7. Immunologia - Unità Operativa Complessa di Genetica e

- Peculiarità della immunità innata e specifica
- Classificazione e generalità sulle immunodeficienze
- Immunodeficienze umorali
- Immunodeficienze combinate
- Immunodeficienze associate a sindromi
Peculiarità dell’Immunità Innata e Specifica
Loddo I, Calabrò G, Comito D, Talenti A, Deak A, Colavita L, Caruso R, Grasso L, Gallizzi R,
Salpietro DC
La funzione del sistema immunitario è la difesa dagli agenti infettivi, tuttavia anche sostanze
estranee di natura non infettiva possono suscitare una risposta immunitaria.
Fig 1. Ontogenesi del Sistema Immunitario
La difesa contro i microrganismi è mediata dalle reazioni precoci dell’immunità innata e da altre più
tardive dell’immunità adattativa.
L’immunità innata (o naturale) è la prima linea di difesa contro i microrganismi. Consiste in
meccanismi di difesa cellulare e biochimici preesistenti all’infezione e pronti a reagire con rapidità.
Questi meccanismi reagiscono solo ai microbi e non a sostanze non infettive e reagiscono
sostanzialmente in modo identico a infezioni ripetute.
I principali componenti dell’immunità innata sono:
- Le barriere fisiche e chimiche, come gli epiteli e le sostanze antimicrobiche prodotte dalle
superfici epiteliali
- Le cellule fagocitiche (neutrofili e macrofagi) e le cellule natural killer (NK)
- Le proteine del sangue, tra cui i fattori del sistema del complemento e altri mediatori della
flogosi
- Numerose proteine chiamate citochine che regolano e coordinano molte attività delle cellule
dell’immunità innata
I meccanismi dell’immunità innata sono attivati in modo specifico da strutture molecolari comuni a
gruppi di microbi simili tra loro e non distinguono sottili differenze presenti tra le sostanze estranee.
A fianco dell’immunità innata esistono altre risposte immunitarie che aumentano in ampiezza e
capacità difensive a ogni successiva esposizione ad un particolare agente infettivo. Poiché questa
forma di immunità si sviluppa in risposta ad un’infezione e si adatta all’infezione stessa, viene
definita immunità adattativa (o specifica, o acquisita). Le caratteristiche che definiscono
l’immunità adattativa sono una spiccata specificità per molecole diverse e la capacità di “ricordare”
e di rispondere più vigorosamente ad esposizioni ripetute a uno stesso microrganismo. Il sistema
immunitario adattativo è in grado di riconoscere e reagire in risposta ad un gran numero di sostanze
estranee microbiche e non. I principali componenti dell’immunità adattativa sono le cellule
chiamate linfociti e i loro prodotti di secrezione, gli anticorpi. Le sostanze estranee che inducono
una risposta immunitaria specifica o che di tali risposte sono bersaglio vengono dette antigeni.
Fig 2. Immunità innata e adattativa
Le risposte immunitarie innata e adattativa sono parte di un sistema integrato di meccanismi di
difesa a cui cooperano numerose cellule e molecole. I meccanismi dell’immunità innata favoriscono
una difesa efficace contro le infezioni. Tuttavia, molti agenti patogeni si sono evoluti per resistere
all’immunità innata e la loro eliminazione richiede l’intervento dei potenti meccanismi
dell’immunità adattativa.
Fig 3. I principali meccanismi dell’immunità innata ed adattativa
Immunità Innata
L’immunità innata rappresenta la prima linea di difesa contro le infezioni, il meccanismo di difesa
filogeneticamente più antico, la prima risposa dell’ospite ai microrganismi in grado di prevenire,
controllare o eliminare l’infezione. L’immunità innata stimola inoltre le risposte dell’immunità
specifica e può influenzarne la natura per renderla maggiormente efficace contro i diversi tipi di
microrganismi. Alcuni componenti dell’immunità innata sono costantemente in funzione, ad
esempio le superfici epiteliali della cute e l’epitelio che riveste il tratto gastrointestinale e le vie
respiratorie sono barriere fisiche attive contro l’ingresso dei microrganismi. Altri sono normalmente
inattivi, ma pronti a rispondere rapidamente alla presenza dei microbi, ad esempio i fagociti ed il
sistema del complemento.
Il sistema immunitario innato riconosce solo un numero limitato di prodotti batterici. I componenti
dell’immunità innata riconoscono strutture peculiari dei microrganismi patogeni. Le sostanze
microbiche che stimolano l’immunità innata sono chiamate profili molecolari associati ai patogeni
(Pathogen-Associated Molecular Patterns, PAMPS) e i recettori che legano queste strutture
conservate sono definiti recettori per il riconoscimento dei profili (Pattern Recognition Receptors,
PRR), in particolare i Toll-like Receptors, TLR. I meccanismi dell’immunità innata si sono evoluti
per riconoscere le molecole dei microrganismi (non self) e non quelle delle cellule dell’uomo (self).
Grazie alla specificità per le strutture microbiche, il sistema immunitario innato è in grado di
distinguere il self dal non self.
Componenti dell’immunità innata
Barriere epiteliali
La superficie epiteliale, se intatta, forma una barriera fisica tra l’ambiente esterno e i tessuti
dell’ospite. Le tre interfacce principali dell’ospite con l’ambiente sono la cute e le superfici mucose
dei tratti gastrointestinale e respiratorio, tutte protette da un rivestimento epiteliale continuo che
previene l’ingresso dei microrganismi. La perdita dell’integrità di questi epiteli predispone alle
infezioni. Gli epiteli, nonché alcuni leucociti, producono peptidi che hanno funzione antibiotica: le
defensine, prodotte dalle cellule epiteliali delle mucose e dai leucociti (neutrofili, NK e linfociti T
citotossici) e le catelicidine, espresse dai neutrofili e da vari epiteli di barriera incluse la cute e le
cellule della mucosa gastrointestinale e respiratoria.
Le barriere epiteliali e le cavità sierose contengono alcuni tipi di linfociti (T intraepiteliali e B) che
riconoscono e rispondono ai microrganismi più comuni. I mastociti inoltre rispondono direttamente
ai microbi e a vari mediatori secernendo sostanze che stimolano la flogosi.
Fagociti e risposte infiammatorie
Le cellule effettrici più numerose del sistema immunitario innato sono cellule derivate dal midollo
osseo che circolano nel sangue e migrano nei tessuti. Si tratta di cellule di derivazione della linea
mieloide (neutrofili, fagociti mononucleati, cellule dendritiche) e cellule di derivazione linfocitaria
(cellule NK, T e B). i neutrofili e i macrofagi sono fagociti che uccidono i microrganismi fagocitati
attraverso la produzione di ROS, monossido di azoto ed enzimi litici. I macrofagi producono anche
citochine che stimolano la flogosi e promuovono il rimodellamento tissutale del sito di infezio ne. I
fagociti riconoscono e rispondono ai prodotti microbici per mezzo di numerosi recettori, compresi i
TLR. I neutrofili e i monociti (precursori dei macrofagi tissutali) migrano dal sangue ai siti di
infiammazione durante le risposte innate. Le citochine, tra cui IL-1 e TNF, prodotte localmente in
risposta ai prodotti microbici, inducono l’espressione di molecole di adesione sull’endotelio delle
venule. Le molecole di adesione permettono l’attacco dei leucociti circolanti alla parete vascolare. Il
processo di migrazione dei leucociti consiste di fasi sequenziali, che iniziano con il legame a bassa
affinità e il rotolamento dei leucociti sulla superficie degli endoteli. Successivamente i leucociti si
legano più fermamente, per azione di integrine leucocitarie, con i ligandi della superfamiglia delle
immunoglobuline presenti sull’endotelio. Il legame delle integrine è rafforzato dall’azione delle
chemochine, prodotte nel sito di infezione, che legano i recettori espressi dai leucociti. Le
chemochine stimolano direttamente anche la migrazione dei leucociti attraverso la parete dei vasi
nei siti di infezione.
