Maggio 2015 Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” Contributi di: Don Pier Davide Guenzi Maurizio Chiodi Mariella Lombardi Ricci Luciano Eusebi ell’anno in cui ricorre il 20° della promulgazione, il settimanale diocesano di Novara, L’Azione (con le sue testate collegate, espressione del vasto territorio della Diocesi - www.sdnovarese.it; app: AgdNews su Apple Appstore) ha dedicato una serie di approfondimenti alla Evangelium Vitae, l’enciclica di Giovanni Paolo II dedicata al “Valore e inviolabilità della vita umana”. Il percorso offerto ha coinvolto un gruppo di studiosi di rilevanza nazionale che hanno offerto approfondimenti sui nodi cruciali del testo, con l’obiettivo di metterne in evidenza l’attualità alla luce delle innovazioni scientifiche e tecniche - che così da vicino segnano le tematiche relative al fine vita e alla vita nascente - e dei mutamenti sociali e culturali. Un focus pensato per tutti i lettori del settimanale, ma anche e spratutto, uno strumento di riflessione e approfondimento ai tanti che - nei settori della carità, dell’impegno politico, della sanità, della formazione dei giovani e della tutela della vita nascente - hanno la responsabilità di promuovere la cultura della vita. Per questa ragione i testi pubblicati su L’Azione, in quattro puntate nel mese di maggio 2015, vengono ora riproposti in questa semplice edizione diffusa in pdf, per praticità ed economicità, in modo da poter essere letti anche in una cerchia più vasta dell’ambito diocesano. A curare le pagine pubblicate è stato don Pier Davide Guenzi, teologo morale e responsabile dell’Ufficio di pastorale della sanità della Diocesi di Novara, che ha condiviso la programmazione dell’impianto generale dell’opera e ha coinvolto i diversi autori nel progetto. Con lui ha collaborato Andrea Gilardoni, giornalista del settimanale e dell’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Novara, che ha curato il progetto dell’iniziativa e la sua realizzazione redazionale. N Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” HANNO COLLABORATO Don Pier Davide Guenzi Don Pier Davide Guenzi vicepresidente dell’Associazione Teologica Italiana per lo Studio della Morale, insegna teologia morale alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – sezione parallela di Torino - e all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Novara. E’, inoltre, responsabile della pastorale della sanità in diocesi e tiene corsi di teologia all’Università Cattolica del S. Cuore di Milano. Maurizio Chiodi Maurizio Chiodi è docente di teologia morale presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano. È autore di numerose pubblicazioni nell’ambito della morale e della bioetica, tra cui Etica della vita. Le sfide della pratica e le questioni teoriche, Milano, Glossa, 2006 e Teologia morale fondamentale, Brescia, Queriana, 2014. Mariella Lombardi Ricci Mariella Lombardi Ricci è docente di bioetica alla Facoltà Teologica di Torino. Inoltre ha pubblicato libri, articoli su riviste specializzate e collaborato a opere collettive. Luciano Eusebi Luciano Eusebi è professore ordinario di Diritto penale nell’Università Cattolica di Milano dove tiene corsi sulla disciplina alla Pontificia Università Lateranense di Roma. È stato membro di importanti commissioni ministeriali per la riforma del codice penale e ha offerto sul tema importanti pubblicazioni, spazianti anche nel campo delle più discusse questioni bioetiche. Tra i suoi studi recenti si segnalano quelli dedicati al profilo riparativo della giustizia, come modello ispiratore per un superamento di una concezione della pena meramente sanzionatoria e ritorsiva. -2- Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” Le sfide aperte per etica e teologia di Pier Davide Guenzi l 25 marzo 1995 l’Evangelium vitae è da Giovanni Paolo II considerare il documensiglava la sua undi- La vita eterna non è una “vita to più ampio consacrato cesima enciclica, alle questioni dell’etica dopo la vita”. È un tipo l’Evangelium vitae, dedidella vita. Non mancacata al “valore e l’inviola- di esistenza che non si distrugge vano certamente probilità della vita umana”. nunciamenti su singole col cessare del tempo, perché L’autorevole testo pontiproblematiche discusse, ficio seguiva di circa due si salda sulla promessa di Dio come nel caso dell’aboranni la Veritatis splento procurato, dell’eutador, sul fondamento della morale cristiana. I due nasia, delle tecniche di procreazione assistita, testi, pur con prospettive e tematiche differenti, oggetto di altrettanti testi prodotti dalla mettono in luce l’attenzione di papa Wojtyla per Congregazione per la dottrina della fede dalla le questioni etiche, oggetto di due documenti che metà degli anni ’70 del XX secolo. L’orizzonte non hanno analoghi nella tradizione dottrinale e all’interno del quale si muove l’Evangelium vitae pastorale del magistero cattolico. Se da una parte è volutamente più ampio. Le specifiche indicaziola Veritatis splendor rappresenta la prima encicli- ni etiche, di fatto, ripropongono la tradizionale ca espressamente dedicata ad approfondire il dottrina cattolica, in riferimento all’interpretazioprofilo complessivo dell’etica cattolica, ne del comandamento biblico di “non