Salento e Pietra Leccese Da un’analisi della cartina è immediatamente constatabile come le tipologie di rocce che entrano nella costituzione della pietra leccese siano largamente diffuse sul territorio Salentino: - calcareniti marnose (giallo ocra) - calcareniti organogene (rosso) - calcari dolomitici (verdone) - s a b b i o n i c a l c a r e i ( g i a l l o ) prevalentemente sul versante adriatico. Punti d’estrazione Immediata conseguenza della disponibilità in larga quantità di questa pietra diffusa nel territorio salentino è lo sviluppo di numerose industrie estrattive. Particolarmente note e apprezzate anche all’estero risultano essere le cave di Cursi e quelle di Melpignano. Nelle foto alcune fasi dell’estrazione. L’artigianato Strettamente legato allo sviluppo del settore estrattivo della pietra leccese, è il fiorente artigianato radicato da secoli nella tradizione salentina. Frutto di questa secolare esperienza sono le numerose opere in pietra leccese parte fondamentale della Lecce barocca, ancora oggi ammirabili in tutto il loro splendore. Da non dimenticare il trend positivo che ha investito questo settore vista la consistente domanda di moderne costruzioni in pietra leccese, segno che il fascino regalato alla vista da questo materiale è ancora molto apprezzato ed eterno come il suo legame con il territorio salentino. Caratteristiche chimiche della pietra leccese Componenti chimici Essa risulta essere una roccia calcarea, della famiglia delle calcareniti mioceniche (23-5 milioni di anni fa) All'esame petrografico la pietra del Salento appare composta da un impasto granulare inglobato nel cemento calcitico. Costituente fondamentale ne è il carbonato di calcio CaCO3. La caratterizza la presenza di numerosi frammenti di fossili, a volte conservati quasi integralmente. In percentuale assai minore, la presenza di granuli di glauconite, quarzo, feldspati, muscovite, fosfati e materiali argillosi può arricchirne il contenuto e determinare le varie sfaccettature del suo carattere, ora duro e resistente, ora tenero e duttile. Classificazione Essa presenta, diverse tipologie che si distinguono per colore, granulometria, omogeneità, grado di compattezza ed età. Tra queste da ricordare le varietà più usate nel campo dell’architettura, come la cucuzzara, tosta, bianca, dolce, saponara, gagginara e niura. Gli agenti di erosione L’acqua e l’aria sono gli agenti esogeni responsabili del degrado dei manufatti lapidei. Diverse sono le manifestazioni dell’erosione delle rocce. Ne possiamo notare alcuni esempi nelle seguenti figure : Gli effetti dell’erosione si manifestano, generalmente, sotto forma di superfici "sfarinate"; la pietra assume l'aspetto di una sabbia calcarea. Corrosione causata dall'acqua L'azione dell'acqua insieme a quella eolica, trasportatrice di particelle, dà origine a fenomeni di corrosione e disgregazione sotto forma di veri e propri alveoli. Conci cariati accanto ad altri rimasti intatti Conci cariati ed altri rimasti intatti Ogni varietà di pietra leccese reagisce in modo differente all'attacco degli agenti atmosferici. Queste differenze si notano anche nell'ambito dello stesso tipo di pietra; non è raro, infatti, riscontrare in qualche edificio dei conci cariati accanto ad altri rimasti intatti. Fattori fisici Tra questi includiamo l’erosione eolica, le escursioni termiche ed il congelamento dell’acqua imbibita dalla roccia. Mentre l’erosione eolica determina la volatilizzazione delle particelle superficiali a causa dell’attrito tra la massa sedimentaria e le correnti d’aria ambientali, le escursioni termiche con la variazione subitanea della temperatura ne inducono un indebolimento globale. Il congelamento dell’acqua filtrata precedentemente all’interno delle fessure determina, inoltre, una spaccatura della roccia stessa causata dall’aumento del suo volume. Fattori chimici Sono dovuti all’azione delle acque e dei gas atmosferici, quali l’anidride carbonica (CO2), l’anidride solforosa (SO2), gli ossidi di azoto (NOx) ed i metalli pesanti e particelle carboniose. • L’anidride carbonica (CO2), reagendo con l’ acqua la acidifica leggermente. Questa soluzione acida scioglie il carbonato di calcio costituente la roccia. • L’anidride solforosa (SO2), è il principale responsabile dei processi di degrado superficiale osservati nei monumenti in calcare. In atmosfera, subisce un complesso processo di ossidazione ed idratazione il cui prodotto finale è la formazione di acido solforico. • Gli ossidi di azoto (NOx), in presenza di ossidanti ed acqua si trasformano in acido secondo la reazione: (ossidanti + H2O) + NOx ↔ HNO3 • L'instaurarsi della flora crittogramica: alghe, funghi e licheni possono provocare danni sia di natura meccanica, attraverso le loro ramificazioni, sia di natura chimica attraverso alcune sostanze acide da loro emesse. Metodi di restauro Antichi metodi di intervento In passato le attività progettuali di restauro, strettamente aderenti alle procedure e ai metodi tradizionali d’esecuzione, hanno consentito la conservazione di opere molto antiche. Gli interventi storici più diffusamente applicati sulle superfici lapidee erano la scialbatura, la stilatura, la bitumazione, il lavaggio, la tinteggiatura, la reintegrazione di piccole porzioni murarie, unite alla costante verifica dello stato di salute degli elementi compositivi dell’opera. La localizzazione delle operazioni di intervento risulta difficile a occhio nudo quando la superficie dell’edificio è intonacata a calce; in presenza di murature decorticate è invece possibile leggere tale stratificazione. La scialbatura era compiuta a pennello, con acqua calce e tufina. La stilatura dei giunti era compiuta con malta a base di calce aerea e di polvere di tufo calcareo compatto. Nuovi metodi di intervento Attualmente la pulitura su opere d’arte si compie con solventi, che portano i materiali resinificati ad uno stato colloidale che ne facilita la rimozione, o con reagenti (quasi sempre basici) che rompono i legami molecolari degli strati che si vogliono eliminare. I reagenti sono composti di soda o di potassa; una loro azione troppo drastica, uno grassaggio eccessivo si potevano evitare ricorrendo a saponi i cui grassi moderassero l’azione dell’alcale. A questi mezzi si accompagnano le puliture a bisturi, che in genere avvengono su strati già ammorbiditi con un solvente. Rimozione di CROSTE NERE (depositi dovuti a reazioni di ossidazione tra particolato e gas…)