Le cellule NK sono linfociti che svolgono un’azione di difesa nei confronti dei microrganismi
intracellulari, uccidendo le cellule infettate e rappresentando una fonte di INF-γ in grado di attivare
i macrofagi. Il riconoscimento delle cellule infettate da parte delle cellule NK è regolato da una
combinazione di recettori attivatori e inibitori.
Il sistema del complemento è costituito da numerose proteine plasmatiche attivate dai
microrganismi. I prodotti di attivazione del complemento promuovono la fagocitosi, uccidono i
microbi e inducono una risposta infiammatoria.
Fig 4. Attivazione del complemento
Le citochine dell’immunità innata reclutano e attivano i leucociti (TNF, IL-1) provocando anche
alterazioni sistemiche, quali l’aumento della sintesi di cellule effettrici e la produzione di proteine
che potenziano la risposta antimicrobica.
Immunità Adattativa
Esistono due tipi di risposta immunitaria adattativa: l’immunità umorale e l’immunità cellulare.
Esse sono mediate da componenti diversi del sistema immunitario e hanno il compito di eliminare
tipi diversi di microorganismi.
Fig 5. Immunità adattativa
L’immunità umorale è mediata da molecole presenti nel sangue e nelle secrezioni mucosali,
chiamate anticorpi, che sono prodotte dai linfociti B. I linfociti B secernono anticorpi che
prevengono le infezioni ed eliminano i microorganismi extracellulari.
L’immunità cellulare (o cellulo-mediata), è mediata dai linfociti T. I linfociti T helper attivano i
macrofagi ad uccidere microorganismi fagocitati o, in alternativa, i linfociti T citotossici uccidono
direttamente le cellule infettate.
L’immunità può essere indotta in un individuo dalle infezioni o dalla vaccinazione (immunità
attiva) o conferita dal trasferimento di anticorpi o linfociti da un individuo attivamente immunizzato
(immunità passiva).
Componenti cellulari del sistema immunitario adattativo
Le cellule principali del sistema immunitario sono i linfociti, le cellule accessorie e le cellule
effettrici.
I linfociti sono le cellule che riconoscono e rispondono in modo specifico agli antigeni estranei e
quindi rappresentano i mediatori dell’immunità umorale e cellulare. Esistono sottpopolazioni
distinte di linfociti che differiscono per il modo di riconoscimento dell’antigene e nelle loro
funzioni effettrici.
I linfociti B sono le sole cellule in grado di produrre anticorpi. Essi riconoscono gli antigeni
extracellulari e si differenziano in cellule secernenti anticorpi (plasmacellule) svolgendo pertanto il
ruolo di mediatori dell’immunità umorale.
I linfociti T, le cellule dell’immunità cellulare, riconoscono gli antigeni dei microbi intracellulari e
agiscono uccidendo i microbi o le cellule infettate. I linfociti T hanno una specificità ristretta nei
confronti degli antigeni; riconoscono infatti solo antigeni peptidici associati ad alcune proteine,
codificate dai geni del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) e che sono espresse sulla
superficie delle cellule dell’ospite. I linfociti T sono costituiti da popolazioni funzionalmente
distinte: linfociti T helper e linfociti T citotossici (CTL). In risposta alla stimolazione antigenica, i
linfociti T helper secernono citochine che stimolano la proliferazione e la differenziazione dei
linfociti T stessi così come di altre cellule quali i linfociti B, i macrofagi e altri leucociti. I CTL
uccidono cellule che producono antigeni estranei, come le cellule infettate da virus e da altri
microrganismi intracellulari. I linfociti T regolatori svolgono invece principalmente il ruolo di
inibire le risposte immunitarie. I diversi tipi di linfociti possono essere distinti sulla base
dell’espressione di molecole di superficie chiamate CD (Cluster of Differentiation) e identificate
mediante una numerazione progressiva.
Fig 6. Componenti cellulari del sistema immunitario adattativo
L’inizio e lo sviluppo delle risposte immunitarie adattative richiedono che l’antigene sia catturato e
presentato ai linfociti specifici da parte delle cellule presentanti l’antigene (APC). Le APC più
specializzate in questa funzione sono le cellule dendritiche. Gli antigeni vengono quindi portati agli
organi linfoidi e presentati ai linfociti T naive per dare inizio alla risposta immunitaria umorale e
cellulare. L’attivazione dei linfociti in seguito al riconoscimento dell’antigene innesca molteplici
meccanismi volti all’eliminazione dell’antigene.
Spesso l’eliminazione dell’antigene richiede la partecipazione di cellule effettrici (linfociti T
attivati, fagociti mononucleati e altri leucociti) che mediano l’effetto finale della risposta
immunitaria.
Fig 7. Risposta immunitaria adattativa
Fig 8. Cattura e presentazione dell’antigene da parte delle cellule dendritiche
La risposta immunitaria adattativa inizia con il riconoscimento di un antigene estraneo da parte di
linfociti specifici. I linfociti rispondono proliferando e differenziandosi in cellule effettrici, la cui
funzione è di eliminare l’antigene, e in cellule di memoria, che esprimono un’aumentata risposta al
successivo incontro con l’antigene.
Fig 9. Attivazione dei linfociti T
Bibliografia
1. Immunologia cellulare e molecolare. 2010
Abul K Abbas, Andrew H Lichtman, Shiv Pillai
2. Basic Immunology. Functions and Disorders of the Immune System. 2009
Abul K Abbas, Andrew H Lichtman
Classificazione e Generalità sulle Immunodeficienze
Gallizzi R, Calabrò G, Salpietro A, Talenti A, Loddo I, Ferraù V, Salpietro DC
Le Immunodeficienze (ID) rappresentano un gruppo eterogeneo di affezioni caratterizzate da difetti
di sviluppo o funzionamento del Sistema Immunitario, che si traducono in un’insufficiente risposta
dello stesso.
Le immunodeficienze vengono classicamente distinte in congenite ed acquisite. Questa distinzione
si basa su una diversità patogenetica: le prime sono causate da difetti che interessano
primitivamente ed elettivamente il sistema immunitario, mentre nelle seconde (Tab.1), un processo
morboso di diversa natura, conduce solo secondariamente al difetto del sistema immunitario
(es: HIV; processi tumorali; grave malnutrizione; malattie metaboliche; farmaci citotossici).