uccidere” I -3- Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” vita che nasce e alla vita (n° 57), al divieto di che muore, non è più aborto diretto, come capace di lasciarsi inter«uccisione deliberata di L’uomo non si percepisce più rogare sul senso più un essere umano innocome “misteriosamente altro” autentico della sua esicente» (n° 62), alla condanna dell’eutanasia, rispetto alle altre creature terrene. stenza, assumendo con vera libertà questi come atto omicida o suiSi assiste all’incremento momenti cruciali del cida (n° 65). È soprattutproprio “essere”. Egli si to nella contestualizza- del sapere tecno-scientifico preoccupa solo del “fare” zione sociale e teologica sulla vita e dell’indebolimento e, ricorrendo ad ogni delle indicazioni eticoforma di tecnologia si normative che è possibi- di quello sapienziale affanna a programmare, le rintracciare l’aspetto controllare e dominare la nascita e la morte. di novità e attualità dell’enciclica. Queste, da esperienze originarie che chiedono di LEGGERE L’ETHOS essere “vissute”, diventano cose che si pretende semDEL TEMPO Il primo capitolo dell’Evangelium vitae riflette plicemente di “possedere” o di “rifiutare”» (n° 22). sul tempo presente e offre un giudizio sull’offuL’altra chiave interpretativa è rappresentata dalscamento del valore della vita umana e del suo l’enfasi sociale e civile sui diritti di libertà soggetintegrale rispetto. L’enciclica non si limita ad una tiva, che tende a giustificare opzioni contrarie al semplice rassegna di aspetti problematici, ma rispetto della vita come legittime espressioni di individua, accanto ad altre, due chiavi interpreta- autodeterminazione del soggetto, chiedendone il tive tutt’ora attuali e sulle quali la riflessione teo- «riconoscimento legale da parte dello Stato». L’appello al diritto dell’individuo tende ad offulogica non ha cessato di interrogarsi. La prima è l’incremento del sapere tecno-scien- scare il valore etico di alcuni atti, senza una corritifico sulla vita, a fronte dell’indebolimento di spettiva valutazione delle loro conseguenze «in quello sapienziale. Nascere, patire e morire non una società che fa dell’affermazione e della tutela sono semplici fatti, ma “accadimenti” in cui si dei diritti umani il suo obiettivo principale e insiesvela un senso umano. Così, prima di essere situa- me il suo vanto», discriminando di fatto tra vite zioni oggettive a partire dalle quali esprimere umane degne di essere tutelate e altre oggetto di comportamenti etici conseguenti, l’esperienza decisioni arbitrarie. Tale opzione è ritenuta dal della nascita, della malattia e della morte appaio- pontefice una minaccia non solo alla vita di alcuno dense di significati per la vita, se interpellate ni soggetti umani, oggetto di manipolazione e nella loro consistenza originale e originaria. Ciò è disparità di trattamento, ma della stessa cultura particolarmente urgente nel contesto contempo- dei diritti: «capace, al limite, di mettere a repentaraneo, attraversato, oltre che da “attentati” nei glio lo stesso significato della convivenza democraconfronti del rispetto della vita, da una generaliz- tica: da società di “conviventi”, le nostre città zata crisi di insignificanza. Come si esprime con rischiano di diventare società di esclusi, di emargilucidità Giovanni Paolo II: «l’uomo non riesce più nati e soppressi» (n° 18). a percepirsi come “misteriosamente altro” rispetto Pur con differenti modalità espressive, tali indialle diverse creature terrene; egli si considera come catori di lettura dell’ethos contemporaneo si uno dei tanti esseri viventi, come un organismo ritrovano anche nel magistero di Benedetto XVI e che, tutt’al più, ha raggiunto uno stadio molto ele- di Francesco. Del primo occore ricordare il capivato di perfezione. Chiuso nel ristretto orizzonte tolo sesto dell’enciclica sociale Caritas in veritate della sua fisicità, si riduce in qualche modo a “una (nn. 68-77), dedicato al pervasivo sviluppo della cosa” e non coglie più il carattere “trascendente” del tecnica e dei suoi risvolti sulla coscienza e l’agire suo “esistere come uomo”. […] Così di fronte alla umano o l’attenzione alla correlazione tra i diritti -4- Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” La prospettiva biblica individuali e corrispetticomprende la vita vi doveri a tutela di una società improntata ad L’enfasi sociale sui diritti soggettivi umana come una realtà più profonda della nuda una effettiva espressione di fatto discrimina esistenza biologica. La della libertà e dell’uguaqualità umana del viveglianza attraverso la tra quali vite tutelare re, che pure si radica sul dinamica inclusiva della e mette a repentaglio rispetto del dato corpofraternità, con un signireo, si coglie all’interno ficativo accostamento la cultura stessa dei diritti: un orizzonte di reladelle problematiche del la società di libertà che convivono di zioni attuate nel tempo rispetto della vita a quele fondate su quella sorle della solidarietà e del si trasforma in società di esclusi giva con il Dio Vivente. bene comune (nn. 4352). Per l’attuale pontefice basta il richiamo ai Così, indicando il compimento dell’esistenza ripetuti appelli alla “cultura dello scarto” o “del- umana in Dio, la vita eterna non può