mercato azionario thailandese. ECONOMIA 6 - UN PAESE ORIENTATO AL COMMERCIO ESTERO La Thailandia è un paese fortemente orientato al commercio estero. Il valore delle esportazioni e delle importazioni si è quasi quadruplicato nel corso degli ultimi 10 anni, raggiungendo nel 2011 il record storico rispettivamente di 164,4 e di 137,7 miliardi di euro. Per il 2012 le previsioni del governo thailandese indicavano una crescita delle esportazioni del 15% rispetto al 2011. Obiettivo mancato a causa delle conseguenze delle alluvioni di fine 2011, che hanno penalizzato la produzione industriale per tutto il primo semestre 2012, ma soprattutto a causa della crisi economica internazionale, che ha ridotto la domanda da parte di alcuni dei principali partner commerciali, Ue e Giappone in primis. Migliori le dinamiche delle esportazioni verso i paesi ASEAN e gli Usa. Le esportazioni della Thailandia riguardano prevalentemente prodotti dell’industria manifatturiera e in particolare prodotti dell’elettronica (computer, hard disk, circuiti integrati), elettrodomestici e automobili, che complessivamente rappresentano i ¾ delle esportazioni totali. Si tratta del comparto che più ha contribuito alla crescita, anche se modesta, delle esportazioni del 2012. Inferiore il contributo delle esportazioni di prodotti agroindustriali (che rappresentano circa l’8% delle esportazioni totali) mentre flettono decisamente (circa -20%) le esportazioni di prodotti agricoli, che rappresentano circa il 10% delle esportazioni totali della Thailandia. Import Partners Export Partner Fonte: Cia World FactBook I primi tre mercati di sbocco sono Cina, Giappone e Usa. L’Italia è 29° nella lista dei paesi clienti e assorbe una quota di circa lo 0,6% delle esportazioni totali della Thailandia. Incremento sostanziale invece delle importazioni della Thailandia, che crescono nel 2012 di circa l’8% rispetto al 2011. La Thailandia importa prevalentemente materie prime e semilavorati (circa il 40% del totale), beni strumentali (28%), greggio e derivati (20%). Le importazioni di beni di consumo rappresentano circa il 12% del totale. La crescita delle importazioni nel 2012 ha riguardato prevalentemente i beni strumentali (+24%) mentre si registra una flessione di circa il 6% delle importazioni di materie prime e semilavorati. Crescono di circa il 15% le importazioni di beni di consumo. Principale fornitore è il Giappone, seguito da Cina e Eau. L’Italia è il 25° fornitore con una quota di circa lo 0,9% delle importazioni totali della Thailandia. ECONOMIA 7 – LA POLITICA ECONOMICA DEL GOVERNO SHINAWATRA Il governo guidato da Yingluck Shinawatra, insediatosi dopo le ultime elezioni del luglio 2011, ha fatto delle riforme economiche uno di punti cardine del proprio programma elettorale. Tra le misure che rivestono particolare interesse per gli investitori locali e internazionali vi sono l’innalzamento del salario minimo dei lavoratori e dei neolaureati, che porta dai precedenti 221 bath (5,20 € circa) a 300 bath (7,15 €) al giorno per i lavoratori e dagli attuali 10.640 bath (251 €) a 15.000 bath (360 €) per i neolaureati, e la riduzione dell’aliquota sui profitti delle imprese dal 30% al 23% per l’anno fiscale 2012/2013, in modo da arrivare nel 2013/2014 al 20%. Se questa misura si concentra sul lato dell’offerta, l’innalzamento del salario minimo, in un primo momento limitato alle 7 province più sviluppate e dal 1 gennaio 2013 esteso a tutto il paese, ha l’obiettivo dichiarato di stimolare la domanda interna. La rete infrastrutturale del Grande Mekong Le priorità del governo sono tuttavia adesso concentrate sui programmi di spesa pubblica, con l’obiettivo di realizzare le infrastrutture necessarie per evitare in futuro il ripetersi dei disastrosi effetti delle recenti inondazioni (mirando così anche al mantenimento della fiducia da parte degli investitori stranieri), e di stimolare l’economia. I programmi di spesa, circa 8,5 miliardi di euro, sono destinati alla costruzione di strutture di gestione delle acque del fiume che attraversa Bangkok e i principali distretti industriali (Chao Praya), di otto suoi affluenti e di altri 17 bacini nel paese, oltre alla realizzazione di un fondo di assicurazione da 1,4 miliardi di euro per la copertura di premi assicurativi contratti da famiglie e imprese, che dovrebbe vedere la partecipazione di società di assicurazioni private. Fonte: Asian Development Bank ECONOMIA 8 – IL BUSINESS ENVIRONMENT La Thailandia, secondo il Global Competitiveness Report 2012-2013 pubblicato dal World Economic Forum, occupa il 38esimo posto su 144 paesi, guadagnando così una posizione rispetto all’anno precedente, invertendo il trend negativo degli ultimi sei anni e collocandosi al quarto posto tra i paesi ASEAN, dopo Singapore, Malaysia e Brunei. Il quadro macroeconomico complessivo, la dimensione del mercato interno, la stabilità del settore finanziario hanno giocato un ruolo importante per il miglioramento della competitività del sistema. Il WEF ha sottolineato anche il contributo positivo delle infrastrutture aeroportuali, che eccellono rispetto a strade e ferrovie comunque oggetto dei prossimi piani di sviluppo del governo, e della facilità nell’avviare un’impresa (la Thailandia è al 18° posto (su 185) a livello globale dell’ultimo “Ease of doing business” della Banca Mondiale), mentre i limiti segnalati nel rapporto sono: instabilità politica, corruzione, qualità dell’istruzione pubblica e incerta protezione dei diritti di proprietà intellettuale. Ease of Doing Business, indicatori Indice Avviare un’attività Permessi di costruzione Ottenere elettricità Registrazione di una proprietà Ricevere credito Indice di forza sui diritti legali (0-10) Indice di profondità delle informazioni sul credito (0-6) Protezione degli investitori Indice di protezione dell’investitore (0-10) Pagamento delle tasse Numero