Francia, Inghilterra e Spagna nella seconda metà del Cinquecento 12.1 La Francia all’epoca delle guerre di religione REGNO DI SCOZIA Edimburgo Il regno di Enrico II e la pace di Cateau-Cambrésis Mare del Nord Dublino York si R E G NO D’ I N G H I LTE RRA B as Londra Calais Pa Oceano es i Rouen Atlantico Parigi Orleans Nantes Poitiers REGNO Franca Contea SVIZZERA DI La Rochelle FRANCIA Lione Bordeaux SAVOIA Torino R EG N O DE Lisbona L PO RTOG A LLO León Avignone Tolosa Pamplona Burgos Marsiglia ANDORRA Saragozza Salamanca Barcellona Madrid R E G NO D I S PA G N A Valencia Cordoba Siviglia Granada Mar Mediterraneo Melilla Francia, Inghilterra e Spagna nel XVI secolo Tweet Storia p. 358 Nel 1547 morì Francesco I; al trono di Francia salì il figlio Enrico II, che proseguì la lotta contro Carlo V e poi – dopo l’abdicazione di quest’ultimo – contro il nuovo re di Spagna, Filippo II. Tuttavia, i due paesi, provati da oltre quarant’anni di guerre, nel 1559 firmarono la pace di Cateau-Cambrésis; rafforzato dal matrimonio della figlia del re di Francia con il re spagnolo, questo accordo garantì all’Europa un sostanziale equilibrio fino al secolo successivo (anche perché entrambi i paesi erano privi di denaro e in bancarotta). La Spagna ottenne la piena conferma del dominio sull’Italia già conquistato da Carlo V: governava direttamente Milano, Napoli, la Sicilia e la Sardegna e aveva solidi legami di alleanza con lo Stato della Chiesa, il ducato di Savoia, il granducato di Toscana, i ducati di Parma, Piacenza e Mantova e la repubblica di Genova. La Francia cedette al ducato di Savoia buona parte del Piemonte (tranne Torino e altre città) e Nizza, ma conservò il dominio sul marchesato di Saluzzo, tramite il quale avrebbe potuto influenzare la situazione politica della penisola. Il tentativo dei francesi di conquistare l’egemonia in Italia era completamente fallito; la pace attribuiva infatti alla Francia solo il porto di Calais e alcune città confinanti con la Germania: Metz, Toul e Verdun. Queste limitate acquisizioni garantivano comunque al paese una maggiore sicurezza ai confini, mentre l’accordo in generale permetteva alla monarchia francese di occuparsi della difficile situazione interna. L’unità del regno era infatti gravemente minacciata da crescenti conflitti tra cattolici e calvinisti. Quando Enrico II morì improvvisamente per un incidente di caccia nello stesso anno della pace, il 1559, i contrasti interni si aggravarono violentemente. La diffusione del calvinismo e la debolezza della corona francese Alla morte di Enrico II, lo Stato francese era pesantemente indebitato a causa dei conflitti con la Spagna. Ma soprattutto la situazione interna era resa particolarmente delicata dalla crescente diffusione della riforma calvinista, che Enrico II aveva inutilmente tentato di arginare con provvedimenti repressivi. Intorno al 1560 i calvinisti francesi, detti «ugonotti» , erano oltre un milione. La minoranza ugonotta comprendeva membri della ricca e intraprendete borghesia di molte città francesi (in alcune di esse gli ugonotti costituivano addirittura la maggioranza della popolazione), una parte importante delle popolazioni delle campagne e anche una parte della nobiltà, molto influente a corte, guidata dalla potentissima famiglia dei Coligny. Gli ugonotti, dunque, pur restando una minoranza, trovavano nuovi seguaci nelle classi sociali più ricche e più istruite, governavano alcune città e regioni ed erano molto ben organizzati nella difesa dei propri diritti e della propria autonomia rispetto alle direttive della monarchia cattolica al potere. Enrico II non aveva lasciato eredi in grado di affrontare con efficacia questa esplosiva situazione interna. Al trono salì infatti il figlio di Enrico, Francesco II: un ragazzo di soli quindici anni, che fu subito posto sotto la tutela del duca Francesco di Guisa (i Guisa erano un’influente famiglia aristocratica a capo della fazione cattolica). Già nel 1560, tuttavia, Francesco morì e fu incoronato suo fratello Carlo IX (1560-1574). Anche il nuovo sovrano era un minore (aveva appena dieci anni) e i poteri effettivi passarono quindi alla sua potente madre, la reggente Caterina de Medici. La donna mantenne la sua influenza anche durante il regno del successivo sovrano, l’ultimo dei figli di Enrico II, La pace di Cateau-Cambrésis (3 aprile 1559): la stretta di mano tra Filippo II di Spagna ed Enrico II di Francia pone fine alle guerre d’Italia. J. Perissin, L’interno del Temple de Paradis di Lione, 1564, Ginevra, Biliothèque Universitaire. Enrico III (1574-1589). Fino al 1589, quindi, la Francia fu guidata da re deboli e da una potente reggente – donna e straniera. © Loescher Editore – Torino 256 1490 Tweet Storia p. 358 © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 257 3 12 Le origini dell’Europa moderna Le guerre di religione in Francia p. 314 Album p. 270 Tweet Storia p. 358 Dal 1560 gli ugonotti chiesero inutilmente e ripetutamente la libertà di culto ai re Francesco II e Carlo IX. Il partito cattolico, a cui la monarchia apparteneva, si era sempre opposto fieramente a qualsiasi concessione; non solo, esso mirava a ridurre – con ogni mezzo – l’influenza dei calvinisti nel paese. A sua volta, la reggente Caterina tentava di mantenersi in equilibrio tra le opposte fazioni, nella speranza di garantire così l’unità dello Stato e preservare il prestigio e il potere della monarchia. Nel clima di crescente contrapposizione e di sostanziale incertezza politica i conflitti tra cattolici e calvinisti si trasformarono presto in guerra civile. Nel 1562 i Guisa accusarono gli ugonotti di tramare contro la monarchia e ne massacrarono alcune decine nella città di Wassy. Il «massacro di Wassy» scatenò il conflitto civile, con uccisioni, tradimenti, scontri armati che insanguinarono la Francia per molti anni. Nel 1572, vi fu un tentativo di riconciliazione, fortemente voluto da Caterina de Medici: il matrimonio tra Enrico di Borbone, re di Navarra e capo dei protestanti, e Margherita di Valois, sorella del re Carlo IX, avrebbe dovuto unire le due fazioni in lotta. Accadde invece che i cattolici, sobillati dai Guisa, approfittarono della tregua per massacrare a tradimento migliaia di ugonotti nella capitale – dove erano convenuti per la cerimonia ricevendo garanzia di incolumità – e in altre città della Francia. Era il 24 agosto 1572: questo massacro, passato alla storia come