essere penl’indifferenza”, nella quale sono ancora perpetrati sata, nell’orizzonte cristiano, come una “vita gravi attentati alla vita e alla dignità di molti esse- dopo la vita”. È piuttosto una qualificazione dell’esistenza che non si distrugge con il cessare del ri umani. tempo della vita perché si salda sulla promessa di COMPRENDERE Dio e sull’atto salvifico di Cristo. A riguardo così IL SENSO TEOLOGICO si esprime l’Evangelium vitae: «la vita che il Figlio DELLA VITA L’Evangelium vitae propone una lettura teologi- di Dio è venuto a donare agli uomini non si riduca sul senso e valore della vita umana che, pur ce alla sola esistenza nel tempo. La vita, che da non essendo disponibile immediatamente ad una sempre è “in lui” e costituisce “la luce degli uomiinterpretazione normativa, costituisce il suo sfon- ni” (Gv 1, 4) consiste nell’essere generati da Dio e do imprescindibile. In particolare il generoso rife- nel partecipare alla pienezza del suo amore» (n° rimento alla letteratura neo-testamentaria, rap- 37). L’Evangelium vitae, inoltre, fonda la dignità presenta, per certi versi, un unicum nel magistero, soprattutto se confrontato con i successivi della vita non solo a motivo della sua origine, ma testi dottrinali sui temi bioetici. Il secondo capito- della sua destinazione escatologica. È a partire dal lo dell’enciclica di Giovanni Paolo II svolge compimento pieno della vita nella comunione un’ampia riflessione sul dono della vita, i cui ele- con Dio che si innesta l’impegno a custodire nel menti di fondo sono anticipati nell’Introduzione: tempo ogni vita, particolarmente quella contras«presentando il nucleo centrale della sua missione segnata dalla fragilità dei suoi inizi, dalla precaredentrice, Gesù dice “Io sono venuto perché abbia- rietà della malattia, dall’irrompere della morte. Su no la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). questo “vangelo della vita” si apre la corretta comIn verità Egli si riferisce a quella vita “nuova” ed prensione del comandamento di “non uccidere”, “eterna”, che consiste nella comunione con il Padre, che consente di operare nel capitolo terzo dela cui ogni uomo è gratuitamente chiamato nel l’enciclica un puntuale discernimento su alcune Figlio per opera dello Spirito santificatore. Ma pro- questioni che saranno oggetto di approfondiprio in tale “vita” acquistano pieno significato tutti mento nei prossimi contributi che saranno pubgli aspetti e momenti della vita dell’uomo» (n° 1). blicati su questa rubrica. -5- Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” Accanimento terapeutico e eutanasia: oltre l’alternativa di Maurizio Chiodi l tema dell’eutanaleggi a favore dell’eutasia è trattato nasia, si prevede la posnell’Evangelium I nodi del magistero sibilità di votare in vitae (EV) in diversi pasParlamento una legge sulla fragilità umana saggi, che qui ricordo favorevole all’eutanasia, per dare un’idea delle e il “fine vita” ma più restrittiva rispetquestioni da essa solleto a una preesistente. vate. Mi riprometto di trattare più diffusamente L’eutanasia è descritta come la tentazione «di le questioni morali, anche se la brevità dello spa- impadronirsi della morte procurandola in anticizio impedirà di dar conto di un dibattito che, po» (n. 64). L’enciclica riprende anche la ‘definisoprattutto su alcune di esse, è ancora molto zione’ di eutanasia della Dichiarazione Iura et bona (1980), al n. 65, distinguendola dalla rinunvivo. L’EVANGELIUM VITAE cia al cosiddetto accanimento terapeutico, che E L’EUTANASIA mette in atto interventi «ormai sproporzionati ai L’EV parla dell’eutanasia nel I capitolo, dedica- risultati che si potrebbero sperare o anche … tropto alla società complessa. Il tema è però oggetto po gravosi» (n. 65), per il malato o la famiglia. esplicito di riflessione nel III capitolo (nn. 64-67). Poco dopo, richiamandosi alla terminologia di Ai nn. 68-74 si tratta anche del nesso tra legge Pio XII (straordinarietà), e della Iura et bona (promorale e legge civile, dove, pur condannando le porzionalità), l’EV dice che la rinuncia all’accani- I -6- Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” mento «non equivale al esplicito – dinanzi a suicidio o all’eutanasia; Dio. La testimonianza esprime piuttosto l’ac- La questione centrale del cristiano sta nel fatto cettazione della condiche, riconoscendo nelnon è appropriarsi zione umana di fronte l’evento della morte il alla morte» (n. 65). Nello della morte per anticiparla momento decisivo e ultimo della sua fede, stesso numero, l’enciclio rimandarla, ca parla delle cure palegli è chiamato ad affima per viverne il senso liative. darsi in essa a un dono L’alternativa all’eutache gli è anticipato, la nasia, dice l’EV, è «la via dell’amore e della vera salvezza nel nome di Gesù, nel quale a tutti è pietà» (n. 67). Questa è la vera risposta alla aperta la speranza di una vita beata, nell’eternità «domanda di compagnia, di solidarietà e di soste- di Dio. Il credente non ha bisogno né di anticipagno nella prova» (n. 67), che è ciò che invoca il re la morte né di fuggirla, come se fosse il male assoluto, perché spera il dono di una vita commorente. Affrontando il tema dell’eutanasia, nel suo ine- piuta in Cristo. IL NESSO TRA TECNICA vitabile rapporto