Il razzismo in Italia

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
Il razzismo in Italia
Società, istituzioni e media
A cura di
Michele Mannoia
Marco Antonio Pirrone
Copyright © MMX
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
ISBN ––––
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
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senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: dicembre 
Indice

Il razzismo in Italia. Analisi e bilanci
Michele Mannoia, Marco Antonio Pirrone
Parte I
Immigrazione e razzismo in Italia

Sociologia della razzializzazione
Marco Antonio Pirrone

L’immigrazione in Italia fra norme e realtà
Francesca Giordano

Storie di quotidiano razzismo. I migranti e i rom tra pane e
disprezzo
Michele Mannoia
Parte II
Razzismi istituzionali

Dalle leggi razziali alla normativa xenofoba. Come il diritto
inventa la disuguaglianza
Clelia Bartoli

La natura razzista delle politiche italiane sull’immigrazione
Paolo Cuttitta

Diritti respinti. Particolari conseguenze del razzismo istituzionale in Italia
Alessandra Sciurba

Il razzismo in Italia


I rom in Italia tra razzismo istituzionale e odio sociale. Quando le norme e le prassi discriminano
Fulvio Vassallo Paleologo
Parte III
Razzismo e media

La comunicazione per l’integrazione: il ruolo dei media
Mario Gandolfo Giacomarra

Tra inclusione ed esclusione. L’uso dei media nelle comunità
senegalese e ghanese
Antonella Elisa Castronovo

Media e migranti: l’Altro nell’informazione italiana
Francesca Rizzuto
Parte IV
Discriminazione e razzismo

Oltre discriminazione e razzismo. Verso una competenza
professionale transculturale
Roberta Teresa Di Rosa

Razzismo di genere, una questione tra donne. Riflessione al
femminile sulle nuove forme di “servitù domestica”
Fulvia Romana Pirrone

Minori stranieri in Italia tra discriminazione e razzismo
Roberta Ruggieri

Bibliografia

Gli autori
Il razzismo in Italia
ISBN 978–88–548–4045–4
DOI 10.4399/97888548404540
pag. 7–22 (dicembre 2010)
Il razzismo in Italia∗
Analisi e bilanci
Michele Mannoia, Marco Antonio Pirrone
. L’immigrazione nel nostro paese è in corso ormai da un quarantennio. Nonostante i flussi migratori abbiano trasformato profondamente
il tessuto sociale, economico e culturale della penisola italiana, dando
luogo a definitivi processi di stabilizzazione della presenza straniera,
questa continua ad essere percepita, e rappresentata, come un’emergenza da combattere. L’atteggiamento principale diffuso nel paese è
quello della paura della “invasione di massa” dei migranti, enfatizzata
a gran voce da molti uomini politici e dai mezzi di comunicazione.
Decenni di retorica pubblica, mediatica, culturale segnati dalla logica
della paura e della sicurezza di fronte al fenomeno dell’immigrazione,
hanno determinato derive razziste e forme di razzializzazione, anche
di portata istituzionale, che investono tutta la penisola italiana.
A nostro giudizio questo atteggiamento non è casuale o frutto di
una impreparazione della società italiana dinanzi al fenomeno migratorio, ormai ben radicato e conosciuto. Come sostiene Alessandro
Dal Lago, il razzismo, e l’ostilità verso gli stranieri, in Italia è semmai
parte integrante del discorso pubblico, culturale e politico e quindi, in una
certa misura, socialmente legittimato [. . . ]. Si tratta di una forma di xenofobia legata, nelle retoriche pubbliche, alle migrazioni degli ultimi vent’anni e
quindi ai “disagi” che gli stranieri provocherebbero agli italiani: insicurezza,
crimine diffuso, degrado, competizione nel mercato delle risorse o benefici
∗
Marco Antonio Pirrone ha curato la stesura del paragrafo , Michele Mannoia quella
del paragrafo ; mentre la stesura del paragrafo  è il frutto di una elaborazione comune
dei due curatori.