François Dubois, Il massacro della notte di San Bartolomeo, Losanna, Musée d’Art et d’Histoire. la «strage della notte di san Bartolomeo» fu uno degli episodi più sanguinosi di questi conflitti, e portò alla morte di circa 30.000 ugonotti. Nel 1574, il regno passò a Enrico III, il quale cercò inutilmente una pacificazione delle fazioni in lotta. A Il regno di Enrico IV e l’Editto di Nantes Il conflitto religioso divenne infine un conflitto dinastico. Nel 1585 era morto infatti l’ultimo figlio di Caterina de Medici, fratello di Enrico III ed erede al trono. Si scatenò allora una guerra di successione tra Enrico di Borbone, sempre a capo dei calvinisti, e Enrico di Guisa, capo dei cattolici. Nella cosiddetta «guerra dei tre Enrichi» (1585-1589) intervennero anche le potenze straniere: la cattolica Spagna sosteneva i Guisa e l’Inghilterra appoggiava apertamente i calvinisti. Nel 1588 la situazione si sbloccò. In quell’anno la Spagna subì una clamorosa disfatta navale contro l’Inghilterra e di conseguenza il partito cattolico francese si indebolì; il re Enrico III fece assassinare Enrico di Guisa e designò Enrico di Borbone come suo successore. Ma nel 1589, il re fu a sua volta ucciso da un frate domenicano ed Enrico di Borbone fu incoronato con il nome di Enrico IV. Per mantenersi al potere e vincere l’ostilità spagnola e persino la condanna del papa Sisto V, nel 1593 Enrico IV dovette rinunciare pubblicamente alla sua fede protestante e convertirsi al cattolicesimo: una condizione che, del resto, gli era imposta dalle ultime volontà di Enrico III e dalla indomabile ostilità degli stessi cattolici francesi. Anonimo, Processione della Lega cattolica a Parigi, XVI sec. Finalmente, nel 1598, Enrico IV firmò l’«Editto di Nantes», una legge che avrebbe dovuto portare alla completa pace religiosa: fissava infatti il cattolicesimo come religione di Stato, ma garantiva ai protestanti la libertà di professare liberamente il proprio credo; inoltre ai protestanti venivano riconosciuti gli stessi diritti politici dei cattolici (come l’accesso alle cariche pubbliche) e il diritto di mantenere in tutto il paese alcune fortezze militari, per potersi difendere da eventuali attacchi. In ossequio alle richieste cattoliche, il culto protestante venne comunque vietato a Parigi e nella regione circostante. Si trattava di un compromesso che lasciava intatti molti motivi di separazione e contrapposizione, ma garantiva la pace e accresceva il prestigio della corona, supremo arbitro nelle questioni religiose e civili. [Testimonianze documento 4, p. 317] Francia, Inghilterra e Spagna nella seconda metà del Cinquecento Le confessioni religiose in Francia dopo il 1598 I N G H I LT E RRA Ugonotti L a Cattolici Aree neutrali Amiens Duc. di Guisa Piazzeforti ugonotte dal 1598 Normandia Rouen Bretagna Nantes Angiò Oceano 1490 Champagne Parigi Maine I M PE RO Troyes Amboise Borgogna G E RM A N I CO Poitou Poitiers Atlantico Marche Bordeaux Borbonese Périgord Auvergne FRANCA CONTEA Lione Guienna Guascogna Nantes Provenza Linguadoca Marsiglia S PAG N A Mare Mediterraneo La politica interna di Enrico IV Enrico IV governò fino al 1610. Forte del prestigio ottenuto portando la pace, rafforzò i poteri della monarchia, riorganizzò l’amministrazione del regno e arricchì le casse dello Stato. L’obiettivo del pareggio di bilancio fu conseguito dal ministro delle finanze, il duca di Sully: egli riformò e razionalizzò le spese dello Stato; impose l’autorità della corona su molte terre un tempo appartenenti a famiglie nobiliari decadute durante i conflitti religiosi; rafforzò il prelievo fiscale sulle attività produttive e commerciali (in netta ripresa dopo la fine degli scontri religiosi). Un provvedimento di fondamentale importanza fu rappresentato dalla vendita delle cariche pubbliche, alle quali furono abbinati nuovi titoli nobiliari. Per chi deteneva incarichi da parte dello Stato, infatti, fu introdotta una tassa annuale, detta «paulette», che garantiva a chi la pagava l’ereditarietà della sua carica. In questo modo, il funzionario, che spesso proveniva dalle file della borghesia, entrava a far parte di una nuova nobiltà, che fu detta «nobiltà di toga» per distinguerla dalla tradizionale e antica «nobiltà di spada». Al valore medievale dei meriti in guerra dei cavalieri si sostituiva così il moderno merito del servizio allo Stato. L’istituzione della nobiltà di toga creava un nuovo gruppo di privilegiati e faceva confluire risorse importanti nelle casse dello Stato e rafforzava la base di consenso dei ceti più ricchi verso della monarchia. Altre iniziative, che intensificavano l’intervento dello Stato nella vita economica e sociale, furono la creazione di manifatture regie, cioè fabbriche gestite dal governo, e l’imposizione di dazi sulle merci prodotte all’estero, in modo da limitare le importazioni e così sostenere e «proteggere» le industrie francesi. Queste ultime misure – particolarmente gradite alla borghesia imprenditoriale – inaugurarono una lunga tradizione di protezionismo, che divenne da allora una delle costanti della politica della monarchia francese. [ I NODI DELLA STORIA p. 268] P. P. Rubens, Ritratto di Enrico IV, Anversa, Stedelijk Prentenkabinet. © Loescher Editore – Torino 258 PAESI BASSI SPAGNOLI M a n i c a © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 259 3 12 Le origini dell’Europa moderna 12.2 L’affermazione della potenza inglese I conflitti religiosi e il regno di Maria Tudor Dossier 9 p. 344 Tweet Storia p. 358 Master John, Ritratto di Maria Tudor, 1544, Londra, National Portrait Gallery. A metà del Cinquecento, anche l’Inghilterra fu turbata da contrasti religiosi. Alla morte di Enrico VIII (che nel 1534 aveva assunto la guida della Chiesa anglicana), il successore, Edoardo VI (1547-53) aveva deciso di avvicinare la Chiesa inglese alla Riforma protestante. Nel 1549, infatti, egli fece approvare e diffondere il Book of Common Prayer (libro della preghiera comune), un insieme di dogmi di fede e una liturgia ispirati al luteranesimo che da quel momento avrebbero costituito il testo fondamentale della Chiesa anglicana. D9 L’evoluzione dell’Inghilterra come paese protestante sembrò irreversibile, ma quando, nel 1553, la corona passò alla regina Maria I Tudor, sorellastra del re defunto – cattolica e moglie di Filippo II di Spagna –, la nuova sovrana tentò di riportare con la forza il cattolicesimo nell’isola e