Il primo è rappresentato dall`asse delle dorsali oceaniche

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la teoria della tettonica a placche
crosta terrestre in evoluzione
Nel XX° secolo si è compreso che la
crosta terrestre non è statica, ma soggetta
a fenomeni dinamici di origine endogena.
Già nella seconda metà dell’Ottocento si
era fatta strada l’idea che porzioni della
crosta fossero soggette a movimenti
verticali, secondo il principio
dell’isostasia.
isostasia
isostasia
Il principio di Archimede afferma che:
“Un corpo, immerso in un fluido, riceve
una spinta dal basso verso l’alto pari al
peso del fluido spostato”
isostasia ed aggiustamenti isostatici
I diversi blocchi
crostali
continentali
quindi,
sprofondano nel
mantello e ne
ricevono una
spinta verso l’alto
che ne compensa
il peso.
Esempio di
aggiustamento
isostatico in corso:
il caso della penisola
baltica. La carta
riporta i valori (in
metri sul l.d.m.) del
sollevamento della
Fennoscandia (la
regione che comprende
la Penisola scandinava
e la Finlandia) negli
ultimi 5000 anni.
litosfera e astenosfera
L’ astenosfera (parte del mantello) si
comporta come un fluido ad elevata
densità (in modo “plastico”), nonostante
abbia una composizione rigida.
La litosfera galleggia sulla astenosfera
grazie alla minore densità dei materiali di
cui è costituita (2,7 g/cm3 circa la crosta
continentale, circa 3,3 cm3 quella del
mantello superiore).
Alfred Wegener (1880-1930)
Wegener (left) and Villumsen
(right) in Greenland;
November 1, 1930
teoria della deriva dei continenti
Ipotizzata da Wegener nel 1915 nel libro “Die
Entstehung der Kontinente und Ozeane“.
La teoria come formulata da
Wagener affermava che circa
200 milioni di anni fa tutti i
continenti erano riuniti in un
solo grande continente, la
Pangea, circondato dal mare
Panthalassa.
Circa 180 milioni di anni fa la
Pangea cominciò a
smembrarsi.
Il primo Rift di questi ha
separato l’America
settentrionale dall’Africa.
Espandimenti basaltici
attualmente osservabili sul
bordo orientale del NordAmerica mostrano una età
radiometrica tra i 200 ed 165
milioni di anni fa.
Il secondo rift assume una
forma a “Y” e separa
l’America meridionale
dall’Africa ad occidente e
l’Africa dall’AustraliaAntartide ad oriente. La
separazione dell’America
meridionale dall’Africa si ha
circa 135 milioni di anni fa.
Circa 65 milioni di anni fa un
nuovo rift inizia la
separazione del Madagascar
dall’Africa meridionale. In
questo periodo l’Atlantico
appare come un bacino
completamente circondato da
dorsali in espansione.
L’attuale configurazione del
nostro pianeta, vede l’India
che ha completato la sua
migrazione fino a collidere
con l’Asia dando origine alla
più alta catena montuosa del
nostro pianeta. La
separazione della
Groenlandia dall’Eurasia è un
evento geologicamente
recente.
Una proiezione nel futuro basata sugli attuali movimenti tra le placche
prevede, tra i diversi cambiamenti dalla presente configurazione, che: a) in
Africa si sviluppi un nuovo oceano; b) in America settentrionale la porzione
meridionale della California si stacchi dal resto continente, c) il mare
Mediterraneo scompaia (entro poche decine di milioni di anni) causa
scontro tra placca euroasiatica ed africana.
L’Amasia è un
possibile supercontinente
del futuro, che potrà
formarsi probabilmente fra
250 milioni di anni,
circondato dall’oceano
Atlantico.
.
Secondo altre previsioni ai
potrebbe tra 250 milioni di
anni formare un
supercontinente, la
Pangea Ultima, circondato
dall’oceano Pacifico.
La Pangea non sarebbe
stato il primo
supercontinente.Gli studi
relativi alla tettonica a
placche permettono di
ricostruire, tra i 750
milioni ed un miliardo di
anni fa, l’esistenza del
supercontinente
Rodinia.
Alcuni geologi ipotizzano
l’esistenza di un
supercontinente
precedente alla Rodinia,
da nome Columbia o
Nuna o Hudsonland,
antico 1,5 miliardi di
anni.
prove a favore della teoria della
deriva dei continenti
Wegener presentò, come prove a favore della sua
teoria, alcune osservazioni:
- la corrispondenza
geomorfologica
tra le coste.