all’accanimento terapeutico, E MEDICINA vorrei sottolineare quattro aspetti: l’esperienza La tecnica è una questione epocale. In tale quaculturale della morte, la grande rilevanza della tecnica, il criterio della proporzionalità delle dro, la medicina tecno-scientifica comporta indubitabili benefici, ma anche difficoltà. L’uso terapie, il soggetto della decisione . della tecnica pone un’originaria domanda di LA MORTE E LA CULTURA senso: il facere è sempre un agere, da valutare in CONTEMPORANEA L’attuale esperienza della morte è caratterizza- termini di responsabilità etica. La tecnica non è ta da una forte censura. La difficoltà a operare un mai neutrale: essa è forma concreta dell’agire. Il nesso tra tecnica e medicina può essere comsano discernimento, soprattutto nei casi-limite, aumenta in una cultura che tende a nascondere preso alla luce del rapporto indissociabile tra la morte, ormai ultimo grande tabù. Noi oggi cura (to care) e cure (to cure): le cure sono forma della cura. La pratica medica è un patto di cura, viviamo come se non dovessimo morire. Quel che manca è il riconoscimento della che comporta una reciprocità fondamentale, morte come evento originario e forma radicale anche se asimmetrica. Per il medico e l’équipe della passività. Essa è infatti l’esperienza antici- curante, accompagnare il malato alla morte pata del giorno in cui noi saremo ‘sottratti’ a noi significa prendersi cura di lui, mettendo al centro stessi. In tal senso è indisponibile. All’origine del- la sua dignità singolare e tenendo conto della sua l’eutanasia e dell’accanimento terapeutico (già la mortalità. Perciò le cure potrebbero non essere parola esprime un ossimoro), sta proprio il non più forma concreta della cura dell’altro. È una questione discussa se la valutazione della riconoscimento di questo «destino» mortale. L’una e l’altro sono la tentazione di impadronirsi terapia debba riguardare ogni intervento tecnico, della morte, anticipandola o posticipandola sine comprese le terapie conservative o di sostegno die. Rispetto a questi eccessi, assumono grande vitale (ventilazione, alimentazione e idratazione importanza le cure palliative. artificiale), anche se esse andrebbero comunque La questione decisiva è di riappropriarsi della valutate tenendo conto della maggiore gravità. In morte, per viverne il senso: si tratta di vivere bene ogni caso, la valutazione non dovrebbe riguardail proprio morire. A ciò si collega un aspetto reli- re solo l’inizio ma anche l’eventuale sospensione gioso, implicito nel non credente. Nell’evento di una terapia, altrimenti si cadrebbe nel paradella morte infatti l’uomo decide della totalità di dosso di non iniziarla per non rischiare di doversé e ciò avviene sempre – per il credente in modo la sospendere. -7- Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” LA PROPORZIONALITA’ DELLE CURE La domanda circa il «limite» delle cure riguarda il senso dell’agire medico. Il criterio indica-to dalla Iura et bona sull’eutanasia ripreso nell’EV, è quello della proporzionalità. Esso è riconducibile ad un’argomentazione che articola la «sacralità» con la qualità della vita, intesa non in senso utilitaristico, ma in riferimento al beneficio complessivo del paziente. In primo luogo, una cura è tanto più giustificata quanto più comporta un tempo maggiore di vita. Questo è un elemento necessario, ma non sufficiente, perché la vita non ha senso puramente biologico e come tale non è immediatamente criterio etico. Il tempo non è solo una questione quantitativa. Esso comporta un aspetto qualitativo, di senso e di opportunità effettivamente dischiuse. In secondo luogo, si dovrà tener conto della proporzione tra i danni e i benefici arrecati dalla terapia. Tanto maggiore è la differenza a favore dei benefici quanto maggiore è la sua opportunità. In terzo luogo, si dovranno valutare le relazioni che il paziente potrà mantenere nel corso della terapia e dunque – reciprocamente ma secondariamente – la possibilità dei suoi familiari di portarne il peso e gli oneri esistenziali. In quarto luogo, si dovranno valutare gli oneri a carico della collettività. Questo richiede di tener conto sia della dignità unica e singolare del paziente, sia del fatto che egli non è mai solo. Tutto ciò implica che le cure siano eroga- te secondo un’ottica di giusta distribuzione delle risorse, considerata la cultura, le possibilità economiche ecc. A CHI SPETTA LA VALUTAZIONE FINALE? Diversi sono gli elementi di cui occorre tener conto. Anzitutto, la decisione non può che essere del paziente. Questi rimane soggetto della sua cura, irriducibile a oggetto di decisioni altrui. L’autonomia tuttavia suppone la relazione con gli altri, che è anch’essa co-originaria. La decisione perciò si inscrive in un necessario processo ‘relazionale’ tra paziente, medico ed équipe medicoinfermieristica, con le varie figure, familiari ed amici . Inoltre, il giudizio di proporzionalità deve partire dalla condizione concreta, valutata alla luce della norma etica universale. Va anche ricordato che in molti casi conflittuali e com-plessi, la scelta non si dà tra bianco e nero, cioè tra bene e male, ma tra diverse tonalità di grigio, tra «cattivo» e «peggiore». Si apre qui, per il credente, la questione