proibì il Book of Common Prayer. Questa imposizione era tuttavia sgradita alla maggior parte dei sudditi: molti si erano infatti arricchiti con i beni sottratti alla Chiesa cattolica dopo il 1534, e da queste ricchezze avevano tratto vantaggio soprattutto i proprietari terrieri e i mercanti, ossia le due classi sociali su cui si basava lo sviluppo economico del paese. Inoltre, la posizione della regina minacciava di far perdere all’Inghilterra la sua autonomia, costringendola nella sfera d’influenza della Spagna. L’opposizione alla regina cattolica (che fu detta «Maria la Sanguinaria» ) si concretizzò anche nel movimento dei «puritani», i quali chiedevano l’applicazione integrale («pura», appunto) del calvinismo ed erano sostenitori di una intransigente moralità. Essi proponevano di scegliere i pastori all’interno dalla comunità stessa dei fedeli e si ponevano dunque in contrasto con l’organizzazione ecclesiasti- Francia, Inghilterra e Spagna nella seconda metà del Cinquecento ca della Chiesa inglese, guidata ancora da vescovi fedeli alla corona (per questo i sostenitori della Chiesa anglicana erano detti «episcopaliani»). Vicini alle posizioni dei puritani nel chiedere uguaglianza tra clero e laici, furono qualche anno dopo (a partire dal 1560), i presbiteriani scozzesi. In Scozia la riforma venne diffusa e influenzata da John Knox, un convinto predicatore calvinista che introdusse a guida della sua Chiesa un «presbiterio» (cioè un «consiglio di anziani») formato da laici anziani e ministri del culto, sul modello applicato da Calvino a Ginevra. Il regno di Elisabetta I Nel 1558, alla morte di Maria Tudor – che non era riuscita a consolidare la religione cattolica nel paese – il potere passò alla sorellastra Elisabetta I. La nuova regina era stata educata nel protestantesimo, e soprattutto comprendeva che al suo paese – non ancora una delle maggiori potenze d’Europa – occorrevano la piena autonomia da ingerenze straniere e la pace religiosa. Innanzitutto Elisabetta rinunciò a unirsi in matrimonio con i pretendenti (Filippo II di Spagna, vedovo di Maria Tudor, e i principi di Francia e di Germania) che volevano in questo modo unire il loro regno all’Inghilterra. La regina riuscì così a mantenere il suo paese al di fuori delle sfere d’influenza delle altre potenze europee. Elisabetta affrontò poi l’argomento religioso in modo tale da scontentare sia i teologi protestanti sia quelli cattolici, incontrando invece il favore della maggioranza degli inglesi. Inoltre, nell’anno della sua ascesa al trono fece approvare nuovamente l’Atto di supremazia di Enrico VIII, riaffermando i diritti della Chiesa nazionale autonoma da Roma e ponendo se stessa come «reggente delle cose sacre e profane» nel regno. In seguito reintrodusse il Book of Common Prayer e nel 1571 fece proclamare 39 articoli di fede che davano alla Chiesa anglicana un’impostazione dottrinale calvinista. Agendo così in pieno accordo con il Parlamento, dove sedevano i nobili, ma anche i rappresentanti della borghesia più attiva, Elisabetta confermò la religione anglicana come «religione di Stato» e impose la pace religiosa a tutto il regno contrastando il partito cattolico. [ I NODI DELLA STORIA p. 268] Il frontespizio del libro personale di preghiere di Elisabetta I dove è rappresentata lei stessa inginocchiata in preghiera, 1569. Anonimo, Ritratto di Elisabetta I, 1575 circa. La minaccia di Maria Stuart di Scozia Nel frattempo nel 1561, in Scozia salì al potere Maria Stuart, una sovrana cattolica, moglie di Francesco II di Francia. La nuova regina mirava a imporre in Scozia il cattolicesimo e a rafforzare il legame tra questo regno e la Francia. Ma il regno di Maria Stuart fu breve. Nel 1567 fu costretta ad abdicare in favore del figlio Giacomo e si rifugiò in Inghilterra in seguito alla rivoluzione politica e religiosa voluta dal teologo e riformatore scozzese John Knox. Qui fu considerata dai cattolici l’unica regina legittima e cominciarono i complotti contro Elisabetta che nel 1587 la fece decapitare. Per questa sua fine affrontata con coraggio Maria Stuart divenne l’emblema del cattolicesimo perseguitato. La potenza economica dell’Inghilterra Nel lungo regno di Elisabetta, che durò fino al 1603, l’Inghilterra, a differenza della Germania e della Francia, godette quindi di stabilità interna, e a differenza della Spagna, conobbe un periodo di grande intraprendenza economica. La pace favorì lo sviluppo dell’economia e dei commerci con l’estero. Aumentarono la produzione agricola e le estensioni dei pascoli per gli ovini (da cui si ricavava lana), e si svilupparono le prime industrie, in particolare quelle tessili e quella siderurgica. I tessuti inglesi (molto apprezzata la lana), già conosciuti in tutta Europa, invasero i mercati del continente. Lo Stato favorì le attività imprenditoriali. Le tasse erano eque, ed era il Parlamento, cioè i rappresentanti dei cittadini più ricchi, a fissarle e a decidere della loro destinazione. Grazie a entrate fiscali regolari furono costruite strade e ampliati i porti. Un sistema bancario efficiente fu infine in grado di garantire i finanziamenti necessari ad apportare migliorie al sistema agricolo o ad avviare un’attività artigianale o commerciale. Furono i commerci internazionali a fare da motore alla potenza economica inglese. Nella seconda metà del Cinquecento, infatti, la flotta commerciale inglese divenne la più importante d’Europa, in grado di trasportare merci in tutti i mari del mondo. Per organizzare e difendere le rotte e le basi commerciali inglesi, furono fondate delle «compagnie commerciali», associazioni di mercanti e imprenditori che univano i loro capitali in grandi imprese commerciali e godevano della protezione e di speciali licenze © Loescher Editore – Torino 260 1490 © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 261 3 Le origini dell’Europa moderna Dossier 7 p. 340 Tweet Storia p. 358 da parte dello Stato. Le compagnie permisero allo Stato di ampliare e rafforzare la propria attività economica e di garantirsi le prime conquiste coloniali: tutto questo veniva creato tramite un’alleanza tra interessi privati della borghesia e interessi dello Stato. Nacquero così una Compagnia della Moscovia (per i commerci con la Russia), una del Levante (per commerci con il Mediterraneo orientale) e, nel 1600, la più importante: la Compagnia delle Indie orientali, che aveva il compito di presiedere ai