MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA TERAPIA ELASTOCOMPRESSIVA Il ritorno venoso a livello degli arti inferiori è assicurato da vari meccanismi, ben conosciuti, rappresentati fondamentalmente dalla depressione inspiratoria toracica e dalla pompa muscolare (principalmente del polpaccio). Anche la vis a tergo, rappresentata dalla spinta del versante arterioso, assieme all’attività pulsante del vaso adiacente, costituiscono delle forze di ritorno venoso. La struttura valvolare assicura che questi meccanismi (di tipo non continuo e legati da un lato alla profondità degli atti respiratori, dall’altra alla contrazione muscolare) non vengano vanificati nei momenti di pausa (posizione eretta statica e respiro superficiale). Un elemento da tenere presente, che spesso assume una notevole importanza, è la capacità di pompa assicurata dalla suola venosa di Lejar. Modificazioni dell’assetto plantare come il piattismo o l’equinismo, producono dei deficit di ritorno difficilmente correggibili senza un apposito plantare. L’elasto compressione trova un suo preciso ruolo applicativo in varie situazioni di patologia venosa (flebopatia ipotonica, malattia varicosa, sindrome post trombotica, trombosi venosa profonda e varicotrombosi) e linfatica (insufficienza linfatica cronica, linfangiti a piastra ed a stria). Tutte queste forme patologie e le loro varianti possono riassumersi in un solo concetto fisiopatologico : l’insufficienza flebo linfatica, comprese le acuzie (trombosi e linfangiti) Il meccanismo d’azione terapeutica dell’elastocompressione terapeutica è intuitivo : • riduce la sezione venosa permettendo il ripristino della funzione valvolare (solo nei casi di diastasi dei lembi valvolari molto modesta); in tal modo s’impongono percorsi fisiologici obbligati. • riduce il volume di sangue contenuto nel sistema venoso (quindi riduzione del volume della massa ematica in stasi). • produce un aumento della velocità di flusso venoso : con 15 mmHg di compressione si ottiene una riduzione di oltre il 50% del calibro venoso e la velocità di scorrimento aumenta sino a sei volte, determinando così una netta riduzione dell’incremento alla tendenza trombofilica legato alla stasi. La benda elastica e la calza elastica non sono equivalenti sul piano terapeutico; il bendaggio, che deve essere personalizzato sulla realtà clinica ed anatomica del singolo paziente, rappresenta spesso una sorta di terapia di attacco riservata alle fasi di acuzie, mentre la calza, anch'essa prescritta in base alle peculiarità anatomiche ed emodinamiche del singolo paziente, rappresenta sempre una terapia di mantenimento a lungo termine. 51 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA Le strutture anatomiche compressibili sono le strutture vasali a bassa pressione (macro e microcircolo venoso, superficiale e profondo, spazi linfatici) ; altre strutture come le ossa, non sono assolutamente compressibili mentre altri come i tessuti molli ed i muscoli sono incompressibili solo se esenti da edema. In condizioni di edema anche modesto, la compressione induce il passaggio dei liquidi interstiziali nei comparti venoso e linfatico. Naturalmente il sistema arterioso oppone alla compressione la forza della sua pressione ma bisogna sempre tenere presente che in condizioni di riposo muscolare una compressione di 25 mmHg è in grado di ridurre significativamente il volume totale di perfusione arteriosa della regione. La conoscenza del grado di elasticità della benda, com’è intuibile, e' di fondamentale importanza nell'applicazione clinica: Dal punto di vista terapeutico e per una applicazione secondo corretti criteri fisiopatologici i mezzi compressivi vanno differenziati in base alla loro estensibilità: a) anelastiche, o ad allungamento corto; b) ipoelastiche o ad allungamento medio; c) elastiche o ad allungamento elevato In generale tutti i bendaggi vanno applicati in maniera perfettamente aderente alle fisiologiche