- diverse prove paleontologiche (ad esempio le aree
di diffusione di Mesosaurus, rettile vissuto circa 250 milioni
di anni fa sia in Africa che in Sudamerica, privo di strutture
che potessero permettere la capacità natatoria, o della felce
Glossopteris).
Differenti ipotesi
precedentemente
formulate per cercare di
spiegare la distribuzione di
Ddds
flora e fauna ai due lati
- la continuità geologica di strutture
rocciose africane e sudamericane.
I cratoni sono le parti più
rigide, antiche e stabili della
crosta continentale, aree
geologiche che per centinaia
di milioni di anni non hanno
subito grandi modificazioni
geologiche.
- nonché osservazioni paleoclimatiche.
Ma il nodo fondamentale, rimasto sempre
senza risposta, fu l’individuazione del
motore dello spostamento e, proprio su
questo Wagener fu fortemente criticato
dall’ambiente scientifico legato alla
Geologia. Wagener morì nel 1930 senza
essere riuscito a dimostrare in modo
definitivo la fondatezza della sua ipotesi.
i fondali oceanici
Negli anni ’30 si scoprì sui
fondali dell’Atlantico, attraverso
una serie di rilievi sottomarini
(scandaglio), la
dorsale medio–atlantica.
I vulcani che la formano in alcuni punti giungono a
superare il livello del mare formando isole come
Sant’Elena, le Isole di Capo Verde, le Azzorre,
l’Islanda.
In seguito alla scoperta della dorsale medio-atlantica alcuni la vollero
La Dorsale Medio-atlantica emerge in Islanda.
(Icelandic Photo / ZEFA)
Negli anni ’50-’60, con l’aiuto del sonar
(ecoscandaglio), si scoprì che tali strutture
erano presenti sui fondali di tutti gli oceani,
con una lunghezza totale di quasi 700 km.
Ancora negli anni ’50 si scoprì che le
dorsali sono interessate da intensi
fenomeni sismici e vulcanici e da intense
anomalie gravitazionali e termiche.
mappa dei fondali oceanici
dorsali oceaniche
Un sistema di rilievi che attraversa gli oceani.
Camini idrotermali
L’acqua del mare penetra nelle fratture della dorsale e, riscaldandosi per effetto
del suo avvicinamento allo strato di magma, si espande e sale rapidamente.
Carica di minerali disciolti dalla rocce circostanti, sgorga dal fondo sotto forma di
geysers fumanti.
Spirografi sottomarini con pesce blennius
Le bocche degli abissi della Dorsale Medio Atlantica dell'Oceano Atlantico ospitano
molteplici forme di vita. Tali comunità prosperano nei luoghi in cui l’acqua
surriscaldata sgorga dalle sorgenti profonde dei fondali oceanici
Archeobacteria termofili
L’acqua surriscaldata nei camini vulcanici delle dorsali può
raggiungere temperature che arrivano fino a 404° C.
Struttura della litosfera in corrispondenza di una
dorsale oceanica.
rift valley
Le creste delle dorsali presentano un
avvallamento centrale, la rift valley, largo
poche decine di km e profondo anche 2
km.
La rift valley segue l’asse della dorsale in
lunghezza.
Le pareti del rift presentano delle faglie, da
cui fuoriescono lave femiche. La dorsale
non è una struttura continua, presenta
inoltre delle faglie trasformi, perpendicolari
ai rift, che scorrono tra loro, in modo
reciproco.
faglie trasformi
pianure abissali
Regioni pianeggianti estese, coperte da
sedimenti, situate tra i 4.000 e i 6.000
metri di profondità.
All’inizio degli anni sessanta si osservò
che i sedimenti sui fondali oceanici hanno
spessore minimo vicino alla dorsale, e
invece molto più consistente lontano da
questa.
La deduzione fu che la crosta vicina alla
dorsale era più giovane, avendo raccolto
meno sedimento, di quella lontana da
essa.
Inoltre la crosta oceanica non presenta
mai un’età superiore ai 200 milioni di anni.
spessore dei sedimenti
pianura abissale
fosse oceaniche
Profonde depressioni, lunghe migliaia di
km, larghe centinaia di km, profonde
anche più di 6 km. Le grandi fosse sono
circa una ventina.
