LA NUOVA CONTABILITA` DELL`UNIVERSITA`

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LA NUOVA
CONTABILITA’
DELL’UNIVERSITA’
A cura di Paolo Parodi
1
IV MODULO
Studio Tributario Paolo Parodi
2
LE SCRITTURE DI APERTURA
In sede di primo impianto della contabilità economicopatrimoniale, occorre :
1) Predisporre un piano dei conti in cui i singoli conti siano
agganciati alle linee di bilancio d’esercizio obbligatorie
2) Aprire le due serie di conti, come mostrato per le scritture di
riapertura a regime e cioè conti numerari e conti economici di
capitale (accesi al patrimonio netto ed ai costi e ricavi
sospesi)
3) Per valorizzare le singole grandezze, ricordare i principi di
impostazione della contabilità ed oggi contenuti nell’art. 4
della bozza di decreto attuativo del D.lgs. 18/12 ed evidenziati
nella parte relativa ai principi generali
LA PREDISPOSIZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
INIZIALE : CRITERI GENERALI
Patrimonio immobiliare e terreni di proprietà:
è necessario procedere ad una stima a valori di mercato o
comunque al costo di ricostruzione.
Successivamente occorre determinare il fondo
ammortamento cumulato nel tempo, tenendo conto del
momento iniziale in cui il cespite ha iniziato ad essere
utilizzato in ateneo e della vita utile media per la specifica
tipologia di bene.
Alternativa ipotizzabile:
Valorizzazione secondo le regole IMU: rendita catastale
rivalutata con moltiplicatori distinti per categorie
LA PREDISPOSIZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
INIZIALE : CRITERI GENERALI
Immobili e terreni di terzi a disposizione:
il relativo valore va imputato nei conti d’ordine,
salvo i casi in cui l’ateneo non abbia diritti reali perpetui
su tali beni.
In quest’ultimo caso anche il valore di tali immobili va
imputato tra le immobilizzazioni
LA PREDISPOSIZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
INIZIALE : CRITERI GENERALI
Beni mobili:
è necessario procedere ad una ricognizione inventariale di ateneo.
Successivamente occorre determinare il fondo ammortamento
cumulato nel tempo, tenendo conto del momento iniziale in cui il
cespite ha iniziato ad essere utilizzato in ateneo e della vita utile
media per la specifica tipologia di bene.
In sede di determinazione del primo Stato Patrimoniale, è possibile
non comprendere nella imputazione contabile (ma si suggerisce di
comprenderli comunque nella ricognizione inventariale ed in nota
integrativa annuale) i beni già interamente ammortizzati.
E’ ipotizzabile considerare interamente ammortizzati beni posseduti da un
certo numero di anni, fissato anche in misura distinta per categorie di
beni.
Eventuali contributi in conto capitale ricevuti per il finanziamento delle
immobilizzazioni vanno inseriti nella voce risconti passivi di stato
patrimoniale solo per la parte a copertura del residuo valore da
ammortizzare del cespite.
LA PREDISPOSIZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
INIZIALE : CRITERI GENERALI
Immobilizzazioni finanziarie:
sono iscritte al valore di acquisizione, corretto di eventuali perdite durevoli
di valore.
Residui attivi e passivi di contabilità finanziaria:
preliminare è la verifica della loro effettiva sussistenza.
I residui riconducibili, secondo i principi della contabilità economico
patrimoniale, a crediti e debiti vanno classificati nelle relative poste;
altrimenti vanno classificati negli “altri fondi per oneri” del passivo di stato
patrimoniale (ad esempio fondi accantonati per il pagamento del fondo
accessorio al personale) o nelle diverse riserve di patrimonio netto.
Nel tempo poi tali voci verranno utilizzate a copertura dei relativi costi.
Ordini e contratti che al 31/12 dell’ultimo esercizio in contabilità finanziaria
risultano non ancora legati ad una fattura o ad un compenso:
vanno migrati nel nuovo esercizio in competenza, aumentando
corrispondentemente l’avanzo libero o l’avanzo vincolato.
LA PREDISPOSIZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
INIZIALE : CRITERI GENERALI
Crediti e debiti tributari
Nelle voci di credito e debito è necessario inserire anche eventuali crediti
e debiti tributari emersi dal modello Unico dell’esercizio precedente a
quello di introduzione della contabilità economico patrimoniale.
Idem per l’Iva o per le ritenute su lavoro dipendente o autonomo operate
ma non ancora versate al 31.12
Mutui:
devono essere imputati alle voci di debito a medio lungo-termine, tenendo
traccia degli importi in scadenza
- entro i dodici mesi,
- entro i tre anni,
- entro i cinque anni
- oltre i cinque anni.
LA PREDISPOSIZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
INIZIALE : CRITERI GENERALI
Progetti finanziati:
Occorre determinare il loro stato avanzamento al 31/12
dell’ultimo esercizio in contabilità finanziaria.
A tal fine è necessario confrontare i ricavi registrati fino a quel
momento a partire dall’avvio del progetto con i costi: nel caso
in cui i ricavi siano maggiori si procede alla valorizzazione dei
risconti.
Nella bozza di decreto si legge che, in caso di passaggio
dalla contabilità finanziaria per cassa alla contabilità
economico patrimoniale, è possibile sostituire i dati di costo e
ricavo con i dati di pagato e incassato: è una prassi che non
consiglio
LA PREDISPOSIZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
INIZIALE : CRITERI GENERALI
Avanzo libero:
deve essere imputato in una riserva utilizzabile denominata
“riserva derivante da avanzo libero esercizi precedenti”.
Avanzo vincolato:
deve essere suddiviso tra le diverse poste di riserva, di fondo
o di risconto del passivo di Stato Patrimoniale, attraverso
un’analisi puntuale delle differenti determinanti.
Patrimonio netto iniziale
L’eventuale differenza che dovesse emerge tra attivo e
passivo patrimoniale va imputata ad una voce indisponibile di
Patrimonio Netto “Patrimonio Netto di Apertura indisponibile”.
LA PREDISPOSIZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
INIZIALE : ESEMPLIFICAZIONI CONCRETE
SI RINVIA AL FILE DI EXCEL ALLEEGATO
PER UN’IPOTESI DI LAVORO
CONSISTENTE NELLA COSTRUZIONE DELLO STATO
PATRIMONIALE DEL POLITECNICO
SULLA BASE DELL’ULTIMO STATO PATRIMONIALE
APPROVATO IN ALLEGATO AL RENDICONTO
FINANZIARIO 2011
LA COSTRUZIONE DEL
RENDICONTO FINANZIARIO
RENDICONTO FINANZIARIO (modello allegato alla bozza di decreto)
FLUSSO MONETARIO (CASH FLOW) ASSORBITO/GENERATO DALLA GESTIONE CORRENTE
RISULTATO NETTO
Rettifica voci che non hanno avuto effetto sulla liquidità:
AMMORTAMENTI E SVALUTAZIONI
VARIAZIONE NETTA DEI FONDI RISCHI ED ONERI
VARIAZIONE NETTA DEL TFR
FLUSSO MONETARIO (CASH FLOW) ASSORBITO/GENERATO DALLE VARIAZIONI DEL CAPITALE
CIRCOLANTE
(AUMENTO)/DIMINUZIONE DEI CREDITI
(AUMENTO)/DIMINUZIONE DELLE RIMANENZE
AUMENTO/(DIMINUZIONE) DEI DEBITI
VARIAZIONE DI ALTRE VOCI DEL CAPITALE CIRCOLANTE
A) FLUSSO DI CASSA (CASH FLOW) OPERATIVO
INVESTIMENTI IN IMMOBILIZZAZIONI:
-MATERIALI
-IMMATERIALI
-FINANZIARIE
B) FLUSSO MONETARIO (CASH FLOW) DA ATTIVITA’ DI INVESTIMENTO
ATTIVITA’ DI FINANZIAMENTO:
AUMENTO DI CAPITALE
VARIAZIONE NETTA DEI FINANZIAMENTI A MEDIO-LUNGO TERMINE
C) FLUSSO MONETARIO (CASH FLOW) DA ATTIVITA’ DI FINANZIAMENTO
D) FLUSSO MONETARIO (CASH FLOW) DELL’ESERCIZIO (A+B+C)
DISPONIBILITA’ MONETARIA NETTA INIZIALE
DISPONIBILITA’ MONETARIA NETTA FINALE