commerci con i territori asiatici affacciati sull’Oceano Indiano. Sotto il regno di Elisabetta, e con il suo sostegno, gli inglesi fecero anche ricorso alla pirateria. Navi capitanate da spregiudicati «corsari», come Francis Drake e John Hawkins percorrevano l’Oceano Atlantico e attaccavano i convogli spagnoli che trasportavano argento e merci pregiate in Europa. D7 In generale, dunque, la regina Elisabetta fu buona alleata della borghesia e la rafforzò: i borghesi non vivevano pigramente delle rendite delle proprie terre, come facevano i nobili, ma il loro scopo era aumentare la propria ricchezza, creando lavoro e benessere per molti cittadini. Questo sviluppo permise all’Inghilterra di opporsi con successo all’ostilità della Spagna, che era ancora la massima potenza dell’epoca. L’età elisabettiana non fu caratterizzata soltanto dall’abilità politica della regina e dallo straordinario sviluppo economico del regno, ma fu anche un’epoca di intensa fioritura culturale. Basti ricordare il nome del più celebre drammaturgo e poeta inglese di tutti i tempi, William Shakespeare (1564-1616), oppure quello di Francis Bacon (1561-1626), filosofo e teorico della scienza sperimentale e induttiva. Martin Droeshout, Ritratto di William Shakespeare, 1623. 12.3 Il regno di Filippo II: apogeo e declino della potenza spagnola L’organizzazione politica del regno di Filippo II Filippo II aveva ereditato da Carlo V un regno vastissimo, sia in Europa che in America. La Spagna era considerata la massima potenza politica ed economica della seconda metà del Cinquecento, ed era temuta in tutto il continente a causa di un esercito e una flotta da guerra potentissimi. Il suo regno era costantemente supportato dall’oro e dall’argento provenienti dalle colonie nel Nuovo Mondo; inoltre la Spagna imponeva pesantissimi regimi fiscali ai Paesi Bassi e ai territori sottomessi in Italia. Tutto il potere era nelle mani del re, che decideva personalmente su ogni questione. Fedele alla Chiesa cattolica, Filippo II combatté con efficacia la diffusione dell’eresia protestante e mantenne con la forza l’unità religiosa nei suoi domini. Nei Paesi Bassi, tuttavia, il calvinismo si era fortemente diffuso e le autorità spagnole lo controllavano a fatica. L’accentramento del potere e l’unità religiosa garantivano forza e coesione politica al regno. Durante il suo regno, Filippo II non lasciò mai la Castiglia: finita l’epoca delle ambizioni continentali di Carlo V, la Spagna era ora guidata da un sovrano intenzionato a mantenere lo stretto controllo su tutti gli aspetti della vita politica del paese. Il simbolo dell’unità e della centralità del potere della monarchia fu la nuova capitale, che nelle intenzioni del sovrano doveva essere collocata esattamente al centro del territorio. Per questo motivo, il re scelse di porre la sua sede a Madrid, che fino a quel momento era stata solo una piccola cittadina castigliana. A pochi chilometri dalla capitale fu costruita la nuova residenza, l’Escorial, un imponente palazzo fortificato. All’interno delle mura dell’Escorial, il re si occupava del funzionamento dello Stato spagnolo, qui riceveva costanti rapporti sulla situazione del regno e delle colonie e da qui egli impartiva le sue direttive. L’azione del re era affiancata dai «Consigli» (uno per gli affari esteri, uno per le finanze, uno per il governo della Castiglia, uno per l’Aragona, uno per le Indie), che erano del- Il Monastero dell’Escorial, Madrid. le specie di ministeri dai quali dipendevano i funzionari. Costoro acquistavano la loro carica e da quel momento vivevano del loro stipendio, ma soprattutto della corruzione, attraverso la quale recuperavano la spesa sostenuta per ottenere la carica. Nell’esercizio delle loro funzioni, inoltre, era loro richiesto di comportarsi come semplici esecutori degli ordini del sovrano: questo non favoriva la formazione di una classe di funzionari competenti ed efficienti; al contrario, l’amministrazione si caratterizzava come una burocrazia conservatrice, corrotta, privilegiata, inamovibile e con scarso spirito di iniziativa. Filippo II era un fedele alleato della Chiesa cattolica, ma se ne considerava oltre che protettore e difensore anche una specie di guida: nominava di fatto i vescovi, e il tribunale dell’Inquisizione dipendeva direttamente da lui. Egli dominava su ogni aspetto della vita culturale e spirituale, soffocando dibattito e progresso in ogni campo. Il sovrano era dunque letteralmente al centro dell’impero. Nello stesso tempo, però, egli era isolato dalla parte più attiva del suo regno: le campagne coltivate delle pianure spagnole e soprattutto le città portuali, ricche di traffici e animate dalla borghesia mercantile. L’arretratezza economica e sociale della Spagna Segnata dall’autoritarismo del potere monarchico e dal peso di un’amministrazione pubblica inefficiente, la Spagna appariva forte grazie alla stabilità del sistema di go- verno. Tuttavia, proprio questo elemento e la ricchezza che proveniva dalle colonie nascondevano e aggravavano la pesante arretratezza del sistema sociale ed economico spagnolo. Il clero, fedele alleato della monarchia e della sua politica di controllo sociale, godeva di privilegi molto estesi e i beni della Chiesa costituivano una parte importante delle terre e dei capitali del regno: una parte che sfuggiva in larga misura alla tassazione dello Stato e non era di solito impiegata per attività imprenditoriali. Anche la nobiltà, che basava le sue fortune sulla proprietà fondiaria e sulle sue rendite, assicurava sostegno al sovrano in cambio di privilegi. Gli aristocratici spagnoli consideravano il lavoro indegno di un nobile e godevano sempre più passivamente delle proprie ricchezze. Il sistema produttivo spagnolo, sia agricolo che industriale, era così arretrato che la straordinaria disponibilità di metalli preziosi proveniente dal Nuovo Mondo veniva utilizzata per importare dall’estero generi alimentari e prodotti finiti: un sistema di sopravvivenza che a lungo andare finì per soffocare gran parte delle prospettive di sviluppo economico. In questo modo si produceva un effetto paradossale: lo Stato che godeva della maggiore quantità di entrate dirette in Europa si trovava ad essere pesantemente indebitato perché spendeva tutto per rifornirsi all’estero di prodotti indispensabili o per sostenere la propria attivissima politica di potenza. Per tre volte, entro la fine del