di pagamenti (all’anno) Durata (ore all’anno) Tasse sul profitto (%) Tasse sui lavoratori e contribuenti (%) Altre tasse (%) Tasso totale delle imposte (% profit) Commercio internazionale Implementazione dei contratti Chiudere un’attività Fonte: World Bank 85 16 10 26 70 5 Rank Media regionale (Asia orientale e Pacifico) 93 71 75 86 91 7 5 4 13 7.7 83 5.4 96 22 70 25 264 28.1 5.7 209 16.7 10.9 3.9 37.6 6.9 34.5 20 23 58 76 87 107 Rank Thailandia ECONOMIA 9 – LE OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE ITALIANE I rapporti con l’Italia Sotto il profilo economico-commerciale, il potenziale inespresso dei rapporti bilaterali è dimostrato dall’andamento dell’interscambio, cresciuto nel 2011 del 25% (superando per la prima volta i 4 miliardi di dollari), a fronte di un posizionamento dell’Italia solo al 22° posto tra i partner commerciali della Thailandia. L’Italia esporta soprattutto macchinari e prodotti chimici e, in misura crescente, beni di consumo, grazie a un’espansione della classe media urbana che offre prospettive interessanti al Made in Italy (vino, agroalimentare, arredamento, design e moda). Di particolare interesse sono i settori ad alto contenuto tecnologico – gestione delle acque, ferrovie ad alta velocità, attività spaziali, energie alternative, biotecnologie, macchine utensili, auto motive, industria agroalimentare “post harvest”, apparecchiature medicali – in cui la Thailandia manca di capacità e forniture adeguate. Scambi commerciali Italia-Thailandia (milioni di €) Export italiano dalla Thailandia Import italiano in Thailandia 2010 944,08 1.294,89 2011 1.200,27 1.414,79 Fonte: Ambasciata italiana a Bangkok Gli scambi commerciali tra Italia e Thailandia sono cresciuti costantemente durante gli ultimi 10 anni. L’interscambio totale si è sostanzialmente raddoppiato, arrivando al suo massimo storico di 2,7 miliardi di € nel 2011. La bilancia commerciale è stata tradizionalmente a favore della Thailandia fino al 2011; nel 2012 si è registrata però un’inversione di tendenza piuttosto decisa. Nei primi nove mesi del 2012 le esportazioni dall’Italia verso la Thailandia sono cresciute di oltre il 25%, mentre le esportazioni della Thailandia verso l’Italia flettono di quasi il 30%. La Thailandia esporta verso l’Italia prevalentemente prodotti dell’industria manifatturiera (circa il 70% del totale), i prodotti agricoli rappresentano il 17% e i prodotti dell’industria alimentare il 13%. Le categorie di prodotti maggiormente esportate sono gioielli e pietre preziose, condizionatori e parti, gamberi congelati, gomma naturale e automobili e parti. Più o meno tutti sono interessati dalla flessione generalizzata delle esportazioni della Thailandia verso l’Italia. L’Italia esporta verso la Thailandia prevalentemente beni strumentali, che rappresentano oltre il 53% del totale. Le materie prime e semilavorati rappresentano circa il 22%, i beni di consumo poco meno del 20% e il settore auto/moto circa il 4%. L’ottima performance delle esportazioni italiane che si è registrata nel 2012 è stata determinata prevalentemente dalla crescita delle esportazioni di macchinari per uso industriale, che da sole rappresentano circa il 40% delle esportazioni totali. La crescita nei primi nove mesi del 2012 rispetto allo stesso periodo del 2011 è stata notevole (+24%) soprattutto se consideriamo che tra il 2010 e il 2011 erano già cresciute di oltre il 25%. Molto positivo nel corso del 2012 anche l’andamento delle esportazioni di beni di consumo (+8%) e di auto e moto (+70%) mentre flettono di circa il 10% le esportazioni di materie prime e semilavorati. APPROFONDIMENTO 10 - IL TURISMO SANITARIO Nato da una costola del turismo tradizionale, il turismo sanitario in Thailandia è diventato rapidamente un’attività autonoma per una convergenza di fattori: eccellente tradizione medica (il padre di re Bhumibol era medico e aveva studiato a Harvard), mancanza di strutture adeguate in molti paesi vicini (Myanmar, Cambogia, Vietnam), forte afflusso dai paesi del Golfo i cui (ricchi) residenti hanno difficoltà a ottenere i visti per farsi curare in Usa. Si aggiunge un crescente pellegrinaggio di pazienti statunitensi che non potrebbero permettersi le cure nel loro paese: in Thailandia le cure mediche costano un terzo o la metà di quanto costano negli Usa. L’attività si sta industrializzando a ritmo accelerato con l’accorpamento delle strutture minori. Si apre così un interessante mercato anche per le aziende italiane nei settori farmaceutico, delle apparecchiature medicali e attrezzature di laboratorio, che in Thailandia trovano interlocutori di solide dimensioni. È il caso ad esempio di Dusit Medical Group che ormai controlla 29 tra ospedali e cliniche di cui 2 in Cambogia, 20 mila pazienti visitati al giorno, 4.700 posti letto con un fatturato annuo di 4,4 miliardi di dollari (inclusi i pazienti thailandesi). E che punta a estendere l’attività nel settore farmaceutico e dei laboratori clinici espandendosi anche su altri mercati asiatici. In mancanza di un’industria nazionale produttrice di strumentazioni medicali, si registrano interessanti opportunità commerciali in un settore in cui comunque è da tenere in considerazione la presenza della concorrenza americana, giapponese e tedesca. Ne sono una dimostrazione i dati relativi all’export di attrezzature medicali dall’Italia verso la Thailandia, che hanno fatto registrare nel 2011 la cifra record di 91 milioni di dollari (+35% su base annua). Nel 2012, pur avendo subito un calo del 28% con 65 milioni di dollari di valore complessivo, le attrezzature medicali sono comunque rimaste la decima voce delle esportazioni italiane verso la Thailandia. Comparazione dei prezzi delle maggiori operazioni mediche (dollari) Operazione Bypass aortocoronarico Sostituzione della valvola cardiaca Angioplastica Operazione all’anca Isterectomia Operazione