Michele Mannoia, Marco Antonio Pirrone
sociali primari come la casa, il lavoro o l’istruzione, usi e costumi in qualche
misura incompatibili con quelli dei cittadini legittimi .
Il razzismo italiano — così come le politiche di contrasto delle
migrazioni internazionali, abbastanza omogenee con il resto dei paesi
europei — si rivela funzionale al mantenimento della disuguaglianza giuridica, politica e sociale degli immigrati, precondizione con il
controllo e lo sfruttamento della mobilità umana straniera in modo
coerente con gli attuali assetti dell’economia capitalistica. Il razzismo,
dunque, oltre che essere un fenomeno anche in parte dovuto alla
scarsa conoscenza e comprensione della vicenda migratoria, funge da
ideologia che legittima lo sfruttamento economico degli immigrati,
impedendo, peraltro, ad una società di fatto sempre più multiculturale,
la possibilità di realizzare un dialogo interculturale.
Le politiche securitarie messe in atto nei confronti dei migranti,
attraverso norme e dispositivi giuridici che hanno reso quasi del tutto
impossibile l’ingresso regolare degli stranieri nel nostro paese, non
solo non hanno ridotto i flussi migratori, ma hanno semmai contribuito ad aumentare la condizione di clandestinità dei migranti, in
modo funzionale all’esigenza di forza lavoro precaria e flessibile di
ampi settori dell’economia del nostro paese.
L’idea dell’invasione di massa da parte dei migranti, avallata da
queste politiche, ha contribuito a diffondere il termine “clandestino”,
sin dai primi anni ’ del secolo scorso, e a determinare la sua identificazione tout court con il migrante. L’insieme delle norme giuridiche
atte a regolare l’ingresso dei migranti nel nostro paese e a rendere
quasi impossibile l’acquisizione della cittadinanza per gli stranieri, ha
lo scopo implicito di mantenere la disuguaglianza tra i cittadini e
gli immigrati, reiterando la condizione di subordinazione sociale di
questi ultimi all’interno delle società “ospitanti”. La diseguaglianza
giuridica, oltre che essere funzionale allo sfruttamento economico
. A. D L, Note sul razzismo culturale in Italia, in S. Palidda (a cura di), Il «discorso»
ambiguo sulle migrazioni, Mesogea, Messina , p. .
. Cfr. G. T, Clandestine immigration: economic and political issues, in SOPEMI,
Trends in international migration. Continuous Reporting System on Migration. Annual report,
 Edition, Edited by Organisation for Economic Co–operation and Development, .
Il razzismo in Italia. Analisi e bilanci

degli immigrati, rende i soggetti stranieri individui senza diritti e facilmente ricattabili, relegandoli nella condizione di non persone . È
questo uno dei principali effetti razzizzanti prodotti da quello che si
può definire razzismo istituzionale.
I discorsi dominanti sulle migrazioni si nutrono di parole d’ordine
specifiche, tra le quali le più inflazionate sono invasione, emergenza,
sicurezza, clandestinità, devianza, criminalità. Si tratta soltanto di alcuni tra i luoghi comuni retorici che, anche grazie al potere dei mass
media di costruire la realtà e di naturalizzare l’ordine vigente, si sono
diffusi all’interno delle società europee, favorendo la costruzione di
quella che è stata definita la «scienza delle migrazioni» e la moltiplicazione di rappresentazioni sociali, fondate su stereotipi, pregiudizi
e scarse conoscenze, che vedono nella mobilità umana non un fattore di mutamento sociale, quale è sempre stata, ma una minaccia da
combattere. In tal modo, i migranti si ritrovano imbrigliati, oltre che
nelle condizioni di lavoro e di salario imposte dalle logiche razziali che
consentono il suo sfruttamento, anche in ordini del discorso, culturale,
politico, giuridico, sociale, mediatico che ne disegnano una identità
razzializzata funzionale alla sua subordinazione e alla diseguaglianza
rispetto ai cittadini nazionali.
Un altro discorso che contribuisce fortemente al processo di razzializzazione degli stranieri è quello multiculturale, fondato sulla presunta
incompatibilità delle identità culturali altre con la nostra identità culturale. Il multiculturalismo, come ha scritto Davide Zoletto, «è un assunto
che si basa quantomeno su un doppio errore: che un individuo sia
per così dire completamente o ampiamente sovradeterminato da una
cultura, e che le nostre società fossero (o che le società in generale
possano mai essere) monoculturali prima dell’arrivo dei migranti» .
In realtà, gli uomini si muovono da sempre con le loro identità molte. A. D L, Non–persone. L’esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli,
Milano .
. Sul concetto di «scienza delle migrazioni» e la sua critica si veda A. S, La doppia
Assenza, dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato, Raffaello Cortina Editore,
Milano . A questo proposito si veda anche il lavoro di S. Palidda, Mobilità umane.
Introduzione alla sociologia delle migrazioni, Raffaello Cortina, Milano .
. Citato in M. A, Eccessi di culture, Einaudi, Torino , p. .

