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PIANO ZOOTECNICO
Osservatorio economico
Analisi dei consumi di carne bovina in Italia
In sintesi
Il presente studio nasce nel contesto delle attività previste dall’Osservatorio economico della
zootecnia istituito dal Mipaaf. L’obiettivo principale è quello di analizzare in maniera approfondita
le dinamiche economiche che interessano il settore della carne bovina in Italia.
In particolare il lavoro si focalizza sul consumo della carne di vitello e di bovino adulto: nelle prime
sezioni si cerca di identificare, da una parte, le dinamiche di questi articoli e delle altre tipologie di
prodotti proteici che in qualche modo potrebbero attirare le preferenze dei consumatori in
alternativa alla carne bovina, e dall’altra parte, i fattori socio-economici che nell’ultimo decennio
hanno determinato l’evoluzione dei consumi di carne bovina.
Dalle indagini effettuate da Ismea, nell’ultimo decennio in Italia la spesa alimentare destinata
all’acquisto di carne bovina si è ridotta sensibilmente; allo stesso tempo si osserva uno spostamento
dei consumi verso prodotti proteici ad alto valore nutritivo, ma più economici (ad es. uova), e verso
prodotti ad alto contenuto di servizio (ad es. affettati confezionati). Oltre all’affermarsi di nuovi stili di
vita, a definire questo scenario contribuisce la crisi persistente che dal 2008 ha investito il nostro
paese, modificando le abitudini di consumo.
Per indagare in maniera più approfondita i fattori che possono influire sulle dinamiche economiche
del settore del bovino da carne in Italia è stata effettuata un’analisi econometrica utilizzando i dati
Ismea-Gfk Eurisko, allo scopo di valutare il legame che esiste tra la domanda di carne di vitello e di
vitellone, il suo prezzo e il prezzo di uno o più potenziali beni sostitutivi.
Prima di arrivare alla definizione delle equazioni che descrivono la domanda di carne bovina, sono
state testate diverse combinazioni di variabili e sono emersi risultati diversi dalle attese, ma che in
parte trovavano supporto dalla letteratura. Per quanto riguarda la metodologia di stima utilizzata
per le funzioni, sia per la carne di vitello che per quella di bovino adulto si è considerato un modello
di regressione con residui distribuiti come un AR(1).
L’uso di modelli econometrici ha permesso di individuare due relazioni che identificano in maniera
soddisfacente le dinamiche del consumo di carne bovina. Dall’analisi econometrica risulta che gli
acquisti domestici di carne bovina non sono influenzati dalle variazioni di prezzi di possibili sostituti
(come la carne suina). In accordo con la teoria del consumatore, l’andamento degli acquisti sia di
carne di bovino adulto che di carne di vitello risultano inversamente correlati al proprio prezzo. Il
bovino adulto e il vitello non possono essere definiti tra loro beni sostituti.
Si rimanda a ulteriori studi un approfondimento dell’analisi, che potrebbe essere effettuato
osservando l’andamento degli acquisti dei principali tagli di carne bovina in relazione al prezzo, allo
scopo di indagare la tendenza del consumatore a preferire tagli meno pregiati, come emerso da
recenti indagini Ismea.
1
Sommario
1. Prefazione ................................................................................................................................ 3
2. Dinamiche del consumo di carne bovina nell’ultimo decennio...................................... 3
3. L’analisi econometrica .......................................................................................................... 9
3.1 Analisi preliminare sull’andamento dei volumi e dei prezzi della carne bovina .......................9
3.2 Le stime econometriche sulla domanda di carne di vitello e vitellone ................................... 10
4. Conclusioni ............................................................................................................................ 16
Appendice ................................................................................................................................... 17
A.1 Sintesi della letteratura.................................................................................................................. 17
A.2 Metodologie delle stime econometriche e risultati ................................................................... 18
A.2.1 Funzioni di domanda ................................................................................................... 19
A.2.2 Serie storiche utilizzate nelle stime .............................................................................. 24
Bibliografia ................................................................................................................................... 25
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1. Prefazione
Tra le attività previste nell’ambito dell’Osservatorio economico della zootecnia istituito dal Mipaaf, vi
è quella relativa allo studio approfondito delle dinamiche economiche nella filiera della carne
bovina italiana. La conoscenza dei fenomeni economici in atto e delle loro determinanti è infatti
fondamentale per individuare possibili scenari di evoluzione del settore e orientare le imprese in un
contesto di mercato sempre più instabile.
Una parte fondamentale di questo lavoro riguarda lo studio della domanda finale e in particolare
dei consumi di carne bovina. In questo rapporto, sono descritte le tendenze dei consumi dell’ultimo
decennio e in particolare quelle degli anni più recenti, attraverso alcune elaborazioni dei dati
disponibili, che consentono di confrontare l’andamento della domanda delle varie tipologie di
carne (bovina, suina, avicola) e di altri prodotti proteici come le uova, i formaggi e il pesce.
Successivamente, sono state analizzate le determinanti dei consumi nazionali di carne bovina
attraverso alcune stime econometriche delle funzioni del consumo, utilizzando i dati degli acquisti
delle famiglie di fonte Gfk Eurisko (panel famiglie). Nel documento sono richiamati anche i risultati di
altri studi sui consumi di carne e in particolare di quella bovina, risalenti al periodo successivo alla
crisi dovuta alla BSE (la cosiddetta “malattia della mucca pazza”), che miravano quindi soprattutto
a individuare l’esistenza di modifiche ai comportamenti di consumo conseguenti alla BSE.
Questo lavoro è funzionale anche all’obiettivo di schematizzare il funzionamento della filiera della
carne bovina attraverso un modello semplificato, che rappresenta uno strumento di grande ausilio
per individuare le principali relazioni macroeconomiche e le tendenze di fondo, testando con
metodi econometrici, con i dati disponibili, le relazioni ipotizzate sulla base della teoria economica
e delle conoscenze sul funzionamento del settore. E’ in quest’ottica, e tenendo conto di alcuni
analoghi studi precedenti, che è stato avviato da parte dell’Ismea lo studio della filiera della carne
bovina, attraverso la definizione di un modello settoriale di equilibrio parziale, dove le funzioni che
spiegano l’andamento delle principali variabili (offerta interna di carne bovina, importazioni,
domanda intermedia e finale, ecc.) sono verificate attraverso una serie di stime econometriche
effettuate con i dati disposizione dell’Ismea.