dell’eventuale conflitto della sua scelta con alcune indicazioni del magistero ecclesiastico, autorevole ma non irreformabile. In tali situazioni, la teologia morale tradizionale affermava che l’agire deve seguire la propria coscienza, anche nel caso in cui essa sia «invincibilmente erronea» (in buona fede), essendo comunque norma proxima moralitatis. -8- Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” Medicina della vita nascente: oltre la tecnica ritrovare il senso dell’uomo di Mariella Lombardi Ricci distanza di vent’anni dalla pubblicazione della lettera enciclica Evangelium Vitae (EV) l’elemento più sorprendente è la chiaroveggenza. Pur rimanendo nel solco di continuità con i documenti precedenti, in particolare quelli su tema analogo, riesce a cogliere i possibili sviluppi critici fino a toccare questioni – come il rischio eugenetica - sulle quali dal 2012 si stanno interrogando vari Paesi europei, tra cui Francia e Germania. La stessa Corte dei Diritti dell’Uomo dell’Unione Europea (CEDU) si vede costretta a porsi l’interrogativo se il divieto di diagnosi prenatale (DPN), prevista in alcuni Stati, possa ledere il diritto alla vita privata, come suggeriscono le A domande sempre più numerose di cittadini che invocano il parere della Corte. Se così fosse, il diritto alla selezione prenatale rientrerebbe nei diritti dell’uomo. Nella medicina che si occupa dell’inizio della vita l’EV intuisce una dimensione nuova, storicamente inedita, e invita a coglierne l’intrinseca dimensione antropologica. Prende in considerazione temi già trattati in altri pronunciamenti magisteriali, ma ne fa emergere la novità legata sia al progresso tecno-scientifico: «dal progresso scientifico e tecnologico nascono nuove forme di attentati alla dignità dell’essere umano» (n.4), sia al mutamento culturale: «larghi strati dell’opinione pubblica giustificano alcuni diritti contro la -9- Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” vita in nome dei diritti In modo speculare della libertà individuale l’eutanasia è presentata e, su tale presupposto, ne La lungimiranza dell’Evangelium sempre più come diritto pretendono ... persino soggettivo tanto che il Vitae sulle ripercussioni sociali l’autorizzazione da parte termine “eutanasia” sta dello Stato, al fine di pra- ed etiche dei progressi scientifici lasciando il posto a “suiticarli in assoluta libertà cidio assistito”. ed anzi con l’intervento gratuito delle strutture Sono fatti “tecnici” che mostrano in modo sanitarie» (n.4) solare la perspicacia di Giovanni Paolo II che Interessante la percezione di ambiguità inter- riconosce i germi di una possibile violenza conpretative dell’agire dell’uomo per cui alle tradizio- tro l’uomo, perpetrata più per incapacità a riconali ingiustizie presenti nel mondo si aggiungono noscere il senso di certe azioni che per volontà «ingiustizie ed oppressioni anche più gravi, magari negativa. scambiate per elementi di progresso in vista dell’orLa connessione stretta che emerge ganizzazione di un nuovo ordine mondiale» (n.5). nell’Enciclica tra morale individuale e morale Gli attentati contro la vita testimoniano il pas- sociale, tra aspetto individuale e aspetto politico saggio dalla percezione di un delitto alla pretesa della PMA, è una nota innovativa dell’EV. e insieche lo stesso sia tradotto in diritto: «tendono a me la consonanza con la prudenza espressa nei perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di pronunciamenti europei in ambito di fecondazio“delitto” ed assumere paradossalmente quello del ni umane. La Risoluzione concernente la feconda“diritto”, al punto che se ne pretende un vero e pro- zione artificiale “in vivo” e “in vitro”,16/03/1989, prio riconoscimento legale da parte dello Stato e la del Parlamento europeo «4. Esprime preoccupasuccessiva esecuzione mediante l’intervento gra- zione per lo spreco di embrioni che la FIV (fecontuito degli stessi operatori sanitari» (n.11). dazione in vitro) può comportare e auspica che le L’insistenza mostra la forte preoccupazione del tecniche eliminino questo rischio; 5. Chiede che Pontefice, giustificata se è quanto di fatto sta nella FIV venga fecondato lo stesso numero di ovuli che può essere trasferito in utero; 6. Giudica avvenendo oggi, all’inizio del III Millennio. LA DIMENSIONE SOCIALE che si possa ricorrere al congelamento di embrioni DELLA MEDICINA solo se necessario per salvare la vita degli embrioDELLA RIPRODUZIONE ni stessi nel caso di impossibilità di trasferimento Nei vent’anni che ci separano dall’EV sono stati immediato in utero … » Condanna: «10. La F.A. fatti molti progressi nella conoscenza scientifica, eterologa in vivo e in vitro; il dono di seme, ovuli e a volte a beneficio altre a scapito dell’integrità del spermatozoi … auspica che quanto afferma venga nuovo essere: fecondazione di più embrioni per accolto da tutti gli Stati». Dieci anni dopo l’EV, il 19 ottobre 2005, nella ogni ciclo di procreazione medicalmente assistita (PMA); distruzione di embrioni a fini di ricerca; Dichiarazione universale sulla bioetica ed i diritti manipolazione embrionale (fino alla “costruzio- umani l’ Unesco si esprimeva così: «Considerando ne” di embrioni caratterizzati da tre DNA, vero la necessità di un nuovo approccio