al ginocchio Fusione spinale Usa 130.000 Thailandia 11.000 Singapore 18.500 160.000 10.000 12.500 57.000 43.000 20.000 40.000 13.000 12.000 4.500 10.000 13.000 12.000 6.000 13.000 62.000 7.000 9.000 Fonte: American Medical Association MYANMAR - INTRODUZIONE DALL'ISOLAMENTO ALL'APERTURA ECONOMICA E POLITICA Myanmar è il secondo paese Asean per estensione territoriale (676.578 Km2), conta una popolazione di 55.167.300 persone (stima al luglio 2013), fa registrare una crescita media del Pil del 5% annua, e gode di una collocazione geografica strategica tra India, Cina e paesi Asean. All'inizio degli anni '60, l'allora Birmania era tra le economie asiatiche più promettenti: il maggior esportatore mondiale di riso, importante produttore di legni pregiati, un sistema economico e legale efficiente, una forza lavoro qualificata e un enorme potenziale di risorse naturali, ancora perlopiù inesplorate. Il colpo di stato che nel 1962 portò al potere la giunta militare guidata dal generale Ne Win, ha aperto un lungo periodo di dittatura e stagnazione economica, rendendo di fatto Myanmar un paese isolato e tra i più poveri al mondo. Il ritiro dalla scena politica di Ne Win nel 1988, a seguito dei disordini sociali che hanno fatto eco al fallimento della “via birmana al socialismo”, ha rappresentato una prima speranza di apertura per il paese, subito cancellata dall'instaurarsi di una nuova dittatura militare. Nel 1989 la figlia del leader della lotta indipendentista birmana Aung San, Aung San Su Kyi, veniva posta agli arresti domiciliari. Nel 1996 l'Unione Europea impose le prime sanzioni economiche che vietavano investimenti e commercio, seguite da quelle degli Stati Uniti nel maggio 1997. Le sanzioni statunitensi vennero inasprite nel 2002, mentre quelle targate Ue vennero rinnovate di anno in anno fino all'aprile 2012. Come diretta conseguenza degli impianti sanzionatori adottati dai governi occidentali, Mynamar si avvicinò alla Cina, alla quale venne di fatto data carta bianca nello sfruttamento delle risorse naturali di cui il Myanmar è particolarmente ricco. La liberazione di Aung San Suu Kyi, avvenuta una settimana dopo le elezioni del novembre 2010, ha segnato l'inizio di un processo che, passando per la liberazione di alcuni prigionieri politici e gli accordi di cessate il fuoco con alcune minoranze etniche, è culminato dello svolgimento di libere elezioni suppletive il 1° aprile 2012, vinte dalla Lega Nazionale Democratica (NDL) di Aung San Suu Kyi. Nonostante l'importante risultato ottenuto dalla NDL, il vero banco di prova per la nascente democrazia birmana saranno le elezioni presidenziali del 2015. Nel frattempo, il nuovo presidente e primo ministro Thein Sein ha avviato un processo di riforma: una svolta storica per il paese, che sembra aver preso coscienza delle conseguenze negative dei decenni di isolamento e delle potenziali opportunità per la propria economia. La definitiva rimozione delle sanzioni Ue a partire dal 22 aprile 2013, dopo che erano state temporaneamente sospese l'anno precedente (tranne l'embargo sulle armi), permette di includere Myanmar tra i nuovi paesi ad alto potenziale di crescita. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, Myanmar ha il potenziale per diventare la prossima frontiera economica dell'Asia; secondo l'Asian Development Bank esso potrebbe diventare una “rising star” dell'Asia se riuscirà a fare adeguata leva sulle proprie risorse naturali e umane e fruire della posizione geostrategica a cerniera tra Asia meridionale e Pacifico. Dati statistici ed economici generali Popolazione Densità Sistema politico Capo di Stato 55167330 74 ab per Kmq Repubblica presidenziale Thein Sein Pil (ppp) 89,23 mld $ Pil pro-capite 1.400 $ (ppp) Disoccupazione 5,40% Importazioni Esportazioni 7,1 mld $ 8,5 mld $ Ide entrata 850 mln $ Debito/pil Aiuti in 355 mln $ entrata Indice di Score: 15/100 corruzione Rank: 172/176 percepita 53,50% Principali Aiea, Asean, Indice di Score: Organizzazioni Fao, Fmi, debolezza dello 96,2/120 internazionali Onu, Wto stato Rank: 21/177 Fonti: Cia World FactBook, World Bank, Fund for Peace, Transparency International POLITICA 11 – LA TRANSIZIONE DEMOCRATICA Le elezioni suppletive dell'aprile 2012 hanno assegnato 43 seggi su 45 vacanti in Parlamento alla National League for Democracy (NLD) guidata dal premio nobel per la pace Aung San Suu Kyi, storico partito di opposizione. Nonostante ciò, il potere rimane ancora saldamente nelle mani della giunta militare guidata da Thein Sein. Il vero banco di prova saranno le elezioni generali del 2015, quando dallo scontro tra lo Union Solidarity and Development Party (USDP), il partito sostenuto e guidato dai militari e la NLD emergeranno alcune probabili risposte sulla credibilità del processo di liberalizzazione politica in atto e sugli sviluppi futuri della politica birmana. La svolta per il Paese asiatico è avvenuta nel 2010, quando il nuovo governo civile di Thein Sein ha liberato Aung San Suu Kyi dagli arresti domiciliari. A ciò sono seguite, il 31 gennaio 2011, la convocazione del Parlamento e la contestuale entrata in vigore della Costituzione del 2008 e, infine, il 4 febbraio, l’elezione da parte del Parlamento di Thein Sein come Presidente della Repubblica. Thein Sein, un militare moderato, pur essendo stato Primo Ministro durante il precedente regime, è ritenuto l’unico rappresentante politico adatto a garantire la transizione del Paese da una dittatura militare a un regime democratico. Il governo ha infatti dato avvio a un processo di transizione democratica, intensificatosi a partire da agosto 2011 e che ha dato luogo a una serie di risultati importanti: avvio di riforme economiche; fine della censura preventiva sulla stampa; nuove leggi sulla libertà sindacale e di manifestazione; accordo con l’ILO per lo sradicamento del lavoro forzato entro il 