2. Dinamiche dei consumi
nell’ultimo decennio
di
carne
bovina
I consumi alimentari negli ultimi anni sono stati caratterizzati da profondi cambiamenti sia nella
composizione che nella struttura, in un contesto in cui la spesa alimentare è aumentata in termini
assoluti, diminuendo però, in termini relativi, sulla spesa complessiva. Una delle dinamiche dominanti
che ha determinato l’evoluzione della domanda di carne bovina è il cambiamento degli stili di
consumo, guidato dai mutamenti socio-demografici in atto nell’ultimo decennio, a cui si sono
sommati gli effetti di una «crisi persistente», iniziata nella seconda metà del 2008.
Una visuale estesa all’intero periodo dal 2001 al 2013 è fornita dalle stime dei consumi nazionali procapite dei prodotti proteici (carni, formaggi, uova e prodotti ittici) elaborate attraverso la costruzione
dei bilanci di approvvigionamento1. Queste stime mettono in luce andamenti differenziati tra le
singole categorie di prodotti, ma anche un notevole cambiamento nei comportamenti di consumo
nell’arco di tempo considerato. In particolare, nella figura 1 i grafici consentono di individuare due
fasi caratterizzate da andamenti molto diversi.
1 L’ISMEA aggiorna costantemente i bilanci di approvvigionamento annuali di diversi prodotti alimentari, mettendo a sistema
i dati di diverse fonti relativi a produzione, importazioni e esportazioni di materie prime e trasformati. Attraverso il bilancio si
calcola il consumo umano nazionale apparente che rappresenta la stima della disponibilità di prodotto per gli impieghi interni
(intermedi e finali). Il consumo apparente è poi rapportato alla popolazione per ottenere il consumo pro-capite.
Cfr.
www.ismeaservizi.it
Carne
bovina/I
numeri
del
settore/Supply
balance
sheet
(http://www.ismeaservizi.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4351#MenuV ).
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Nella prima fase, tra il 2001 e il 2007, i trend sono in crescita per tutti i principali prodotti proteici, ad
eccezione delle uova, che mostrano un andamento abbastanza stabile; le carni avicole, che nel
2006 sono state duramente colpite dall’impatto dell’influenza aviaria, mostrano un netto recupero
già nell’anno successivo. Per quanto riguarda la carne bovina, la crescita dei consumi pro-capite
mostrata dal 2001 al 2007 rappresenta anche una ripresa dopo la crisi della BSE (concentrata tra la
fine del 2000 e i primi mesi del 2001).
Nel secondo periodo, tra il 2008 e il 2013, l’andamento dei consumi pro-capite cambia di segno
risultando in declino per la carne bovina e per i prodotti ittici, si stabilizza per i formaggi, mentre
l’aggregato carne suina e salumi presenta un andamento oscillante ma complessivamente in
aumento, come la carne avicola, che recupera completamente dopo la crisi del 2006.
Nel complesso, prendendo in considerazione gli ultimi dieci anni (2004-2013) - sulla base della
valutazione che nel 2004 si sia avuto un pieno ritorno alla “normalità” nei consumi di carni bovine
dopo la crisi BSE2 – il consumo apparente pro-capite si è mediamente ridotto ad un tasso annuo del
2,4% all’anno, seppure non lineare sull’intero arco temporale: a fronte di una tenuta dei consumi
registrata fino al 2007, si è avuto un vero e proprio crollo nel quinquennio successivo.
Fig.1 – I consumi pro-capite di prodotti proteici 2011-2013* (kg per anno)
*Le stime per il 2013 sono state effettuate su dati provvisori
Fonte: Elaborazioni ISMEA su fonti varie.
Sugli andamenti più recenti gioca sicuramente un ruolo importante la perdurante crisi economica.
Gli italiani, «costretti» a spendere di più per le proprie necessità quotidiane (utenze, carburante,
tasse, ecc.), contraggono la domanda anche per l’alimentare, evitando gli sprechi, programmando
la spesa (cambiano i tempi e i modi degli acquisti, per controllare meglio le spese e le quantità),
cercando il risparmio immediato; infatti, il «taglio prezzo» è la tipologia di promozione che cresce
negli ultimi anni.
Per quanto riguarda la domanda domestica di prodotti proteici nel periodo successivo al 2008, dalle
analisi effettuate dall’Ismea sui dati delle indagini campionarie sugli acquisti delle famiglie del panel
Gfk-Eurisko3, emerge un evidente calo degli acquisti dei prodotti di elevato prezzo unitario (pesce e
2
Cfr. Baldi L. e Banterle A. (2005).
3
I dati di base utilizzati in questo lavoro quelli della Banca dati Ismea-Gfk-Eurisko, disponibili dal 2005, provenienti dalla
rilevazione periodica effettuata su un panel di famiglie italiane per analizzarne i comportamenti d’acquisto. Il panel si basa
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carne bovina) e una contemporanea forte crescita degli elaborati di carne e dei formaggi
(soprattutto formaggi freschi e a denominazione di origine)4. Si deduce, quindi, un fenomeno di
sostituzione delle proteine derivanti direttamente dalla carne, con le uova – di alto valore nutritivo
ma sensibilmente più economiche - o con proteine vegetali derivanti dai legumi. Gli aumenti
interessano anche i prodotti che rispondono meglio alla domanda di: facilità d’uso/preparazione,
convenienza, salutismo, novità. Una reale minaccia al consumo di carne bovina deriva infatti anche
dalla diversificazione di salumi e insaccati di origine suina, più economici e spesso venduti già tagliati
e confezionati nei punti vendita della GDO. Infine, una forte spinta al calo dei consumi di carne è
attribuibile anche ad una diversa percezione del consumatore del benessere e quindi degli aspetti
connessi alla propria salute e al rispetto dell’ambiente.
I dati del monitoraggio Ismea, infatti, mostrano che il consumo di carne bovina e quello di prodotti
ittici hanno subìto una flessione negli ultimi anni, a vantaggio della carne avicola e di altre tipologie
di prodotti proteici (beni sostitutivi come i formaggi o le uova). In particolare, si osserva un’evidente
contrazione a volume degli acquisti delle famiglie di carne bovina che interessa in misura minore i
tagli più economici e a maggiore contenuto di servizio (p.e. hamburger)5. Nello stesso periodo, si
rileva un trasferimento degli acquisti dal canale tradizionale (e dagli iper) ai discount e ai
supermercati (vedi figure 2 e 3).