Fattori predisponenti
Neonati e prematuri
Tab.1: Disordini da immunodeficienza secondaria
Fattori specifici
Immunodeficienza fisiologica da immaturità del sistema
immunitario
Malattie ereditarie e metaboliche
Anomalie cromosomiche (p.es. sindrome di Down)
Uremia
Diabete mellito
Malnutrizione
Deficit di vitamine e di minerali
Enteropatie protido-disperdenti
Sindrome nefrosica
Distrofia miotonica
Anemia falciforme
Agenti immunosoppressivi
Radiazioni
Corticosteroidi
Globuline antilinfocitaria o antitimocitaria
Anticorpi monoclonali anti- cellule T
Malattie infettive
Rosolia congenita, Esantemi virali (p.es. morbillo, varicella)
Infezione da HIV, CMV, EBV
Malattie batteriche acute
Malattie gravi da micobatteri o da funghi
Malattie infiltrative ed ematologiche
Istiocitosi, Sarcoidosi, Morbo di Hodgkin e linfomi, Leucemie,
Mieloma, Agranulocitosi e anemia aplastica
Chirurgia e traumi
Ustioni, Splenectomia, Anestesia
Miscellanea
LES, Epatite cronica attiva, Cirrosi alcolica, Invecchiamento,
Farmaci anticonvulsivanti, Malattia del trapianto contro l'ospite
Immunodeficienze Primitive
Classificazione
Le immunodeficienze primitive (IDP) costituiscono un insieme eterogeneo di malattie
geneticamente determinate, caratterizzate da difetti congeniti nella differenziazione e/o funzione del
sistema immunitario. Sulla base della componente del sistema immunitario che risulta compromessa
(B linfociti e immunità anticorpo-mediata, T linfociti e immunità cellulo-mediata, fagociti e cascata
del complemento) vengono classificate in quattro gruppi principali:
1) IDP da difetti dei B linfociti o ID anticorpali, con abnorme suscettibilità alle infezioni da
agenti patogeni piogeni a invasività extracellulare (Tab. 2)
2) difetti dei T linfociti che provocano una minore capacità di difendersi dai germi a invasività
intracellulare; poiché i T linfociti cooperano con i linfociti B nella risposta anticorpale
predispongono anche ad infezioni da germi extracellulari (quindi ID combinate e se il difetto è
molto grave ID combinata grave,SCID) (Tab. 3)
3) ID da difetti del complemento (Tab. 4), molto rare
4) ID da difetti dei fagociti (Tab. 5) con frequenti e gravi infezioni batteriche e fungine.
Abbiamo, poi, un quinto gruppo quale le ID associate a sindromi (Tab.6), cioè malattie in cui
oltre al sistema immune sono coinvolti anche altri organi.
Immunodeficienza
Frequenza
Ereditarietà
Deficit selettivo di IgA
1:500
XR
Agamaglobulinemia XR (M.di Bruton)
1:100.000
XR
Immunodeficienza Comune Variabile (CVID)
Frequente
Ipogammaglobulinemia XR con deficit di GH
Rara
Deficit sottoclassi di IgG
Frequente
Deficit anticorpale in normogammaglobulinemia
Rara
Delezione dei geni per le catene pesanti
Molto rara
Ipogammaglobulinemia transitoria del lattante
Frequente
Immunodeficienza con Iper-IgM
Rara
XR/?
XR
XR/AR
Tab.2: Immunodeficienze Umorali, (WHO, 1997, modificata)
Immunodeficienza
Deficit di ADA
Frequenza
Ereditarietà
Frequente
AR
Deficit di NP
Rara
AR
Disgenesia Reticolare
Rara
AR
Frequente
AR
Molto Frequente
AR (25%)
SCID con assenza di T e B linfociti
SCID con B linfociti
XR (75%)
Sindrome di Omenn
Rara
AR
Deficit di CD7
Rara
AR
Deficit di Transduzione del Segnale
Rara
AR
Decit molecole HLA Classe II
Rara
AR
Deficit di espressione del CD3
Rara
AR
Tab.3: Immunodeficienze Combinate, (WHO, 1997, modificata)
Immunodeficienza
Deficit di C1q
Frequenza
Ereditarietà
40 casi
Deficit di C1 INH
1:150.000
Deficit di C2
1:10.000
Deficit di C1r
12 casi
AD
Deficit di C4
Deficit di Properdina
Deficit di Fattore D
Deficit di C3
Rara
20 casi
Deficit di Fattore I
Deficit di Fattore H
Tab. 4: Difetti del Complemento, (WHO, 1997, modificata)
AR
Immunodeficienza
Frequenza
Ereditarietà
Sindrome di Shwachman
Rara
AR
Sindrome di Kostman
Rara
AR
Neutropenia ciclica
Rara
Mielocatessi
Rara
Neutropenia benigna
Frequente
LAD tipo 1,2
Rara
AR
Chediak Higashi
Rara
AR
Deficit granuli specifici
Molto Rara
AR
Malattia Granulomatosa Cronica
1: 100.000
AR
1:250.000
Deficit di Mieloperossidasi
Deficit di G6PD
1:2000-4000
XR
Rara
AR
Deficit di recettore per l’IFN-y
Tab. 5: Difetti dei Fagociti, (WHO, 1997, modificata)
Ereditarietà
La maggior parte delle immunodeficienze primitive è su base genetica: possiamo avere casi
sporadici oppure il difetto genetico (quindi la malattia) può venire ereditato con modalità
autosomica dominante, recessiva o X-linked recessiva.
L’ereditarietà delle principali immunodeficienze è indicata nelle tabelle.
Immunodeficienza
Frequenza
Ereditarietà
Atassia-Teleangectasia
1:100.000
AR
Sindrome di Di George
1:20.000
AD
1:70.000
Sindrome di Wiskott Aldrich
Sindrome con Iper-IgE o S. Di Giobbe
Candidasi Mucocutanea Cronica
4:1.000.000
XR
1:100.000
AD
Rara
AD/AR/?
Tab.6: Immunodeficienze Associate a Sindromi, (WHO, 1997, modificata)
Clinica
I soggetti con immunodeficienza presentano soprattutto infezioni ricorrenti ma possono presentare
anche sintomi associati ad altre malattie quali quelle autoimmuni o reumatiche, le malattie
intestinali o ematologiche.
Le infezioni ricorrenti colpiscono soprattutto il polmone (bronchiti e polmoniti), i seni paranasali
(sinusiti) e l’orecchio (otiti), ma a volte l’infezione si diffonde per via ematica portando alla
setticemia o può coinvolgere il sistema nervoso determinando quadri di meningiti o
meningoencefaliti (Fig. 1).
10 CAMPANELLI D’ALLARME
Otto o più infezioni
nel corso di un anno
Due o più gravi
infezioni ai seni
nasali in un anno
Ascessi ricorrenti e profondi
alla cute o agli organi
Afte persistenti nella bocca o
in altre parti del corpo dopo il
primo anno di età
Due o più mesi di
trattamento antibiotico
con scarsi risultati
Necessità di ricorrere agli
antibiotici per via endovenosa
per combattere le infezioni
Due o più polmoniti
in un anno
Due o più infezioni profonde
come: meningite, ostiomielite,
sepsi.
Il bambino non riesce
ad aumentare di peso
o a crescere normalmente
Presenza nella stessa famiglia
di casi di immunodeficienza
primitiva
Nella maggior parte dei pazienti ogni episodio infettivo ha un decorso del tutto simile a quello dei
soggetti immunologicamente normali con risposta alla terapia antibiotica e successiva guarigione.
Tuttavia, talvolta, si ha solo una risposta parziale all’antibioticoterapia o è necessario ricorrere a più
cicli di trattamento. Alcuni elementi possono comunque aiutarci nell’inquadramento diagnostico:
innanzitutto le infezioni tendono a susseguirsi con frequenza e a divenire croniche, in secondo
luogo tendono a coinvolgere contemporaneamente differenti organi e a ripetersi in sedi diverse. A
lungo andare queste infezioni possono causare danni irreparabili come le bronchiectasie nei
polmoni o lesioni croniche come la poliposi dei seni paranasali. In alcuni casi le infezioni sono
particolarmente gravi, oppure si sviluppano complicanze inattese o ancora si isolano germi
opportunisti, abitualmente innocui, molto diffusi nell’ambiente, che generalmente non causano
infezioni nei soggetti immunocompetenti. La gravità dell’infezione o l’isolamento di germi inusuali
sono i principali “campanelli di allarme” che devono far sospettare un’immunodeficienza.
