Algebra 1 - Gare Matematiche by Rosanna Tupitti

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Incontri di Matematica: Polinomi, Ricorrenza,
Numeri Complessi
Norberto Gavioli
Ercole Suppa e Rosanna Tupitti
Dipartimento di Ingengeria
Liceo Scientifico A. Einstein
e Scienze dell’Informazione
Teramo
e Matematica
Università dell’Aquila
Progetto Lauree Scientifiche
Teramo – Liceo Scientifico A. Einstein
A.S. 2012 – 2013
Indice
I
Polinomi
2
1 Incontro del 6 novembre 2012
1.1 Notazioni e richiami principali . . . . .
1.2 Valutazione di un polinomio . . . . . .
1.3 Divisione con resto . . . . . . . . . . .
1.4 Polinomi irriducibili . . . . . . . . . .
1.5 Teorema di Ruffini . . . . . . . . . . .
1.6 Principio di identità fra polinomi . . .
1.7 Radici di polinomi a coefficienti interi
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3
3
4
4
5
5
7
8
2 Incontro del 11 dicembre 2012
2.1 Radici e coefficienti di un polinomio
2.2 Polinomio reciproco . . . . . . . . .
2.3 Identità di Newton . . . . . . . . . .
2.4 Radici multiple . . . . . . . . . . . .
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10
10
12
13
18
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3 Problemi sui polinomi
21
3.1 Esercizi proposti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
1
Parte I
Polinomi
2
1
Incontro del 6 novembre
2012
1.1
Notazioni e richiami principali
Utilizzeremo la notazione classica per indicare un polinomio nella variabile x:
p(x) = a0 + a1 x + · · · + an xn
dove a0 , . . . , an è una sequenza (eventualmente vuota) di numeri reali (o complessi) detti coefficienti del polinomio p(x). Quando questa sequenza è vuota il
polinomio in questione è il polinomio nullo.
Un polinomio è identificato completamente dall’insieme dei suoi coefficienti. Per avere una definizione formalmente corretta è preferibile descrivere un
polinomio nella forma
p(x) = a0 + a1 x + · · · + ai xi + · · · =
1
1
X
ai xi
i=0
dove {ai }i=0 è una successione di numeri (reali o complessi), detti coefficienti,
tali che ai 6= 0 per un numero finito di indici i. È una consuetudine omettere i
coefficienti uguali a zero nella descrizione di un polinomio; pertanto se n è il più
grande indice i tale che ai 6= 0 potremo scrivere p(x) = a0 + a1 x + · · · + an xn .
In tal caso l’intero n viene anche detto grado del polinomio. Il polinomio nullo
non ha grado. Il grado del polinomio p(x) viene denotato
con gr(p(x)).
P1
P1
La somma p(x) + q(x) di due polinomi p(x) = i=0 ai xi e q(x) = i=0 bi xi
è un polinomio i cui coefficienti si ottengono sommando indice per indice i
coefficienti di p(x) e q(x):
p(x) + q(x) =
1
X
i=0
3
(ai + bi )xi .
P1
i
Il prodotto p(x)q(x) è anch’esso un polinomio p(x)q(x) =
i=0 ci x dove i
coefficienti ci si ottengono imponendo che venga soddisfatta la legge distributiva
del prodotto rispetto alla somma:
c 0 = a 0 b0 ,
c 1 = a 0 b1 + a 1 b0 ,
c 2 = a 0 b2 + a 1 b1 + a 2 b 0 ,
. . . e più in generale . . .
ci =
i
X
a j bi
j.
j=0
È facile vedere che (laddove il grado sia definito):
gr(p(x) + q(x)) 6 max(gr(p(x)), gr(q(x)))
gr(p(x)q(x)) = gr(p(x)) + gr(q(x))
Definizione 1. Il coefficiente an di un polinomio non nullo p(x) = a0 + a1 x +
· · · + an xn di grado n è detto coefficiente direttore di p(x). Un polinomio è detto
essere monico se il suo coefficiente direttore è uguale a 1.