alla responsainedito biologico); diagnosi preimpianto con bilità sociale per garantire che il progresso scientiintento selettivo; DPN mirata all’eliminazione dei fico e tecnologico contribuisca alla giustizia, feti affetti da trisomia (in Francia si discute se sia all’equità e all’interesse dell’umanità». Con acume l’EV sottolinea la dimensione etica e l’emergere di una nuova tendenza eugenetica “morbida”, “democratica”); banalizzazione del- giuridica implicita nelle tecniche della PMA, l’intervento abortivo mediante farmaci con aspetto segnalato pochi anni prima dagli stessi descrizione farmacologica ambigua fino alla pro- operatori-FIV e da responsabili dei centri di congressiva sottrazione dei farmaci alla prescrizione servazione di embrioni ovuli a spermatozoi (CECOS) che invitavano – inascoltati - la società e medica. - 10 - Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” il legislatore a una pausa di riflessione, pausa riproposta ancora oggi in riferimento alla tecnica di formazione di embrioni con tre DNA. LUNGIMIRANTE PERCEZIONE DEL RISCHIO DI EUGENETICA L’EV sottolinea l ‘ambiguità insita nella prassi delle diagnosi prenatali e reimpianto embrionale - prassi positiva se la conoscenza è volta a intervenire a favore dell’embrione, negativa se volta a indurre all’aborto. Pone in primo piano la delicatezza delle nuove tecniche di DPN, indicandone benefici e rischi, sia clinici sia antropologici. Certo, l’argomento della DPN non è nuovo, ne tratta l’Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede sul rispetto della vita nascente e la dignità della procreazione (DV, 1987) al n. I,2 – Il rispetto degli embrioni umani - dove non accenna all’eugenismo. Ne parla, invece, successivamente, nella parte III: «Se il legislatore ... mancasse di vigilare, potrebbe venire espropriato delle sue prerogative da parte di ricercatori che pretendessero di governare l’umanità in nome delle scoperte biologiche e dei presunti processi di “miglioramento” che ne deriverebbero. L’“eugenismo” e le discriminazioni fra gli esseri umani potrebbero trovarsi legittimate... ». Nella DV l’ipotesi “eugenismo” è espressa con il verbo al condizionale, l’EV ne fa riferimento all’indicativo. Interessante notare che è quanto di fatto sta avvenendo a livello di istituzioni europee. Come accennato, la CEDU è sempre più spesso interpellata da privati cittadini che denunciano lo Stato per lesione al diritto alla privacy quando in qualche modo sono impediti (per legislazione o per procedura medica) nella scelta abortiva connessa alla diagnosi preimpianto o prenatale. A fronte di questa realtà, la CEDU si interroga se di fatto la società occidentale non si stia indirizzando verso un eugenismo di diritto, non più solo legato a scelta individuale. L’EV richiama con vera lungimiranza la responsabilità del legislatore: «Le diagnosi pre-natali, che non presentano difficoltà morali se fatte per individuare eventuali cure necessarie al bambino non ancora nato, diventano troppo spesso occasione per proporre e procurare l’aborto. È l’aborto eugenetico, la cui legittimazione nell’opinione pubblica nasce da una mentalità — a torto ritenuta coerente con le esigenze della “terapeuticità” — che accoglie la vita solo a certe condizioni e che rifiuta il limite, l’handicap, l’infermità » n.14. Ripresa alcuni numeri dopo in riferimento all’aborto: «Dal momento però che le possibilità di cura prima della nascita sono oggi ancora ridotte, accade non poche volte che queste tecniche siano messe al servizio di una mentalità eugenetica, che accetta l’aborto selettivo, per impedire la nascita di bambini affetti da vari tipi di anomalie» n.63. Per questa dimensione o sociale e culturale: «.. occorre far maturare un forte senso critico, capace di discernere i veri valori e le autentiche esigenze. Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita» (n.95.). Interessante e anticipatore il richiamo alla responsabilità professionale dei sanitari, baluardo di civiltà. «Peculiare è la responsabilità affidata agli operatori sanitari: medici, farmacisti, infermieri, cappellani, religiosi e religiose, amministratori, volontari. La loro professione li vuole custodi e servitori della vita umana. Nel contesto culturale e sociale odierno, nel quale la scienza e l’arte medica rischiano di smarrire la loro nativa dimensione etica, essi possono essere talvolta fortemente tentati di trasformarsi in artefici di manipolazione della vita o addirittura operatori di morte. Di fronte a tale tentazione la loro responsabilità è oggi enormemente accresciuta e trova la sua spiegazione più profonda e il suo sostegno più forte proprio nell’intrinseca e imprescindibile dimensione etica della professione sanitaria, come già riconoscere l’antico sempre attuale giuramento di Ippocrate, secondo il quale ad ogni medico è chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità.» (n.89). - 11 - Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” Pena di morte e “guerra giusta” sempre sbagliato l’omicidio di Stato di Luciano Eusebi on una lettera alla legittima difesa, cioè del 30 marzo all’unica situazione 2015 al presi- Dall’Evangelium Vitae a Francesco nella quale si ritiene toldente della lerabile l’uccisione di un l’evoluzione del