Venti anni con l`enciclica “Evangelium Vitae”

Maggio 2015
Venti anni
con l’enciclica
“Evangelium Vitae”
Contributi di:
Don Pier Davide Guenzi
Maurizio Chiodi
Mariella Lombardi Ricci
Luciano Eusebi
ell’anno in cui ricorre il 20° della promulgazione, il settimanale diocesano di Novara, L’Azione
(con le sue testate collegate, espressione del vasto territorio della Diocesi - www.sdnovarese.it;
app: AgdNews su Apple Appstore) ha dedicato una serie di approfondimenti alla Evangelium
Vitae, l’enciclica di Giovanni Paolo II dedicata al “Valore e inviolabilità della vita umana”.
Il percorso offerto ha coinvolto un gruppo di studiosi di rilevanza nazionale che hanno offerto approfondimenti sui nodi cruciali del testo, con l’obiettivo di metterne in evidenza l’attualità alla luce delle
innovazioni scientifiche e tecniche - che così da vicino segnano le tematiche relative al fine vita e alla vita
nascente - e dei mutamenti sociali e culturali.
Un focus pensato per tutti i lettori del settimanale, ma anche e spratutto, uno strumento di riflessione
e approfondimento ai tanti che - nei settori della carità, dell’impegno politico, della sanità, della formazione dei giovani e della tutela della vita nascente - hanno la responsabilità di promuovere la cultura
della vita.
Per questa ragione i testi pubblicati su L’Azione, in quattro puntate nel mese di maggio 2015, vengono
ora riproposti in questa semplice edizione diffusa in pdf, per praticità ed economicità, in modo da poter
essere letti anche in una cerchia più vasta dell’ambito diocesano.
A curare le pagine pubblicate è stato don Pier Davide Guenzi, teologo morale e responsabile dell’Ufficio
di pastorale della sanità della Diocesi di Novara, che ha condiviso la programmazione dell’impianto
generale dell’opera e ha coinvolto i diversi autori nel progetto.
Con lui ha collaborato Andrea Gilardoni, giornalista del settimanale e dell’Ufficio comunicazioni
sociali della Diocesi di Novara, che ha curato il progetto dell’iniziativa e la sua realizzazione redazionale.
N
Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
HANNO COLLABORATO
Don Pier Davide Guenzi
Don Pier Davide Guenzi vicepresidente dell’Associazione Teologica
Italiana per lo Studio della Morale, insegna teologia morale alla Facoltà
Teologica dell’Italia Settentrionale – sezione parallela di Torino - e
all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Novara. E’, inoltre, responsabile
della pastorale della sanità in diocesi e tiene corsi di teologia all’Università
Cattolica del S. Cuore di Milano.
Maurizio Chiodi
Maurizio Chiodi è docente di teologia morale presso la Facoltà Teologica
dell’Italia Settentrionale di Milano. È autore di numerose pubblicazioni nell’ambito della morale e della bioetica, tra cui Etica della vita. Le sfide della
pratica e le questioni teoriche, Milano, Glossa, 2006 e Teologia morale fondamentale, Brescia, Queriana, 2014.
Mariella Lombardi Ricci
Mariella Lombardi Ricci è docente di bioetica alla Facoltà Teologica di
Torino. Inoltre ha pubblicato libri, articoli su riviste specializzate e collaborato a opere collettive.
Luciano Eusebi
Luciano Eusebi è professore ordinario di Diritto penale nell’Università
Cattolica di Milano dove tiene corsi sulla disciplina alla Pontificia Università
Lateranense di Roma.
È stato membro di importanti commissioni ministeriali per la riforma del
codice penale e ha offerto sul tema importanti pubblicazioni, spazianti
anche nel campo delle più discusse questioni bioetiche. Tra i suoi studi
recenti si segnalano quelli dedicati al profilo riparativo della giustizia, come
modello ispiratore per un superamento di una concezione della pena meramente sanzionatoria e ritorsiva.
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Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
Le sfide aperte
per etica e teologia
di Pier Davide Guenzi
l 25 marzo 1995
l’Evangelium vitae è da
Giovanni Paolo II
considerare il documensiglava la sua undi- La vita eterna non è una “vita
to più ampio consacrato
cesima
enciclica,
alle questioni dell’etica
dopo
la
vita”.
È
un
tipo
l’Evangelium vitae, dedidella vita. Non mancacata al “valore e l’inviola- di esistenza che non si distrugge vano certamente probilità della vita umana”.
nunciamenti su singole
col cessare del tempo, perché
L’autorevole testo pontiproblematiche discusse,
ficio seguiva di circa due si salda sulla promessa di Dio
come nel caso dell’aboranni la Veritatis splento procurato, dell’eutador, sul fondamento della morale cristiana. I due nasia, delle tecniche di procreazione assistita,
testi, pur con prospettive e tematiche differenti, oggetto di altrettanti testi prodotti dalla
mettono in luce l’attenzione di papa Wojtyla per Congregazione per la dottrina della fede dalla
le questioni etiche, oggetto di due documenti che metà degli anni ’70 del XX secolo. L’orizzonte
non hanno analoghi nella tradizione dottrinale e all’interno del quale si muove l’Evangelium vitae
pastorale del magistero cattolico. Se da una parte è volutamente più ampio. Le specifiche indicaziola Veritatis splendor rappresenta la prima encicli- ni etiche, di fatto, ripropongono la tradizionale
ca espressamente dedicata ad approfondire il dottrina cattolica, in riferimento all’interpretazioprofilo complessivo dell’etica cattolica, ne del comandamento biblico di “non uccidere”
I
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Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
vita che nasce e alla vita
(n° 57), al divieto di
che muore, non è più
aborto diretto, come
capace di lasciarsi inter«uccisione deliberata di L’uomo non si percepisce più
rogare sul senso più
un essere umano innocome
“misteriosamente
altro”
autentico della sua esicente» (n° 62), alla condanna dell’eutanasia, rispetto alle altre creature terrene. stenza, assumendo con
vera libertà questi
come atto omicida o suiSi
assiste
all’incremento
momenti cruciali del
cida (n° 65). È soprattutproprio “essere”. Egli si
to nella contestualizza- del sapere tecno-scientifico
preoccupa solo del “fare”
zione sociale e teologica
sulla vita e dell’indebolimento
e, ricorrendo ad ogni
delle indicazioni eticoforma di tecnologia si
normative che è possibi- di quello sapienziale
affanna a programmare,
le rintracciare l’aspetto
controllare e dominare la nascita e la morte.