FLUSSO MONETARIO (CASH FLOW) DELL’ESERCIZIO
A cura di Paolo Parodi
13
LA COSTRUZIONE E L’INTERPRETAZIONE DEL
RENDICONTO FINANZIARIO
I FLUSSI FINANZIARI VENGONO ANALIZZATI IN RELAZIONE
ALL’AREA DI GESTIONE CHE LI HA GENERATI/ASSORBITI:
Distinguiamo :
A) FLUSSO DI CASSA (CASH FLOW) OPERATIVO, articolato in:
flusso generato da gestione corrente
flusso generato da variazioni del capitale circolante
B) FLUSSO MONETARIO (CASH FLOW) DA ATTIVITA’ DI
INVESTIMENTO
C) FLUSSO MONETARIO (CASH FLOW) DA ATTIVITA’ DI
FINANZIAMENTO
Il risultato è :
FLUSSO MONETARIO (CASH FLOW) DELL’ESERCIZIO (A+B+C)
Tale flusso deve coincidere con la differenza fra la disponibilità monetaria
netta finale e quella iniziale
LA COSTRUZIONE E L’INTERPRETAZIONE DEL
RENDICONTO FINANZIARIO: IL CASH FLOW OPERATIVO
FLUSSO MONETARIO (CASH FLOW) ASSORBITO/GENERATO
DALLA GESTIONE CORRENTE
PUNTO DI PARTENZA : IL RISULTATO NETTO da conto economico
E’ un dato che deriva da imputazioni per competenza, a prescindere dai
flussi finanziari
Occorre dunque operare delle rettifiche a fronte delle voci che non hanno
avuto effetto sulla liquidità:
AMMORTAMENTI E SVALUTAZIONI
VARIAZIONE NETTA DEI FONDI RISCHI ED ONERI
VARIAZIONE NETTA DEL TFR
LA COSTRUZIONE E L’INTERPRETAZIONE DEL
RENDICONTO FINANZIARIO: IL CASH FLOW OPERATIVO
FLUSSO MONETARIO (CASH FLOW) ASSORBITO/GENERATO
DALLE VARIAZIONI DEL CAPITALE CIRCOLANTE
E’ determinato dalle seguenti voci (le voci in parentesi evidenziano
decrementi di liquidità; il riferimento è alla situazione patrimoniale al 31.12
dell’anno precedente):
(AUMENTO)/DIMINUZIONE DEI CREDITI
(AUMENTO)/DIMINUZIONE DELLE RIMANENZE
AUMENTO/(DIMINUZIONE) DEI DEBITI
VARIAZIONE DI ALTRE VOCI DEL CAPITALE CIRCOLANTE
LA COSTRUZIONE E L’INTERPRETAZIONE DEL
RENDICONTO FINANZIARIO:
IL CASH FLOW DA ATTIVITA’ DI INVESTIMENTO
IL CASH FLOW RELATIVO ALL’AREA INVESTIMENTI E’ GENERATO
DAGLI INVESTIMENTI IN IMMOBILIZZAZIONI E DALLE RELATIVE
DISMISSIONI:
Gli investimenti effettuati nell’anno consumano risorse finanziarie, mentre
le dismissioni le generano
Il cash flow si determina:
- (aumento)/diminuzione di IMM. MATERIALI
- (aumento)/diminuzione di IMM. IMMATERIALI
- (aumento)/diminuzione di IMM. FINANZIARIE
LA COSTRUZIONE E L’INTERPRETAZIONE DEL
RENDICONTO FINANZIARIO:
IL CASH FLOW DA ATTIVITA’ DI FINANZIAMENTO
IL CASH FLOW RELATIVO ALL’ATTIVITA’ DI FINANZIAMENTO E’
GENERATO DA:
- AUMENTI DI CAPITALE diversi dal risultato d’esercizio : possono
derivare da finanziamenti esterni non transitati a conto economico,
donazioni, ecc.
- VARIAZIONE NETTA DEI FINANZIAMENTI A MEDIO-LUNGO
TERMINE
Il cash flow si determina:
- in senso negativo per le diminuzioni
- in senso positivo per gli aumenti
LA CONTABILITA’
ANALITICA : CENNI
L’IMPOSTAZIONE
Preliminarmente occorre individuare la struttura organizzativa per
individuare i CENTRI DI RESPONSABILITA’
I centri di responsabilità saranno le strutture che propongono i piani di
budget ed a cui verranno assegnate frazioni del budget unico di Ateneo
All’interno di ogni centro di responsabilità, dovranno essere individuati
CENTRI DI COSTO/PROVENTO. Si ritiene infatti preferibile impostare un
sistema di contabilità analitica per CDC tradizionale piuttosto che per
attività (activity based costing: vedasi infra)
Potranno essere individuati anche PROGETTI trasversali rispetto ai CDC
o anche ai CDR, con un proprio responsabile, a fronte dei quali saranno
previste, assegnate e imputate risorse specifiche
L’IMPOSTAZIONE
Un centro di costo si individua in :
- un’unità organizzativa dell’ente
- o anche in una unità meramente contabile che non trova riscontro nella
struttura organizzativa ma di cui è utile determinare i costi sostenuti
I centri di costo possono essere classificati secondo criteri diversi.
Una classificazione che consideri il criterio funzionale può prevedere:
a) Centri produttivi : svolgono attività operative che danno contenuto
direttamente ai servizi erogati; ad esempio: i singoli laboratori od anche i
singoli corsi di insegnamento
b) Centri ausiliari : svolgono attività di supporto ai centri produttivi; ad
esempio il magazzino, le singole segreterie di Dipartimento, la centrale
telefonica, quella termica, il servizio manutenzioni
c) Centri funzionali : accolgono i costi sostenuti dall’ente nel suo
complesso; ad esempio gli Organi istituzionali, la direzione generale, la
segreteria generale, il servizio Patrimonio, la Ragioneria
L’IMPOSTAZIONE
Occorre predisporre un PIANO DEI CENTRI DI COSTO
La scelta di un piano non è irreversibile, ma può essere successivamente
modificata e/o implementata
E’ possibile partire dal piano dei conti di contabilità generale
L’analisi del piano dei conti è per natura di costo
L’analisi del piano dei centri di costo è per destinazione dei costi
Perciò è possibile che, passando dal piano dei conti al piano dei centri di
costo, si rendano necessarie operazioni talora di aggregazione e talora di
disaggregazione
LA CONTABILITA’ ANALITICA PER CENTRI DI COSTO
In sintesi, la contabilità analitica per CDC prevede le seguenti fasi logiche:
1) Con riferimento ai costi di competenza economica, si imputano i costi ai
singoli centri produttivi, ausiliari e funzionali; l’imputazione deve riguardare
sia i costi ad essi attribuibili direttamente (quando il costo si riferisce
unicamente a quel determinato centro) sia anche quelli attribuibili
indirettamente (quando il costo da attribuire riguardi più centri e non si
ritenga istituire un apposito centro)
2) Ribaltamento sui centri produttivi dei costi attribuiti come sub 1 ai centri
ausiliari ed a quelli funzionali
3) Imputazione ai prodotti ed ai servizi dei costi precedentemente
eventualmente non attribuiti ai vari CDC
4) Imputazione ai prodotti ed ai servizi dei costi dei centri produttivi post
ribaltamento su di essi come sub 2
LE IMPOSTAZIONI DELLA CONTABILITA’ ANALITICA
A livello extracontabile, si potrebbero predisporre tabelle di risultati come
di seguito ipotizzato:
- Quadro di correlazione servizi/centri: deve evidenziare il rapporto trai
prodotti/servizi ed i centri di costo produttivi
- Distinta base di prodotto: per accogliere per ciascun prodotto/servizio i
costi via via attribuiti, sia direttamente che indirettamente, attraverso le fasi
dell’iscrizione diretta o del ribaltamento dei costi ausiliari e funzionali
- Quadro di analisi dei costi per centro: tabella a doppia entrata che
riporti per riga le diverse voci di costo e per colonna i centri di costo
(produttivi, ausiliari e funzionali) ove sono stati assegnati, ante
ribaltamento
LE IMPOSTAZIONI DELLA CONTABILITA’ ANALITICA
Quadro di correlazione servizi/centri: deve evidenziare il rapporto trai
prodotti/servizi ed i centri di costo produttivi
ESEMPIO
Alfa
Servizio A
Servizio B
Servizio C
…………..
Centri produttivi
Beta
Gamma
X
X
…….
X
X
X
LE IMPOSTAZIONI DELLA CONTABILITA’ ANALITICA
Quadro di analisi dei costi per centro: tabella a doppia entrata che riporti
per riga le diverse voci di costo e per colonna i centri di costo (produttivi,
ausiliari e funzionali) ove sono stati assegnati, ante ribaltamento
ESEMPIO
costi
base
centri di costo
da
di
centri produttivi
ausiliari
ripartir riparto
A B C D E F
Costi originari
Person. docente
Person. amm vo
Materie prime
Energia
……….