2015; creazione di una commissione parlamentare per il rispetto dei diritti umani; avvio di negoziati di pace con i gruppi etnici separatisti; sei provvedimenti di amnistia - l’ultimo il 17 settembre 2012 - che avrebbero - in assenza di dati certi in materia - consentito la liberazione di circa 800 prigionieri politici, riducendo sostanzialmente quelli ancora detenuti; rimpasto di governo, nell’agosto 2012, con l’uscita di scena degli elementi più conservatori. In risposta alle riforme avviate dal regime birmano, nel 2012 la comunità internazionale ha iniziato a sospendere le principali sanzioni internazionali vigenti nel Paese, dimostrando così di voler scommettere sul processo di democratizzazione in corso. Successivamente alla sospensione delle sanzioni internazionali, alcune personalità politiche di paesi occidentali hanno visitato il paese, tra i quali il Presidente Usa Barack Obama e l’allora Segretario di Stato Hillary Clinton (novembre 2012). Ma agli occhi della comunità internazionale, affinché la via intrapresa dal governo verso la democrazia possa considerarsi completa, restano cruciali la fine degli scontri con le minoranze etniche, specialmente nella regione del Rakhine e del Kachin, e la liberazione di tutti i restanti prigionieri politici. Infatti, pur essendo vero che alcune importanti riforme sono state compiute, il percorso pare essere ancora lastricato di ostacoli. Indice di debolezza dello stato Indice di corruzione percepita (Paesi Asean) (Primi paesi al mondo) 120 100 80 60 Somalia 96,2 88,7 0,98 Corea del Nord 83,2 80,6 77 74 1,01 Myanmar 68,5 51,9 1,49 Af ghanistan 1,52 Sudan 1,56 Turkmenistan 1,6 40 20 Uzbekistan 0 Cambogia Indonesia Vietnam Laos Myanmar Filippine Thailandia Malesia Fonte: Fund for Peace (20 stato solido/114 stato fallito) 1,62 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 Fonte: Transparency International (0 corruzione max/10 corruzione min) POLITICA 12 – I RAPPORTI INTERNAZIONALI Cina Gli interessi cinesi in Myanmar sono molteplici: politico-strategici per la posizione geografica e lo sbocco sull'Oceano Indiano; economici per la ricchezza di materie prime (soprattutto fonti di energia) e per il commercio bilaterale. In particolare, la partnership con il Myanmar rientra nella strategia cinese del “filo di perle”, tesa a stabilire un forte rapporto di cooperazione con i maggiori porti della regione, che divengono in questo modo veri e propri avamposti commerciali. La strategia del “filo di perle” cinese India Nei decenni passati l'India ha mantenuto buoni rapporti con la dittatura birmana per due motivi: la presenza di movimenti insurrezionali nel Nord-Est del paese, che utilizzano il Myanmar come rifugio, e il timore che l'influenza cinese su quest'ultimo divenisse predominante. India e Cina si contendono tutt'oggi il favore della giunta militare birmana sia per guadagnarsi l’accesso alle ingenti risorse energetiche del paese, sia in considerazione della posizione strategica del Myanmar, che offre ad entrambi uno sbocco sul Golfo del Bengala. Fonte: China briefing Thailandia I rapporti tra i due paesi si reggono su equilibri delicati, soprattutto a causa delle problematiche relative alle questioni della pesca illegale, della deforestazione e del traffico di droga. Bangkok sostiene il processo di riforme birmano allo scopo di assicurarsi la fornitura di petrolio e gas, ma al tempo stesso guarda con preoccupazione all'apertura del paese a nuovi partner. Gli immigrati birmani in fuga da Myanmar rappresentano infatti un’importante risorsa di manodopera a basso costo per la Thailandia, che in seguito al miglioramento del contesto birmano potrebbe vedere venir meno tale importante risorsa. Bangkok, tuttavia, ha bisogno del gas naturale birmano, che arriva in Thailandia attraverso due gasdotti. Giappone Tokyo ha intensificato negli ultimi anni le attività di cooperazione e penetrazione economica in Myanmar, mirando soprattutto alla manodopera a basso costo disponibile nel paese, da utilizzare come base manifatturiera per le proprie industrie. Con l'avvio del processo di apertura politica ed economica varato da Thein Sein, il Giappone ha annunciato la cancellazione di parte del credito vantato verso Myanmar (3,7 miliardi di $ su un totale di 6 miliardi di $). Tokyo fornirà inoltre sostegno tecnico e finanziario alla creazione di una borsa valori. Stati Uniti In seguito alle elezioni dell'aprile 2012, gli Usa hanno ristabilito rapporti diplomatici con il Myanmar, hanno creato in loco un'agenzia incaricata di gestire i programmi di aiuto (USAID), permettere a alcune Ong americane di operare nel paese, facilitare viaggi in Usa di alcune personalità politiche. Washington ha inoltre autorizzato la rimozione di alcune sanzioni in particolari aree di investimento (come la creazione di un circuito per l'utilizzo di carte di credito). Le principali sanzioni, tuttavia, permangono a causa del protrarsi dei conflitti etnici nonostante gli accordi di “cessate il fuoco”. Unione Europea In seguito agli sviluppi politici interni in Myanmar, nell'aprile 2011 l'Ue ha introdotto dei primi allentamenti al regime sanzionatorio imposto al paese, culminati nell'aprile 2012 con la sospensione per un anno delle sanzioni. Il presidente della Commissione europea Barroso, in visita in Myanmar nel novembre 2012, ha annunciato la disponibilità dell'Ue all'invio di una missione di assistenza elettorale nel 2015 e la prossima trasformazione dell'ufficio Ue a Yangon in una vera e propria delegazione. Il 22 aprile 2013 l'Ue ha formalizzato la rimozione definitiva delle sanzioni, eccezione fatta per l'embargo sulle armi. POLITICA 13 – MYANMAR TRA CINA E STATI UNITI Il lungo periodo di isolamento al quale è stato sottoposto il Myanmar da parte dei paesi euro-atlantici, soprattutto durante gli anni ’90, ha portato Naypyidaw ad avvicinarsi in misura sempre maggiore