Fig. 2 – Lo spostamento degli acquisti delle famiglie di prodotti proteici (tassi di variazione medi annui
% 2013/2009)
Fonte: Elaborazioni ISMEA su dati Gfk Eurisko
su rilevazioni di acquisto a cadenza settimanale effettuate da un campione di 8000 famiglie rappresentativo dell’universo
delle famiglie italiane, intendendo con tale locuzione l’insieme di tutti gli individui che, vivendo in modo continuativo nella
stessa unità abitativa, condividono lo stesso paniere di consumi. Questa rilevazione fa riferimento solo ai consumi domestici,
quindi per definizione non vengono prese in considerazione la ristorazione, il catering e l’utilizzo industriale delle carni per le
preparazioni alimentari: ciò implica che i dati assoluti sono largamente inferiori ai consumi globali di prodotto. Cfr.
www.ismeaservizi.it, sezione Strumenti/Metodologie.
4 Ismea REF, 2014
5 Ismea REF, 2014
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Fig. 3 – Principali canali distributivi per l’acquisto di carne (2008-2012)
Fonte: Elaborazioni ISMEA su dati Gfk Eurisko
Nel complesso, guardando alla ripartizione della quota di spesa alimentare destinata all’acquisto
delle varie tipologie di carni e confrontando i dati del 2008 e del 2013 viene confermata la tendenza
da parte dei consumatori – già rilevata attraverso le stime dei consumi pro-capite - ad acquistare
quantità maggiori di carne avicola, che aumenta la sua quota sia in volume che in valore.
Il volume di consumo delle carni bovine passa da una quota di circa il 44% nel 2008 a poco più del
42% nel 2013, mentre la quota in valore si riduce di circa un punto in cinque anni (da 53,1% a 52%).
Stabili le quote di consumi di carne suina, cunicola e ovina. Da questo confronto si può
effettivamente dedurre uno spostamento del consumo dalla carne bovina alla carne avicola (figura
4).
Il calo degli acquisti di carne bovina ha interessato sia la carne di vitello (che in quantità rappresenta
circa il 25%), che quella di vitellone (bovino adulto). Nella figura 5, anche in vista delle stime
econometriche che saranno descritte nel paragrafo successivo, è effettuato il confronto tra
l’andamento dei consumi in volume della carne di vitello e bovino adulto con altre carni e potenziali
prodotti sostitutivi, ed in particolare carne di suino e di pollo.
Per quanto riguarda l’andamento della carne di vitello, nel periodo 2005-2007 c’è stato un aumento
degli acquisti, a cui è poi seguita una contrazione costante fino al 2013. Stesso andamento, ma
meno accentuato, si rileva anche per la carne di bovino adulto. Gli acquisti di carne di maiale
continuano a crescere fino al 2010, per poi invertire la tendenza, mentre i salumi presentano un
costante aumento nei volumi acquistati fino al 2012. Nel 2013, l’unica tipologia di carne che mostra
una variazione positiva è l’avicola.
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Fig. 4 – Quote dei consumi delle diverse tipologie di carne, in volume e in valore (2008 vs 2013, % su
totale carni)
Fonte: Elaborazioni ISMEA su dati Gfk Eurisko
Per completare il quadro informativo, la tabella 1 mostra le variazioni degli acquisti di carne bovina
sia nell’intero periodo 2005-2013 sia tra il 2009 e il 2013; esse sono dettagliate per le principali
disaggregazioni disponibili: oltre che per vitello e bovino e adulto, è possibile effettuare l’analisi per
la carne bovina fresca e per quella surgelata; alternativamente, si distingue la carne naturale da
quella elaborata. Come si vede, il calo degli acquisti ha riguardato la carne bovina fresca, mentre
sono aumentati gli acquisti – ancorché marginali (la surgelata rappresenta meno dell’1% nel 2013) –
di carne surgelata, con prezzi calanti. Inoltre, tra il 2009 e il 2013 sono cresciuti gli acquisti in volume
di carne bovina elaborata, anche in questo caso a fronte di prezzi medi in riduzione; anche in questo
caso comunque l’incidenza sui volumi di acquisti rimane molto bassa: 3,5% nel 2013.
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Fig. 5 – Dinamica dei volumi di acquisto della carne di vitello e vitellone e delle altre carni e salumi
(medie annue, indici 2005=100)
Fonte: Elaborazioni ISMEA su dati Gfk Eurisko
Tab.1 – Dinamica degli acquisti delle diverse tipologie di carne bovina (tassi di variazione medi annui,
%)
*Esclusi salumi
Fonte: Elaborazioni ISMEA su dati Gfk Eurisko
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3. L’Analisi econometrica
Obiettivo di questo lavoro è quello di studiare le dinamiche della domanda di carne bovina in Italia
attraverso un’analisi econometrica effettuata utilizzando le serie storiche dei dati Ismea-Gfk Eurisko.
In particolare, in questo studio si è cercato di valutare il legame che esiste tra la domanda di carne
di vitello e di vitellone, il suo prezzo e il prezzo di uno o più potenziali beni sostitutivi.
Prima di effettuare le stime econometriche, si è proceduto ad analizzare anche graficamente le
serie storiche disponibili nella banca dati, dove sono presenti dati mensili a partire da gennaio 2005.
3.1. Analisi preliminare sull’andamento dei volumi e dei prezzi della carne bovina
Ai fini dell’analisi grafica, sono state elaborati gli indici mensili delle quantità acquistate e dei prezzi
della carne bovina tra il 2005 e il 2013 (base degli indici: gennaio 2005). Per quanto riguarda i prezzi,
si tratta dei valori unitari (valore della spesa diviso quantità acquistate). Sia per il bovino adulto sia
per il vitello sono stati considerati i dati totali (carne naturale e elaborata, e, nel caso del bovino
adulto, sia fresca sia surgelata). Il confronto e l’analisi degli andamenti delle serie storiche sono utili
per capire meglio se in corrispondenza di particolari shock di mercato si siano verificate variazioni
evidenti nel comportamento dei consumatori, e per interpretare le dinamiche in atto nel mediolungo periodo. Nelle figure qui di seguito, sono riportati i valori medi annuali degli indici mensili, che
consentono di evidenziare in maniera più chiara l’evoluzione di fondo nel medio periodo, mentre
nelle figure alla fine del capitolo sono riportati gli indici mensili.