La presenza delle fosse è correlata alla
presenza, a breve distanza, di archi
vulcanici. La struttura prende il nome di
sistema arco-fossa.
sistema arco–fossa
La fossa delle Marianne è la fossa oceanica conosciuta
come la più profonda al mondo. La fossa è delimitata
dall'incontro di due placche tettoniche, in una zona di
subduzione, dove la placca del Pacifico si insinua sotto
la placca delle Filippine. Il punto più profondo si trova a
10.994 metri sotto il livello del mare.
https://www.youtube.com/watch?v=HH8qSBiIgGA
teoria dell’espansione dei
fondali oceanici (Hess, 1962)
Hess nel 1962 enunciò la
teoria dell’espansione dei
fondali oceanici:
“…. nuova crosta basaltica
si formerebbe in
corrispondenza dell’asse
delle dorsali medio
oceaniche a causa
dell’allontanamento
progressivo dei due lati di
questa….”
In corrispondenza delle fosse oceaniche si
hanno le zone di subduzione, dove la
crosta più antica viene eliminata.
paleomagnetismo
Le inversioni di polarità del campo magnetico del nostro
pianeta sono documentate dallo stato di
magnetizzazione assunto dalle rocce basaltiche dei
fondali oceanici.
Acquisizione di una magnetizzazione detritica rimanente
(DRM) da parte di un sedimento. Dalla decantazione dei
granuli alla compattazione del sedimento l’orientazione
dei clasti magnetici (neri, con freccia) è guidata dal campo
magnetico terrestre.
Lupia Palmieri Parotto - La Terra
Teoria della tettonica a placche
(o zolle)
Negli anni 1967-68 l’imponente sforzo di
ricerca dette i suoi frutti generando un
modello che tendeva a rappresentare
l’attività del nostro pianeta come un tutt’uno:
terremoti, vulcani, formazione delle
montagne, isole vulcaniche e altre strutture
secondarie non erano altro che la
conseguenza di un’unica causa connessa
con il movimento relativo di tratti di crosta
terrestre.
La teoria venne definita “tettonica a
placche” (dal greco tekton = carpentiere,
costruttore),con riferimento alle porzioni di
litosfera (placche) in cui era stata divisa la
crosta terrestre.
Questa teoria può, a ragione, essere
considerata una rivoluzione nelle scienze
della Terra, proprio perché offre una
visione nuova, unitaria e completa
dell’evoluzione della superficie del pianeta.
 La litosfera terrestre è frammentata in una
serie di placche (o zolle) che “galleggiano”
sulla astenosfera.
Queste sono in continuo movimento è
probabilmente determinato da correnti
convettive al di sotto delle placche. Il
motore delle celle di convezione è il calore
endogeno del pianeta.
I limiti di placca sono sede di importanti
fenomeni geologici: terremoti, orogenesi,
vulcanesimo, mentre la parte centrale delle
placche non è interessata se non
eccezionalmente da terremoti o attività
vulcanica.
Le placche di più grandi dimensioni
contengono crosta oceanica e
continentale, con l’eccezione della placca
pacifica, costituita esclusivamente di
crosta oceanica, e della placca araba,
formata solo da crosta continentale.
margini di placca
Ciascuna placca è limitata da margini.
Si osservano tre tipi di margine:
Margini divergenti costruttivi
Margini convergenti distruttivi
Margini conservativi
margini divergenti costruttivi
I margini divergenti o costruttivi:
coincidono con le dorsali oceaniche e i rift
continentali (aree di distensione) dove vi è
una continua produzione di crosta, mentre
la porzione già formata tende ad
allontanarsi.
Intensa attività vulcanica,
debole attività sismica.
margini convergenti distruttivi
I margini convergenti o distruttivi
coincidono con i sistemi arco-fossa dove
la crosta più vecchia sprofonda e viene
distrutta (zone di subduzione) o con le
catene montuose recenti (ove osserviamo
orogenesi).
Intensa attività vulcanica,
intensa attività sismica.
margini conservativi
I margini conservativi lungo i quali le zolle
adiacenti semplicemente scivolano l’una
accanto all’altra generando faglie trasformi
analoghe a quelle che si formano sulle
dorsali.
Forte attività sismica.
movimenti dei margini delle
placche e le loro conseguenze
margini divergenti costruttivi
Margini divergenti costruttivi: due placche
si allontanano l’una dall’altra.
Si osserva una distensione della litosfera e
una lacerazione della crosta
I magmi primari risalgono lungo le grandi
fratture che vengono a crearsi e danno
origine ad una intensa attività vulcanica.
Le principali fasi che
caratterizzano l’apertura
di un nuovo oceano.
La lunga linea di vulcani che è
caratteristica di questa struttura viene
chiamata dorsale oceanica.
Anche le rift continentali come la rift valley
africana hanno questa origine. Quando il
fondo della fossa raggiunge il livello del
mare, le acque la invadono e si genera un
oceano in espansione.