Quando ad esempio un bambino sviluppa una broncopolmonite da Pneumocystis carinii, anche se si
tratta della prima o dell’unica infezione verificatasi fino a quel momento, l’immunodeficienza va
sempre sospettata. L’identificazione del germe che causa l’infezione e la sede della infezione non si
limitano a suggerire la condizione di immunodeficienza, ma danno informazioni anche sulla natura
del possibile difetto immunologico sotteso: i soggetti che hanno un difetto dei B linfociti vanno
maggiormente incontro ad infezioni batteriche da Pneumococco o Haemophylus influenzae ed a
infezioni virali; i soggetti con difetto prevalente dei T linfociti presentano soprattutto infezioni da
Pneumocystis c.,virus e funghi; i pazienti con difetto dei fattori del complemento presentano
infezioni da Meningococco o da altre Neisseriae, mentre nei difetti dei fagociti, le infezioni sono
causate soprattutto da batteri come lo Stafilococco e colpiscono tipicamente pelle e linfonodi. Nei
pazienti con IDP sono molto frequenti malattie autoimmuni o reumatiche, in quanto essendo il
sistema immunitario difettoso può venire a mancare anche la capacità di distinguere tra l’ambiente
aggressivo (non self) e le strutture proprie (self) con produzione di autoanticorpi che possono essere
diretti contro diverse strutture quali i globuli rossi e si sviluppano le anemie emolitiche, contro le
piastrine dando piastrinopenie autoimmuni, contro i vasi sanguigni come nelle vasculiti, contro le
articolazioni o contro molti organi contemporaneamente (ad es. artrite reumatoide, lupus
eritematoso
sistemico,
dermatomiosite).
Queste
malattie
compaiono
solo
in
alcune
immunodeficienze: ad esempio sono particolarmente frequenti nel deficit selettivo di IgA, nella
immunodeficienza comune variabile e nei difetti del complemento, mentre sono rarissime nella
agammaglobulinemia X-recessiva. La diarrea cronica e il malassorbimento sono sintomi tipici del
lattante o del piccolo bambino con immunodeficienza. Il bambino con immunodeficienza ha poi
alcuni sintomi tipici dovuti alle alterazioni delle cellule del sangue: l’anemia, il basso numero di
globuli bianchi o di piastrine sono molto frequenti. In alcuni casi il segno è tipico di quella
particolare immunodeficienza, come le anormalità delle piastrine, patologicamente piccole e scarse
di numero che sono caratteristiche della sindrome di WiskottAldrich; in altri casi invece, il sintomo
è conseguenza diretta della concomitante malattia autoimmune, che, come abbiamo visto, può
facilmente colpire i globuli rossi o le piastrine. Questi sintomi si osservano di frequente nei pazienti
con ipogammaglobulinemia comune variabile, deficit selettivo di IgA o immunodeficienza con Iper
IgM.
Diagnosi
Nel sospetto clinico di immunodeficienza è fondamentale eseguire esami di I livello quali:
emocromo, dosaggio delle immunoglobuline e conta delle sottopopolazioni linfocitarie. Sulla base
dei risultati di tali indagini si può procedere ad esami di "secondo livello", come lo studio della
risposta linfocitaria ai mitogeni e la misurazione dei loro “messaggeri” quali le citochine, necessari
per definire con precisione il difetto dei T linfociti; lo studio della capacità dei globuli bianchi di
fagocitare e uccidere i germi (NBT test); la valutazione dell’attività emolitica totale del siero
(CH5O), per evidenziare i deficit congeniti di fattori del complemento; il dosaggio nei globuli rossi
della concentrazione di adenosin deaminasi (ADA) e di purina nucleoside fosforilasi (PNP) per
confermare la diagnosi di SCID da deficit di ADA o di PNP. Ancora cariogramma, biopsia del
linfonodo e biopsia ossea sono utili per definire meglio l’immunodeficienza. Infine, sono necessari
gli accertamenti di genetica molecolare che devono essere sempre programmati in centri altamente
specializzati.
Terapia
L’obiettivo della terapia per le immunodeficienze, come per ogni altra malattia, è ovviamente
quello di guarire. Trattandosi di malattie genetiche, l’obiettivo probabilmente si potrà raggiungere
con la terapia genica, con la sostituzione cioè del gene carente o difettivo con un gene sano. In
effetti una immunodeficienza, la SCID con deficit di ADA, è stata curata con la terapia genica con
buoni risultati. L’alternativa è di sostituire non il gene, bensì tutte le cellule difettive: questo si
ottiene con il trapianto di midollo osseo (TMO), che consiste nella sostituzione delle cellule
mancanti o alterate con cellule sane ottenute da un donatore volontario.
Quando l’immunodeficienza è causata da difetti del prodotto genico (ad esempio le
irnmunoglobuline), il trattamento più razionale prevede la sostituzione del prodotto mancante e
quindi con l’infusione per via endovenosa di immunoglobuline a dosaggio appropriato (400
mg/kg/21 gg). Lo stesso vale per l’impiego di fattori di crescita per i granulociti neutrofili in alcuni
casi di granulocitopenia, il trattamento con alcune citochine (IL-2, IFN-gamma) per alcuni difetti
dei T linfociti o dei fagociti. L’altro cardine su cui si basa la terapia delle immunodeficienze è la
protezione dalle infezioni: comprende un ampio spettro di misure che vanno dalla sterilità
dell’ambiente, (ovvero la creazione di un ambiente completamente privo di germi, quale quello che
si attua nei letti a flusso laminare sterile) all’uso di banali misure di profilassi ambientale (evitare il
contatto con persone ammalate, soprattutto di malattie contagiose) e di schemi di antibioticoprofilassi o -terapia, tuttora di importanza cruciale. La terapia antibiotica va iniziata subito al primo
insorgere dei segni di infezione. Gli antibiotici infine vengono utilizzati in schemi di profilassi per
evitare le infezioni più gravi. Infine va ricordata la fisiokinesiterapia (FKT), di enorme utilità per il
polmone in quanto rimuove meccanicamente il catarro e il muco con l’utilizzo di banali manovre ed
evita così che i germi lo possano infettare e causare polmoniti. Infine, ogni immunodeficienza può,
come si è visto, avere complicanze diverse, infiammatorie, autoimmuni o allergiche (come nel
deficit selettivo di IgA): ogni circostanza andrà trattata separatamente e singolarmente.
Bibliografia
1. Stiehm RE. The four most common pediatric immunodeficiencies. Adv Exp Med Biol 2007;601:1526.
2. Stiehm ER, Ochs HD, Winkelstein JA. Immunodeficiency disorders: general considerations in
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3. Bonilla FA, Bernstein L, Khan DA, Ballas ZK, Chinen J, Frank MM, et al. Practice parameter for
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Primitive.2007
5. The immune deficiency Foundation and american academy of Allergy. Asthma and Immunology
Immunologist Survey Regarding IVIG treatment. Towson, MD: Immune Deficiency foundation;
April 11, 2007.
Immunodeficienze Umorali
Gallizzi R, Cuppari C, Salpietro A, Vicchio P, Loddo I, Ferraù V, Salpietro DC
Deficit Selettivo di IgA
Il deficit selettivo di IgA (IGAD) è una forma primitiva o congenita di Immunodeficienza ed è il
difetto anticorpale primitivo più frequente manifestandosi con una frequenza di circa 1:400500 persone. Il deficit di IgA si presenta generalmente in forma sporadica, tuttavia sono stati
descritti casi familiari (20-25% dei casi) ad ereditarietà autosomica recessiva o dominante a bassa
penetranza; questa condizione può inoltre manifestarsi in figli e parenti di pazienti affetti da
ipogammaglobulinemia comune variabile (CVID). Alcuni studi hanno suggerito un’origine
multifattoriale che coinvolgerebbe sia fattori solubili che loci specifici di suscettibilità. In
particolare, è stata descritta un’aumentata frequenza di alcuni alleli HLA di classe I e II (A1, A28,
B8, B13, B40, CW6, DR1, DR3, DR7, DQW1). La suscettibilità CVID/IgAD sembra essere
correlata alla mutazione del gene IGAD1, verosimilmente localizzato nella parte telomerica della
regione di classe II o nella parte centromerica della regione di classe III dello MHC.