Nel caso del bovino adulto, all’aumento dei volumi degli acquisti registrato nel 2006, non è
corrisposto un andamento opposto del prezzo, che mostra una variazione anch’essa positiva, per
poi scendere l’anno successivo. Dal 2007 in poi, l’andamento delle quantità e dei prezzi appare
divergente, soprattutto in corrispondenza del rilevante calo degli acquisti degli ultimi due anni.
Anche gli indici di prezzo e i volumi medi di consumo del vitello mutano il loro andamento a partire
dal 2007: infatti dal 2007, all’aumentare del prezzo medio corrisponde una diminuzione dei volumi,
in conformità con la relazione classica tra la variazione di prezzo di un bene e conseguente
variazione dei volumi consumati di quel bene, con l’eccezione dell’ultimo anno (fig.7).
Fig. 6 – Dinamica dei volumi di acquisto e dei prezzi medi della CARNE DI BOVINO ADULTO dal 2005
al 2013 (indici 2005=100)
Fonte: Elaborazioni ISMEA su dati Gfk Eurisko
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Fig. 7 – Dinamica dei volumi d’acquisto e dei prezzi medi della CARNE DI VITELLO dal 2005 al 2013
(indici, 2005=100)
Fonte: Elaborazioni ISMEA su dati Gfk Eurisko
3.2. Le stime econometriche sulla domanda di carne di vitello e vitellone
L’uso di modelli econometrici ha permesso di individuare due relazioni che identificano in maniera
soddisfacente le dinamiche del consumo della carne di vitello e di vitellone.
Preliminarmente, sono state individuate due relazioni per descrivere il legame tra la domanda di
carne di vitello e di vitellone, il prezzo della carne stessa e il prezzo di uno o più possibili beni sostitutivi.
Prima di arrivare a definire le equazioni che descrivono la domanda di carne bovina - illustrate in
maniera dettagliata più avanti - sono state testate diverse combinazioni di variabili. Nell’analisi delle
variabili selezionate per testare le relazioni sono stati presi in considerazione anche gli shock di
mercato che avrebbero potuto influenzare la domanda di carne bovina o dei possibili beni sostitutivi
nell’arco temporale analizzato, come per esempio la febbre suina (2009-2010). Tuttavia, dai risultati
delle stime non risulta che questi eventi abbiano avuto ripercussioni sulla domanda di carne bovina.
In questa prima fase dello studio, usando serie storiche mensili che partivano dal gennaio 2005 e si
concludevano nell’agosto 2013, sono emersi risultati diversi dalle attese, ma che in parte trovavano
supporto dalla letteratura. Per esempio, nel caso del vitellone il coefficiente del prezzo della carne
di vitellone risultava positivo, cioè si riscontrava che all’aumentare del prezzo della carne di vitellone
aumentano le quantità consumate. Questo risultato appariva peraltro coerente con quanto
descritto da Baldi e Banterle (2005). Infatti, dalla loro analisi i coefficienti che legano le quantità ai
rispettivi prezzi del manzo/vitellone e del vitello risultavano positivi, contrariamente alla teoria del
consumatore. Risultati simili, riferiti alla prima crisi BSE del 1996 sono ottenuti da Mazzocchi (2000,
2001). Questo fenomeno veniva attribuito proprio alle conseguenze della crisi BSE sul
comportamento dei consumatori, che avrebbero orientato gli acquisto verso carni con prezzi più
elevati, considerandoli indicatori di un maggiore livello di qualità e sicurezza del prodotto.
Considerando questi primi risultati e sulla base delle indicazioni emerse dai dati stessi, che rivelavano
chiaramente la presenza di un break strutturale, e dall’analisi grafica, oltre a valutazioni sulla qualità
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dei dati delle serie storiche utilizzate6, si è ritenuto opportuno effettuare l’analisi econometrica
utilizzando le serie storiche a partire dal gennaio 2009 (aggiornate fino a marzo 2014), per avere dati
sui consumi di carne il più omogenei e attendibili possibile7.
In seguito a diversi tentativi, si è arrivati a formulare delle equazioni che riescono a descrivere in
maniera soddisfacente le dinamiche della domanda di carne bovina. Sia per la carne di vitello sia
per quella di vitellone la funzione considerata è la seguente funzione log-lineare:
ln( ) = ln + ln( ) + ln( ) + ln( ) + Dove le variabili prese in considerazione sono le seguenti:
•
è la domanda del bene i (vitello o bovino adulto) al tempo t;
•
è il prezzo del bene i (vitello o bovino adulto) al tempo t;
•
è il prezzo del bene sostitutivo j(altri prodotti proteici) al tempo t;
•
è il fattore stagionale (seasonal factor) della domanda al tempo t.
Allo scopo di valutare le relazioni tra il consumo di carne di vitello e vitellone e il prezzo medio unitario
di altri prodotti proteici, la funzione è stata testata prendendo in considerazioni i prezzi medi dei
seguenti beni: carne suina, carne avicola, salumi, formaggi e latticini (aggregato totale), formaggi
duri, formaggi semiduri, uova, prodotti ittici.
Procedendo nell’analisi e sulla base delle indicazioni della letteratura (Mazzocchi, 2002), è emersa
la necessità di testare anche il ruolo di una variabile di tipo reddituale nelle relazioni funzionali8. Con
questo intento, sono stati introdotte nel modello le variabili Totale carni e Totale prodotti proteici9: in
sostanza i valori della spesa destinata alle carni o al totale prodotti proteici vengono assunti come
proxy del reddito delle famiglie, nell’ipotesi che le famiglie allochino ai prodotti proteici una quota
stabile del reddito. Tuttavia, tali variabili sono risultate non significative nei modelli testati.
Le relazioni stimate sono riportate di seguito. Per quanto riguarda la metodologia di stima utilizzata,
che è spiegata più in dettaglio nell’Appendice, sia per la carne di vitello sia per la carne di bovino
adulto si è considerato un modello di regressione con residui distribuiti come un AR(1). Ciò significa
che si considera che il valore dei consumi al tempo t (dove t è il mese) sia funzione non solo delle
variabili esplicative, ma anche del valore dei consumi al tempo t-1, cioè del mese precedente.