Michele Mannoia, Marco Antonio Pirrone
plici, ma non sono forgiati e non si annullano completamente in esse.
Attraverso esse dialogano, si incontrano e si scontrano (l’incontro fra
culture è sempre un processo di negoziazione). Enfatizzare il discorso
sulle identità, sulle differenze, sulle diversità, porta a pensare la figura
del migrante come se albergasse in una sorta di vuoto sociale, senza
guardare alla stratificazione sociale, ai processi, alle dinamiche socio–
culturali che coinvolgono e accomunano tutti gli attori sociali, uomini,
donne e giovani. È questo un effetto del differenzialismo culturale che,
accantonato il razzismo fondato sulla scienza biologica e genetica, non
più difendibile, mette in primo piano la diversità culturale e il pericolo
della contaminazione. Il razzismo culturale così diventa un’altra delle
fonti di legittimazione dell’inferiorizzazione economica dei migranti
ed è anche alla base della criminalizzazione del migrante — procedendo dalla diversità dello straniero sino alla sua incompatibilità con il
nostro stile di vita e con i nostri modelli sociali e culturali.
Questo volume è stato pensato non solo per dare chiavi di lettura
utili alla comprensione dei fenomeni che ne sono oggetto, ma anche
per fornire un contributo alla riflessione sulla ridefinizione dell’universalismo, dell’uguaglianza e della cittadinanza. Eliminare le discriminazioni economiche, sociali e politiche che il razzismo legittima e
procrastina e su cui, a sua volta, si fonda, è possibile solo attraverso il
riconoscimento di eguali diritti per tutti, ripensando la nozione della
cittadinanza, oggi patrimonio esclusivo dello Stato–nazione, in un’ottica globale. Ma tutto questo implica anche una strategia che ripensi
il contenuto della democrazia economica, base per una prospettiva
“cosmopolita” della cittadinanza e per una democrazia veramente
partecipativa e non escludente. Un primo passo in questa direzione è,
ovviamente, quello di approfondire la conoscenza di un fenomeno
così complesso come quello delle migrazioni internazionali.
. La spinta fondamentale che ci ha indotto ad intraprendere questo
lavoro è stata dettata dalla necessità e dall’urgenza di dar conto non
solo della complessità sociale culturale e politica che caratterizza il
. Si veda in particolare E. B, I. W, Razza nazione classe. Le identità
ambigue, Edizioni Associate, Roma .
Il razzismo in Italia. Analisi e bilanci

fenomeno delle migrazioni internazionali, ma anche delle dinamiche
che esso ha prodotto nel nostro paese in termini di processi di inserimento degli stranieri. L’interesse precipuo è stato quello di sviluppare
uno studio in grado di restituire al lettore un quadro interpretativo
che prendesse in considerazione sia gli aspetti legati al trattamento
sociale e giuridico dei migranti nel nostro paese, sia le condizioni con
le quali questi ultimi devono quotidianamente confrontarsi.
Molti docenti e ricercatori dell’Istituto di Scienze antropologiche
e geografiche della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Palermo (oggi Dipartimento di Beni culturali, storico–
archeologici, socio–antropologici e geografici) si sono interessati in
maniera davvero pionieristica al fenomeno dell’immigrazione straniera in Sicilia , realizzando non solo molteplici e approfonditi studi
sulle problematiche relative all’immigrazione e all’identità etnica, ma
anche stimolando i ricercatori più giovani ad accostarsi allo studio
analitico di questi temi. Proprio in continuità con quelle osservazioni
sistematiche e con quelle riflessioni analitiche, si è voluto incrementare quel patrimonio conoscitivo con un lavoro di approfondimento
puntuale e circostanziato che fosse in grado sia di fare il punto della
situazione, a distanza di quarant’anni dai primi flussi migratori, sia di
affinare le conoscenze su fenomeni di sempre maggiore e, purtroppo,
tragica attualità.
La necessità di interpretare la complessità del nostro contesto territoriale, in un certo modo paradigmatico di un’Isola dalla forte vocazione multiculturale — che da sempre si propone, sia pur talvolta
. Ricordiamo qui A. C, Il ritorno infelice. I tunisini in Sicilia, Sellerio, Palermo
; R. R, Le immigrazioni nordafricane (–) e la realtà socio–economica del trapanese, in «Il Ponte», n. . pp. –, ; C. C, Immigrati arabi in Sicilia, Eurostudio,
Milano , V. G, (a cura di), Studio sulla presenza dei lavoratori stranieri in Sicilia e
prime valutazioni sulla presenza di lavoratori stranieri in Sicilia, Cris Regione siciliana, Palermo
; M. G, Immigrati e Minoranze. Percorsi di integrazione sociale in Sicilia, La Zisa,
Palermo , Migrazioni e identità. Il ruolo delle comunicazioni Ed. Palumbo, Palermo (a
cura di), Isole. Minoranze migranti globalizzazione,  voll., Fondazione Buttitta, II, Palermo
; M. G, Donne senza confini. Immigrate in Italia tra marginalità ed emancipazione,
L’Harmattan, Torino ; Disagio comunicativo, culturale e psichico nella migrazione: sistemi
familiari ed educativi, La Zisa, Palermo ; (a cura di), Migranti tra flessibilità e possibilità:
occupazione, integrazione e relazioni familiari in Sicilia, Carocci, Roma .