secolo, fu dichiarata la bancarotta . © Loescher Editore – Torino 262 1490 Tweet Storia p. 358 © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 263 3 12 Le origini dell’Europa moderna Il conflitto contro i Turchi e la vittoria di Lepanto Alonso Sánchez Coello, Il porto di Siviglia, 1590 circa, Madrid, Museo de America. monopolio: controllo esclusivo da parte di un’impresa del mercato di una merce o di un servizio. Anche il commercio, che si svolgeva su rotte importanti quali erano quelle atlantiche, era sottoposto al monopolio e quindi al controllo statale: le colonie non erano autorizzate a commerciare con paesi stranieri e nemmeno tra loro; ogni merce scambiata doveva obbligatoriamente transitare dal porto di Siviglia. Lo Stato inoltre imponeva dazi e dettava le condizioni degli scambi (tipo di merci, quantità, destinazione); in queste condizioni, il contrabbando rimaneva l’unica attività «imprenditoriale» che poteva essere praticata. La Spagna di Filippo II, potente e molto temuta all’estero, nascondeva dunque una debolezza che presto l’avrebbe condannata al declino. [ I NODI DELLA STORIA p. 268] Le persecuzioni verso ebrei e musulmani p. 314 Pesanti limitazioni al dinamismo della società e dell’economia derivavano anche dall’impegno con cui il re e la Chiesa soffocarono ogni voce di dissenso e perseguitarono le comunità religiose di minoranza. Molto colpiti, non solo in Spagna ma anche nelle colonie e nei territori sotto autorità spagnola in Europa, furono i protestanti, gli ebrei e i musulmani. El Greco, Il sogno di Filippo II, 1578. Gli ebrei erano stati espulsi dalla Spagna nel 1492, ma alcune migliaia vivevano ancora nel paese, ufficialmente convertiti al cristianesimo. L’Inquisizione prese a sospettare i «cristianos nuevos» (così erano chiamati gli ebrei convertiti) di aver aderito al cristianesimo solo per convenienza, accusò molti di essi di praticare di nascosto riti ebraici e avviò una massiccia campagna di persecuzioni. Questi ebrei (detti marranos, «vili») subirono tali violenze e vessazioni da essere, di fatto, indotti ad abbandonare la Spagna. I musulmani spagnoli, detti moriscos erano invece circa 300.000, presenti soprattutto nel sud della penisola iberica. Essi furono costretti a scegliere tra la conversione forzata e l’esilio, e all’inizio del Seicento quasi tutti avevano abbandonato la terra su cui i loro antenati avevano vissuto per secoli. Questa politica repressiva impoveriva la Spagna e la privava di popolazioni caratterizzate dal forte spirito imprenditoriale. Inoltre, in questo modo, venivano incoraggiati il conformismo culturale e il controllo su ogni iniziativa, il che portava a scoraggiare ogni iniziativa e progresso. Per tutto il Cinquecento e il Seicento, in Spagna non si verificò alcun tipo di sviluppo della produzione, né agricola, né manifatturiera. Nella visione di Filippo II, la missione della Spagna nell’Europa della seconda metà del Cinquecento era quella di servire la causa della Chiesa cattolica contro tutti i suoi nemici interni ed esterni, mantenendo così il regno in una posizione di preminenza nello scenario internazionale. Il primo fronte dove questo impegno fu assunto con piena energia fu quello del Mediterraneo, cioè della lotta contro i Turchi. Questi minacciavano le rotte commerciali e le coste con la loro pirateria e miravano a espandersi in Europa centrale partendo dalle loro conquiste nei Balcani. Nel 1570 i turchi strapparono Cipro ai Veneziani assicurandosi così una base che garantiva loro il pieno controllo del Mediterraneo orientale. La necessità di dare un forte segnale di reazione contro gli Ottomani fu proclamata a gran voce dal papa Pio V (1565-72); si formò così una «Lega santa» a Francia, Inghilterra e Spagna nella seconda metà del Cinquecento cui parteciparono principalmente la Spagna e Venezia; la Francia si mantenne neutrale. Nell’ottobre del 1571 una flotta cristiana ottenne a Lepanto (nel golfo di Corinto, in Grecia) un’importante vittoria navale. Furono affondate almeno cento navi turche e uccisi o feriti circa 30.000 nemici. D6 La potenza gli Ottomani era ben lontana dall’essere sconfitta, e infatti essi riuscirono comunque a mantenere Cipro, concludendo una pace separata con Venezia. Ma i Turchi avevano perso la fama di invincibili conquistatori e l’Europa cristiana dimostrava di potersi opporre con efficacia all’espansione musulmana nel continente. La rivolta dei Paesi Bassi e la nascita dell’Olanda Minore fortuna ebbero gli sforzi di Filippo II per mantenere il controllo sui possedimenti ereditati dal padre. Tra questi vi erano i Paesi Bassi, un’area nell’Europa settentrionale molto ricca e attiva, corrispondente agli Trompe l’œil con la battaglia di Lepanto, affresco, 1580-1581, Galleria delle Carte geografiche, Palazzi vaticani, Città del Vaticano. © Loescher Editore – Torino 264 1490 pp. 312, 314 Dossier 6 p. 338 © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 265 12 Le province dei Paesi Bassi erano caratterizzate da importanti differenze di lingua e cultura (i valloni al sud, francofoni, e i fiamminghi al nord, che parlavano una lingua germanica), dalla presenza di una fiera nobiltà e di una ampia e intraprendente borghesia cittadina di artigiani e mercanti. In molte delle province si era diffusa la riforma calvinista. Filippo II intendeva soffocare anche in questa parte del suo regno la Riforma protestante, perseguitare gli «eretici» e costringere tutti i sudditi a convertirsi alla fede cattolica. Una pesantissima ingerenza nella vita dei cittadini che, unita alla crescente pressione fiscale, provocò nel 1566 una rivolta che prese avvio in alcune delle città più importanti, come Gand, Bruges, Anversa. La rivolta fu guidata dai protestanti, ma vide la partecipazione anche di molti cattolici. La Spagna reagì con il pugno di ferro, inviando un esercito incaricato della repressione, ma riuscì a imporsi solo nella parte meridionale del paese. I rivoltosi trovarono una guida autorevole in Guglielmo I di Nassau, principe di Orange (cattolico convertitosi poi al calvinismo). Nel 1572 egli divenne governatore delle province del Nord, quelle a prevalenza protestante, ormai di fatto liberate dal Pieter de Hooch, Donna che paga una cameriera, 1668-1672 circa, Los Angeles, Los Angeles County Museum of Art. odierni Olanda e Belgio, più alcuni territori della Francia settentrionale. Questo dominio era suddiviso in province, ciascuna