Per quanto riguarda il fattore stagionale, esso è stato introdotto anche in considerazione della natura
dei dati utilizzati per questo studio.
Infatti, per interpretare la dinamica mensile dei consumi di carne bovina di fonte GFK-Eurisko, va
sottolineato che, mentre la rilevazione dei dati delle famiglie è effettuata su base settimanale, la
produzione e il rilascio dati è su base mensile. La mensilizzazione è effettuata successivamente e si
basa sulla logica 4-4-5 settimane, risultando:
•
I trimestre: gennaio 4 settimane; febbraio 4 settimane; marzo 5 settimane;
•
II trimestre: aprile 4 settimane; maggio 4 settimane; giugno 5 settimane;
6 A partire da gennaio 2008 è stata effettuata una riclassificazione dei prodotti nella banca dati GFK con un cambiamento
di metodologia di associazione dei codici dei prodotti (EAN e non EAN). Pertanto si può individuare un possibile break
strutturale nella serie storica.
7 Un eventuale shock dovuto al cambiamento di metodologia infatti potrebbe aver prolungato i suoi effetti su tutti i mesi del
2008.
8 Alcuni parametri che potrebbero essere presi in considerazione per ulteriori implementazioni del presente modello sono il
reddito, l’andamento demografico (es. quanto ha inciso la senilizzazione della popolazione), e la progressiva disaffezione al
consumo della carne rossa per motivi salutistici.
9 Nell’aggregato Totale carni sono inclusi i consumi in valore delle diverse tipologie di carne considerate nel modello
singolarmente, ovvero: vitello, bovino adulto, pollo, suino, salumi. Nell’aggregato Totale proteici al Totale aggregato carni
vengono sommati i consumi in valore di uova, prodotti ittici e formaggi e latticini (aggregato totale).
11
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•
III trimestre: luglio 4 settimane; agosto 4 settimane; settembre 5 settimane;
•
IV trimestre: ottobre 4 settimane; novembre 4 settimane; dicembre 5 settimane.
Tale accorgimento viene operato tenendo conto del numero di fine settimana presenti in ciascun
mese. Difatti, i fine settimana impattano molto sulle dinamiche degli acquisti e il sistema 4-4-5 evita
che un mese che in un dato anno comprende 4 settimane venga confrontato con lo stesso mese di
un anno differente, che invece ne comprende 5.
Tuttavia, l’adozione di questo sistema di costruzione dei dati mensili genera alcuni effetti sulla qualità
dei dati: infatti, alla fine di ogni trimestre si registra un picco dei consumi dovuto alla presenza di una
settimana in più nell’ultimo mese (4-4-5). In sintesi, dall’analisi dei dati si osserva un aumento dei
consumi nel terzo mese del trimestre non perché effettivamente le famiglie del Panel abbiano
consumato quantitativi maggiori di quel prodotto, ma perché l’ultimo mese del trimestre è composto
da una settimana in più rispetto ai due precedenti (secondo la metodologia adottata da Gfk). Nei
grafici alla fine del capitolo vengono rappresentati gli andamenti degli indici dei volumi d’acquisto
e dei prezzi medi per i prodotti “carne di vitello”, “carne di bovino adulto” e “carne di suino” calcolati
sulla base dei dati di fonte Gfk. In effetti, si osserva come in corrispondenza dell’ultimo mese di ogni
trimestre ci sia un “apparente” picco di consumi.
Il fattore stagionale introdotto nella funzione di domanda testata svolge quindi la funzione di
assorbire in sé l’effetto della stagionalità intrinseca nella serie mensile, che è per la gran parte un
effetto “contabile”. Tuttavia, non è possibile distinguere la parte dovuta alla stagionalità del
fenomeno, dalla parte dovuta alla stagionalità intrinseca dei dati.
Eq. 1 – VITELLO
Per la carne di vitello, la funzione che sembra descrivere meglio la dinamica dei consumi di questo
prodotto è una funzione log-lineare; in particolare, gli acquisti in volume di vitello risultano funzione
inversa del prezzo della carne di vitello; inoltre, risulta un legame significativo con gli acquisti del
mese precedente, mentre non risultano significative le relazioni con il prezzo di altri tipi di carne,
inizialmente presi in considerazione come potenziali beni sostitutivi (ad es. carne suina).
= 9.82712 − 0.093866ln( ) + 1.00757 + 0.925929
dove
•
•
•
è la domanda del bene i al tempo t = consumi domestici in volume (tonnellate) di carne
bovina vitello;
è il prezzo del bene i al tempo t = prezzo di carne bovina vitello, valori unitari medi mensili;
è il fattore stagionale (seasonal factor) della domanda al tempo t.
Dalla relazione testata quindi risulta che i volumi degli acquisti di carne di vitello delle famiglie:
• aumentano al diminuire del prezzo della carne di vitello (il coefficiente di pi è negativo),
come è normale attendersi;
• non sono influenzati in maniera significativa dal prezzo dei beni proteici potenziali sostitutivi
presi in considerazione nell’analisi – compresa la carne di bovino adulto -, quindi non è stato
possibile individuare beni sostitutivi che effettivamente condizionano le dinamiche di mercato della carne di vitello, che risultano prevalentemente legate agli acquisti del mese precedente.
Eq. 2 – VITELLONE
La funzione log-lineare stimata mette in relazione il consumo di carne di vitellone e i prezzi del vitellone stesso e dei potenziali beni proteici sostitutivi, di cui solo il prezzo della carne suina è risultato
significativo; inoltre, anche in questo caso si evidenzia il ruolo dei consumi del periodo precedente.
ln( ) = 11.2514 − 0.154342ln( ) − 0.119295 ln! " + 1.01585ln( ) + 0.86671
•
è la domanda del bene i al tempo t = consumi domestici in volume (tonnellate) di carne
bovino adulto;
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•
•
•
è il prezzo del bene i al tempo t = prezzo di carne di bovino adulto, valori unitari medi
mensili;
è il prezzo della carne suina, valori unitari medi mensili di carne suina;
è il fattore stagionale (seasonal factor) della domanda al tempo t.
Dalla relazione testata risulta che il consumo di carne di bovino adulto:
• aumenta al diminuire del proprio prezzo (il coefficiente di pi è negativo);
• aumenta al diminuire del prezzo della carne suina (il coefficiente di p1j è negativo); quindi
l’analisi mette in evidenza una relazione tra il consumo di carne di vitellone e il prezzo della
carne suina, ma diversamente dalle attese, si tratta di una relazione inversa.