1.2
Valutazione di un polinomio
Dati un polinomio p(x) = a0 + a1 x + · · · + an xn ed un numero reale (complesso)
↵, la valutazione p(↵) di p(x) in ↵, è il numero reale p(↵) = a0 +a1 ↵+· · ·+an ↵n .
La valutazione del polinomio nullo è sempre uguale a 0, comunque sia scelto il
numero reale ↵.
Dati due polinomi p(x) e q(x), se a(x) = p(x) + q(x) e b(x) = p(x)q(x) allora
si ha chiaramente che a(↵) = p(↵) + q(↵) e che b(↵) = p(↵)q(↵).
Definizione 2. Un numero reale (complesso) ↵ è detto radice del polinomio
p(x) se p(↵) = 0.
1.3
Divisione con resto
Il fatto che si possa eseguire la divisione con resto tra polinomi ha numerose
conseguenze, pertanto richiamiamo questo fatto come enunciato.
Teorema 1. Dati due polinomi a(x) e b(x) 6= 0, allora esistono e sono univocamente determinati due polinomi q(x) e r(x), detti rispettivamente quoziente
e resto della divisione di a(x) per b(x), tali che
1. a(x) = b(x)q(x) + r(x),
2. se r(x) 6= 0 allora gr(r(x)) < gr(b(x)).
4
Nel caso in cui il resto r(x) della divisione sia nullo, e quindi che a(x) sia un
multiplo di b(x), si dice che il polinomio a(x) è divisibile per b(x) oppure che
b(x) è un divisore di a(x).
1.4
Polinomi irriducibili
Un polinomio a coefficienti reali (risp. complessi) di grado maggiore o eguale a
uno è detto essere irriducibile se ammette come divisori esclusivamente polinomi
a coefficienti reali (risp. complessi) di grado 0 o del suo stesso grado.
Teorema 2. Dato un polinomio p(x) = a0 + a1 x + · · · + an xn di grado n > 1
allora esistono e sono univocamente determinati un insieme non vuoto S =
{q1 (x), . . . , qk (x)} di polinomi monici e irriducibili e dei numeri interi positivi
e1 , . . . , ek tali che
p(x) = an · q1 (x)e1 · · · qk (x)ek .
Si osservi che, per motivi di grado, nel precedente teorema k 6 n. Nel
caso in cui k = n allora si ha necessariamente che e1 = e2 = · · · = en = 1
e qi (x) = x ↵i , dove ↵i è un numero reale (complesso), si dice allora che il
polinomio p(x) si spezza completamente sui numeri reali (complessi).
1.5
Teorema di Ruffini
Si supponga di dividere un polinomio p(x) per un polinomio monico di primo
grado b(x) = x ↵ allora il resto r(x) della divisione è un polinomio nullo o
di grado zero: r(x) = r, dove r è un numero reale (complesso). Si ha pertanto
p(x) = (x ↵)q(x) + r. Valutando tale polinomio in ↵ si ottiene
p(↵) = (↵
↵)q(↵) + r = r.
Ne deduciamo che il resto della divisione del polinomio p(x) per x ↵ è sempre
uguale alla valutazione di p(x) in ↵. Pertanto ↵ è una radice del polinomio p(x)
se e solo se il resto della visione di p(x) per x ↵ è il polinomio nullo. Abbiamo
dimostrato il
Teorema (di Ruffini⇤ ). Un polinomio p(x) è divisibile per x
p(↵) = 0.
↵ se e solo se
Esercizio. Mostrare che un polinomio p(x) = a0 + a1 x + · · · + an xn è divisibile
per x 1 se e solo se la somma a0 + a1 + · · · + an dei suoi coefficienti è uguale
a 0.
Soluzione. Da quanto visto sopra il polinomio p(x) è divisibile per x
se p(1) = a0 + a1 + · · · + an = 0.