Costi da ribaltamento
Centro ausiliario E
Centro ausiliario F
funzionali
G
H
LE IMPOSTAZIONI DELLA CONTABILITA’ ANALITICA
Distinta base di prodotto: per accogliere per ciascun prodotto/servizio i
costi via via attribuiti, sia direttamente che indirettamente, attraverso le fasi
dell’iscrizione diretta o del ribaltamento dei costi ausiliari e funzionali
ESEMPIO
basi di
riparto
Costi diretti
Personale diretto
Materie prime
Altri
Costi indiretti
Centro produttivo 1
Centro produttivo 2
Centro funzionale 1
………..
A
prodotti/ servizi
B
C
D
LA CONTABILITA’ ANALITICA PER CENTRI DI COSTO
Le fasi più critiche sono rappresentate :
- dalla assegnazione dei costi indiretti ai centri produttivi, ai centri ausiliari
ed a quelli funzionali
- dal ribaltamento sui centri produttivi dei costi dei centri ausiliari.
Occorre individuare tecniche e coefficienti di riparto che siano
sufficientemente rappresentative del legame funzionale/causale.
Spesso vengono individuate basi di riparto convenzionali (quali ore
lavorate, numero di determinazioni, spazi occupati, ecc.) che possono
portare a risultanze semplicistiche e non sempre attendibili
LE FINALITA’ DELLA CONTABILITA’ ANALITICA
ESEMPIO.
Si potrebbe assumere come servizio un corso di laurea e come centri
produttivi i vari corsi di insegnamento
Ad esso si riferiscono centri ausiliari (normalmente all’interno del
Dipartimento) e centri funzionali (normalmente a livello di struttura
centrale).
Occorre definire :
1) Costi diretti del centro produttivo : ad esempio i docenti ed il materiale di
laboratorio specificamente impiegato per gli specifici insegnamenti
2) Costi indiretti del centro produttivo : ad esempio materiale didattico o di
laboratorio non specificamente attribuibile, utenze, ecc.
3) Costi diretti delle strutture del Dipartimento intese quali centri ausiliari
4) Costi indiretti delle strutture dipartimentali; se qui ribaltiamo (con criterio
da definire) le strutture centrali, possiamo ipotizzare che non vi siano
centri ausiliari a livello centrale
5) Criteri di ribaltamento (ad esempio una percentualizzazione sul numero
degli studenti o dei docenti) dei costi sub 3 e 4 sul centro produttivo
LE FINALITA’ DELLA CONTABILITA’ ANALITICA
Lo svolgimento dello stesso tipo di
attività da parte di una pluralità di centri
consente anche di impostare processi di
benchmarking interno, finalizzate a
individuare e diffondere all’interno
dell’Ateneo le migliori prassi operative
IMPOSTAZIONE ALTERNATIVA: ACTIVITY BASED COSTING
Si configura come modalità di calcolo dei costi fondata sulle attività,
corrispondenti ai processi operativi dell’ente, necessari per ottenere un
prodotto/servizio.
Assume valenza centrale il concetto di «attività»/»processo», in quanto
è lo svolgimento di esse che consente la realizzazione dei servizi, che
determina l’utilizzo delle risorse e che genera il sostenimento dei costi.
Conseguentemente, i costi devono essere attribuiti innanzi tutto alle
attività e poi ai prodotti/servizi.
Quanto sopra presuppone una mappatura delle attività, anche in modo
trasversale rispetto alle unità organizzative (da organigramma).
Trattasi di mappatura per processi e non per unità organizzative.
GLI INDICATORI
PER LE DISPOSIZIONI NORMATIVE IN ESSERE
E PER LE PROSPETTIVE FUTURE
SI RINVIA
ALLE PRIME SLIDES DELLA PARTE IMMEDIATAMENTE SUCCESSIVA
CHE RIGUARDA
INTERPRETAZIONE ED ANALISI DEL BILANCIO
L’INTERPRETAZIONE E
L’ANALISI DEL BILANCIO
per l’Ateneo e per le società partecipate
DISPOSIZIONI NORMATIVE
D.LGS. 91/2011 ART. 19
Le amministrazioni pubbliche, contestualmente al bilancio di previsione ed
al bilancio consuntivo, presentano un documento denominato “Piano
degli indicatori e risultati attesi di bilancio”, al fine di :
- illustrare gli obiettivi della spesa,
- misurarne i risultati
- monitorarne l'effettivo andamento in termini di servizi forniti e di interventi
realizzati.
Il Piano illustra il contenuto di ciascun programma di spesa ed espone
informazioni sintetiche relative ai principali obiettivi da realizzare, con
riferimento agli stessi programmi del bilancio per il triennio della
programmazione finanziaria, e riporta gli indicatori individuati per
quantificare tali obiettivi, nonché la misurazione annuale degli stessi
indicatori per monitorare i risultati conseguiti.
Il Piano è coerente con il sistema di obiettivi ed indicatori adottati da
ciascuna amministrazione ai sensi del D.Lgs. 150/09.
DISPOSIZIONI NORMATIVE
D.LGS. 91/2011 ART. 19
Al fine di assicurare il consolidamento e la confrontabilità degli
indicatori di risultato, le amministrazioni vigilanti definiscono,
per le amministrazioni pubbliche di loro competenza,
comprese le unità locali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera
b), il sistema minimo di indicatori di risultato che ciascuna
amministrazione ed unità locale deve inserire nel proprio
Piano.
Tale sistema minimo è stabilito con decreto del Ministro
competente d'intesa con il Ministro dell'economia e delle
finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400.
DISPOSIZIONI NORMATIVE
D.LGS. 91/2011 ART. 20
Il Piano è pubblicato nel sito dell'amministrazione interessata
in una sezione accessibile dalla pagina principale denominata
“trasparenza, valutazione e merito”.
Gli enti vigilati trasmettono il Piano annualmente, unitamente
al documento di previsione e al bilancio consuntivo, al
Ministero vigilante per il consolidamento ed il monitoraggio
degli obiettivi connessi all'azione pubblica, nonché alla
Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità
delle amministrazioni pubbliche, ai fini del coordinamento con
il piano delle performance previsto dall’art. 10 del D.Lgs.
DISPOSIZIONI NORMATIVE
D.LGS. 91/2011 ART. 21
Il Piano illustra le principali finalità perseguite attraverso i programmi di
spesa del bilancio in termini di livello, copertura e qualità dei servizi
erogati, ovvero l'impatto che i programmi di spesa, unitamente a fattori
esogeni, intendono produrre sulla collettività, sul sistema economico e sul
contesto di riferimento.
Ciascuna finalità è caratterizzata da uno o più obiettivi significativi che
concorrono alla sua realizzazione.
Per ciascun programma, il Piano fornisce:
a)  u na descrizione sintetica degli obiettivi sottostanti, al fine
dell'individuazione dei potenziali destinatari o beneficiari del servizio o
dell'intervento, nonché la sua significatività;
b) il triennio di riferimento o l'eventuale arco temporale previsto per la sua
realizzazione;
c) uno o più indicatori diretti a misurare l'obiettivo ed a monitorare la sua
realizzazione.
DISPOSIZIONI NORMATIVE
D.LGS. 91/2011 ART. 21
Per ciascun indicatore, il Piano fornisce:
a) una definizione tecnica, idonea a specificare l'oggetto della misurazione
dell'indicatore e l'unità di misura di riferimento;
b) la fonte del dato, ossia il sistema informativo interno, la rilevazione
esterna, o l'istituzione dalla quale si ricavano le informazioni necessarie al
calcolo dell'indicatore, che consenta di verificarne la misurazione;
c) il metodo o la formula applicata per il calcolo dell'indicatore;
d) il valore “obiettivo”, consistente nel risultato atteso dall'indicatore in
relazione alla tempistica di realizzazione;
e) l'ultimo valore effettivamente osservato dall'indicatore.
Il Piano individua, inoltre, specifiche azioni avviate dall'amministrazione
per consolidare il sistema di indicatori di risultati disponibili.
DISPOSIZIONI NORMATIVE
D.LGS. 91/2011 ART. 22
Alla fine di ciascun esercizio finanziario e in accompagnamento al bilancio
consuntivo, il Piano è integrato con le risultanze osservate in termini di
raggiungimento dei risultati attesi e le motivazioni degli eventuali
scostamenti.
Ai fini del monitoraggio del Piano, gli obiettivi e gli indicatori selezionati,
nonché i valori obiettivo per l'esercizio finanziario di riferimento e per l'arco
temporale pluriennale sono i medesimi indicati nella fase di previsione. Il
Piano è aggiornato in corrispondenza di ogni nuovo esercizio di bilancio,
sia tramite la specificazione di nuovi obiettivi e indicatori, che attraverso
l'aggiornamento dei valori obiettivo e la soppressione di obiettivi già
raggiunti oppure oggetto di ripianificazione.
DISPOSIZIONI NORMATIVE
D.LGS. 91/2011 ART. 23
Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da
adottare entro il 31 dicembre 2012, sono definite le linee
guida generali per l'individuazione di criteri e metodologie per
la costruzione di un sistema di indicatori, ai fini della
misurazione dei risultati attesi dai programmi di bilancio.