di novità e attualità dell’enciclica.
Queste, da esperienze originarie che chiedono di
LEGGERE L’ETHOS
essere “vissute”, diventano cose che si pretende semDEL TEMPO
Il primo capitolo dell’Evangelium vitae riflette plicemente di “possedere” o di “rifiutare”» (n° 22).
sul tempo presente e offre un giudizio sull’offuL’altra chiave interpretativa è rappresentata dalscamento del valore della vita umana e del suo l’enfasi sociale e civile sui diritti di libertà soggetintegrale rispetto. L’enciclica non si limita ad una tiva, che tende a giustificare opzioni contrarie al
semplice rassegna di aspetti problematici, ma rispetto della vita come legittime espressioni di
individua, accanto ad altre, due chiavi interpreta- autodeterminazione del soggetto, chiedendone il
tive tutt’ora attuali e sulle quali la riflessione teo- «riconoscimento legale da parte dello Stato».
L’appello al diritto dell’individuo tende ad offulogica non ha cessato di interrogarsi.
La prima è l’incremento del sapere tecno-scien- scare il valore etico di alcuni atti, senza una corritifico sulla vita, a fronte dell’indebolimento di spettiva valutazione delle loro conseguenze «in
quello sapienziale. Nascere, patire e morire non una società che fa dell’affermazione e della tutela
sono semplici fatti, ma “accadimenti” in cui si dei diritti umani il suo obiettivo principale e insiesvela un senso umano. Così, prima di essere situa- me il suo vanto», discriminando di fatto tra vite
zioni oggettive a partire dalle quali esprimere umane degne di essere tutelate e altre oggetto di
comportamenti etici conseguenti, l’esperienza decisioni arbitrarie. Tale opzione è ritenuta dal
della nascita, della malattia e della morte appaio- pontefice una minaccia non solo alla vita di alcuno dense di significati per la vita, se interpellate ni soggetti umani, oggetto di manipolazione e
nella loro consistenza originale e originaria. Ciò è disparità di trattamento, ma della stessa cultura
particolarmente urgente nel contesto contempo- dei diritti: «capace, al limite, di mettere a repentaraneo, attraversato, oltre che da “attentati” nei glio lo stesso significato della convivenza democraconfronti del rispetto della vita, da una generaliz- tica: da società di “conviventi”, le nostre città
zata crisi di insignificanza. Come si esprime con rischiano di diventare società di esclusi, di emargilucidità Giovanni Paolo II: «l’uomo non riesce più nati e soppressi» (n° 18).
a percepirsi come “misteriosamente altro” rispetto
Pur con differenti modalità espressive, tali indialle diverse creature terrene; egli si considera come catori di lettura dell’ethos contemporaneo si
uno dei tanti esseri viventi, come un organismo ritrovano anche nel magistero di Benedetto XVI e
che, tutt’al più, ha raggiunto uno stadio molto ele- di Francesco. Del primo occore ricordare il capivato di perfezione. Chiuso nel ristretto orizzonte tolo sesto dell’enciclica sociale Caritas in veritate
della sua fisicità, si riduce in qualche modo a “una (nn. 68-77), dedicato al pervasivo sviluppo della
cosa” e non coglie più il carattere “trascendente” del tecnica e dei suoi risvolti sulla coscienza e l’agire
suo “esistere come uomo”. […] Così di fronte alla umano o l’attenzione alla correlazione tra i diritti
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Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
La prospettiva biblica
individuali e corrispetticomprende la vita
vi doveri a tutela di una
società improntata ad L’enfasi sociale sui diritti soggettivi umana come una realtà
più profonda della nuda
una effettiva espressione
di
fatto
discrimina
esistenza biologica. La
della libertà e dell’uguaqualità umana del viveglianza attraverso la tra quali vite tutelare
re, che pure si radica sul
dinamica inclusiva della
e
mette
a
repentaglio
rispetto del dato corpofraternità, con un signireo, si coglie all’interno
ficativo accostamento la cultura stessa dei diritti:
un orizzonte di reladelle problematiche del
la società di libertà che convivono di
zioni attuate nel tempo
rispetto della vita a quele fondate su quella sorle della solidarietà e del si trasforma in società di esclusi
giva con il Dio Vivente.