1 se solo
⇤ Paolo Ruffini (Valentano, 22 settembre 1765 – Modena, 10 maggio 1822), matematico e
filosofo italiano. Il suo nome è legato al Teorema di Abel-Ruffini (probabilmente ideato nel
1803 o 1805) sulla irresolubilità algebrica delle equazioni di grado superiore al quarto.
5
Esercizio. Mostrare che un polinomio p(x) = a0 + a1 x + · · · + an xn è divisibile
per x + 1 se e solo se la somma dei coefficienti dei termini di grado pari eguaglia
la somma dei coefficienti dei termini di grado dispari, o, equivalentemente, se e
solo se la somma a segni alterni dei coefficienti di p(x) è nulla.
Soluzione. Scriviamo p(x) nella forma a0 + a1 x + · · · + a2h x2h , dove 2h = n se n
è pari o 2h 1 = n se n è dispari nel qual caso a2h = 0. Da quanto visto sopra il
polinomio p(x) è divisibile per x+1 se solo se p( 1) = a0 a1 +· · · a2h 1 +a2h =
0, e questo accade se e solo se a1 + a3 + · · · + a2h 1 = a0 + a2 + · · · + a2h .
Esercizio. Mostrare che un polinomio p(x) = a0 + a1 x + · · · + an xn è divisibile
per x2 + 1 se e solo se sono nulle la somma a segni alterni dei coefficienti dei
termini di grado pari e la somma a segni alterni dei coefficienti dei termini di
grado dispari.
Soluzione. Come prima scriviamo p(x) nella forma a0 + a1 x + · · · + a2h x2h , dove
2h è il più piccolo multiplo positivo di h che eccede n e dove poniamo ai = 0 se
i > n. Possiamo allora scrivere
p(x) = x(a1 + a3 x2 + · · · + a2h
1 (x
2 h 1
)
= s(x2 ) · x + t(x2 )
) + (a0 + a2 x2 + · · · + a2h (x2 )h )
dove
s(x) = a1 + a3 x + · · · + a2h
1x
h 1
e
t(x) = a0 + a2 x + · · · + a2h xh .
Per quanto esposto in questo paragrafo, possiamo scrivere
s(x) = (x + 1)u(x) + r1
e
t(x) = (x + 1)v(x) + r2 ,
dove r1 = s( 1) ed r2 = t( 1) sono i resti delle divisioni di s(x) e t(x) per
x + 1. Sostituendo s(x2 ) = (x2 + 1)u(x2 ) + r1 e t(x2 ) = (x2 + 1)v(x2 ) + r2
nell’espressione trovata per p(x) si ha
p(x) = s(x2 ) · x + t(x2 ) = (x2 + 1) u(x2 ) · x + v(x2 ) + r1 x + r2
Dal Teorema 1 ricaviamo che r1 x+r2 è il resto della divisione di p(x) per x2 +1 e
quindi p(x) è divisibile per x2 +1 se e solo se r1 = r2 = 0. Questo equivale a dire
che s(x) e t(x) sono entrambi divisibili per x + 1 e quindi, in base all’esercizio
precedente, che la somma a segni alterni dei loro coefficienti è nulla, che è quanto
volevasi dimostrare.
È possibile dare una soluzione diretta a questo esercizio utilizzando il teorema
di Ruffini e il fatto che x2 + 1 divide p(x) se e solo se p(i) = p( i) = 0, dove i
è l’unità immaginaria.
6
1.6
Principio di identità fra polinomi
Supponiamo ora che p(x) sia un polinomio non nullo che ammetta le n+1 radici
↵1 ,. . . ,↵n+1 tra loro a due a due distinte. Dal Teorema di Ruffini discende
che p(x) = (x ↵1 )p2 (x). Poiché 0 = p(↵2 ) = (↵2 ↵1 )p( ↵2 ) e ↵2 ↵1 6=
0 si deduce che p2 (↵2 ) = 0. Sempre dal Teorema di Ruffini deduciamo che
p2 (x) = (x ↵2 )p3 (x) cosicché p(x) = (x ↵1 )(x ↵2 )p3 (x). Iterando questo
ragionamento si conclude che p(x) = (x ↵1 )(x ↵2 ) · · · (x ↵n+1 )q(x), dove q(x)
è un polinomio non nullo. Confrontando i gradi si ottiene che gr(p(x)) > n + 1.