La velocità di formazione di nuova crosta varia da luogo
a luogo e nel corso del tempo; ad esempio attualmente
si osserva una espansione di 5 cm l’anno per l’oceano
Atlantico.
Rift Valley africana
Margini convergenti distruttivi
Quando i margini di due placche si
avvicinano si parla di margini convergenti.
Gli effetti che ne derivano dipendono dalla
natura delle due placche.
Possiamo osservare tre diverse situazioni:
• collisione litosfera oceanica - oceanica
• collisione litosfera oceanica – continentale
• collisione litosfera continentale - continentale.
collisione litosfera oceanica –
continentale
La differenza di densità tra le due placche fa
sì che sia la placca oceanica vada in
subduzione, ovvero ad infossarsi sotto la
crosta continentale che, formata da materiali
più leggeri, risponde alle spinte dell’altra
deformandosi, ripiegandosi ed
“accartocciandosi”.
Il piano lungo il quale avviene la subduzione
si chiama Piano di Benjoff.
La crosta oceanica in subduzione, ad una
profondità di circa 100-150 km, in parte
fonde generando magmi secondari.
Conseguenze del processo sono:
La formazione di una fossa oceanica nel
limite tra le due placche.
Attività sismica intensa lungo il piano di
subduzione.
Formazione di un
arco vulcanico
e orogenesi
(formazione di
sistemi montuosi)
lungo le coste.
sistemi arco-fossa
 La fossa, profonda più di 6 Km
e pavimentata di crosta
oceanica;
 La zona di subduzione, situata
sotto la parete interna della
fossa;
 L’intervallo arco – fossa,
raccordo tra la zona di
subduzione e arco magmatico;
 L’arco magmatico vero e
proprio
 L’area retroarco, generalmente
occupata da un bacino
marginale
ande
Un’immagine spettacolare del batolite granitico che affiora in
Patagonia, lungo il tratto più meridionale delle Ande.
Orogenesi della catena andina, come
conseguenza della subduzione della Placca di
Nazca al di sotto della Placca Sudamericana.
Parco Nazionale Torres del Paine, Cile
cratere del vulcano Cotopaxi, Ecuador.
margini continentali attivi
I margini continentali attivi si trovano in
prossimità di un piano di subduzione.
margini continentali passivi
Non si osservano piani di subduzione.
collisione litosfera oceanica- oceanica
Una delle due placche va in subduzione al
di sotto dell’altra.
Anche in questo caso di forma un piano di
subduzione, si osservano parziali fusioni
che danno origine originando serbatoi
magmatici da cui il magma secondario
fuoriesce attraverso le numerose fratture
che sono presenti nella zona.
Hanno così origine isole vulcaniche
allineate ad arco (arco vulcanico insulare),
come l’arcipelago nipponico e quello
filippino.
arco vulcanico-insulare
Struttura della litosfera in corrispondenza di una fossa
oceanica, come lungo l’arcipelago delle Isole Marianne.
Monte Tate-yama, Toyama Prefecture Japan
crosta continentale – crosta continentale
La sostanziale corrispondenza di densità
tra le due placche interessate al fenomeno
fa sì che non ci sia subduzione; i margini
delle zolle, che portano grande potenza di
materiali leggeri, si sovrappongono e si
accavallano l’uno all’altro.
Si producono accavallamenti,
deformazioni ed un forte ispessimento
della crosta, sino alla formazione di una
catena montuosa.
orogenesi
Alaska, the Chulitna Sequence: un esempio spettacolare delle
deformazioni provocate nelle rocce dalle collisioni tra frammenti
di crosta nel corso di un’orogenesi per accrescimento crostale.
himalaya
sistema alpino-himalayano
L’imponente sistema alpino-himalayano, che inizia dai
Pirenei per spegnersi con le sue ultimissime propaggini
nella penisola di Kamciatka, attraverso l’arco alpino, i
Balcani, i monti della penisola anatolica, i sistemi
dell’Hindukush e del Karakorum, la catena himalayana, le
sue digitazioni verso l’Asia sud orientale, la Cina
propriamente detta, la Cina settentrionale e la Russia nordorientale, è la manifestazione esterna e non definitiva dello
scontro avvenuto tra il blocco euroasiatico e le placche
africana e indiana.
Margini conservativi
Il movimento reciproco delle zolle non
vede né subduzione né accavallamento,
ma scivolamento, scorrimento laterale di
faglie trasformi, senza che i due blocchi si
avvicinino o si allontanino.