bene comune (nn. 4352). Per l’attuale pontefice basta il richiamo ai Così, indicando il compimento dell’esistenza
ripetuti appelli alla “cultura dello scarto” o “del- umana in Dio, la vita eterna non può essere penl’indifferenza”, nella quale sono ancora perpetrati sata, nell’orizzonte cristiano, come una “vita
gravi attentati alla vita e alla dignità di molti esse- dopo la vita”. È piuttosto una qualificazione dell’esistenza che non si distrugge con il cessare del
ri umani.
tempo della vita perché si salda sulla promessa di
COMPRENDERE
Dio e sull’atto salvifico di Cristo. A riguardo così
IL SENSO TEOLOGICO
si esprime l’Evangelium vitae: «la vita che il Figlio
DELLA VITA
L’Evangelium vitae propone una lettura teologi- di Dio è venuto a donare agli uomini non si riduca sul senso e valore della vita umana che, pur ce alla sola esistenza nel tempo. La vita, che da
non essendo disponibile immediatamente ad una sempre è “in lui” e costituisce “la luce degli uomiinterpretazione normativa, costituisce il suo sfon- ni” (Gv 1, 4) consiste nell’essere generati da Dio e
do imprescindibile. In particolare il generoso rife- nel partecipare alla pienezza del suo amore» (n°
rimento alla letteratura neo-testamentaria, rap- 37).
L’Evangelium vitae, inoltre, fonda la dignità
presenta, per certi versi, un unicum nel magistero, soprattutto se confrontato con i successivi della vita non solo a motivo della sua origine, ma
testi dottrinali sui temi bioetici. Il secondo capito- della sua destinazione escatologica. È a partire dal
lo dell’enciclica di Giovanni Paolo II svolge compimento pieno della vita nella comunione
un’ampia riflessione sul dono della vita, i cui ele- con Dio che si innesta l’impegno a custodire nel
menti di fondo sono anticipati nell’Introduzione: tempo ogni vita, particolarmente quella contras«presentando il nucleo centrale della sua missione segnata dalla fragilità dei suoi inizi, dalla precaredentrice, Gesù dice “Io sono venuto perché abbia- rietà della malattia, dall’irrompere della morte. Su
no la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). questo “vangelo della vita” si apre la corretta comIn verità Egli si riferisce a quella vita “nuova” ed prensione del comandamento di “non uccidere”,
“eterna”, che consiste nella comunione con il Padre, che consente di operare nel capitolo terzo dela cui ogni uomo è gratuitamente chiamato nel l’enciclica un puntuale discernimento su alcune
Figlio per opera dello Spirito santificatore. Ma pro- questioni che saranno oggetto di approfondiprio in tale “vita” acquistano pieno significato tutti mento nei prossimi contributi che saranno pubgli aspetti e momenti della vita dell’uomo» (n° 1). blicati su questa rubrica.
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Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
Accanimento terapeutico e
eutanasia: oltre l’alternativa
di Maurizio Chiodi
l tema dell’eutanaleggi a favore dell’eutasia
è
trattato
nasia, si prevede la posnell’Evangelium I nodi del magistero
sibilità di votare in
vitae (EV) in diversi pasParlamento una legge
sulla
fragilità
umana
saggi, che qui ricordo
favorevole all’eutanasia,
per dare un’idea delle e il “fine vita”
ma più restrittiva rispetquestioni da essa solleto a una preesistente.
vate. Mi riprometto di trattare più diffusamente L’eutanasia è descritta come la tentazione «di
le questioni morali, anche se la brevità dello spa- impadronirsi della morte procurandola in anticizio impedirà di dar conto di un dibattito che, po» (n. 64). L’enciclica riprende anche la ‘definisoprattutto su alcune di esse, è ancora molto zione’ di eutanasia della Dichiarazione Iura et
bona (1980), al n. 65, distinguendola dalla rinunvivo.
L’EVANGELIUM VITAE
cia al cosiddetto accanimento terapeutico, che
E L’EUTANASIA
mette in atto interventi «ormai sproporzionati ai
L’EV parla dell’eutanasia nel I capitolo, dedica- risultati che si potrebbero sperare o anche … tropto alla società complessa. Il tema è però oggetto po gravosi» (n. 65), per il malato o la famiglia.
esplicito di riflessione nel III capitolo (nn. 64-67). Poco dopo, richiamandosi alla terminologia di
Ai nn. 68-74 si tratta anche del nesso tra legge Pio XII (straordinarietà), e della Iura et bona (promorale e legge civile, dove, pur condannando le porzionalità), l’EV dice che la rinuncia all’accani-
I
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Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
mento «non equivale al
esplicito – dinanzi a
suicidio o all’eutanasia;
Dio. La testimonianza
esprime piuttosto l’ac- La questione centrale
del cristiano sta nel fatto
cettazione della condiche, riconoscendo nelnon
è
appropriarsi
zione umana di fronte
l’evento della morte il
alla morte» (n. 65). Nello della morte per anticiparla
momento decisivo e
ultimo della sua fede,
stesso numero, l’enciclio
rimandarla,
ca parla delle cure palegli è chiamato ad affima per viverne il senso
liative.
darsi in essa a un dono
L’alternativa all’eutache gli è anticipato, la
nasia, dice l’EV, è «la via dell’amore e della vera salvezza nel nome di Gesù, nel quale a tutti è
pietà» (n. 67). Questa è la vera risposta alla aperta la speranza di una vita beata, nell’eternità
«domanda di compagnia, di solidarietà e di soste- di Dio. Il credente non ha bisogno né di anticipagno nella prova» (n. 67), che è ciò che invoca il re la morte né di fuggirla, come se fosse il male
assoluto, perché spera il dono di una vita commorente.