Michele Mannoia, Marco Antonio Pirrone
retoricamente, come un importante snodo di civiltà, di uomini e di
idee — e la volontà di superare i confini di un sapere compartimentalizzato sono stati gli input fondamentali per una condivisione di questo
progetto anche con studiosi di ambiti disciplinari diversi da quello
prettamente sociologico ed afferenti ad altri dipartimenti dell’Ateneo
di Palermo. In poco tempo, questa condivisione di intenti è, poi, diventata una vera e propria collaborazione sviluppatasi in virtù di una
comune sensibilità nei confronti di problemi sociali estremamente
seri che — potenziati dalla drammaticità di questo momento storico —
danno la misura della grande responsabilità che investe lo scienziato
sociale quando è chiamato non solo a descrivere i fenomeni, ma soprattutto a sviscerarne cause ed effetti, anche quelli meno prevedibili
e “scomodi”. L’intento principale era quello di “non aver paura di
sporcarsi le mani” con una materia difficile da trattare e di riuscire
a coniugare l’esigenza di “oggettività” propria di chi fa ricerca, con
l’attenzione per la verità che caratterizza coloro che si sentono investiti
di una responsabilità sociale.
Le nuove migrazioni non sono più riconducibili semplicemente a
fattori quali persecuzioni, povertà e sovrappopolazione. Questi ultimi
sono, sì, fattori importanti, ma vanno considerati come ingredienti di
base, ingredienti cioè che riescono a mettere in moto i flussi migratori
«solo quando entrano in combinazione con strutture ed eventi politici
ed economici di più ampia portata» . Le nuove migrazioni vanno considerate piuttosto come il segno inequivocabile di una nuova fase della
storia, caratterizzata da una lenta e graduale trasformazione del mondo in un insieme di formazioni, multirazziali, multiculturali e multi
religiose. La globalizzazione, anziché creare una società armonica e
integrata, produce piuttosto tensioni e conflitti che, a loro volta, generano non poche difficoltà a ritrovare i fondamenti della convivenza
sociale. Da qui, l’esigenza di monitorare costantemente le caratteristiche più salienti dell’immigrazione straniera, le dinamiche sociali e
i processi culturali messi in moto dal fenomeno migratorio. Da qui,
anche, le domande che ci siamo posti in questo lavoro. Gli strumenti
adottati per governare l’immigrazione straniera sono adeguati? Si può
. S. S, Migranti, coloni, rifugiati, Feltrinelli Milano , p. .
Il razzismo in Italia. Analisi e bilanci

parlare di un inserimento reale degli immigrati o piuttosto si deve
evidenziare una pericolosa deriva razzista?
Gli autori dei saggi qui raccolti hanno voluto fornire risposte concrete a tali interrogativi, mossi dalla volontà di restituire al lettore
un vero e proprio bilancio sulla gestione politica del fenomeno migratorio, sulle condizioni di vita dei migranti che hanno scelto di
vivere nel nostro paese, e sulle prospettive di questi ultimi in termini
di inserimento sociale.
Il quadro d’insieme che emerge dalla lettura di questi saggi è allarmante. Ad una crescente e sempre più pervasiva globalizzazione
dell’economia e delle comunicazioni, fa da contraltare il moltiplicarsi
delle differenze e delle divisioni culturali. Cosmopolitismo e provincialismo, globale e locale, si interconnettono e si rafforzano a vicenda.
Ma, se da un lato la tendenza all’universalità, caratteristica del mondo
contemporaneo, rischia di trasformarsi in un’omologazione totalitaria
che esclude la possibilità di essere “altrimenti” e di pensare “diversamente”, dall’altro lato la difesa della particolarità rischia di cadere in
uno sterile localismo, nel culto acritico delle proprie radici, nell’ossessione identitaria che provoca discriminazioni e genera conflitti .
E quello che qualche tempo fa era considerato soltanto un pericolo,
oggi è diventato un fenomeno reale, con il quale “fare i conti”.
La profonda crisi sociale che si è venuta a determinare in conseguenza delle trasformazioni della struttura produttiva ha ormai
dissolto le precedenti forme di cooperazione, spezzando quel legame
sociale che, oggi, si tenta di ricostruire sulla base delle appartenenze
esclusive, piuttosto che sui concetti di cittadinanza e di diritto della
persona. L’antagonismo tra attori sociali con status giuridici diseguali
è talmente elevato che si rischia di provocare un conflitto con un potenziale di violenza inedito, sulle cui conseguenze è utile, sì, riflettere,
ma è altrettanto importante intervenire.
Come dimostrano i saggi qui raccolti, i cittadini stranieri che vivono nel nostro paese sono costretti ad accettare un modello ideale
di immigrato che prevede esclusivamente un inserimento imposto
dall’alto. La riduzione della presenza straniera esclusivamente a pro. F. P M, L’intercultura, Laterza, Roma–Bari .