L’IGAD può anche presentarsi in seguito a terapia con fenitoina ed in individui con alterazioni a
carico del cromosoma 18. I pazienti con deficit di IgA presentano l’assenza o la marcata riduzione
(< 5 mg/dl) delle IgA sieriche, con livelli normali delle altre Ig e immunità cellulare integra. Alcuni
pazienti con deficit di IgA presentano un deficit associato della sottoclasse IgG2. La maggior parte
dei pazienti è asintomatica e il difetto viene scoperto casualmente. Altri presentano infezioni
respiratorie ricorrenti, diarrea cronica o allergie. Nei pazienti affetti l'incidenza delle malattie
autoimmuni è aumentata. I pazienti con deficit di IgA non hanno IgA nelle loro secrezioni, ma
possono compensare con la secrezione di altre Ig. Questi pazienti possono sviluppare anticorpi antiIgA in conseguenza dell'esposizione alle IgA contenute nei preparati di plasma o di Ig; questi
anticorpi possono provocare reazioni anafilattiche in occasione di somministrazioni successive di Ig
o di sangue. Ad oggi non è disponibile una terapia specifica sostitutiva per questo deficit. Tuttavia è
fondamentale la profilassi antibiotica nei soggetti con infezioni respiratorie persistenti. Inoltre è
raccomandabile che i pazienti abbiano indosso un braccialetto con una targhetta informativa in
modo da prevenire la somministrazione involontaria di plasma o di Ig con conseguente
sensibilizzazione o reazione. Le iniezioni di Ig o le infusioni di Ig e.v. sono in genere
controindicate, anche se ad alcuni pazienti con deficit di IgA associato a deficit di sottoclassi delle
IgG sono state somministrate Ig con buoni risultati. Alcuni pazienti affetti da deficit di IgA vanno
incontro a remissione spontanea.
Agamaglobulinemia X-recessiva o Malattia di Bruton
La
malattia
di
Bruton
o
Agammaglobulinemia
X-recesssiva
(XLA
o
X-Linked
Agammaglobulinemia), è un’immunodeficienza ereditaria, X-linked, caratterizzata dall’incapacità
dei soggetti affetti di produrre immunoglobuline e quindi anticorpi. È dovuta a mutazioni nel gene,
localizzato sul cromosoma X (Xq21.3-q22) che codifica per la tirosinchinasi di Bruton (BTK), ed è
caratterizzata da un difetto di maturazione dei linfociti B. Nel 18% dei casi non familiari, si è vista
tuttavia una trasmissione non legata al sesso ma autosomica recessiva (Agammaglobulinemia nonBruton type o Agammaglobulinemia 1, AGM1) dovuta a mutazione del gene IGHM (mu heavychain gene) che mappa sul braccio lungo del cromosoma 14 (14q32.33); questo tipo di disordine
recessivo è fenotipicamente identico alla forma X-linked.
Ha una prevalenza di 1 caso ogni 200.000 nati.
I pazienti affetti da XLA presentano un’aumentata suscettibilità alle infezioni batteriche soprattutto
da pneumococchi, stafilococchi e Haemophilus influenzae, che compaiono dopo il primo anno o nel
corso del secondo anno di vita, quando sono stati completamente eliminati gli anticorpi acquisiti
passivamente dalla madre durante la gravidanza. Le infezioni batteriche in questi pazienti hanno
spesso un decorso grave, ma rispondono alla somministrazione di antibiotici, anche se di solito
recidivano dopo pochi giorni o settimane dalla sospensione della terapia. Le infezioni più frequenti
all’esordio della malattia sono quelle respiratorie (riniti, otiti, bronchiti e broncopolmoniti), le sepsi
(infezioni generalizzate di tutto l’organismo), le piodermiti (infezioni cutanee), le osteomieliti e le
artriti (infezioni dell’osso e delle articolazioni soprattutto del ginocchio e della caviglia). I pazienti
affetti possono anche presentare, anche se con minore frequenza, meningoencefaliti. L’XLA può
esordire anche con i sintomi di una poliomielite paralitica dopo somministrazione del vaccino
antipolio attenuato (Sabin).
La diagnosi di XLA si pone in presenza di pazienti maschi, essendo la malattia X-linked, con una
storia di infezioni ricorrenti sin dai primi anni di vita e con bassi livelli di immunoglobuline
sieriche, assenza dei linfociti B circolanti e presenza di una storia familiare positiva (cioè, presenza
di maschi affetti in altre generazioni). L’identificazione del gene malattia e l’indagine genetica per
l’identificazione di mutazione del gene BTK consente attualmente di porre diagnosi certa anche nei
casi con storia familiare negativa. Il trattamento di questi pazienti consiste nella somministrazione
di immunoglobuline per via endovenosa, ogni 21 giorni circa al dosaggio di 400 mg/kg. Dal 2006,
in seguitoall’approvazione dalla Food and Drug Administration, i pazienti con questo deficit
immunologico possono effettuare la terapia con immunoglobuline per via sottocutanea. Con la
somministrazione di Ig sottocute vi è la medesima efficacia della terapia effettuata per via
endovenosa e si migliora notevolmente la qualità di vita del paziente.
AGAMMAGLOBULINEMIA
Casi familiari
Casi sporadici
Analisi Btk
+
100%
Analisi Btk

+
0
82%
FORMA
LEGATA AL SESSO
Protocollo AIEOP
Novembre 2000

18%
FORMA NON LEGATA AL SESSO
AGAMMAGLOBULINEMIA, NON-BRUTON TYPE
AR, locus 14q32.33
Immunodeficienza Comune Variabile
La malattia è caratterizzata da ipogammaglobulinemia che interessa tutti gli istotipi, con una
gravità che varia da malato a malato e nel tempo. Il suo meccanismo genetico è complesso.
Colpisce in uguale misura entrambi i sessi. La prevalenza è compresa tra 1/10.000 e 1/20.000. I
sintomi esordiscono il più delle volte nella seconda o terza decade. La malattia espone i pazienti alle
infezioni batteriche recidivanti respiratorie e, talvolta, gastroenteriche, conseguenti ad una marcata
riduzione dei livelli anticorpali, nonché alle manifestazioni granulomatose e autoimmuni. Il
carattere distintivo tra l'immunodeficienza comune variabile e l'agammaglobulinemia legata al
cromosoma X è costituito dalla presenza di un numero normale di cellule B. L'immunità cellulare è
solitamente integra, ma in alcuni pazienti può essere compromessa; in altri, sono descritte
alterazioni immunoregolatorie a carico delle cellule T. In questi pazienti e nei loro familiari sono
comuni i disordini autoimmunitari, compresi il morbo di Addison, la tiroidite e l'AR. Talvolta sono
presenti diarrea, malassorbimento e iperplasia linfoide nodulare del tratto GI. Spesso si sviluppano
bronchiettasie. Carcinomi e linfomi si manifestano nel 10% dei pazienti. I meccanismi
immunologici sono diversi; p. es. un'eccessiva attività T suppressor, una scarsa attività T helper,
difetti intrinseci della funzione delle cellule B e la presenza di autoanticorpi diretti contro le
cellule B o T. Come avviene nella agammaglobulinemia legata al cromosoma X, è indispensabile la
terapia con IG per tutta la vita e devono essere impiegati gli antibiotici per trattare ogni episodio
infettivo.