curvature anatomiche (bendaggio concentrico), facendo molta attenzione ai vuoti di pressione, i cosiddetti “ponti”, che vanno sempre colmati con materiali vari che spesso devono eccedere la curvatura anatomica, creando il terreno per il cosiddetto bendaggio eccentrico. Schema esemplificativo di bendaggio eccentrico benda Supporto per eccentricità Sezione di arto • le bende a corta estensibilità (ipo / anelastiche), estendendosi molto poco, comprimono l'arto solo durante la contrazione muscolare e il loro posizionamento va effettuato tenendo conto che devono comprimere l’arto pochissimo o nulla quando il muscolo e' a riposo. Per la loro Spugnette per bendaggio eccentrico (da modellare) peculiare estensibilità presentano un elevato differenziale tra la pressione esercitata durante la contrazione muscolare e la pressione esercitata a riposo. Per questa loro caratteristica agiscono prevalentemente sul circolo profondo e solo se il paziente deambula. • Le bende ad elasticità medio – alta, presentano un basso differenziale tra pressione di lavoro e pressione di riposo. Operano la compressione continuamente, sia quando il muscolo e' a riposo che durante la contrazione muscolare. Per queste caratteristiche agiscono sopratutto sul circolo superficiale, molto meno, in misura quasi marginale sul circolo profondo ed anche se il paziente non deambula. 52 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA Immagine ecografica di stasi venosa: tipiche “volute di fumo” che scompaiono all’attivazione manuale (a destra) della pompa muscolare Sindrome post trombotica con edema, dermoipodermite emosiderinica ad importante componente linfostatica 53 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA L’ELASTO COMPRESSIONE NELL’INSUFFICIENZA VENOSA CRONICA Varici Essenziali L'obiettivo principale nella terapia delle varici essenziali (chirurgica, scleroterapica ed elastocompressiva) dev’essere la soppressione o almeno la riduzione dell’entità del reflusso . Il principio fondamentale dell’elasto compressione è quello di favorire, tramite una pressione gradualmente decrescente, dalla caviglia verso la coscia, il deflusso venoso. Nell' insufficienza venosa cronica da varici primitive bisogna imporre una compressione che agisca prevalentemente sul circolo superficiale e la sua attività deve comprendere sia i momenti di riposo muscolare che quelli di attività. Bisognerà quindi indicare una compressione ad elevata elasticità ma di breve durata (cioè da eliminare durante il riposo). Il grado di compressione (da non confondere con l'elasticità), esprimibile in mmHg, potrà essere determinato in base alle pressioni venose, secondo il criterio generale algebrico di fornire una contropressione che, sottratta alla pressione ortostatica della tibiale posteriore, riporti i valori alla normalità (se ad esempio la pressione venosa ortostatica alla tibiale posteriore è di 80 mmHg, per riportare il valore a circa 60 mmHg bisognerà fornire una contropressione di circa 20 mmHg) ma anche e soprattutto facendo riferimento allo stadio clinico dell’IVC. In queste forme patologiche, in assenza di acuzie bisogna privilegiare l’elastocompressione mediante calza elastica (classe 1 – 2 di compressione equivalenti rispettivamente a 18-24 mmHg e 30 - 35 mmHg) facendo bene attenzione a: • coprire il punto di fuga (reflusso) più alto • valutare l’anatomia morfologica del ginocchio e di tutta la regione • valutare se il gambaletto non possa in qualche modo costringere in maniera pericolosa la safena o altra varice appena sotto l’articolazione del ginocchio, medialmente. • valutare la proporzione esistente tra le circonferenze della caviglia, punto massimo di polpaccio e del cavo popliteo FIC Flebopatia Ipotonica Costituzionale La FIC è una entità nosologica caratterizzata dall’assenza di patologia valvolare, dalla presenza di sintomatologia flebostatica e dalla difficoltà di scarico del plessi dermici superficiali con