Con il medesimo decreto sono individuate le modalità per
eventuali aggiornamenti delle stesse linee guida generali.
DISPOSIZIONI NORMATIVE
Approvate le linee guida generali per l’individuazione dei criteri e delle
metodologie per la costruzione di un sistema di indicatori ai fini della
misurazione dei risultati attesi dai programmi di bilancio, ai sensi
dell’articolo 23 del D.Lgs. n. 91/2011.
Le norme si applicano alle amministrazioni pubbliche ex art. 1, comma 2,
D.Lgs. n. 165/2001, ad esclusione delle regioni, degli enti locali, dei loro
enti ed organismi strumentali e degli enti del Servizio sanitario nazionale.
Con appositi provvedimenti del Dipartimento della funzione pubblica,
d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, verranno diramate
le istruzioni tecniche ed i modelli da utilizzare per la predisposizione del
piano degli indicatori e dei risultati attesi e per il loro monitoraggio.
(
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 18 settembre
2012 – G.U. n. 226 del 27-9-2012).
IL PIANO DEGLI INDICATORI
Art. 3 DPCM 18.09.12
Per ogni programma di spesa, il piano fornisce:
a) una descrizione sintetica dei rispettivi obiettivi
b) il triennio di riferimento;
c) un numero di indicatori che consenta di misurare ciascun obiettivo.
Per ciascun indicatore, il piano fornisce:
a) la tipologia di indicatore utilizzata;
b) una definizione tecnica dell’indicatore che consente di specificare cio’
che esso misura e l’unita’ di misura di riferimento;
c) la fonte dei dati dalla quale si ricavano le informazioni necessarie al
calcolo dell’indicatore e che consente di verificarne la misurazione;
d) il metodo o l’algoritmo di calcolo dell’indicatore;
e) il «valore obiettivo», ossia il risultato atteso dell’indicatore con
riferimento alla tempistica di realizzazione;
f) il valore effettivamente osservato dall’indicatore nell’esercizio finanziario
immediatamente precedente al triennio di programmazione, se disponibile.
GLI INDICATORI
Tipologia di classificazione degli indicatori : art. 6 DPCM 18.09.12
Le tipologie di classificazione degli indicatori utilizzabili nel piano degli
indicatori e dei risultati attesi sono indicate di seguito:
a) indicatori di realizzazione fisica: rappresentano il volume dei prodotti e
dei servizi erogati;
b) indicatori di risultato (output): rappresentano l’esito del programma di
spesa;
c) indicatori di impatto (outcome): esprimono l’impatto che il programma di
spesa, insieme ad altri enti e a fattori esterni, produce sulla collettivita’ e
sul contesto.
d) indicatori di realizzazione finanziaria: indicano l’avanzamento della
spesa prevista per la realizzazione dell’obiettivo o dell’intervento.
e) altre tipologie di indicatori che, in relazione alle peculiarita’ delle
amministrazioni, esprimano il grado di raggiungimento dell’obiettivo.
Il piano individua, inoltre, specifiche azioni avviate dall’amministrazione
per consolidare il sistema di indicatori di risultato disponibili
GLI INDICATORI
Art. 7 DPCM 18.09.12
Con appositi provvedimenti del Dipartimento della funzione
pubblica, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle
finanze, verranno diramate istruzioni tecniche e modelli da
utilizzare per la predisposizione del piano degli indicatori e dei
risultati attesi e per il loro monitoraggio, tenuto anche conto
degli indirizzi adottati con delibere della commissione di cui
all’art. 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
Eventuali aggiornamenti delle presenti linee guida potranno
essere adottati mediante appositi decreti del Ministro della
funzione pubblica d’intesa con il Ministro dell’economia e delle
finanze.
DISPOSIZIONI NORMATIVE
Approvate le linee guida generali per l’individuazione dei criteri e delle
metodologie per la costruzione di un sistema di indicatori ai fini della
misurazione dei risultati attesi dai programmi di bilancio, ai sensi
dell’articolo 23 del D.Lgs. n. 91/2011.
Le norme si applicano alle amministrazioni pubbliche ex art. 1, comma 2,
D.Lgs. n. 165/2001, ad esclusione delle regioni, degli enti locali, dei loro
enti ed organismi strumentali e degli enti del Servizio sanitario nazionale.
Con appositi provvedimenti del Dipartimento della funzione pubblica,
d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, verranno diramate
le istruzioni tecniche ed i modelli da utilizzare per la predisposizione del
piano degli indicatori e dei risultati attesi e per il loro monitoraggio.
(
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 18 settembre
2012 – G.U. n. 226 del 27-9-2012).
L’INTERPRETAZIONE DEL BILANCIO
I DOCUMENTI CHE COMPONGONO IL SISTEMA INFORMATIVO DI
BILANCIO DEVONO CONSENTIRE AGLI STAKEHOLDERS DI
ESPRIMERE APPREZZAMENTO SU :
- SITUAZIONE ECONOMICA : capacità dell’azienda di conseguire una
redditività congrua
-  SITUAZIONE FINANZIARIA : attitudine a mantenere equilibrio fra
entrate e uscite
-  SITUAZIONE PATRIMONIALE : capacità di conservare e migliorare il
patrimonio aziendale
L’INTERPRETAZIONE DEL BILANCIO
-  PRIMA FASE : interpretazione letterale del bilancio, cioè comprensione
delle singole voci ed analisi dei loro contenuti. E’ importante la lettura della
nota integrativa e della relazione sulla gestione (nuovo art. 2428 C.C. dal
2008) nonché della relazione del collegio sindacale, la quale deve
esprimere anche giudizio di coerenza sulla relazione sulla gestione
-  SECONDA FASE : revisione del bilancio, cioè verifica dell’attendibilità e
della veridicità delle voci (organi di controllo contabile per i bilanci annuali,
due diligence in caso di operazioni di acquisto/cessione)
-  TERZA FASE : interpretazione prospettica con analisi di bilancio
finalizzate a cogliere le possibili evoluzioni aziendali
LE ANALISI DI BILANCIO
-  ANALISTI INTERNI : verificare in un’ottica strategica i punti di forza e di
debolezza
-  ANALISTI ESTERNI : obiettivi diversi a seconda delle informazioni che
si vogliono assumere .
-  investitori : condizioni di remunerazione del capitale investito
-  finanziatori/banche : capacità di restituzione dell’impresa
LE ANALISI DI BILANCIO
-  ANALISI PER INDICI : è effettuata sulla base di rapporti tra valori,
desunti da bilancio ma anche extracontabili
-  ANALISI PER FLUSSI : basata sui movimenti finanziari e sui rapporti fra
fonti e impieghi
-  NON HANNO SIGNIFICATO AUTONOMO MA DEVONO ESSERE
CORRELATI FRA LORO, OPERANDO RAFFRONTI SU ANNUALITA’
DIVERSE E SU MEDIE DI IMPRESE DEL SETTORE
LE ANALISI DI BILANCIO
Non esistono disposizioni normative.
Conseguentemente le diverse pluralità di indicatori possono avere sigle e
formule diverse.
E’ sempre importante capire :
-  i criteri adottati nella riclassificazione del bilancio,
-  cosa è messo dentro agli indicatori.
E’ importante l’andamento temporale degli indicatori ed il confronto con
analoghi indicatori di imprese dello stesso settore o comunque
comparabili.
RICLASSIFICAZIONE A VALORE
AGGIUNTO
CONTO ECONOMICO
RICLASSIFICAZIONE A COSTO
DEL VENDUTO
RICLASSIFICAZIONE SECONDO
IL CRITERIO FINANZIARIO PER
LIQUIDITÀ CRESCENTE O
DECRESCENTE
STATO PATRIMONIALE
RICLASSIFICAZIONE SECONDO
IL CRITERIO FUNZIONALE
RICLASSIFICAZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
Lo Stato Patrimoniale deve essere rielaborato secondo criteri finanziari
Il patrimonio è considerato come un insieme di investimenti in attesa di
realizzo
PROSPETTO FONTI - IMPIEGHI :
ATTIVO = IMPIEGHI : gli elementi vengono riclassificati in ordine alla loro
liquidabilità, cioè all’attitudine a trasformarsi in denaro in misura
conveniente; l’ordine della liquidità può essere crescente ovvero
decrescente
PASSIVO = FONTI : gli elementi vengono esposti in ordine alla loro
esigibilità e cioè al tempo più o meno breve entro il quale si deve
provvedere al loro rimborso.
STATO PATRIMONIALE RICLASSIFICATO
(secondo il criterio finanziario per liquidità crescente)
ATTIVO
PASSIVO
Patrimonio/capitale netto
Pn
Immobilizzazioni
Capitale proprio
Cp
- immateriali
Utile d’esercizio
Re
Attivo fisso/immobilizzato
Im
- materiali
Passività consolidate
- finanziarie
Dc
Debiti a media scadenza
Debiti a lunga scadenza
Attivo corrente/circolante
Ac
Disponibilità economiche/rimanenze
Rm
Liquidità differite/disponibilità finanz.