Ipogammaglobulinemia Transitoria dell’Infanzia (THI)
È un’immunodeficienza caratterizzata da un ritardo nel normale processo di sintesi delle IgG,
eventualmente associato ad un difetto degli altri isotipi, che generalmente esordisce dopo il primo
semestre di vita, quando il lattante perde gli anticorpi materni acquisiti per via transplacentare
durante
le
ultime
settimane
di
gestazione.
Tale
condizione
deve
essere
distinta
dall’ipogammaglobulinemia fisiologica dell’infanzia, che descrive il fisiologico processo di
riduzione delle IgG, conseguente alla perdita degli anticorpi materni, che si realizza nei nati a
termine tra il terzo ed il sesto mese di vita, seguita poi da un progressivo incremento della
produzione anticorpale autoctona, fino al raggiungimento di livelli di IgG analoghi a quelli
dell’adulto, intorno ai cinque anni di età. Diversamente, nei bambini con sospetta THI, i livelli di
IgG non aumentano come ci si aspetterebbe e rimangono bassi per l’età, normalizzandosi solo
successivamente entro i 24-48 mesi di vita. La diagnosi di Ipogammaglobulinemia viene quindi
confermata solo a posteriori come “transitoria”, per il successivo normalizzarsi dei valori delle
immunoglobuline. La prevalenza di questo disordine immunologico attualmente non è ben definita.
Alcuni Autori ritengono che l’incidenza della THI sia pari a quella del Difetto Selettivo di IgA (I:
1/600-1/700), per altri la THI rappresenta meno del 5% delle immunodeficienze primitive
diagnosticate presso i centri specialistici di bambini con diagnosi definitiva di THI. La
normalizzazione dei valori di IgG avviene generalmente entro i 24 mesi di vita. D’altro canto, i
pazienti con Ipogammaglobulinemia persistente oltre i 24 mesi di età mostrano caratteristiche
cliniche e di laboratorio analoghe ai pazienti con ICV, quali una maggiore incidenza di infezioni
gravi e malattie autoimmuni, una ridotta percentuale di sottopopolazioni di cellule B della memoria,
IgM e switched, ed una ridotta funzionalità anticorpale. I pazienti con diagnosi iniziale di THI
possono progredire verso il Difetto Selettivo di IgA o l’Immunodeficienza Comune Variabile,
pertanto necessitano di un attento follow up nel tempo.
Bibliografia
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Pietrogrande, A. Plebani. L’Ipogammaglobulinemia Transitoria dell’Infanzia (THI) Rivista di
Immunologia e Allergologia Pediatrica • 01/2009 • 13-18
Immunodeficienze Combinate
Gallizzi R, Calabrò G, Salpietro A, Talenti A, Loddo I, Ferraù V, Salpietro DC
Immunodeficienze Combinate Gravi (SCID)
Le SCID comprendono un gruppo eterogeneo di disordini immunologici della funzione dei linfociti
T e dei linfociti B.
L’ incidenza è all’ incirca di 1:50000 con una frevalenza dei maschi.
le SCID possono essere classificate in vario modo: a seconda del tipo di trasmissione ereditaria in
X-L (X-linked o legate al sesso), autosomica recessiva (AR) o autosomica dominante AD; a
seconda dei tipi cellulari assenti in SCID T-B+ o SCID T-B- in cui, rispettivamente i linfociti B
sono presenti o assenti.
Sono difetti monogenici, ognuno dei quali è causato dalla carenza totale o parziale di una fra le
tante molecole che intervengono nella traduzione del segnale da recettori di membrana all’ambiente
intracellulare. Fra le più note sono la X-SCID o SCID-XL, trasmessa come carattere legato al sesso;
la SCID dadeficit di Jak3 e quelle da deficit di ZAP-70; da deficit di Adenosina Deaminasi e PurinNucleoside Fosforilasi, la sindrome di Wiskott-Aldrich.
I pazienti con SCID presentano, gia’ nei primi mesi di vita, un’ aumentata predisposizione alle
infezioni batteriche, virali e fungine. Spesso l’ esordio della malattia è caratterizzato da diarrea
intrattabile, associata a scarsa crescita e infezioni polmonari . I germi chimati in causa sono:
Pneumocistys carinii, Aspergillus fumigatus Citomegaloviru, virus respiratorio sinciziale,
adenovirus , virus parainfluenzali, varicella zoster, herpes simplex che portano ad infezioni
devastanti e fatali.
La candidosi orale o mucocutanea è una manifestazione abbastanza precoce.
Anche i vaccini con organismi attenuati, come antipolio orale o il Bacillo di Calmette e Guerin
(BCG) possono causare infezioni gravi o addirittura fatali, per cui è chiaro che l’immunizzazione
con vaccini vivi o attenutati deve essere evitata nei bimbi a rischio di SCID
Diagnosi di laboratorio
L’anomalia peculiare della SCID è la linfocitopenia, che non è però costante. Con la citometria a
flusso è possibile evidenziare l’assenza o la notevole riduzione dei linfocitiCD3+ totali e delle
sosttopopolazioni CD4+ e CD8+ e anche dei linfociti CD 19. I test d stimolazione in vitro dei T
linfociti con mitogeni aspecifici tipo fitoemoagglutinina o concanavalina sono sempre negativi, e
ridotta può risultare la stimolazione dei B linfociti. Anche la risposta ai mitogeni specifici dei T
linfociti, come antigeni della Candida, il tossoide tetanico, o la risposta alle cellule allogeniche sono
ridotte o assenti, essendo il corrispondente in vitro dell’anergiacutanea ai test di ipersensibilità
ritardata con antigeni comuni.
L’ipogammaglobulinemia è frequente, con una grave compromissione delle risposte anticorpali
specifiche. Ci può essere leucocitosi in caso di infezioni gravi, anche se la conta del leucociti può
essere normale.
Le piastrine sono alterate con dimensioni inferiori alla norma nella Wiskott-Aldrich.
La terapia di scelta è rappresentata dall’ utilizzo di antibiotici, antivirali ed immunoglobuline per la
profilassi e la terapia delle infezioni, anche se solo il trapianto di midollo e la terapia genica
possono considerarsi un tentativo di terapia efficace.
Fig 1. Processo di maturazione dei linfociti B e T e delle cellule dendritiche; sono indicate anche le
molecole ed il rispettivo livello di blocco di maturazione causa di SCID (Fischer, A. 2001. Primary
immunodeficiency diseases: an experimental model formolecular medicine. Lancet)
Deficit di Adenosina deaminasi (ADA)
Il deficit di Adenosina deaminasi (ADA) è un disordine del metabolismo purinico, caratterizzato da
un accumulo dei substrati metabolici che comporta anomalie di sviluppo del sistema immune.
Rappresenta il 10/15 % delle SCID.
L’ADA-SCID è una malattia autosomica recessiva
caratterizzata da linfopenia, gravi difetti nell’immunità umorale e cellulare, infezioni ricorrenti
spesso fatali, e disordini a carico di vari organi.
La diagnosi può essere posta dosando l'attività dell'ADA eritrocitaria. I possibili protocolli
terapeutici prevedono il trapianto di midollo osseo e il trattamento sostitutivo enzimatico con
politilenglicole. Svariati tentativi di terapia genica sono stati condotti con successo.
SCIDX1
Rappresenta circa il 40% delle SCId ed è causato da mutazione del recettore dell’ IL-2. Questi
pazienti hanno un deficit deli linfociti T e del NK con un normale numero di linfociti B circolanti.
Disgenesia reticolare
È una rara forma di SCID caratterizzata da mutazione del gene dell’ adenilato chinasi 2 che provoca
un incremento dell’apoptosi dei precursori meloidi e linfoidi.