alla Cina. Nonostante le pressioni ricevute dalle diplomazie occidentali a interrompere l’assistenza al regime birmano e a esercitare la propria influenza per spingere la giunta militare ad aperture in senso democratico, la Cina non ha mai rinunciato alle relazioni con il proprio vicino, secondo la celebre formula del “Beijing Consensus” – la via cinese allo sviluppo economico. Oggi il Paese si trova al centro del gioco di influenza portato avanti da Usa e Cina nell’area: esso rappresenta infatti uno dei perni della nuova strategia asiatica di Obama (“Pivot to Asia”) volta al contenimento del gigante cinese. Gli interessi della Cina in Myanmar sono molteplici. Il Paese rappresenta uno sbocco strategico, logistico e commerciale fondamentale sul Golfo del Bengala e sull’Oceano Indiano. Il Myanmar rappresenta, inoltre, un importante corridoio logistico. Pechino ha avviato la costruzione di una serie di gasdotti e oleodotti, che congiungerebbero le coste birmane con le province dello Yunnan e del Guanxi. Infine, l’altra questione fondamentale è quella delle risorse idriche. Pechino ha promosso la costruzione di un sistema di dighe e centrali idroelettriche, tra le quali spicca la diga Myitsone sul fiume Irawaddy, destinata a fornire elettricità alle province occidentali dello Yunnan e del Guizhou. La costruzione di infrastrutture come quella di Myitsone, che una volta completata sarebbe la diga più grande del mondo, mette in luce le contraddizioni che caratterizzano la posizione del governo birmano. Se, da un lato, la presenza cinese è stata per anni un fattore di sviluppo e modernizzazione, oltre che l’unica fonte di sostegno diplomatico, dall’altro, ha rappresentato anche una forma di dipendenza economica e politica estrema da Pechino. Il Presidente Barack Obama in visita in Myanmar nel novembre 2012 (Foto Jason Reed/Reuters) Anche alla luce di tali preoccupazioni, il governo guidato da Thein Sein e i militari hanno provato ad aprirsi al mondo diversificando le proprie relazioni internazionali con i Paesi euro-atlantici in primis. Per questi motivi, l’apertura agli Stati Uniti, culminata con la visita di Hillary Clinton nel Paese nel dicembre 2011 e poi quella del Presidente Obama del novembre 2012, è il segnale più evidente della volontà del nuovo corso del governo militare di ridimensionare la propria dipendenza da Pechino. In questo contesto si sono inseriti gli Usa e la loro diplomazia volta a fare del Paese uno dei punti di appoggio del rebalancing strategico nella regione dell’Asia-Pacifico. Come già ai tempi di Clinton nei confronti della Cina, l'America di Obama ha deciso di adottare nei confronti del Myanmar una politica di engagement. ECONOMIA 14 – UN’ECONOMIA IN CRESCITA Nel 2012 il Pil del Mynamar è stato pari a 89,2 miliardi di dollari (a parità di potere d'acquisto), facendo registrare una crescita del 6,2% rispetto al 2011. Le stime dell'Economist Intelligence Unit prevedono una crescita del 5,4% nel periodo 2013-2014 e un'ulteriore crescita attorno al 7% nei periodi 2014-2015 e 20172018. La crescita birmana sarà inizialmente guidata da importanti progetti di investimento da parte prevalentemente di Cina, Corea del Sud e Thailandia, soprattutto nei settori dell'energia e delle infrastrutture. La crescita della domanda interna è stimata attorno al 4% annuo; nonostante il fatto che una consistente parte della popolazione viva sotto la soglia di povertà (le ultime stime, del 2007, parlano del 32,7%), le tendenze sembrano preannunciare la crescita del contributo della domanda interna nella crescita economica del paese. Alla crescita del Pil birmano contribuiranno poi lo sviluppo di settori quali il turismo, l'industria tessile, l'agricoltura e la pesca. Un ruolo fondamentale verrà poi ricoperto dall'industria delle costruzioni, in considerazione del numero elevato di progetti di costruzione di infrastrutture stimolati da investimenti privati. Inoltre, entro la fine del 2013 verranno avviati i progetti di estrazione del gas naturale liquefatto dai giacimenti di Shwe (parola che in birmano significa “oro”), che porteranno a una crescita consistente delle esportazioni birmane di gas naturale. Stime di crescita del Pil (%) 8 6 5 5,4 6 6,5 6,9 7,3 4 2 0 2012 2013 2014 2015 2016 2017 Fonte: Economist Intelligence Unit Come parte del nuovo corso economico, il governo di Thein Sein ha varato un nuovo regime di cambio a fluttuazione controllata, ancorando il kyat al dollaro e permettendone una variazione giornaliera entro una banda di oscillazione dello 0,8%. Il nuovo cambio è stato adattato al valore del kyat sul mercato nero: attualmente il cambio col dollaro è pari a circa 880 kiat/$. Il provvedimento ha rappresentato il primo passo verso la creazione di un sistema valutario unico, cui dovrà seguire una graduale diminuzione delle restrizioni all'uso di valuta estera. La ridefinizione della politica valutaria, del resto, rappresenta la prima di una serie di riforme strutturali annunciate dal governo, tra le quali vi sono la creazione di un nuovo mercato interbancario ufficiale, una nuova legge che dia maggiore autonomia alla Banca centrale, e una regolamentazione degli IDE meno restrittiva. ECONOMIA 15 - GLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI Il 2011 ha fatto segnare la crescita del 195% degli investimenti diretti esteri nel paese, dovuti alla migliorata percezione del rischio paese. Tra gli investitori, un ruolo di primo piano è riservato alla Cina, attiva soprattutto nel settore energetico e i cui investimenti contano per circa il 70% del totale degli IDE in Myanmar. Il governo del paese ha attuato una serie di provvedimenti volti a incentivare ulteriormente l'ingresso di investimenti stranieri nel paese: l'allentamento delle restrizioni sulla locazione di terreni per investimenti esteri, la facilitazione del rimpatrio di profitti all'estero, il