delle quali godeva di un regime di relativa autonomia ed era guidata da un’assemblea di rappresentanti (gli «Stati»). Tutte insieme, poi, facevano riferimento a un Parlamento supremo (gli «Stati generali»). I Paesi Bassi e la Repubblica delle Sette Province Unite La Repubblica delle Sette Province Unite dopo la pace di Westfalia Paesi Bassi spagnoli Leeurwarden Stavelot Cambrai Lussemburgo Gand Arras a ld S e ch Bruxelles Tournai Namur el os Parigi Roermond Colonia Maastricht Aquisgrana Stavelot Amiens Bouillon sa Treviri Liegi Cambrai Mo sa Mo REGNO DI FRANCIA M Lussemburgo Bouillon Anversa Malines la Amiens Venio Bruges Lilla o REGNO DI FRANCIA G E R M A N I C O Liegi Colonia Maastricht Aquisgrana Re n os B r a Roermond Middelburg Calais Arnhem la a b Anversa Gand Fiandra a d l Lilla he Bruxelles Sc Artois Tournai Namur Hainau Arras Utrecht Rotterdam el G E R M A N I C O a nd O Venio Leida L’Aia sa e Zwolle Amsterdam Mo n Bruges t o sa Mo Middelburg Re n Zuider Zee Haarlem Ems Overijssel Gheldria Arnhem Mare del Nord Ems Utrecht la Zwolle Amsterdam Groninga Territori ecclesiastici Drente Zuider Zee Haarlem Leida L’Aia Rotterdam Calais Groninga Frisia Lussemburgo M Territori ecclesiastici Mare del Nord Groninga Leeurwarden E R O I M P Conquiste di Carlo V O P E R I M Eredità paterna di Carlo V Treviri Parigi controllo spagnolo. Nel 1576, per reazione alla insopportabile violenza degli spagnoli, ribelli protestanti e ribelli cattolici si allearono nell’Unione di Gand. Solo moderando la repressione, la Spagna riuscì a non perdere tutte le province dei Paesi Bassi e mantenne il controllo su quelle meridionali. Nel 1581 le province a maggioranza calvinista del Nord proclamarono la loro indipendenza e fecero nascere un nuovo Stato: la «Repubblica delle Sette Province Unite» (Olanda, Zelanda, Utrecht, Gheldria, Overijssel, Frisia e Groninga). Questo nuovo paese (chiamato anche «Olanda» dal nome di una delle sette province), guidato dalla sua borghesia di mercanti e industriali, riuscì a difendere la propria autonomia (fu ufficialmente riconosciuto da tutti gli Stati europei nel 1648) e divenne presto una potenza economica: era incoraggiato l’impegno per produrre ricchezza ed era praticata la tolleranza religiosa verso tutte le confessioni. La sconfitta contro l’Inghilterra Nella loro guerra di indipendenza, gli olandesi furono appoggiati dall’Inghilterra di Elisabetta I. Per indebolire l’alleanza tra i due paesi a lui ostili, Filippo II decise di invadere l’Inghilterra. Dal 1580 egli si era insediato anche sul trono del Portogallo. L’unione dell’intera penisola iberica – resa possibile dal fatto che Filippo II era lo zio del re del Portogallo Sebastiano di Braganza, morto senza eredi diretti – era infatti vista con favore dai ceti mercantili portoghesi, allettati dalla possibilità di operare nel vasto dominio coloniale unito dei due paesi. In quel momento la Spagna, pur impegnata nella costosissima guerra nei Paesi Bassi, era al massimo della sua potenza e sembrava giunta l’ora di far valere i propri diritti sul trono d’Inghilterra, che Filippo II continuava a vantare in quanto vedovo della regina cattolica Maria Tudor. Egli si offrì anche in matrimonio a Elisabetta I; respinto, decise allora di appoggiare le mire sul trono inglese di Maria Stuart, ex regina di Scozia ora prigioniera di Elisabetta I. Minacciata da queste manovre esterne e pressata dalle insistenti voci di una possibile ribellione cattolica interna (sobillata da agenti spagnoli e inviati papali), nel 1587 Francia, Inghilterra e Spagna nella seconda metà del Cinquecento Franz Hogenberg, L’espulsione dei Gesuiti da Anversa, incisione del XVI sec., Ginevra, Bibliothèque publique et universitaire. Elisabetta I cedette alla pressione popolare e fece condannare e decapitare Maria Stuart. La morte della sovrana considerata legittima dalla Spagna fu considerata da Filippo II un motivo sufficiente per scatenare una guerra contro l’Inghilterra. Filippo II armò a questo scopo una potente flotta, con circa 130 navi e oltre 2000 cannoni, che fu detta l’«Invincibile Armata» . Nel 1588 nel canale della Manica gli spagnoli furono però pesantemente sconfitti dalla flotta inglese, che schierava navi più agili e capaci di manovre più rapide, e persero la loro supremazia sui mari. La ritirata di quel che rimaneva della flotta spagnola fu disastrosa; solo poco più di 50 navi fecero ritorno in patria. L’Invincibile Armata in un’incisione del XVI sec. © Loescher Editore – Torino 266 1490 Tweet Storia p. 358 © Loescher Editore – Torino 1501 Manuzio stampa il primo libro in caratteri aldini 1559 Mercatore pubblica il planisfero per i naviganti 1561 Prima fiera del libro a Francoforte XVI-XVII sec. Spagna ripetutamente in bancarotta 1700 267 3 12 Le origini dell’Europa moderna L’inevitabile decadenza della Spagna Alla morte di Filippo II, nel 1598, pur mantenendo domini molto importanti, la Spagna non era più la principale potenza europea. Le sue rivendicazioni sull’Inghilterra erano state definitivamente frustrate, mentre l’esito della rivolta dei Paesi Bassi aveva portato alla nascita dell’Olanda, un altro potente Stato protestante. Questi due paesi si rafforzarono e ben presto avrebbero prosperato, mentre la potenza spagnola avrebbe subito un lento ma inarrestabile declino per tutto il Seicento, fino a perdere il proprio ruolo di potenza cattolica egemone in Europa. La sconfitta dei sogni imperiali della Spagna fu anche la sconfitta politica della Controriforma cattolica. La Chiesa di Roma mantenne da allora una funzione di egemonia culturale negli Stati cattolici (i principali: Spagna, Francia, Stati italiani, Austria, Polonia), ma non avrebbe più potuto tentare di riconquistare posizioni attraverso l’uso della politica internazionale e della forza. 