Cristologia ei primi 7 concili

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RIFLESSIONE CRISTOLOGICA ATTRAVERSO I PRIMI SETTE CONCILI ECUMENICI
1. INTRODUZIONE. CONCILI DI NICEA (325) E COSTANTINOPOLI (381)
1) PREMESSA METODOLOGICA
- Cercheremo di tracciare alcune linee di Cristologia e Soteriologia attraverso l’analisi dei dibattiti in cui si inseriscono
i 7 primi concili e l’analisi di alcuni testi significativi da essi prodotti.
- Non entreremo nelle dinamiche storico-politiche dei concili, ma ci soffermeremo sulle dottrine teologiche inerenti
Cristo.
- per eventuali domande, essendo poco il tempo a nostra disposizione, vi prego di rivolgermele dopo la lezione o via
mail all’indirizzo [email protected] risponderò durante la lezione seguente.
2) PREMESSA TEOLOGICA:
a) Soteriologia e Cristologia: come Cristo ci salva? Chi è Gesù Cristo?
«Concettualmente, è opportuno distinguere la cristologia propriamente detta dalla soteriologia. La cristologia
concerne l'identità del Cristo e la struttura ontologica del suo essere. Essa dice come comprendere in lui il rapporto
tra la divinità e l'umanità. La soteriologia studia invece il modo con cui il Cristo ci salva, cioè il modo con cui libera
gli uomini dal peccato e, insieme, dona loro la comunione filiale con la vita divina. In effetti però i due aspetti sono,
nello sviluppo del dogma intimamente connessi. La motivazione stessa dei dibattiti cristologici era soteriologica. La
questione era sempre: chi deve essere il Cristo per poter esercitare la mediazione unica tra Dio e gli uomini che gli è
riconosciuta dalle Scritture? A questo interrogativo corrisponde tutta una serie di argomenti soteriologici, che
sviluppano esistessi una concezione della soteriologia»1.
b) Cos'è un dogma?
L’immagine di Roscellino: «Perché dunque la nave della fede cristiana prosegua incolume, scorrendo tra le due rupi,
bisogna prestare la massima attenzione che non si infranga sulla scoglio della singolarità sabelliana, secondo cui è
necessario ammettere che il Padre si è incarnato e ha patito, né incorra nel pericolo della pluralità ariana, che diversifica
la sostanza con distinzioni di precedente-posteriore e di maggiore-minore, fino a introdurre una pluralità di dei per il
modo estremo di considerare la diversità»2.
-
Il dogma non è invenzione umana ma esplicitazione ed espressione del totum già presente nella rivelazione.
-
Il dogma è dire il mistero mai separato da esso, attento a non ridurne l'ampiezza e la profondità per non
tradirne la voce. Un'ampiezza coglibile solo attraverso il dono dello Spirito.
-
La Traditio (paradosis) del depositum fidei è la trasmissione viva della fede apostolica, non è un'operazione statica
ma coinvolge la vita della Chiesa
-
Nel nostro excursus sui sette concili avremo modo di constatare come spesso l’orizzonte aperto dai dogmi
cristologici e trinitari si trova ristretto e mortificato in molte dottrine non ortodosse.
-
Interessanti a tal proposito le note della traditio note di Vincenzo di Lerins: universitas, antiquitas, consensio
-
Un altro testo interessante di Ireneo di Lione:
«Dunque la tradizione degli apostoli manifestata in tutto quanto il mondo, possono vederla in ogni Chiesa
tutti coloro che vogliono riscontrare la verità, così possiamo enumerare i vescovi stabiliti dagli apostoli nelle
1
2
B. SESBOÜÉ, Storia dei dogmi, Casale monferrato 20002, pp. 309-310.
ROSCELLINO, Lettera ad Abelardo, 4.