varo di incentivi fiscali e l'importazione di manodopera qualificata. Tali provvedimenti lasciano prevedere tanto un afflusso dei capitali esteri per investimenti (in particolare nel settore energetico e infrastrutturale), quanto un aumento dell'interscambio commerciale, fino a ora transitato su canali non ufficiali e frenato dalle restrizioni valutarie. IDE in Myanmar (milioni di $ a prezzi correnti) 1200 976 1000 963 850 800 715 600 450 428 400 200 291 191 251 236 2004 2005 0 2002 2003 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Fonte: Unctad L'approvazione della nuova legge sugli investimenti n.21/2012 dovrebbe definire un quadro regolamentare più certo, favorendo così l'afflusso di nuovi IDE. Il nuovo corpo normativo è stato completato dal decreto attuativo del 31 gennaio 2013. L'efficacia di queste misure è stata comprovata dalle numerose dimostrazioni di interesse da parte di multinazionali estere quali Coca Cola, Ford, General Electric, Mitsubishi e Suzuki. Stime Unctad parlano di un incremento negli ultimi 18 mesi del 20% di IDE rispetto a quanto fatto registrare nei precedenti 20 anni. I settori trainanti sono l'energia e l'oil&gas; in particolare gli investitori stranieri sono interessati all'enorme potenziale rappresentato dalle riserve di idrocarburi, in particolar modo da quelle offshore. Tra i principali paesi investitori nel settore energia si segnalano Cina e Thailandia, ma sempre più anche il Giappone e, in prospettiva, la Corea del Sud. La Cina e il Giappone hanno obiettivi diversi: mentre la prima è interessata soprattutto all'accesso alle abbondanti risorse naturali del Myanmar (gas, gemme, legname, gomma naturale ed energia idroelettrica), il secondo mira all'abbondante manodopera a basso costo birmana, fondamentale alla creazione di una base manifatturiera per le aziende nipponiche. ECONOMIA 16 – LA RIFORMA DEL SISTEMA BANCARIO Il sistema bancario birmano è in fase di profonda evoluzione. Una nuova legge bancaria che dovrebbe riformare l'intero sistema è attualmente in fase di elaborazione da parte del Parlamento. Il sistema creditizio birmano si basa ancora prevalentemente sul contante. Da pochi mesi però è stata introdotta una prima, limitata, circolazione di carte di debito e di credito. Il primo prelievo di contante tramite circuito Mastercard è avvenuto il 15 novembre 2012 in un ATM della banca birmana CB Bank, che sta seguendo tutti i suoi 36 ATM al prelievo sui circuiti Mastercard, Maestro e Cirrus. Visa ha a sua volta stipulato accordi con CB Bank e con Bank Kanbawza, con inizio operatività il 31 agosto 2013. Nel luglio scorso la Banca centrale – Central Bank of Myanmar (CBM) – ha ottenuto una parziale indipendenza funzionale dal Ministero delle Finanze nella gestione della politica monetaria. Tra gli obiettivi futuri, la creazione di un mercato dei capitali, il rafforzamento della solidità del sistema bancario nazionale e il reintegro nei circuiti bancari internazionali, anche in vista dell'integrazione ASEAN nel 2015. La CBM sta attualmente collaborando con la banca giapponese Daiwa e la Borsa di Tokyo per la costituzione della borsa valori. Fino a luglio 2012 le banche estere potevano aprire solamente uffici di rappresentanza. Con la graduale liberalizzazione del mercato bancario, avviata appunto a partire da luglio scorso, sono state autorizzate anche le joint-venture con controparti locali, mentre si prevede la concessione della piena operatività alle banche estere entro il 2015. L'attuale composizione del sistema bancario birmano 4 banche statali Myanmar Economic Bank (la maggiore banca commerciale attiva nel settore retail) Myanmar Foreign Trade Bank (per le transazioni internazionali) Myanmar Investment and Commercial Bank (banca corporate e di investimenti) Myanmar Agricultural Development Bank (specializzata nel credito agricolo) 19 banche commerciali private 22 uffici di rappresentanza di banche straniere Fonte: Ambasciata d'Italia a Bangkok Per quanto riguarda i servizi assicurativi, nel settembre scorso 12 società di assicurazioni private hanno ottenuto la licenza per l'offerta di servizi assicurativi da parte della competente Autorità di vigilanza “Insurance Business Supervisory Board” (IBSB). Si tratta delle prime licenze emesse dal 1963. Importanti società straniere come l'inglese Prudential Plc., l'asiatica AIA Group Ltd. e la canadese Manulife Financial Corp., hanno già manifestato interesse per il mercato assicurativo birmano. ECONOMIA 17 – LE OPPORTUNITÀ DI BUSINESS L'interscambio con l'Italia A partire dal 23 aprile 2012, giorno della sospensione delle sanzioni Ue, per le imprese italiane si è aperta una finestra di opportunità che si sta traducendo soprattutto in analisi delle opportunità commerciali e di investimento nel paese. Per via del lungo periodo di chiusura economica, i dati dell’interscambio bilaterale con l'Italia non sono particolarmente significativi in termini assoluti. Tuttavia, il dinamismo dei flussi commerciali del 2012 lascia presagire un consistente aumento dei rapporti commerciali tra i due paesi. Nel 2012, l’interscambio totale è stato pari a 35,5 milioni di €, con un aumento percentuale dell'81,4% rispetto al 2011. Le esportazioni italiane hanno raggiunto nel 2012 il valore di 23,73 milioni di € (+69,3% rispetto al 2011), mentre le importazioni dal Myanmar gli 11,7 milioni di € (+111,8%), con un saldo a favore dell'Italia pari a 11,9 milioni di € (+41,4%). Gli investimenti diretti italiani sono per ora limitati a pochissime presenze, attive soprattutto nel settore del turismo. L'interscambio Italia-Myanmar (Milioni di €) Export italiano verso il Myanmar Import italiano dal Myanmar 2010 2011 2012 15,6 14,01 23,73 6 5,56 11,77 Fonte: ISTAT Le opportunità di investimento Energia. Gli analisti stimano che le riserve di petrolio birmane ammontino a 2,1 miliardi di barile, mentre quelle