Df
Debiti a breve scadenza
Liquidità immediate/disp.liquide
Dl
Capitale di debito (Db + Dc) Cd
TOTALE IMPIEGHI
Ti
Passività correnti
TOTALE FONTI
Db
Tf
STATO PATRIMONIALE RICLASSIFICATO
(secondo il criterio finanziario di liquidità decrescente)
ATTIVO
Attivo corrente
Disponibilità economiche
Liquidità differite
Liquidità immediate
Attivo fisso
Immobilizzazioni:
- immateriali
- materiali
- finanziarie
TOTALE IMPIEGHI
PASSIVO
Passività correnti
Passività consolidate
Capitale proprio
TOTALE FONTI
RICLASSIFICAZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
ATTIVO IMMOBILIZZATO : fattori produttivi a fecondità ripetuta
-  Immobilizzazioni materiali e immateriali : struttura fissa dell’azienda
-  Immobilizzazioni finanziarie : elementi che possono trasformarsi in
denaro solo nel medio periodo
ATTIVO CIRCOLANTE : elementi trasformabili in moneta per natura o
comunque senza compromettere la gestione
-  Disponibilità liquide
-  Disponibilità finanziarie : crediti con scadenza non superiore a 12 mesi
-  Rimanenze : magazzino vendibile, rimanenze contabili (risconti attivi)
RICLASSIFICAZIONE FINANZIARIA DELL’ATTIVO
IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE :
se vi sono compresi crediti di medio/lungo periodo, occorre scorporare
quelli in scadenza entro 12 mesi per collocarli fra le disponibilità
finanziarie
RIMANENZE :
se vi sono scorte difficilmente vendibili, devono essere inserite nell’attivo
immobilizzato
CREDITI :
vanno nelle disponibilità finanziarie, ma gli importi esigibili oltre 12 mesi
vanno nell’attivo immobilizzato; attenzione ai crediti per imposte
anticipate
ATTIVITA’ FINANZIARIE CHE NON COSTITUISCONO
IMMOBILIZZAZIONI :
sono disponibilità finanziarie; devono però essere compresi nell’attivo
circolante eventuali titoli che non godono di vasto mercato o con
tensioni finanziarie previste per i 12 mesi
RICLASSIFICAZIONE FINANZIARIA DELL’ATTIVO
RATEI ATTIVI :
sono disponibilità finanziarie
RISCONTI ATTIVI :
sono rimanenze, di natura contabile, in quanto costi sospesi.
Se però si riferiscono ad una pluralità di esercizi, la parte che
eccede quella di competenza economica dell’esercizio successivo
deve essere spostata nell’attivo immobilizzato (è il caso dei risconti
pluriennali sui maxicanoni leasing)
RICLASSIFICAZIONE DELLE FONTI
I FINANZIAMENTI SONO CLASSIFICATI IN BASE ALLA LORO
ESIGIBILITA’ E CIOE’ AL TEMPO DI PERMANENZA IN AZIENDA
CAPITALE PROPRIO : è una fonte di finanziamento permanente, in
quanto non ne è previsto il rimborso
CAPITALE DI TERZI : è una fonte che deve essere rimborsata; si
distingue pertanto fra :
- debiti a media/lunga scadenza altrimenti detti passività consolidate :
debiti di qualsiasi natura con scadenza superiore a 12 mesi
- debiti a breve scadenza o passività correnti : debiti di qualsiasi
natura con scadenza non superiore a 12 mesi
CAPITALE PERMAMENTE : vi si ricomprendono capitale proprio e
passività consolidate
RICLASSIFICAZIONE DEL PASSIVO
FONDI PER RISCHI ED ONERI :
dovrebbero essere suddivisi fra passività correnti e passività consolidate a
seconda che siano stanziati per eventi futuri negativi previsti
rispettivamente nei 12 mesi ovvero oltre i 12 mesi.
In genere però sono considerati fra le passività correnti
FONDO TFR :
la parte da versare all’Inps o ai fondi di previdenza è una passività
corrente, così come la parte relativa al personale che si ipotizza
cesserà il servizio nei successivi 12 mesi. Il resto è compreso fra le
passività consolidate
RICLASSIFICAZIONE DEL PASSIVO
DEBITI : devono essere distinti in base alla scadenza
RATEI PASSIVI : sono passività correnti
RISCONTI PASSIVI : Normalmente sono passività correnti; se però si
riferiscono ad una pluralità di esercizi, la parte che eccede quella di
competenza economica dell’esercizio successivo deve essere
spostata nelle passività consolidate (ad esempio per riscossione
anticipata di fitto pluriennale).
Casistica particolare è poi quella dei risconti su contributi in conto
capitale : in sede di analisi numerica sono compresi fra le passività ma
a margine occorre considerare che hanno natura di passività nella
misura delle imposte che su di essi graveranno, mentre la parte
restante avrà natura di capitale proprio nella misura in cui genererà
utili che non verranno distribuiti.
LA STRUTTURA PATRIMONIALE DELL’AZIENDA
DOVREBBERO ESSERE RISPETTATE LE SEGUENTI RELAZIONI :
Attivo corrente > Passività correnti
Attivo immobilizzato < Capitale permanente (= patr. netto + pass.
consolidate)
LA VERIFICA AVVIENE CON IL CALCOLO DI :
- 
- 
- 
patrimonio netto circolante o capitale circolante netto
margine di tesoreria
margine di struttura
LE ANALISI CON INDICI, ANZICHE’ MARGINI, SONO MAGGIORMENTE
SIGNIFICATIVE
LA STRUTTURA PATRIMONIALE DELL’AZIENDA
CAPITALE CIRCOLANTE NETTO : attivo corrente – debiti a breve
Esprime il giudizio e la capacità di utilizzo degli impieghi di breve periodo
nel processo di pagamento dei debiti a breve.
1)  CCN > 0 : l’impresa è tendenzialmente in grado di far fronte ai debiti a
breve con i realizzi del breve
2) 
CCN < 0 : l’impresa non è “liquida” e può avere tensioni finanziarie
con possibilità di dover smobilizzare talune attività ovvero di dover
modificare l’impostazione del debito, ipotizzandone un allungamento
magari offrendo garanzie patrimoniali; per un’analisi precisa, occorre
però il raffronto delle scadenze e, soprattutto, la considerazione che
fra le passività a breve vi sono i fidi bancari (per i quali non viene
normalmente ipotizzata la richiesta improvvisa di rientro)
LA STRUTTURA PATRIMONIALE DELL’AZIENDA
liquidità
immediate
debiti a breve
liquidità differite rimanenze
debiti a medio/
lungo
attivo
immobilizzato
capitale proprio
cap.circolante
netto>0
LA STRUTTURA PATRIMONIALE DELL’AZIENDA
MARGINE DI TESORERIA : disponibilità liquide + disponibilità
finanziarie – debiti a breve
Esprime l’equilibrio finanziario dell’azienda ovvero la capacità di utilizzo
dell’azienda di far fronte ai debiti a breve con risorse liquide o
prontamente liquidabili.
1)  Margine tesoreria > 0 : l’impresa è sicuramente in grado di far fronte ai
debiti a breve con le proprie risorse liquide/liquidabili
2) 
Margine tesoreria < 0 : l’impresa non è “liquida” e sono probabili
tensioni finanziarie con necessità di smobilizzare talune attività ovvero
di modificare l’impostazione del debito, ipotizzandone un
allungamento magari offrendo garanzie patrimoniali
LA STRUTTURA PATRIMONIALE DELL’AZIENDA
liquidità immediate
debiti a breve
liquidità differite
rimanenze
debiti a medio/lungo
attivo immobilizzato
capitale proprio
margine tesoreria>0
LA STRUTTURA PATRIMONIALE DELL’AZIENDA
liquidità
immediate
debiti a breve
liquidità differite margine
tesoreria<0
rimanenze
debiti a medio/
lungo
cap.circolante
netto>0
attivo
immobilizzato
capitale proprio
LA STRUTTURA PATRIMONIALE DELL’AZIENDA
MARGINE DI STRUTTURA : capitale permanente – attivo immobilizzato
Esprime la capacità dell’azienda di finanziare gli investimenti in
immobilizzazioni mediante capitale proprio ovvero debiti a medio/lungo
termine.
Se distingue fra :
- 
Margine di struttura primario = cap. proprio – attivo immobilizzato
- 
Margine di struttura secondario = cap.proprio+cap. terzi – att.imm.
