Il linguaggio non verbale corporeo
Dall’homo habilis (2 milioni di anni fa) fino all’homo sapiens di Neanderthal (75.000 a.C.), il
linguaggio con cui gli uomini comunicavano era il corpo e i suoni vocali come i versi o i grugniti.
Solo l’uomo di Neanderthal iniziava ad avere la capacità di parlare quasi simile alla nostra, ma in
modo molto rudimentale. Infatti, un gruppo internazionale di ricercatori ha scoperto che i
neanderthaliani avevano il gene del linguaggio, FOXP2, del tutto simile a quello dell'uomo
moderno. Ma la conformazione della laringe (sono stati ritrovati importanti fossili, con cui gli
scienziati hanno riprodotto la laringe dell’uomo di Neanderthal) non gli permetteva di pronunciare
bene le vocali.
Le vocali sono le basi del linguaggio, facile capire quindi che ascoltare un uomo di Neanderthal
oggi potrebbe apparire lievemente differente dalla nostra maniera di riprodurre suoni.
L’Homo sapiens sapiens (40.000 anni a.C.), invece, ha un linguaggio simile al nostro anche dal punto di
vista fonetico.
Da tutto ciò si può affermare che il linguaggio verbale è un’acquisizione molto recente della specie
umana, attribuibile all’homo sapiens sapiens (40.000 anni a.C.), mentre per milioni di anni gli
uomini si sono serviti del corpo e dei versi come unici strumenti per trasmettere informazioni.
Si può quindi affermare che il linguaggio verbale sia la forma principale di comunicazione tra gli
esseri umani? Non è del tutto vero, perché si dimentica che la gestualità e i sistemi di
comunicazione non verbale sono la forma più antica e universale che l’uomo ha a disposizione.
Dunque l’uomo poiché è biologicamente un animale e per milioni di anni ha utilizzato messaggi del
corpo per comunicare, dovrebbe essere ancora capace istintivamente di avvalersi di questi sistemi di
comunicazione.
Purtroppo, l’uomo contemporaneo si trova in una situazione paradossale perché risulta sempre più
distratto e incapace di cogliere i segnali “fisiologici” o corporei che l’altro gli trasmette.
Per questo motivo è importante reimparare a considerare i messaggi non verbali, sia come
emittente sia come interlocutore per capire meglio gli altri e per produrre comunicazioni sempre
più efficaci.
Continuamente emettiamo tramite la nostra fisiologia dei segnali ai nostri interlocutori e riceviamo
dagli altri segnali a volte impercettibili, a volte evidenti ma di cui ci rendiamo poco conto.
Sono segnali che qualcosa a livello psicologico e neurologico interno sta accadendo nella persona.
Non necessariamente bisogna interpretarli o dare loro un significato. Basta limitarsi a captarli e
registrarli.
Ad esempio, il nostro interlocutore arrossisce: non è detto che stia mentendo, che sia timido, che la nostra
presenza o i nostri discorsi lo imbarazzino, che gli piacciamo o che si senta a disagio. Abbiamo parlato o
fatto qualcosa e la persona è semplicemente arrossita. Il significato da attribuire a questo rossore può i
dircelo soltanto la persona. Al di là di questo, un insieme di segnali può con buona probabilità essere
indicatore di uno stato interno positivo o negativo. Ma anche le lacrime, così come il sorriso, possono
avere connotazioni diverse. Ci sono lacrime di dolore, di commozione, di gioia, di tenerezza, di
emozione, oppure un sorriso può essere smagliante, rassicurante, sarcastico, forzato, di circostanza
Esercizio per migliorare la capacità di osservare e di cogliere le sfumature nei segnali del corpo che
ci invia l’interlocutore:
Esercizio a coppie.
• A dichiara di pensare a qualcosa di piacevole.
• B osserva i segnali significativi.
•A dichiara di pensare a qualcosa di spiacevole.
• B osserva i segnali significativi.
Dopo questo test ripetuto per alcune volte:
• A pensa qualcosa di piacevole o di spiacevole senza dichiararlo.
B dovrà indovinarlo dai segnali che A emette inconsapevolmente
Le tre regole del linguaggio non verbale:
La comunicazione non verbale ha regole e principi molto importanti da seguire quando si vuole
captare in modo corretto i vari segnali emessi dall’altra persona, oppure quando non si vuole dare
interpretazioni affrettate ai gesti e ai segnali corporei.
1. leggere i gesti nell’insieme : non ci si può concentrare solo su un movimento. Solo
considerando i gesti all’interno di “frasi” ovvero di gruppi associati o insiemi, possiamo
svelare i veri sentimenti e atteggiamenti delle persone.
Ad esempio, il gesto di portare la mano alla bocca o al naso mentre si parla può indicare che
si sta mentendo perché il cervello tenta inconsciamente di bloccare le parole false, così come
i bambini si portano le mani alla bocca mentre dicono una bugia
Tuttavia, non basta un gesto isolato per affermare che la persona sta mentendo, ma si dovrà fare
attenzione anche ad altri segnali come ad esempio, nel caso illustrato precedentemente, anche
all’aumento dell’ ammiccamento (1) delle palpebre.
2. fare attenzione alla coerenza: valutare se ci sono discordanze tra le parole e i segnali di un
corpo. In tal caso si tende ad ignorare il messaggio verbale e si crede a ciò che comunicano i
gesti.
Ad esempio, chiediamo a un amico di prestarci il motorino e questo a parole accetta ma mentre lo
dice scuote la testa come a indicare un “no”, tende ad allontanarsi da noi (come a prendere le
distanze) e si strofina il naso (segnale di menzogna). Non ci dovremmo meravigliare che dopo
qualche tempo ci chiamerà per dirci che non potrà mantenere la parola data
3. leggere i gesti nel contesto: un gesto può avere molti significati in riferimento al contesto
in cui esso viene attuato.
I gesti devono essere valutati in base al contesto. Il contesto può essere fisico o culturale.
Il contesto fisico è quello dell’ambiente fisico vero e proprio. Ad esempio, se una persona
tiene le braccia strettamente incrociate e il mento chino, potrebbe avere un atteggiamento
difensivo o di rifiuto verso colui che parla.. Ma se la persona assume la stessa postura in un
ambiente freddo, probabilmente sta cercando di difendersi dal freddo!
Non solo il contesto fisico, ma anche quello culturale deve essere preso in considerazione per
interpretare i segnali corporei.
Esistono gesti universali, cioè comuni a tutti gli esseri umani, come ad esempio il sorriso che non
dipende dal contesto culturale. Tutti gli uomini sorridono quando sono felici. Il sorriso è
indipendente dalla cultura a cui si appartiene, perché è una risposta di tipo istintivo.
Ma esistono anche gesti che assumono diversi significati in base al contesto culturale in cui
vengono prodotti. Ad esempio, il pollice rivolto verso l’alto in Italia significa “OK”, “va bene”,
mentre in Grecia significa “va’ a quel paese!”
(1)
L' ammiccamento in campo medico è la chiusura involontaria e veloce delle palpebre seguito dalla riapertura delle
stesse.