Michele Mannoia, Marco Antonio Pirrone
blema di ordine pubblico, l’esistenza di un apparato mediatico che
alimenta i pregiudizi nei confronti dei migranti e dei rom, così come
l’adozione di politiche securitarie poste in essere per nascondere le
frustrazioni derivanti dalla crescente povertà di strati sempre più ampi
della popolazione e l’uso della legge per rimarcare la divisione tra
cittadini e stranieri costituiscono i nuclei tematici principali sui quali si
è concentrata l’attenzione degli autori.
Resta il rammarico per una importante occasione sprecata. La presenza dei migranti nella nostra vita quotidiana, piuttosto che stimolare
un dibattito costruttivo sulle questioni teoriche e politiche poste dalle
migrazioni internazionali ed avviare una riflessione su un possibile
nuovo modello di welfare, è stata affrontata, invece, trasformando strumentalmente la questione etnica in un problema di criminalità e di
sicurezza. Da qui, la riproduzione e la diffusione, in tutte le fasce
della popolazione, dei pregiudizi e degli stereotipi nei confronti dei
migranti e dei rom; pregiudizi e stereotipi che si presentano nella pratica quotidiana in forme sempre più evidenti e preoccupanti perché
favorite da un clima politico che sembra prefigurare uno scenario
sociale caratterizzato da uno scontro, sempre più acceso, tra ricchi e
poveri da una parte, e poveri e poveri dall’altra.
Partendo dalla constatazione di un razzismo sempre più evidente,
gli autori dei saggi raccolti in questo volume hanno provato a non
chiamare in causa genericamente la società, né hanno inteso attribuire
la diffusione del razzismo ad un ritardo culturale, colmato il quale
si rimetterebbe tutto a posto; hanno provato piuttosto a spiegare, a
trovare le cause e le condizioni determinanti che generano la violenza razzista. Sul banco degli imputati troviamo pertanto non soltanto
quegli attori istituzionali che hanno preferito puntare sullo straniero
solo nella sua qualità di forza–lavoro precaria, a più basso costo e
facilmente ricattabile, anziché mettere in atto politiche di piena inclusione dei migranti nel tessuto connettivo della società. Ma troviamo
anche quegli “imprenditori morali” senza scrupoli che, con la complicità dell’apparato mediatico, hanno diffuso ad arte, amplificandoli,
. H. B, Outsiders: Studies in the Sociology of Deviance, The Free Press, New York
.
Il razzismo in Italia. Analisi e bilanci

quei sentimenti di intolleranza e di ostilità sui quali cresce l’humus
favorevole alla proliferazione di atti e di violenze razziste.
Altrettanto puntuale è l’analisi della produzione normativa italiana
in materia di immigrazione. Quest’ultima, infatti, gioca un ruolo cruciale dal momento che, come ben dimostrano alcuni saggi contenuti
in questo volume, molte delle recenti norme non si limitano a regolamentare semplicemente la condizione di straniero, ma tracciano
e configurano un’identità carica di giudizi sullo straniero. La sottolineatura di un aumento vertiginoso della produzione normativa in
materia di immigrazione ha, pertanto, dato vita ad una sorta di diritto
speciale per gli stranieri, sottoponendoli a continue rimodulazioni
e restrizioni dei loro diversi status giuridici che hanno, a loro volta,
evidenti ricadute simboliche negative che incidono sulle condizioni
materiali e sulla stessa sfera affettiva della vita degli immigrati.
Nel volume si discute anche del ruolo dei media che risultano essere non soltanto strumenti di interpretazione dell’opinione pubblica,
ma anche mezzi attraverso i quali si crea l’opinione stessa. Per questo motivo, il focus di alcuni saggi è centrato sulla duplice funzione
che le comunicazioni possono svolgere nei processi di integrazione
degli immigrati. È vero infatti che i media possono porsi da un lato
come mezzi che separano e allontanano ma, dall’altro, al contrario,
anche come strumenti che avvicinano culture, identità e appartenenze
diverse, venendosi a costituire come veri e propri spazi di democrazia.
Le dinamiche che presiedono ai processi di razzializzazione si
intrecciano poi con altre dimensioni relative all’inserimento degli immigrati all’interno dell’organizzazione sociale italiana. Relativamente
all’integrazione si possono, infatti, segnalare non solo atteggiamenti
stereotipati nell’ambito dei rapporti tra servizi e immigrati in qualità
di utenti, ma anche la miopia — spesso prodotta proprio da una legislazione repressiva — che nega ai minori stranieri la possibilità di
una loro piena inclusione sociale ed il diritto alla cittadinanza. Vi sono
inoltre da rilevare ulteriori snodi problematici non solo, in generale,
nell’ambito della stratificazione sociale ed in quello delle dinamiche
di genere, ma in particolare nei conflitti che possono generarsi proprio dall’intreccio di queste due dimensioni. A tal proposito, risulta
emblematica la condizione delle donne migranti le quali, impiegate