di gas naturale a 25 trilioni di piedi cubi. A queste si aggiungono le riserve di gas di scisto, pari a 3,3 milioni di barili. Il Ministero dell'Energia ha emesso il 17 gennaio scorso il secondo “bidding round” per l'assegnazione di 18 blocchi onshore, al quale è seguito l'11 aprile scorso quello per 30 blocchi offshore. Costruzioni. Dopo 50 anni di isolamento, le infrastrutture birmane versano in uno stato di obsolescenza. Il sostegno alla crescita economica del paese passa attraverso la costruzione di una rete di infrastrutture moderna ed efficiente. Informazione e comunicazioni. Il governo è in procinto di emanare una nuova legge sulle telecomunicazioni per smantellare l'attuale monopolio di stato e ha avviato il processo di gara per l'attribuzione delle licenze di telefonia mobile, che si dovrebbe concludere il 27 giugno 2013. È prevista l'emissione di due licenze, aperte a operatori birmani ed esteri, con l'obiettivo del lancio di servizi 4G già nel 2013. L'ADB stima che la penetrazione delle reti mobili in Myanmar sia pari all'1,24%, rispetto al 70% di Cambogia, all'87% del Laos e al 100% di Malaysia e Thailandia. L'obiettivo del governo è di espandere la penetrazione al 75-80% entro il 2015-16. Altre aree di previsto sviluppo sono i servizi di internet provider (ISP) e la creazione di centri di elaborazione dati. Turismo Il settore del turismo, che ha conosciuto una breve battuta di arresto nel 2007-08 a causa prima dei disordini politici e poi del ciclone Nargis, è in netta ripresa dal 2009. Il settore impiega 50.000 persone e nel 2011 ha generato introiti in valuta estera pari a 319 milioni di $, con una crescita del 25,6% rispetto al 2010. Gli ingressi sono stati pari a 391.176 nel 2011, di cui 9.710 dall'Italia. Numeri comunque ancora limitati, se raffrontati a quelli registrati nei paesi vicini: nel 2011, 18 milioni di turisti in Thailandia e 5 in Vietnam. La Norvegia ha recentemente messo a disposizione 225.000 dollari per la predisposizione di un Master plan che pianifichi una crescita sostenibile nel settore del turismo, con la gestione operativa affidata all'ADB. ECONOMIA 18 – I RISCHI PRINCIPALI Rischi politici Conflitti etnici. Il governo ha avviato significativi negoziati per la pacificazione del paese, sfociati nella firma di tregue con 11 gruppi su 12. Tuttavia, continuano gli scontri con l'etnia tradizionalmente più conflittuale, la Kachin. Inoltre, nel maggio 2012 si sono riaccese le tensioni in Arakan tra birmani buddisti e la minoranza dei Rohingya. Lo stato di emergenza dichiarato dal governo in giugno ha comunque permesso un relativo ritorno alla calma, anche se la politica di separazione delle due comunità etniche desta forti preoccupazioni. Conflitti sociali. L'attuale governo ha fatto dello sviluppo economico una delle sue priorità. A fronte del processo di riforme in corso, sarà cruciale che il Myanmar consolidi le proprie capacità istituzionali per evitare un aumento della sperequazione sociale e per assorbire i grandi flussi potenziali di investimenti esteri diretti, che rischiano altrimenti di arricchire le lobby, con conseguenze sociali potenzialmente esplosive. Rischi economici Infrastrutture. Per garantire la sostenibilità della crescita economica dei prossimi anni, il Myanmar deve avviare un'opera di costruzione e ammodernamento delle proprie infrastrutture di base, quali reti energetiche e trasporti. Riforma del sistema bancario e finanziario. Un freno alla crescita, agli scambi commerciali e agli investimenti diretti esteri in entrata è rappresentato dal sistema bancario e finanziario birmano, obsoleto e scollegato dai circuiti internazionali. Le transazioni bancarie internazionali sono difficoltose, sia per effetto delle sanzioni occidentali (ora in gran parte revocate, ma che hanno comportato effetti di lungo periodo sul sistema bancario birmano), sia a causa dell'arretratezza dei sistemi IT delle banche birmane. Arretratezza delle telecomunicazioni. Le tlc sono arretrate e malfunzionanti. Nel caso della telefonia mobile, le carte SIM sono costose (circa 220 € a settembre 2012) e, almeno sulla carta, limitate ai birmani. L'accesso a internet è altrettanto costoso; una linea broadband costa all'incirca 1.400 dollari. È in corso la fase di pre-qualifica per la concessione di licenze di telefonia mobile, alla cui gara hanno partecipato numerose società di telecomunicazioni estere. Insufficiente capacità di generazione di energia per il mercato interno. La capacità di generazione elettrica è stimata pari a circa 3.641 megawatt, di cui 2.560 provenienti da centrali idroelettriche e 900 da altre fonti. Nonostante l'abbondanza di gas naturale, la disponibilità di energia è uno dei freni principali e un prerequisito essenziale allo sviluppo del paese, in quanto gran parte dell'energia generata viene attualmente esportata. Rischi operativi Due diligence delle controparti birmane. Risulta al momento molto difficile condurre una due diligence finanziaria e non dei potenziali partner in affari birmani. Le visure camerali vengono spesso negate. Corruzione. Nel rapporto 2012 di Transparency International sull'indice di corruzione percepita, il Myanmar si è posizionato al 172esimo posto su 176 paesi. Nonostante le critiche (fondate) sul mancato aggiornamento dei dati sul paese, la corruzione nel paese è un fenomeno endemico. Scarsa protezione dei diritti di proprietà intellettuale. Sebbene nel 2011 il Myanmar sia divenuto membro della World Intellectual Property Organization (WIPO), non esiste attualmente nella legislazione interna una legge ad hoc a tutela dei diritti di proprietà intellettuale, protetti genericamente dalle norme di Common Law, che favoriscono il primo utilizzatore. APPROFONDIMENTI 19 – LE TENSIONI INTERETNICHE E LA QUESTIONE DEI PROFUGHI Un elemento di criticità che permane tutt’oggi in Myanmar e dal quale dipende la