Chiese e i loro successori fino a noi. Ora essi non hanno insegnato né conosciuto misteri segreti, che
avrebbero insegnato a parte e di nascosto ai perfetti, ma certamente prima di tutto li avrebbero trasmessi a
coloro ai quali affidavano le Chiese stesse. Volevano infatti che fossero assolutamente perfetti e irreprensibili
(cf. 1 Tm 3,2) in tutto coloro che lasciavano come successori, trasmettendo loro la propria missione di
insegnamento. Se essi avessero capito correttamente, ne avrebbero ricavato grande profitto; se invece fossero
falliti, ne avrebbero ricavato un danno grandissimo. Ma poiché sarebbe troppo lungo in quest'opera
enumerare le successioni di tutte le Chiese, prenderemo la Chiesa grandissima e antichissima e a tutti nota, la
Chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosi apostoli Pietro e Paolo. Mostrando la tradizione ricevuta
dagli apostoli e la fede (cf. Rm 1,8) annunciata agli uomini che giunge fino a noi attraverso le successioni dei
vescovi… Infatti con questa Chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve necessariamente essere
d'accordo ogni Chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte — essa nella quale per tutti gli uomini è sempre
stata conservata la tradizione che viene dagli apostoli. Dunque, dopo aver fondato ed edificato la Chiesa, i
beati apostoli affidarono a Lino il servizio dell'episcopato; di quel Lino Paolo fa menzione nelle lettere a
Timoteo (cf. 2Tm 4, 21). A lui succede Anacleto. Dopo di lui, al terzo posto a partire dagli apostoli, riceve in
sorte l'episcopato Clemente, il quale aveva visto gli apostoli stessi e si era incontrato con loro ed aveva ancora
nelle orecchie la predicazione e davanti agli occhi la loro tradizione. E non era il solo, perché allora restavano
ancora molti che erano stati ammaestrati dagli apostoli. Dunque, sotto questo Clemente, essendo sorto un
contrasto non piccolo tra i fratelli di Corinto, la Chiesa di Roma inviò ai Corinzi un'importantissima lettera
per riconciliarli nella pace, rinnovare la loro fede e annunciare la tradizione che aveva appena ricevuto dagli
apostoli… A questo Clemente succede Evaristo e, ad Evaristo, Alessandro; poi, come sesto a partire dagli
apostoli, fu stabilito Sisto; dopo di lui Telesforo, che dette la sua testimonianza gloriosamente; poi Igino,
quindi Pio e dopo di lui Aniceto. Dopo che ad Aniceto fu succeduto Sotere, ora, al dodicesimo posto a partire
dagli apostoli, tiene la funzione dell'episcopato Eleutero. Con quest'ordine e queste successioni è giunta fino
a noi la tradizione che nella Chiesa a partire dagli apostoli è la predicazione della verità. E questa è la prova
più completa che una e medesima è la fede vivificante degli apostoli, che è stata conservata e trasmessa nella
verità»3.
Risponderemo pertanto alla domanda del Signore: «voi chi dite che io sia?» attraverso la fede della Chiesa. Anche la
nostra risposta personale alla domanda, sebbene porti i tratti delle diverse esperienze ecclesiali dalle quali veniamo,
deve muoversi in quest'alveo dogmatico della fede della Chiesa e da esso non può uscire senza perdere verità e
credibilità.
c) Perché è necessaria la riflessione sulla fede? Perché è possibile fare teologia trinitaria e cristologia nei termini a cui la tradizione cristiana
ci ha abituato?
- per avere strumenti atti a capire quanto le diverse interpretazione del dogma siano effettivamente coerenti
con la rivelazione.
- perché Dio nel Figlio suo fatto carne per noi si è rivelato: l’incarnazione è il fondamento di ogni teologare
cristiano.
2) LO SFONDO STORICO DOTTRINALE IN CUI SI INSERISCE IL CONCILIO DI NICEA: LA CRISI ARIANA.
Ario, presbitero della chiesa di Alessandria, per un certo periodo discepolo di Luciano di Antiochia (particolare
importante per la diffusione delle dottrine di Ario fra i Vescovi «collucianisti»). La predicazione di Ario genera dibattiti
e opposizioni.
Ario è un vero subordinazionista, ha due convinzioni (cfr. SESBOUÉ, pp. 216ss.):
a) Dio è unico, ingenerato, eterno (è un monarchiano). Il Verbo è generato. Due ingenerati sarebbero due dèi.