Affrontando il tema dell’eutanasia, nel suo ine- piuta in Cristo.
IL NESSO TRA TECNICA
vitabile rapporto all’accanimento terapeutico,
E MEDICINA
vorrei sottolineare quattro aspetti: l’esperienza
La tecnica è una questione epocale. In tale quaculturale della morte, la grande rilevanza della
tecnica, il criterio della proporzionalità delle dro, la medicina tecno-scientifica comporta
indubitabili benefici, ma anche difficoltà. L’uso
terapie, il soggetto della decisione .
della tecnica pone un’originaria domanda di
LA MORTE E LA CULTURA
senso: il facere è sempre un agere, da valutare in
CONTEMPORANEA
L’attuale esperienza della morte è caratterizza- termini di responsabilità etica. La tecnica non è
ta da una forte censura. La difficoltà a operare un mai neutrale: essa è forma concreta dell’agire.
Il nesso tra tecnica e medicina può essere comsano discernimento, soprattutto nei casi-limite,
aumenta in una cultura che tende a nascondere preso alla luce del rapporto indissociabile tra
la morte, ormai ultimo grande tabù. Noi oggi cura (to care) e cure (to cure): le cure sono forma
della cura. La pratica medica è un patto di cura,
viviamo come se non dovessimo morire.
Quel che manca è il riconoscimento della che comporta una reciprocità fondamentale,
morte come evento originario e forma radicale anche se asimmetrica. Per il medico e l’équipe
della passività. Essa è infatti l’esperienza antici- curante, accompagnare il malato alla morte
pata del giorno in cui noi saremo ‘sottratti’ a noi significa prendersi cura di lui, mettendo al centro
stessi. In tal senso è indisponibile. All’origine del- la sua dignità singolare e tenendo conto della sua
l’eutanasia e dell’accanimento terapeutico (già la mortalità. Perciò le cure potrebbero non essere
parola esprime un ossimoro), sta proprio il non più forma concreta della cura dell’altro.
È una questione discussa se la valutazione della
riconoscimento di questo «destino» mortale.
L’una e l’altro sono la tentazione di impadronirsi terapia debba riguardare ogni intervento tecnico,
della morte, anticipandola o posticipandola sine comprese le terapie conservative o di sostegno
die. Rispetto a questi eccessi, assumono grande vitale (ventilazione, alimentazione e idratazione
importanza le cure palliative.
artificiale), anche se esse andrebbero comunque
La questione decisiva è di riappropriarsi della valutate tenendo conto della maggiore gravità. In
morte, per viverne il senso: si tratta di vivere bene ogni caso, la valutazione non dovrebbe riguardail proprio morire. A ciò si collega un aspetto reli- re solo l’inizio ma anche l’eventuale sospensione
gioso, implicito nel non credente. Nell’evento di una terapia, altrimenti si cadrebbe nel paradella morte infatti l’uomo decide della totalità di dosso di non iniziarla per non rischiare di doversé e ciò avviene sempre – per il credente in modo la sospendere.
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Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
LA PROPORZIONALITA’
DELLE CURE
La domanda circa il «limite» delle cure riguarda
il senso dell’agire medico. Il criterio indica-to
dalla Iura et bona sull’eutanasia ripreso nell’EV, è
quello della proporzionalità. Esso è riconducibile
ad un’argomentazione che articola la «sacralità»
con la qualità della vita, intesa non in senso utilitaristico, ma in riferimento al beneficio complessivo del paziente.
In primo luogo, una cura è tanto più giustificata
quanto più comporta un tempo maggiore di vita.
Questo è un elemento necessario, ma non sufficiente, perché la vita non ha senso puramente biologico e come tale non è immediatamente criterio
etico. Il tempo non è solo una questione quantitativa. Esso comporta un aspetto qualitativo, di
senso e di opportunità effettivamente dischiuse.
In secondo luogo, si dovrà tener conto della proporzione tra i danni e i benefici arrecati dalla terapia. Tanto maggiore è la differenza a favore dei
benefici quanto maggiore è la sua opportunità. In
terzo luogo, si dovranno valutare le relazioni che il
paziente potrà mantenere nel corso della terapia e
dunque – reciprocamente ma secondariamente –
la possibilità dei suoi familiari di portarne il peso e
gli oneri esistenziali. In quarto luogo, si dovranno
valutare gli oneri a carico della collettività. Questo
richiede di tener conto sia della dignità unica e
singolare del paziente, sia del fatto che egli non è
mai solo. Tutto ciò implica che le cure siano eroga-
te secondo un’ottica di giusta distribuzione delle
risorse, considerata la cultura, le possibilità economiche ecc.
A CHI SPETTA
LA VALUTAZIONE FINALE?
Diversi sono gli elementi di cui occorre tener
conto. Anzitutto, la decisione non può che essere
del paziente. Questi rimane soggetto della sua
cura, irriducibile a oggetto di decisioni altrui.
L’autonomia tuttavia suppone la relazione con gli
altri, che è anch’essa co-originaria. La decisione
perciò si inscrive in un necessario processo ‘relazionale’ tra paziente, medico ed équipe medicoinfermieristica, con le varie figure, familiari ed
amici .
Inoltre, il giudizio di proporzionalità deve partire dalla condizione concreta, valutata alla luce
della norma etica universale. Va anche ricordato
che in molti casi conflittuali e com-plessi, la scelta non si dà tra bianco e nero, cioè tra bene e
male, ma tra diverse tonalità di grigio, tra «cattivo» e «peggiore».