totale cancellazione delle sanzioni internazionali è la questione del rispetto delle minoranze etniche presenti nel paese. Fin dagli anni '90, molti dei partiti che rappresentavano le varie minoranze etniche (specie quelli nella zona orientale, dove risiedono i gruppi Karen e Shan) sono stati banditi dal regime militare. Questi movimenti si sono poi organizzati anche militarmente, forti dei profitti derivanti dal mercato dell’oppio, e hanno iniziato una lunga lotta contro le autorità centrali di Naypyidaw. Il caso più eclatante è quello della comunità Kachin, un gruppo etnico che abita l'omonima regione di confine tra India, Cina e Myanmar e che da oltre 50 anni è teatro di una sanguinosa guerra civile che vede contrapporsi le milizie per la liberazione del Kachin (KIA) e l’esercito governativo birmano con l’appoggio non molto velato delle forze militari cinesi, preoccupate dall’imponente flusso di profughi che si riversa lungo i suoi confini. Nonostante la firma di un cessate il fuoco nel 1994 – in virtù del quale le truppe regolari avrebbero dovuto abbandonare la regione del Kachin e restituire il controllo militare ed amministrativo al KIA – avesse fatto sperare in una pacificazione del territorio, le violenze hanno ricominciato immediatamente da ambo le parti. Secondo le Nazioni Unite, circa 24.000 persone risiedono nelle aree controllate dall’esercito regolare mentre 40.000 in quelle controllate dal KIA. Human Rights Watch ha denunciato il ruolo della Cina nel finanziare l’esercito regolare Fonte: the Economist birmano nella lotta contro i ribelli, oltre che il mancato rispetto della Convenzione internazionale sui rifugiati del 1951. Nel concreto Pechino è accusata di rimpatriare in maniera forzosa i profughi Kachin in Myanmar, consegnandoli di fatto alla violenza dei militari. Un altro caso molto caldo in Myanmar negli ultimi tempi è quello relativo alla persecuzione della minoranza musulmana di etnia Rohingya. I Rohingya vivono nello Stato di Rakhine, una regione sulla costa orientale. La giunta militare birmana ha cercato di eliminare questo popolo, trovando in questo senso un formidabile alleato nella maggioranza buddhista senza riuscire ad eliminarlo però del tutto. Per cacciare i Rohingya dal paese, il regime si è servito del gruppo fondamentalista buddista “969”, che vorrebbe imporre alla minoranza musulmana una sorta di apartheid. Una filosofia che sta prendendo sempre più piede negli ultimi mesi e che alimenta la violenza. Il NLD e la stessa Aung San Suu Kyi – accusati dai buddisti di avere stretto rapporti con la minoranza musulmana – non si sono mai schierati apertamente né a favore né contro il comportamento estremista e razzista dell’élite buddista e militare del Paese, forse anche per una questione di opportunità politica in vista delle elezioni presidenziali del 2015. Un recente rapporto di HRW accusa le autorità locali e il governo di non aver fatto abbastanza e in alcuni casi di aver fomentato una campagna di “pulizia etnica” contro la minoranza Rohingya. Fonte: the Economist APPROFONDIMENTI 20 – IL PORTO DI SITTWE: NUOVO NODO GEOSTRATEGICO DELL’ASIA MERIDIONALE Dietro alle persecuzione della minoranza Rohingya si nascondono anche motivazioni di carattere geostrategico, che coinvolgono la regione di Rakhine. Da diversi anni, infatti, il porto di Sittwe – situato nella parte orientale della regione – attrae investimenti commerciali indiani e cinesi utili a radicare la presenza di questi due paesi nell’area e a mettere in sicurezza le rispettive rotte marittime e commerciali nel Sud Est asiatico. Tale porto, di fatto, si sta configurando come un’alternativa strategica commerciale sia al più inflazionato porto di Chittagong in Bangladesh e hub commerciale di India e Cina, sia allo Stretto di Malacca considerato ad alto rischio per la forte concentrazione di fenomeni pirateschi. L’importanza di Sittwe è dimostrata dal fatto che India e Cina si stanno contendendo il porto a suon di progetti miliardari. Pechino vorrebbe costruire un gasdotto che colleghi il Rakhine con lo Yunnan e il Guanxi – le due province meridionali cinesi interessate anche da Fonte: www.rfa.org fenomeni migratori illegali – fornendo un approvvigionamento sicuro degli idrocarburi. Il gasdotto, che dovrebbe avere una capacità annuale di 12 milioni di metri cubi e dovrebbe essere completato entro i prossimi due anni, dovrebbe essere collegato con il porto di Sittwe che diventerebbe un terminal cinese del commercio internazionale di gas e petrolio da e per la Cina verso l’Africa orientale (Sudan in primis), il Golfo e l’Asia-Pacifico. Questo investimento rientrerebbe nella strategia cinese del cosiddetto “Filo di perle”: questa prevede il rafforzamento delle relazioni politico-commerciali con i Paesi della fascia costiera asiatica dal Mar Rosso fino all’Indocina. Secondo tale strategia, per rafforzare il proprio sea power la Cina utilizzerebbe la costruzione di opere infrastrutturali, realizzate in compartecipazione tra aziende o capitali cinesi e partner della nazione interessata, come strumento di influenza geo-politico. Ogni intervento è realizzato in una località di notevole importanza geo-strategica e costituisce appunto una delle “perle”, dotata di una propria valenza autonoma e realizzata secondo specifiche valutazioni del rapporto costo/benefici. Nuova Delhi, invece, ha stretto nel 2011 un accordo con il governo birmano per fare della città e dell’area portuale di Sittwe un sito strategicamente rilevante all’interno dell’area di libero scambio dell’ASEAN che dovrebbe diventare pienamente operativo nel 2015. Come per i cinesi, anche per gli indiani l’area di Sittwe sarebbe un porto strategicamente importante, in quanto garantirebbe la sicurezza delle rotte commerciali da e verso l’Oceano Indiano e Pacifico e permetterebbe di rompere la strategia cinese del “filo di perle”.