Il Figlio è generato non è creato nel tempo cosmico ma non è neppure eterno: è generato per volontà del Padre e
non dalla sua sostanza (come affermerà Nicea).
Il Verbo è generato e quindi è creato sebbene prima dei tempi: «Dio non era da sempre Padre, ma ha avuto un
momento in cui Dio era solo e non era ancora Padre; è più tardi che egli è divenuto Padre. Il Figlio non era da sempre;
poiché tutto è divenuto a partire dal nulla, anche lo stesso Figlio di Dio è dal nulla. E poiché tutto è creature e opere
divenute, anch’egli è creatura e opera. E poiché tutto non era già innanzi, ma è sopraggiunto, cosi è pure per il Verbo
di Dio; si ebbe un momento in cui egli non era ancora, e non era prima di divenire: vi è un inizio d’essere»4.
3
4
IRENEO DI LIONE, Adversus aereses, III, 3, 1-3.
Passo del Thalia di Ario riportato da ATANASIO, Discorso contro gli ariani, I, 5.
Ario fa un uso del termine «generato» diverso dai padri di Nicea, basandosi su alcune espressioni presenti
nella Scrittura: «Quanto a noi, cos’è che diciamo, pensiamo, abbiamo insegnato e insegniamo? Che il Figlio non è né
ingenerato, né una parte di ingenerato, e che parimenti non proviene da alcun substrato: è per volontà e consiglio che
egli ha avuto l’esistenza prima dei tempi e dei secoli; egli è pieno di grazia e di verità, è Dio, Figlio unico, immutabile;
e prima di essere stato generato (cfr. Prv 8,25) o creato (cfr. Prv 8,22) o stabilito (cfr. Rm 1,4) o fondato (cfr. Prv
8,23) egli non era; perché non era ingenerato»5.
b) l'incarnazione, la vita e la passione mostrano che Cristo è soggetto a mutazioni: è un dio inferiore.
Ario si inquadra nello schema alessandrino logos-sarx, avvicinandosi, per quanto riguarda la questione dell’anima umana
di Cristo, a quanto affermerà Apollinare di Laodicea.
3) IL CONCILIO DI NICEA
Credo Niceno (325 d.C.)
(professione di fede dei 318 padri)
Credo Costantinopolitano
(381 d.C.)
(professione di fede dei 150 padri)
Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente,
creatore di tutte le cose visibili ed invisibili.
Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente,
creatore del cielo e della terra, di tutte le cose
visibili e di quelle invisibili:
E in un solo Signore, Gesù Cristo, figlio di Dio,
generato unigenito dal Padre, cioè dalla sostanza
del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da
Dio vero, generato non creato, della stessa
sostanza del Padre, [ciò i Greci dicono homousion],
mediante il quale sono state fatte tutte le cose, sia
quelle che sono in cielo, che quelle che sono sulla
terra.
Per noi uomini e per la nostra salvezza egli discese
dal cielo, si è incarnato, si è fatto uomo, ha
sofferto ed è risorto il terzo giorno, è salito nei
cieli, verrà per giudicare i vivi e i morti.
e in un solo signore Gesù Cristo, figlio unigenito di
Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio
da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero,
generato, non creato, della stessa sostanza del
Padre, per mezzo del quale sono state fatte tutte le
cose,
Crediamo nello Spirito Santo.
per noi uomini e per la nostra salvezza egli discese
dal cielo, si è incarnato per opera dello Spirito Santo da
Maria vergine, e divenne uomo. Fu crocifisso per
noi sotto Ponzio Pilato, patì, fu sepolto e risuscitò
il terzo giorno secondo le Scritture, salì al cielo e
siede alla destra del Padre, verrà nuovamente nella
gloria per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno
non avrà fine;
e nello Spirito Santo, che è signore e dà vita, che
procede dal Padre; che insieme al Padre al Figlio
deve essere adorato e glorificato, che ha parlato
per mezzo dei Profeti.
E nella chiesa una, santa, cattolica e apostolica;
confessiamo un solo battesimo per la remissione
dei peccati e aspettiamo la resurrezione dei morti e
la vita del secolo futuro. Amen.