Si apre qui, per il credente, la questione dell’eventuale conflitto della sua scelta con alcune
indicazioni del magistero ecclesiastico, autorevole ma non irreformabile. In tali situazioni, la teologia morale tradizionale affermava che l’agire
deve seguire la propria coscienza, anche nel caso
in cui essa sia «invincibilmente erronea» (in
buona fede), essendo comunque norma proxima
moralitatis.
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Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
Medicina della vita nascente:
oltre la tecnica
ritrovare il senso dell’uomo
di Mariella Lombardi Ricci
distanza di vent’anni dalla pubblicazione
della lettera enciclica Evangelium Vitae
(EV) l’elemento più sorprendente è la
chiaroveggenza.
Pur rimanendo nel solco di continuità con i
documenti precedenti, in particolare quelli su
tema analogo, riesce a cogliere i possibili sviluppi
critici fino a toccare questioni – come il rischio
eugenetica - sulle quali dal 2012 si stanno interrogando vari Paesi europei, tra cui Francia e
Germania. La stessa Corte dei Diritti dell’Uomo
dell’Unione Europea (CEDU) si vede costretta a
porsi l’interrogativo se il divieto di diagnosi prenatale (DPN), prevista in alcuni Stati, possa ledere il diritto alla vita privata, come suggeriscono le
A
domande sempre più numerose di cittadini che
invocano il parere della Corte. Se così fosse, il
diritto alla selezione prenatale rientrerebbe nei
diritti dell’uomo.
Nella medicina che si occupa dell’inizio della
vita l’EV intuisce una dimensione nuova, storicamente inedita, e invita a coglierne l’intrinseca
dimensione antropologica. Prende in considerazione temi già trattati in altri pronunciamenti
magisteriali, ma ne fa emergere la novità legata
sia al progresso tecno-scientifico: «dal progresso
scientifico e tecnologico nascono nuove forme di
attentati alla dignità dell’essere umano» (n.4), sia
al mutamento culturale: «larghi strati dell’opinione pubblica giustificano alcuni diritti contro la
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Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
vita in nome dei diritti
In modo speculare
della libertà individuale
l’eutanasia è presentata
e, su tale presupposto, ne La lungimiranza dell’Evangelium sempre più come diritto
pretendono ... persino
soggettivo tanto che il
Vitae
sulle
ripercussioni
sociali
l’autorizzazione da parte
termine “eutanasia” sta
dello Stato, al fine di pra- ed etiche dei progressi scientifici
lasciando il posto a “suiticarli in assoluta libertà
cidio assistito”.
ed anzi con l’intervento gratuito delle strutture
Sono fatti “tecnici” che mostrano in modo
sanitarie» (n.4)
solare la perspicacia di Giovanni Paolo II che
Interessante la percezione di ambiguità inter- riconosce i germi di una possibile violenza conpretative dell’agire dell’uomo per cui alle tradizio- tro l’uomo, perpetrata più per incapacità a riconali ingiustizie presenti nel mondo si aggiungono noscere il senso di certe azioni che per volontà
«ingiustizie ed oppressioni anche più gravi, magari negativa.
scambiate per elementi di progresso in vista dell’orLa connessione stretta che emerge
ganizzazione di un nuovo ordine mondiale» (n.5). nell’Enciclica tra morale individuale e morale
Gli attentati contro la vita testimoniano il pas- sociale, tra aspetto individuale e aspetto politico
saggio dalla percezione di un delitto alla pretesa della PMA, è una nota innovativa dell’EV. e insieche lo stesso sia tradotto in diritto: «tendono a me la consonanza con la prudenza espressa nei
perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di pronunciamenti europei in ambito di fecondazio“delitto” ed assumere paradossalmente quello del ni umane. La Risoluzione concernente la feconda“diritto”, al punto che se ne pretende un vero e pro- zione artificiale “in vivo” e “in vitro”,16/03/1989,
prio riconoscimento legale da parte dello Stato e la del Parlamento europeo «4. Esprime preoccupasuccessiva esecuzione mediante l’intervento gra- zione per lo spreco di embrioni che la FIV (fecontuito degli stessi operatori sanitari» (n.11). dazione in vitro) può comportare e auspica che le
L’insistenza mostra la forte preoccupazione del tecniche eliminino questo rischio; 5. Chiede che
Pontefice, giustificata se è quanto di fatto sta nella FIV venga fecondato lo stesso numero di
ovuli che può essere trasferito in utero; 6. Giudica
avvenendo oggi, all’inizio del III Millennio.
LA DIMENSIONE SOCIALE
che si possa ricorrere al congelamento di embrioni
DELLA MEDICINA
solo se necessario per salvare la vita degli embrioDELLA RIPRODUZIONE
ni stessi nel caso di impossibilità di trasferimento
Nei vent’anni che ci separano dall’EV sono stati immediato in utero … » Condanna: «10. La F.A.
fatti molti progressi nella conoscenza scientifica, eterologa in vivo e in vitro; il dono di seme, ovuli e
a volte a beneficio altre a scapito dell’integrità del spermatozoi … auspica che quanto afferma venga
nuovo essere: fecondazione di più embrioni per accolto da tutti gli Stati».