Anche in questo caso i coefficienti relativi agli acquisti di vitellone nel mese precedente e al fattore
stagionale sono significativi e hanno un valore positivo abbastanza elevato.
Per quanto riguarda la relazione con il prezzo della carne suina, si potrebbe dedurre che la carne
suina non sia un prodotto sostitutivo della carne di bovino adulto, ma complementare. Questo risultato trova supporto in letteratura, in particolare nel lavoro di Moro e Sckokai (2002) in cui, nell’ambito
dell’applicazione di un modello di equilibrio parziale per studiare il settore della carne bovina, si considera l’esistenza di una relazione negativa tra i consumi di carne bovina e il prezzo di carne suina.
Per approfondire questo aspetto, è stata testata anche direttamente la relazione tra il consumo di
carne di vitellone e il consumo di carne suina e le due variabili sono risultate positivamente correlate;
tuttavia, inserendo la componente stagionale nel modello dove sono messi in relazione i consumi di
carne di vitellone e di carne suina, questi ultimi diventano non significativi nello spiegare l’andamento dei consumi di vitellone.
Come si è detto, il fattore stagionale introdotto nelle stime svolge quindi la funzione di assorbire in sé
l’effetto della stagionalità intrinseca nella serie mensile, che è per la gran parte un effetto “contabile” piuttosto che reale. E in effetti il coefficiente del fattore stagionale risulta significativo in entrambe le funzioni, quella del vitello e quella del bovino adulto.
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Fig. 8 – Dinamica mensile dei volumi d’acquisto della CARNE DI VITELLO, di BOVINO ADULTO e di
SUINO dal 2009 al 2013 (indici, gennaio 2005=100)
Fonte: Elaborazioni ISMEA su dati Gfk Eurisko
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Fig. 9 – Dinamica mensile dei prezzi medi della CARNE DI VITELLO, di BOVINO ADULTO e di SUINO dal
2009 al 2013 (indici, gennaio 2005=100)
Fonte: Elaborazioni ISMEA su dati Gfk Eurisko
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4. Conclusioni
Nel periodo 2009-2014, malgrado dall’analisi descrittiva dei dati si osservi uno certo spostamento dei
consumi dalla carne bovina verso altre carni, ed in particolare verso l’avicola e altri prodotti proteici
(formaggi e salumi), gli acquisti domestici di carne bovina non risultano influenzati dalle variazioni
dei prezzi di possibili sostituti.
Come nella normale teoria del consumatore, l’andamento degli acquisti sia di carne di vitellone
(bovino adulto), sia di carne di vitello, risultano inversamente correlati al proprio prezzo (all’aumentare del prezzo si riducono gli acquisti), ma il valore del coefficiente è basso. Gli acquisti mensili risultano inoltre correlati al livello degli acquisti del mese precedente. Bovino adulto e vitello non risultano
sostituti.
Lo studio conduce pertanto alla deduzione che la contrazione dei consumi, osservata dal 2008 in
poi, sia un fenomeno soprattutto legato a un cambiamento nell’atteggiamento dei consumatori nei
confronti della carne bovina a cui si è aggiunta l’influenza della crisi economica; nelle scelte d’acquisto, c’è sicuramente attenzione al prezzo della carne bovina, mentre variazioni nei prezzi degli
altri prodotti non inducono spostamenti negli acquisti.
Un ulteriore approfondimento dell’analisi potrebbe essere effettuato osservando l’andamento degli
acquisti dei principali tagli di carne bovina in relazione al prezzo. In ISMEA (2014) si descrive, infatti,
nell’orizzonte temporale 2009-2013, uno spostamento della domanda di carne di bovino adulto a
favore di tagli meno pregiati e più economici (macinato e hamburger) a scapito di bistecche, bocconcini e roast beef; per la carne di vitello, inoltre, risulta un aumento della concentrazione della
domanda a favore dell’arrosto, unica voce che nell’ultimo quinquennio ha presentato valori medi
unitari in calo. Questi andamenti appaiono compatibili con le conseguenze della crisi economica;
tuttavia, la possibilità di disporre di dati degli acquisti delle famiglie per classi di reddito (attualmente
non disponibili nella banca dati dell’Ismea), potrebbe fare emergere, come in Mazzocchi (2002),
differenti comportamenti di consumo e consentirebbe di evidenziare la coesistenza, accanto ai consumatori più sensibili al prezzo, di consumatori più attenti alla qualità la cui domanda risulterebbe
poco elastica rispetto al prezzo.
Paradossalmente, la crisi BSE aveva probabilmente fatto emergere in maniera più evidente
un’attenzione alla qualità, che, negli ultimi anni, con la normalizzazione del mercato, ha lasciato il
posto a una banalizzazione della carne bovina che dà luogo a una certa inerzia nei consumi nel
corso del tempo e al contempo determina un’inevitabile sensibilità al prezzo nella situazione di
persistente crisi economica.
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Appendice
A.1 Sintesi della letteratura
Titolo
1) Mazzocchi M. (2002)
“Gli effetti della crisi BSE
del 2000/2001 sui consumi di carne bovina e
sostituti delle famiglie
italiane: un’analisi per
classi di reddito”
Obiettivi
Verificare l’impatto della BSE sui
consumi di carne bovina, carne
suina, pollame, altre carni bianche, prodotti ittici, altri tipi di
carne. L’analisi viene fatta per
gruppi di famiglie consumatrici
appartenenti a diverse classi di
reddito.
Risultati
Le dinamiche immediatamente
successive alla crisi BSE possono
essere spiegate sia in relazione ai
cambiamenti nelle preferenze e
nei gusti dei consumatori, sia
come conseguenza di una diversa
percezione dei prezzi. Infatti, da
una parte si osserva un’evidente
spostamento delle preferenze
dalla carne bovina per tutte le
classi di reddito, dall’altra emerge
eterogeneità nella percezione del
prezzo. In particolare, il prezzo può
essere inteso da un lato come
indicatore di qualità, ma dall’altro
la riduzione del prezzo della carne
bovina
può
comunque
rappresentare un fattore di
convenienza per il consumatore
meno sensibile al rischio (famiglie
con fascia di reddito inferiore). Le
preferenze sembrano dirigersi
verso carne suina, soprattutto al
crescere del reddito, mentre per la
carne avicola l’impatto risulta
ridotto. Si osserva un generalizzato
spostamento verso i prodotti ittici,
ma le classi inferiori restano sensibili
ai prezzi. Nello studio viene
sottolineato il ruolo delle variabili
socio-demografiche.