magistero Commissione internaessere umano, richiasul tema dell’inviolabilità zionale contro la pena di mando un asserito morte papa Francesco «insegnamento tradiziodella vita in rapporto al diritto esprime una posizione nale della Chiesa» per chiara e definitiva della cui non sarebbe da Chiesa cattolica circa l’inaccettabilità senza riser- escludersi «il ricorso alla pena di morte quando ve della condanna capitale, superando gli equivo- questa fosse l’unica via praticabile per difendere ci legati al testo di cui al n. 2267 del Catechismo, efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di non del tutto fugati nella stessa nuova versione esseri umani»: salva la precisazione, desunta da del 2007. Quel testo, infatti, inseriva la questione Evangelium vitae 56, secondo la quale «i casi di della pena di morte in un breve capitolo dedicato assoluta necessità di soppressione del reo “sono C - 12 - Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” ormai molto rari, se non vendetta. Per uno Stato addirittura praticamendi diritto, rappresenta Un errore confondere la legittima te inesistenti”». un fallimento, perché lo Pure nella sua scarsa difesa con qualsiasi atto obbliga a uccidere in linearità, il testo del nome della giustizia». Catechismo aveva chia- inteso alla tutela della società Quest’ultima osservarito, nondimeno, che zione risulta particolarl’ambito della summenzionata tollerabilità di un mente importante. Fa comprendere, infatti, che omicidio non può oltrepassare quello della legit- tale forma punitiva contraddice radicalmente tima difesa: il che vale non solo con riguardo alla l’esigenza fondamentale della giustizia (che è pretesa di applicare una pena di morte, ma anche quanto dire della civiltà e del diritto) di riedificare con riguardo al tema, parallelo, costituito della il bene dinnanzi al male, posto che risponde al guerra (cfr. Ha ancora senso parlare di guerra giu- male secondo il suo medesimo criterio, in conforsta? Le recenti elaborazione della teologia morale, mità alla logica del fare il male per ricavarne del a cura di C. Bresciani e L. Eusebi, Dehoniane, bene: ma credere nella produttività o, se si vuole, Bologna, 2010; L. Eusebi, La legittima difesa come nella fecondità del male costituisce una delle tencategoria alla prova. Fine della nozione di guerra tazioni più antiche e più devastanti della storia, giusta e problemi aperti, in Monitor Ecclesiasticus, che inesorabilmente, funge da moltiplicatore del 2014, 2, p. 437 ss.). Per cui s’era potuto affermare male. che la pena di morte, risultando in realtà del tutto «Parmi un assurdo – affermava Cesare Beccaria estranea a contesti di legittima difesa – poiché – che le leggi, [le quali] … detestano e puniscono quest’ultima attiene esclusivamente al contrasto l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e proporzionato e non altrimenti realizzabile di per allontanare i cittadini dall’assassinio, ne ordiuna condotta aggressiva in atto –, deve ritenersi nino uno pubblico» (Dei delitti e delle pene, cap. del tutto inaccettabile già sulla base delle argo- XXVIII). Piuttosto che motivare al bene, la pena di mentazioni svolte dal Catechismo (cfr. L. Eusebi, morte, infatti, attesta che sia accettabile risponLa Chiesa e il problema della pena. Sulla risposta dere con il negativo verso ciò che giudichiamo al negativo come sfida giuridica e teologica, La negativo: «Lungi dall’essere edificante per il Scuola, Brescia, 2014, p. 122 ss.). Sebbene simili popolo, lo demoralizza, e guasta in esso ogni senargomentazioni espongano all’equivoco, perico- sibilità, e quindi ogni virtù» (Victor Hugo, losissimo, di confondere la legittima difesa con Introduzione a L’ultimo giorno di un condannato qualsiasi atto inteso alla tutela della società. a morte, 1832). Precisa non a caso papa Francesco: «la pena Una tale impostazione è ora pienamente recepita da papa Francesco, nella lettera sopra richia- capitale è una pratica frequente a cui ricorrono mata: «I presupposti della legittima difesa perso- alcuni regimi totalitari e gruppi di fanatici, per lo nale non sono applicabili all’ambito sociale, sterminio di dissidenti politici, di minoranze, e di senza rischio di travisamento. Di fatto, quando si ogni soggetto etichettato come ‘pericoloso’ o che applica la pena di morte, si uccidono persone non può essere percepito come una minaccia per il per aggressioni attuali, ma per danni commessi loro potere o per il conseguimento dei loro fini». E, pertanto, è proprio nella presa di distanze da nel passato. Si applica inoltre a persone la cui capacità di recare danno non è attuale, ma che è simili prospettive relazionali, fondate sull’idea già stata neutralizzata e che si trovano private della distruzione dell’altro identificato come un della propria libertà. Oggigiorno, [dunque], la nemico la cui eliminazione garantirebbe prospepena di morte è inammissibile, per quanto grave rità e liberazione che si gioca, oggi, la partita decisia stato il delitto del condannato. … Impedisce di siva per un futuro di pace e di fraternità. Simili prospettive, invece, continuano a tentare conformarsi a qualsiasi finalità giusta delle pene. Non rende giustizia alle vittime, ma fomenta la pure il nostro ambito culturale, che