Deficit di Jak3
Jak3 è una tirosinchinasi necessaria per la trasmissione del segnale da parte dei recettori che
utilizzano la catena cg e per lo sviluppo dei linfociti T . Il deficit di jak3 è una forma di SCID B+ a
trasmissione autosomico recessiva.
Sindrome di Omenn
La sindrome di Omenn è una immunodeficienza grave, autosomica recessiva, che appartiene al
gruppo delle SCID (Severe combined immunodeficiencies), un insieme di patologie che hanno in
comune un difettoso funzionamento dei linfociti B e T. Si caratterizza per l’alterata maturazione e
selezione dei linfociti T e per l’assenza dei linfociti B. È dovuta a mutazioni dei geni RAG1 e
RAG2, coinvolti nella maturazione linfocitica. L'età media di esordio dei sintomi è di 4 settimane.
Le principali manifestazioni cliniche sono: rash eritematoso/eritrodermia (Fig.1) (98%),
epatosplenomegalia (88%), linfoadenopatia (80%), infezioni ricorrenti (72%), alopecia (57%),
eosinofilia (55%), linfopenia (o linfocitosi con anomale sottopopolazioni), aumento delle IgE
sieriche (91%), ipogammaglobulinemia.
I cardini del trattamento prevedono: isolamento in ambiente sterile, terapia sostitutiva con
immunoglobuline in vena, profilassi antibiotica e antimicotica, terapia immunosoppressiva con
steroide e con ciclosporina. Tutto questo in attesa del trapianto di midollo che rimane l'unica terapia
risolutiva.
Fig 1. Eritrodermia in pz con S. di Omenn
Fig 2. 11p13
Immunodeficienze associate a sindromi
Gallizzi R, Cuppari C, Calabrò GE, Salpietro A, Loddo I, Ferraù V, Salpietro DC
Sindrome di Di George o da delezione del cromosoma 22
La S. di DiGeorge o delezione 22q11.2 (Tab. 7) è la più frequente microdelezione cromosomica
nell’uomo. La prevalenza è stimata in un caso ogni 4000-5000 nati vivi. La sindrome è
clinicamente estremamente eterogenea, con variabilità intra ed interfamiliare; nella forma classica si
presenta con tetania ipocalcemica neonatale, immunodeficienza a prevalente componente
dell’immunità cellulare, cardiopatie congenite (in particolare difetti di tipo troncoconale), aplasia
timica e dismorfie facciali. Tale fenotipo, nel tempo, è stato esteso anche a pazienti che
presentavano solo alcuni dei sintomi classici. Le cardiopatie congenite sono presenti nel 75% dei
soggetti affetti e rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità e sono spesso il sintomo
d’esordio nel periodo neonatale. Le classiche cardiopatie che si riscontrano in questi pazienti sono
difetti troncoconali: tetralogia di Fallot (17%), interruzione dell’arco aortico tipo B (14%), difetti
del setto ventricolare (14%) ecc. L’ipocalcemia neonatale, causata dall’ipoparatiroidismo, è
presente nel 60-70% dei casi. Nella maggior parte dei casi l’ipocalcemia è transitoria e viene
corretta tramite una aumentata introduzione di calcio con la dieta o da ipertrofia paratiroidea
compensatoria.
Sporadicamente è stato evidenziato ipotiroidismo, probabilmente dovuto al fatto che il gene TbX1
ha un ruolo centrale nel determinare il volume e la posizione della tiroide. È giustificato eseguire a
tutti i pazienti uno screening tiroideo con il dosaggio degli ormoni tiroidei. La voce nasale e
disturbi di alimentazione possono essere causati da insufficienza della valvola velo-faringea che
costituisce l’anomalia più comune tra quelle otorinolaringoiatriche(presenti nel 49% dei pazienti). I
problemi gastrointestinali si verificano principalmente nel primo anno di vita, caratterizzati da
scarso accrescimento ponderale per difficoltà nell’alimentazione. Sono frequenti il reflusso
gastroesofageo, esofagiti e costipazione cronica. Le frequenti infezioni presentate dal bambino sono
un tipico segno della sindrome. Il difetto immunologico riguarda i linfociti T circolanti, è causato
dall’ipoplasia o aplasia timica, ed è di variabile gravità. Lo spettro di presentazione va da un difetto
immunologico parziale (pSDG), a completo (CSDG), molto più raro (0,5%-1%); quest’ultimo si
presenta come un’immunodeficienza grave combinata, caratterizzata da linfopenia marcata,
riduzione o totale assenza dei linfociti T per difettiva produzione delle cellule T da parte del timo, i
linfociti B sono in genere presenti.
Tab. 7: Caratteristiche cliniche della S. di Di George
Il difetto immunologico nei PSDG è in genere modesto e transitorio e tende a normalizzarsi nel
tempo. Tra questi due estremi ci sono forme a difetto immunologico variabile che costituiscono un
continuum tra i due estremi. La piastrinopenia può far parte del quadro clinico. È osservabile nel
10% dei casi. Rispetto
alla popolazione normale si riscontrano più frequentemente anche altre patologie autoimmuni quali:
la porpora idiopatica trombocitopenica, l’artrite reumatoide giovanile di tipo poliarticolare ad
esordio precoce ecc. I bambini con sindrome da delezione 22q11 presentano spesso un ritardo nelle
acquisizioni motorie. Sono frequenti un ritardo nell’inizio del linguaggio, difetti della fonazione e
voce nasale correlata alle anomalie del palato, difficoltà del linguaggio espressivo o della
comprensione. La prevalenza delle difficoltà di apprendimento è tra l’80 e il 100% dei casi. I
disturbi comportamentali più frequenti sono il deficit d’attenzione con iperattività, instabilità
emotiva, ansia, e vi è inoltre un’aumentata incidenza di malattie psichiatriche (10-30%). In circa il
30% dei casi sono presenti anomalie renali. Nel 20% dei pazienti sono state riportate anomalie
scheletriche e anomalie oculari. La diagnosi clinica viene confermata con l’indagine genetica FISH
che identifica la microdelezione patologica.
Sindrome di Wiskott-Aldrich
È una immunodeficienza congenita ereditaria legata al cromosoma X, recessiva, e viene perciò
trasmessa dalla madre ai figli maschi. Il gene-malattia è localizzato sul braccio corto del
cromosoma X ed è stato chiamato WASP (Wiskott Aldrich Syndrome Protein). E’ una
“immunodefi cienza combinata”, poiché il deficit immunitario colpisce il sistema di entrambi i
linfociti B e T. Colpisce circa un neonato ogni 250.000 maschi. Comprende una serie di problemi
clinici importanti tra cui: frequenti infezioni, a causa dei deficit nei linfociti T e B, emorragie,
causate da una carenza di piastrine nel sangue, eczema. Il deficit immunitario, pur interessando sia i
linfociti B che T, è parziale, a differenza di quanto avviene nelle SCID. In particolare, i pazienti
WAS sono capaci di produrre anticorpi contro certi microrganismi (come il tetano) ma sono
incapaci di produrne contro altri germi, come l’Hemophilus influenzae o lo pneumococco. A causa
di questo difetto, le infezioni con questi tipi di batteri non possono essere sconfitte normalmente; i
pazienti WAS sviluppano quindi frequenti e/o ricorrenti infezioni alle orecchie (otiti), ai polmoni
(polmoniti) o perfino meningiti. Il numero dei linfociti T è normale alla nascita, ma diminuisce
progressivamente nel tempo. Inoltre, i linfociti T presentano difetti funzionali. A causa di queste
alterazioni, i pazienti WAS possono sviluppare infezioni da germi opportunisti come la candida, lo
Pneumocistis carinii o i virus dell’herpes. Solitamente, nella WAS, le piastrine sono presenti in un
numero marcatamente ridotto (15.000-35.000). A causa di questo numero ridotto di piastrine i
pazienti affetti da WAS possono avere emorragie sulle mucose (cavo orale) o negli organi interni,
sia spontaneamente, sia a seguito di piccoli traumi. Le piastrine, oltre ad essere in numero ridotto,
sono molto più piccole (circa la metà) rispetto a quelle normali. Le dimensioni ridotte delle piastrine
costituiscono, tra l’altro, il miglior test per confermare la diagnosi di WAS in un bambino con
trombocitopenia, in quanto essa è l’unica patologia conosciuta con questa caratteristica. Infine, in
quasi tutti i pazienti con la WAS, è ricorrente l’eczema. Nei neonati e nel lattante può manifestarsi
come “crosta lattea” o con una grave dermatite da pannolino. Nei bimbi più grandi si manifesta
normalmente nelle pieghe della pelle intorno ai gomiti, ai polsi e al collo e dietro le ginocchia. Uno
dei problemi molto comuni nei bambini più grandi e negli adulti affetti da WAS è un’alta incidenza
di sintomi di autoimmunità. I pazienti affetti da WAS, infine, presentano un aumentato rischio di
tumori, soprattutto leucemie e linfomi.