2) Moro D., Sckokai P.
(2002) “Un modello di
equilibrio parziale per il
settore
dell’allevamento bovino in Italia”
Viene modellizzato tutto il settore
bovino da carne e da latte.
Viene fatta l’assunzione sulla “separabilità debole delle preferenze”, che consente di specificare la domanda dei prodotti
considerati nel modello (carni e
lattiero-caseari)
come
domanda condizionale, cioè considerando carni e lattiero-caseari
come gruppi di prodotti separabili. In questo modo la domanda
di carne bovina è funzione solo
dei prezzi dei prodotti del gruppo
e della spesa in quel gruppo. Per
la stima dei parametri della domanda si considera solo il periodo post BSE.
I risultati relativi alle relazioni della
domanda di carne bovina coi
prezzi di altri beni indicano che il
consumo di carne bovina aumenta al diminuire del suo prezzo.
Allo stesso modo il consumo di
carne bovina aumenta al diminuire dei prezzi di carne suina e di
carne avicola.
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Titolo
1) Baldi L. e Banterle A.
(2005) “Le recenti dinamiche dei consumi di
carne bovina in Italia”
in Veneto Agricoltura
“Analisi economica del
comparto delle carni
bovine nel Veneto”.
Obiettivi
Nello studio si analizza l’evoluzione dei consumi di carne bovina e si applica un modello
econometrico per stimare le relazioni tra prezzi, reddito e quantità sia nel periodo BSE sia nel periodo successivo. Gli episodi
della BSE sembrano aver prodotto delle distorsioni negli atteggiamenti dei consumatori,
mettendo in discussione le assunzioni della teoria economica
classica della domanda.
Risultati
Nel periodo crisi BSE i coefficienti
che legano le quantità ai prezzi di
vitello e manzo/vitellone risultano
positivi. Il modello però non risulta
molto significativo, e i risultati sono
assimilabili a quelli ottenuti dal lavoro di Mazzocchi (2002). Per il periodo fuori crisi invece i segni dei
coefficienti sono conformi alla teoria (coefficienti diretti di prezzo negativi e di reddito positivi). Per il vitellone solo il pollame rappresenta
un sostituto, mentre la carne suina
rappresenta un bene complementare. Manzo/vitellone e vitello
risultano beni complementari.
A.2 Metodologia delle stime econometriche e risultati
Al fine di ottenere dei modelli di regressione che siano adattabili al caso di dati temporali, non è
possibile utilizzare i classici modelli OLS (Ordinary Least Square), ma si dovrà ricorrere a modelli che
tengano conto della presenza di autocorrelazione degli errori (semplificando, le osservazioni a tempi
diversi sono in qualche modo legate tra loro). In questo caso la varianza del vettore dei parametri
risulta pari a (X’X)-1X’ Ω X(X’X)-1, dove X è la matrice dei dati e Ω è la matrice di varianza-covarianza
degli errori. Al fine di stimare quest’ultima si utilizzano modelli cosiddetti FGLS (Feasible Generalized
Least Squares).
Nel caso specifico si è considerato un modello in cui i residui sono distribuiti secondo un processo
auto regressivo di primo ordine, AR(1). Al fine di stimare il parametro (ignoto) di tale processo si utilizza
una procedura iterativa, detta di Cochrane-Orcutt. Con tale procedura, la prima stima (inefficiente)
del parametro, ottenuta con i minimi quadrati dei residui, viene iterata fino a convergenza.
Nel modello sono stati inseriti i seasonal factor della domanda. Tale componente stagionale è state
stimata attraverso la procedura di destagionalizzazione TRAMO-SEATS. Tale metodo (detto modelbased), dopo una fase iniziale di pre-processo, decompone la serie storica osservata in diverse componenti non osservate (trend-ciclica, stagionale, transitoria, irregolare) attraverso dei modelli UCARIMA (Unobserved Component ARIMA). La serie destagionalizzata è ottenuta eliminando la componente stagionale stimata a partire dalla serie osservata. Tale componente stagionale rappresenta
dunque il seasonal factor della domanda.
Le analisi effettuate sono state svolte attraverso l’utilizzo dei seguenti software:
•
Demetra+10 (modulo TRAMO/SEATS) è stato utilizzato per stimare la componente stagionale
della domanda;
•
GRETL11 è stato utilizzato per stimare i parametri e le statistiche del modello.
10
Demetra+ è un programma sviluppato da Eurostat – Commissione Europea, e disponibile al seguente sito: http://www.crosportal.eu/content/demetra
11 GRETL (Gnu Regression, Econometrics and Time-series Library) è un software open-source per analisi econometriche.
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A.2.1 Funzioni di domanda
Funzione log-lineare
ln( ) = ln + ln( ) + ln( ) + ln( ) + dove
•
è la domanda del bene i (carne di vitello/bovino adulto) al tempo t;
•
è il prezzo del bene i (carne di vitello/bovino adulto) al tempo t;
•
è il prezzo del bene sostitutivo (altre proteiche) al tempo t;
•
mt è il fattore stagionale – seasonal factor della domanda al tempo t.
Modello utilizzato
Il modello utilizzato è una regressione con residui distribuiti come un AR(1) – procedura di CochraneOrcutt. In pratica si considera che il valore dei consumi al tempo t sia funzione non solo delle variabili
esplicative, ma anche del valore dei consumi al tempo t-1. Si noti che con questa procedura si perde
la prima osservazione (quella più vecchia), in quanto non è possibile derivarla a partire dal valore
precedente.
Il modello presenterà dei residui, ottenuti dalla differenze tra i valori osservati ed i valori stimati dal
modello (ossia quelli ottenuti applicando la forma funzionale scelta). L’analisi di tali residui è fondamentale per capire quanto il modello di adatti bene ai dati, ossia è un buon descrittore del fenomeno.
