La Tettonica delle Placche

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SCIENZE DELLA TERRA
DOMANDE PER LA TERZA PROVA
Com’è fatta la struttura interna della Terra?
Le ricerche dei geologi hanno permesso di verificare che l’interno della Terra è molto denso, e sono riusciti a
ricostruire la probabile struttura del nostro pianeta. La Terra è rivestita da uno strato di roccia superficiale
che si chiama crosta, spesso dai 6 km, in corrispondenza degli oceani, ai 35 km, nei continenti. Sotto la crosta
è presente uno strato, il mantello, che costituisce l’82% del volume terrestre. Esso è formato da rocce
caratterizzate da una certa rigidità, anche se tra i 70 e i 250 km di profondità è presente una zona in cui esse
sono più plastiche: è l’astenosfera. La zona che comprende l’astenosfera e la crosta si chiama litosfera. Nella
parte superficiale le rocce del mantello sono probabilmente peridotiti, rocce ultrabasaltiche formate quasi
esclusivamente dall’olivina. Nelle zone più profonde lo stesso materiale si trova più denso, similmente
all’ossido spinello. Intorno ai 700 km la velocità delle onde aumenta: è la parte più profonda detta mantello
inferiore. Oltre una discontinuità sismica, che devia cioè le onde, detta di Gutenberg (a 2900 km sotto la
crosta), si passa allo strato più interno di rocce: è il nucleo. Esso è diviso in esterno, fluido, sino a 5170 km di
profondità (discontinuità di Lehmann) e interno, sino al centro della terra, allo stato solido. Il nucleo è
costituito per lo più da leghe metalliche, prevalentemente di ferro, silicio e zolfo.
Esponi la teoria della “terra mobile” di Wagner, le prove e i suoi problemi.
Wagner riteneva che circa 200 milioni di anni fa vari lembi della crosta continentale, oggi separati, fossero
tutti uniti in un unico grande continente chiamato Pangea, che “galleggiava” sull’oceano che ricopriva tutto
il resto della terra chiamato Pantalassa. Nel corso dei secoli questi continenti si sarebbero staccati e
allontanati sino alla situazione attuale. Prove a sostegno di questa tesi provengono dalle rilevazioni
geografiche, che vedono i contorni di continenti distanti combaciare, geologiche, per la presenza di stesse
rocce in posti anche molto distanti, paleontologiche, per la presenza di stessi fossili, e paleoclimatiche, per
spiegare coerentemente alcuni fenomeni climatici avvenuti su delle rocce era necessario ipotizzare stessero
precedentemente in zone climatiche differenti. Alla teoria di Wagner mancava però un dato importante: il
motore che avrebbe fatto muovere i continenti, questo sarà fornito grazie allo studio dei fondali oceanici che
permisero alla comunità scientifica di riabilitare, ormai postume, le ricerche di Wagner.
In cosa consiste l’espansione dei fondali oceanici?
Sul fondo degli oceani si snoda un sistema di dorsali, come montagne sommerse, dette oceaniche, per quasi
60 000 km. Sulla cresta di quasi tutte queste dorsali è presente un solco longitudinale chiamato rift valley,
limitato dall’innalzarsi della crosta in pareti molto ripide. Queste dorsali sono disarticolate da un sistema di
faglie trasversali, che le spezzano in diverse segmenti, ciascuno spostato leggermente rispetto a quelli
contigui: sono le faglie trasformi. È stato osservato che dalle rift valley esce della lava proveniente dal
mantello che si riversa come lava a cuscini sui lati delle dorsali, che raffreddandosi provoca la formazione di
nuovi strati di roccia basaltica e dunque l’espansione delle dorsali. Ad interessare i geologi è anche un altro
fenomeno, quello delle fosse abissali, depressioni del fondo lunghe migliaia di km e relativamente strette.
Vicino queste fosse è presente un’intensa attività vulcanica (arco vulcanico) e sismica, quest’ultima
concentra i suoi ipocentri su un piano trasversale detto superficie di Benioff. I geologi hanno notato che le
dorsali e le fosse sono in stretta relazione tra loro! Infatti mentre le dorsali permettono l’espansione del
fondale, vicino le fosse si verifica la subduzione, ovvero le rocce tornano a contatto con il mantello e si
fondono, così che la superficie complessiva rimane invariata.
Esponi sinteticamente la teoria della Tettonica delle placche.
I geologi hanno notato che la litosfera è interessata da fasce molto attive in cui sono presenti dorsali di
espansione, fosse di subduzione e faglie trasformi. Queste fanno nel loro insieme da confine per una rete di
una ventina di maglie dette placche, vere e proprie porzioni di litosfera delimitate da questi fenomeni. Esse
possono essere formate da litosfera oceanica, continentale, o mista dei due tipi. Ai loro bordi, detti margini,
si verificano i fenomeni già menzionati che ci permettono la suddivisione in: margini costruttivi o divergenti,
in presenza di dorsali che costruendo nuova litosfera (espansione), allontanano due placche; margini
distruttivi o convergenti, in presenza delle fosse che vedono sprofondare una parte di placca sotto un’altra;
margini conservativi, con le faglie trasforme, vedono due placche slittare una affianco all’altra. Il contatto
tra più placche provoca dei fenomeni geologici di cui il più importante è l’orogenesi.
In cosa consiste l’orogenesi Andina? E quella Himalayana?
Quando una placca oceanica viene a contatto con una continentale, in presenza di un margine convergente
(fossa abissale) quest’ultima non può sprofondare sotto la prima per il troppo peso, e la placca oceanica è
allora costretta alla subduzione sotto la continentale. Questo fenomeno però spinge in alto grandi quantità
di roccia e basalti: è l’orogenesi, ovvero il sollevarsi di una nuova catena montuosa, come nel caso delle Ande.
Quando a scontrarsi con una placca continentale è una placca mista (oceanica e continentale), la parte
oceanica entra in subduzione con la prima, sino ad esaurirsi e far incontrare i due continenti: in questo caso
avviene una collisione continentale, i due margini vengono deformati sino a saldarsi e lo spessore della crosta
aumenta formando una nuova catena montuosa. È il caso ad esempio di quanto avvenuto tra l’Eurasia e
l’India provocando la nascita dell’Himalaya. In questo processo si formano generalmente particolari rocce
metamorfiche come gli scisti blu e gli ofioliti.
Paolo Franchi, 5°BC A.S. 2015/2016
AMDG
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