Michele Mannoia, Marco Antonio Pirrone
prevalentemente nei settori del terziario umile, risultano essere vittime di un triplo svantaggio: in quanto donne, in quanto lavoratrici ed
in quanto straniere.
Proprio per la poliedricità dei temi trattati, le analisi condotte e
le riflessioni proposte in questo volume possono costituire un utile
strumento di interpretazione sia delle politiche migratorie che si
stanno affermando nel nostro paese, sia delle dinamiche sociali e
culturali che stanno trasformando le relazioni tra cittadini locali e
cittadini stranieri. Ma non solo. L’auspicio è quello di contribuire
ad invertire la rotta, contrastando le pericolose derive razziste con
modelli di inserimento caratterizzati da un più genuino pluralismo
culturale, politico e mediatico.
. Il volume si suddivide in quattro parti dedicate rispettivamente a:
immigrazione e razzismo in Italia, razzismi istituzionali, razzismo e
media, discriminazione e razzismo.
Nella prima parte del volume, Marco Antonio Pirrone, nel suo contributo dal titolo Sociologia della razzializzazione, (. ), si concentra
sulle modalità con cui la società italiana, attraverso precisi dispositivi
istituzionali e giuridici, organizza l’esclusione sociale e la discriminazione dei migranti. Il razzismo istituzionale, e gli articolati processi
di razzializzazione messi in atto nel nostro paese, si rivela così funzionale all’inserimento degli stranieri nell’ordine salariale della nostra
economia dando luogo a processi di sfruttamento economico che possono definirsi “neo–schiavistici”. Nel saggio L’immigrazione in Italia
fra norme e realtà (. ), Francesca Giordano delinea un quadro della
presenza straniera in Italia negli ultimi quaranta anni ed analizza le
dinamiche socio–economiche determinate dai flussi migratori ed i
processi che hanno contribuito a modificare le relazioni interpersonali
tra cittadini stranieri e cittadini locali. Il resto del suo lavoro è dedicato alla sottolineatura di come alcune disposizioni legislative possano
collocarsi sull’asse di una generale politica di inclusione sociale o,
viceversa, su quello dell’esclusione. Affronta, inoltre, il tema del ruolo
e dei compiti attribuiti a regioni ed enti locali in quanto attori centrali
nell’organizzazione e nella erogazione di servizi nel territorio. Sono
proprio questi attori istituzionali — sostiene l’autrice — quelli che
Il razzismo in Italia. Analisi e bilanci

mettono in atto, orientandole in un verso o nell’altro, quelle norme e
quelle politiche sociali destinate alla componente straniera. Da qui,
la sua ulteriore sottolineatura dell’aumento dell’ostilità nei confronti
degli stranieri e di una sempre più forte pressione sulle forze politiche
al fine di accentuare le misure restrittive nei confronti di questi ultimi.
Nel suo contributo Storie di quotidiano razzismo. I migranti e i rom tra pane e disprezzo (. ), Michele Mannoia mette in evidenza non soltanto
come il trattamento riservato ai rom e ai migranti costituisca una lente
di ingrandimento attraverso la quale osservare il reale funzionamento
della democrazia; ma anche come nel nostro paese il ceto politico
ritenga più conveniente suscitare il panico generalizzato nei confronti
dei rom e dei migranti, piuttosto che affrontare la gestione della loro
presenza con politiche di inserimento sociale efficaci. Mannoia riporta
ed analizza alcuni dati recenti che dimostrano un pericoloso aumento
dell’ostilità nei confronti dei migranti e dei rom, fermando la sua
attenzione sulle modalità attraverso le quali il razzismo mediatico e
quello di strada si trasformano in razzismo istituzionale.
Nella seconda parte del testo, Clelia Bartoli, nel suo lavoro dal titolo Dalle leggi razziali alla normativa xenofoba: come il diritto inventa la
disuguaglianza (. ), muovendo dalla pista aperta dagli studiosi della
Critical Race Theory, si interroga sul ruolo del razzismo istituzionale,
mostrando in che modo le norme producono la diseguaglianza ed
aprono lo spazio al razzismo. Più in particolare, l’autrice rileva il fatto
che le norme non si limitano a regolamentare la condizione di immigrato, ma tracciano e modellano un’identità carica di giudizi sullo
straniero. Ne è prova il fatto che la normativa sull’immigrazione sia
stata quasi interamente inserita sotto il capitolo “sicurezza”. D’altra
parte — osserva Clelia Bartoli — la distinzione legale tra cittadini
e stranieri si sta caricando di significati morali, come se si volesse
distinguere non già due status differenti per circostanze, ma due generi di umanità diseguali. Tale disomogeneità di trattamento inoltre
appare quanto più discriminatoria dal momento che lo straniero non
è un’ospite temporaneo del suolo italico, ma è un immigrato residente, soggetto alla legge al pari dei cittadini, senza poterne vantare
gli stessi diritti. Paolo Cuttitta, nel suo contributo La natura razzista
delle politiche italiane sull’immigrazione (. ), partendo da un’analisi