Significato dei coefficienti
•
la costante è il valore dei consumi qualora tutte le altre variabili fossero poste uguali a zero
(ha un significato più statistico-matematico che economico);
•
il coefficiente di una variabile X (ad esempio il prezzo) misura di quanto varia in media la Y (i
consumi) in seguito ad una variazione unitaria della X tenendo costanti tutte le altre variabili;
•
Si noti che nel caso in esame le variabili considerate sono i logaritmi delle X.
P-value
Il p-value è la probabilità di commettere un errore considerando falsa l’ipotesi nulla H0: coefficiente
=0
In pratica quando il p-value è alto non è possibile dire che il coefficiente sia significativamente diverso da zero, rendendo la variabile non significativa. I valori soglia solitamente considerati affinché
la variabile sia ritenuta significativa sono solitamente posti a 0,1, 0,05 o 0,01.
VITELLO
Modello: CORC - Cochrane-Orcutt, usando le osservazioni 2009:02-2014:03 (T = 62)
Variabile dipendente: l_VITELLO
rho = 0,925929
Coefficiente Errore Std.
rapporto t
p-value
const
9,82712
0,0980036
100,2731
<0,00001
***
l_P_VITELLO
-0,093866
0,0410338
-2,2875
0,02577
**
l_seas_vitell
1,00757
0,00553013
182,1966
<0,00001
***
Statistiche basate sui dati rho-differenziati:
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Media var. dipendente
9,609803
SQM var. dipendente
0,130500
Somma quadr. residui
0,004257
E.S. della regressione
0,008494
R-quadro
0,995905
R-quadro corretto
0,995766
F(2, 59)
16598,78
P-value(F)
6,99e-82
rho
-0,229355
Durbin-Watson
2,436064
= 9.82712 − 0.093866ln( ) + 1.00757 + 0.925929
Normalità dei residui
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Serie storica dei residui
Confronto fra valori reali e valori stimati dal modello per la variabile Consumo:
Il modello presenta residui privi di un trend (distribuzione casuale). Nonostante vi siano problemi di
normalità dei residui, comunque superabili ricorrendo alla teoria asintotica, i valori stimati dal modello sono molto vicini ai valori reali della serie storica, segno che il modello sia in grado di descrivere
bene il fenomeno.
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Dicembre 2014
VITELLONE
Modello CORC - Cochrane-Orcutt, usando le osservazioni 2009:02-2014:03 (T = 62)
Variabile dipendente: l_BOVINO_ADULTO
rho = 0,86671
Coefficiente Errore Std.
rapporto t
p-value
const
11,2514
0,133612
84,2097
<0,00001
***
l_P_BOVINO_AD
-0,154342
0,0479698
-3,2175
0,00212
***
l_seas_bovino
1,01585
0,00810047
125,4060
<0,00001
***
l_SUINO
-0,119295
0,0508988
-2,3438
0,02254
**
Statistiche basate sui dati rho-differenziati:
Media var. dipendente
10,69913
SQM var. dipendente
0,112448
Somma quadr. residui
0,005749
E.S. della regressione
0,009956
R-quadro
0,992549
R-quadro corretto
0,992164
F(3, 58)
5527,714
P-value(F)
3,26e-71
rho
-0,116382
Durbin-Watson
2,225246
ln( ) = 11.2514 − 0.154342ln( ) − 0.119295 ln! " + 1.01585ln( ) + 0.86671
Beni proteici significativi: Carne suina
22
Dicembre 2014
Normalità dei residui:
Serie storica dei residui:
23
Dicembre 2014
Confronto fra valori reali e valori stimati dal modello per la variabile Consumo:
Nel caso del vitellone l’analisi dei residui non è ottima, ma comunque accettabile. La distribuzione
non proprio normale dei residui può essere considerata un problema minore (si ricorre alla teoria
asintotica). Il modello riesce in ogni caso a rappresentare in modo adeguato la realtà in quanto i
valori stimati dal modello sono molto simili a quelli osservati.
A.2.2 Serie storiche utilizzate nelle stime
Domanda di carne bovina: volumi consumi domestici (tonnellate) carne bovina vitello e carne bovino adulto (serie storica mensile da gennaio 2009 a marzo 2014).
Prezzo di carne bovina: prezzo medio (euro/kg) degli acquisti domestici di carne bovina (fonte Gfk
Eurisko) - prezzo medio carne bovina vitello e prezzo medio carne bovino adulto (serie storica mensile
da gennaio 2009 a marzo 2014).
Prezzo di altri prodotti proteici (potenziali beni sostitutivi): prezzo medio (euro/kg) degli acquisti domestici dei beni sostitutivi da gennaio 2009 a marzo 2014 (fonte Gfk Eurisko) - Prezzo medio di carne
avicola; carne suina, salumi, formaggi e latticini (aggregato totale), formaggi duri, formaggi semiduri, uova, prodotti ittici (serie storiche mensili da gennaio 2009 a marzo 2014).
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Bibliografia
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•
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•
•
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Boatto V., Bolzonella C., Bustaffa R., Rossetto L., Schiavon S., Tagliapietra F., Tasinato L. (2005),
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Bracco S., Di Vita G., Pappalardo G. (2010), “Effetti della riforma della PAC sulla redditività
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sostituti delle famiglie italiane: un'analisi per classi di reddito”. In Giacomini, C. (ed.). “L'impatto dell'OCM carne sull'allevamento bovino in Italia dopo la crisi BSE”, Milano, Franco Angeli, pp. 79-96.
Moro D. e Sckokai P. (2002) “Un modello di equilibrio parziale per il settore dell’allevamento
bovino in Italia”, in L’impatto dell’OCM carne sull’allevamento bovino in Italia dopo la crisi
BSE, Franco Angeli, Milano, pp.97-146.
Nerlove M. (1956) “Estimates of supply selected agricultural commodities”, Journal of Farm
Economics, Vol. 38, pp.496-509.
Sexton R.J. e Zhang M. (2001) “An assessment of the impact of food industry market power
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Venetoagricoltura (2008) “Il vitello a carne bianca in Veneto”.
Vieri S. (1994) “La politica agricola comune dal trattato di Roma alla riforma MacSharry”,
Edagricole, Bologna.
Questo lavoro è stato realizzato nell’ambito del Piano di interventi per il settore zootecnico
finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali
Dicembre 2014
Area Mercati
Responsabile di redazione: Antonella Finizia
Redazione a cura di: Antonella Finizia, Linda Fioriti, Enrico Infante
e-mail: [email protected]
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