l’ortodinamismo. A ciò si aggiunge l’ipotonia del circolo profondo che si manifesta con l’ectasia del vaso all’incremento pressorio determinato dal passaggio dal clino all’ortostatismo. Molto spesso ai pazienti con FIC, che naturalmente non presentano varicosità evidenti, si è tentati di prescrivere calze a bassa forza di compressione che purtroppo spesso si identificano con calze ad elevata elasticità. Quasi inevitabilmente la stragrande maggioranza di tali pazienti lamentano intenso 54 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA freddo ai piedi e la calza non solo non riesce ad attenuare i sintomi presenti ma anzi aggiunge un fastidio in più alla loro sintomatologia. Dal punto di vista fisiopatologico ciò appare comprensibile in quanto la riduzione del calibro del circolo venoso superficiale (che di base è assolutamente normale) fa si che il sistema non possa svolgere correttamente uno dei suoi compiti principali : la termoregolazione; la compressione elastica impedisce il giusto grado di tono venoso superficiale che permetterebbe una corretta temperatura cutanea. In effetti il punto d’azione su cui si dovrebbe agire nei pazienti con FIC è il circolo profondo. Uno stratagemma che spesso funziona è quello di prescrivere una più elevata compressione di quella richiesta (che inevitabilmente si traduce anche in una più scarsa elasticità) ma il tutore di taglia lievemente più grande. La compressione a riposo muscolare è così di intensità ridotta, mentre l’azione durante contrazione muscolare diviene più efficiente. Purtroppo non è una regola e soggetti con la medesima patologia e sintomatologia rispondono in maniera molto diversa alla stessa compressione elastica. Ciò accade a volte per l’inadeguatezza dei tutori elastici che mal si adattano a personali proporzioni anatomiche caviglia / polpaccio / coscia. A volte si tratta solo di insuperabili sensazioni psichiche di costrizione. L’elasto compressione nella sindrome post trombotica L’insufficienza valvolare interessa il circolo venoso profondo e perforante (sindrome post trombotica e varicosi in fase avanzata, con iniziale coinvolgimento ectasizzante e valvolare del circolo profondo). In questi pazienti bisognerà agire soprattutto sul circolo profondo e con compressioni meno blande: si preferiranno quindi mezzi compressivi a scarsa elasticità. Come già detto la trombosi venosa profonda inizia sempre nei recessi valvolari ed alla fine del processo di ricanalizzazione, quando questo avviene, le valvole vengono sempre distrutte dalla lisi del coagulo. Il deficit funzionale che ne consegue comporta la rapida evoluzione verso l’insufficienza venosa cronica, quando questa non era presente prima dell’evento trombotico. I tempi (molto spesso brevi) e la gravità del quadro clinico, dipendono strettamente dal numero e dall’importanza topografica delle strutture valvolari danneggiate. Il razionale fisiopatologico dell’elastocompressione ricalca, per grandi linee, quello della malattia varicosa. Naturalmente le modalità e la tipologia della compressione saranno diverse a seconda della sede, dell’entità del danno, della presenza o meno di varici vicarie e soprattutto dalla tipologia ed entità della ricanalizzazione (assente, parziale o completa) del Dermo - Ipodermite da stasi con circolo profondo. elementi di venulite Nel caso in cui la SPT sia causa di ulcera flebostatica, il bendaggio andrà confezionato con gli stessi criteri ma l’elemento differenziante è costituito dalle compressioni eccentriche che saranno poste sulle depressioni di emergenza delle perforanti e sulle vene nutrici dell’ulcera. Tali punti sono individuabili nella gran parte dei casi clinicamente, come una depressione della grandezza di 0,5 – 1,5 cm a cui fa seguito una varice; a volte è necessario l’ausilio dell’eco color doppler 55 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA Il soggetto con SPT presenta quasi costantemente un certo grado di edema perimalleolare