Abbiamo mostrato che non esiste nessun polinomio non nullo di grado minore o eguale ad n che abbia n + 1 radici distinte, o equivalentemente che un
polinomio di grado minore o eguale a n ha al più n radici a due a due distinte.
In particolare se la di↵erenza d(x) = p(x) q(x) tra due polinomi di grado
minore o eguale a n si annulla in n + 1 valori distinti ↵1 ,. . . ,↵n+1 , allora d(x) è
il polinomio nullo.
Riassumendo otteniamo il principio di identità tra polinomi: due polinomi p(x) e q(x) di grado minore o eguale a n, che assumano lo stesso valore
su n + 1 punti (p(↵i ) = q(↵i ) per i = 1, 2, . . . , n + 1 dove ↵i 6= ↵j per i 6= j),
sono uguali tra loro (identici).
Esercizio. Mostrare che vi è un unico polinomio p(x) di grado 3 il cui grafico
passa per i punti A(0, 3), B(1, 2), C(2, 5) e D(3, 24) del piano cartesiano.
Soluzione. Dobbiamo trovare un polinomio p(x) di terzo grado tale che
p(0) =
3, p(1) =
2, p(2) = 5 e p(3) = 24.
L’unicità è garantita dal principio di identità tra polinomi. Verifichiamo l’esistenza costruendo detto polinomio per “approssimazioni successive”.
Iniziamo a porre p1 (x) = 3. Il grafico di questo polinomio passa per il
punto A, ma non necessariamente per gli altri. L’idea ora è quella di modificare
p1 (x) da ottenere un nuovo polinomi p2 (x) il cui grafico passi per A e B ponendo
p2 (x) = p1 (x) + ax dove a è un valore incognito. Indipendentemente dal valore
del parametro a, il grafico di p2 (x) continua a passate per A, infatti p2 (0) =
p1 (0) + a · 0 = 3. Imponendo la condizione 2 = p2 (1) = 3 + a si determina
a = 1 e pertanto p2 (x) = 3 + x è un polinomio il cui grafico passa per i punti
A e B. In modo analogo si definisce p3 (x) = p2 (x) + bx(x 1). Il polinomio
p3 (x) ha un grafico che passa per i punti A e B indipendentemente dal valore del
parametro b, che viene determinato imponendo 5 = p3 (2) = 1+2b. Si ha allora
b = 3 e p3 (x) = x 3 + 3x(x 1) = 3x2 2x 3 ed il grafico di p3 (x) passa per i
punti A, B e C. Infine, posto p4 (x) = p3 (x)+cx(x 1)(x 2) si trova che il grafico
di detto polinomio passa sempre per i punti A, B e C, indipendentemente dal
valore del parametro c che viene determinato imponendo 24 = p4 (3) = 18 + 6c.
Si ricava c = 1 e p4 (x) = 3x2 2x 3 + (x3 3x2 + 2x) = x3 3 che è il
polinomio cercato.
In generale, dati n + 1 punti Ai (xi , yi ), dove i = 1, 2, . . . , n + 1, aventi ascisse
a due a due distinte, il metodo precedente, detto anche metodo di Newton,
7
permette di di costruire un polinomio p(x) di grado al più eguale a n tale che
p(xi ) = yi . Si pone
p(x) = h1 +h2 (x x1 )+h3 (x x1 )(x x2 )+· · ·+hn (x x1 )(x x2 ) · · · (x xn
1)
Dove h1 , . . . , hn sono parametri da determinare.
Imponendo p(x1 ) = y1 si trova h1 = y1 . Supposto di aver già determinato h1 , . . . , hi , possiamo trovare il valore di hi+1 risolvendo in hi+1 l’equazione
yi+1 = p(xi+1 ) = h1 + h2 (xi+1 x1 ) + h3 (xi+1 x1 )(xi+1 x2 ) + · · · + hi (xi+1
x1 )(xi+1 x2 ) · · · (xi+1 xi 1 ) + hi+1 (xi+1 x1 )(xi+1 x2 ) · · · (xi+1 xi ).