1556-1598 Filippo II re di Spagna 1558-1603 Elisabetta I regina d’Inghilterra Seconda metà del ’500 I corsari inglesi Francis Drake e John Hawkins assicurano all’Inghilterra il predominio dei mari 1559 Pace di Cateau-Cambrésis Francia, Inghilterra e Spagna nella seconda metà del Cinquecento 1 Nella seconda metà del Cinquecento, la Francia trova la tregua all’esterno con la pace di Cateau-Cambrésis, ma è lacerata da terribili conflitti religiosi interni. Dopo la pace di Cateau-Cambrésis del 1559 – che metteva fine alla guerra tra impero e Francia – i sovrani francesi poterono dedicarsi ai problemi interni del loro paese. In Francia si era infatti diffuso largamente il credo calvinista; i calvinisti (gli «ugonotti») cercarono di approfittare di un periodo di debolezza della corona di Francia per ottenere diritti e privilegi. La reazione del partito cattolico, guidato dalla famiglia dei Guisa e alleato della Spagna, scatenò terribili conflitti religiosi, segnati da stragi come quella della notte di San Bartolomeo nel 1572. La pace ritornò solo nel 1598, dopo la salita al trono di Enrico IV, che rinunciò alla sua fede calvinista e firmò l’Editto di Nantes concedendo libertà di culto agli «ugonotti». Durante il suo regno (che durò fino al 1610) Enrico IV accentrò l’amministrazione del territorio, arricchì le casse dello Stato (anche con la vendita delle cariche amministrative) e favorì la nascita della cosiddetta «nobiltà di toga». 2 Una potenza in piena ascesa: l’Inghilterra di Elisabetta I. Dal 1558 al 1603 l’Inghilterra venne guidata con saggezza da Elisabetta I, che governò con il consenso del Parlamento, si alleò alla borghesia imprenditrice e impose la pace religiosa. In questo periodo l’Inghilterra cominciò a diventare una potenza economica e commerciale, e sconfisse la Spagna di Filippo II, che aveva inviato contro l’isola la sua «Invincibile Armata». Ormai la supremazia sui mari apparteneva all’Inghilterra e alla nascente potenza olandese. 3 Anonimo, La sconfitta dell’Invincibile Armata di Filippo II di Spagna a opera degli inglesi nel 1588. I NODI DELLA STORIA L’Europa del secondo Cinquecento: alla radice della modernità? Poche epoche della storia moderna ci permettono di comprendere il sorgere di alcuni caratteri tipici della modernità come il secondo Cinquecento. Come abbiamo visto, il compromesso della pace di Augusta aveva evitato, ma in realtà solo rimandato, il conflitto tra cattolici e protestanti in Germania. Ma fuori dai confini dell’impero, il cui sogno neouniversalistico era terminato con l’amara constatazione dello stesso Carlo V sulla sua irrealizzabilità, le cose andarono in modo molto diverso. La Francia fu attraversata da una lotta interna che fu esemplare nel suo anticipare caratteri tipici dell’Età moderna: il conflitto ideologico, violento e settario; la nascita di un movimento politico tollerante deciso a superare i conflitti religiosi in nome di un’idea nuova di «Stato nazionale» maturo e centralistico; un sovrano, Enrico IV, pragmatico fino al cinismo ma capace di inventarsi quella pace di Nantes, a lungo modello di compromesso politico-religioso intelligente e pacificatore. In Inghilterra le complesse vicende successive alla riforma anglicana di Enrico VIII, divenute pericolose alla sua morte per l’iniziale vuoto di potere creatosi, riuscirono a risolversi nel lungo regno di Elisabetta I, una sovrana ben decisa a coniugare 268 © Loescher Editore – Torino assolutismo monarchico e tolleranza religiosa, progresso economico e difesa spietata delle proprie prerogative. In Spagna, invece, la strada della decadenza era ormai aperta. E non solo per colpa di un sovrano ombroso e iracondo come Filippo II. Il carattere difficile del figlio di Carlo V, la sua prudenza sconfinante nell’irrisolutezza e la scarsa fiducia nei suoi consiglieri non possono spiegare da sole la crisi irreversibile di quella che era pur sempre la più grande potenza militare e politica d’Europa. A condannare la Spagna era piuttosto l’inadeguatezza della sua struttura sociale, la povertà dell’economia interna, l’inettitudine della sua nobiltà. Si trattava di mali profondi, destinati a contagiare inevitabilmente i vasti territori italiani governati o controllati indirettamente dagli spagnoli. L’Italia era, quindi, anch’essa a una svolta. Come ha spiegato lo storico francese F. Braudel, la decadenza del Mediterraneo non fu affatto rapida; tuttavia, la debolezza politica dei suoi Stati e le sue divisioni interne, che avevano convissuto per molti anni, paradossalmente ma felicemente, con la sua opulenza economica, ora erano pronte a presentare il conto. Il secolo successivo sarebbe stato di decadenza e di marginalità. 1564-1616 William Shakespeare 1572 Strage della notte di San Bartolomeo La Spagna, guidata da Filippo II, è la massima potenza dell’epoca, ma nasconde in se stessa forti elementi di debolezza economica, sociale e culturale. Filippo II ereditò uno Stato potente e ricco e lo guidò fino al 1598. Egli governò praticamente da solo, alleandosi soprattutto con il clero e la nobiltà. Ma l’economia spagnola era in realtà debole, perché si basava sulle ricchezze del Nuovo Mondo e sulle tasse imposte all’Italia e ai Paesi Bassi: mancava la borghesia attiva e intraprendente che era il vero motore dell’economia in altri grandi paesi europei. Inoltre, le persecuzioni dei cristiani verso le attive minoranze ebrea e musulmana privarono la società spagnola del contributo di popolazioni dal forte spirito imprenditoriale. Verso la fine del secolo la Spagna perse i Paesi Bassi settentrionali, che si sottrassero al dominio spagnolo e diedero vita all’Olanda. Del tutto infruttuosa fu anche la guerra contro l’Inghilterra, dopo gli inutili tentativi impadronirsi del trono inglese. 1581 Indipendenza della Repubblica d’Olanda dalla Spagna 1588 Gli Inglesi sconfiggono l’«Invincibile Armata» spagnola 1598 Enrico IV concede l’Editto di Nantes © Loescher Editore – Torino 269 3 12 Le origini dell’Europa moderna Violenza politica, violenza religiosa e guerra nell’Europa del ’500-’600 La seconda metà del Cinquecento e la prima del Seicento furono lo scenario di un drammatico scontro politico e religioso che lacerò l’Europa contrapponendo fra loro non solo Stati e sovrani, ma anche fazioni e partiti confessionali. Era difficile distinguere tra conflitti tradizionali, dettati da ragioni di potenza politica, e contrasti generati dall’odio religioso. Si trattò di una sorta di grande guerra civile che, in nome di valori e appartenenze di tipo confessionale e/o nazionale, divise la società europea nel suo complesso. In uno scenario di questo tipo, l’uso delle armi e l’esercizio della violenza erano alimentati dall’idea che qualsiasi atto di guerra fosse giusto e benedetto perché condotto in difesa della propria fede e della giustizia divina. Il nemico, in quanto eretico, doveva e poteva essere eliminato perché nessuna pacificazione e nessuna mediazione erano ritenute possibili. Francia, Inghilterra e Spagna nella seconda metà del Cinquecento Il regicidio