Dieci anni dopo l’EV, il 19 ottobre 2005, nella
ogni ciclo di procreazione medicalmente assistita
(PMA); distruzione di embrioni a fini di ricerca; Dichiarazione universale sulla bioetica ed i diritti
manipolazione embrionale (fino alla “costruzio- umani l’ Unesco si esprimeva così: «Considerando
ne” di embrioni caratterizzati da tre DNA, vero la necessità di un nuovo approccio alla responsainedito biologico); diagnosi preimpianto con bilità sociale per garantire che il progresso scientiintento selettivo; DPN mirata all’eliminazione dei fico e tecnologico contribuisca alla giustizia,
feti affetti da trisomia (in Francia si discute se sia all’equità e all’interesse dell’umanità».
Con acume l’EV sottolinea la dimensione etica e
l’emergere di una nuova tendenza eugenetica
“morbida”, “democratica”); banalizzazione del- giuridica implicita nelle tecniche della PMA,
l’intervento abortivo mediante farmaci con aspetto segnalato pochi anni prima dagli stessi
descrizione farmacologica ambigua fino alla pro- operatori-FIV e da responsabili dei centri di congressiva sottrazione dei farmaci alla prescrizione servazione di embrioni ovuli a spermatozoi
(CECOS) che invitavano – inascoltati - la società e
medica.
- 10 -
Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
il legislatore a una pausa di riflessione, pausa
riproposta ancora oggi in riferimento alla tecnica
di formazione di embrioni con tre DNA.
LUNGIMIRANTE
PERCEZIONE DEL RISCHIO
DI EUGENETICA
L’EV sottolinea l ‘ambiguità insita nella prassi
delle diagnosi prenatali e reimpianto embrionale
- prassi positiva se la conoscenza è volta a intervenire a favore dell’embrione, negativa se volta a
indurre all’aborto. Pone in primo piano la delicatezza delle nuove tecniche di DPN, indicandone
benefici e rischi, sia clinici sia antropologici.
Certo, l’argomento della DPN non è nuovo, ne
tratta l’Istruzione della Congregazione per la
Dottrina della Fede sul rispetto della vita nascente
e la dignità della procreazione (DV, 1987) al n. I,2 –
Il rispetto degli embrioni umani - dove non
accenna all’eugenismo. Ne parla, invece, successivamente, nella parte III: «Se il legislatore ...
mancasse di vigilare, potrebbe venire espropriato
delle sue prerogative da parte di ricercatori che
pretendessero di governare l’umanità in nome
delle scoperte biologiche e dei presunti processi di
“miglioramento” che ne deriverebbero. L’“eugenismo” e le discriminazioni fra gli esseri umani
potrebbero trovarsi legittimate... ».
Nella DV l’ipotesi “eugenismo” è espressa con il
verbo al condizionale, l’EV ne fa riferimento
all’indicativo. Interessante notare che è quanto di
fatto sta avvenendo a livello di istituzioni europee. Come accennato, la CEDU è sempre più
spesso interpellata da privati cittadini che denunciano lo Stato per lesione al diritto alla privacy
quando in qualche modo sono impediti (per legislazione o per procedura medica) nella scelta
abortiva connessa alla diagnosi preimpianto o
prenatale. A fronte di questa realtà, la CEDU si
interroga se di fatto la società occidentale non si
stia indirizzando verso un eugenismo di diritto,
non più solo legato a scelta individuale.
L’EV richiama con vera lungimiranza la responsabilità del legislatore: «Le diagnosi pre-natali, che
non presentano difficoltà morali se fatte per individuare eventuali cure necessarie al bambino non
ancora nato, diventano troppo spesso occasione
per proporre e procurare l’aborto. È l’aborto eugenetico, la cui legittimazione nell’opinione pubblica nasce da una mentalità — a torto ritenuta coerente con le esigenze della “terapeuticità” — che
accoglie la vita solo a certe condizioni e che rifiuta
il limite, l’handicap, l’infermità » n.14. Ripresa
alcuni numeri dopo in riferimento all’aborto:
«Dal momento però che le possibilità di cura
prima della nascita sono oggi ancora ridotte, accade non poche volte che queste tecniche siano messe
al servizio di una mentalità eugenetica, che accetta l’aborto selettivo, per impedire la nascita di
bambini affetti da vari tipi di anomalie» n.63.
Per questa dimensione o sociale e culturale: «..
occorre far maturare un forte senso critico, capace
di discernere i veri valori e le autentiche esigenze.
Urgono una generale mobilitazione delle coscienze
e un comune sforzo etico, per mettere in atto una
grande strategia a favore della vita» (n.95.).
Interessante e anticipatore il richiamo alla
responsabilità professionale dei sanitari, baluardo di civiltà. «Peculiare è la responsabilità affidata
agli operatori sanitari: medici, farmacisti, infermieri, cappellani, religiosi e religiose, amministratori, volontari. La loro professione li vuole custodi
e servitori della vita umana. Nel contesto culturale
e sociale odierno, nel quale la scienza e l’arte medica rischiano di smarrire la loro nativa dimensione
etica, essi possono essere talvolta fortemente tentati di trasformarsi in artefici di manipolazione
della vita o addirittura operatori di morte. Di fronte a tale tentazione la loro responsabilità è oggi
enormemente accresciuta e trova la sua spiegazione più profonda e il suo sostegno più forte proprio
nell’intrinseca e imprescindibile dimensione etica
della professione sanitaria, come già riconoscere
l’antico sempre attuale giuramento di Ippocrate,
secondo il quale ad ogni medico è chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e
della sua sacralità.» (n.89).