Michele Mannoia, Marco Antonio Pirrone
delle politiche italiane sull’immigrazione mette in evidenza come l’aumento vertiginoso della produzione normativa abbia dato vita ad una
sorta di diritto speciale per gli stranieri che sottopone gli immigrati a
continue rimodulazioni e restrizioni dei loro diversi status giuridici.
I diversi processi di inferiorizzazione giuridica, irregolarizzazione e
criminalizzazione che sono anche il prodotto di tale produzione normativa hanno poi evidenti ricadute simboliche negative che, a loro
volta, determinano pesanti conseguenze sulle condizioni materiali
e sulla stessa sfera affettiva della vita degli immigrati. Questi ultimi,
peraltro, possono vedere compressa anche la dimensione culturale e
religiosa della loro esistenza: attraverso la stigmatizzazione o la criminalizzazione di determinate pratiche e, più sottilmente, con l’accordo
di integrazione. Tramite quest’ultimo strumento, in particolare, si
chiede agli stranieri di conformarsi a un modello ideale di immigrato, accettando i presupposti razzializzanti del percorso integrativo
imposto. Il contributo di Alessandra Sciurba, Diritti respinti. Particolari conseguenze del razzismo istituzionale in Italia (. ), sostiene
che l’inferiorizzazione di un’intera categoria di popolazione al fine
del suo sfruttamento lavorativo ha necessitato la messa al bando dei
richiedenti asilo e dei rifugiati. Il loro allontanamento attraverso la
negazione della loro stessa condizione, avvenuta prima tramite lo
svuotamento del diritto stesso a chiedere protezione internazionale e
poi con la prassi dei respingimenti, si è rivelata infatti una operazione
estremamente vantaggiosa per il sistema economico e politico attuale
secondo diverse prospettive. Fulvio Vassallo Paleologo è autore del
saggio I rom in Italia tra razzismo istituzionale ed odio sociale. Quando
le norme e le prassi discriminano (. ). In questo contributo Vassallo
Paleologo, attraverso un’ampia rassegna della produzione normativa in materia di libera circolazione delle persone e di immigrazione
mette in evidenza la costante violazione di diritti costituzionali, anche
riconosciuti internazionalmente, dei cittadini stranieri. Analizzando
in particolare il cosiddetto “pacchetto sicurezza” mette in luce i pericoli di una deriva razzista ed antidemocratica contenuti nella attuale
legislazione che differenziando, sul piano dei diritti fondamentali, il
cittadino nazionale e il cittadino straniero, sottopongono quest’ultimo
ad un regime repressivo all’interno del quale le regole democratiche
Il razzismo in Italia. Analisi e bilanci
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e costituzionali a garanzia dell’individuo non hanno valore alcuno né
per gli immigrati, né tanto meno per i rom.
Nella terza parte, Mario G. Giacomarra propone una riflessione
dal titolo La comunicazione per l’integrazione: il ruolo dei media (. ).
L’autore discute del ruolo cruciale che i media possono e devono
svolgere nell’ambito di una società che si avvia a diventare sempre
più multietnica e multiculturale. Se da un lato l’espansione della rete
delle comunicazioni, può far pensare che la fine delle frontiere tra
popoli, culture e stati nazionali sia vicina; dall’altro lato, l’attualità rivela
che quegli scenari sono ancora remoti dal momento che stereotipi
e pregiudizi operano ancora massicciamente negli apparati di comunicazione. Analizzando la relazione tra immigrati e media, l’autore
sostiene che gli episodi di razzismo e di xenofobia che si registrano
nel nostro paese, siano in parte dovuti a vere e proprie carenze di
comunicazione all’interno delle quali si aprono gli spazi all’enfatizzazione della razzializzazione già operante a livello istituzionale e
sociale. Antonella Elisa Castronovo, nel suo contributo dal titolo Tra
inclusione ed esclusione. L’uso dei media nelle comunità senegalese e ghanese
(. ) analizza il ruolo che i mezzi di comunicazione svolgono al fine,
non solo di rafforzare la coesione interna delle comunità immigrate,
ma anche di creare uno spazio simbolico che allontani pregiudizi e
stereotipi nei confronti dei migranti e renda possibile un terreno di negoziazione con gli autoctoni nel quale favorire la conoscenza reciproca
tra cittadini italiani e stranieri. Il saggio è arricchito da un lavoro di
ricerca empirica svolto dall’autrice sull’uso dei media in due comunità
di immigrati della città di Palermo: quella senegalese e quella ghanese,
i cui risultati dimostrano come i mezzi di comunicazione possano
essere utilizzati allo stesso tempo per creare nuovi spazi di dialogo e
di democrazia o per rinforzare l’appartenenza identitaria. La sfida che
si può raccogliere a partire da queste riflessioni della Castronovo è
quella di concepire i media come strumento di elaborazione di una
democrazia transnazionale che dia spazio al dialogo e al confronto,
favorendo un pluralismo di tipo culturale, politico e mediatico. Nel
saggio dal titolo Media e migranti: l’Altro nell’informazione italiana. È
tutta colpa dei media? (. ), Francesca Rizzuto dimostra come il
giornalismo, in una società attraversata da processi di ostilità verso