Tutti i conflitti politico-religiosi del XVI secolo coinvolsero in modo determinante i principali sovrani d’Europa, chiamati a scegliere, come tutti gli altri, se schierarsi con la confessione cattolica o con quella protestante. La figura del sovrano aveva sempre goduto di un sacrale rispetto e si era sempre pensato che nessuno potesse contestare il potere di un re perché proveniva da Dio. La rottura dell’unità religiosa del mondo cristiano, con le riforme di Lutero e Calvino, mise invece in dubbio questa tradizione e aprì la strada al regicidio, l’assassinio del re per ragioni confessionali. Vi fu anche un gruppo di scrittori, i cosiddetti «monarcomachi», che arrivò a teorizzare la piena legittimità politica e morale di questo grave atto. Massacri e saccheggi: la violenza sulla popolazione Nel corso dei molti conflitti che caratterizzarono il XVI e XVII secolo, gli eserciti regolari degli Stati e gli eserciti privati delle varie fazioni religiose si lasciarono andare a gravi atti di saccheggio e violenza indiscriminata verso la popolazione civile. Gli obiettivi principali di queste azioni erano il bottino e la possibilità di intimorire e piegare il nemico, ma lo stimolo fondamentale era, prima di tutto, l’odio nutrito verso chi professava una religione differente che andava sradicata e cancellata. Johannes Lingelbach, Il sacco di Roma nel 1527 (dipinto seicentesco). L’omicidio politico I forti contrasti politico-religiosi del Cinque-Seicento generarono fazioni o partiti ispirati prima di tutto a valori confessionali: ad esempio il partito ugonotto e quello cattolico in Francia oppure il partito calvinista indipendentista nei Paesi Bassi. La guida di questi partiti fu sempre nelle mani di importanti famiglie nobiliari che avevano le ricchezze, il prestigio e le capacità militari necessarie per assicurare la forza del movimento. Gli aderenti a ogni partito s’identificavano fortemente nei leader e nelle famiglie che li conducevano. In uno spirito di perdurante guerra civile, l’eliminazione fisica del capo di un partito o movimento avversario divenne di conseguenza uno strumento fondamentale per indebolire il nemico e prevalere. Il re di Francia Enrico III di Valois, assassinato nel 1589. Il re di Francia Enrico IV di Borbone, assassinato nel 1610. L’ammiraglio di Francia Gaspard de Coligny, leader del partito ugonotto francese, assassinato il 24 agosto 1572. 270 © Loescher Editore – Torino © Loescher Editore – Torino 271 3 12 Le origini dell’Europa moderna Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato 1 4 ATTIVITÀ 2 Osserva le cartine a p. 266 e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega la differenza tra i due assetti territoriali. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 viene firmata la pace di Cateau-Cambrésis: Nel Nel viene firmato l’Editto di Nantes: Nel , alla morte di Francesco I, sale sul trovo il figlio Enrico II: Il periodo dal al è conosciuto come età elisabettiana: Nel in alcune grandi città come Gand, Bruges e Anversa si scatena una rivolta contro l’ingerenza della monarchia guidata dai protestanti ma alla quale partecipano anche numerosi cattolici: Nel ha luogo la strage della notte di san Bartolomeo: Nel la flotta cristiana ottiene a Lepanto un’importante vittoria navale sui Turchi: Nel nasce la Repubblica delle Sette Province Unite: Nel viene approvato e diffuso il Book of Common Prayer: Nel si verifica il massacro di Wassy, che a sua volta innesca il conflitto civile nel paese: Esplora il macrotema 3 Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nella seconda metà del Cinquecento. 1 2 3 4 5 6 7 Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi scrivi accanto a ciascuno quale o quali Stati sono coinvolti. 5 Francia, Inghilterra e Spagna nella seconda metà del Cinquecento Ugonotti Libertà di culto Guerra di successione Pareggio di bilancio Nobiltà di spada Flotta commerciale Contrabbando Nell’articolo 8 della Costituzione italiana si legge: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge». Alla luce di quello che hai studiato, spiega che cosa significa questo principio fondamentale e per quali motivi si contrappone alla politica di Filippo II nei confronti delle comunità religiose di minoranza. Osserva, rifletti e rispondi alle domande 6 Osserva la mappa concettuale relativa alle guerre religiose in Europa. Poi rispondi alle domande. Gli elementi della crisi spagnola del secondo cinquecento Completa il testo. Nella seconda metà del Cinquecento alcuni grandi Stati europei si trovano a dover affrontare problemi interni legati sia a conflitti religiosi, sia a un difficile sviluppo economico. In Francia, di fronte alla diffusione del (1) , scoppiano diverse guerre di religione e soltanto nel 1598 si giunge alla firma dell’Editto di (2) . In Spagna, invece, si assiste a una diffusa persecuzione verso protestanti, ebrei e (3) ; inoltre la politica repressiva di (4) e l’inefficienza dell’amministrazione pubblica aggravano la già pesante arretratezza economica e sociale spagnola e non permettono uno sviluppo della produzione, né di quella agricola né di quella (5) . In questo contesto, si assiste all’ascesa di altri due Stati europei: l’Inghilterra e la nascente (6) , la quale è guidata da una borghesia di mercanti e industriali che la rendono ben presto una potenza economica. Nell’età (7) l’Inghilterra gode di un periodo di stabilità interna e di fiorente sviluppo economico, legato all’aumento della produzione agricola e alla nascita delle prime industrie (in particolare di quelle (8) e siderurgiche), ma soprattutto ai commerci internazionali: infatti, la (9) commerciale inglese diventa la più importante in Europa e di conseguenza vengono fondate le prime (10) commerciali (tra cui la Compagnia delle Indie orientali) in grado di commerciare e trasportare le merci attraverso tutti i mari del mondo: l’Europa mediterranea a poco a poco cede il passo all’Europa (11) . 1 Come nasce la Repubblica delle Sette Province Unite? 2 Quale nuovo atteggiamento promuove nei confronti dei conflitti religiosi? 3 Quali sono i motivi di debolezza della ricchezza economica spagnola? Mostra quello che sai 7 272 © Loescher Editore – Torino Osserva l’immagine a p. 260 e, dopo aver individuato il soggetto del ritratto, analizzane abbigliamento, postura e atteggiamento; perché secondo te è stato scelto un ritratto a tre quarti di figura? © Loescher Editore – Torino 273