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Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
Pena di morte e “guerra giusta”
sempre sbagliato
l’omicidio di Stato
di Luciano Eusebi
on una lettera
alla legittima difesa, cioè
del 30 marzo
all’unica
situazione
2015 al presi- Dall’Evangelium Vitae a Francesco nella quale si ritiene toldente
della
lerabile l’uccisione di un
l’evoluzione
del
magistero
Commissione internaessere umano, richiasul
tema
dell’inviolabilità
zionale contro la pena di
mando un asserito
morte papa Francesco
«insegnamento tradiziodella
vita
in
rapporto
al
diritto
esprime una posizione
nale della Chiesa» per
chiara e definitiva della
cui non sarebbe da
Chiesa cattolica circa l’inaccettabilità senza riser- escludersi «il ricorso alla pena di morte quando
ve della condanna capitale, superando gli equivo- questa fosse l’unica via praticabile per difendere
ci legati al testo di cui al n. 2267 del Catechismo, efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di
non del tutto fugati nella stessa nuova versione esseri umani»: salva la precisazione, desunta da
del 2007. Quel testo, infatti, inseriva la questione Evangelium vitae 56, secondo la quale «i casi di
della pena di morte in un breve capitolo dedicato assoluta necessità di soppressione del reo “sono
C
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Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
ormai molto rari, se non
vendetta. Per uno Stato
addirittura praticamendi diritto, rappresenta
Un
errore
confondere
la
legittima
te inesistenti”».
un fallimento, perché lo
Pure nella sua scarsa difesa con qualsiasi atto
obbliga a uccidere in
linearità, il testo del
nome della giustizia».
Catechismo aveva chia- inteso alla tutela della società
Quest’ultima osservarito, nondimeno, che
zione risulta particolarl’ambito della summenzionata tollerabilità di un mente importante. Fa comprendere, infatti, che
omicidio non può oltrepassare quello della legit- tale forma punitiva contraddice radicalmente
tima difesa: il che vale non solo con riguardo alla l’esigenza fondamentale della giustizia (che è
pretesa di applicare una pena di morte, ma anche quanto dire della civiltà e del diritto) di riedificare
con riguardo al tema, parallelo, costituito della il bene dinnanzi al male, posto che risponde al
guerra (cfr. Ha ancora senso parlare di guerra giu- male secondo il suo medesimo criterio, in conforsta? Le recenti elaborazione della teologia morale, mità alla logica del fare il male per ricavarne del
a cura di C. Bresciani e L. Eusebi, Dehoniane, bene: ma credere nella produttività o, se si vuole,
Bologna, 2010; L. Eusebi, La legittima difesa come nella fecondità del male costituisce una delle tencategoria alla prova. Fine della nozione di guerra tazioni più antiche e più devastanti della storia,
giusta e problemi aperti, in Monitor Ecclesiasticus, che inesorabilmente, funge da moltiplicatore del
2014, 2, p. 437 ss.). Per cui s’era potuto affermare male.
che la pena di morte, risultando in realtà del tutto
«Parmi un assurdo – affermava Cesare Beccaria
estranea a contesti di legittima difesa – poiché – che le leggi, [le quali] … detestano e puniscono
quest’ultima attiene esclusivamente al contrasto l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e
proporzionato e non altrimenti realizzabile di per allontanare i cittadini dall’assassinio, ne ordiuna condotta aggressiva in atto –, deve ritenersi nino uno pubblico» (Dei delitti e delle pene, cap.
del tutto inaccettabile già sulla base delle argo- XXVIII). Piuttosto che motivare al bene, la pena di
mentazioni svolte dal Catechismo (cfr. L. Eusebi, morte, infatti, attesta che sia accettabile risponLa Chiesa e il problema della pena. Sulla risposta dere con il negativo verso ciò che giudichiamo
al negativo come sfida giuridica e teologica, La negativo: «Lungi dall’essere edificante per il
Scuola, Brescia, 2014, p. 122 ss.). Sebbene simili popolo, lo demoralizza, e guasta in esso ogni senargomentazioni espongano all’equivoco, perico- sibilità, e quindi ogni virtù» (Victor Hugo,
losissimo, di confondere la legittima difesa con Introduzione a L’ultimo giorno di un condannato
qualsiasi atto inteso alla tutela della società.
a morte, 1832).
Precisa non a caso papa Francesco: «la pena
Una tale impostazione è ora pienamente recepita da papa Francesco, nella lettera sopra richia- capitale è una pratica frequente a cui ricorrono
mata: «I presupposti della legittima difesa perso- alcuni regimi totalitari e gruppi di fanatici, per lo
nale non sono applicabili all’ambito sociale, sterminio di dissidenti politici, di minoranze, e di
senza rischio di travisamento. Di fatto, quando si ogni soggetto etichettato come ‘pericoloso’ o che
applica la pena di morte, si uccidono persone non può essere percepito come una minaccia per il
per aggressioni attuali, ma per danni commessi loro potere o per il conseguimento dei loro fini».
E, pertanto, è proprio nella presa di distanze da
nel passato. Si applica inoltre a persone la cui
capacità di recare danno non è attuale, ma che è simili prospettive relazionali, fondate sull’idea
già stata neutralizzata e che si trovano private della distruzione dell’altro identificato come un
della propria libertà. Oggigiorno, [dunque], la nemico la cui eliminazione garantirebbe prospepena di morte è inammissibile, per quanto grave rità e liberazione che si gioca, oggi, la partita decisia stato il delitto del condannato. … Impedisce di siva per un futuro di pace e di fraternità.
Simili prospettive, invece, continuano a tentare
conformarsi a qualsiasi finalità giusta delle pene.