Ma quelli che dicono: "Vi fu un tempo in cui egli non
esisteva"; e: "prima che nascesse non era", "è stato creato
dal nulla"; o quelli che dicono che il figlio di Dio è di
un'altra sostanza o di un'altra essenza rispetto al Padre, o
che il Figlio di Dio è sottomesso al cambiamento o
all'alterazione, questi la chiesa cattolica e apostolica
condanna.
5
ARIO, Lettera a Eusebio di Nicomedia, in B. SESBOÜÉ – B. MEUNIER, Dieu peut il avoir un Fils?, Paris 1993, p. 32.
L’homoousios è usato dai padri niceni proprio per evitare l’ambiguità ariana, eppure è un termine non privo di problemi:
fu condannato dal sinodo di Antiochia del 264-269 a causa delle dottrine di Paolo di Samosata. Il
consustanziale/homoousios può essere piegato verso una visione modalista della Trinità. Per tale motivo Ilario di
Poitiers, attratto dalle posizioni degli omeousiani, sarà favorevole ad esprimerlo anche con l’espressione homoiousios
(di sostanza simile).
4) LA DOTTRINA CRISTOLOGICA DI APOLLINARE DI LAODICEA
Pur essendo strenuo difensore della fede nicena, sul fronte cristologico propone una dottrina non ortodossa.
Egli si muove nello schema alessandrino Logos-sarx, non intende la sarx come la totalità dell’uomo. Il termine era nato
in contrasto con il docetismo e non negava pertanto l’anima spirituale umana nell’incarnazione del Verbo; anche il
concilio di Nicea dice che il Signore si è incarnato e si è fatto uomo.
Apollinare invece afferma: «poiché è impossibile che due esseri intellettuali e volontari coabitino, per tema che, per
la loro volontà e la loro propria attività, non si oppongano l’uno all’altro. Di conseguenza, il Verbo non ha assunto
un’anima (psyché) umana, ma solamente il seme d’Abramo. Perché il tempio senz’anima, senza spirito e senza volontà
di Salomone prefigurasse il tempio del corpo di Gesù»6.
5) IL CONCILIO DI COSTANTINOPOLI
Il Concilio conferma circa il Figlio la fede nicena espressa con il termine homoousios e alla condanna di Ario aggiunge
anche quella di Apollinare che ha ridotto e svilito la dottrina dell’incarnazione. Così si esprimono i Vescovi nella
lettera a Papa Damaso:
«Noi, infatti, abbiamo sopportato da parte degli eretici le persecuzioni, le tribolazioni, le minacce degli imperatori, le
crudeltà dei magistrati e ogni altra prova, per la fede evangelica confermata dai trecentodiciotto Padri di Nicea di
Bitinia. Questa fede, infatti, dev'essere approvata da voi, da noi e da quanti non distorcono il senso della vera fede
essendo essa antichissima e conforme al battesimo; essa ci insegna a credere nel nome del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo, cioè in una sola divinità, potenza, sostanza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, in una uguale
dignità, e in un potere coeterno, in tre perfettissime ipostasi, cioè in tre perfette persone, ossia tali, che non abbia
luogo in esse né la follia di Sabellio con la confusione delle persone, con la soppressione delle proprietà personali, né
prevalga la bestemmia degli Eunomiani, degli Ariani, dei Pneumatomachi, per cui, divisa la sostanza, o la natura, o la
divinità, si aggiunga all'increata, consostanziale e coeterna Trinità una natura posteriore, creata, o di diversa sostanza.
Riteniamo anche, intatta, la dottrina dell'incarnazione del Signore; non accettiamo, cioè l'assunzione di una carne
senz'anima, senza intelligenza, imperfetta, ben sapendo che il verbo di Dio, perfetto prima dei secoli, è divenuto
perfetto uomo negli ultimi tempi per la nostra salvezza»7.
6
7
APOLLINARE DI LAODICEA, Frammento 2.
CONCILIO CONSTANTINOPOLITANO I, Lettera a Papa Damaso.
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