Spesso la WAS non è diagnosticata subito correttamente, essendo confusa con altre più comuni
cause di trombocitopenia. La diagnosi è più facile quando c’è un’evidente storia familiare alle
spalle: poiché è una patologia trasmessa con modalità X recessiva, i pazienti maschi hanno
frequentemente fratelli o zii materni (i fratelli della madre) con la stessa patologia. Il miglior test
per confermare la diagnosi in questi pazienti è un’attenta determinazione della dimensione delle
piastrine. Il numero dei linfociti è spesso normale nei bambini WAS e anche i test di stimolazione
dei linfociti in vitro, utilizzando la fitoemoagglutinina è spesso normale. Invece, i livelli degli
anticorpi diretti contro gli antigeni del gruppo sanguigno (le isoemagglutinine) sono bassi e dopo
vaccinazione contro lo pneumococco o l’hemophilus influenzae, non si ottiene produzione di
anticorpi specifici. Infine, nei pazienti con WAS, è spesso alterata la funzione dei granulociti e dei
monociti. La diagnosi di certezza si ottiene con la ricerca di mutazioni nel gene WASP. Il
trattamento di questi paziente prevede: l’antibioticoterapia per evitare le infezioni ed il trattamento
delle emorragie. La rimozione chirurgica della milza corregge la trombocitopenia in oltre il 90% dei
casi, ma è a sua volta causa di altre complicanze. Il trattamento definito si ha solo con il TMO.
Sindrome con Iper-IgE o S. Di Giobbe
La Sindrome da Iper IgE (HIES) è un’immunodeficienza primaria caratterizzata da manifestazioni
atopiche e suscettibilità alle infezioni, prevalentemente quelle sostenute da batteri extracellulari e
dai miceti. Le manifestazioni atopiche includono livelli esteremamente alti di IgE, eczema ed
eosinofilia. La concentrazione normale delle IgE nel siero è < 100 IU/mL. Nei pazienti con HIES le
IgE sono notevolmente aumentate: più di 2.000 IU/ml. Le manifestazioni non immunologiche
includono una facies caratteristica con asimmetrie, scoliosi, ipelassità articolare e retrazione dentale.
L’eczema atopico della HIES spesso inizia durante il periodo neonatale, prima rispetto alla
dermatite atopica che inizia più tardivamente. Le infezioni soprattutto a carico del polmone e della
cute sono spesso sostenute da batteri extracellulari come lo Stafilococco aureus ma anche S.
Pneumonia, H. influentia.
In base alla modalità di trasmissione e alle caratteristiche cliniche descriviamo due tipi di HIES. La
HIES di tipo 1, a trasmissione autosomica dominante, dovuta a mutazioni del gene STAT 3
(17q21). Rappresenta la forma più comune di HIES. La sintomatologia è caratterizzata da frequenti
infezioni cutanee sostenute da Stafilococco, infezioni polmonari, dermatite atopica e livelli elevati
di IgE. Sono inoltre presenti alterazioni scheletriche, dentali e del tessuto connettivo. La facies è
caratteristica con asimmetrie facciali, bozze prominenti e aumento dell’ ampiezza del naso. La
HIES di tipo 2, autosomica recessiva, è dovuta a mutazioni del gene tyrosine Kinase 2 (TYK2). In
questa forma non sono presenti le alterazioni scheletriche e dentarie e le severe infezioni cutanee
sostenute da Stafilococcus Aureus.
La diagnosi della HIES si basa sui segni clinici precoci (dermatite, infezioni, manifestazioni
allergiche, iperlassità legamentosa, ecc.) e su alcuni esami di laboratorio (aumento notevole delle
IgE > 2500 IU/mL). Grimbacher propose uno score diagnostico che si usa tutt’oggi (Tab.8). In base
a questo sistema si parla di diagnosi probabile per pazienti con score > 15; possibile se lo score è >
di 30, e diagnosi definitiva se questo supera 60. Per quanto concerne la terapia v sottolineato che in
occasione di ogni episodio infettivo bisogna ricorrere alle indagini disponibili per identificare
l’agente patogeno. È necessario ricordare la peculiare predisposizione alle infezioni da stafilococco
e quindi ricorrere agli antibiotici più attivi su tale germe. Vi è inoltre indicazione all’antibiotico
profilassi con cotrimoxazolo. Lo scopo della terapia è la prevenzione e il trattamento delle infezioni
cutanee e polmonari. Gli antibiotici e gli antifungini costituiscono pertanto i primi presidi
terapeutici associati alla terapia topica per l’eczema e al drenaggio degli ascessi. Interferone,
immunoglobuline e ciclosporina hanno riportato benefici in pazienti selezionati ma non sono
generalmente indicati.
Tab.8: Scoring System clinico-laboratoristico per la diagnosi di HIES
Candidasi Mucocutanea Cronica
La Candidiasi Mucocutanea Cronica (CMC) comprende un gruppo di malattie rare con alterata
risposta immunitaria, più specificamente nei confronti della Candida, che sono caratterizzate da
infezioni persistenti e/o ricorrenti della cute, delle unghie (Fig. 2) e delle mucose, soprattutto da
Candida albicans. Il nostro gruppo ha descritto una estesa famiglia italiana, con sintomi ad esordio
nell'infanzia, limitati alle unghie delle mani e dei piedi, associati a bassi livelli sierici di ICAM-1. I
pazienti mostravano distrofia, ipercheratosi, ispessimento e colorazione scura di tutte le unghie delle
mani e dei piedi. Le unghie erano infettate da tipi diversi di Candida, per l'incapacità del sistema
immunitario a rispondere a uno stimolo antigene-specifico contro questo micete. L'albero
genealogico della famiglia suggeriva una trasmissione autosomica dominante a penetranza
incompleta. Il gene-malattia (CANDN1) è stato localizzato sul cromosoma 11p12-q12.1, nella
regione pericentromerica. La diagnosi della malattia si basa sull'analisi microbiologica delle unghie;
l'esclusione di malattie endocrine e autoimmuni concomitanti; il dosaggio dei livelli sierici di
ICAM-1, che sono bassi. I pazienti possono essere trattati con antimicotici per via topica o
sistemica, che sono in grado di produrre una temporanea involuzione delle lesioni, senza
raggiungere la completa remissione. Il farmaco più adatto è l'amfotericina B.
Fig 2. Manifestazioni ungueali in pz con CMC
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