e pretibiale. La localizzazione è perimalleolare e di gamba quando non vi è una significativa componente linfatica; in questo ultimo caso interesserà anche le regioni sottomalleolari e l’avampiede. Il miglior risultato sul reflusso si ottiene quando l’edema è assente o quantomeno trascurabile. Il primo ostacolo da superare è quindi la risoluzione dell’edema L’elastocompressione nella trombosi venosa Trombosi venosa profonda Il trattamento elastocompressivo nella trombosi venosa profonda è spesso il primo rimedio da adottare appena posta la diagnosi. Il razionale poggia su due cardini fondamentali: l’inibizione della progressione centripeta- centrifuga del trombo per l’aumento delle velocità di flusso conseguenti alla riduzione della sezione del vaso e la profilassi del trombo embolismo (la riduzione della Trombosi Venosa surale sezione del vaso permette una più solida ed estesa adesione del trombo alla parete, impedendogli di flottare). - trombosi femoro iliaca: se il trombo coinvolge anche la femorale e poplitea, ridurre il letto vicariante con un bendaggio potrebbe portare ad un incremento così importante dell’edema che alla fine si giungerebbe a pressioni intrafasciali così elevate da ridurre, se non azzerare la pressione arteriosa distrettuale (flegmasia cerulea). - trombosi femorale distrettuale: il bendaggio va applicato con una eccentricità posta sulla proiezione cutanea del punto più alto della Esito di tvs in cordone trombosi (rilevato all’eco doppler). fibroso - trombosi suro gemellare: è forse l’indicazione più frequente e che dà i migliori risultati in termini di dolore e di tempi di guarigione. Iperemia e linfangite peritrombotica L’applicazione delle bende va comunque sempre preceduta da un breve periodo di deplezione (in genere sono sufficienti 24 ore di riposo in posizione antideclive) . Ciò riduce notevolmente la frequenza dei cambi di benda e riduce i tempi di guarigione. L’applicazione di bende totalmente anelastiche, intrise di ossido di zinco, Trombosi settica di gavocciolo a fiocchi singoli con le estremità libere rivolte verso l’alto e giustapposte per il 50 – 75%, sembra essere il compromesso migliore per poi poter applicare su questo un bendaggio ipoelastico (meglio se adesivo) a doppio strato a otto sino ai 2/3 di gamba e poi a spire sovrapposte nella parte alta. - varico trombosi : il gavocciolo varicoso trombizzato va inciso e spremuto, a patto che il coagulo non sia già organizzato. L’applicazione di bende allo zinco ed il bendaggio sovrapposto riduce notevolmente il dolore ed i tempi d guarigione. E’ buona norma apporre una eccentricità compressiva 56 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA cranialmente al punto più alto della trombosi. La parte più alta della trombosi e quindi il punto di applicazione dell’eccentricità, vanno valutate con eco doppler in quanto, molto frequentemente la regione in flogosi e l’obiettività palpatoria di ipertermia e di cordone duro ne denunziano l’estensione quasi sempre in difetto. Trattamento degli edemi vascolari Dai concetti esposti risulta facile comprendere quale dovrà essere l’ atteggiamento nell’ uso dei presidi contenitivi rispetto alla presenza degli edemi. La contenzione o la compressione elastica non dovranno essere utilizzate per risolvere gli edemi: addirittura è meglio non utilizzarli in presenza di edema, che e' espressione di uno scompenso microcircolatorio, ma solo per prevenirli. In qualunque tipo di edema (tranne il linfatico cronico e/o congenito), se si pone il paziente in posizione antideclive (clinostatismo con 10 – 15 cm di rialzo) si ottiene la risoluzione o comunque una marcata riduzione. L’edema flebogeno puro in 24 ore, l’edema flebo linfatico in 36 ore. L’'atteggiamento terapeutico più corretto da seguire è quello di farli risolvere o regredire il più possibile, costringendo il paziente in posizione antideclive per 24 - 48 ore, magari associando il drenaggio meccanico