1)  M.S. > 0 : la struttura è equilibrata poiché capitale permanente finanzia
anche attivo circolante; un numero troppo elevato potrebbe però essere
segnale di scelte non equilibrate fra le fonti
2)  M.S. < 0 : è fonte di squilibrio finanziario
Ai fini della valutazione sulla solidità patrimoniale, sarà poi utile analizzare il
rapporto fra capitale proprio e passività consolidate
LA STRUTTURA PATRIMONIALE DELL’AZIENDA
attivo immobilizzato
capitale proprio
debiti a medio/lungo
attivo circolante
debiti a breve
margine struttura
primario
attivo immobilizzato
capitale permanente
debiti a medio/lungo
attivo circolante
debiti a breve
margine struttura
secondario
LA STRUTTURA PATRIMONIALE DELL’AZIENDA
ANALISI DEGLI INTANGIBLES
Bisogna porre attenzione alle immobilizzazioni immateriali
Nelle analisi sull’indipendenza finanziaria, spesso il patrimonio netto viene
diminuito delle immobilizzazioni immateriali : si parla allora di
“Patrimonio netto tangibile”
Altro indicatore è “la solidità del capitale sociale” : in tale verifica, si vede
quanta parte di patrimonio netto è costituita da capitale sociale, in
quanto è questa la vera garanzia per i terzi (banche e finanziatori
esterni)
RICLASSIFICAZIONE A VALORE
AGGIUNTO
CONTO ECONOMICO
RICLASSIFICAZIONE A COSTO
DEL VENDUTO
RICLASSIFICAZIONE SECONDO
IL CRITERIO FINANZIARIO PER
LIQUIDITÀ CRESCENTE
STATO PATRIMONIALE
RICLASSIFICAZIONE SECONDO
IL CRITERIO FINANZIARIO PER
LIQUIDITÀ DECRESCENTE
IL CONTO ECONOMICO RICLASSIFICATO : le analisi che
seguono sono riferite alle società ed alllo schema di
bilancio del codice civile
Lo schema del Codice Civile classifica le componenti economiche per
natura e non per destinazione
Obiettivo della riclassificazione è evidenziare aggregazioni per aree,
margini e risultati intermedi per comprendere la progressiva
formazione del risultato d’esercizio
Sono possibili diverse riclassificazioni : la configurazione “a valore
aggiunto” è la più usata dagli analisti esterni all’azienda
CONTO ECONOMICO A VALORE AGGIUNTO
Valore globale della produzione: ricavi linea A1(Rv)+linee A2, A3, A4, A5
Vp
- costo dei beni e dei servizi esterni utilizzati: B6, B7, B8, B11, B14
Valore aggiunto
Va
- costo del personale : B9
Margine operativo lordo o EBITDA
Mol
- Accantonamenti (B12, B13), ammortamenti e svalutazioni (B10)
Risultato operativo lordo o EBIT
Ro
+/- saldo della gestione finanziaria
Risultato della gestione ordinaria
+/- saldo della gestione straordianaria
Risultato prima delle imposte
Rl
- imposte sul reddito
RISULTATO ECONOMICO NETTO DELL’ESERCIZIO
Re
CONTO ECONOMICO
A COSTO DEL VENDUTO
Ricavi netti delle vendite e delle prestazioni
- costo del venduto
Risultato lordo della gestione industriale
- costi commerciali
- costi amministrativi
Risultato operativo lordo (ROL)
+/- saldo della gestione finanziaria
Risultato della gestione ordinaria
+/- saldo della gestione straordinaria
Risultato prima delle imposte
- imposte sul reddito
RISULTATO ECONOMICO NETTO DELL’ESERCIZIO
IL BILANCIO SOCIO - AMBIENTALE
Presupposto : la responsabilità sociale dell’impresa in quanto :
- 
centro di creazione di posti di lavoro
- 
soggetto che deve essere orientato ad uno sviluppo economico
sostenibile
Contenuti : è un rendiconto quantitativo e qualitativo dell’attività
aziendale che dimostra il riparto tra gli stakeholders della ricchezza
prodotta ed evidenzia il contributo dell’impresa a favore dei settori
sociale e ambientale
E’ un documento complementare al bilancio d’esercizio, per la redazione
del quale non vi sono regole specifiche
IL BILANCIO SOCIO – AMBIENTALE : CONTENUTI
Identità aziendale
Storia aziendale, mission e obiettivi strategici, governance ed organico
Quantificazione del valore aggiunto prodotto e riparto fra gli
stakeholders
Dalla configurazione del C.E. a valore aggiunto, indicare il riparto della
ricchezza prodotta fra dipendenti (salari), P.A. (tributi), portatori di
capitale (proprio e di debito), sistema azienda (autofinanziamento),
collettività (contributi e liberalità per fini socio-ambientali)
Risultati in campo sociale
Indicatori di performance quali giornate di formazione, assunzione
disabili, spese per sicurezza e condizioni sui luoghi di lavoro
Risultati in campo ambientale
Consumi di risorse naturali, emissioni di sostanze inquinanti, produzione
giornaliera di rifiuti
IL BILANCIO SOCIO – AMBIENTALE : ESEMPIO
Valore della produzione
152.502,50
Remunerazione lavoro
Costi per consumi e servizi
costi del personale
31.404,00
materie prime e sussidiarie
- 60.270,00
Remunerazione P.A.
servizi
- 14.025,00
tributi diretti e indiretti
oneri diversi di gestione
-
Remun. Capitale di debito
Valore aggiunto caratteristico
58.120,50
gestione straordianria
Valore aggiunto globale
lordo
87,00
517,50
5.958,00
interessi passivi
Remun. Cap. proprio
2.160,00
dividendi distribuiti
58.638,00
7.074,00
Remun. Azienda
ammortamenti
11.152,50
utili a riserva
Remunerazione collettività
interventi socio-ambientali
Val. aggiunto globale lordo
794,10
95,40
58.638,00
Dopo aver riclassificato i due prospetti del bilancio, è possibile
effettuare una sua analisi. Una delle tecniche maggiormente usata è
l’ANALISI PER INDICI.
Gli INDICI SONO RAPPORTI tra i valori desumibili dal bilancio,
molto diffusi in quanto è più semplice ragionare in termini
percentuali piuttosto che in valori assoluti.
Essi permettono di analizzare:
•  REDDITIVITÀ AZIENDALE
INDICI ECONOMICI
•  PRODUTTIVITÀ
INDICI PATRIMONIALI
•  SOLIDITÀ PATRIMONIALE
•  LIQUIDITÀ
INDICI FINANZIARI
ANALISI DELLA REDDITIVITA’
Obiettivi :
1)  Individuare l’entità e l’origine del reddito prodotto dall’impresa
mediante costruzione di conto economico sintetico redatto a valori
percentuali
2)  Determinare la redditività specifica conseguita dai soggetti che
partecipano all’impresa (proprietari e finanziatori)
INDICI DI REDDITIVITA’ :
Forniscono informazioni sulla capacità aziendale di produrre nuova
ricchezza e sulla sua destinazione
INDICI DI REDDITIVITA’ : IL ROE (return on equity)
utile netto d’esercizio
ROE =
x 100
capitale proprio
Re
Cp
Si riferisce all’intera gestione aziendale, comprese la gestione
accessoria, finanziaria e straordinaria
Deve essere confrontato con il rendimento offerto da investimenti
alternativi, in altri settori d’impresa ovvero in assenza di rischio (deve
essere sensibilmente superiore al rendimento dei titoli di Stato)
Nel caso di aumenti di capitale in corso d’anno, occorre assumere il
valore medio ponderato con tempi e importi
E’ l’indicatore più significativo per gli azionisti
INDICI DI REDDITIVITA’ : IL ROI (return on investment)
reddito operativo lordo(Ebit)
ROI =
x 100
totale impieghi
Ro
Ti
Indica il tasso di redditività del capitale investito : è il miglior indicatore
delle performances aziendale; serve per dare obiettivi ai manager
E’ legato esclusivamente alla gestione caratteristica e quindi occorre
escludere impieghi non operativi (ad es. immobili civili e titoli per
temporaneo parcheggio di liquidità)
Nel caso di consistenti investimenti effettuati in corso d’anno, occorre
assumere il valore medio ponderato con tempi e importi
Deve essere confrontato con il costo medio del denaro sul mercato
(ROD) : il valore del ROI non deve scendere sotto il ROD
INDICI DI REDDITIVITA’ : ROI e ROD
oneri finanziari totali
ROD =
x 100
capitale di debito
(return on debt)
Of
Cd
Misura la capacità dell’impresa di remunerare il capitale di terzi e fornisce
l’incidenza degli oneri finanziari sulla redditività complessiva; se si
vuol determinare il costo puro dell’indebitamento, occorre
considerare che capitale di debito = passività al netto dei debiti non
onerosi (ad esempio Tfr e, di solito, fornitori)
Il confronto fra ROI e ROD è essenziale per valutare la convenienza a
ricorrere a capitale di terzi : se ROI > ROD l’impresa ha convenienza
a finanziare investimenti incrementando il capitale di terzi
Esempio : se l’impresa prende a prestito denaro con ROD 5% e lo
investe ottenendo un ROI 9%, ha convenienza a indebitarsi perché
tendenzialmente guadagna 4 euro ogni 100 presi a prestito
INDICI DI REDDITIVITA’ : EBITDA MARGIN
margine operativo lordo
EBITDA margin =
x 100
ricavi di vendita
EBITDA o MOL = risultato operativo ante interessi, tasse, svalutazioni,
accantonamenti e ammortamenti
Misura l’incidenza dei principali costi operativi sui ricavi
La redditività è tanto migliore quanto più è elevato
E’ un indicatore di risultati in senso obiettivo : non è infatti influenzato
dalle politiche di bilancio su ammortamenti, accantonamenti e
svalutazioni
INDICI DI REDDITIVITA’ : ROS (return on sales)
reddito operativo (Ebit)
ROS =
x 100
ricavi di vendita
Ro
Rv
Esprime la redditività media unitaria, esprime una sintesi fra voluni, costi
e prezzi di vendita
ricavi di vendita
Rotazione degli impieghi =
Rv
totale impieghi
Ti
Esprime il numero di volte in cui nell’anno si è ripetuta la redditività
unitaria rappresentata dal ROS
Più è elevato tanto maggiore è l’efficienza dell’impresa, che presenta un
più rapido ciclo investimenti-disinvestimenti, determinato a sua volta
dalla durata dei cicli produttivi, dalle caratteristiche tecnologiche degli
impianti, dalle quantità prodotte e vendute
ANALISI DELLA REDDITIVITA’ : SCOMPOSIZIONE DEL ROI
Il ROI è direttamente influenzato dalla redditività lorda sulle vendite
(ROS) e dall’indice di rotazione degli impieghi.