esso pure ha - 13 - Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” mutamento radicale nei molto di cui chiedere rapporti interpersonali e perdono. Papa fra i popoli, non foss’alFrancesco è molto chia- Il monito «rimetti la spada nel tro perché è in gioco, ro: « Gli Stati possono fodero» indica un compito ormai, la sopravvivenza uccidere per azione stessa dell’umanità. quando applicano la ormai ineludibile per l’umanità, Necessità di mutamento pena di morte, quando a partire, tuttavia, dai nostri di cui sono testimoni i portano i loro popoli alla tanti martiri cristiani, e guerra o quando com- stessi atteggiamenti personali non solo, del nostro piono esecuzioni extragiudiziali o sommarie. Possono uccidere anche tempo, nei confronti dei quali abbiamo un ben per omissione, quando non garantiscono ai loro preciso debito. La pena di morte rappresenta e simboleggia, popoli l’accesso ai mezzi essenziali per la vita. “Così come il comandamento non uccidere pone infatti, nella forma più nitida ciò che è contrario – un limite chiaro per assicurare il valore della vita sono ancora parole di papa Francesco nella letteumana, oggi dobbiamo dire no a un’economia ra sopra richiamata – «al significato dell’humanidell’esclusione e della iniquità” (Evangelii gau- tas e alla misericordia divina, che devono essere dium, n. 53)». modello per la giustizia degli uomini»; «è un’offe«Può [del resto] verificarsi – così papa Francesco sa all’inviolabilità della vita e alla dignità della nel discorso rivolto a una delegazione persona umana che contraddice il disegno di Dio dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale sull’uomo e sulla società e la sua giustizia miseriil 23 ottobre 2014 – che gli Stati tolgano la vita non cordiosa» (così che anche l’ergastolo si rivela solo con la pena di morte e con le guerre, ma improponibile, poiché comporta «l’impossibilità anche quando pubblici ufficiali si rifugiano per il condannato di progettare un futuro in liberall’ombra delle potestà statali per giustificare i tà», privandolo «della speranza»). In radice, la loro crimini. Le cosiddette esecuzioni extragiudi- pena di morte «implica la negazione dell’amore ziali o extralegali sono omicidi deliberati com- per i nemici, predicata nel Vangelo». messi da alcuni Stati e dai loro agenti, spesso fatti È intorno a questi nodi di fondo, del resto, che passare come scontri con delinquenti o presenta- va costruito oggi il dialogo interreligioso. Haim ti come conseguenze indesiderate dell’uso ragio- Baharier, in ambito ebraico, ci parla per esempio nevole, necessario e proporzionale della forza per di un «debito di giustizia», che consegue sempre a far applicare la legge. In questo modo … la pena una «relazione mancata», il quale «va pagato con di morte, illegalmente e in diversi gradi, si applica un atto relazionale non passivo», volto a ricostiin tutto il pianeta». tuire un legame, in cui si sostanzia la misericorBisogna dunque riconoscere che l’idea biblica dia. Dalil Boubakeur, in ambito islamico, di di una giustizia salvifica – di una giustizia, cioè, «come la riparazione e il perdono [siano] preferiche non si opponga al male con i suoi stessi bili alla perpetuazione della vendetta e particolarmezzi, o, meglio, che non utilizzi l’alibi del male mente all’antica legge del taglione». Gabriel attribuito all’altro per fargli del male, bensì miri a Mandel, nel medesimo ambito, spiega: «Emerge rendere nuovamente giusti rapporti che non lo chiaramente da tutto il contesto del Corano che sono stati – è stata assai poco interiorizzata nella occhio per occhio non significa che, se io cavo un stessa cultura dell’occidente. Ed è tempo che lo occhio, è giustizia che tu cavi un occhio a me. Ciò stesso occidente si interroghi su una applicazione sarebbe inutile, e non riparerebbe alcun danno. coerente dei valori in cui afferma di credere. Significa che se cavo un occhio a te, debbo soppeLa riflessione sulla pena di morte in quanto rire alla mancanza procurata sovvenendo per modello estremo di una giustizia ingiusta deve tutta la vita in modo adeguato alla tua menomadiventare paradigmatica, su questa via, di un zione…» (citazioni da Humanitas, 2004, 2, - 14 - Venti anni con l’enciclica “Evangelium Vitae” tà insita nella storia stesPerdono e giustizia nelle sa dell’umanità: in esso religioni). Mentre K. si dovrebbero superare Fouad Allam, nella sua L’idea biblica di una giustizia le diversità etniche, culintroduzione al Corano salvifica non è stata interiorizzata turali e religiose. In quetradotto da Gabriel sto senso l’islam ha una Mandel (Utet, 2006), in Occidente, che si deve vocazione essenzialafferma: «Oggi è tempo interrogare sull’applicazione mente abramitica». di riportare il discorso Il monito «rimetti la coranico al centro delle coerente dei valori spada nel fodero» (Mt grandi questioni delin cui afferma di credere l’umanità, riproponen26, 52), con cui papa do le due domande Francesco conclude la essenziali: quelle incentrate sul mistero della vita lettera più volte citata indica un compito ormai e sul come vivere insieme. Non dobbiamo dimen- ineludibile per l’umanità, a partire, tuttavia, dai ticare che il monoteismo trascende la conflittuali- nostri stessi atteggiamenti personali. - 15 -