pneumatico a compressione peristaltica (se è certa l’assenza di una trombosi profonda e/o superficiale); solo in seguito (naturalmente senza soluzione di continuità) bisognerà applicare una contenzione elastica adatta alla morfologia anatomica ed alla patologia. L’introduzione di diuretici nella terapia rende più rapida la deplezione iniziale ma sicuramente meno completa la restitutio per la persistenza di componente linfatica, meno sensibile a tale trattamento. Nella terapia degli edemi linfatici vanno utilizzate le bende anelastiche, in genere medicate o imbibite di ossido di zinco, che hanno azione prevalente sul circolo profondo e solo durante attivita' muscolare deambulatoria. Date le particolarità applicative di questo tipo di bende e la loro azione (esclusiva durante contrazione muscolare), non dovranno essere rimovibili, ma di tipo fisso. Essendo anelastiche non arrecheranno alcun fastidio da esubero di compressione durante il riposo o comunque durante l'inattività muscolare. Tale tipo di bendaggio diviene scarsamente sopportabili se il paziente sosta per lunghi periodi in posizione seduta o eretta. La corretta applicazione di una benda richiede una precisa ed accurata istruzione dell'operatore. Esistono diverse tecniche di confezionamento, variabili a seconda delle varie scuole e naturalmente diverse a seconda del tipo di arto da comprimere e a seconda della patologia e della fase clinica della patologia da trattare; il bendaggio comunque, qualunque sia la tecnica utilizzata, se non e' accuratamente confezionato può tramutarsi in una protesi assolutamente insopportabile o addirittura in un vero danno emodinamico. 57 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA ELASTOCOMPRESSIONE: NOTE DI TECNICA Esistono numerose tecniche di confezionamento e la scelta va fatta in base alle esigenze del paziente (se immobile o deambulante, alla sua anatomia) a seconda se di breve durata o a permanenza e per lungo periodo ed ancora se si devono eseguire frequenti medicazioni di un'ulcera sottostante e naturalmente a seconda della patologia da trattare. Il concetto della pressione scalare e' il cardine fondamentale del bendaggio compressivo. In Edema flebolinfatico cronico assenza di un efficiente apparato valvolare la progressione di ogni liquido dipende dai gradienti pressori, per cui applicando una pressione maggiore alla caviglia, progressivamente decrescente verso l'alto, i liquidi si indirizzeranno nelle regioni a minor pressione . La regione più delicata, dove più frequenti sono gli errori che portano ad una cattiva riuscita terapeutica del bendaggio, e' la caviglia. Almeno in questa zona consiglio sempre un doppio bendaggio : due bende applicate in direzione opposta (la prima parte con un giro alla caviglia a direzione mediale / laterale o di supinazione, avvolge il tallone e la volta dorsale, facendo attenzione di lasciare liberi le teste dei metatarsi e poi avvolgere con spire sovrapposte il resto della gamba (di 1/3, ½ o 2/3 a seconda dell’ipoelasticità che si vuole imporre) Pressione Pressione facendosi guidare dall'anatomia. La seconda scalare scalare parte in direzione opposta, laterale / mediale o di pronazione e proseguire poi alla gamba con giri ad otto. La tecnica multistrato è quella oggi più seguita. L’applicazione di “fiocchi” singoli in successione verso l’alto fornisce compressioni omogenee ed una “sospensione” ottimale dei muscoli del polpaccio . La posizione del piede, durante il bendaggio, deve essere sempre di iperflessione . La protezione delle zone cave va eseguita con imbottiture di spessore adeguato, a forma di "U" al malleolo laterale e di "J" al malleolo mediale. Il cavo popliteo protetto con imbottitura a forma lievemente ovalare e con delle fenestrature orizzontali ed a 45 gradi. 58 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA trombosi venosa superficiale con linfangite a piastra Ulcera da stasi protezione delle zone cave malleolari 59