Michele Mannoia, Marco Antonio Pirrone
lo straniero e in una fase di dipendenza cognitiva dalle narrazioni
mediali, possa contribuire a produrre nuove ovvietà. Poiché, infatti,
al pari di altri media, il giornalismo rappresenta una delle principali
fonti di informazione ma anche di costruzione della realtà, il rischio
è che possa, naturalizzando lo statu quo, produrre una pseudo–realtà
in cui gli stereotipi e i pregiudizi verso l’Altro possano sedimentarsi
ulteriormente, finendo con il rafforzare le dimensioni cognitive del
razzismo.
Nell’ultima parte del volume, Roberta Di Rosa, nel suo Oltre discriminazione e razzismo: verso una competenza professionale transculturale
(. ), si interroga sulle conseguenze che le migrazioni determinano sul sistema dei servizi, in particolare quelli sociali, guardando al
problema dal punto di vista dei professionisti che in essi operano. Gli
utenti stranieri infatti rappresentano una sfida per l’organizzazione
dei servizi, implicando nuove domande e nuovi costi che acuiscono la
crisi dei sistemi di welfare. Inoltre, la presenza straniera diventa una sfida anche dal punto di vista del cambiamento richiesto ai professionisti
chiamati a rimodulare i principi del loro operato contestualizzandone
gli output al nuovo scenario creatosi. Fulvia Romana Pirrone, in Razzismo di genere: una questione tra donne. Riflessione al femminile sulle nuove
forme di “servitù domestica” (. ), analizza specificamente il mercato
della cura, che vede protagoniste un gran numero di donne immigrate
in una relazione con altre donne, in quanto datrici di lavoro. Fulvia
Pirrone, utilizzando un’ottica di genere, mette in luce le contraddizioni, le false ideologie e le ipocrisie che sottendono queste particolari
relazioni di lavoro tra donne, mettendo in luce il pericolo di una nuova
e ulteriore dimensione del razzismo, per certi versi ancora più pericolosa, poiché occultata, all’interno della relazione di genere, da un
ambiguo, quando non falso, senso di solidarietà e di sorellanza che ci
si dovrebbe attendere tra donne in quanto, come genere, discriminate
a loro volta nel contesto sociale. Infine, il lavoro di Roberta Ruggieri,
Minori stranieri in Italia tra discriminazione e razzismo (. ), indaga
le modalità con cui, attraverso l’estensione ai minori stranieri delle
stesse politiche repressive ed escludenti adottate nei confronti degli
immigrati adulti, si frappongano scogli difficilmente sormontabili per
realizzare una effettiva integrazione nel tessuto sociale dei minorenni
Il razzismo in Italia. Analisi e bilanci
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stranieri. Tali politiche, infatti, si aggiungono alla situazione paradigmatica dell’esclusione sociale derivante dalla impossibilità per il
minore straniero nato in Italia di acquisire lo status di cittadino all’atto
della nascita. In tal modo, i minorenni stranieri restano imbrigliati
tra la pressione a diventare “italiani” e la necessità di conservare le
tradizioni del gruppo di “origine”. Ma tutto questo non può avvenire
in virtù di una loro libera scelta o di un reale ed esperito confronto
con la società in cui si trovano a crescere e a vivere, ed avviene invece
per decisioni politiche imposte dall’alto e non negoziabili.
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