Un altro metodo, noto come metodo di Lagrange, consiste nel determinare
dapprima, per ciascun i = 1, . . . , n + 1, l’i-esimo polinomio di Lagrange:
li (x) =
(x x1 ) · · · (x
(xi x1 ) · · · (xi
xi
xi
· (x xi+1 ) · · · (x xn+1 )
xi+1 ) · · · (xi xn+1 )
1 ) · (xi
1)
Successivamente, notando che
li (xj ) =
(
1
0
se i = j,
se i =
6 j,
si ottiene direttamente
p(x) = y1 l1 (x) + · · · + yn+1 ln+1 (x).
1.7
Radici di polinomi a coefficienti interi
Supponiamo che i coefficienti del polinomio p(x) = a0 +a1 x+· · ·+ak xk , di grado
k, siano tutti interi e che ↵ = m
n sia una radice razionale di p(x). Supponiamo
inoltre che ↵ sia ridotta ai minimi termini, ossia che m ed m siano due interi
primi tra loro. Abbiamo allora
p(↵) = ao + a1
m
mk
+ · · · + ak k = 0.
n
n
Moltiplicando per nk si ottiene
0 = a0 nk + a1 mnk
1
+ · · · + ak
1m
k 1
n + ak mk ,
e quindi, portando a primo membro il primo addendo,
a0 nk = m(a1 nk
1
+ · · · + ak
k 2
n
1m
+ a k mk
1
).
Dal momento che m divide il secondo membro e che m è coprimo con nk si trova
che m è un divisore di a0 . In modo del tutto analogo si mostra che che n deve
essere un divisore di ak . Abbiamo mostrato il seguente risultato:
8
Proposizione 1. Se p(x) = a0 + a1 x + · · · + ak xk è un polinomio di grado k
a coefficienti interi e ↵ = m
n è una sua radice razionale scritta come frazione
ridotta ai minimi termini, allora in numeratore m di ↵ divide il termine noto
a0 ed il denominatore n divide il coefficiente ak del termine di grado massimo.
p
p
Esercizio. Mostrare che il numero 2 + 3 è irrazionale.
p
p
Soluzione. Poniamo ↵ = 2 + 3. Si ha
p
↵2 = 5 + 2 6
p
↵4 10↵2 + 25 = (↵2 5)2 = (2 6)2 = 24.
Abbiamo allora mostrato che ↵ è radice del polinomio p(x) = x4 10x2 + 1,
che è a coefficienti interi. Una eventuale radice razionale di p(x), per quanto
detto, è una frazione con numeratore e denominatore che possono essere uguali
solo a ±1. Dal momento che ↵ 6= ±1, ne deduciamo che ↵ non può essere
razionale.
Esercizio (Giochi di Archimede 2010). Quante coppie (x, y), formate da numeri
interi strettamente maggiori di 1, sono tali che: x2 + y = xy + 1?
(A) Nessuna, (B) una, (C) due, (D) tre, (E) più di quattro.
Soluzione. Si devono cercare le radici intere del polinomio p(x) = x2 yx+y 1.
In base alla Proposizione 1, una radice ↵ deve essere un divisore ↵ = d > 1 di
y 1 = dh > 0. Si trova allora 0 = ↵2 y↵ + y 1 = d2 (hd + 1)d + hd =
d(d hd 1 + h) = d(d 1)(1 h), da cui discende h = 1 e 1 < ↵ = d = y 1 e
quindi y > 2. Viceversa si verifica che comunque venga scelto un intero ↵ > 2,
per la coppia (x, y) = (↵ 1, ↵) si ha x2 + y = (↵ 1)2 + y = ↵2 ↵ + 1 =
(↵ 1)↵ + 1 = xy + 1 come richiesto. La risposta corretta è pertanto la (E).
9
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