Il moto di scorrimento può essere dovuto a
diversa velocità di movimento delle zolle
oppure a movimento opposto lungo il
piano di contatto tra i due blocchi, piano
che prende il nome di Faglia. Una tra le
più famose faglie è quella di S. Andreas, in
California, responsabile dei grandi
terremoti che periodicamente devastano
l’area di San Francisco e le zone vicine,
originati dallo “sfregamento” tra la placca
del Pacifico e la placca nordamericana.
Faglia di San Andreas, California
La faglia di Sant'Andrea si
estende per 1300 km attraverso
la California, tra la placca
nordamericana e la placca
pacifica.
Si osserva uno scorrimento di
circa 6 cm l’anno.
motore della tettonica a placche
Le cause del movimento delle placche
sono ancora poco chiare e motivo di
ricerca e discussione in ambito scientifico.
celle termiche
convettive
Moti convettivi nel mantello: presenza di
celle termiche convettive. Rami ascendenti
di celle convettive collocati sotto le dorsali,
discendenti in corrispondenza alle zone di
subduzione.
e che costituiscono i cosiddetti "punti caldi" (hot spot), che si
trovano per esempio in corrispondenza delle Isole Hawaii.
modello a pennacchi
Secondo il modello il movimento delle placche è connesso all’azione
di pennacchi di magma che provengono dall’interno della Terra.
hot spot
I “punti caldi” indicano fenomeni vulcanici
isolati, ovvero non connessi ai margini
delle placche.
Sono probabilmente generati da pennacchi
di materiale caldo che risale dal mantello.
Il punto di risalita sembra mantenersi
costante, mentre le placche si muovono.
1) Divergent plate boundaries 2) Transform plate boundaries 3) Convergent plate
boundaries 4) Plate boundary zones 5) Selected prominent hotspots
tettonica a placche e attività
endogena
Il mosaico delle placche e la distribuzione dei vulcani e dei
terremoti.
zone ad attività sismica
Su basi morfologiche,
geologiche e geofisiche si
possono distinguere diversi
tipi di zone sismiche:
– Il primo è rappresentato
dall’asse delle dorsali
oceaniche dove si
sviluppano terremoti poco
profondi; qui si attua
l’espansione dei fondi
oceanici e le placche si
allontanano l’una dall’altra.
Faglia di S. Andrea
Il secondo tipo di zona
sismica è ancora
caratterizzato da
fenomeni poco profondi,
ma dall’assenza di
attività vulcanica;
ne sono chiari esempi la
faglia di S. Andreas in
California e la faglia
dell’Anatolia nella
Turchia settentrionale.
Lungo queste fratture si
sono evidenziati notevoli
spostamenti orizzontali.
 Il terzo tipo di zona
sismica è connesso alle
fosse oceaniche ed ai
sistemi di archi insulari.
 In queste zone possono
verificarsi terremoti
superficiali (fino a 70
Km), intermedi (da 70 a
300 Km) o profondi (da
300 a 700 Km), la cui
profondità risulta in
relazione diretta con la
distanza dalla fossa.
La placca in
subduzione definisce
un piano, detto piano
di Benjoff, fortemente
attivo dal punto di vista
sismico.
I terremoti si sviluppano
a varie profondità lungo
tale zona inclinata.
La sismicità terrestre definisce quindi un
mosaico di placche in costante movimento
relativo, delimitate da tre tipi di margini.
– Lungo l’asse delle dorsali esse si separano
mentre tra l’una e l’altra si genera
continuamente nuova crosta oceanica
(margini costruttivi o divergenti).
– Lungo le grandi fratture oceaniche e le grandi
faglie continentali a scorrimento orizzontale,
le placche scivolano l’una accanto all’altra
mentre le superfici in gioco rimangono
immutate (margini conservativi o trasformi).
– Nelle zone di subduzione le placche
convergono ed una di esse si immerge nel
mantello (margini distruttivi o convergenti).
zone ad attività vulcanica
Quasi tutta l’attività vulcanica, come quella sismica , è
limitata ai margini delle placche.
hotspots
 I vulcani non associati ai margini di placca,
centri vulcanici isolati definiti hot spots (punti
caldi), rappresentano meno dell’1% del totale
dei vulcani.
 Le lave dei punti caldi sono basaltiche come
quelle delle dorsali, ma hanno caratteristiche
geochimiche ben distinguibili .
Hotspots
• Mantle Plumes: circa 10% del flusso di calore all’interno
del mantello è prodotto da risalita di diapiri mantellici
“plumes” dalla profondità. Le plumes rappresentano centri
di produzione di vulcanismo intraplacca spesso associato a
formazione di nuovi margini divergenti.
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