ROS e rotazione impieghi possono avere andamenti contrastanti (ad
esempio un innalzamento dei prezzi di vendita può aumentare la
redditività lorda ma portare una riduzione delle quantità vendute che
fa diminuire l’indice di rotazione del capitale investito)
ROI = ROS x indice di rotazione degli impieghi
Ro
ROI =
Rv
x
Rv
Ro
=
Ti
Ti
ANALISI DELLA REDDITIVITA’ : SCOMPOSIZIONE DEL ROE
Il ROE è influenzato da :
- 
ROI : tanto più è elevato tanto maggiore è la redditività globale
- 
livello di indebitamento
- 
gestione non caratteristica
totale impieghi
Indice di indebitamento (leverage) =
Ti
capitale proprio
Cp
Leverage > 2 : è segnale di azienda sottocapitalizzata
Effetto leva : se ROD<ROI è conveniente indebitarsi e la convenienza
cresce al crescere dell’indebitamento come segue :
Leverage > implica ROI > e il ROI spinge in alto il ROE (vedi infra, x
effetto dell’indicatore di incidenza della gestione non caratteristica) :
ciò però fino a quando l’indebitamento eccessivo non abbassa il
rating dell’azienda e si ha ROD > ROI
ANALISI DELLA REDDITIVITA’ : SCOMPOSIZIONE DEL ROE
Il ROE è influenzato da :
- 
ROI : tanto più è elevato tanto maggiore è la redditività globale
- 
livello di indebitamento
- 
gestione non caratteristica
utile netto d’esercizio
Re
Effetto gestione non caratteristica :
reddito operativo
Ro
In sintesi : ROE = ROI x leverage x incidenza gestione non caratteristica
Ro
ROE =
Ti
x
Ti
Re
x
Cp
Re
=
Ro
Cp
IL VALORE ECONOMICO CREATO DALL’AZIENDA
Un’impresa crea valore quando il rendimento degli investimenti effettuati
eccede il costo del capitale investito
Il costo del capitale investito è la remunerazione offerta a chi porta
capitali (propri o di debito) nell’azienda
L’ EVA (economic value added) è l’indicatore che stima il valore
economico creato da un’impresa in un determinato esercizio
EVA = (ROI – costo del capitale investito) x Ti
Il costo del capitale investito è dato dal ROD + i dividendi
Il totale impieghi costituisce fattore moltiplicatore
IL VALORE ECONOMICO CREATO DALL’AZIENDA
CREAZIONE DI VALORE
A
B
C
Reddito operativo
144
360
108
Capitale investito
1600
4500
1800
ROI
9%
8%
6%
costo del capitale investito
9%
9%
5%
C : crea valore
B : distrugge valore
Analisi della produttivita’
valore aggiunto
Va
totale impieghi
Ti
Produttività del capitale investito =
ricavi di vendita o valore della produzione
Produttività del lavoro =
numero dei dipendenti
valore aggiunto
Va
Produttività del lavoro =
numero dei dipendenti
Nd
Quest’ultimo è un indice spesso utilizzato per individuare aziende
meritevoli di incentivi da parte di P.A.
Analisi della produttivita’ del lavoro
costo del personale dip.
Cl
numero dei dipendenti
Nd
Costo medio per dipendente =
costo del pers.dip.
Cl
ricavi netti di vendita
Rv
Incidenza del fattore lavoro =
INDICI PATRIMONIALI
INDICE DI RIGIDITÀ
DEGLI IMPIEGHI
INDICE DI ELASTICITÀ
DEGLI IMPIEGHI
GRADO DI AUTONOMIA
FINANZIARIA
GRADO DI
CAPITALIZZAZIONE
ATTIVO IMMOBILIZZATO * 100
TOT. IMPIEGHI
ATTIVO CORRENTE * 100
TOT. IMPIEGHI
CAPITALE PROPRIO * 100
TOT. IMPIEGHI
CAPITALE PROPRIO
CAPITALE DI DEBITO
ANALISI PATRIMONIALE
Il giudizio sulla composizione degli impieghi è legato al settore di attività :
un’impresa industriale ha normalmente maggior rigidità sugli
impieghi di una commerciale o di servizi
Il giudizio è legato anche alla composizione delle fonti
Normalmente :
-  cap. proprio compreso fra 33% e 66% del totale fonti : struttura
finanziaria normale, soddisfacente
-  cap. proprio > 66% totale fonti : struttura finanziaria ottima, ma effetto
leva molto basso
-  cap. proprio < 33% : dipendenza eccessiva dal capitale di debito
ANALISI FINANZIARIA : INDICI DI LIQUIDITA’
Consentono di valutare la solvibilità dell’azienda
disp.finanziarie + disp. Liquide
Indice di liquidità secondaria =
debiti a breve scadenza
Df + Dl
Db
Non dovrebbe essere <1 (si veda ante il margine di tesoreria)
disponibilità liquide
Dl
debiti a breve scadenza
Db
Indice di liquidità primaria =
Poiché però le scadenze sono normalmente diversificate, è più utile
l’indice secco di liquidità dove fra i debiti ci sono solo quelli di
imminente scadenza : deve necessariamente essere >1
LA POSIZIONE FINANZIARIA NETTA
Pfn = (disp.liquide + crediti a breve) – debiti a breve, medio e lungo
Il risultato negativo rappresenta l’indebitamento dell’impresa
La solvibilità dell’impresa è legata alla capacità della gestione di
generare flussi positivi di liquidità tali da consentire il rimborso dei
debiti alle scadenze pattuite.