Non rende giustizia alle vittime, ma fomenta la pure il nostro ambito culturale, che esso pure ha
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Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
mutamento radicale nei
molto di cui chiedere
rapporti interpersonali e
perdono.
Papa
fra i popoli, non foss’alFrancesco è molto chia- Il monito «rimetti la spada nel
tro perché è in gioco,
ro: « Gli Stati possono
fodero»
indica
un
compito
ormai, la sopravvivenza
uccidere per azione
stessa
dell’umanità.
quando applicano la ormai ineludibile per l’umanità,
Necessità di mutamento
pena di morte, quando
a
partire,
tuttavia,
dai
nostri
di cui sono testimoni i
portano i loro popoli alla
tanti martiri cristiani, e
guerra o quando com- stessi atteggiamenti personali
non solo, del nostro
piono esecuzioni extragiudiziali o sommarie. Possono uccidere anche tempo, nei confronti dei quali abbiamo un ben
per omissione, quando non garantiscono ai loro preciso debito.
La pena di morte rappresenta e simboleggia,
popoli l’accesso ai mezzi essenziali per la vita.
“Così come il comandamento non uccidere pone infatti, nella forma più nitida ciò che è contrario –
un limite chiaro per assicurare il valore della vita sono ancora parole di papa Francesco nella letteumana, oggi dobbiamo dire no a un’economia ra sopra richiamata – «al significato dell’humanidell’esclusione e della iniquità” (Evangelii gau- tas e alla misericordia divina, che devono essere
dium, n. 53)».
modello per la giustizia degli uomini»; «è un’offe«Può [del resto] verificarsi – così papa Francesco sa all’inviolabilità della vita e alla dignità della
nel discorso rivolto a una delegazione persona umana che contraddice il disegno di Dio
dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale sull’uomo e sulla società e la sua giustizia miseriil 23 ottobre 2014 – che gli Stati tolgano la vita non cordiosa» (così che anche l’ergastolo si rivela
solo con la pena di morte e con le guerre, ma improponibile, poiché comporta «l’impossibilità
anche quando pubblici ufficiali si rifugiano per il condannato di progettare un futuro in liberall’ombra delle potestà statali per giustificare i tà», privandolo «della speranza»). In radice, la
loro crimini. Le cosiddette esecuzioni extragiudi- pena di morte «implica la negazione dell’amore
ziali o extralegali sono omicidi deliberati com- per i nemici, predicata nel Vangelo».
messi da alcuni Stati e dai loro agenti, spesso fatti
È intorno a questi nodi di fondo, del resto, che
passare come scontri con delinquenti o presenta- va costruito oggi il dialogo interreligioso. Haim
ti come conseguenze indesiderate dell’uso ragio- Baharier, in ambito ebraico, ci parla per esempio
nevole, necessario e proporzionale della forza per di un «debito di giustizia», che consegue sempre a
far applicare la legge. In questo modo … la pena una «relazione mancata», il quale «va pagato con
di morte, illegalmente e in diversi gradi, si applica un atto relazionale non passivo», volto a ricostiin tutto il pianeta».
tuire un legame, in cui si sostanzia la misericorBisogna dunque riconoscere che l’idea biblica dia. Dalil Boubakeur, in ambito islamico, di
di una giustizia salvifica – di una giustizia, cioè, «come la riparazione e il perdono [siano] preferiche non si opponga al male con i suoi stessi bili alla perpetuazione della vendetta e particolarmezzi, o, meglio, che non utilizzi l’alibi del male mente all’antica legge del taglione». Gabriel
attribuito all’altro per fargli del male, bensì miri a Mandel, nel medesimo ambito, spiega: «Emerge
rendere nuovamente giusti rapporti che non lo chiaramente da tutto il contesto del Corano che
sono stati – è stata assai poco interiorizzata nella occhio per occhio non significa che, se io cavo un
stessa cultura dell’occidente. Ed è tempo che lo occhio, è giustizia che tu cavi un occhio a me. Ciò
stesso occidente si interroghi su una applicazione sarebbe inutile, e non riparerebbe alcun danno.
coerente dei valori in cui afferma di credere.
Significa che se cavo un occhio a te, debbo soppeLa riflessione sulla pena di morte in quanto rire alla mancanza procurata sovvenendo per
modello estremo di una giustizia ingiusta deve tutta la vita in modo adeguato alla tua menomadiventare paradigmatica, su questa via, di un zione…» (citazioni da Humanitas, 2004, 2,
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Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae”
tà insita nella storia stesPerdono e giustizia nelle
sa dell’umanità: in esso
religioni). Mentre K.
si dovrebbero superare
Fouad Allam, nella sua L’idea biblica di una giustizia
le diversità etniche, culintroduzione al Corano
salvifica
non
è
stata
interiorizzata
turali e religiose. In quetradotto da Gabriel
sto senso l’islam ha una
Mandel (Utet, 2006), in Occidente, che si deve
vocazione
essenzialafferma: «Oggi è tempo
interrogare
sull’applicazione
mente abramitica».
di riportare il discorso
Il monito «rimetti la
coranico al centro delle coerente dei valori
spada nel fodero» (Mt
grandi questioni delin cui afferma di credere
l’umanità, riproponen26, 52), con cui papa
do le due domande
Francesco conclude la
essenziali: quelle incentrate sul mistero della vita lettera più volte citata indica un compito ormai
e sul come vivere insieme. Non dobbiamo dimen- ineludibile per l’umanità, a partire, tuttavia, dai
ticare che il monoteismo trascende la conflittuali- nostri stessi atteggiamenti personali.
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