posizione finanziaria netta
Pfn
Indice =
margine operativo lordo
EBITDA
Indica il numero di anni che servono per rimborsare i debiti con i risultati
della gestione caratteristica : tanto è minore il risultato, tanto più
l’impresa ha la possibilità di rientrare rapidamente
INDICI DI ROTAZIONE
Esprimono la velocità di rigiro del complesso degli impieghi e di singoli
elementi del patrimonio : tanto più sono elevati tanto migliore è la
situazione aziendale
ricavi di vendita
Rotazione dell’attivo corrente =
attivo corrente
costo del venduto
Rotazione delle rimanenze =
rimanenze
ricavi di vendita + Iva
Rotazione dei crediti commerciali =
crediti verso clienti
INDICI DI DURATA
Significativa è la durata media delle dilazioni : in una situazione di
equilibrio la durata media delle dilazioni accordate ai clienti non deve
superare quella delle dilazioni ottenute dai fornitori
tot.debiti fornit.sorti nell’anno
Giorni dilazione media sugli acquisti =
x 365
totale debiti verso fornitori
tot.crediti clienti sorti nell’anno
Giorni dilazione media sulle vendite =
x 365
totale crediti verso clienti
COORDINAMENTO DEGLI INDICI DI BILANCIO
IPOTESI DI CHIAVE DI LETTURA DEGLI INDICI :
Dall’area redditività, seguendo lo sviluppo di ROE, ROI e incidenza della
leva finanziaria, esprimere la dinamica reddituale in rapporto alle
grandezze di sintesi degli impieghi e delle fonti
Si hanno così tre livelli di indagine/percorsi per interpretare la redditività :
-  in relazione alle vendite : dalla redditività operativa del ROI (Ro/Ti) al
ROS (Ro/Rv), attraverso la struttura del conto economico
-  in relazione agli impieghi : rotazione (Rv/Ti) e composizione degli
impieghi (indicatori di efficienza e indici di struttura)
-  In relazione alle fonti : dal leverage (Ti/Cp) al grado di
capitalizzazione (Cp/Cd) e all’incidenza del capitale di debito (Db
+Dc/Ti) con i margini patrimoniali e la composizione delle fonti da
comparare con la composizione degli impieghi attraverso gli indici di
struttura
ANALISI PER FLUSSI
FLUSSO = VARIAZIONE INTERVENUTA IN UN FONDO DI VALORI IN
UN DETERMINATO PERIODO DI TEMPO
FLUSSI ECONOMICI : corrispondono alle variazioni originate dalla
gestione reddituale (costi e ricavi di competenza)
FLUSSI MONETARI : corrispondono alle variazioni della liquidità, dei
debiti e dei crediti a breve scadenza
FLUSSI MONETARI E FLUSSI ECONOMICI NON SEMPRE
COINCODONO : il reddito dato da differenza fra ricavi e costi di
competenza è un valore che non si traduce integralmente in una
variazione/flusso di risorse finanziarie
ANALISI PER FLUSSI
VI SONO COMPONENTI DI REDDITO MONETARI E COMPONENTI DI
REDDITO NON MONETARI
Componenti di reddito monetari : costi e ricavi misurati da variazioni
nei debiti e crediti a breve (ad esempio : costi per acquisto materie
prime, godimento beni di terzi, interessi passivi, ricavi di vendita
prodotti, interessi attivi)
Componenti di reddito non monetari : costi e ricavi che non originano
da movimenti nei debiti e crediti a breve;
Esempi di costi non monetari :
-  Ammortamenti
-  Accantonamenti a fondi spese e fondi rischi
-  TFR non destinato ai fondi o all’Inps
CONSEGUENZA : il reddito scaturito dal conto economico non
coincide con il flusso delle risorse finanziarie generate
ANALISI PER FLUSSI
reddito dell’esercizio (utile/perdita)
+
costi non monetari (ammortamenti, minusvalenze da alienazioni,
incremento di TFR rimasto in azienda,
accantonamenti a fondi spese e
rischi)
- 
Ricavi non monetari (costi capitalizzati, plusvalenze da alienazioni
di immobilizzazioni)
=
Flusso finanziario generato dalla gestione reddituale
Il flusso finanziario (entrate finanziari meno uscite finanziarie), peraltro,
non coincide con il flusso monetario (entrate monetarie – uscite
monetarie), per il quale si dovrà analizzare il cash-flow
IL RENDICONTO FINANZIARIO
Raggruppa le variazioni (flussi) che sono intervenute nella situazione
patrimoniale nel tempo intercorrente fra due istanti diversi
Normalmente vengono redatti due tipi di rendiconto finanziario :
- 
Rendiconto delle variazioni del capitale circolante netto (per gli
analisti)
- 
Rendiconto delle variazioni della disponibilità monetaria netta
(obbligatorio per i soggetti IAS adopter e comunque da redigere per
chi non è ammesso al bilancio abbreviato)
IL RENDICONTO DELLE VARIAZIONI DEL C.C.N.
Capitale circolante netto (CCN) o patrimonio circolante netto (PCN) :
attivo circolante – debiti a breve (Ac – Db)
Dall’uguaglianza fonti-impieghi :
Ac + Im = Db + Dc + Cp + Re
Perveniamo a :
CCN = Ac – Db = Dc + Cp + Re – Im
Da cui emerge quali sono i flussi che modificano il capitale circolante
netto, semprechè ovviamente non siano tra loro compensate
Il prospetto (slide successiva) riepiloga i flussi finanziari avvenuti nel
periodo, fornendo informazioni sulla nuova struttura delle fonti e degli
impieghi
IL RENDICONTO DELLE VARIAZIONI DEL C.C.N.
PARTE I : Dimostrazione fonti/impieghi
Fonti di risorse finanziarie
Flusso generato da gestione reddituale
Alienazioni di immobilizzazioni
Rimborsi di crediti a m/l termine
Aumenti di capitale
Accensioni di debiti a m/l termine
Totale fonti di risorse finanziarie
Impieghi di risorse finanziarie
Acquisti di immobilizzazioni
Concessione a terzi di crediti a m/l termine
Rimborsi di passività consolidate
Diminuzioni del patrimonio netto per :
- pagamento utili agli azionisti
- rimborsi di capitale proprio
- acquisto e annullamento azioni proprie
Totale impieghi di risorse finanziarie
Tot. Fonti – tot. Impieghi = variaz. CCN
PARTE II : Variazioni nel CCN
Variazioni di attività a breve
Aumenti/diminuzioni intervenuti in :
- valori in cassa
- c/c bancari e postali
- rimanenze
- titoli di vasto mercato
- ratei e risconti attivi
Totale variazioni di attività a breve
Variazioni delle passività a breve
Aumenti diminuzioni intervenuti in :
- debiti vs. banche
- debiti a breve
- fondi rischi e oneri a breve
- ratei e risconti passivi
Totale variazioni passività a breve
Tot. Variaz. attività a breve – tot. variaz.
passività a breve = variazione CCN
LE INFORMAZIONI DAL RENDICONTO DELLE VARIAZIONI
DEL CAPITALE CIRCOLANTE NETTO
ANALISI DELLE FONTI
La predominanza delle fonti interne (gestione reddituale) è la condizione
migliore nelle piccole e medie imprese
Le fonti esterne da capitale proprio riducono l’indebitamento
Le fonti esterne di capitale di debito aumentano l’indebitamento, ma può
trattarsi di apposita politica per sfruttare l’effetto leva
Le fonti da disinvestimento di immobilizzazioni possono essere segnale
di rinnovamento degli impianti ma anche di contrazione dell’attività
produttiva
LE INFORMAZIONI DAL RENDICONTO DELLE VARIAZIONI
DEL CAPITALE CIRCOLANTE NETTO
ANALISI DEGLI IMPIEGHI
La predominanza di investimenti in immobilizzazioni tecniche è
condizione tipica delle aziende in sviluppo
Il rimborso di prestiti è segnale di utilizzo di risorse finanziarie per ridurre
l’indebitamento, con conseguente riduzione degli oneri finanziari sul
conto economico
Le diminuzioni di patrimonio netto evidenziano che vengono sottratte
risorse finanziarie all’attività produttiva per remunerare il capitale di
rischio
IL RENDICONTO DELLE VARIAZIONI DELLA
DISPONIBILITA’ MONETARIA NETTA
Disponibilità monetaria netta = valori in cassa
+ c/c postali e bancari attivi
– c/c bancari passivi
In caso di segno negativo, si parla di indebitamento monetario netto
CASH FLOW OPERAZIONALE :
Utile (perdita d’esercizio)
+ ammortamenti
+ minusvalenze da alienazione immobilizzazioni
- plusvalenze da alienazione immobilizzazioni
+/- variazione netta del TFR e dei fondi rischi e oneri (+ per gli aumenti)
-/+ variazioni rimanenze (- per gli incrementi, + per le diminuzioni)
-/+ variazioni nei crediti a breve e nei ratei e risconti attivi (- per gli aumenti)
+/- variazioni nei debiti a breve e nei ratei e risconti passivi (+ per aumenti)
= Flusso monetario generato dall’attività d’esercizio
IL RENDICONTO FINANZIARIO DELLE VARIAZIONI DELLA
DISPONIBILITA’ MONETARIA NETTA
A. Disponibilità monetaria netta iniziale
B. Flusso monetario da attività d’esercizio
Utile/perdita d’esercizio
+ ammortamenti
+/- minus/plusvalenze da alienazione immobilizzazioni
+/- variazione netta TFR, fondi spese e rischi (+ per gli aumenti. – per le diminuzioni)
-/+ variazioni nelle rimanenze, crediti a breve, ratei e risconti attivi (- per gli aumenti)
+/- variazioni debiti a breve, ratei e risconti passivi (+ per gli aumenti)
C. Flusso monetario da attività di investimento in immobilizzazioni
- investimenti in immobilizzazioni immateriali, materiali e finanziarie
+ disinvestimenti di immobilizzazioni
D. Flusso monetario da attività di finanziamento
+ accensione nuovi finanziamenti
+ conferimenti di soci/azionisti
+ contributi in conto capitale
- rimborsi di finanziamenti
- rimborsi di capitale proprio ai soci
E. Distribuzione di utili
F. Flusso monetario netto del periodo (B + C + D – E)
G. Disponibilità monetaria netta finale (A + F)
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